Добірка наукової літератури з теми "BIOLOGIA AMBIENTALE"
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Статті в журналах з теми "BIOLOGIA AMBIENTALE"
Andreatta, Filippo. "Effetti sistemici e politica internazionale." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 29, no. 1 (April 1999): 157–71. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200026526.
Повний текст джерелаSilva, Paula Rebeca Alencar e., Carla Ledi Korndörfer, Luciano da Silva Figueiredo, and Elenice de Abreu Oliveira. "A Interdisciplinaridade no Ensino de Biologia por meio da Educação Ambiental." Revista Brasileira de Educação Ambiental (RevBEA) 16, no. 4 (August 1, 2021): 340–58. http://dx.doi.org/10.34024/revbea.2021.v16.12092.
Повний текст джерелаSouza, Vanessa Marcondes de, Alphonse Kelecom, and Joel De Araujo. "A Educação Ambiental: Conceitos e Abordagens pelos Alunos de Licenciatura da Universidade Federal Fluminense." Revista Brasileira Multidisciplinar 14, no. 1 (January 12, 2011): 52. http://dx.doi.org/10.25061/2527-2675/rebram/2011.v14i1.95.
Повний текст джерелаZonin, Valdecir José, Eugenio Ávila Pedrozo, and Wilson João Zonin. "Articulando Stakeholder: Produção, Consumo e Desenvolvimento Sustentável." Revista Brasileira Multidisciplinar 14, no. 1 (January 12, 2011): 68. http://dx.doi.org/10.25061/2527-2675/rebram/2011.v14i1.96.
Повний текст джерелаLuzi, Teo. "Ambiente, foreste e sicurezza." L’Italia Forestale e Montana 77, no. 3 (August 25, 2022): 117–30. http://dx.doi.org/10.36253/ifm-1794.
Повний текст джерелаMaknamara, Marlécio. "Onde está o/a educador ambiental na formação docente em Biologia e em Geografia?" REMEA - Revista Eletrônica do Mestrado em Educação Ambiental 38, no. 3 (December 16, 2021): 176–96. http://dx.doi.org/10.14295/remea.v38i3.13301.
Повний текст джерелаConjo, Manuel Pastor Francisco, David Benjamim Chichango, Arcidio José Tamele, Ermelinda José Simão, Ajosia da Lídia Basílio Muipela Antônio, and Octávio Manuel de Jesus. "ABORDAGENS DA EDUCAÇÃO AMBIENTAL E MUDANÇAS CLIMÁTICAS NO ENSINO FORMAL EM MOÇAMBIQUE." Revista Ibero-Americana de Humanidades, Ciências e Educação 7, no. 12 (December 30, 2021): 140–57. http://dx.doi.org/10.51891/rease.v7i12.3454.
Повний текст джерелаArohuanca-Percca, Paula Andrea, and Edgar Villahermosa Quispe. "Conducta ambiental del estudiante universitario: hacia una gestión de responsabilidad social-ambiental / Comportamento ambiental dos estudantes universitários: para uma gestão social e ambiental responsabilidade sócio-ambiental." Brazilian Journal of Business 4, no. 2 (June 6, 2022): 1000–1012. http://dx.doi.org/10.34140/bjbv4n2-027.
Повний текст джерелаCristina Pinto, Marisa, Diógina Barata, and Marcos Da Cunha Teixeira. "O que é “Meio Ambiente”? Transversalizando a educação ambiental no ensino de Biologia a partir de atividades investigativas." Health and Biosciences 1, no. 3 (December 25, 2020): 153–62. http://dx.doi.org/10.47456/hb.v1i3.33655.
Повний текст джерелаH. Benassi, Alfredo. "Las prácticas de paisaje El prodigio ecológico de un acontecimiento cultural." Bitácora arquitectura, no. 31 (June 13, 2016): 114. http://dx.doi.org/10.22201/fa.14058901p.2015.31.56169.
Повний текст джерелаДисертації з теми "BIOLOGIA AMBIENTALE"
FERNETTI, MICHELE. "VALUTAZIONE DI UNITA' OPERATIVE GEOGRAFICHE (OGU) IN AMBIENTE GIS MEDIANTE INDICI DI VALUTAZIONE BASATI SU PARAMETRI AMBIENTALI DISPONIBILI A PICCOLA SCALA (1:250.000)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12500.
Повний текст джерелаVERTOVEC, MORENO. "LA DESERTIFICAZIONE NELLE AREE MEDITERRANEE: SVILUPPO DI UN METODO DI MONITORAGGIO BASATO SULL'ECOFISIOLOGIA DELLE PIANTE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12925.
