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Статті в журналах з теми "Forma di governo francese"

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Lijphart, Arend. "PRESIDENZIALISMO E DEMOCRAZIA MAGGIORITARIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 367–84. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008637.

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Анотація:
IntroduzioneNel suo noto saggio su Democracy, Presidential or Parliamentary: Does it Make a Difference? — ampiamente diffuso e da considerarsi ormai una sorta di classico non pubblicato — Juan Linz (1987, 2) osserva correttamente che gli scienziati della politica hanno trascurato le importanti differenze istituzionali e comportamentali tra regimi parlamentari, presidenziali e semipresidenziali e che, in particolare, queste differenze «ricevono solo scarsa attenzione nei due più recenti lavori di comparazione delle democrazie contemporanee», cioè Comparative Democracies di G. Bingham Powell (1982) e il mio Democracies (Ljiphart 1984). Una ragione per cui il presidenzialismo risulta relativamente trascurato nel mio libro è che nell'universo di 21 democrazie ivi considerato — definito da quei paesi che hanno avuto una ininterrotta esperienza di governo democratico approssimativamente dalla fine della seconda guerra mondiale — compare un solo chiaro caso di governo presidenziale (gli Stati Uniti) e due casi più ambigui (la V Repubblica francese e la Finlandia). Retrospettivamente ritengo di aver applicato i miei criteri in modo troppo stretto e che avrei dovuto includere anche l'India e il Costa Rica tra le mie democrazie «prolungate». Quest'ultimo avrebbe costituito un quarto caso di presidenzialismo. Powell fa ricorso ad una definizione meno esigente di democrazia (un minimo di 5 anni di democrazia nel periodo dal 1958 al 1976), il che gli mette a disposizione altri 4 casi di presidenzialismo: Venezuela, Cile, Uruguay e Filippine.Vorrei essere ancor più esplicitamente critico sul mio libro del 1984: la debolezza principale non è tanto lo scarso spazio dedicato al contrasto tra presidenzialismo e parlamentarismo (circa 12 pagine su 222, cioè un po’ più del 5% del libro) ma piuttosto il fatto che la discussione non è sufficientemente integrata con la comparazione della democrazia maggioritaria e consensuale, che costituisce il tema principale del lavoro. In particolare, ho definito presidenzialismo e parlamentarismo in riferimento a due caratteristiche contrastanti, ignorando una terza cruciale distinzione, ed ho poi legato il contrasto presidenziale/parlamentare ad una sola delle differenze tra democrazia consensuale e maggioritaria, ignorando il suo impatto su numerose altre distinzioni. L'obiettivo di questo articolo è correggere queste lacune e stabilire la connessione generale tra il contrasto presidenziale/parlamentare e quello maggioritario/consensuale.Come Linz, il mio atteggiamento sarà critico verso il presidenzialismo, ma tale critica si baserà su argomenti in parte diversi. L'argomento principale di Linz (1987, 11) riguarda «la rigidità che il presidenzialismo introduce nel processo politico e la flessibilità di gran lunga maggiore di questo processo nei sistemi parlamentari». Concordo pienamente con Linz e, in aggiunta, sono d'accordo che rigidità e immobilismo costituiscono i più seri punti deboli del presidenzialismo. In questo articolo la mia critica si concentrerà su una ulteriore debolezza della forma presidenziale di governo: la sua potente inclinazione verso la democrazia maggioritaria e il fatto che, nel gran numero di paesi in cui un naturale consenso di fondo è assente, appare necessaria una forma di democrazia consensuale invece che maggioritaria. Questi paesi comprendono non solo quelli caratterizzati da profonde fratture etniche, razziali e religiose, ma anche quelli con intense divisioni politiche che originano da una storia recente di guerra civile o dittatura militare, enormi diseguaglianze socio-economiche e così via. Inoltre, nei paesi in via di democratizzazione o di ri-democratizzazione le forze non-democratiche devono essere rassicurate e riconciliate ed è necessario fargli accettare l'idea non solo di abbandonare il potere, ma anche di non insistere nel pretendere il mantenimento di «domini riservati» di potere non-democratico all'interno del nuovo, e per gli altri versi democratico, regime. La democrazia consensuale, che è caratterizzata dalla condivisione, dalla limitazione e dalla dispersione del potere, ha molte più probabilità di raggiungere questo obiettivo che non il diretto dominio maggioritario. Come Philippe C. Schmitter ha suggerito, democrazia consensuale significa democrazia «difensiva», che per le minoranze etno-culturali e politiche risulta meno minacciosa dell' «aggres-sivo» governo maggioritario.Tratterò questo tema in tre fasi. In primo luogo definirò il presidenzialismo in riferimento a tre essenziali caratteristiche. In secondo luogo mostrerò che, specialmente come risultato della sua terza caratteristica, il presidenzialismo ha una forte tendenza a rendere la democrazia più maggioritaria. Infine, esaminerò le varie caratteristiche non-essenziali del presidenzialismo — caratteristiche che, benché presenti di frequente, non sono elementi distintivi della forma di governo presidenziale — ed il loro impatto sul grado di consensualità o maggioritarietà della democrazia.
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Violante, Luciano. "Magistrature e forma di governo." DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 3 (May 2012): 13–26. http://dx.doi.org/10.3280/ded2011-003002.

