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Elorza, Antonio. "Spagna, nazione di nazioni." MONDO CONTEMPORANEO, no. 3 (April 2011): 137–58. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-003006.

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Анотація:
La Spagna non č uno Stato unitario come la Francia, né uno Stato plurinazionale come furono la Jugoslavia e l'Austria-Ungheria nel passato. L'identitŕ spagnola nasce nel Medioevo e trova le sue prime radici nelle reazioni all'invasione araba del 711, quando i vinti presero coscienza della «Spaniae ruina». Secoli dopo, l'unione delle corone nata con i Re Cattolici rafforzň le basi per quella identitŕ, sotto una «monarchia di aggregazione» che si sviluppň in parallelo con la Francia, senza che scomparissero altre identitŕ, come quelle della Catalogna e delle province basche. Ma la Rivoluzione francese cancellň le unitŕ amministrative dell'Antico regime ed il processo di nazionalizzazione si sviluppň senza difficoltŕ fino al primo Novecento, mentre l'arretratezza economica fece sorgere le condizioni di una crisi dello Stato-nazione. Allo stesso tempo il fatto che la Catalogna e la Biscaglia fossero le avanguardie del processo d'industrializzazione favorě la dinamica centrifuga delle, dopo che la disfatta del 1898 nella guerra contro gli Stati Uniti e la fine dell'impero coloniale avevano creato l'immagine della Spagna come di un "paese moribondo". La modernizzazione degli anni Sessanta del Novecento poté essere il fondamento di una nuova Spagna, ma le "nazionalitŕ storiche" (la Catalogna ed il Paese basco in primo luogo) erano giŕ realtŕ senza ritorno ed il nazionalismodella dittatura di Franco fece delle rivendicazioni nazionaliste un diritto democratico. Infine, con la Costituzione del 1978 č nato lo Stato delle autonomie, che consacra lo sviluppo autonomo delle "nazionalitŕ" intorno all'asse centrale della "nazione" spagnola. Ecco perché "nazione di nazioni" diventa un'espressione adeguata ad una convergenza come quella spagnola di processi di, senza che i conflitti fra unitŕ ed indipendentismo siano ancora oggi arrivati a un punto di equilibrio.
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Ferrarotti, Franco. "Confine, frontiera, Stato-nazione." SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, no. 1 (September 2019): 29–42. http://dx.doi.org/10.3280/siss2019-001004.

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Donghi, Tulio Halperin, and Antonio Annino. "America Latina: Dallo stato coloniale allo stato nazione." Hispanic American Historical Review 69, no. 1 (February 1989): 130. http://dx.doi.org/10.2307/2516173.

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Donghi, Tulio Halperin. "America Latina: Dallo stato coloniale allo stato nazione." Hispanic American Historical Review 69, no. 1 (February 1, 1989): 130–31. http://dx.doi.org/10.1215/00182168-69.1.130.

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Comberiati, Daniele. "‘Scrivere’ la Nazione: Riflessioni su identità, stato nazionale e rappresentazione letteraria." Incontri. Rivista europea di studi italiani 29, no. 2 (December 22, 2014): 92. http://dx.doi.org/10.18352/incontri.9884.

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Lattes, Gianfranco Bettin. "Sul concetto di generazione politica." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 29, no. 1 (April 1999): 23–53. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200026484.

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Анотація:
IntroduzioneL'interrogativo principale cui ci si propone di dare una risposta in queste pagine è: perché (e come) riflettere sul concetto di generazione politica? L'interrogativo è apparentemente confinato ad un tema dai contorni piuttosto limitati. Il nodo da sciogliere, in realtà, è assai più complicato ed è da rintracciare nella palese insufficienza dell'armamentario sociologico tradizionalmente adottato per lo studio del mutamento politico. Un esempio di come si pone il problema è forse utile anche ai fini analitici. Nella storia europea uno dei dati ricorrenti è quello di una duplice forma di conflitto che ha sempre agito come motore di mutamento politico: da un lato il conflitto tra le nazioni e dall'altro lato il conflitto tra le classi. Il conflitto tra la coscienza nazionale e la coscienza di classe è stato in generale risolto a vantaggio del valore della nazione; tuttavia oggi questi due tipi di conflitto non hanno molto spazio perché sono mutati – forse in modo irreversibile – i loro fondamenti sociali, culturali e politici.
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de Stefani, Lorenzo. ""Devesi parlare al popolo". Toponomastica risorgimentale e lapidi commemorative nel dibattito in consiglio comunale a Milano, 1859-1878." STORIA URBANA, no. 132 (February 2012): 53–81. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132003.

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Анотація:
Il saggio affronta il tema della toponomastica come strumento di rafforzamento del sentimento nazionale dopo l'annessione di Milano al regno di Sardegna e successivamente allo stato italiano. Sono stati presi in considerazione i dibattiti in seno al Consiglio comunale circa il valore evocativo della titolazione delle strade ai principali simboli del Risorgimento nazionale e ai personaggi eccellenti nel campo delle lettere, delle arti, delle scienze, con particolare riferimento a quelli, nati a Milano o qui provvisoriamente residenti in qualche tempo, che hanno influenzato la vita civile, artistica e letteraria della cittŕ. L'operazione di "costruzione della memoria" lega insieme la necessitŕ di razionalizzare e modernizzare la cittŕ che si apprestava a diventare la "capitale morale" dello stato unitario (come confermato nella legislazione comunale e provinciale del 1865) con la preoccupazione di tenere vive le memorie locali, da far convivere in armonia con l'azione di costruzione della nazione dal punto di vista della lingua e delle memorie collettive. Ciň si unisce alla determinazione di celebrare i principali eventi della storia civile affiggendo lapidi come sintesi di un compendio della storia locale da offrire per la costruzione del popolo.
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Nevola, Gaspare. "Il modello identitario dello Stato-nazione. Genesi, natura e persistenza." Quaderni di Sociologia, no. 44 (August 1, 2007): 121–49. http://dx.doi.org/10.4000/qds.931.

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Cattoni, Silvia. "La letteratura italiana tradotta in Argentina." Revista de Italianística, no. 34 (November 7, 2017): 90. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i34p90-102.

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Анотація:
In due secoli di storia della letteratura argentina, lo sviluppo della letteratura italiana tradotta è in stretto rapporto con i propositi pedagogici o estetici determinati dal contesto culturale dei diversi momenti storici. In linea di massima, è possibile affermare che, dalla conformazione dello Stato nazionale e durante i primi decenni del XX secolo, la traduzione letteraria mirava ad ampliare l’orizzonte culturale di un lettore che si consolidava al ritmo della fiammante nazione. Nelle fasi successive e in stretto rapporto con la politica culturale portata avanti da Victoria Ocampo a partire dal 1931 tramite la rivista Sur e il suo posteriore progetto editoriale, la traduzione è stata soprattutto una pratica di scrittura che ebbe un’influenza decisiva nell’ordito della letteratura nazionale favorendo il suo rinnovo e incentivando le versioni di traduttori argentini. Fu questa un’apertura che favorì, durante la seconda metà del secolo, nel contesto della ricezione della letteratura universale, l’ingresso della letteratura italiana in Argentina. Il presente lavoro tratta in maniera sistematica, ma provvisoria, il panorama della letteratura italiana tradotta in Argentina. Lo scopo principale comporta il registro dei momenti più fecondi e l’interpretazione degli esiti ottenuti nei confronti della traduzione nel sistema letterario nazionale.
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De Luca Tamajo, Raffaele. "Massimo D'Antona, esperto "strutturista": l'erosione dei pilastri storici del diritto del lavoro." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 121 (April 2009): 185–93. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-121011.