Повний текст джерелаLa Parte Generale del presente lavoro descrive le peculiarità climatiche delle zone a clima mediterraneo nel mondo ed, in particolare, del Bacino Mediterraneo. Di tale area viene presentata la problematica del degrado ambientale, quale concausa di fattori climatici ed antropici, che possono esercitare sulla vegetazione trasformazioni più o meno reversibili. La pressione ambientale esercitata dall'attività umana, dal pascolo e dagli incendi fin dalle epoche protostoriche, rispecchia i tipi vegetazionali presenti nel Mediterraneo, consistenti prevalentemente nella macchia e, quale aspetto più 'antropizzato' della vegetazione, nella landa (che prende il nome di gariga, phrygana o batha, a seconda del paese). Oltre ai fattori ecologici, viene fatto accenno ai fattori corologici, che caratterizzano l'intera regione quale area ad elevata biodiversità specifica. Le specie vegetali viventi nel Bacino Mediterraneo presentano particolari meccanismi di adattamento allo stress da aridità, fenomeno comune nell'area, e peculiari caratteristiche morfo-fisiologiche, che vengono delineate nel presente lavoro, soprattutto in riferimento al bilancio idrico tra suolo, pianta ed atmosfera. In riferimento alle metodologie di ricerca, vengono descritti i più importanti parametri ecofisiologici rilevati in campo su individui delle singole specie e la loro applicazione inerente alla problematica dello scaling-up a livello vegetazionale. Inoltre, vengono descritti i principi di base del telerilevamento nello studio della riflettanza della vegetazione, le relative applicazioni ecologiche e le potenzialità di integrazione delle stesse a livello ecofisiologico. La Parte Speciale riporta i risultati delle misure relative alla conduttanza stomatica (gL), al contenuto relativo d'acqua (RWC) ed al potenziale dell'acqua ('PL) delle foglie rilevati su tre specie dominanti (Ceratonia siliqua L., Quercus coccifera L., O/ea oleaster HOFFMGG. ET LINK) in quattro zone costiere della Turchia a clima stenomediterraneo. Tali aree sono caratterizzate da diverse percentuali di copertura vegetale e riferite di conseguenza a diversi stadi di degrado ambientale. E' stata così definita un'area "sana" (sito H - Healthy), prowista di abbondante vegetazione, e confrontata con le tre aree definite 'degradate' (siti 01, 02 e 03 - Degraded) a coperture vegetali progressivamente decrescenti. Dalle serie temporali giornaliere di 'PL sono stati ricavati i valori di impatto dello stress idrico sulle specie (WSIS - Water Stress lmpact on Species), ottenuti dall'integrazione della funzione 'PL(t), interpolante le successioni giornaliere di potenziale dell'acqua. Ceratonia siliqua e Quercus coccifera hanno fornito valori simili di WSIS, con un significativo incremento a partire dal sito H al sito 03. O/ea oleaster è risultata molto sensibile sia allo stress da aridità estivo che alle differenti situazioni di degrado dei quattro siti. L'impatto dello stress idrico è stato successivamente esteso dal livello di specie al livello di vegetazione (WSIV - Water Stress lmpact on Vegetation) utilizzando la relazione WSIV=LsWSISs·(1-fs), dove fs rappresenta le frequenze relative delle specie studiate nei quattro siti. Il WSIV è risultato un indicatore molto sensibile nei confronti dell'impoverimento della vegetazione ed ha evidenziato alte correlazioni con le densità vegetali, stimate sia con rilievi fitosociologici in campo, che dagli indici NDVI elaborati su immagini telerilevate da satellite NOAA-14.
XIII Ciclo
1967
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
SKERT, NICOLA. "IL BIOMONITORAGGIO AMBIENTALE TRAMITE LICHENI COME BIOINDICATORI: STUDIO METODOLOGICO ED APPLICATIVO DEL NUOVO PROTOCOLLO ANPA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2003. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12710.
Повний текст джерелаLa presente tesi di ricerca si basa sull'utilizzo applicativo e sull'analisi critica di una nuova metodologia per l 'uso di licheni come bioindicatori di gas fitotossici. La metodica si basa essenzialmente sul rilevamento della biodiversità di licheni epifiti e sulla sua interpretazione in termini di alterazione dello stato dell'aria. Nell'anno 2000, durante un workshop internazionale tra ricercatori ed operatori del settore, è stato promosso un nuovo protocollo di rilevamento il cui scopo è superare gli elementi di soggettività insiti in quelli precedentemente adottati. Il protocollo è stato recentemente recepito dal' ANP A (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente) ed è stato saggiato nel presente studio. Esso si divide in una parte metodologica ed una applicativa.Si riportano i risultati del lavoro di ricerca inteso a verificare l'applicabilità del nuovo protocollo di rilevamento della biodiversità lichenica per scopi di biomonitoraggio ambientale. Il protocollo, sviluppato da operatori e ricercatori del settore nel corso di un workshop internazionale n eli' estate 2000, è stato adottato recentemente dali' ANP A (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente). La metodica di rilevamento riportata nel protocollo è stata confrontata con quella precedentemente adottata in Italia. Le due metodiche (di seguito citate come metodica "Nuova" per la più recente, metodica "Vecchia" per la precedente) differiscono profondamente per le caratteristiche del reticolo di rilevamento della diversità lichenica e per il suo posizionamento sul tronco d'albero. Il reticolo "Nuovo" è costituito da quattro subunità, ognuna delle quali costituita da 5 celle di dimensioni l Ox l O cm, da posizionare in corrispondenza dei punti cardinali dell'albero. Questo permetterebbe di superare la soggettività insita nella metodica "Vecchia" dal momento che il reticolo di rilevamento, costituito da l O celle di l Ox 15 cm, veniva posizionato arbitrariamente dali' operatore nel punto di massima densità lichenica. Le due metodiche sono state testate in 61 stazioni di campionamento in due diverse aree del Friuli - Venezia Giulia e della Slovenia, caratterizzate da condizioni climatiche simili ed ampio range di pressione antropica. I due set di dati sono stati sottoposti a test di regresswne