Добірка наукової літератури з теми "Storia del diritto penale e della giustizia"

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Статті в журналах з теми "Storia del diritto penale e della giustizia"

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Porret, Michel. "Mario Sbriccoli, Storia del diritto penale e della giustizia. Scritti editi e inediti (1972-2007)." Crime, Histoire & Sociétés 19, no. 1 (June 1, 2015): 147–49. http://dx.doi.org/10.4000/chs.1588.

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Schmoeckel, Mathias. "Vittime Colpevoli e colpevoli innocenti. Ricerche sulle responsabilità penali nell’età del diritto comune (= Diritto cultura società. Storia e probleme della giustizia criminale, 11)." Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte: Kanonistische Abteilung 107, no. 1 (June 1, 2021): 479–81. http://dx.doi.org/10.1515/zrgk-2021-0045.

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Fuchs, Maximilian. "La lunga storia del caso Mangold." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 129 (March 2011): 81–94. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-129003.

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Анотація:
Il casoha acceso in tutta Europa un dibattito molto vivo. In Germania illustri giuristi hanno criticato in maniera molto aspra la sentenza della Corte di giustizia. In seguito ad un caso simile a quello oggetto della pronuncia, deciso dal Tribunale federale del lavoro tedesco sulla scia di quest'ultima sentenza, la societŕ Honeywell ha sollevato davanti alla Corte costituzionale tedesca una questione di legittimitŕ, ritenendo che la pronuncia della Corte di giustizia fosse in contrasto con la Costituzione tedesca. L'articolo ripercorre la lunga storia del controllo delle misure di diritto dell'UE operato dalla Corte costituzionale tedesca. Sulla base degli approdi cui č pervenuta la stessa Corte di giustizia («violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario»), la Corte costituzionale tedesca ha riconosciuto che la pronuncia della Corte di giustizia resa nel caso Mangold sia conforme al c.d. controllo.
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Suchecki, Zbigniew. "Wydalanie duchownych na podstawie kanonicznego procesu karnego." Prawo Kanoniczne 54, no. 3-4 (December 10, 2011): 77–115. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2011.54.3-4.03.

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Анотація:
Il processo penale canonico ha sempre costituito l’extrema ratio cui ricorrere solo quando fossero esaurite tutte le altre vie per ottenere la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l’emendamento del reo (cfr. c. 1341). Le cause penali necessitano della presenza del promotore di giustizia in quanto con esse si vuole perseguire le finalità della giustizia e della tutela del bene pubblico. Per irrogare o dichiarare la pena il Codice di Diritto Canonico del 1983 prevede una doppia procedura penale: giudiziaria (che si concluderà con una sentenza) o amministrativa (stragiudiziale – che si concluderà con un decreto). Nel processo penale giudiziario il Promotore di giustizia svolge il compito di parte attrice o titolare dell’azione criminale contro l’imputato. Giovanni Paolo II nel discorso alla Rota Romana ha sottolineato che «l’istituzionalizzazione di quello strumento di giustizia che è il processo rappresenta una progressiva conquista di civiltà e di rispetto della dignità dell’uomo» (Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, (18 gennaio 1990), in L’Osservatore Romano, 19 gennaio 1990, p. 5). Si evince molto chiaramente dal can. 1342, § 1 la preferenza del legislatore per la via giudiziale. Infatti, il processo penale giudiziario offre maggiori garanzie di giustizia, in quanto assicura e garantisce in modo conforme il diritto alla difesa, permette al giudice di consolidare una maggiore certezza morale sull’esistenza dei fatti mediante l’acquisizione giudiziale delle prove, delle circostanze e dell’imputabilità, valutando tutte le circostanze del delitto, determina la condizione dell’imputato, precisa il grado del danno causato dal delitto, applica con equità la pena giusta alla luce degli elementi emersi durante il giudizio. Rimangono tuttavia casi in cui il legislatore indica la via giudiziale come la più adatta, che certamente offre maggiori certezze e garanzie ai fini dell’accertamento della verità, della giustizia e soprattutto della salvaguardia dei diritti dei fedeli. Innanzitutto essa è obbligatoria per irrogare o dichiarare le pene più gravi, come quelle espiatorie perpetue (can. 1336). «Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto» (can. 1342, § 2). Il promotore di giustizia assume le vesti di parte attrice o titolare dell’azione criminale (actio criminalis) contro l’imputato. Egli è la persona pubblica costituita per tutelare il bene pubblico, che deriva dall’osservanza della legge, al di là delle considerazioni soggettive can. 1362, § 1; 1720, 3°; 1726. Nel processo penale, a protezione dei diritti del fedele il legislatore vieta espressamente di imporre all’imputato il giuramento e l’accusato non è tenuto a confessare il delitto (can. 1728, § 2). In questo modo si garantisce al reo la scelta della linea difensiva più opportuna senza costrizione a riconoscere i fatti che siano a sé sfavorevoli. Il processo penale giudiziario prevede e garantisce al reo un diritto fondamentale di appello dopo l’emanazione della sentenza di condanna (can. 1727, § 1). Inoltre garantisce il diritto di appello al promotore di giustizia nelle cause in cui la loro presenza è richiesta (cfr. cann. 1727, § 2, 1628). Il termine per proporre l’appello è di 15 giorni e va proposto avanti al giudice a quo, che ha emesso la sentenza. Può essere fatto a voce, ed in tal caso il notaio lo deve mettere per scritto avanti allo stesso appellante (can. 1630, § 2). Il can. 1353 disciplina che «l’appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo». Il legislatore prevede nel Capitolo III: «de actione ad damna reparanda» un’azione contenziosa per la riparazione dei danni ingiustamente inferti dal delitto (cann. 1729–1731). Pur consentendo nell’ambito del processo penale giudiziario l’esercizio dell’azione per il risarcimento dei danni, il legislatore tiene sempre distinte le due azioni, quella criminale, tendente all’irrogazione o alla dichiarazione della pena, e quella contenziosa per la riparazione dei danni inferti dal delitto. La sentenza può essere eseguita dopo che sia passata in giudicato, ossia dopo una duplice sentenza conforme che non sempre si ha con la decisione di secondo grado.
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Wołodkiewicz, Witold. "LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ." Zeszyty Prawnicze 1 (January 27, 2017): 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.