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Анотація:
Nel saggio del 1998 Massimo D'Antona mette a fuoco l'erosione di quattro pilastri su cui č stato edificato il diritto del lavoro della seconda metŕ del '900: la sovranitŕ dello stato-nazione, incalzato da istituzioni sovranazionali; l'organizzazione della grande fabbrica industriale, alterata da esternalizzazione e decentramenti; la stabilitŕ del progetto lavorativo e di vita "dalla scuola alla pensione"; il mito della rappresentanza generale delle organizzazioni sindacali storiche. Si chiede, pertanto, su quali basi possa essere rifondata l'identitŕ del diritto del lavoro. La "rilettura" si propone di saggiare la tenuta dell'analisi a dieci anni di distanza.
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Cirlŕ, Mario. "La cittŕ interiore." COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, no. 22 (December 2011): 77–86. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-022007.

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Анотація:
La relazione tra cittŕ e periferia dispone la riflessione tra interno/esterno, tra finito/ infinito, tra contenitore/contenuto. Il rapporto tra mondo-cittŕ e cittŕ mondo pone il dilemma inclusione/esclusione. Il dibattito tra stato-nazione e mercato globale interroga la questione di sicurezza/insicurezza. Informato alla riflessione di G. Deleuze, l'intervento cerca nella teoria e nella pratica psicoanalitica prospettive non solo analogiche ma auspicabilmente operative.
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Borghini, Andrea. "Dal Governo alla Governance. Scenari, Orizzonti, Confini." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 4 (November 2011): 19–37. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-004003.

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L'autore sviluppa una versione critica del concetto di Governance: in particolare, focalizza l'attenzione sul nesso concettuale tra Stato e Governance da cui trarre indicazioni sui limiti del meccanismo della. La dialettica Stato-č applicata a due scenari specifici: lo scenario internazionale e lo scenario della teoria del potere. Nel primo, l'autore utilizza lo Stato-nazione come chiave concettuale privilegiata per comprendere i fallimenti dellaglobale; nel secondo, introducendo una versione bourdesiana di Stato, come detentore del potere simbolico, intende, da un lato, far emergere una prospettiva inedita del concetto di Stato, all'altro, fare della categoria di potere simbolico uno strumento in grado di svelare i rischi autoritari sottesi ai processi di. L'autore conclude con una breve analisi dei rapporti tra lae il concetto foucaultiano di, una prospettiva teorica utile nella misura in cui consente di chiarire la riorganizzazione e ricollocazione del potere nelle societŕ complesse.
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Melloni, Alberto. "“CHIESA E STATO” FRATTURA DI COSA, FRATTURE PER COSA." Il Politico 251, no. 2 (March 3, 2020): 255–67. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.248.

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Анотація:
Una caratteristica cruciale della storia italiana è il poliedrico rapporto tra Stato e papato, un rapporto a volte conflittuale, a volte amichevole ma sempre presente nelle diverse fasi del processo di costruzione della nazione. Da un lato, la Questione Romana e le vicende dell'Unità del XIX secolo si basano su diverse fratture e ne evidenziano l'antagonismo. Dall'altro, una riconciliazione si può vedere dopo il Movimento di Resistenza, quando la Chiesa è diventata protagonista del sistema democratico repubblicano e durante il periodo della stesura della Costituzione, basata sugli sforzi reciproci e sull'utopia di un dialogo fecondo. Nel complesso, e questo è vero fin dalla Cattura di Roma (1870), lo Stato italiano ha sempre dovuto misurarsi con la presenza duratura del papato.
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M. Núñez Seixas, Xosé. "Il ritorno dello stato-nazione? Spinte indipendentiste nell'Europa occidentale all'inizio del XXI secolo." PASSATO E PRESENTE, no. 105 (September 2018): 5–18. http://dx.doi.org/10.3280/pass2018-105001.

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La Barbera, Francesco. "La convivenza dilemmatica: identità sociale, fiducia, interdipendenza." PSICOLOGIA DI COMUNITA', no. 2 (March 2012): 31–42. http://dx.doi.org/10.3280/psc2011-002004.

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Barbera Questo studio mirava a stabilire se l'interdipendenza percepita avesse un effetto significativo sulla cooperazione e se la fiducia fosse un mediatore di tale effetto. Alla ricerca hanno partecipato 82 studenti, di entrambi i sessi, che hanno preso parte individualmente ad un gioco dilemmatico con un partner fittizio di un'altra nazione europea. Č stato misurato il livello d'interdipendenza percepita dei soggetti con gli altri cittadini europei, ed č stata inoltre misurata la fiducia nel partner europeo con cui ciascun partecipante aveva giocato. I risultati mostrano che l'interdipendenza percepita ha un effetto significativo sulla cooperazione, che č mediato totalmente dalla fiducia. Tali risultati vengono discussi insieme alle loro implicazioni teoriche ed applicative.
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Dyduch, Jan. "Posłannictwo szkoły w świetle II Polskiego Synodu Plenarnego." Prawo Kanoniczne 45, no. 1-2 (June 15, 2002): 81–94. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2002.45.1-2.02.

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Анотація:
Il II Sinodo Plenario della Polonia intende di rinnovare la vita cristiana in Polonia. Nel programma di questo rinnovamento deve inserirsi pure la scuola di tutti gradi e livelli. Il Sinodo presenta prima tutti problemi - buoni e negativi – di scuola in Polonia. Essa ha bisogno della nuova evangelizzazione, ma anche è lo strumento di questa missione. La scuola serve alla Nazione ed alla Chiesa, poiché educa e forma i bambini e giovani. In questa opera un ruolo importante compie la scuola cattolica. Tutta la comunità di scuola, e specialmente il potere dello Stato e responsabile del funzionamento e dello sviluppo di scuola.
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Guerra, Alessandro, Marco Meriggi, Christopher Calefati, Catherine Brice, Paolo Conte, Maria Pia Casalena, and Agnese Visconti. "Recensioni." IL RISORGIMENTO, no. 1 (May 2022): 153–87. http://dx.doi.org/10.3280/riso2022-001006.

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Анотація:
- Francesco Benigno e Daniele Di Bartolomeo, Napoleone deve morire. L'idea di ripetizione storica nella Rivoluzione francese, Roma, Salerno, 2020, 194 p. br/> - Salvatore Santuccio, Uno stato nello stato. Sette segrete, complotti e rivolte nella Sicilia di primo Ottocento, Acireale, Bonanno, 2020, 301 p.- Enrico Francia, Oggetti risorgimentali. Una storia materiale della politica nel primo Ottocento, Roma, Carocci, 2021, 180 p.- Jacopo De Santis, Tra altari e barricate. La vita religiosa a Roma durante la Repubblica romana del 1849, Firenze, Firenze University Press, 2021, 282 p.- Giampaolo Conte, Il credito di una nazione. Politica, diplomazia e società di fronte al problema del debito pubblico italiano. 1861-1876, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2021, 114 p. - Massimo Baioni, Vedere per credere. Il racconto museale dell'Italia unita, Roma, Viella, 2020, 266 p.- Gabriele B. Clemens, Geschichte des Risorgimento. Italiens Weg in die Moderne (1770-1870), Wien-Köln, Böhlau, 2021, 264 p.- Du "Grand Tour" au Traité de Rome: l'Europe au bout du voyage, sous la direction de Francis Démier et Elena Musiani, Rennes, Presses universitaires, 2021, 186 p.
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Hrabovec, Emilia. "‘L’incidente Ciriaci’ 1933. La diplomazia pontificia e il difficile rapporto fra Chiesa, Stato e Nazione in Cecoslovacchia." Römische Historische Mitteilungen 1 (2014): 611–30. http://dx.doi.org/10.1553/rhm54s611.

