Добірка наукової літератури з теми "Storia della critica letteraria"

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Статті в журналах з теми "Storia della critica letteraria"

1

ʿĀbedini, Ḥasan Mir. "Breve Storia Della Critica Letteraria in Iran." Oriente Moderno 83, no. 1 (August 12, 2003): 145–58. http://dx.doi.org/10.1163/22138617-08301010.

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2

Lazzarich, Marinko. "La memoria del confine. Il motivo della patria perduta nel romanzo Il cavallo di cartapesta di Osvaldo Ramous." Quaderni d'italianistica 37, no. 2 (January 27, 2018): 125–48. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i2.29232.

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Анотація:
Nei testi letterari degli anni 1945–1956 che parlano dell’e­sodo degli italiani dalla città di Fiume il motivo del confine diventa il simbolo della conservazione di un’identità nazionale divisa. Al con­tempo, il tema della terra natale perduta lega direttamente la lette­ratura fiumana a quella mondiale coeva. In questo testo si propone un’analisi della letteratura della migrazione italofona e della questione dell’esodo dalla sponda orientale dell’Adriatico; in particolare, sarà osservato il costituirsi di identità individuali e di gruppo attraverso l’esperienza letteraria di convivenza propria della città di Rijeka (la Fiume di un tempo). Punto focale dell’analisi sarà il multiculturalismo nella scrittura di Osvaldo Ramous (1905–1981), autore che rappresenta la continuità della letteratura italiana autoctona di Fiume, i cui scritti portano la testimonianza dei traumi storici che hanno segnato il destino dei suoi concittadini. Attraverso una lettura critica del romanzo Il cavallo di cartapesta (1969) si tenterà un esame della dimensione estetica e so­ciologica dell’interpretazione delle doppie identità di questa città di frontiera, cosa che, nel contesto di un’Europa contemporanea senza confini interni, rende attuale la questione della tolleranza verso l’altro. di confine, storia, identità repressa, rapporti letterari italo-croati, la questione adriatica.
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3

Tekavčić, Pavao. "István Jlig, A magyarországi italianistika bibliográfija - Bibliografia dell 'italiani­ stica in Ungheria, 1945-1995; Italianistica Debrecenensis V; Kossuth Lajos Tudo­ mányegyetem, Olasz Tanszek [Università Lajos Kossuth, Dipartimento di Italianistica],." Linguistica 39, no. 1 (December 1, 1999): 156. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.39.1.156.

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Анотація:
La collana Jtalianistica Debrecenensis, che esce dal 1993 (vol. I 1993-94; II 1995; III 1996; IV 1997), pubblica come vol. V l'importante raccolta bibliografica che qui presentiamo brevemente (sulla copertina posteriore c'è l'elenco delle altre edizioni, a cura dello stesso Ateneo). L'autore, dott. István Vig, slavista ungherese e docente all'Università di Debrecen, ha pubblicato vari studi e altri titoli, come risulta dalla Bibliografia. II presente volume racchiude ben 3863 unità, numerate in continuazione e uscite nel cinquantennio postbellico. Alla Prefazione, soltanto in ungherese (5-7;.si ci­ tano le pagine), segue l'Introduzione, in ungherese e in italiano (9-12), dopo la quale si trova l'Elenco delle sigle e abbreviazioni (13-27). La bibliografia (29-235) è divisa in quattro sezioni: Letteratura (29-115; recensioni 116-126), Critica e storia letteraria (127-168; recc. 169-178), Linguistica, insegnamento della lingua e della letteratura italiana (179-202; recc. 203-206), Storia (207-229; recc. 230-234), con un'Appendice (235).
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4

Italia, Paola. "Le mano (e la mente) dell'autore: Storia e prospettive della Filologia d'autore." Anuario Lope de Vega Texto literatura cultura 29 (January 31, 2023): 324–50. http://dx.doi.org/10.5565/rev/anuariolopedevega.488.

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Анотація:
La tradizione letteraria italiana condivide con quella spagnola una ricchezza di manoscritti genetici d'autore imparagonabile a quella di altre tradizioni europee, ed è per questo che la filologia d'autore, disciplina fondata da Dante Isella, ma che risale a una pratica ecdotica risalente al XVII secolo, può essere applicata fruttuosamente anche sui manoscritti del Siglo de Oro, come recentemente è stato mostrato sulla Dama Boba. Nel contributo si presenta la storia e il metodo peculiare della disciplina, nei suoi rapporti con la critica delle varianti e la critica genetica, e se ne delineano le prospettive di sviluppo, in particolar modo quelle legate alle nuove tecnologie digitali, dalla spettrometria all'authorship, all'applicazione dell'IA allo studio, anche comparativo, delle correzioni d'autore.
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5

Costadura, Edoardo. "»Inderseelefolgen«: wie August Kopisch die Commedia übersetzt." Deutsches Dante-Jahrbuch 97, no. 1 (October 24, 2022): 3–19. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2022-0003.

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Анотація:
Riassunto L’articolo esamina una traduzione tedesca della Commedia sinora trascurata dalla critica: quella del poeta e pittore August Kopisch (1799–1853), comparsa nel 1842. Rifacendosi alla critique des traductions di A. Berman, l’autore delinea il ›progetto‹ di traduzione di Kopisch nel contesto del rinnovo della traduzione letteraria in atto in Germania a cavallo fra Sette- e Ottocento. Come A. W. Schlegel e Philalethes (Giovanni di Sassonia), Kopisch si prefigge di aderire al dettato, ovvero al »ritmo dei pensieri« di Dante, mirando a »seguire nell’anima« il testo della Commedia. Attraverso l’analisi comparata di alcuni luoghi dell’Inferno (III) e del Purgatorio (XXX) nelle traduzioni coeve di A. W. Schlegel, di Philalethes et di Kopisch, l’articolo intende mettere la traduzione di quest’ultimo alla prova dei suoi assunti ›letteralisti‹ o ›sourcistes‹, e rivalutarne la rilevanza nella storia delle traduzioni tedesche della Commedia.
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6

Brillante, Sergio. "L’influsso della conoscenza storica e cronologica sulla critica letteraria." Hermes 149, no. 4 (2021): 432. http://dx.doi.org/10.25162/hermes-2021-0033.

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7

Finozzi, Anna. "Riscrivere la storia coloniale tramite l’uso dell’oralità: Il caso di Adua (2015)." Memoria y Narración. Revista de estudios sobre el pasado conflictivo de sociedades y culturas contemporáneas, no. 2 (March 5, 2021): 131–45. http://dx.doi.org/10.5617/myn.8669.