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Анотація:
LEX RETRO NON AGIT. UN BROCARDO NELLA GIURISPRUDENZA POLACCAII problema della irretroattività della norma giuridica è stato trattato molto spesso nella dottrina giuridica generale e in quella romanistica. La regola lex retro non agit (che nella giurisprudenza e dottrina giuridica polacca esprime il principio délia irretroattività del diritto) è il brocardo latino il più spesso usato nella giurisprudenza polacca.Considerazioni a proposito del vigore délia norma giuridica nel tempo si incontrano nelle fond del diritto romano nelle varie epoche del suo sviluppo. Il problema délla retroattività délia legge fu affrontato già dai giuristi repubblicani. Fu toccato anche dai giuristi classici. La generalizzazione del principio secondo il quale la legge non deve retroagire, si trova peraltro in diverse costituzioni imperiali del Basso Impero. Il principio délia irretroattività del diritto compare più volte nella storia giuridica postgiustinianea.Nelle visioni dello Stato di diritto, sviluppate dai filosofi del Secolo dei Lumi il principio dell’irretroattività délia legge è stato trattato come un dogma fondamentale ed assoluto.II principio d’irretroattività è molto spesso enunciato nei codici contemporanei. E un elemento fondamentale della definizione classica del delitto penale, peró la dottrina e la pratica penale e costituzionale dopo la seconda guerra mondiale hanno cominciato, almeno in certa misura, ad allontanarsi dal principio d’irretroattività nel diritto penale. Questa tendenza fu stata già notata, a proposito del processo di Norimberga, dal Berger in un articolo del 1949. Le dichiarazioni e convenzioni internazionali sui crimini di guerra e contro l’umanità , hanno poi introdotto diverse eccezioni al principio dell’irretroattività della legge penale. Questi atti di diritto internazionale hanno tendenzialmente influenzato i sistemi nazionali di diritto costituzionale e penale (come esempio si puô citare l’art. 42 punto 1 della Costituzione polacca del 2 aprile 1997).II brocardo lex retro non agit non fu mai esplicitamente individuato eon queste parole, né ai tempi romani, né nella storia posteriore del diritto. Questa formulazione è infatti sconosciuta ai dizionari ed alle enciclopedie giuridiche in quasi tutta Europa al di fuori della Polonia.Nella romanistica polacca, l’autore che cita il brocardo lex retro non agit fu Stanisław Wróblewski (nel suo manuale di diritto romano, pubblicato nel 1916). E probabile che l’autorità del Wróblewski (a lungo professore di diritto romano a Cracovia, ed influente membro della Commissione di Codificazione polacca, chiamato spesso il „Papiniano polacco”) abbia influenzato la divulgazione del brocardo lex retro non agit nella dottrina e nella giurisprudenza polacca e radicato per conseguenza la persuasione della derivazione romanistica del concetto d’irretroattività del diritto, letteralmente cosi individuato, nell’odierna pratica giurisprudenziale polacca.
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Natale, Andrea. "La direttiva rimpatri, il testo unico immigrazione ed il diritto penale dopo la sentenza El Dridi." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 2 (September 2011): 17–36. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-002002.

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Анотація:
Premessa - 1. La sentenza della Corte di Giustizia del 28.4.2011 - 2. La giurisprudenza della Corte di cassazione dopo la sentenza El Dridi - 3. La revoca dei giudicati - 4. Configurabili altre ipotesi di reato? - 4.1. segue: L'art. 650 c.p. - 4.2. segue: L'art. 10 bis TU n. 286/1998 - 5. L'art. 13, co. 13, TU n. 286/1998 - 6. Il decreto legge n. 89/2011
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Travan, Federico. "Il non acquisto dello status di «locali della missione»: note a margine della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia nel caso Guinea Equatoriale c. Francia." Revista da Faculdade de Direito, Universidade de São Paulo 116, no. 2 (December 30, 2021): 329–68. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2318-8235.v116p329-368.