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Saggiomo, Carmen. "IL CITOYEN NEI DIZIONARI FRANCESI TRA XVII E XVIII SECOLO." Verbum 7, no. 7 (December 20, 2016): 165. http://dx.doi.org/10.15388/verb.2016.7.10266.

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Анотація:
È intenzione del presente studio esplorare la voce citoyen attraverso le entrate di alcuni fra i più rile­vanti dizionari, dal Thresor de la langue françoyse di Jean Nicot, del 1606, all’edizione del Diction­naire de L’Académie françoise del 1798. Si ha così l’occasione per censire i mutamenti semantici e culturali, l’étendue des sens, tra la pubblicazione del primo dizionario moderno della lingua francese e la quinta edizione dell’Accademia, che precede la fine del periodo rivoluzionario, assunto dalla sto­riografia come spartiacque fra età moderna e età contemporanea. Nel XVII secolo il termine citoyen rimanda, in modo pressoché costante, alla cultura giuridica greco-romana, per la quale cives erano gli abitanti di Roma, Atene, Sparta etc. La concezione della città-Stato, che caratterizza soprattutto il mondo greco, diverrà, seppur con qualità specifiche, un tratto tipico di Roma anche successivamen­te all’espansione dell’impero, ragion per cui, pur in presenza di una forte estensione territoriale, il cittadino romano resta ancorato all’Urbe. Tale modo di concepire il cittadino è rinvenibile in tutti i dizionari francesi qui analizzati. Non va dimenticato che il concetto di “Stato”, nel suo significato moderno, si afferma convenzionalmente solo dopo il Trattato di Westphalia del 1648, quando sulla scena internazionale si affacciano gli Stati nazionali. Solo nel XVIII secolo, e in particolare con la Rivoluzione francese, si passa a un citoyen inteso come soggetto parte della nazione e depositario della sovranità popolare.
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Saggiomo, Carmen. "IL CITOYEN NEI DIZIONARI FRANCESI TRA XVII E XVIII SECOLO." Verbum 7, no. 7 (December 22, 2016): 165. http://dx.doi.org/10.15388/verb.2016.7.10294.

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È intenzione del presente studio esplorare la voce citoyen attraverso le entrate di alcuni fra i più rile­vanti dizionari, dal Thresor de la langue françoyse di Jean Nicot, del 1606, all’edizione del Diction­naire de L’Académie françoise del 1798. Si ha così l’occasione per censire i mutamenti semantici e culturali, l’étendue des sens, tra la pubblicazione del primo dizionario moderno della lingua francese e la quinta edizione dell’Accademia, che precede la fine del periodo rivoluzionario, assunto dalla sto­riografia come spartiacque fra età moderna e età contemporanea. Nel XVII secolo il termine citoyen rimanda, in modo pressoché costante, alla cultura giuridica greco-romana, per la quale cives erano gli abitanti di Roma, Atene, Sparta etc. La concezione della città-Stato, che caratterizza soprattutto il mondo greco, diverrà, seppur con qualità specifiche, un tratto tipico di Roma anche successivamen­te all’espansione dell’impero, ragion per cui, pur in presenza di una forte estensione territoriale, il cittadino romano resta ancorato all’Urbe. Tale modo di concepire il cittadino è rinvenibile in tutti i dizionari francesi qui analizzati. Non va dimenticato che il concetto di “Stato”, nel suo significato moderno, si afferma convenzionalmente solo dopo il Trattato di Westphalia del 1648, quando sulla scena internazionale si affacciano gli Stati nazionali. Solo nel XVIII secolo, e in particolare con la Rivoluzione francese, si passa a un citoyen inteso come soggetto parte della nazione e depositario della sovranità popolare.
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Nozifora, Enzo. "Precarietà del lavoro e crisi delle moderne forme di cittadinanza sociale." Revista Latina de Sociología 1, no. 1 (December 26, 2011): 126–55. http://dx.doi.org/10.17979/relaso.2011.1.1.1198.

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In tutte le economie avanzate del pianeta, stiamo parlando di un unico tema: come fermare la crisi finanziaria distruttiva e riavviare il ciclo di crescita economica. La nostra proposta è di riconsiderare la cultura di lavoro significativa per spiegare la struttura della società. Questo perché il lavoro è l'unica attività umana che dà senso all'esistenza. Negli ultimi due secoli i lavoratori per rafforzare i loro diritti di cittadinanza sono stati discussi con lo Stato-nazione forma storica che si è consolidata durante le rivoluzioni liberali del XIX secolo. Oggi questo è il legame che è entrato in una crisi irreversibile ed è incapace di fornire risultati che sono adatti per le emergenze. Sono nati organismi sovranazionali che certamente non sono uguali i loro compiti, e le forze sociali non possono trovare un modo per contribuire al loro potere politico. Ma non è nato un movimento europeo dei lavoratori, che lotta per nascere allo stesso modo di un'Europa politica capace di fermare il crescente potere della speculazione finanziaria. I mercati finanziari sono integrati a livello globale, mentre i dipendenti, come in passato, presentano domanda a livello nazionale. Questa è la domanda che ora è diventata urgente. Se vogliamo uscire dalla crisi economica, dobbiamo pensare in termini sovranazionali ed europei. È importante che il movimento dei lavoratori imponga le proprie esigenze a livello europeo, a favore del rafforzamento politico dell'Unione, e vi ponga la questione dei diritti sociali europei. Solo un movimento operaio che lavora per rafforzare la costruzione dell'Europa, invece di indebolire, apre i diritti di cittadinanza dei lavoratori.
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Beck, Ulrich. "L'Europa cosmopolita. Realtŕ e utopia." MONDI MIGRANTI, no. 2 (October 2009): 7–22. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-002001.

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Nell'articolo l'autore osserva come il contemporaneo modello d'Europa debba essere riconsiderato data l'assenza di una narrazione politica che lo sostanzi e del venire a meno l'insieme delle istanze che ne giustificavano originariamente l'esistenza. L'Unione Europea si fonda su una storia del no, sulla negazione piuttosto che sull'affermazione: l'Europa non č uno Stato, non č una Nazione, non č un'organizzazione internazionale, non č questo né altro. Proprio a causa di questa identificazione basata sulla negazione l'Unione Europea rimane un corpo politico tronco ed estraneo ai suoi stessi cittadini. L'Europa deve essere oggi ancora concettualmente capita e allo status quo non rappresenta che l'ultima utopia politica sopravvissuta. Per superare questo empasse č necessario muoversi verso la concezione di un realtŕ cosmopolita dell'Europa. Č proprio su questo shift che si concentra l'attenzione dell'autore che discute proprio come questo nuovo sguardo sia indispensabile per comprendere questa forma storica unica di comunitŕ internazionale.
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Redaelli, Riccardo. "Premessa: l'Iran fra complessitŕ e costanti storiche." STORIA URBANA, no. 131 (November 2011): 5–9. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-131001.