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Dell'Olio, Francesca. "O BOLSONARISMO COMO MOMENTO DE FASCISMO ETERNO E SUAS BRECHAS ESTRUTURAIS: FORMAS DE RESISTÊNCIA." Revista X 15, no. 4 (September 23, 2020): 132. http://dx.doi.org/10.5380/rvx.v15i4.76336.

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Анотація:
Encerrando nosso dossiê, Francesca Dell’Olio (Università di Padova/USP) nos presenteia com uma análise do bolsonarismo que facilita a identificação fascista do atual governo brasileiro e, ao mesmo tempo, evidencia sua desestruturação política e ideológica, o que permite ações de dissenso e de solidariedade, ou seja, abre espaço para a esperança.
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Pasquino, Gianfranco. "VARIANTI DEI MODELLI DI GOVERNO PARLAMENTARE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, no. 2 (August 2003): 295–315. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027192.

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Анотація:
Introduzione«Chi conosce il diritto costituzionale classico e ignora la funzione dei partiti, ha un'idea sbagliata dei regimi politici contemporanei; chi conosce la funzione dei partiti e ignora il diritto costituzionale classico ha un'idea incompleta ma esatta dei regimi politici contemporanei» (Duverger 1961, p. 412) Alla luce di questa preziosa indicazione metodologica dell'autorevole politologo e costituzionalista francese, il dibattito italiano sul «premierato» appare immediatamente e sostanzialmente inadeguato perché incapace, tranne pochissime eccezioni, di tenere insieme il sistema dei partiti e il modello di governo. Certo, è innegabile che le regole e le attribuzioni di poteri costituzionali hanno anche una dinamica e una forza propria e specifica. Tuttavia, il modo e il grado di successo con il quale regole e poteri incidono sui rapporti governo/parlamento e governo/elettorato differiscono in maniera significativa a seconda del sistema di partiti sottostante sul quale si applicano e con il quale interagiscono. In questa sede, manterrò l'analisi focalizzata esclusivamente sui modelli parlamentari di governo, ma, naturalmente, anche qualsiasi tentativo di comprendere e di rendere conto del funzionamento dei modelli presidenziali di governo appare altrettanto inadeguato se, per l'appunto, non tiene conto dei diversi sistemi di partito sui quali viene innestato ciascun modello presidenziale (per le indispensabili differenziazioni fra presidenzialismi e parlamentarismi, si veda Sartori 2000; per un tentativo, peraltro piuttosto confuso poiché si perde in eccessive specificazioni che non conducono ad opportune generalizzazioni, Shugart e Carey 1992).
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Pattenden, Miles. "Governor and government in sixteenth-century Rome." Papers of the British School at Rome 77 (November 2009): 257–72. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000009x.

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Анотація:
L'importanza del governo a Roma e il ruolo del papa e dei suoi ufficiali in esso crebbero rapidamente nel corso del XVI secolo. Il presente articolo prende la figura del governatore della città come un case-study e, usando dati legislativi, d'archivio e finanziari, ci si domanda come possiamo valutare quel processo e cosa rivela circa le aspirazioni dei Romani per il governo. Si conclude che questa espansione non fu il risultato di una centralizzazione deliberate o di una razionalizzazione dai papi del XVI secolo, ma che differenti gruppi all'interno della società romana sfruttarono l'idea di un'autorità papale per promuovere i loro propri interessi e incoraggiare la stabilità politica. Infine l'articolo prende in considerazione le conseguenze che questo ha avuto per lo sviluppo di Roma come una comunità politica, e si arguisce che nei secoli precedenti la rivoluzione francese, lungi dall'essere una causa di stagnazione e declino, il governo papale continuò ad evolversi per incontrare le aspettative maturate su di esso dalla società dell'ancien régime.
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Battegazzorre, Francesco. "L'INSTABILITÀ DI GOVERNO IN ITALIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 17, no. 2 (August 1987): 285–317. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200016695.