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Questo lavoro è un commento alla sentenza della CIG, di merito, nel caso Immunités et procédures pénales (Guinée Équatoriale c. France), e, allo stesso tempo, uno studio del problema – inedito nella giurisprudenza internazionale – emergente dalla sentenza, quello del momento in cui e delle modalità attraverso le quali un determinato immobile acquista, nel diritto internazionale, lo status di «premises of the mission». La sentenza della Corte, che ha ritenuto necessario il consenso dello Stato accreditatario, è criticata. Lo studio e l’analisi della prassi degli Stati, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, della storia dell’istituto dell’inviolabilità dei locali diplomatici e della (poca) letteratura che ha trattato il problema, dimostrano che esiste una norma del diritto internazionale che determina che l’acquisto dello status di «premises of the mission» avvenga attraverso il (e nel momento del) solo inizio d’uso effettivo dei locali per l’esercizio delle funzioni diplomatiche. La sentenza della CIG «crea» quindi un requisito – il consenso dello Stato accreditatario – che non esiste nel diritto internazionale, e ciò comporta gravi potenziali problemi di contrasto e coesistenza tra situazioni di fatto (reali) e situazioni puramente giuridico-formali.
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Miletti, Marco Nicola. "Le facce d’un diamante. Appunti per una storia dell’immediatezza nella procedura penale italiana." Revista Brasileira de Direito Processual Penal 7, no. 2 (August 29, 2021): 827. http://dx.doi.org/10.22197/rbdpp.v7i2.596.

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Il saggio ripercorre alcune tappe dell’evoluzione del principio di immediatezza nella procedura penale italiana, entro l’arco cronologico compreso tra la fine del secolo XVIII e il codice Finocchiaro-Aprile del 1913. Dopo una breve rassegna delle diverse definizioni del lemma e un cenno diacronico alla demarcazione dal concetto di oralità, la ricerca muove dagli spunti offerti da ‘pionieri’ quali Francesco Mario Pagano e Niccola Nicolini; esamina la letteratura europea (francese e, soprattutto, tedesca) che permeò la riflessione dei giuristi italiani; quindi si addentra nella stagione post-unitaria. Quest’ultima fu connotata dal contrasto tra un codice di rito (1865) ancora prettamente inquisitorio e una dottrina tutt’altro che compatta: se i primi commentari e, ancor piú, la scuola carrariana classificavano l’immediatezza tra i canoni inderogabili della giustizia liberale, la scuola positiva vi scorgeva un indebito cedimento alle interferenze popolari ed emotive nel dibattimento. La lunga elaborazione del codice Finocchiaro-Aprile non solo stimolò un serrato confronto dottrinale ma partecipò a quel movimento per l’oralità grazie al quale Chiovenda confidava di modernizzare il rito civile e penale.
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Caianiello, Michele. "Processo penale e prescrizione nel quadro della giurisprudenza europea. Dialogo tra sistemi o conflitto identitario?" Revista Brasileira de Direito Processual Penal 3, no. 3 (October 14, 2017): 967. http://dx.doi.org/10.22197/rbdpp.v3i3.99.

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Precarietà e incertezza sembrano affliggere, nei tempi recenti, la prescrizione del reato, quando la si osservi da una prospettiva sovranazionale o comparata. Sullo sfondo, si pone il problema della tenuta del nostro sistema nel suo complesso, e persino della sua identità, come l’abbiamo concepita e tramandata di generazione in generazione. Con l’ordinanza n. 24 del 2017, la Corte costituzionale, sollevando una nuova questione pregiudiziale, mostra l’intento di non consumare una rottura del dialogo con l’ordinamento UE, limitandosi a paventare il rischio di ricorrere ai controlimiti, senza effettivamente porli in essere. Tuttavia, il provvedimento appare criticabile per alcuni argomenti utilizzati, e per la posizione assunta, che sembra lasciare poco spazio per specificazioni e aggiustamenti alla Corte di giustizia. La decisione, infatti, pur mostrando formalmente apertura a un confronto con la Corte di giustizia, tende a proporre in realtà una divisione tra mondi opposti e inconciliabili: di qua il diritto italiano, con la sua tradizione irrinunciabile; di là quello europeo, al quale formalmente si mostra deferenza (purché non si ingerisca in questioni vitali). Sembra il piano per una sorta di convivenza da separati, che certo ha il pregio di guadagnare tempo. Tuttavia, non si intravvede, nel ragionamento condotto, alcuna strada per raggiungere, o almeno per intraprendere il cammino verso una integrazione reale degli ordinamenti: è questo, in realtà, il nodo che, se non affrontato adesso, tenderà a riproporsi in successive occasioni.
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Scerbo, Alberto. "L’infinita vanità del tutto. Sul politico e giuridico nel pensiero di Leopardi." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, no. 2 (May 2019): 389–407. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819836663.

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L’approfondimento del rapporto duale tra natura e ragione, da cui origina la relazione tra poesia e filosofia, costituisce il viatico per un’indagine riguardante il pensiero di Leopardi in ordine al problema politico e giuridico. Premesso, così, lo scarto esistente tra stato di natura e stato di società, si analizzano le diverse forme sociali, all’interno di un discorso che propone il confronto critico tra antichità e modernità e senza discostarsi dal disegno della storia. Nella consapevolezza di ricondurre il tema politico ad una dimensione di autenticità, in cui la ragione sia integrata dalla natura, si procede poi ad una riflessione sulle forme di governo, distinguendo tra piano teoretico e piano storico. La scientificità propria della modernità detta l’atteggiamento di fondo leopardiano nei confronti del diritto e motiva la messa in discussione dell’esistenza della legge naturale, ma anche la valutazione mitica dell’idea di giustizia. L’approccio venato da un sostanziale realismo materialistico impedisce di ricercare significati profondi nelle dinamiche giuridiche e finisce per connettere l’efficacia del diritto al mero egoismo individualistico. Si rimarcano i limiti insuperabili nel funzionamento del diritto, sia di tipo funzionale che strutturale, e si rileva la distanza del fenomeno giuridico dal mondo della natura, con quanto ne consegue su ogni eventuale aspirazione all’universalità.
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Дисертації з теми "Storia del diritto penale e della giustizia"

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HOXHA, DAMIGELA. "L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA CRIMINALE NAPOLEONICA. A BOLOGNA FRA PRASSI E INSEGNAMENTO DEL DIRITTO PENALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/350433.