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L'Iran viene spesso presentato in Occidente attraverso stereotipi che ne semplificano la storia, la politica, la cultura, ignorando la complessitŕ che ne č, invece, la cifra caratterizzante. L'Iran vive appieno le contraddizioni che derivano dall'essere una nazione ricca di risorse, forte dal punto di vista identitario (nel senso del "moderno statonazione", la cui origine, nel caso iraniano, viene fatta risalire al 1500), con aspirazioni egemoniche dal punto di vista geopolitico, grazie alla sua cruciale posizione geografica, ma isolata dal punto di vista religioso, linguistico ed etnico nelle regioni mediorientale e centro-asiatica. La natura religiosa dello stato iraniano, risultato della rivoluzione del 1979, contribuisce inoltre all'isolamento diplomatico del paese, alimentando un continuo sospetto da parte dei governi vicini. Questi sono gli assi tematici - scoperta dell'"Altro", solitudine strategica e peculiaritŕ culturale - su cui si sviluppano i contributi del presente volume di «Storia Urbana», tessere di un mosaico difficile da percepire - per noi occidentali - nella sua interezza e sofisticata complessitŕ.
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Thöndl, Michael. "Richard Nikolaus Graf Coudenhove-Kalergi, die „Paneuropa-Union“ und der Faschismus 1923–1938." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, no. 1 (March 1, 2019): 326–69. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0015.

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Riassunto In un primo momento Coudenhouve-Kalergi concepì la „Paneuropa“ come un’unione di stati democratici. Purtuttavia tentò già nel 1923 di coinvolgervi anche il fascismo, considerandolo una potenza legittima per combattere il bolscevismo. In quanto deciso avversario del nazionalsocialismo, sperava fin dal 1933 che Mussolini avrebbe garantito l’indipendenza dell’Austria. Tra il 1933 e il 1936 propagò una „Paneuropa fascista“, ma la nascita dell’„asse“ tra l’Italia e la Germania portò a un suo – inizialmente poco convinto – distacco dal fascismo. Fino a quel momento il dittatore italiano e la diplomazia italiana avevano cercato di utilizzare i suoi contatti politici, aprendogli in cambio la possibilità di pubblicare in Italia interventi tesi a legittimare la guerra in Etiopia, a differenziare la nazione austriaca da quella tedesca, o a rifiutare la dottrina della razza dei nazionalsocialisti. La polizia segreta fascista lo considerò però sempre un incorregibile antifascista. Verso la fine del 1937 Coudenhouve-Kalergi diede alle stampe la sua opera „Stato totale – l’uomo totale“ dalle tendenze moderatamente antifasciste la cui introduzione in Italia fu proibita. Ciononostante cercò ancora nel 1938 dall’esilio svizzero – ora però invano – la collaborazione con il fascismo.
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Scarantino, Anna. "Da scuola del popolo a scuola fascista della nazione? Un bilancio dell'istruzione elementare in Italia a dieci anni dalla riforma Gentile." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (September 2020): 117–80. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-001005.

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Nel gennaio 1932, a quasi dieci anni dalla riforma più importante e più discus-sa del fascismo, quella della scuola, l'ispettore scolastico Renato Moro preparò una dettagliata relazione sulla condizione della scuola elementare lontana da fina-lità propagandistiche e destinata ad uso interno del ministero dell'Educazione na-zionale. Ponendo a confronto la pubblicazione ufficiale prodotta pochi mesi dopo dal ministero con la relazione preparata da Moro, che qui viene riprodotta inte-gralmente, il saggio mette in luce il divario esistente tra gli obiettivi dichiarati dal fascismo e la realtà, tra i risultati propagandati e quelli effettivamente conseguiti. Ne emerge, tra l'altro, l'immagine di una società meridionale ancora arretrata ma non immobile, che anche nei suoi strati medio-bassi chiedeva allo Stato più istru-zione e la possibilità di accesso alle scuole medie, che la riforma aveva ostacolato in molti modi. Il regime, impegnato ad ottenere una più decisa fascistizzazione del-la scuola, sottovalutò gli effetti negativi prodotti dalla presenza invadente del par-tito e dell'Opera nazionale Balilla, e dal disordine normativo che ne accompagnò costantemente l'azione. Il succedersi continuo di provvedimenti, ripensamenti e adattamenti minò l'immagine di solidità e coerenza che il regime voleva dare di sé nel suo progetto di radicale trasformazione degli italiani.
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Dziadosz, Dariusz. "Przejście przez morze - aktywna obecność Boga kreująca Izrael (Wj 13,17-14,31)." Verbum Vitae 6 (December 14, 2004): 71–92. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1372.

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La storia di Israele solo a prima vista assomiglia a quelle delle altre nazioni. In realtà è molto diversa e del tutto particolare. La sua caratteristica principale è la stretta relazione con Dio Jahvé. Essa non solo è legata alla nazione israelitica sin dall’inizio della sua storia, ma anche decide da sempre dell’aspetto religioso, sociale e politico di questa popolazione. Si puo tranquillamente dire che è stata proprio la religione monoteistica basata sugli eventi dell’esodo e sulla stipulazione dell’alleanza con Dio ad incidere sulla identità nazionale di Israele. Tutte le fonti bibliche ed extrabibliche testimoniano questo straordinario legame con Jahvé. L’autore pone la domanda sulle cause e sulle caratteristiche della così stretta relazione degli Israeliti con Dio e con la loro religione. Per capire meglio questa problematica si ferma sugli avvenimenti accaduti allafine dell’esilio, sull’intervento salvifico di Jahvé e sulle circostanze della fondazione della nazione di Israele descritti nel libro dell'Esodo 13,17-14,31.
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Fornari Čuković, Maria. "“LA NAZIONE GIOVINETTA RESISTEVA AL COLOSSO”: FRACCAROLI E L’IMMAGINE DELLA SERBIA NEL LIBRO LA SERBIA NELLA SUA TERZA GUERRA: LETTERE DAL CAMPO SERBO (1915)." Филолог – часопис за језик књижевност и културу 13, no. 25 (June 30, 2022): 389–405. http://dx.doi.org/10.21618/fil2225389f.

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Questo contributo ha come intento quello di presentare il rapporto tra uno dei giornalisti italiani più importanti di inizio Novecento, Arnaldo Fraccaroli, e la Serbia nei primi mesi della Grande Guerra. Fraccaroli viene annoverato dagli studiosi tra quei giornalisti quali Barzini, Civinini, Ojetti e altri che, con il loro lavoro e il loro stile di scrittura, hanno rappresentato un punto di svolta nella storia della carta stampata italiana. Piuttosto noto al grande pubblico durante la lunga carriera, il giornalista veronese, in parte fnito nel dimenticatoio dopo la sua morte, è stato riportato di recente all’attenzione dei lettori da un’accurata biografa scritta nel 2019 da Gian Pietro Olivetto. “La dolce vita di Fraka, cronista del Corriere della Sera” è il titolo dell’opera, da cui questo lavoro attinge parte delle informazioni sull’autore. La riscoperta di Fraccaroli, però, non si limita soltanto al libro di Olivetto, poiché nel 2017 la casa editrice Prometej di Novi Sad ha pubblicato la traduzione del libro “La Serbia nella sua terza guerra: lettere dal campo serbo”, scritto dal cronista italiano nel 1915. Questo testo, una raccolta di osservazioni e impressioni di viaggio annotate dal giornalista durante un viaggio da Salonicco a Belgrado nell’inverno del 1915, offre la possibilità, fnora poco approfondita, di considerare il lavoro di Fraccaroli nella prospettiva di un tramite tra i lettori italiani e la difcile realtà serba in quei primi mesi di guerra.
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Houben, Hubert. "Friedrich II., ein Sizilianer auf dem Kaiserthron?" Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no. 1 (December 20, 2017): 83–98. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0007.