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IntroduzioneIn un noto contributo sul tema della stabilità governativa pubblicato una quindicina d'anni orsono M. Taylor e V. Herman esprimevano incertezza sul significato della capacità di persistenza dei ministeri, asserendo la necessità di «un ampio studio empirico prima di poter dire che la stabilità governativa è indicatore diuna qualsiasi cosa». In tal modo gli autori intendevano prendere le distanze da un assunto largamente diffuso nella letteratura specialistica sull'argomento, secondo cui la capacità di durata dell'esecutivo è legata significativamente al rendimento del sistema politico e, più in generale, alla stabilità del regime. Benché l'assunto in questione compaia, esplicitamente o implicitamente, anche in alcuni dei più recenti studi sulla stabilità ministeriale, restano comunque dubbi — in assenza dell'analisi empirica suggerita da Taylor e Herman — circa i legami intercorrenti tra persistenza del governo eperformancedel sistema, e non è mancato chi, nell'ambito della disciplina, di tali dubbi si è fatto portavoce. Sartori, per esempio, ha negato in diverse occasioni che un governo stabile (nel senso di duraturo) possa per ciò stesso essere considerato efficiente: «un esecutivo può durare (essere stabile) nell'immobilismo, e anzi durare proprio perché non si muove e non smuove le acque». A questa critica, di natura essenzialmente logica, si aggiunge ora quella — fondata empiricamente — di A. Lijphart, che utilizza dati tratti dal caso francese (IV Repubblica) e da quello nord-irlandese per contestare la tesi secondo cui «la capacità di durata dell'esecutivo è un buon indicatore dell'efficacia del governo e della stabilità del regime democratico». Il punto è quindi tutt'altro che chiarito, e di conseguenza non può sottrarsi all'attenzione dello studioso anche quando l'oggetto d'analisi viene affrontato da un'altra angolatura. Nel nostro caso va detto che indagare sul significato della stabilità o instabilità dell'esecutivo non costituisce l'obiettivo che ci si è proposti qui; tuttavia, data la salienza di questo aspetto del problema per il senso complessivo del lavoro, esso sarà oggetto di una breve trattazione nella parte conclusiva dell'esposizione.
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Piras, Mauro. "La stampa politica in Libano e Siria negli anni Trenta fra sopravvivenza e formazione dell'opinione pubblica." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (July 2012): 35–66. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-001002.

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Анотація:
Gli anni Trenta videro uno sviluppo senza precedenti della stampa araba periodica in Libano e Siria, nonostante gli ostacoli rappresentati, da un lato, dalla sempre piů rigida censura esercitata dalle autoritŕ, e dall'altro, dalla crisi economica, che metteva in grandi difficoltŕ un settore ancora debole. Questo saggio descrive innanzitutto la legislazione sulla stampa e la prassi repressiva seguita dalle autoritŕ per controllarne l'atteggiamento; sottolinea quindi il ruolo centrale che avevano le sovvenzioni, provenienti sia dal governo locale e dall'amministrazione francese, sia da governi stranieri o gruppi di interesse di diverso tipo, nel permettere a giornali con una diffusione estremamente limitata di far fronte alla precaria situazione politica ed economica. Illustra quindi la crescita quantitativa e qualitativa della stampa nel mandato francese, in particolare delle due capitali Beirut e Damasco, dal 1930 al 1940, per trarre infine delle conclusioni su come le strategie di sopravvivenza del giornalismo arabo incisero sulle caratteristiche peculiari della stampa siro-libanese tra le due guerre.
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Riberi, Mario. "Giovanni de Foresta, deputato alla camera subalpina e Ministro della giustizia (1850-1859)." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 199–255. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16889.