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This research was focused on the study of the rich materials - not yet properly cataloged - which are kept in the State Archives of Bologna, with particular reference to the Criminal Court of Appeal in the Napoleonic era. The choice of a judiciary in Bologna appeared, from a methodological profile, full of different suggestions, given that - as we know - Bologna was and still is a university town for excellence with a strong tradition in the field of legal science and, at the same time, a center of great importance in the Napoleonic Kingdom of Italy; Bologna is therefore a privileged place to measure the comparison between the doctrinal tradition and the french innovation. In the passage from ancien régime to the Napoleonic age the role of the judge has faced the hegemonic will of the legislature to control the iurisdictio and the process. The class of judges, which in previous centuries had enjoyed considerable autonomy and that sometimes felt they could judge 'like God', was confronted with the projects of reform and streamlining regulations that invested primarily the exercise of justice, the procedure and the judiciary.
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BIELLA, DANIELA. "Manipolazione e interpretazione della Corte costituzionale in due settori emblematici del diritto penale: la giustizia minorile e la giustizia militare." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/44435.

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La Corte costituzionale, sin dall’inizio della sua attività, ha ricoperto un ruolo molto significativo nei confronti del diritto penale. Principi fondamentali, quali quelli di legalità e di colpevolezza, attraverso l’apporto della giurisprudenza costituzionale, hanno acquisito nuovi contenuti, e lo stesso sistema sanzionatorio è stato sotto più profili coinvolto nell’opera di riconduzione della legislazione penale ai principi sanciti dalla Costituzione. La prospettiva che si intende adottare per l’analisi delle più importanti pronunce costituzionali è quella delle tecniche decisorie di cui il Giudice delle leggi si è servito, in oltre cinquant’anni, per svolgere il proprio controllo di legittimità sulle norme penali indiziate di porsi in contrasto con il sistema dei principi e delle regole contenute nella nostra Carta fondamentale. Anche nella materia penale, lo strumentario a disposizione dei giudici delle leggi si presenta quanto mai eterogeneo ed articolato, e le controverse formule espressive per contrassegnare le diverse decisioni della Consulta ne sono una prova. Le molteplici tipologie di pronunce elaborate dalla giurisprudenza costituzionale sono da anni oggetto di un’attenta analisi da parte della dottrina soprattutto costituzionalistica, da sempre alla ricerca di una (almeno percentualmente elevata) regolarità nelle scelte del tipo di pronuncia adottato dalla Consulta, sul presupposto che la individuazione di tipologie attraverso il consueto metodo della astrazione generalizzante possa assumere una vincolatività dogmatica. Ai nostri fini la ricerca ha lo scopo di individuare le tecniche maggiormente impiegate dalla Consulta, quando oggetto del suo sindacato sono le norme penali e in particolare quelle relative alla giustizia penale minorile e militare, settori particolarmente emblematici del ruolo di adeguamento ai principi costituzionali svolto dalla Corte costituzionale. La nostra attenzione riguarderà dunque quelle sentenze che, entrando nel merito della questione di costituzionalità di una norma, non si sono limitate a dichiararla infondata o ad accoglierla, ma si sono spinte sino al punto di dare della norma una interpretazione diversa da quella fatta propria dal giudice a quo, o sono intervenute direttamente sulla disposizione manipolandone, sempre in via interpretativa, il contenuto. Di qui i problemi circa l’ammissibilità di queste “invasioni” da parte della Corte costituzionale; “invasioni” che nella materia penale destano maggiori dubbi rispetto agli altri settori dell’ordinamento. Sarà altrettanto interessante approfondire quelle pronunce di natura processuale, di (manifesta) inammissibilità o infondatezza, che, pur non entrando nel merito dell’eccezione di legittimità costituzionale, aprono o, meglio, tentano di aprire, a seconda dei casi, un dialogo con i giudici comuni o con il legislatore. Proprio i rapporti del Giudice delle leggi con il potere giudiziario e con il potere legislativo saranno oggetto di alcune, seppur brevi, considerazioni. Da un lato, infatti, non si possono trascurare gli effetti delle pronunce costituzionali sull’operato della magistratura ordinaria, soprattutto laddove la Corte costituzionale li induce a dare, da soli, interpretazioni conformi a Costituzione. Dall’altro, non può negarsi importanza a tutti quei moniti, troppo spesso trascurati (o ignorati?), rivolti direttamente al legislatore perché metta mano a riforme più o meno sistematiche del diritto penale. L’analisi preliminare dei diversi strumenti adottati dalla Consulta, con il conseguente richiamo delle più rilevanti pronunce intervenute sul nostro codice penale, consente poi di approfondire il ruolo della giurisprudenza costituzionale nei due ambiti del diritto penale al centro della presente indagine: quello della giustizia minorile e quello della giustizia militare. La scelta di indagare il ruolo delle sentenze della Corte costituzionale in questi due settori nasce anzitutto dal notevole interesse che la Corte ha ad essi riservato. Nei riguardi del sistema penale minorile, come si vedrà, la Consulta è spesso intervenuta per supplire all’inerzia del legislatore ordinario che, nonostante i continui solleciti, non si è mai occupato di predisporre per il minore autore di reato una normativa organica e profondamente differenziata rispetto a quella prevista per l’adulto. Sul diritto penale militare, invece, l’opera della Corte si è rivelata pressoché l’esatto contrario: è infatti intervenuta su un ordinamento autonomo per denunciarne l’obsolescenza e per ricondurlo ai principi propri del diritto penale – per così dire – “comune”. In entrambi i settori, la maggior parte delle sentenze manipolative che vanno ad incidere direttamente sul testo legislativo, e che per questo segnano indelebilmente il sistema normativo, concernono la previsione delle sanzioni penali e la loro esecuzione. Come si avrà modo di precisare, i parametri alla luce dei quali il Giudice delle leggi interviene su queste materie, talvolta sino al punto di sostituire la cornice edittale stabilita dal legislatore, sono soprattutto il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. ed il principio di rieducazione della pena di cui all’art. 27, comma 3, Cost.
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DAZZA, SERENA. "PADRE AGOSTINO GEMELLI DI FRONTE AL PROBLEMA DELLA REPRESSIONE PENALE: UN QUARANTENNIO DI RIFLESSIONI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/72216.