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Riassunto Il contributo esamina la tesi di Olaf Rader, secondo cui l’imperatore Federico II, nato in Italia e cresciuto in Sicilia, sarebbe stato „durch und durch Sizilianer“ (del tutto siciliano), come aveva sostenuto nella seconda meta del sec. XIX Leopold von Ranke e di conseguenza „il primo straniero sul trono tedesco“, come scrisse poi Johannes Haller nella prima meta del Novecento. Secondo tale interpretazione, egli avrebbe dato priorita al regno di Sicilia, ereditato dalla madre Costanza d’Altavilla, e trascurato invece l’impero romano-tedesco, diversamente da suo nonno Federico I Barbarossa. Questa tesi risulta poco convincente perche attribuendo a Federico II una chiara identita siciliana si trascura il fatto che egli, trasferitosi in Germania all’eta di 17 anni e rimanendovi per otto, si immerse in un contesto del tutto tedesco, riappropriandosi delle sue radici sveve. Inoltre Federico II difese accanitamente gli interessi dell’impero romano-tedesco contro il papato e i comuni settentrionali, mettendo le ingenti risorse economiche del regno di Sicilia al servizio delle sue azioni militari. Essendo a quell’epoca particolarmente importante la presenza fisica del sovrano per l’azione di governo, Federico ovvio alla sua assenza nelle zone d’oltralpe, prive di strutture amministrative paragonabili a quelle italiane, delegando i suoi figli - Enrico (VII) prima e Corrado IV poi - a rappresentarlo in Germania. La tesi di un Federico II come „il siciliano sul trono imperiale“ non convince perche e basata su concetti ottoe novecenteschi quali popolo, nazione e identita nazionali che mal si adattano al Medioevo.
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Houben, Hubert. "Friedrich II., ein Sizilianer auf dem Kaiserthron?" Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no. 1 (March 5, 2018): 83–98. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0007.

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Анотація:
Riassunto Il contributo esamina la tesi di Olaf Rader, secondo cui l’imperatore Federico II, nato in Italia e cresciuto in Sicilia, sarebbe stato „durch und durch Sizilianer“ (del tutto siciliano), come aveva sostenuto nella seconda metà del sec. XIX Leopold von Ranke e di conseguenza „il primo straniero sul trono tedesco“, come scrisse poi Johannes Haller nella prima metà del Novecento. Secondo tale interpretazione, egli avrebbe dato priorità al regno di Sicilia, ereditato dalla madre Costanza d’Altavilla, e trascurato invece l’impero romano-tedesco, diversamente da suo nonno Federico I Barbarossa. Questa tesi risulta poco convincente perché attribuendo a Federico II una chiara identità siciliana si trascura il fatto che egli, trasferitosi in Germania all’età di 17 anni e rimanendovi per otto, si immerse in un contesto del tutto tedesco, riappropriandosi delle sue radici sveve. Inoltre Federico II difese accanitamente gli interessi dell’impero romano-tedesco contro il papato e i comuni settentrionali, mettendo le ingenti risorse economiche del regno di Sicilia al servizio delle sue azioni militari. Essendo a quell’epoca particolarmente importante la presenza fisica del sovrano per l’azione di governo, Federico ovviò alla sua assenza nelle zone d’oltralpe, prive di strutture amministrative paragonabili a quelle italiane, delegando i suoi figli – Enrico (VII) prima e Corrado IV poi – a rappresentarlo in Germania. La tesi di un Federico II come „il siciliano sul trono imperiale“ non convince perché è basata su concetti otto- e novecenteschi quali popolo, nazione e identità nazionali che mal si adattano al Medioevo.
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Battente, Saverio. "Antonio Cardini, Il grande centro. I liberali in una nazione senza stato: il problema storico dell’ ‘arretratezza politico’ (1796–1996), Lacaita, Manduria-Rome-Bari, 1996, pp. 168, pbk, 25,000 Lire." Modern Italy 3, no. 1 (May 1998): 124–25. http://dx.doi.org/10.1017/s1353294400006670.

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CARLETTI, CHRISTIAN. "MARIA PIA CASALENA, Per lo Stato, per la Nazione. I congressi degli scienziati in Francia e in Italia (1830-1914). Roma: Carocci, 2007. 253 pp., ISBN 978-88-430-4270-8." Nuncius 23, no. 2 (January 1, 2008): 431–32. http://dx.doi.org/10.1163/221058708x01015.

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Linz, Juan J. "PLURINAZIONALISMO E DEMOCRAZIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 25, no. 1 (April 1995): 21–50. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200023327.

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IntroduzionePochi Stati sono Stati nazionali, e gran parte delle nazioni non sono destinate a raggiungere la condizione di Stato sovrano. Una trasformazione delle società plurinazionali in Stati nazionali «monocromatici» come quelli esistenti in passato è impossibile nel contesto di istituzioni liberaldemocratiche. La maggioranza delle cosiddette «nuove nazioni» sono in realtà Stati multinazionali o quantomeno multiculturali. Non solo i cittadini risiedono geograficamente in ambiti frammisti; le loro famiglie hanno un background eterogeneo e, dato non meno e forse più importante, hanno identità duali. Le istituzioni e i processi democratici devono riconoscere queste situazioni di fatto, questo tipo di pluralismo. In che misura, in uno Stato democratico, il pluralismo deve essere basato sulla rappresentanza e sui diritti di gruppo oppure sui diritti individuali? In che misura particolari soluzioni istituzionali rischiano di condurre ad un conflitto tra questi due principii ed approcci nel contesto della politica democratica? In che modo sarà protetta la libertà degli individui di scegliere la propria identità senza vedersi imporre identità inclusive? Questi sono problemi teorici e pratici sia per le democrazie contemporanee, sia per i paesi avviati verso la democrazia. Come potranno, gli Stati democratici multinazionali, guadagnarsi una legittimità sufficiente a rendere i processi decisionali democratici possibili e compatibili con il pluralismo nazionale e culturale? In particolare, come si potrà, in società di questo genere, rendere compatibile il federalismo con i diritti delle minoranze all'interno di unità territoriali, se in queste unità esistono maggioranze «nazionali»? Se non diamo soluzione a questi interrogativi, rischiamo di riprodurre in scala ridotta i problemi creati dai fondatori degli Stati nazionali in società multinazionali. Quali forme può assumere il pluralismo nazionale e culturale nelle società democratiche, e qual è il ruolo che le istituzioni e i processi democratici possono svolgere per rendere compatibili il pluralismo e la libertà individuale? Questi sono alcuni dei quesiti che dobbiamo sollevare e a cui dobbiamo dare risposta.
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Aristei, Luna. "Il Ministero della Transizione Ecologica e la sostenibilità dello sviluppo economico." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 2 (July 2022): 102–27. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-002007.