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Анотація:
L’articolo si propone di analizzare l’uso dell’oralità nel romanzo Adua (2015) di Igiaba Scego. Tradizionalmente, il testo letterario postcoloniale è stato considerato come una ‘traduzione’ da una lingua orale Africana ad una scritta Europea. Lo scopo dell’articolo è spostare l’attenzione dall’oralità come segno di alterità all’oralità come modalità di trasmissione; questo slittamento critico è necessario per una rivalutazione della letteratura postcoloniale italiana, di cui spesso si considera più la portata documentaristica di quella letteraria. Attraverso i Memory Studies, e in particolare concetti quali la postmemory di Marianne Hirsch, la countermemory di Yael Zerubavel e la travelling memory di Astrid Erll, l’analisi mostra come Adua sia modellata dalla comunicazione orale della memoria attraverso i dialoghi dei personaggi e da altre immagini connesse all’atto di ascoltare e tramandare. Infine, la dicotomia oralità-africanità viene respinta in favore di quella oralità-trasmissione.
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8

Alosco, Antonio. "Il percorso socialista di Gabriele D’Annunzio tra storia e letteratura." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, no. 1 (March 3, 2020): 377–90. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820909283.

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Анотація:
La complessa personalità di Gabriele D’Annunzio, in una costante sincronica evoluzione della produzione letteraria con l’attivismo politico, ha attraversato un periodo – spesso dimenticato dai critici – di vicinanza alle idee socialiste. Attratto dalla vitalità e dalle idee progressiste della sinistra che rispondeva alle leggi liberticide e reazionarie di Pelloux, se ne fece influenzare sia nel periodo dell’impresa fiumana, che in una prima fase di contestazione al fascismo, appoggiando la sinistra radicale. Influssi dannunziani si ritrovano, in quel periodo, nel linguaggio adottato dall’ Avanti! e nell’apprezzamento che anche ambienti socialisti dimostrarono per l’opera letteraria del Vate. Dopo il 1906 le strade dei socialisti e di D’Annunzio si divaricarono fino a contrapporsi. D’Annunzio rilanciò le posizioni nazionalistiche e, al rientro in Italia dopo il soggiorno in Francia tra il 1904 e il 1915, condusse un’attività politica tradottasi, nelle fasi iniziali della Prima guerra mondiale, nel sostegno attivo dei movimenti interventisti, poi nella partecipazione attiva sul campo come “uomo d’arme”, e da ultimo nelle azioni postbelliche degli irredentisti. Le imprese “rivoluzionarie” del poeta affascinarono anche alcune frange del socialismo italiano e l’impresa di Fiume, realizzata in collaborazione con il socialista Alceste De Ambris, raccolse gli elogi di Lenin e produsse la Carta del Carnaro, costituzione che conteneva elementi avanzati di matrice socialista.
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Felici, Maria Serena. "Aspetti linguistici in Machado de Assis e nella traduzione italiana di Esaú e Jacó." Cadernos de Tradução 43, no. 1 (March 8, 2023): 1–29. http://dx.doi.org/10.5007/2175-7968.2023.e91226.

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Анотація:
Lo studio qui presentato nasce in seguito alla riflessione sul testo del romanzo di Joaquim Maria Machado de Assis (1839-1908) Esaú e Jacó (1904), in occasione del lavoro di traduzione da me realizzato per i tipi della Lorenzo de’ Medici Press e pubblicato nel 2022, con il titolo di Esaù e Giacobbe. Da una iniziale visione sinottica della lingua nella produzione letteraria di Machado, condotta alla luce di studi critici e delle dichiarazioni dello stesso autore sul valore politico-sociale della lingua stessa, e dopo uno sguardo sulle traduzioni dell’opera di Machado ad oggi edite in Italia, si scenderà nel particolare di Esaú e Jacó, analizzandone alcuni passaggi rappresentativi del profilo linguistico dell’autore; infine, si esamineranno alcune scelte traduttive da me intraprese. L’obiettivo è mostrare che il processo che ha portato al metatesto, che è la prima edizione italiana di quest’opera, si è svolto con una particolare attenzione al valore cruciale che la lingua assume in questo romanzo, in cui Machado riflette sul Brasile di fine Ottocento, sull’alta società della sua allora capitale, Rio de Janeiro, la sua cultura, la sua storia, la sua identità post-indipendenza.
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10

Barenghi, Mario. "«I just want to talk»." LawArt 1, no. 1 (January 30, 2020): 61–77. http://dx.doi.org/10.17473/lawart-2020-1-4.

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Анотація:
La fortuna della narrativa d’investigazione non cessa di stupire: è probabile che nella nostra cultura il tema dell’indagine abbia preso gran parte del posto che nella cultura premoderna era tenuto dal tema del combattimento. Una variante del combattimento è il confronto verbale, che alimenta il sottogenere delle storie giudiziarie. Questo articolo prende in esame il primo film di Sidney Lumet, La parola ai giurati (12 Angry Men, 1957), mettendo in evidenza la cellula germinale dell’intreccio. In una giuria dove tutti sono convinti della colpevolezza dell’imputato, un giurato si dissocia, non perché abbia solide ragioni per sostenere la sua innocenza, ma per una ragione di principio: la giuria non può decidere del suo destino senza dedicargli il giusto tempo. Un monito più che mai attuale, in tempi di comunicazioni precipitose e superficiali: e insieme, l’avvio di una riflessione molto simile ai procedimenti della critica letteraria.
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Дисертації з теми "Storia della critica letteraria"

1

DIACO, FRANCESCO. "Franco Fortini critico e teorico della letteratura." Doctoral thesis, Università di Siena, 2017. http://hdl.handle.net/11365/1009039.