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L’elaborato si propone di ricostruire, valorizzando il contesto storico-giuridico coevo, il contributo offerto da Agostino Gemelli allo sviluppo del diritto penale. A tale scopo, la ricerca muove dalla fine dell’Ottocento, seguendo la formazione “positivista” di Edoardo Gemelli presso l’Università di Pavia e, al contempo, le vicende della contemporanea dottrina penalistica, costretta a confrontarsi con le istanze di cambiamento veicolate dall’antropologia criminale e raccolte, in seguito, dalla Scuola positiva di Enrico Ferri. Dalla constatazione dello stallo creatosi, all’inizio del secolo scorso, tra quest’ultima e le forze “della tradizione”, l’indagine prende le mosse per trattare della critica sviluppata da Gemelli circa le teorie dei positivisti, sia sul versante antropologico (i diversi scritti su Cesare Lombroso), sia su quello giuridico (il Parere Gemelli-Battaglini sul Progetto Ferri di codice penale). All’analisi di questa pars destruens, fa seguito una valutazione della pars costruens gemelliana – il programma per un diritto penale cattolico esposto alle Settimane Sociali del 1924 – e della sua corrispondenza con i principi informanti la coeva riforma penale ad opera della Scuola tecnico-giuridica, con un’attenzione particolare alle considerazioni espresse, alla luce della nozione di “personalità del delinquente”, sulle disposizioni del Codice Rocco, sia durante la sua formazione, sia nella sua piena vigenza.
The thesis aims to reconstruct, enhancing the historical-legal context of the time, the contribution of Agostino Gemelli to the development of criminal law. In this respect, the research begins from the end of the nineteenth century, following Gemelli during his “positivist” training at the University of Pavia and, simultaneously, the evolution of coeval criminal law scolarship, committed to face the demands for change initially conveyed by criminal anthropology, and later collected by the Positive School of Enrico Ferri. Moving from the stalemate arisen at the beginning of the last century between the latter and the forces “of tradition”, the investigation deals with Gemelli’s critique of the positivists’ theories, carried out on both the anthropological and the legal field. The analysis of this pars destruens is followed by an evaluation of Gemelli’s pars costruens – the program for a Catholic criminal law presented at the Social Weeks of 1924 – and of its match to the principles informing the criminal law reform developed by the Technical-juridical School. Particular attention is devoted to the considerations expressed by the author, in light of the notion of “personality of the criminal”, on the provisions of the Rocco Code, both during its preparation process and when it came into force.
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CRIPPA, MARIA. "LA GIUSTIZIA PENALE INTERNAZIONALE DI FRONTE AI TRIBUNALI DOMESTICI. PROPOSTE PER L¿ADEGUAMENTO DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI CRIMINA IURIS GENTIUM." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/932370.