lineare. Essi sono significativamente correlati, tuttavia i dati ottenuti dalle due metodiche non sono direttamente comparabili (e quindi convertibili) dal momento che esse analizzano aspetti diversi delle comunità licheniche presenti nei reticoli di rilevamento. I rilievi fioristi ci eseguiti in aree ritenute "naturali" (ovvero pnve di evidenti fenomeni di inquinamento), ottenuti con entrambe le metodiche in 11 stazioni, sono stati sottoposti ad analisi multivariata al fine di individuare eventuali gradienti florisitici, nonché per verificare la dispersione dei valori di diversità lichenica in aree ritenute naturali. I risultati indicano una buona coerenza interpretativa dei dati fitosociologici ottenuti dalle due metodiche. I risultati indicano anche che le situazioni ritenute altamente naturali non sono necessariamente correlate ai massimi valori di diversità lichenica. Dall'analisi è emersa una certa variabilità dei valori dovuta principalmente ai tipi vegetazionali. Le comunità di Parmelion presentano valori di diversità inferiori rispetto a quelle di Xanthorion, se calcolati con la metodica "Nuova". La metodica "Vecchia" non rivela particolari differenze tra i due tipi vegetazionali, seppur si noti maggiori valori di diversità lichenica per comunità di transizione. Tale variabilità, distinta tra le due metodiche, può essere imputabile anche alle diverse caratteristiche dei reticoli di rilevamento. I dati ottenuti sono stati utilizzati per costruire una nuova scala di interpretazione della biodiversità lichenica, in termini di alterazione dello stato dell'aria, per la regione bioclimatica submediterranea nord-adriatica. La scala si basa essenzialmente sull'interpretazione dei valori di diversità licheni ca in condizioni naturali ed in condizioni di "alterazione" (deviazione dalla naturalità). La scala, come quella precedentemente utilizzata in Italia, è divisa in sette classi delimitate da specifici valori di biodiversità lichenica, che esprimono il grado di deviazione da condizioni naturali identificando eventuali stati di alterazione ambientale. Durante la fase di campionamento e nelle successive elaborazioni dei dati, sono state individuate le seguente differenze tra le due metodiche. l) Il tempo richiesto da due operatori per rilevare una stazione di campionamento con la metodica "Nuova" sino a due volte superiore rispetto alla metodica "Vecchia". Questo è dovuta a due principali fattori: • la nuova metodica di rilevamento è basata su quattro rilievi floristici per albero invece di uno solo, pari ad un incremento di superficie di rilevamento del 35 % • il posizionamento del reticolo "Vecchio" nel punto di masstma copertura riduceva la possibilità di trovare talli lichenici poco sviluppati o deteriorati, la cui determinazione è difficile e richiede molto più tempo. La metodica "Nuova" costringe più spesso a rilevare zone del tronco con una flora deteriorata e talli poco sviluppati. 2) La metodica "Nuova" richiede maggiori conoscenze floristiche delle specie. Come già accennato, essa costringe più frequentemente a rilevare talli malamente o poco sviluppati, di difficile riconoscimento tassonomico. La metodica "Vecchia" invece consentiva di rilevare nei punti di massima copertura, che spesso coincidono con un migliore sviluppo dei talli licheni ci. 3) Le due metodiche forniscono informazioni floristiche comparabili. Tuttavia l'elevato numero di dati prodotti dalla metodica "Nuova", quattro volte superiori a quella "Vecchia", rende le elaborazioni statistiche e multivariate eccessivamente laboriosi per scopi di biomonitoraggio ambientale. Concludendo, il nuovo protocollo di campionamento si dimostra un valido metodo per valutare la diversità lichenica. Il suo maggior punto di forza è indubbiamente la oggettività di esecuzione. Il margine d'errore dell'operatore viene ridimensionato e "ridotto" esclusivamente alla capacità di riconoscimento delle specie licheniche. Il metodo è quindi appropriato per studi routinari di biomonitoraggio ambientale.Si presentano i risultati dello studio di biomonitoraggio ambientale tramite licheni come bioindicatori di inquinamento da gas fitotossici, commissionato nell'agosto del 2001 dalla Provincia di Gorizia al Dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Trieste. La ricerca è stata eseguita nel comprensorio transfrontaliero costituito dai comuni di Gorizia (I), Nova Gorica (Slo) e Sempeter-Vrtojba (Slo ), per un totale di 31 stazioni di campionamento. Il presente lavoro è uno dei primi in Italia in cui si adotta il nuovo protocollo promosso dali' ANP A per studi di biomonitoraggio tramite licheni. Esso rappresenta inoltre un primo esempio italiano di collaborazione transfrontaliera nell'ambito di studi di biomonitoraggio ambientale. I risultati sono riassunti come segue: • La flora dell'area di studio, moderatamente ricca, e la presenza di specie sensibili all'inquinamento indicano uno stato di buona naturalità, dovuta ad una moderata pressione antropica che si identifica con attività agricole non intensive, attività industriali non consistenti e un tessuto urbano lasso, escludendo l'agglomerato urbano di Gorizia-Nova Gorica. • La bassa frequenza di specie comuni nella fascia fitoclimatica considerata, indica la presenza di fattori di disturbo di probabile origine antropica. • I valori di Biodiversità Lichenica sono medio alti in tutta l'area di studio, con un progressivo deterioramento avvicinandosi alla sua porzione centrale dove si fondono i tre maggiori centri urbani: Gorizia, Nova Gorica e Sempeter. Come da risultati del presente studio, si suggerisce di non sottovalutare nell'interpretazione della diversità lichenica in termini di alterazione ambientale, il fattore di disturbo rappresentato dallo stress igrico cui le specie possono essere sottoposte in ambiente urbano. • Le fasce di maggiore alterazione dello stato dell'aria seguono i regimi prevalenti dei venti e la morfologia del territorio, suggerendo fenomeni di deriva di gas fitotossici da fonti esterne al territorio considerato. Le ristrette dimensioni dell'area indagata non consentono di fornire informazioni più dettagliate su natura ed ubicazione di queste fonti inquinanti.