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Il giurista nizzardo Giovanni de Foresta è un personaggio poco noto e pochissimo studiato, nonostante il suo notevole apporto dato alla causa dell'unità d'Italia. Sostenitore di Cavour, sedette alla Camera subalpina per due legislature, la IV e la V, e rivestì due importanti incarichi di governo: fu ministro di Grazia e Giustizia sia nel primo governo D’Azeglio sia nel secondo governo Cavour, nel periodo di entrata in vigore delle leggi Siccardi. Oggetto di questo articolo sono i progetti elaborati da De Foresta durante questi due incarichi ministeriali. Innanzitutto il progetto che si tradusse nella legge del 26 febbraio 1852 sull’introduzione di misure restrittive della libertà di stampa: il dibattito parlamentare che ne seguì portò alla frattura della destra e alla stagione del "connubio" Cavour-Rattazzi. Successivamente viene illustrata l’opera svolta da De Foresta negli anni 1855-59 per il rinnovamento della codificazione del Regno di Sardegna attraverso l’apertura di un cantiere sia per l’elaborazione del codice di procedura civile sia per la revisione dei codici penali, che nel 1860 sostituirono quelli albertini. È infine presentato il contributo dato nel 1858 da De Foresta all'alleanza con la Francia, ritenuta indispensabile da Cavour per realizzare l'unità d'Italia, quando il Guardasigilli, per venire incontro alle richieste del governo francese, fece approvare dal Parlamento subalpino la legge sulle sanzioni da infliggere ai cospiratori contro i capi di stato stranieri.
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Maravall, José Maria. "L'IDENTITÀ DELLA SINISTRA: LE POLITICHE SOCIALDEMOCRATICHE NELL'EUROPA DEL SUD." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 22, no. 3 (December 1992): 449–99. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200018888.

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IntroduzioneQuesto articolo intende discutere i programmi e le politiche realizzate dai partiti socialisti dell'Europa del Sud giunti al potere negli anni ottanta. Vi sono considerati i partiti socialisti spagnolo (PSOE), greco (PASOK), portoghese (PSP), italiano (PSI) e francese (PS). Per i primi tre, la democrazia costituiva un'esperienza recente, esito delle transizioni dall'autoritarismo della metà degli anni settanta; negli altri due casi, era stata invece ristabilita al termine del secondo conflitto mondiale. Tre dei partiti socialisti considerati – PSOE, PS e PASOK – giungevano al potere forti di maggioranze assolute al Parlamento e dopo una lunga esclusione dal potere. Al contrario, i partiti socialisti portoghese e italiano facevano parte di coalizioni, con l'eccezione, in Portogallo, di un breve periodo di governo monopartitico socialista, dalle elezioni del 1976 fino alla fine del 1977. Il PSI, inoltre, figura al governo come partner minore, sebbene Craxi sia stato primo ministro dal 1983 al 1987. L'analisi comparata delle politiche sarà quindi agéométrie variable: poiché la presenza di coalizioni rende difficile assumere il bilancio dell'azione del governo come indicativo di specifiche politiche socialiste, il lavoro discuterà i casi di Spagna, Francia e Grecia con maggior dovizia.
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Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Дисертації з теми "Forma di governo francese"

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Catalano, S. "La forma di governo regionale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2006. http://hdl.handle.net/2434/35466.

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Rubechi, Massimo <1979&gt. "La forma di governo regionale nel diritto vivente." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/510/1/TesiMassimoRubechi.pdf.

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Rubechi, Massimo <1979&gt. "La forma di governo regionale nel diritto vivente." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/510/.

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SORRENTINO, EDOARDO. "BANCA CENTRALE, FORMA DI GOVERNO ITALIANA E INTEGRAZIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2023. https://hdl.handle.net/2434/955257.