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La giustizia penale internazionale di fronte ai tribunali domestici. Proposte per l’adeguamento della legislazione italiana in materia di crimina iuris gentium. La tesi si concentra sulla proposta di soluzioni per l’adeguamento dell’ordinamento italiano alle disposizioni sostanziali dello Statuto della Corte penale internazionale (Cpi), la cui incorporazione domestica risulta, allo stato attuale, ancora assente. L’indagine si è, in particolare, sviluppata intorno a tre direttrici principali. La prima sezione ha delineato i confini entro i quali deve attestarsi l’elaborazione delle proposte di introduzione di una disciplina domestica dei crimini internazionali, con particolare riferimento, innanzitutto, alla ricostruzione del complesso sistema delle fonti del diritto penale internazionale e al ruolo della consuetudine, alla luce delle tensioni che questa pone nel rapporto con il principio di legalità (internazionale e costituzionale). La verifica delle esperienze dei tribunali internazionali e, in particolare, dei limiti che queste presentano, ha imposto di spostare il campo di indagine alla attuazione indiretta del diritto penale internazionale, al fine di delineare soluzioni maggiormente efficaci per la realizzazione di un sistema integrato di giustizia penale internazionale, secondo la prospettiva descritta dal principio di complementarietà (artt. 1, 17 Statuto Cpi). In questa cornice, ci si è interrogati sulla estensione degli obblighi di introduzione di disposizioni domestiche sui crimini internazionali, nonché, in prospettiva comparata, sulle modalità degli interventi normativi stranieri, alla luce dell’ampio margine di discrezionalità che lo Statuto Cpi concede ai legislatori nazionali. La seconda parte è stata dedicata alla verifica della estensione delle giurisdizioni nazionali ai crimini internazionali commessi oltre i limiti territoriali degli ordinamenti domestici. L’analisi si è concentrata, in primo luogo, sulla ricostruzione della nozione e delle criticità strutturali che hanno caratterizzato, a partire da secondo dopoguerra, le applicazioni del principio di universalità nel sistema di giustizia penale internazionale. Così ricostruiti i tratti fondamentali del principio di giurisdizione universale, ci si è, quindi, proposti di verificare la controversa estensione ‘tendenzialmente universale’ della legge penale italiana, secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità alle ipotesi di cui agli artt. 7 – 10 c.p., in riferimento a fattispecie di fatto sussumibili nella definizione dei crimini internazionali. Il cuore della ricerca è costituito, infine, dalla terza sezione, dedicata alla valutazione di compatibilità delle disposizioni attualmente in vigore nell’ordinamento penale domestico con il diritto penale internazionale e della conseguente introduzione di una disciplina specifica, laddove siano riscontrate lacune e contraddizioni rispetto allo Statuto Cpi. La verifica di compatibilità della disciplina italiana in vigore è stata condotta, innanzitutto, in riferimento alla parte speciale del diritto penale, al fine di indagare la rispondenza delle fattispecie ordinarie alla definizione dei crimini internazionali contenuta negli artt. 5 e seguenti Statuto Cpi (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione). Per quanto concerne, invece, l’analisi della parte generale, si è vagliata, da un lato, l’adeguatezza dei criteri ordinari di attribuzione della responsabilità penale e, dall’altro lato, la necessità di introdurre contestualmente una disciplina ad hoc, laddove richiesto dalle istanze specifiche della giustizia penale internazionale. Il riferimento è, in particolare, alle ipotesi di responsabilità del superiore civile e del comandante militare, di responsabilità delle persone giuridiche, di irrilevanza delle immunità funzionali, nonché di estinzione del reato o della pena per il decorso della prescrizione e di provvedimenti, generali o individuali, di clemenza. L’indagine ha voluto, in ultima istanza, verificare se l’adozione delle disposizioni sostanziali di diritto penale internazionale consenta all’ordinamento italiano di aderire ad un sistema integrato di giustizia penale internazionale, nonché, in senso più ampio, di contribuire allo sviluppo del diritto penale internazionale. La tardiva attuazione dello Statuto Cpi nell’ordinamento domestico costituisce infatti, secondo le conclusioni alle quali l’analisi è pervenuta, una occasione per ampliarne le disposizioni, nel superamento dei compromessi imposti in sede negoziale e al fine di ottemperare ai più recenti sviluppi del diritto penale internazionale. Una simile conclusione consentirebbe, in questo modo, di rilanciare il ruolo dell’ordinamento italiano nel sistema di giustizia penale internazionale e di renderne l’intervento legislativo, nonché le sue future applicazioni giurisprudenziali, un modello di riferimento sullo scenario internazionale.
International criminal justice before domestic courts. Proposals for the implementation of Italian provisions on crimina iuris gentium. The thesis aims at proposing solutions for the incorporation into the Italian legal system of International Criminal Court (ICC) Statute’s substantive provisions, whose domestic implementation is, at the moment, still lacking. The research develops, in particular, along three main sections. The first part sketches the main features of the indirect implementation of international criminal law by domestic legal systems. It deals, first of all, with the complex system of sources of international criminal law, as well as with the role of customs, in light of its tensions with the (international and constitutional) principle of legality. The analysis of international courts’ shortcomings leads to shift the scope of enquiry to the indirect implementation of international criminal law, in order to shape effective solutions for an integrated system of international criminal justice, under the complementarity principle (articles 1 and 17 ICC Statute). Within this framework, the extent of positive obligations to adopt domestic provisions on international crimes effects, in a comparative perspective, different solutions implemented by national legislators, considering the wide margin of discretion granted them by the ICC Statute. The second part outlines the extension of national jurisdictions to international crimes committed beyond their traditional territorial borders. The research focuses, firstly, on the notion and the structural shortcomings that characterize the principle of universal jurisdiction in the enforcement of international criminal justice since the Second World War. The section further sets out to verify the controversial 'tendential universality' of Italian criminal law, according to the interpretation of articles 7 - 10 Italian Criminal Code favored by the Italian jurisprudence, regarding in particular cases amounting to international crimes. The third section represents the heart of the research, dedicated to the evaluation of the compliance of provisions currently in force in the Italian criminal system and international criminal law. The research further proposes the introduction of a specific discipline, whenever gaps and shortcomings with respect to the ICC Statute are found. The analysis moves from the special part of criminal law, in order to investigate the conformity of criminal provisions already in place with the definition of international crimes contained in articles 5 et seq. ICC Statute (genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression). The general part is examined with the aim to investigate, on the one hand, the adequacy of ordinary criteria for the attribution of criminal responsibility and, on the other hand, the need to introduce an ad hoc discipline where required by specific instances of international criminal law. The reference is, in particular, to the hypotheses of command and superior responsibility, legal entities liability, irrelevance of functional immunities, as well as statutes of limitations. The research ultimately seeks to ascertain whether the adoption of substantive provisions on international crimes enables the Italian legal order to adhere to an integrated system of international criminal justice and, in a broader sense, to contribute to the development of international criminal law. Indeed, the late implementation of the ICC Statute into the domestic legal system constitutes, according to the conclusions reached by the analysis, an opportunity to expand its provisions in order to overcome its possible shortcomings and to comply with the most recent developments of international criminal justice. Such conclusion would enable to relaunch the role of the Italian legal system in the international criminal justice system and make its legislative intervention, as well as its future jurisprudential applications, a model on the international scene.
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DAVIDE, SALVATORE. "La confisca del profitto." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/8319.