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Con la creazione del Ministero della Transizione Ecologica si assume una nuova consapevolezza sulla sostenibilità intesa non solo quale tutela dei fattori ambientali ma come vera e propria transizione verde. Tale concetto è il fulcro dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e del Green Deal comunitario che stabiliscono obiettivi green il cui perseguimento è stato recentemente rafforzato dai diversi strumenti finanziari comunitari. A livello nazionale, già gli strumenti di mercato consentivano di orientare i flussi economici verso pratiche "verdi" ma il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza può essere ritenuto lo strumento economico necessario a contribuire alla transizione ecologica grazie anche al ruolo dello stesso Ministero.
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Cesa, Marco. "SICUREZZA E RELAZIONI INTERNAZIONALI: IL PARADIGMA REALISTA RIVISITATO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 2 (August 1991): 223–54. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200013265.

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IntroduzioneAnche se quello di sicurezza è un termine impiegato molto frequentemente negli studi di relazioni internazionali, in particolar modo negli ultimi decenni, la sua elaborazione concettuale è lungi dall'aver raggiunto un livello soddisfacente. Eppure, alcuni dei molti studi dedicati specificamente a tematiche contemporanee, come il controllo degli armamenti e la politica di difesa degli stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti, hanno fornito definizioni piò o meno esplicite e articolate. Così, ad esempio, Donald Brennan (1961, 8) sostiene che la sicurezza è composta, in proporzioni variabili, tanto dalla protezione della sopravvivenza nazionale, intesa questa nei suoi significati fisici, politici e degli standard di vita, quanto dal perseguimento dei fini di politica estera. Secondo Morton Berkowitz e P.G. Bock (1968, 40), invece, la sicurezza sarebbe una piò generica «capacità di una nazione di proteggere i suoi valori interni da minacce esterne».
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Cesa, Marco. "SICUREZZA E RELAZIONI INTERNAZIONALI: IL PARADIGMA REALISTA RIVISITATO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 2 (August 1991): 223–54. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020002181x.

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Анотація:
IntroduzioneAnche se quello di sicurezza è un termine impiegato molto frequentemente negli studi di relazioni internazionali, in particolar modo negli ultimi decenni, la sua elaborazione concettuale è lungi dall'aver raggiunto un livello soddisfacente. Eppure, alcuni dei molti studi dedicati specificamente a tematiche contemporanee, come il controllo degli armamenti e la politica di difesa degli stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti, hanno fornito definizioni piò o meno esplicite e articolate. Così, ad esempio, Donald Brennan (1961, 8) sostiene che la sicurezza è composta, in proporzioni variabili, tanto dalla protezione della sopravvivenza nazionale, intesa questa nei suoi significati fisici, politici e degli standard di vita, quanto dal perseguimento dei fini di politica estera. Secondo Morton Berkowitz e P.G. Bock (1968, 40), invece, la sicurezza sarebbe una piò generica «capacità di una nazione di proteggere i suoi valori interni da minacce esterne».
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Mezei, Regina. "Somali Language and Literacy." Language Problems and Language Planning 13, no. 3 (January 1, 1989): 211–23. http://dx.doi.org/10.1075/lplp.13.3.01mez.

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RESUMO La Somalia lingvo kaj alfabetigo La 21-an de oktobro 1972, la dekdujara registaro de Somalio finis jam longan debaton kaj decidiĝis pri latina alfabeto por reprezenti la sonojn de la Somalia lingvo. Antaŭe, la somalian oni pludonis de generacio al generacio per buŝa tradicio sen skriba formo, dum la urbanigita, klera elito skribis angle, itale aŭ arabe. Plejparte la lando restis analfabeta je nivelo de 90% ĝis 95%. Post starigo de la oficiala ortografio, signifaj sanĝoj okazis en la lernejoj, kaj oni lancis nacian alfabetigan kampanjon, kiu atingis ankaŭ la somaliajn nomadojn. Mezlernejanoj fariĝis instruistoj en la servo de la stato, la amasmedioj prezentis specialajn programojn kaj lecionojn, anoj de la registaro kaj la armeo estis devigataj lerni la lingvon, kaj plenkreskula edukado trovis lokon en la eduka sistemo. Takso de la Somalia kleriga kampanjo prezentas varian bildon. Kvankam la registaro en Mogadiŝu pretendis 60-procentan alfabetecon post la kampanjo de la mezaj 70-aj jaroj, tiu cifero estas pridubinda, kaj pli aktualaj studoj sugestas, ke la nuna alfabeteco povus esti ne pli ol 30 % . Tamen, tiu cifero altas en Afriko, kaj konsistigas signifan atingon en nomada socio plagumita laŭvice de sekeco, malrico kaj militaj konfliktoj. Nedisputata estas la sukcesa konverto de la lernejoj, de la elementa nivelo gis la Nacia Universitato, al la Somalia lingvo kiel instrumedio, cio ci kun signifa kresko de la nombro de lernejanoj. En la skribo de la lingvo, somaliaj ortografoj liveris la rimedojn, per kiuj lingvo bazita je paŝta vortaro povus esti vastigita por plenumi la lingvajn bezonojn de moderniĝanta socio. Tion ili faris ĉefe per ekspluato de la apartaj strukturo kaj dinamismo de la somalia. Krome, la Somalia "literaturo," precipe la poezio, estis nun transdonebla en skriba formo, tiel garantiante pliajn generaciojn de pluvivo. Certe, la Somalia sperto estas unika. Tamen, ĝi proponas valorajn enrigardojn en ling-voinstruadon kaj alfabetigon en ĉiuj kulturoj, emfazante la gravecon de forta registara engaĝiĝo, uzo de la amasmedio, starigo de alfabetiga korpuso, utiligo de arta esprimiĝo, kaj rekono de ortografio kiel ŝlosila elemento en lernado. SOMMARIO Lingua ed alfabetismo somalesi Il 21 Ottobre del 1972, il giovane governo somalese, al potere da solo 12 anni, ha risolto un dibatito interminabile; cioè, il governo decise di adoperare grafemi latini per rap-presentare fonemi somalesi. Generazioni anterior tramandavano la loro lingua oralmente, mentre l'elite della nazione si serviva dell'inglese, dell'italiano o dell'arabo per le loro co-municazioni scritte. Per il resto del paese il tasso dell'analfabetismo toccava dal 90 al 95 per cento della popolazione. Stabilità l'ortografia ufficiale, cambiamenti di maggior peso si sono introdotti nelle scuole ed una lotta contro l'analfabetismo si e lanciata, arrolgendo tutti i ceti sociali, anche quello nomade. Studenti di liceo diventarono insegnanti, i mass media presentarono pro-grammi e lezioni particolari, impiegati statali e dipendenti militari furono costretti ad im-parare la lingua e scuole per adulti si formarono in tutto il paese. Una valutazione di questi sforzi svolti dalle autorità somalesi nella loro lotta contro l'analfabetismo ci rende risultati ambigui. Benchè il governo centrale abbia rivendicato che l'alfabetismo sia salito a circa 60 per cento dopo la suddetta campagna alla meta degli anni settanta, le cifre sono state contestate da critici competenti e ricerche recenti suggeriscono che l'attuale tasso di alfabetismo sfiori il 30 per cento. Nonostante ciò, il tasso e segnalatamente elevato quando lo si paragona con altri paesi africani. In somma, l'ultima cifra mostra chiaramente un notevole successo, particolarmente se si rende conto che quella società nomade era nel contempo afflitta da povertà perenne, lotte intestine continue, e da una seccita durante decenni. In oltre, nessuno, nemmeno i più accaniti critici, può mettere in dubbio ne'lla riuscita inserzione della lingua nazionale a tutti i livelli dell'insegnamento, dalle scuole elementari fino all'università, né l'aumento cospicuo delle matricolazioni. Nello scrivere della loro lingua, gli ortografi somalesi hanno saputo sfruttare gli elementi strutturali e dinamici della lingua nazionale, fornendo mezzi con cui trasformare una lingua fondamentalmente nomade e pastorale. Per runderla più risponsiva ai bisogni di una società in via di trasformazione. Altro fatto notevole è che la letteratura di questo popolo, particolarmente la sua poesia, fin allera tramandata oralmente, oggi e documen-tata, così assicurandosi la sopravvivenza fra generazioni futuri. L'esperienza somalese ci può sembrare un caso unico, ma, infatti, ci presenta con alcuni informazioni pregeroli sull'insegnamento e la diffusione di una lingua. Mette in rilievo l'importanza dell'impegnamento decisivo di un governo, lo sfruttamento utile e sagace dei mass media e quello d'un corpo d'insegnanti, l'uso didattico dell'espressività artistica, e in fine, Fimpostazione di uno standard ortografico—tutti funzioni essenziali per Finsegnamento e Fapprendimento in qualunque centesto culturale.
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Bianchi, Paola. "Rileggere la storia d'Italia: canoni storiografici e canone nazionale." SOCIETÀ E STORIA, no. 173 (November 2021): 605–16. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173014.