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Анотація:
Central bank, Italian form of government and European integration Edoardo Sorrentino PhD in Public, International and European Law Università degli Studi di Milano The purpose of my thesis is to highlight an aspect that could redefine today’s theory of forms of gov-ernment. It is well known that the latter has, as its object of study, the provisions governing the relations between the constitutional bodies that participate at the function of political orientation. And this func-tion, in contemporary states, almost entirely coincides with the public management of the economy. Sus-tained growth of national income has become the primary objective of contemporary States, both to en-sure high levels of employment and to find the necessary tax revenue to finance the services provided by the State itself. It is immediately appropriate to point out that the public government of the economy is not the exclusive prerogative of fiscal policy. Monetary policy has an equally fundamental function. We cannot ignore the role that central banks have played in the public management of the economy. Through its operations – such as the fixing of interest rates, credit facilities to the Treasury and the pur-chase and sale of public and private securities – central banks are able to influence the growth of nation-al income, the general level of prices and the evolution of external accounts. In other words, the results of the economic policies adopted by governments are conditioned by the choices made by the issuing institutions. Consequently, a complete theory of the forms of government cannot be separated from the analysis of the relationship that the central bank has with the Government and with the Parliament, in other words with the political orientation circuit. The first chapter highlights the history of central banks and the evolution of their function, explaining how the position of the issuing institution is intimately linked to the purposes chosen by the State. A clear separation of roles has characterized nineteenth-century liberal democracies, dedicated to the safe-guard of markets. A government that had the monetary support of the central bank would, in fact, have interfered with the right of ownership and the freedom of economic initiative. An issuing institution in-dependent from the executive power and committed to maintaining price stability was therefore a means of making the Government to adopt a balanced economic policy. But in the substantial post-war democ-racies the government had to take an active role in order to correct the most intolerable inequalities produced by the market. In this framework, the central bank had to operate in a manner that served the government’s economic policy draft by ensuring that it would be financed on more favourable terms than those determined by the market. Obviously, this worldwide phenomenon has involved the Italian Republic. The constituents outlined, in addition to a poorly rationalized parliamentarism, an “economic constitution” that lacked clear guidance on the management of fiscal and monetary policy. The original 1948 text allowed the use of public debt without substantive, but only procedural, limits and did not openly enshrine the principle of monetary stability. The action of public authorities had to be oriented towards achieving full employment and reducing inequalities. The second chapter deals with the development of the Italian form of government during the first twen-ty years of the Republic. It is well known that the lack of rationalization of parliamentarism has led to the development of a political system with an extreme multi-party situation where the element of alter-nation of government has failed, due to the conventio ad excludendum of the anti-system forces. However, the ministerial instability do not affect the development of the country, which benefits from a particular international framework: the fixed exchange rate system designed at Bretton Woods in fact allows the acceding countries to modulate economic policy according to their growth goals, given that large capi-tals were not free to circulate internationally. Moreover, the expansionary economic policy of the United States – the center of the international monetary system – ensures high economic growth and low infla-tion levels in all western countries. In this period, the monetary policy of the Bank of Italy has been functional to the achievement of the economic policy goals of many governments. Despite the instability of the executives, in fact, the fundamental lines of development remain firm: an export-oriented econo-my in order to maintain the equilibrium of balance of trade of a country without raw materials and en-ergy sources. In other words, the monetary system built after the war allowed the development of a de-featist party system without this calling into question its constitutional assumptions. The third chapter analyses the effects of the collapse of the monetary system devised at Bretton Woods and the subsequent “stagflation” on the Italian institutional system. In fact, ministerial instability does not make it possible to counter the rise of prices during the 1970’s caused by wage demands and the oil shock. In this decade, Italy has experienced the highest levels of inflation among the large Western coun-tries accompanied by severe trade deficits. Only thanks to the governments of national unity the country succeeds in embarking on a path of recovery, crowned by the entry of Italy into the European Monetary System. This is a new system of fixed exchange rates in which the objective of ensuring the free move-ment of capital is expressly pursued. The entry into the Ems is supposed to push Italy to reduce state in-tervention in the economy. The so-called “divorce” between the Treasury and the Bank of Italy in 1981 is, in this regard, the tool to reduce the central bank’s financial support for the State’s borrowing ma-noeuvres. However, the 1980’s see an inflation fall, but at the same time the explosion of public debt and the formation of a large trade deficit financed by foreign capital, especially German ones. The continuing ministerial instability does not allow any serious restructuring of public expenditure. Moreover, in the 1980,s the fragmentation of the party system increases due to the crisis of the two political parties pro-tagonists of the previous thirty years. The fourth chapter focuses, in particular, on the crisis of the first half of the 1990’s, in which Italy leaves the Ems and faces the final crisis of the traditional parties, which give way to a new party system that re-volves on two opposite poles. At this stage there is a strengthening of the role of the President of the Republic in the resolution of government crises. The Head of State promotes the formation of technical governments that begin a serious work of fiscal consolidation, guaranteeing the commitments made by Italy at European level. In fact, the Maastricht Treaty, signed in 1992, will lead in 1999 to the creation of a single currency and a fixed exchange rate regime. The future currency will be managed by a central bank independent from member States of the monetary union and committed to the sole maintenance of price stability. The direct consequence of this priority objective is the prohibition of direct financial support to States which will be bound to finance themselves on the market under the conditions laid down for any private entity. In short, since 1992 the Italian “economic constitution” has entered a new phase: the democratically legitimized constitutional organs completely lose the levers of monetary policy. Price stability becomes an overarching value, to be pursued even when it goes against other objectives, such as a high level of employment. Fiscal policy itself is conditioned by quantitative parameters which the European institutions monitor. However, thanks to the consolidation work begun in the first half of the 1990’s, Italy also managed to join the single currency. The fifth chapter analyses the effects of Italy’s entry into the single currency area on the form of gov-ernment. The 2008 financial crisis led to a tightening of European budgetary constraints, while the Eu-ropean Central Bank has launched monetary support programmes that have allowed States to finance themselves on better terms than market conditions. At this juncture there was a new intervention by the Head of State as guarantor of Italy’s European commitments. A new technical government was formed whose primary objective was to reduce the country’s trade deficit and introduce the principle of budget-ary balance in the Italian Constitution. With this step, the “economic constitution” completed the turn-ing point towards the depoliticization of the public law of the economy that began in 1992. The crisis has determined the end of the fragile Italian bipolarism with the emergence of political forces alien to the traditional camps. The renewed political instability has led to a further strengthening of the Presi-dent of the Republic in his role of guarantor of the permanence of Italy in the single currency area. In this regard, the events surrounding the formation of a eurosceptic government in 2018 are emblematic. Following the 2020 pandemic, it was decided to lift budgetary constraints, while the Ecb expanded its monetary support to member States. It seems that a new phase of monetary union has been reached, but the rise in prices due to the Ukrainian conflict could force European States to adopt deflationary measures even more stringent than those adopted in the previous decade, with perhaps even more evi-dent effects on the party system and on the Italian form of government.
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Ruggero, Elena <1990&gt. "La presenza francese nell'Africa sub-sahariana, dalla decolonizzazione ai giorni nostri: una forma di neocolonialismo contemporaneo." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12028.