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Анотація:
La mia tesi si pone come obiettivo lo studio degli interventi più specificamente critico teorici scritti da Franco Fortini. Pur essendo consapevole dell’inscindibilità dell’ampio e variegato corpus autoriale, infatti, credo che richiamare l’attenzione sull’originalità e la profondità del suo pensiero estetico sia un modo efficace per evitare di schiacciarne l’eredità sugli opposti poli del lirico (soprattutto quello di Paesaggio e di Composita) e del polemista ideologo, trascurando del tutto il suo ruolo all’interno della critica letteraria italiana di matrice marxista. In aggiunta, pur non disdegnando di stabilire – dove necessario – alcuni collegamenti con le sillogi poetiche, ho cercato di non ridurre l’intera riflessione letteraria di Fortini a una sorta di giustificazione obliqua della propria poetica personale. Tra i materiali presi in considerazione, oltre a tutte le raccolte di saggi pubblicate in vita o postume, vanno segnalati un buon numero di articoli dispersi e alcuni inediti (divisi tra testi di conferenze, brani dell’epistolario e appunti preparatori dei corsi universitari). La tesi è divisa in due parti. Nella prima si ripercorrono le riflessioni meta critiche di Fortini (ossia la sua attenzione al mondo della scuola, dell’editoria e dell’informazione), si descrive il suo stile argomentativo e, soprattutto, si cerca di dare un’interpretazione complessiva delle sue frammentarie proposte teoriche. Per far questo, si è tentato di comprendere quale fosse la peculiarità dell’estetica di Fortini ponendola in relazione ai principali filoni critici del Novecento, dal formalismo russo allo strutturalismo, dalla tradizione filologica alla semiologia, dalla Stilkritic all’ermeneutica e alla scuola di Costanza. In particolare, si è illustrato come Fortini rielabori in senso storico dialettico le categorie jakobsoniane, puntando a valorizzare gli scambi tra testo e contesto piuttosto che ad assolutizzare la funzione poetica del linguaggio. Ciò ha comportato, inoltre, un inevitabile confronto tra la posizione fortiniana e le correnti verso cui egli era massimamente debitore, ossia in primo luogo l’umanesimo marxista di Lukács, con la sua attenzione al rispecchiamento e al senso della prospettiva, ma anche la linea “francofortese” esemplificata da Adorno e Marcuse, così sensibile alla carica utopica e contestatrice insita nella forma artistica. Nel secondo capitolo – anche in connessione col concetto di “classicità” illustrato nella prima sezione – sono stati messi in evidenza i punti di forza della teoria della traduzione di Fortini, la sua distinzione tra versione lineare e rifacimento, il suo interesse per i processi di trasmissione e ricezione. Nel terzo capitolo, infine, sono stati approfonditi gli articoli con cui Fortini avanza alcune proposte metricologiche tanto discutibili e prive di seguito quanto affascinanti e ricche di implicazioni degne di un più serio ripensamento. Nella seconda parte della tesi si è perseguita una duplice finalità. Da un lato, si è voluto rendere testimonianza all’apertura dello sguardo fortiniano e alla vastità della sua cultura. Detto diversamente, in opposizione a un’immagine da italianista “puro” a cui potrebbero forse indurre il peso e la rilevanza di Saggi italiani e Nuovi saggi italiani, ho scelto di dar conto del Fortini comparatista. Dall’altro, si è resa impellente la necessità di compiere delle scelte, ossia di privilegiare un possibile percorso e un particolare ambito di interesse rispetto ad altri. Al fine di valorizzare debitamente un lato forse dimenticato, o almeno lasciato nell’ombra, della produzione fortiniana, ho così puntato a mettere in risalto i suoi studi di letteratura francese, nella convinzione che la parabola iniziatasi col Romanticismo e conclusasi col Postmodernismo potesse far risaltare in modo perspicuo gli stessi mutamenti del campo letterario, e persino della nozione di arte, interrogati nei primi capitoli. In altri termini, la seconda parte della tesi intende sia verificare l’efficacia euristica degli strumenti messi a punto nella prima, sia mostrarne l’origine storico culturale e gli obiettivi polemici. Per queste ragioni, ho deciso di occuparmi di uno dei padri della “modernità”, ossia Baudelaire, per passare successivamente alla grande tradizione simbolista, la cui influenza in ambito italiano è stata mediata soprattutto dalla poetica dell’Ermetismo fiorentino. Proprio sull’Ermetismo si concentra, allora, il terzo capitolo, dove si mostra dettagliatamente come Fortini – grazie alla propria mens intrinsecamente dialettica – abbia sempre combattuto una battaglia su due fronti opposti: in questo caso, contro il misticismo spiritualistico, contro ogni culto dell’autenticità e della separatezza, ma anche contro l’ipostatizzazione del realismo socialista, contro il contenutismo edificante e il nazional popolare; successivamente, contro l’ “ideologia filologica”, la pretesa neutralità della scienza della letteratura, ma anche contro l’“ideologia ermeneutica”, basata sull’inverificabile genialità dell’arbitrio soggettivo. L’ultimo capitolo, infine, si focalizza sugli scritti fortiniani riguardanti il Surrealismo (con un particolare approfondimento a proposito del “conflitto per le interpretazioni” ingaggiato dall’autore, a proposito di Michelet, con pensatori del calibro di Barthes e Bataille). Interrogandosi sulla lezione delle avanguardie e sulla cultura francese a lui contemporanea, infatti, Fortini mette a punto quelle penetranti categorie critiche che gli permetteranno un’acuta e lucida interpretazione dei mutamenti intervenuti nel dominio dell’estetica, ma anche e soprattutto in quello politico sociale, verso la seconda metà degli anni Settanta. In conclusione, con questo lavoro ho scelto di mettere in luce la centralità dell’attività critica di Fortini all’interno della cultura italiana del XX secolo. Ho cercato, quindi, di fornire un’immagine unitaria e comprensibile – sebbene non immobile o banalizzante – della sua estetica e della sua teoria della letteratura, puntando sì a storicizzare, a precisare i riferimenti e a ricostruire i contesti, ma cercando allo stesso tempo di lasciar emergere l’attualità di quei discorsi e di individuare il loro nucleo di fondo, ossia quel “contenuto di verità” che ci permette, ancora oggi, di leggerli con attenzione e profitto.
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La, Valle Paolo <1984&gt. "Raccontare la storia al tempo delle crisi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7080/1/La_Valle_Paolo_Tesi.pdf.