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Questa rassegna discute, da tre diverse prospettive L'Italia come storia, a cura di Francesco Benigno e Igor Mineo. Il volume tratta, con una periodizzazione ampia, i principali snodi attraverso i quali la storiografia ha tematizzato, sia in termini positivi sia negativi il tema dell'eccezione, attraverso cui è stata interpretata la storia d'Italia. Paola Bianchi ripercorre alcuni nodi emersi nella frammentazione crescente delle ricerche sulla storia italiana, con particolare attenzione agli studi che hanno indagato l'età moderna. Fino a un passato non troppo remoto, le diverse definizioni del "canone nazionale" sono state declinate in relazione al raggiungimento dello Stato unitario e adottando il presupposto di una primigenia matrice culturale. Interrogarsi su tali canoni porta a misurarsi con i vari significati che sono stati attribuiti alla "modernità", alla "modernizzazione" e alla condivisione o meno di un "canone europeo". Tutte questioni non meno aperte e ricche di implicazioni nel presente.
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Melis, Alessandra, and Shanshan Wang. "Wuhan. Diari da una città chiusa: memoria storica o tradimento?" Altre Modernità, no. 28 (November 30, 2022): 303–18. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/19133.

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Wuhan. Diari da una città chiusa narra il quotidiano vivere in lockdown della città simbolo di inizio pandemia di Covid-19 del 2020. L’autrice, Fang Fang, non ha mancato di esprimere nei suoi resoconti giudizi sull’inerzia burocratica della macchina statale cinese e sull'inosservanza dei doveri da parte di diversi funzionari amministrativi. L’opera è uno straordinario successo editoriale internazionale, eppure non sono mancate critiche degli internauti cinesi connesse alla mancanza di autenticità dell’opera, alla narrazione definita come ‘unilaterale’ e soprattutto alla decisione dell’autrice di far varcare i confini nazionali ai suoi Diari, scelta percepita da una parte dell’opinione pubblica cinese come un vero tradimento alla nazione. Numerose invero sono state anche le voci a sostegno di Fang Fang, al suo coraggio per aver messo nero su bianco diverse questioni sociali e politiche. Ciò nonostante, l’opera pare non soddisfi appieno il desiderio di ‘energia positiva’ del quale il popolo cinese avrebbe avuto necessità durante l’inizio dell’epidemia. Proprio la decisione di pubblicazione del volume all’estero è rea di aver esposto la sofferenza dei cittadini di Wuhan a livello globale e ciò riporta a tutte le considerazioni connesse alla concezione culturale millenaria di preservazione della ‘faccia’, un comportamento considerato in sé e per sé una sconfitta nazionale. Wuhan. Diari da una città chiusa, è quindi sia la storia di una città che tradimento alla nazione?
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Picco, Giandomenico. "Afghanistan. La necessitŕ di nuovi leaders?" FUTURIBILI, no. 1 (March 2011): 7–18. http://dx.doi.org/10.3280/fu2011-001002.

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La storia dell'Afghanistan č stata sempre profondamente segnata dalle mire espansionistiche di altri stati, che hanno usato il paese come territorio-cuscinetto, terreno di conflitto su basi religiose e tribali, come campo di battaglia della Guerra fredda. L'emersione del fenomeno talebano č stata l'evoluzione di decenni di conflitti e della distruzione della tradizionale struttura tribale, entrambi generati dalle politiche messe in atto da Unione Sovietica, Pakistan, Stati Uniti, India e i loro rispettivi alleati. Diventato territorio di conquiste e rivendicazioni, il paese ha perso la sua identitŕ nazionale. Ora l'Afghanistan ha la possibilitŕ di ricostituire un nuovo progetto nazionale, ma per questo sono necessari, da un lato, un nuovo equilibrio tra gli stati vicini (un nuovo dialogo tra India e Pakistan, per esempio, facilitato dagli Stati Uniti e da una coalizione internazionale) e dall'altro una spinta unificatrice che provenga dallo stesso Afghanistan, per individuareche possano superare divisioni religiose ed ideologiche in favore di quello che potrebbe essere il primo progetto di stato post-westfaliano della regione.
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Cermel, Maurizio. "Costituzione democratica e tortura." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 1 (July 2012): 53–78. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-001003.

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Č ammissibile la tortura in uno Stato fondato su una Costituzione democratica che afferma la preminenza della persona umana e l'inviolabilitŕ dei suoi diritti di libertŕ? L'ordinamento costituzionale di quattro grandi democrazie, Francia, Regno Unito, Italia e Stati Uniti, nonché gli impegni assunti da questi Stati in sede internazionale sottoscrivendo la Convenzione delle Nazioni Umite contro la tortura, dovrebbero condurre ad una risposta negativa. Vicende lontane tra loro nel tempo dimostrano, invece, che anche gli agenti di uno Stato democratico possono praticare la tortura. Silenziosamente tollerate durante la guerra d'Algeria, le pratiche di tortura, camuffate da "tecniche" di interrogatorio, sono state progressivamente raffinate in Irlanda del Nord e, infine, ufficializzate dal governo degli Stati Uniti durante la guerra in Iraq. Utilizzate, com'č avvenuto anche in Italia, al di fuori di ogni presunto stato di necessitŕ, l'applicazione delle "tecniche" rivela la loro vera natura: atti di sadismo psicopatico.
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D’Alessandri, Antonio. "Viaggiatori romeni in Italia durante il Risorgimento." IL RISORGIMENTO, no. 1 (May 2021): 96–116. http://dx.doi.org/10.3280/riso2021-001005.