XV Ciclo
1972
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
LORENZON, SIMONETTA. "SVILUPPO DI METODI DI VALUTAZIONE DEI MECCANISMI E DELLE VARIAZIONI ORMONALI NEI CROSTACEI IN SEGUITO A STRESS AMBIENTALI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2003. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12709.
Повний текст джерелаORTOLAN, IRENE. "BIOMONITORAGGIO DELLA DIVERSITA' VEGETALE DIFFUSA IN UNITA' DI PAESAGGIO AD ALTA ALTERAZIONE AMBIENTALE CON L'AUSILIO DI G.I.S. E REMOTE SENSING." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13056.
Повний текст джерелаMARTELLOS, STEFANO. "STRUMENTI PER LA IDENTIFICAZIONE INTERATTIVA DELLE PIANTE D'ITALIA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13062.
Повний текст джерелаTEMPESTA, MILENA. "ANALISI DEGLI INDICATORI DI IMPATTO AMBIENTALE DELLE ATTIVITA' DELLA RISERVA MARINA DI MIRAMARE STABILITI AL FINE DELLA CERTIFICAZIONE EMAS." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13086.
Повний текст джерелаLa Riserva Marina di Miramare, prima area marina protetta italiana istituita dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio nel 1986, è stata oggetto di un percorso di certificazione ambientale secondo lo schema comunitario di ecogestione e audit EMAS (Reg. CE 761 /2001 ). Si sono perciò implementate una serie di analisi e di metodologie allo scopo di adeguare ad una realtà territoriale una procedura che era nata inizialmente per le realtà produttive. Inoltre si è voluto non solo dare un peso agli impatti negativi che potevano derivare dalle attività di gestione ma anche dare risalto a quegli impatti che hanno invece valenza positiva che sono alla base dell'azione di conservazione. L'analisi ambientale iniziale (AAI) effettuata ha avuto proprio lo scopo di mettere in evidenza e in qualche modo quantificare quelli che potevano essere gli aspetti che si traducevano in impatti e quindi stabilire quali fossero le azioni da intraprendere al fine di tenere sotto controllo gli impatti stessi. A seguito dell'avvenuta certificazione ambientale EMAS, si è quindi avviato un programma di monitoraggio allo scopo di analizzare criticamente gli obiettivi ritenuti prioritari dall'Ente Gestore e come tal i indicati nel documento di Dichiarazione Ambientale convalidato dall'Organo nazionale di certificazione. L'obiettivo indagato è stato quello legato alla fruizione didattica in Riserva, a seguito di attività di visita da parte delle scolaresche che insistono su una spiaggetta a ciottoli e ghiaia all'interno della zona di riserva integrale dove svolgono osservazioni degli organismi della zona di marea. Una porzione di questa area delle dimensioni di 1 mq è stata chiusa alla fruizione in modo da valutarne le eventuali differenze nei popolamenti rispetto al resto della spiaggia. Si è avviata cos1 una fase di campionamento della presenza e della abbondanza delle specie su di una superficie campione di 50x100 cm posizionata all'interno dell'area chiusa, denominata "Blank", e all'esterno della stessa nell'ambito della parte di spiaggia destinata alle visite, stazione indicata come "Didattica". Un ulteriore sito di controllo è stato individuato presso la località di S. Croce dove si trova una spiaggia dalle caratteristiche morfologiche simili a quelle dell'area di studio. Secondo quando riportato nella Dichiarazione Ambientale della Riserva Marina, l'aspetto Presenza Antropica, che comporta un impatto definito come "Degrado delle Condizioni Ambientali", deve essere tenuto sotto controllo valutando preventivamente gli impatti e monitorando sistematicamente le attività di fruizione. L'indicatore stabilito è l'indice di diversità di Shannon i cui valori devono essere superiori a 1,5. Questo valore soglia presente in DA è stato ricavato da letteratura in quanto, dall'analisi bibliografica svolta è risultato che studi specifici sulla zona di marea sono piuttosto riferiti ad ambienti marini nordeuropei, mentre dati riscontrabili per il Golfo di Trieste non sono reperibili tra le pubblicazioni scientifiche. Dai campionamenti effettuati tra l'inizio di agosto 2004 e la metà di febbraio 2005 si sono identificati 34 taxa diversi alcuni riconosciuti a livello di specie ed altri invece a livello sistematico superiore. Il riconoscimento, infatti, è avvenuto a vista direttamente sul sito di campionamento e quindi per alcuni organismi l'identificazione specifica è risultata impossibile. Gli organismi animali sono stati contati laddove possibile, mentre per quelle specie sessili che possono avere raggruppamenti di moltissimi individui, si è fatto un conteggio stimato sulla copertura. La zona monitorata è stata quella fascia che viene scoperta dagli eventi di bassa marea di almeno 40 cm e i campionamenti si sono svolti ad ogni bassa marea "utile" se le condizioni meteo-marine lo permettevano (circa ogni 15 giorni/1 mese). Dal calcolo dell'indice di Shannon sulle singole stazioni nei diversi periodi di osservazione si è visto come il valore sia soggetto a fluttuazioni probabilmente dovute anche alla stagionalità e non sembra essere l'unico elemento in grado di discriminare tra la zona chiusa alle attività e la zona fruita. I suoi valori si attestano attorno a 1,5 anche se in alcuni casi scendono sotto questa soglia. Per definire meglio le aree si è quindi affiancato all'indice di diversità di Shannon un'analisi sulle specie usando i criteri dell'analisi multivariata. Dalla classificazione gerarchica dei cluster si è subito evidenziato come i campionamenti del sito di S. Croce siano molto diversi da quelli dei siti di Miramare. Andando ad osservare le specie e le abbondanze rinvenute si nota come alcune specie sessili, quali ctamali e mitili, che sono caratterizzanti per le stazioni di Miramare non lo siano per S. Croce. Il sito quindi, pur morfologicamente simile, non presenta un popolamento confrontabile tanto che non è stato preso in considerazione nelle analisi successive. Dato che dal dendrogramma ottenuto sulle stazioni analizzate in toto non si evidenziano differenze tra l'area didattica e l'area di bianco, si è deciso di scendere ad una scala più fine visto che il substrato di campionamento incoerente fa sì che ci siano delle evidenti diversità all'interno del campione stesso. La metodologia di raccolta dati ha consentito, infatti, di dividere l'area campionata in 8 