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Анотація:
La ricerca analizza il tema della relazione tra storia e narrazione nella letteratura degli ultimi quindici anni in tre contesti nazionali: Italia, Spagna e Portogalo. Per indagare un campo così vasto si sono identificate tre direttrici principali connesse tra loro, coincidenti con tre "crisi": la crisi del rapporto tra letteratura e mercato, la crisi del concetto di verità e la crisi dello stato nazione. Attraverso le riflessioni sul postmoderno (Lyotard, Jameson Hutcheon) e l’analisi di Bourdieu si indaga il rapporto tra mercato e autore letterario, facendo particolare riferimento ai percorsi letterari di Rafael Chirbes, Mia Couto e Wu Ming. Il tema della forma letteraria è invece letto atttraverso le analisi di Hutcheon e analizzando i testi di Helder Macedo (Pedro e Paula), Isaac Rosa (¡Otra maldita novela sobre la guerra civil!) e Tommaso De Lorenzis-Guido Favale (L’aspra stagione). La crisi del concetto di verità viene analizzata alla luce del dibattito sulla storiografia nella seconda metà del Novecento. In particolare si evidenzia la tensione tra Hayden White e Carlo Ginzuburg. Per evidenziare come le relazioni di potere influenzino la narrazione della storia si fa inoltre riferimento alle analisi di Michel Foucault, Michel de Certeau, Stephen Greenbaltt e Gayatri Spivak. Si analizzano quindi Anatomía de un instante, di Javier Cercas, Romanzo criminale, di Giancarlo de Cataldo e As três vidas, di João Tordo. Infine ci si riferisce alla crisi dello stato-nazione individuando una tensione tra le analisi di György Lukács e Franco Moretti, e allargando la riflessione agli studi sociologici di Immanuel Wallerstein e Saskia Sassen. Inoltre, attraverso i testi di Benedict Anderson, Homi B. Bhabha, José Saramao e Eduardo Lourenço si articola una riflessione sull’immaginario politico nazionale. I testi analizzati sono Victus, di Albert Sánchez Piñol, Pro Patria, di Ascanio Celestini e A voz da terra di Miguel Real.
The research arises from the issue of the relationship between history and narrative in the literature of the last fifteen years in three national contexts: Italy, Spain and Portugal. In order to investigate such a wide-spreading field, three intertwined main guidelines have been identified, coinciding with three "crisis". Through reflections on postmodernism (Lyotard, Jameson Hutcheon) and the analysis of Bourdieu, the relationship between market and literary author has been explored, with particular reference to the literary trail of Rafael Chirbes, Mia Couto and Wu Ming. The theme of the literary form was instead investigated by referring to the analyses of Hutcheon and taking into account the texts by Helder Macedo (Pedro e Paula), Isaac Rosa (¡Otra maldita novela sobre la guerra civil!) and Tommaso De Lorenzis-Guido Favale (L’aspra stagione). The crisis of the concept of truth is evaluated with regard to the debate on historiography. In particular, the tension between Hayden White and Charles Ginzuburg has been highlighted. As to provide a deeper understanding of how power relations influence the narrative of the story, the analyses performed by Michel Foucault, Michel de Certeau, Stephen Greenbaltt and Gayatri Spivak are taken into account. Javier Cercas’ Anatomía de un instante, Giancarlo de Cataldo’s Romanzo criminale and João Tordo’s As três vidas are therefore examinated. Lastly, the crisis of the nation-state is taken into consideration by identifying a tension between the analysis of György Lukács and the ones of Franco Moretti, and widening the reflection to the sociological analysis of Immanuel Wallerstein and Saskia Sassen. In addition, through the texts of Benedict Anderson and Homi Bhabha B., the reflection on the national political imaginary takes shape. The texts analyzed are Victus, by Albert Sánchez Piñol, Pro Patria, by Ascanio Celestini e A voz da terra by Miguel Real.
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La, Valle Paolo <1984&gt. "Raccontare la storia al tempo delle crisi." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7080/.

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Анотація:
La ricerca analizza il tema della relazione tra storia e narrazione nella letteratura degli ultimi quindici anni in tre contesti nazionali: Italia, Spagna e Portogalo. Per indagare un campo così vasto si sono identificate tre direttrici principali connesse tra loro, coincidenti con tre "crisi": la crisi del rapporto tra letteratura e mercato, la crisi del concetto di verità e la crisi dello stato nazione. Attraverso le riflessioni sul postmoderno (Lyotard, Jameson Hutcheon) e l’analisi di Bourdieu si indaga il rapporto tra mercato e autore letterario, facendo particolare riferimento ai percorsi letterari di Rafael Chirbes, Mia Couto e Wu Ming. Il tema della forma letteraria è invece letto atttraverso le analisi di Hutcheon e analizzando i testi di Helder Macedo (Pedro e Paula), Isaac Rosa (¡Otra maldita novela sobre la guerra civil!) e Tommaso De Lorenzis-Guido Favale (L’aspra stagione). La crisi del concetto di verità viene analizzata alla luce del dibattito sulla storiografia nella seconda metà del Novecento. In particolare si evidenzia la tensione tra Hayden White e Carlo Ginzuburg. Per evidenziare come le relazioni di potere influenzino la narrazione della storia si fa inoltre riferimento alle analisi di Michel Foucault, Michel de Certeau, Stephen Greenbaltt e Gayatri Spivak. Si analizzano quindi Anatomía de un instante, di Javier Cercas, Romanzo criminale, di Giancarlo de Cataldo e As três vidas, di João Tordo. Infine ci si riferisce alla crisi dello stato-nazione individuando una tensione tra le analisi di György Lukács e Franco Moretti, e allargando la riflessione agli studi sociologici di Immanuel Wallerstein e Saskia Sassen. Inoltre, attraverso i testi di Benedict Anderson, Homi B. Bhabha, José Saramao e Eduardo Lourenço si articola una riflessione sull’immaginario politico nazionale. I testi analizzati sono Victus, di Albert Sánchez Piñol, Pro Patria, di Ascanio Celestini e A voz da terra di Miguel Real.
The research arises from the issue of the relationship between history and narrative in the literature of the last fifteen years in three national contexts: Italy, Spain and Portugal. In order to investigate such a wide-spreading field, three intertwined main guidelines have been identified, coinciding with three "crisis". Through reflections on postmodernism (Lyotard, Jameson Hutcheon) and the analysis of Bourdieu, the relationship between market and literary author has been explored, with particular reference to the literary trail of Rafael Chirbes, Mia Couto and Wu Ming. The theme of the literary form was instead investigated by referring to the analyses of Hutcheon and taking into account the texts by Helder Macedo (Pedro e Paula), Isaac Rosa (¡Otra maldita novela sobre la guerra civil!) and Tommaso De Lorenzis-Guido Favale (L’aspra stagione). The crisis of the concept of truth is evaluated with regard to the debate on historiography. In particular, the tension between Hayden White and Charles Ginzuburg has been highlighted. As to provide a deeper understanding of how power relations influence the narrative of the story, the analyses performed by Michel Foucault, Michel de Certeau, Stephen Greenbaltt and Gayatri Spivak are taken into account. Javier Cercas’ Anatomía de un instante, Giancarlo de Cataldo’s Romanzo criminale and João Tordo’s As três vidas are therefore examinated. Lastly, the crisis of the nation-state is taken into consideration by identifying a tension between the analysis of György Lukács and the ones of Franco Moretti, and widening the reflection to the sociological analysis of Immanuel Wallerstein and Saskia Sassen. In addition, through the texts of Benedict Anderson and Homi Bhabha B., the reflection on the national political imaginary takes shape. The texts analyzed are Victus, by Albert Sánchez Piñol, Pro Patria, by Ascanio Celestini e A voz da terra by Miguel Real.
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Piga, Emanuela <1971&gt. "Memoria e rappresentazione della violenza storica nella letteratura del secondo Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2121/1/Piga_Emanuela_tesi.pdf.