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Анотація:
Questa tesi esamina i rapporti tra la Francia e l’Africa dalla decolonizzazione ai giorni nostri, dal punto di vista delle ex colonie francofone in Africa sub-sahariana. Il punto di partenza di tale elaborato sono i discorsi che Nicolas Sarkozy e François Hollande tennero in un’università di Dakar, rispettivamente nel 2007 e nel 2012; in tali occasioni i due presidenti francesi espressero una volontà di rottura con un passato di relazioni oscure con il continente africano. Tuttavia, ciò non fu altro che l’ennesima mossa di propaganda politica in cui la Francia si dimostra amica dell’Africa, incoraggiandola ad essere indipendente, a svilupparsi e a far parte della storia. Difatti, questo sistema di rapporti segreti, interessi politici ed economici chiamato Françafrique è tutt’altro che morto. In un primo momento ci si addentrerà nella Françafrique: la sua storia per avvenimenti o scandali salienti (la decolonizzazione, l’Angolagate, il caso Elf, il ruolo rilevante della Francia nel genocidio in Ruanda); si analizzerà in seguito il sistema in questione come forma di neocolonialismo, attraverso una fitta rete di rapporti tra capi di Stato, interessi economici e finanziari, il franco CFA come strumento di repressione monetaria, e la corruzione. Infine, si parlerà della situazione odierna. In un secondo momento ci si concentrerà sulla situazione odierna delle seconde e terze generazioni di africani risiedenti in Francia. Ci si focalizzerà innanzitutto sul problema sociale delle banlieues parigine e, successivamente, si parlerà più in generale dell’integrazione e della crisi identitaria di taluni.
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Dondi, Sebastiano. "Pouvoirs et contrepouvoirs : les limites juridiques au pouvoir majoritaire dans la dynamique du regime politique en Italie et en France." Thesis, Paris 10, 2013. http://www.theses.fr/2013PA100056.