sottoaree codificate con un codice alfanumerico dal A 1 a D2. Il lato del quadrato di campionamento indicato con la lettera A è stato sempre rivolto verso la parte più vicina al mare e di conseguenza il lato opposto, indicato con la lettera D, indica sempre il lato più lontano dalla linea di marea. L'analisi delle componenti principali svolta sulla tabella riorganizzata per sottoquadrati ha evidenziato come nell'area chiusa tutte le stazioni dello stesso tipo si raggruppano mantenendo nel tempo una costanza nella macrostruttura di campionamento e substrato. Nel sito di fruizione didattica, invece, il raggruppamento è evidente solo per le stazioni più prossime al mare mentre per le altre sono più confuse. Questo potrebbe stare a significare che il calpestio e il rimescolamento dei ciottoli a seguito delle attività di visita comporta una modificazione, seppure di entità limitata nello spazio e nel tempo, della distribuzione delle specie. Analogo risultato si ottiene analizzando le sole specie sessili che quindi sembrano essere da sole descrittive del campione, mentre questo non awiene con le specie mobili. Al fine di poter migliorare lo sforzo di campionamento si potrebbero quindi prendere in considerazione solo le specie sessili anche se dall'analisi dei ranghi si nota come servano a distinguere la zona Blank da quella Didattica anche alcune specie mobili come gli anfipodi e il decapode Porcellana platycheles che vanno quindi incluse nel campionamento. I diagrammi di rango/ abbondanza ottenuti dalla tabella condensata dei campionamenti nelle due stazioni, indicano che entrambi i siti sono caratterizzati da una comunità in cui prevalgono poche specie mediamente dominanti che ne delineano lo struttura seguite da molte specie a scarsa abbondanza che ne determinano la diversità. Le curve di rarefazione costruite per i due siti indicano che si tratta di comunità sostanzialmente stabili e ben strutturate. Questa considerazione assieme al fatto che il valore medio dell'indice di Shannon si mantiene comunque intorno a valori di 1,5, fa supporre che il disturbo sugli organismi dovuto alle scolaresche in visita presso la zona di marea sia comunque limitato e di breve durata con una ripresa della comunità nell'arco di poche settimane. I monitoraggi vanno però mantenuti nel tempo al fine di abbracciare un periodo di tempo più lungo, utile ad evidenziare eventuali fluttuazioni stagionali. La parte finale dello studio ha interessato la descrizione della rete trofica della Riserva di Miramare utilizzando un software per la costruzione di modelli a bilancio di massa chiamato Ecopath with Ecosim (www.ecopath.org) e ideato dai ricercatori del Fisheries Centre dell'Università della British Columbia, Vancouver Canada. Il modello preliminare implementato con i dati disponibili in letteratura e ottenuti dai monitoraggi effettuati presso la Riserva durante il mese di settembre 2003, ha portato alla definizione di 18 gruppi funzionali dei quali sono stati inseriti la biomassa, la dieta, e alcuni parametri qual i i rapporti produzione su biomassa, consumo su biomassa, respirazione, mortalità, ecc. Alcuni di questi valori sono indispensabili in input mentre alti vengono stimati dal modello stesso. Una volta definita la rete trofica si sono applicati alcuni indici che possono dare una valutazione del grado di maturità sensu Odum (1969) del sistema oltre che individuare i flussi di biomassa e di energia tra i gruppi funzionali. Inoltre è possibile anche cercare di dare indicazioni sui parametri inseriti e sulla sensibilità dei valori stimati oltre che sulle specie che più di altre sono in grado di modificare il sistema e che quindi vanno indagate a fondo allo scopo di avere dei dati in entrata il più possibile accurati. Uno degli indici di maturità del sistema è quello legato al rapporto tra biomassa totale e flussi totali nel sistema: quanto più si discosta da zero il suo valore tanto più maturo è il sistema. Secondo i dati inseriti per la Riserva di Miramare questo indice ha un valore di 0,022 che sta ad indicare che l'ecosistema ha ancora capacità di crescita. La valutazione sull'indice di onnivoricità del sistema individua invece un sistema caratterizzato da molti predatori di alto livello e l'aggregazione trofica ottenuta condensando i flussi di biomassa e di energia individua 5 livelli trofici con una efficienza di trasferimento di energia tra i livelli superiori che si attesta ben al di sotto del teorico 10% indicato da Lindeman (1942), soglia ritenuta però sovrastimata da molti autori. Questo dato indicherebbe una certa maturità del sistema descritto. L'analisi sugli impatti trofici che si ottengono incrociando tra loro i singoli gruppi, mostra come ci siano degli impatti diretti negativi tra il predatore e le prede di cui si nutre e degli impatti diretti positivi contrari, cioè dovuti alla maggiore disponibilità di prede verso i consumatori. Inoltre essa è in grado di evidenziare anche quali siano i gruppi che hanno un impatto complessivo sul sistema. Nel caso di Miramare si tratta di Sciaena umbra, policheti, mesozooplancton e bivalvi tutti taxa che, nonostante una biomassa quantitativamente limitata, sono comunque anelli indispensabili per sostenere la rete stessa. Si tratta di gruppi che, secondo i risultati di questa applicazione preliminare, svolgono un ruolo chiave nella rete alimentare modellizzata e possono alterarla in modo considerevole qualora la loro biomassa cambiasse. Per questo motivo i loro parametri in input (B, P/B, Q/B) dovrebbero essere noti con la maggior precisione possibile in quanto tutta la rete ne risulta influenzata più che dalle variazioni che ne possono venire da modifiche di parametri di altri gruppi funzionali. Il modello risulta fortemente indirizzato dai dati iniziali inseriti anche se l'esercizio che si è voluto fare è stato quello di utilizzare questa applicazione soprattutto per capire e mettere in evidenza le potenzialità dello strumento, cercando di individuare gli eventuali nuovi dati o parametri importanti per una rappresentazione modellistica accurata e conseguentemente evidenziando i comparti biologici su cui potenziare gli sforzi per una maggior conoscenza e coerenza nella descrizione del sistema senza tralasciare di mettere in risalto le difficoltà pratiche nell'implementazione di questo tipo di modelli.