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Анотація:
Partendo dal problema del rapporto fra la ricostruzione di un evento storico e lo statuto del testo che lo ricostruisce, la tesi si concentra nella lettura di opere riguardanti la Seconda guerra mondiale. Sono in questo senso cruciali due opere autobiografiche trattate nella prima parte del lavoro, Rue Labat Rue Ordener di Sarah Kofman (1993) e Kindheitsmuster di Christa Wolf (1976). In questi due testi la dottoranda prova a recuperare da una parte la rimemorazione letteraria di due esperienze infantili della guerra insieme opposte e complementari dal punto di vista del posizionamento della testimonianza. Il testo della Wolf ibrida la narrazione finzionale e la memoria dell’evento storico vissuto nel ricordo di una bambina tedesca, il testo della Kofman recupera in una maniera quasi psicanalitica la memoria di una bambina ebrea vittima inconsapevole e quesi incosciente della Shoah. Di fronte a due topoi apparentemente già piu volte ripercorsi nella letteratura critica del trauma postconflitto, la tesi in questione cerca di individuare il costituirsi quasi inevitabile di un soggetto identitario che osserva, vive e successivamente recupera e racconta il trauma. Se alcune posizioni della moderna storiografia e della contemporanea riflessione sulla scrittura storiografica, sottolineano la forza e l’importanza dell’elemento narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti, questa tesi sembra indicare una via possibile di studio per la letteratura comparata. Una via, cioè, che non si soffermi sui fattori e sui criteri veridizionali del testo, criteri e fattori che devono restare oggetto di studio per gli storici , ma che piuttosto indaghi sul nesso ineludibile e fondativo che la scrittura stessa svela e pone in essere: il trauma, l’irrompere dell’evento storico nell’individuo diventa elemento costitutivo della propria identità, elemento al quale è difficile dare una posizione stabile ma che allo stesso tempo non si può evitare di raccontare, di mettere in discorso. Nella narrazione letteraria di eventi storici esiste dunque un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Il punto di vista (come ci ricorda De Certeau ne Les lieux des autres in quel saggio dedicato ai cannibali di Montaigne,che viene poi ripreso senza essere mai citato da Ginzburg ne Il filo e le tracce) non è mai dato a priori nel discorso, è il risultato di un conflitto e di una lotta. Il testo che rende conto e recupera la memoria di un passato storico, in particolare di un passato storico conflittuale, di una guerra, di una violenza, per quanto presenti un punto di vista preciso e posizionato, per quanto possa apparire un frutto di determinate strategie testuali e di determinati obiettivi pragmatici, è pur sempre una narrazione il cui soggetto porta in sé, identitariamente, le ferite e i traumi dell’evento storico. Nei casi di Wolf e Kofman abbiamo quindi un rispecchiamento reciproco che fra il tentativo di una ricostruzione della memoria infantile e il recupero dell’elemento intersoggettivo e storico si apre alla scrittura e alla narrazione. La posizione del soggetto che ha vissuto l’irrompere del dramma storico nel discorso lo costituisce e lo delega a essere colui che parla e colui che vede. In un qualche modo la Storia per quanto possa essere creatrice di eventi e per quanto possa trasformare l’esistenza del soggetto non è essa stessa percepibile finché non si posiziona attraverso il soggetto trasformato e modificato all’interno del discorso. In questa continua ricerca di un equilibrio possibile fra realtà e discorso si pone il problema dell’essere soggetto in mezzo ad altri soggetti. E questo in un duplice aspetto: nell’aspetto della rappresentazione dell’altro, cioè nel problema di come la memoria riorganizzi e ricrei i soggetti in gioco nell’evento storico; e poi nella rappresentazione di se stesso per gli altri, nella rappresentazione cioe del punto di vista. Se nel romanzo autobiografico di Kofman tutta la storia veniva a ricondursi alla narrazione privata del soggetto che, come in una seduta psicanalitica recupera e insieme si libera del proprio conflitto interiore, della propria memoria offesa; se nel romanzo di Wolf si cercava un equilibrio fra una soggettivita infantile ormai distante in terza persona e una soggettività rammemorante che prendeva posizione nel romanzo nella seconda persona; la cerniera sia epistemologica sia narratologica fra la prima e la seconda parte della tesi pare essere Elsa Morante e il suo romanzo La Storia. L’opera della Morante sembra infatti farsi pieno carico della responsabilità di non poter piu ridurre la narrazione del trauma alla semplice presa in carico del soggetto autobiografico. Il soggetto che, per dirla ancora con De Certeau, può esprimere il proprio punto di vista perche in qualche modo si è salvato dalla temperie della storia, non si pone nel discorso come punto di inizio e di fine di qualsiasi percezione del trauma, ma si incarna in uno o più personaggi che in un qualche modo rappresentino l’irrapresentabile e l’irrapresentato. La storia diventa quindi elemento non costitutivo di un'identità capace di ri-raccontarsi o almeno non solo, diventa fattore costitutivo di un’identità capace di raccontare l’altro, anzi gli altri, tutti coloro che il conflitto, la violenza ha in un qualche modo cancellato. Così accade all’infanzia tradita e offesa del piccolo Useppe, che viene soffocato non solo nella sua possibilita di svilupparsi, di essere punto di vista del discorso, ma anche nella possibilita di essere osservatore vivo dell’evento; cosi accade a Ida, donna e madre, che la Storia lentamente e inesorabilmente spersonalizza riducendola a essere soggetto passivo e vittima degli eventi. Ecco quindi che la strada aperta dalla Morante permette alla memoria di proiettarsi in una narrazione comune e di condividere e suddividere la posizione centrale del soggetto in una costellazione differente di soggetti. A questo punto si apre, attraverso le tecniche della storia orale e la loro narrativizzazione, una strategia di recupero della memoria evidenziata nell’ultima parte della tesi. La strada intrapresa da autori come i Wu Ming e come Andrea Levy ne è un esempio. Sganciati per evidenti ragioni biografiche e anagrafiche (sono tutti nati ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale) da qualsiasi tentazione autobiografica, i primi intraprendono una vera e propria ridistribuzione dei punti di vista sulla storia. In romanzi come Manituana si viene a perdere, almeno a un primo e forse piu superficiale livello, qualsiasi imposizione fissa del punto di vista. Una molteplicità di soggetti si prende carico di raccontare la storia da differenti posizioni, ma la apparente molteplicità degli sguardi non si riduce a una frammentazione dell’etica del racconto quanto piuttosto alla volontà di fare emergere tra gli altri anche il punto di vista dello sconfitto e dell’inerme. Al passato oscuro della violenza storica si contrappone in un qualche modo la messa in discorso del soggetto che cerca attraverso la costituzione non solo di un soggetto ma di una pluralitàdi voci , di ritrovare un’ armonia, di riassimilare la propria memoria condividendola nel testo letterario.
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Piga, Emanuela <1971&gt. "Memoria e rappresentazione della violenza storica nella letteratura del secondo Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2121/.