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L’ablazione dei beni appartenenti all’autore di un reato rappresenta, sin dagli albori della civiltà giuridica, una delle più diffuse risposte penitenziali previste dal diritto penale. Nonostante l’evoluzione millenaria dell’istituto, solo in epoca moderna i legislatori nazionali hanno introdotto la confisca del profitto derivante dal fatto criminoso. L’istituto oggetto di analisi presenta, sul piano interpretativo, numerosi profili di criticità, sui quali si è concentrata la ricerca. In una prima parte, marcatamente ricostruttiva, si ripercorre l’evoluzione storica dell’istituto, muovendo dal diritto romano per giungere a delineare, attraverso il diritto comune, la fisionomia che la misura ha assunto in epoca moderna, nella codificazione preunitaria e nel codice Zanardelli; segue, poi, l’analisi delle varie ipotesi di confisca del profitto oggi vigenti. Nella seconda parte del lavoro si affronta, in modo maggiormente approfondito, il tema della determinazione del quantum di profitto confiscabile, analizzando le posizioni assunte, negli anni, dalla giurisprudenza di merito e di legittimità sino a giungere alla sentenza resa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2008, che tanta attenzione ha suscitato in dottrina e che ha finalmente reso attuale un tema per lungo tempo dimenticato. Fornite alcune essenziali coordinate comparatistiche, il lavoro si concentra sull’alternativa netto/lordo, ossia sulla discussa possibilità di dedurre dal profitto confiscabile le spese riconducibili al fatto criminoso; si perviene, infine, alla conclusione che l’opzione per il principio del netto sia nella sostanza necessitata dall’applicazione dei rigidi canoni ermeneutici imposti dal principio di legalità e si auspica l’intervento del legislatore per una definitiva sistemazione della materia.
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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

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La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

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La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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PASSARELLA, CLAUDIA. "MAGISTRATURE PENALI E RITI GIUDIZIARI IN UN INEDITO MANOSCRITTO VENETO SETTECENTESCO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/253824.

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This work examines an unpublished manuscript of eighteenth century that contains treatises and dissertations written by judges of Venetian mainland between XVII and XVIII century. The research focuses in particular on works of Giovanni Guidozzi, an important jurist at that time. The examination of all these sources allows to reconstruct the different stages of criminal procedure administered in the Terraferma’s penal courts in the modern age. Venice however has a strong influence in the administration of criminal justice: the relationship between the capital and its territorial state is complicated and the judges of the mainland, also called assessori, represent an important point of contact between these two worlds.
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Fornaciari, B. "LA DIRETTIVA 2012/13/UE SUL DIRITTO ALL'INFORMAZIONE.LA CONOSCENZA NEL PROCESSO PENALE FRA UNIONE EUROPEA E ORDINAMENTO INTERNO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/369477.