XVII Ciclo
1968
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
NAPOLITANO, ROSSELLA. "ANALISI DELLE METODOLOGIE PER LA STIMA DELLA BIOMASSA IN AREE TEMPERATE E TROPICALI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13107.
Повний текст джерелаLa vegetazione, assteme all'atmosfera e agli oceani, è uno dei maggiori fattori che influenzano i cambiamenti climatici. Per avere la possibilità di descrivere e predire cambiamenti climatici a lungo e a breve termine è necessario effettuare un monitoraggio continuo dello stato della vegetazione. Essa, infatti, può essere considerata sia come un indicatore dello stato e della dinamica di un sito, sia come indicatore dei cambiamenti avvenuti nel tempo. Il monitoraggio implica la conoscenza di alcuni parametri chiave, come ad esempio la quantità di biomassa e la conoscenza degli attributi strutturali e funzionali della vegetazione . . La stima della biomassa ha ricevuto negli ultimi anni notevole interesse, soprattutto in seguito al Protocollo di Kyoto, l'accordo internazionale del 1997 sui Cambiamenti Climatici, che prevede l'impegno per i paesi industrializzati di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. La biomassa immagazzinata dalla vegetazione determina la quantità di carbonio che la vegetazione è in grado di assorbire e le emissioni potenziali di carbonio che si avrebbero nell'atmosfera se si deforestasse. Per quanto riguarda gli attributi strutturali e funzionali della vegetazione, essi sono influenzati dalle condizioni mic$:oclimatiche, dalla dinamica dei nutrienti, dall'attività degli erbivori e da molti altri fattori. La quantità di foglie contenute nella vegetazione è una delle caratteristiche principali che indicano gli effetti integrati di questi fattori. Di conseguenza l'indice di area fogliare (LAI) è un descrittore importante e basilare delle condizioni della vegetazione, utilizzato per una grande varietà di studi fisiologici, climatici, e biogeochimici ed è anche un indicatore dello stress delle foreste. Per il monitoraggio è necessario, inoltre, acquisire un certo grado di conoscenza sui tipi di vegetazione, sulla selezione di una scala adeguata (temporale e spaziale) e sulle tecniche appropriate. Considerando che i rilievi in campo spesso richiedono un considerevole onere in termini sia economici che di tempo, le tecniche del telerilevamento offrono una valida alternativa per l'analisi della vegetazione e per la stima della biomassa su vaste aree a costi e tempi d'esecuzione sensibilmente più contenuti. Gli indici spettrali della vegetazione sono ampiamente usati per la loro abilità nello stimare la biomassa verde e l'attività fotosintetica della vegetazione. Tali indici possono essere messi in confronto con le misurazioni in campo che sono necessarie per la validazione dei modelli prodotti con il telerilevamento. Uno degli scopi di questa tesi è il confronto tra diverse metodologie per la stima della biomassa Oegnosa e verde) per valutarne i pro, i contro, i possibili errori di misurazione e la loro applicabilità per studi di biomonitoraggio dell'alterazione ambientale. Le metodologie utilizzate per lo studio della biomassa legnosa sono state il taglio totale di alcune aree campione; l'applicazione delle equazioni allometriche (basate su diametro, altezza, area basale, area della chioma ecc.) per determinarne il volume (m3 /ha) e il peso (kg/ m2). Per la biomassa verde è stato effettuato un taglio delle foglie di un'area campione e sono stati utilizzati due strumenti non distruttivi per la stima indiretta del LAI: il LAI-2000 P/ant Canopy Anafyzer e la fotografia emisferica. È stata poi analizzata la correlazione tra i risultati ottenuti con i diversi strumenti e tra il LAI e gli indici spettrali di vegetazione del telerilevamento: NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), RSR (Reduced Simple Ratio) e EVI (Enhanced Vegetation Index) dei satelliti MODIS (250x250m) e Landsat (30m). Dall'inversione delle equazioni tra il LAI e gli indici di vegetazione, sono state prodotte alcune mappe di LAI. Per questa tesi sono state analizzate diverse tipologie forestali del Friuli Venezia Giulia (faggeta, pecceta, piceo-faggeta, acero-frassineto, piceo-abieteto, ostrio-querceto, saliceto, betuleto, corileto , castagneto, rovereto, carpineto, rimboschimento, neocolonizzazione, pioppeto, ostrio-lecceta) e alcune tipologie vegetazionali del bacino del Rio Cachoeira, nello stato di Bahia, Brasile (pascolo, capoeira, cabruca, foresta). Un confronto effettuato tra i valori medi degli indici ottenuti (LAI con il LAI-2000 e con la foto emisferica, NDVI e RSR con il satellite Landsat, NDVI e EVI con il satellite MODIS) e le diverse formazioni forestali mette in evidenza che tutti gli indici considerati sono fortemente correlati con le fasi terminali della successione ecologica nelle diverse formazioni o con le situazioni a maggior umidità, come nel caso del caripineto e del corileto. Il fatto che la foresta tropicale si distingua dalle foreste della regione Friuli Venezia Giulia, può significare che il metodo di confrontare le associazioni vegetali sulla base di questi indici può mettere in evidenza non solo situazioni di maggiore o minore quantità di biomassa verde, ma anche situazioni diverse per quanto riguarda la struttura. Questa tesi di dottorato offre quindi una possibile procedura di monitoraggio del territorio basata sull'integrazione delle misure a terra con il telerilevamento. Il telerilevamento infatti fornisce l'unica via per ottenere il LAI su vaste aree. Le mappe di LAI, che derivano dalle immagini satellitari come quelle ottenute in questa tesi di dottorato, sono un'importante base per alcuni modelli di produzione degli ecosistemi dalla scala locale a quella globale, e per modelli di interazione tra la biosfera e l'atmosfera in alcuni modelli di circolazione, quindi per modelli di NPP e per stime di carbonio. E quindi possono essere utilizzate per studi futuri.