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Анотація:
Partendo dal problema del rapporto fra la ricostruzione di un evento storico e lo statuto del testo che lo ricostruisce, la tesi si concentra nella lettura di opere riguardanti la Seconda guerra mondiale. Sono in questo senso cruciali due opere autobiografiche trattate nella prima parte del lavoro, Rue Labat Rue Ordener di Sarah Kofman (1993) e Kindheitsmuster di Christa Wolf (1976). In questi due testi la dottoranda prova a recuperare da una parte la rimemorazione letteraria di due esperienze infantili della guerra insieme opposte e complementari dal punto di vista del posizionamento della testimonianza. Il testo della Wolf ibrida la narrazione finzionale e la memoria dell’evento storico vissuto nel ricordo di una bambina tedesca, il testo della Kofman recupera in una maniera quasi psicanalitica la memoria di una bambina ebrea vittima inconsapevole e quesi incosciente della Shoah. Di fronte a due topoi apparentemente già piu volte ripercorsi nella letteratura critica del trauma postconflitto, la tesi in questione cerca di individuare il costituirsi quasi inevitabile di un soggetto identitario che osserva, vive e successivamente recupera e racconta il trauma. Se alcune posizioni della moderna storiografia e della contemporanea riflessione sulla scrittura storiografica, sottolineano la forza e l’importanza dell’elemento narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti, questa tesi sembra indicare una via possibile di studio per la letteratura comparata. Una via, cioè, che non si soffermi sui fattori e sui criteri veridizionali del testo, criteri e fattori che devono restare oggetto di studio per gli storici , ma che piuttosto indaghi sul nesso ineludibile e fondativo che la scrittura stessa svela e pone in essere: il trauma, l’irrompere dell’evento storico nell’individuo diventa elemento costitutivo della propria identità, elemento al quale è difficile dare una posizione stabile ma che allo stesso tempo non si può evitare di raccontare, di mettere in discorso. Nella narrazione letteraria di eventi storici esiste dunque un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Il punto di vista (come ci ricorda De Certeau ne Les lieux des autres in quel saggio dedicato ai cannibali di Montaigne,che viene poi ripreso senza essere mai citato da Ginzburg ne Il filo e le tracce) non è mai dato a priori nel discorso, è il risultato di un conflitto e di una lotta. Il testo che rende conto e recupera la memoria di un passato storico, in particolare di un passato storico conflittuale, di una guerra, di una violenza, per quanto presenti un punto di vista preciso e posizionato, per quanto possa apparire un frutto di determinate strategie testuali e di determinati obiettivi pragmatici, è pur sempre una narrazione il cui soggetto porta in sé, identitariamente, le ferite e i traumi dell’evento storico. Nei casi di Wolf e Kofman abbiamo quindi un rispecchiamento reciproco che fra il tentativo di una ricostruzione della memoria infantile e il recupero dell’elemento intersoggettivo e storico si apre alla scrittura e alla narrazione. La posizione del soggetto che ha vissuto l’irrompere del dramma storico nel discorso lo costituisce e lo delega a essere colui che parla e colui che vede. In un qualche modo la Storia per quanto possa essere creatrice di eventi e per quanto possa trasformare l’esistenza del soggetto non è essa stessa percepibile finché non si posiziona attraverso il soggetto trasformato e modificato all’interno del discorso. In questa continua ricerca di un equilibrio possibile fra realtà e discorso si pone il problema dell’essere soggetto in mezzo ad altri soggetti. E questo in un duplice aspetto: nell’aspetto della rappresentazione dell’altro, cioè nel problema di come la memoria riorganizzi e ricrei i soggetti in gioco nell’evento storico; e poi nella rappresentazione di se stesso per gli altri, nella rappresentazione cioe del punto di vista. Se nel romanzo autobiografico di Kofman tutta la storia veniva a ricondursi alla narrazione privata del soggetto che, come in una seduta psicanalitica recupera e insieme si libera del proprio conflitto interiore, della propria memoria offesa; se nel romanzo di Wolf si cercava un equilibrio fra una soggettivita infantile ormai distante in terza persona e una soggettività rammemorante che prendeva posizione nel romanzo nella seconda persona; la cerniera sia epistemologica sia narratologica fra la prima e la seconda parte della tesi pare essere Elsa Morante e il suo romanzo La Storia. L’opera della Morante sembra infatti farsi pieno carico della responsabilità di non poter piu ridurre la narrazione del trauma alla semplice presa in carico del soggetto autobiografico. Il soggetto che, per dirla ancora con De Certeau, può esprimere il proprio punto di vista perche in qualche modo si è salvato dalla temperie della storia, non si pone nel discorso come punto di inizio e di fine di qualsiasi percezione del trauma, ma si incarna in uno o più personaggi che in un qualche modo rappresentino l’irrapresentabile e l’irrapresentato. La storia diventa quindi elemento non costitutivo di un'identità capace di ri-raccontarsi o almeno non solo, diventa fattore costitutivo di un’identità capace di raccontare l’altro, anzi gli altri, tutti coloro che il conflitto, la violenza ha in un qualche modo cancellato. Così accade all’infanzia tradita e offesa del piccolo Useppe, che viene soffocato non solo nella sua possibilita di svilupparsi, di essere punto di vista del discorso, ma anche nella possibilita di essere osservatore vivo dell’evento; cosi accade a Ida, donna e madre, che la Storia lentamente e inesorabilmente spersonalizza riducendola a essere soggetto passivo e vittima degli eventi. Ecco quindi che la strada aperta dalla Morante permette alla memoria di proiettarsi in una narrazione comune e di condividere e suddividere la posizione centrale del soggetto in una costellazione differente di soggetti. A questo punto si apre, attraverso le tecniche della storia orale e la loro narrativizzazione, una strategia di recupero della memoria evidenziata nell’ultima parte della tesi. La strada intrapresa da autori come i Wu Ming e come Andrea Levy ne è un esempio. Sganciati per evidenti ragioni biografiche e anagrafiche (sono tutti nati ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale) da qualsiasi tentazione autobiografica, i primi intraprendono una vera e propria ridistribuzione dei punti di vista sulla storia. In romanzi come Manituana si viene a perdere, almeno a un primo e forse piu superficiale livello, qualsiasi imposizione fissa del punto di vista. Una molteplicità di soggetti si prende carico di raccontare la storia da differenti posizioni, ma la apparente molteplicità degli sguardi non si riduce a una frammentazione dell’etica del racconto quanto piuttosto alla volontà di fare emergere tra gli altri anche il punto di vista dello sconfitto e dell’inerme. Al passato oscuro della violenza storica si contrappone in un qualche modo la messa in discorso del soggetto che cerca attraverso la costituzione non solo di un soggetto ma di una pluralitàdi voci , di ritrovare un’ armonia, di riassimilare la propria memoria condividendola nel testo letterario.
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Grendene, Filippo. "Il dialogo della tradizione. Ri-uso, intertestualità, storia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3424566.