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Анотація:
Le travail de recherche est une étude comparé des pouvoirs de veto (ou contrepouvoirs) que, selon la lettre des Constitutions italienne et française interviennent dans le produit du travail normatif du Pouvoir majoritaire (lois, ordonnances et décrets-loi). Il s’agit, spécifiquement, du referendum, de l’opposition parlementaire, du chef de l’Etat, du Conseil d’Etat et de la justice constitutionnelle. La thèse, après un premier chapitre qui propose une classification originale des contrepouvoirs, utile à les définir et à les encadrer dogmatiquement, se propose d’étudier en profondeur les relations qui les lient les contrepouvoirs entre eux-mêmes et également vis-à-vis du Pouvoir. La méthode utilisée (systématique et comparée) est innovatrice et se base sur une analyse empirique fondée sur des cas exemplaires
This PhD dissertation consists in a comparative study of veto players (or counter-powers) that, according to Italian and French Constitution, aim at affect the legislative activity of the executive and majoritarian power and of its majority in the Parliament, i.e. laws and decrees-law. They are summarily: the referendum, the opposition parties, the head of the State, the Conseil d’Etat and the constitutional justice. The research, after the initial chapter regarding an innovative classification of veto powers which describes them with a dogmatic approach, explores in depth the existing relations among veto players and their interactions with Power. The methodology is based on an empirical and systematic analysis of some classic case-studies
Il lavoro di ricerca è uno studio comparato tra Italia e Francia dei contropoteri che, secondo Costituzione, intervengono sul prodotto del lavoro del Potere maggioritario, le leggi e i provvedimenti di rango primario. Si tratta del referendum, l’opposizione parlamentare, il capo dello Stato, il Conseil d’Etat e la giustizia costituzionale. La tesi, dopo un capitolo iniziale dedicato ad una innovativa classificazione dei poteri di veto idonea a inquadrarli dogmaticamente, si propone di indagare in profondità le relazioni che legano fra di loro gli organi di contropotere e come questi interagiscano con il Potere. La metodologia utilizzata è innovativa e si basa su un’analisi empirica basata su casi esemplari e basata sul metodo sistematico
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DONDI, Sebastiano. "POTERE E CONTROPOTERI Gli argini giuridici al potere maggioritario nella dinamica della forma di governo in Italia e in Francia." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2013. http://hdl.handle.net/11392/2388889.

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Анотація:
This PhD dissertation consists in a comparative study of veto players (or counter-powers) that, according to Italian and French Constitution, aim and affect the legislative activity of the executive power and of its majority in the Parliament, i.e. laws and decrees-law. They are summarily: the referendum, the opposition parties, the head of the State, the Conseil d’Etat and the constitutional justice. The research, after the initial chapter regarding an innovative classification of veto powers which describes them with a dogmatic approach, explores in depth the existing relations among veto players and their interactions with Power. The methodology is based on an empirical and systematic analysis of some classic case-studies.
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Sgro', F. "ASPETTI E PROBLEMI ATTUALI DEL BICAMERALISMO ITALIANO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150214.

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Анотація:
Aspects and current problems of the Italian bicameralism. The research focus on analysis of the Italian bicameralism and the most important proposals to reform the Senate of the Republic in order to verify the current requirement for the revision of Parliament and asses – through a legal evaluation – the most appropriate solutions. The research starts from the theory of separation of the public powers and deepens the two prototypes of bicameralism (European model and North American type). Then it analyzes the Italian system, that is a very rare example of perfect bicameralism covering both the legislative and the political functions. Following the course of Republican history, the study appreciates the possibility of revision of perfect bicameralism, focusing on the most organic projects that are currently under investigation in Parliament. The research proposes, at this point, an overview of the main experiences of bicameralism in the contemporary democracies. Finally it checks the impact of a possible reform of the Italian bicameralism on the institutional balance and the connotation of the form of government.
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BENVENUTI, SARA. "Corte o corti? La tutela dei diritti fondamentali in Francia tra cooperazione e competizione." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/817274.

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Анотація:
Pluralità degli ordinamenti giuridici, crisi dello Stato e de-statizzazione del diritto, dialogo tra corti e multiformità dei sistemi di tutela dei diritti fondamentali certamente costituivano già elementi qualificanti il novecento giuridico e non possono non darsi acquisiti nella contemporaneità, anche francese. Quest’ultima, tuttavia, presenta aspetti di interesse e di atipicità, e non solo per le dottrine e gli artifici retorici elaborati al fine di sottrarsi al processo avanzante di integrazione europea ed internazionalizzazione del diritto costituzionale. Il c.d. “controllo di convenzionalità” assume in Francia tratti peculiari, configurando un complesso, e talvolta confuso, sistema multilivello di protezione giurisdizionale dei diritti e delle libertà fondamentali. Un sistema di tutela, quello francese, che, almeno sino alla riforma costituzionale del 2008, vedeva come protagoniste indiscusse, accanto alle corti europee, le giurisdizioni ordinarie e amministrative, ed in particolare la Cour de cassation ed il Conseil d’État. La recente previsione della question prioritaire de constitutionnalité, strumento di protezione accentrato e successivo dei diritti e delle libertà garantiti dalla Costituzione, rimesso al Conseil constitutionnel, seppur filtrato dall’intervento necessario delle corti supreme, sembra, invece, mutarne in parte il funzionamento, venendo a configurare un inedito raccordo tra controllo di convenzionalità e controllo di costituzionalità. Il lavoro intende sviscerarne, in chiave comparatistica, gli aspetti più problematici, soffermandosi in particolare sui momenti di criticità che il mutato contesto giuridico francese sembra aver evidenziato nei rapporti interni, tra corti nazionali, ed esterni, tra corti nazionali e sovranazionali. Interessante sarà verificare se la rete giudiziaria ormai delineatasi dietro l’apparato “mitologico” di facciata potrà superare la logica gerarchica, porsi dal punto di vista dei diritti ed alimentarsi, seppur competitivamente, nella circolarità dei rapporti, delle interpretazioni, verso il raggiungimento di standards più elevati di tutela.
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BARDOTTI, LORENZO. "'Governo parlamentare': nascita di una categoria politica nella cultura costituzionale italiana tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1119920.