XVII Ciclo
1975
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea. Nell'originale cartaceo manca la pag. 158
BRESSAN, ENRICO. "MONITORAGGIO DELLA BIODIVERSITA' DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA (FANEROGAME, AVIFAUNA E MAMMALOFAUNA)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13298.
Повний текст джерелаKARUZA, ANA. "BIOGEOCHEMICAL CYCLE OF ORGANIC MATTER IN COASTAL MARINE ENVIRONMENT: THE ROLE OF VIRUSES IN CONTROLLING BACTERIAL PROLIFERATION." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13296.
Повний текст джерелаIl principale obiettivo della ricerca è stato quello di acquisire le conoscenze relative al ruolo del virioplancton nelle catene trofiche e nei flussi biogeochimici. La prima parte dello studio è stata dedicata alla distribuzione spazio-temporale del virioplankton nella parte più settentrionale del Mare Adriatico. In una stazione costiera del Golfo di Trieste sono stati effettuati dei campionamenti a frequenza bisettimanale/mensile a diverse quote lungo la colonna d'acqua, per implementare la serie temporale dei dati storici di abbondanza virale disponibili presso il Laboratorio di Biologia Marina relativi ad un monitoraggio iniziato nel 1998 nella stessa stazione. L'acquisizione della serie storica del virioplancton è stata necessaria per poter definire lo stato di 'normalità' del sistema relativo a questa componente allo scopo di poter rilevare eventuali 'alterazioni, tra le quali anche la formazione di aggregati mucillaginosi che, con intensità particolarmente forte sporadicamente interessa il bacino, con gravi conseguenze sul turismo ed attività di pesca. L'analisi della distribuzione del virioplancton su un reticolo spaziale più ampio, effettuata durante 3 campagne oceanografiche stagionali nel 2004 nel bacino adriatico settentrionale, in collaborazione con il progetto Interreg Veneto, ha consentito di valutare l'effetto della presenza di forti gradienti chimico-fisici determinati dall'input del fiume Po, sulla componente virale e sul funzionamento del circuito microbico. In questo studio, il bacino settentrionale dell'Adriatico, con le sue caratteristiche geografiche ed idrologiche ha giocato da ottimo laboratorio naturale, in cui l'introduzione di una forzante ha fortemente condizionato la distribuzione delle componenti microbiche ed la loro interazione, per cui si è confermato molto adatto agli studi 'causa-effetto'. I risultati ottenuti hanno evidenziato come le informazioni ottenute da queste diverse strategie di campionamento non si sovrappongono, ma si implementano, consentendo di acquisire nuove conoscenze relative al funzionamento del circuito microbico nell'Adriatico settentrionale, ed in particolare sulle interazioni tra i virus ed i loro ospiti più comuni. L'uso dei principali indici utilizzati in ecologia microbica per valutare il rapporto tra i virus ed i loro ospiti quali il VBR (Virus-to-Bacterium Ratio) ed il VBP (Virus-to- Bacterium Product), ha messo in evidenza una alterazione delle interazioni virus-batteri nel periodo di comparsa delle mucillagini (primavera-estate 2000) che ha confermato come una spinta lisi virale abbia condizionato lo sviluppo delle poche specie batteriche presenti. Sperimentalmente, invece, è stata valutata l'entità del processo di lisi virale che oltre a determinare mortalità batterica influenza in modo significativo il flusso di carbonio all'interno del sistema pelagico e condiziona il trasferimento di energia lungo la rete alimentare. Per valutare quanto l'azione virale sia condizionata dal metabolismo della cellula ospite, sono stati allestiti esperimenti in cui il popolamento batterico era sostenuto da una disponibilità di substrato diversa sia per composizione che per peso molecolare. Esperimenti in mesocosmo hanno permesso, inoltre, di valutare il ruolo dei virus in condizioni di diversa disponibilità di fosforo inorganico. Questo sale nutritivo rappresenta, infatti un fattore limitante per i popolamenti planctonici dell'Adriatico. I risultati ottenuti, confortati da quelli provenienti dall'analisi in campo che ha confermato come l'abbondanza dei virus in mare rimanga relativamente costante nel tempo hanno sottolineato la necessità di valutare quanto il processo di produzione di una nuova progenie virale sia bilanciato dal processo di distruzione o danneggiamento provocato da fattori come gli U.V., ecc. Poiché non esiste ancora un metodo standardizzato per valutare la produzione virale è stato allestito un esperimento per confrontare i 3 protocolli disponibili. Il primo protocollo prevede la stima della produzione virale attraverso l'incorporazione diretta di un tracciante radioattivo nell'acido nucleico dei virus prodotti e quindi rilasciati, durante il periodo d'incubazione. Il secondo protocollo si basa sulla produzione di virus da parte di cellule batteriche infette a priori,mentre il terzo protocollo stima la produzione virale attraverso la stima della mortalità batterica con il metodo delle diluizioni seriali. Questo quadro sperimentale ha consentito, da un lato, di ottenere una stima della mortalità batterica e, più specificatamente, di quella della frazione metabolicamente più attiva, e dall'altro di valutare l'entità dei processi di produzione virale in diverse condizioni ambientali. Le tecniche di biologia molecolare quali PCR (Polymerase Chain Reaction) e DOGE (Denaturant Gradient Gel Electrophoresis) sono state utilizzate per la verifica dell'influenza dei virus sulla struttura della comunità batterica.