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Анотація:
Il lavoro è dedicato ad analizzare i rapporti dell’opera letteraria con la tradizione: propone un modello teorico di storicizzazione del concetto univoco di intertestualità, cui è affiancato il ri-uso, e verifica la validità del modello su diversi casi di studio. La struttura è tripartita. La prima sezione, teorica, è dedicata a ridiscutere criticamente il concetto di intertestualità. In particolare, viene riconosciuta nella dimensione del ri-uso (discussa negli anni Ottanta da Franco Brioschi) una valida alternativa al modo strutturalista e post-strutturalista di intendere il rapporto di un testo letterario con il classico e con la tradizione. La seconda sezione lavora sull’applicazione testuale e sul rapporto che alcuni classici della modernità e del contemporaneo intessono con la tradizione (in particolare, La montagna incantata, Vita e destino, Se una notte d’inverno un viaggiatore e 2666). In essa è affrontata la sfaccettata problematica dell’ironia. La terza sezione affronta un caso di studio: influssi e riprese di Manzoni nel secondo Novecento. Sono considerati, in particolare, i casi di Gadda, Malaparte e Levi, l’influsso della Storia della Colonna infame sui generi del romanzo-inchiesta e del romanzo-saggio (Sciascia, Fortini, Tomizza, Vassalli, La Gioia) e la riflessione sul romanzo storico nel secondo Novecento. La sezione si conclude con alcune considerazioni sugli influssi manzoniani sulla microstoria di Carlo Ginzburg, nonché sulle riprese riguardanti opere teatrali e filmiche nelle quali risultano coinvolti a vario titolo scrittori (Pasolini, Bacchelli, Bassani, Testori).
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7

Di, Stefano Martina. "Gli interlocutori di Socrate nei Dialoghi di Platone." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/367630.

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Анотація:
Questa tesi ha come obiettivo quello di definire il ruolo intratestuale degli interlocutori di Socrate in sei dialoghi di Platone: Alcibiade maggiore, Carmide, Teeteto, Gorgia, Repubblica (libri I, II e V), Filebo. Le ragioni di interesse per questo argomento sono almeno due. Alcuni di questi personaggi individuano gli antagonisti di Socrate e rappresentano sfide per la riflessione platonica. In questo senso la loro presenza risulta importante per osservare in che modo i Dialoghi siano più la messa in scena di un metodo e di un diverso atteggiamento verso il sapere che l’esposizione di una dottrina, permettendo così di definire e contrario la φιλοσοφία. Ad essi è dedicato il primo capitolo (Il sapere ricevuto: gli interlocutori secondo l’Apologia), usando come traccia la lista che Socrate fa nell’Apologia. Prima di intraprendere l’analisi dei personaggi è stato però necessario definire che cosa si intenda per interlocutore (Che cos’è un interlocutore socratico?). L’interazione o la presenza nei Dialoghi presenta molte sfumature, ma la definizione dei tratti che caratterizzano un interlocutore, in positivo e in negativo, sarà alla base della successiva lettura dei testi. Sulla base della caratterizzazione e della loro interazione dialogica si analizzeranno alcuni personaggi del corpus (La rifondazione platonica del sapere: il ruolo degli interlocutori). Le osservazioni sulla lista dell’Apologia e la disamina terminologica consentiranno di analizzare i dialoghi con una griglia interpretativa il più possibile ricavata dai testi. Si potrà perciò notare che sia gli interlocutori “impossibili†che i personaggi con i quali Socrate può costruire positivamente alcune tesi possiedono caratteristiche caratteriali e sociali ben precise. Infine, si analizzeranno alcuni fenomeni discorsivi che ostacolano il dialogo: se in questo modo Platone vuole mostrare l’impossibilità di «tessere un discorso comune in mancanza di un mondo di valori condiviso» (Fussi), è anche forse perché riconosce che la persuasione filosofica si esercita al di fuori della finzione dialogica.
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Di, Stefano Martina. "Gli interlocutori di Socrate nei Dialoghi di Platone." Doctoral thesis, University of Trento, 2018. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/3089/1/DI_STEFANO_tesi_finale_unitn.pdf.

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Анотація:
Questa tesi ha come obiettivo quello di definire il ruolo intratestuale degli interlocutori di Socrate in sei dialoghi di Platone: Alcibiade maggiore, Carmide, Teeteto, Gorgia, Repubblica (libri I, II e V), Filebo. Le ragioni di interesse per questo argomento sono almeno due. Alcuni di questi personaggi individuano gli antagonisti di Socrate e rappresentano sfide per la riflessione platonica. In questo senso la loro presenza risulta importante per osservare in che modo i Dialoghi siano più la messa in scena di un metodo e di un diverso atteggiamento verso il sapere che l’esposizione di una dottrina, permettendo così di definire e contrario la φιλοσοφία. Ad essi è dedicato il primo capitolo (Il sapere ricevuto: gli interlocutori secondo l’Apologia), usando come traccia la lista che Socrate fa nell’Apologia. Prima di intraprendere l’analisi dei personaggi è stato però necessario definire che cosa si intenda per interlocutore (Che cos’è un interlocutore socratico?). L’interazione o la presenza nei Dialoghi presenta molte sfumature, ma la definizione dei tratti che caratterizzano un interlocutore, in positivo e in negativo, sarà alla base della successiva lettura dei testi. Sulla base della caratterizzazione e della loro interazione dialogica si analizzeranno alcuni personaggi del corpus (La rifondazione platonica del sapere: il ruolo degli interlocutori). Le osservazioni sulla lista dell’Apologia e la disamina terminologica consentiranno di analizzare i dialoghi con una griglia interpretativa il più possibile ricavata dai testi. Si potrà perciò notare che sia gli interlocutori “impossibili” che i personaggi con i quali Socrate può costruire positivamente alcune tesi possiedono caratteristiche caratteriali e sociali ben precise. Infine, si analizzeranno alcuni fenomeni discorsivi che ostacolano il dialogo: se in questo modo Platone vuole mostrare l’impossibilità di «tessere un discorso comune in mancanza di un mondo di valori condiviso» (Fussi), è anche forse perché riconosce che la persuasione filosofica si esercita al di fuori della finzione dialogica.
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9

Masi, Jacopo <1978&gt. "Déclinaisons de la nostalgie dans la poésie européenne de la deuxième moitié du 20e siècle." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2779/1/Masi_Jacopo_TESI.pdf.