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La presente ricerca si propone di analizzare la Direttiva 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali ed il suo impatto sul sistema processuale italiano. L'analisi prende le mosse da un primo capitolo dedicato al sistema multilivello delle fonti: sul panorama nazionale e sovranazionale, infatti, la direttiva è solo l'ultima norma, in ordine di tempo, a disciplinare il diritto fondamentale alla conoscenza dell'indagato e dell'imputato. Necessario quindi apprestare una panoramica delle fonti che garantiscono la protezione multilevel dei diritti, e descrivere le loro reciproche interazioni. Imprescindibile, poi, un approfondimento sulla tutela dei diritti nello Spazio di Libertà Sicurezza e Giustizia dell'UE, con un'attenzione particolare all'era post-Lisbona ed al valore aggiunto che le direttive ex art. 82 co. 2 TFUE possono portare sul sistema multilevel. Il secondo ed il terzo capitolo sono dedicati all'analisi normativa della fonte europea. La trattazione si muove lungo le tre visuali prospettiche che la norma europea attribuisce al diritto all'informazione: diritto alla conoscenza dei propri diritti; diritto alla conoscenza dell'accusa; diritto alla conoscenza degli atti di indagine. Le disposizioni europee vengono continuamente integrate con la giurisprudenza della Corte EDU, che inietta di significato le norme della direttiva e fornisce gli standards di tutela laddove non specificati. Vengono messe in rilievo le disposizioni più innovative, che consentono alla direttiva di non essere solo “codificazione” del case law di Strasburgo, ma fonte autonoma e progredita di diritti. Il capitolo finale è infine focalizzato sull'impatto che la direttiva ha prodotto sul sistema processuale interno. La trattazione è suddivisa tra l'analisi delle modifiche apportate dalla normativa di attuazione italiana, d. lgs. 101/2014, e la disamina delle sue lacune: il legislatore ha dato luogo ad un intervento minimalista, omettendo di dare esecuzione proprio alle disposizioni europee più innovative che avrebbero permesso al nostro sistema di essere in linea con i dettami sovranazionali. Particolare attenzione è data al tema delle modifiche all'imputazione e al principio Iura novit curia, sulla scorta dei punti saldi elaborati dalla Corte EDU nel noto caso Drassich. In conclusione, vengono proposti gli scenari futuri che potrebbero conseguire all'efficacia diretta della direttiva e alla penetrazione, per il suo tramite, delle norme CEDU nell'ordinamento giuridico nazionale.
The present research examines the European Directive on the right to information in criminal proceedings (Directive 2012/13/EU, hereinafter ‘the Directive’), assessing the impact that it is likely to have on the Italian legal system. Before analyzing the legislation, the thesis provides an historical overview of the status of human rights safeguards in the EU and a description of its multi-layered system of protection. Starting from the early ECJ case law setting out a ‘human rights theory’, the research moves on to consider the Charter of Nice and the development of a European Area of Criminal Justice, until the Stockholm Program and the entry into force of the Lisbon Treaty. In addition, it addresses the question as to whether and to what extent the directives ‘of new generation’ based on art. 82 par. 2 TFEU bring an added value to the aforementioned human rights protection system. Chapters 2 and 3 of the research focus on the analysis of the legislation and on the three meanings that the Directive attaches to the right to information in criminal proceedings, namely, the right to information about rights, the right to information about accusation, and the right to information about case file. The effort is shedding some light on the most innovative prescriptions, while at the same time highlighting how much the EU legislation owes to the ECtHR case law, which is used as a yardstick for the evaluation and interpretation of the Directive. Finally, Chapter 4 addresses the Italian implementing legislation (d. lgs. 101/2014) and the impact of the Directive on our legal system. It finds that the NIM is highly unsatisfactory, as the Italian legislator has failed to comply with the most innovative EU standards. In this regard, the research illustrates the impact of EU prescriptions on the jurisdiction of national judges, in particular, the impact of the ‘new’ right to information about accusation. It concludes that Italian judges can (in)directly apply ECtHR case law standards due the direct effect of the Directive (which can be regarded as an ‘ECtHR case-law codification’).
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RUSSO, GIANLUCA. "Conservare la signoria con pena e con supplizio. Le origini dello Stato territoriale fiorentino nelle trasformazioni del penale. Dal tumulto dei Ciompi alla congiura dei Pazzi (1378-1478)." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1189160.

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La ricerca è finalizzata a mettere in luce gli intrecci tra la formazione dello Stato territoriale fiorentino e il ruolo primario di formante della statualità offerto dal diritto penale e dalla giustizia fra Tre e Quattrocento.
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Книги з теми "Storia del diritto penale e della giustizia"

1

Storia del diritto penale e della giustizia: Scritti editi e inediti, 1972-2007. Milano: Giuffrè, 2009.

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2

Storia della giustizia e storia del diritto: Prospettive europee di ricerca. Macerata: EUM, 2012.

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3

Quale Giustizia Per Le Vittime Dei Crimini Nazisti?: L'Eccidio Della Benedicta E La Strage del Turchino Tra Storia E Diritto. G. Giappichelli, 2002.

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4

Legnani Annichini, Alessia. La mercanzia di Bologna. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg239.

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In questo volume si ricostruiscono le vicende istituzionali e giurisdizionali della Mercanzia bolognese nei suoi sviluppi quattrocenteschi. Un tribunale speciale "inter e sovra corporativo", avente una competenza ratione materiae nelle sole controversie di ius mercatorum. A tal fine si è provveduto alla trascrizione, secondo i criteri editoriali più consolidati, degli Statuti dell’Universitas mercatorum, campsorum et artificum del 1436. All’edizione dello statuto ha fatto seguito l’analisi delle ulteriori riformagioni che nel corso del secolo intervennero a modificarne parzialmente la disciplina. Alessia Legnani Annichini è ricercatrice in Storia del diritto medioevale e moderno presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna, dove è titolare dell’insegnamento di Storia del diritto commerciale nell’ambito del corso di laurea in Operatore Giuridico d’Impresa (sede di Ravenna). Dottore di ricerca, diplomata in Archivistica, Paleografia e Diplomatica, ha pubblicato nel 2005 La giustizia dei mercanti. L’"Universitas mercatorum, campsorum et artificum" di Bologna e i suoi statuti del 1400 , Bononia University Press, Bologna, 2005.
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