The main goal of the present study was to extend the knowledge relatively to the role of virioplankton in microbial food webs and biogeochemical fluxes. The first section of the study describes spatial and temporal virioplankton distribution in the Northern Adriatic Sea. Samplings were carried in a coastal station of the Gulf of Trieste at different depths. In the first period samplings were carried out on a monthly basis and were subsequently intensified to a twice a month sampling frequency. The obtained data implemented the time series of virioplankton abundances present in data base of Marine Biology Laboratory (Trieste), which were monitored from 1998 at the same sampling station. The obtaining of the time series was necessary to define the 'normality' state of the system regarding viral component of marine plankton in order to detect eventual 'alterations', such as mucilage formation, known to sporadically interest in its particularly massive form the northern basin of the Adriatic Sea, seriously affecting turism and fishery. The analysis of spatial virioplankton distribution on extended sampling area, conducted over 3 seasonal oceanographic cruises during 2004 in the Northern Adriatic basin, in collaboration with Veneto Interreg Project, provided the opportunity to explore the functioning of 'microbial circuit' and significance of viruses under contrasting environmental conditions, since the Northern Adriatic Sea displays highly evident trophic gradient due to the Po River inflow. In fact, the study area played a role of natural laboratory since the introduction of hydrological parameters strongly affected the distribution of microbial components and their interactions, highlighting the adaptability of the basin in 'cause-effect' studies. The results obtained by spatial sampling strategy did not overlap with those obtained by long-term temporal study in a coastal station of the Northern Adriatic, but extended the information amount: different methodological strategies allowed us to acquire precious findings regarding viral population's dynamics, since viral interaction with their hosts is particularly difficult to define because of the variety of interaction types. The investigation of most common viral ecology indexes, largely used to evaluate virus-host interaction, such as VBR (Virus-to-Bacterium Ratio) and phage-host density product ( analogically named VBP from Virus-to-Bacterium Product ), evidenced the alteration of virus and bacteria interactions before, during and after mucilage formation relatively to spring-summer period of 2000. The obtained results evidenced the presence of particularly enhanced viral lysis that strongly affected bacterial community, which, moreover, in that period was characterized by low species diversity. The experimental approach allowed the evaluation of the entity of viral lysis, which not only provoke bacterial mortality but also strongly affects carbon flux in the pelagic system and influences the energy transfer in the food web. Several experiments were performed in order to evaluate the depending of viral activity upon host cell metabolism and organic substrate availability of microbial community. Moreover, mesocosm experiments allowed evaluating the role of viruses in the presence of different availability of inorganic phosphorous, particularly important since representing the limiting factor for plankton community in the Adriatic Sea. The results obtained both by field studies and experimental approach confirmed the temporal stability of virioplankton abundance in marine system and highlighted the need of informations relatively to virioplankton balance between its production and decay rates. Since there is no standard method for the estimate of viral production, three different experimental protocols were set up in order to compare the accuracy of the obtained results and to establish the usefulness of a single technique. The first technique provides an estimate of virus production rates by radiotracer incorporation method that measures production of DNA-containing viral progeny over incubation period. Another method provides the rates of virus production of the bacteria infected prior to the beginning of the experiment, while the serial dilution technique designed originally for the estimate of grazing activity was adopted and modified to determine virus production in natural phage-host assemblage. This experimental framework, together with the experiment set up to evaluate virus-mediated mortality of different bacterial groups ( distinguished according to their metabolism), provided new findings relatively to viral impact on bacterioplankton and allowed the estimate of viral production in different environmental conditions. Molecular biology techniques, such as PCR (Polymerase Chain Reaction) e DGGE (Denaturant Gradient Gel Electrophoresis) were used to verify the influence of virus-mediated mortality on the bacterial community structure.
XVII Ciclo
1976
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Книги з теми "BIOLOGIA AMBIENTALE"
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