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Masi, Jacopo <1978&gt. "Déclinaisons de la nostalgie dans la poésie européenne de la deuxième moitié du 20e siècle." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2779/.

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Книги з теми "Storia della critica letteraria"

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Giorgio, Baroni, and Alhaique Pettinelli Rosanna, eds. Storia della critica letteraria in Italia. Torino: UTET libreria, 1997.

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2

Gustave, Bardy. Storia della letteratura cristiana antica latina: Storia letteraria, letteratura critica e approfondimenti tematici. Città del Vaticano: Libreria editrice vaticana, 1999.

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3

Costanzo, Mario. Appunti e postille per un seminario di storia della critica letteraria. Roma: Bulzoni, 1991.

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4

Romagnoli, Sergio. Per una storia della critica letteraria: Dal De Sanctis al Novecento. Firenze: Le Lettere, 1993.

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5

Bonora, Ettore. Protagonisti e problemi: Saggi e note di storia della critica letteraria. Torino: Loescher, 1985.

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6

Zamponi, Stefano, ed. Intorno a Boccaccio / Boccaccio e dintorni 2015. Florence: Firenze University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-338-4.

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Анотація:
Il volume Intorno a Boccaccio /Boccaccio e dintorni 2015 nasce dal seminario internazionale che si è tenuto a Certaldo il 9 settembre 2015, seconda realizzazione di un’iniziativa alla quale l’Ente Nazionale Giovanni Boccaccio ha deciso di conferire una periodicità annuale. Lo scopo di questi seminari, rivolti in primo luogo a giovani studiosi, è di raccogliere e sviluppare le prospettive di lavoro emerse con il centenario del 2013 e di offrire un luogo di discussione a nuove ricerche in corso. I temi trattati nel corso del seminario, attenti al Boccaccio latino e volgare, affrontano (con più ampia attenzione per il Decameron) aspetti di tradizione e critica testuale, storia della lingua, critica letteraria e storia della miniatura.
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7

Muzzioli, Francesco. Le teorie della critica letteraria. Roma: Nuova Italian scientifica, 1994.

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8

A, Cavallera Hervé, ed. Frammenti di critica e storia letteraria. Firenze: Le Lettere, 1996.

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9

Zoppelli, Giuseppe. Critica ex: Sullo stato della critica letteraria e della cultura. Pasian di Prato (Udine): Campanotto, 2000.

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10

Rodler, Lucia. I termini fondamentali della critica letteraria. Milano: B. Mondadori, 2004.

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Частини книг з теми "Storia della critica letteraria"

1

Kowalik, Katarzyna. "Alfredo Oriani, una visione contesa dell’italianità." In Sperimentare ed esprimere l’italianità. Aspetti letterari e culturali. Doświadczanie i wyrażanie włoskości. Aspekty literackie i kulturowe. Wydawnictwo Uniwersytetu Łódzkiego, 2021. http://dx.doi.org/10.18778/8220-478-0.10.

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Анотація:
Il testo si propone come rassegna delle informazioni sulla produzione letteraria di Alfredo Oriani (1852–1909), scrittore, giornalista e pensatore italiano le cui idee, nonostante un’incoerenza cronologica, furono interpretate da Benito Mussolini come appoggio intellettuale all’ideologia fascista. L’autore romagnolo, dopo numerosi tentativi falliti di attirare l’attenzione del pubblico e della critica letteraria con i suoi romanzi, si dedicò al lavoro storiografico che servì a corroborare il “mito del precursore”. Il punto di riferimento per le considerazioni su Oriani è sempre, oltre all’indiscutibile aspetto biografico, la delusione provocata dagli ideali traditi del Risorgimento e della realtà dell’Italia post-unitaria. Nell’articolo si cercherà di ricostruire la fortuna letteraria di Oriani nel contesto degli avvenimenti politici del ventesimo secolo che hanno contribuito alla nascita di un caso letterario eccezionale per la storia d’Italia.
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2

Grasso, Ida. "La Spagna di Paragone Letteratura (1950-75)." In Biblioteca di Rassegna iberistica. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2020. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-459-2/002.

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Анотація:
Lo studio intende indagare la presenza della cultura ispanica in Paragone, rivista centrale del panorama letterario italiano della seconda metà del Novecento. La dichiarata apertura alla «storia di oggi», come si legge nel programmatico esordio del periodico, lo sguardo raffinato e analitico dei suoi collaboratori, vicini per animus critico e militanza culturale, ne fanno un imprescindibile punto di partenza per verificare, nell’ultimo venticinquennio della dittatura franchista, non soltanto l’eventuale diffusione e attestazione della produzione letteraria ispanica in Italia, ma anche, e soprattutto, la sua analisi in sede critica.
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3

"Sul concetto di storia." In Critica della teologia politica, 30. Quodlibet, 2019. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvsf1phq.8.

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Calvelli, Lorenzo. "Lineamenti per una storia della critica della falsificazione epigrafica." In Antichistica. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-386-1/005.

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Анотація:
This article offers the first comprehensive investigation of the history of scholarship related to epigraphic forgeries. Fake inscriptions were already produced in Antiquity and throughout the Middle Ages, but their number began to rise dramatically from the Renaissance onwards. By the mid-1500s, scholars became attentive of the risks of using fake sources for antiquarian purposes, while in the 17th and 18th centuries they started isolating forged or suspect texts within specific sections of their new epigraphic corpora. Tentative sets of criteria for isolating non-genuine inscriptions were first identified by Scipione Maffei around 1720, but an actual epistemology for epigraphic criticism was only developed by Theodor Mommsen and his collaborators in the mid-1800s. Since then, most corpora and critical editions have, often implicitly, followed their scientific principles. Current scholars should be well aware of them, because they can present both considerable rewards and serious shortcomings.
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"Lettura genetica della Critica del Giudizio." In Attraverso la storia dell’estetica. Vol. 2: da Kant a Hegel, 15–52. Quodlibet, 2019. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvsf1nwk.4.

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6

Albertone, Manuela. "La critica dell’autorità della storia e la nascita della modernità." In Metamorfosi dei Lumi 8, 54–71. Accademia University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.4000/books.aaccademia.2247.

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"Storia della lingua letteraria nella Romània: italiano Geschichte der Literatursprache in der Romania: Italienisch." In Romanische Sprachgeschichte / Histoire linguistique de la Romania, Part 2, edited by Gerhard Ernst, Martin-Dietrich Gleßgen, Christian Schmitt, and Wolfgang Schweickard. Berlin • New York: Walter de Gruyter, 2006. http://dx.doi.org/10.1515/9783110171501.2.13.1958.

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