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Анотація:
Seguendo l’approccio metodologico della storia dei concetti (Begriffsgeschichte), l’elaborato mira a descrivere i cambiamenti dell’assetto politico-costituzionale italiano attraverso l’evoluzione semantica di sintagmi linguistici come ‘governo parlamentare’, ‘governo rappresentativo’, ‘governo costituzionale’, ‘parlamentarismo’. Tale analisi si concentra grossomodo in un periodo di tempo che va dalla seconda metà dell’Ottocento, fino alla prima metà del Novecento. Come fonti, accanto ai classici prodotti della dottrina politico-costituzionale, quali monografie accademiche, corsi universitari, prolusioni e discorsi parlamentari, si sono utilizzate voci di dizionari e enciclopedie, opuscoli, fonti giornalistiche, periodici e riviste di taglio più o meno specialistico e di orientamento politico diverso (liberale/moderato, cattolico, socialista, repubblicano, nazionalista, fascista). L’evoluzione concettuale di lemmi-cardine come ‘governo parlamentare’ e altri sintagmi ad esso finitimi permette di ricostruire i mutamenti della forma di governo italiana, evitando anche spiacevoli anacronismi a livello storiografico. Infatti la forma di governo non dovrebbero essere descritta attraverso quadri concettuali elaborati nella nostra contemporaneità e poi applicati retrospettivamente al passato, ma con sintagmi e concetti appartenenti alla realtà storica che si intende prendere in esame.
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Книги з теми "Forma di governo francese"

1

Martucci, Roberto. L' ossessione costituente: Forma di governo e costituzione nella rivoluzione francese : 1789-1799. Bologna: Il mulino, 2001.

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2

L' ossessione costituente: Forma di governo e costituzione nella Rivoluzione francese, 1789-1799. Bologna: Il mulino, 2001.

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3

Piciacchia, Paola. La forma di governo della IV e V Repubblica: Recenti trasformazioni e caratteri del costituzionalismo francese. Milano: A. Giuffrè, 1998.

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4

Rinella, Angelo. La forma di governo semi-presidenziale: Profili metodologici e circolazione del modello francese in Europa centro-orientale. Torino: G. Giappichelli, 1997.

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5

Introduzione alla forma di governo italiana. Rimini: Maggioli, 1985.

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6

Ceccanti, Stefano. La forma di governo parlamentare in trasformazione. Bologna: Il Mulino, 1997.

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7

Volpi, Mauro. Forma di governo e revisione della Costituzione. Torino: G. Giappichelli, 1998.

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8

Palma, Mario. Dal sistema elettorale alla forma di governo. Bari: Cacucci, 2011.

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9

Chimenti, Carlo. Gli organi costituzionali nella forma di governo italiana. Torino: G. Giappichelli, 1989.

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10

Regolamenti parlamentari e forma di governo: Ultimi quarant'anni. Milano: Giuffrè editore, 2013.

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1

"Progetto di forma di governo delle Provincie Unite Italiane (1831)." In Constitutional Documents of Italy and Malta 1787–1850, Part II: Modena and Reggio–Verona Malta, edited by Jörg Luther. Berlin, New York: De Gruyter, 2010. http://dx.doi.org/10.1515/9783110231106.137.

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"Forma di governo provvisorio per il Piemonte (1796)." In Constitutional Documents of Italy and Malta 1787–1850, Part II: Modena and Reggio–Verona Malta, edited by Jörg Luther. Berlin, New York: De Gruyter, 2010. http://dx.doi.org/10.1515/9783110231106.117.

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