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Il saggio affronta l'immagine dell'Italia durante la prima metà del XIX secolo negli scritti di viaggio di alcuni fra i più importanti autori romeni che, a vario titolo, visitarono la penisola. L'obiettivo è di mettere a fuoco in che modo la cultura italiana sia stata recepita e, soprattutto, come abbia influenzato l'elaborazione dell'identità nazionale romena contemporanea nella sua fase di formazione. L'analisi tiene in considerazione i maggiori eventi della storia romena dell'epoca, per collocare quelle opere nel loro contesto originario. Per i romeni del XIX secolo, l'Italia, con la sua storia, la lingua, la cultura, significò soprattutto la riscoperta delle antiche radici culturali della nazione. Accanto a ciò, la percezione romena dell'Italia, così come si può leggere nei testi dei viaggiatori selezionati, racchiudeva in sé anche gli stimoli a trovare, nei luoghi visitati, esempi concreti che potessero contribuire all'incipiente sviluppo delle terre romene e, infine, l'ammirazione per l'azione politica del Piemonte sabaudo nel processo di formazione statale italiana.
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Martin, David. "Dallo stato liberale alla nazione cattolica. Chiesa ed esercito nelle origini del Peronismo, 1930–1943. By Loris Zanatta. (Collana ‘Gioele Solari’, Dipartimento di studi politici dell'Università di Torino. Collana Gioele Solari dei Dipartimento di Studi Politici, 25.) Pp. 352. Milan: FrancoAngeli, 1996. L. 42,000. 88 204 9791 3." Journal of Ecclesiastical History 48, no. 4 (October 1997): 794. http://dx.doi.org/10.1017/s002204690001410x.

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Galletti, Mirella. "Curdi e Stato Nazionale." Oriente Moderno 76, no. 1 (August 12, 1996): 63–89. http://dx.doi.org/10.1163/22138617-07601005.

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Lattarulo, Alessandro. "Oltre la sovranitŕ degli Stati-nazione: la governance." DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 2 (December 2010): 249–91. http://dx.doi.org/10.3280/ded2009-002020.

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Vecchio, Giuseppe. "Stato nazionale senza partiti e partiti europei senza Stato." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (July 2015): 5–38. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2015-001001.

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Vegliante, Angela. "Una breve storia dell’adozione." Mnemosyne, no. 8 (October 15, 2018): 13. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i8.13933.

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L’adozione, e cioè la pratica che consente di creare un legame giuridico tra soggetti che generalmente non sono legati da vincoli di sangue, è stata conosciuta fin dall’antichità. Molto diffusa in epoca romana, aveva lo scopo di assicurare la succession nel patrimonio e il culto dei Lari. Quasi dimenticata nel Medio Evo, divenne di nuovo popolare nel XVII secolo e fu infine disciplinata nel Codice Napoleonico, che ne influenzò la regolamentazione in diversi Paesi europei. L’adozione ‘moderna’ e cioè l’adozione di minori, ebbe inizio dal punto di vista giuridico molto più tardi, negli Stati Uniti e in Europa fu disciplinata verso la metà del secolo XX. La legislazione in questa materia è attualmente molto vasta e dettagliata, a livello sia nazionale che internazionale. Dal momento che le adozioni, e soprattutto le adozioni internazionali sono diventate sempre più diffuse, diverse convenzioni internazionali sono state adottate per garantire la protezione dei diritti dei minori e per promuovere la cooperazione e la facilitazione delle procedure a livello nazionale e internazionale.
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Luzzi, Saverio. "Salute e sviluppo industriale in Italia. Riflessioni storiche su un rapporto conflittuale." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 266 (September 2012): 113–18. http://dx.doi.org/10.3280/ic2012-266007.

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Il saggio analizza alcune riflessioni contenute in Lavoro, salute, sicurezza. Uno sguardo lungo un secolo (Fondazione Giuseppe Di Vittorio, Annali, 2010, Roma, Ediesse, 2011), partendo dagli infortuni e dalle malattie professionali dei lavoratori italiani alla fine del secolo XIX ed evidenziandone la maggiore incidenza rispetto ai principali stati europei. Si ripercorre l'evoluzione della salute pubblica e delle modalitŕ con le quali il sindacato italiano ha cercato di tutelare l'equilibrio psicofisico di operai e impiegati, ponendo in risalto come lo sviluppo industriale dell'Italia - in misura maggiore rispetto ad altre nazioni - sia stato basato sulla scarsa considerazione nei confronti della salute e dell'ambiente.
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Pedrabissi, Stefania. "L'intervento dello Stato e la nazionalizzazione nel trasporto aereo." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 30 (September 2020): 136–47. http://dx.doi.org/10.3280/dt2020-030010.

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Il segmento del trasporto aereo nazionale è un settore economico da sempre caratterizzato dalla pervasiva presenza dello Stato. Il processo di liberalizzazione voluto dall'Unione Europea e la conseguente privatizzazione che, nel nostro Paese ha coinvolto anche l'ex compagnia di bandiera, ha condotto a una progressiva ma consistente riduzione della partecipazione statale nell'esercizio dell'attività di impresa di trasporto aereo. La pandemia da Covid-19, preceduta dalla crisi economica, ha posto le premesse per un "ritorno" a significative forme di intervento pubblico. Lo scritto si pone l'obiettivo di riflettere sulle recenti evoluzioni in materia di trasporto aereo osservando la complessa vicenda dal filtro nazionale del ruolo statale.
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Mazzoleni, Martino. "I SISTEMI PARTITICI REGIONALI IN ITALIA DALLA PRIMA ALLA SECONDA REPUBBLICA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no. 3 (December 2002): 459–91. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200030380.

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IntroduzioneNegli scorsi decenni sono state proposte nella letteratura politologica diverse descrizioni e classificazioni dei sistemi di partito, sulla base del loro formato e della loro meccanica interna. L'argomento della differenziazione territoriale dei sistemi partitici, però, è stato piuttosto trascurato nello studio di questa materia. E tuttavia «nei grandi stati vi sono in realtà relativamente pochi fenomeni politici che la popolazione sperimenta in maniera omogenea», e i dati nazionali sovente rappresentano solo delle «medie di esperienze soggiacenti abbastanza differenti» (Dunleavy e Margetts 1994). Questo saggio mira a sviluppare tale argomento con riferimento ad un caso specifico, la realtà politica italiana dal 1970 ad oggi. Si evidenzierà come ed in quale misura un sistema partitico nazionale possa comprendere vari sub-sistemi, costituiti dagli stessi soggetti ma al contempo diversificati in più aspetti.
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Foders, Federico. "The Fisheries Regime in the Member Countries of the EC: Legal and Economic Aspects." Journal of Public Finance and Public Choice 7, no. 1 (April 1, 1989): 67–79. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344695.

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Abstract Il regime che regola l’utilizzazione delle risorse ittiche degli spazi marini che rientrano nell’ambito della giurisdizione nazionale dei paesi comunitari è soggetto, in principio, alle regolamentazioni della Commissione Cee, dato che la politica della pesca fa parte della politica agricola comune.Sono rimaste, tuttavia, agli stati membri numerose competenze dovute alle diverse tradizioni nazionali in materia di regolamentazione della pesca, per cui è attualmente vigente un sistema misto, con la coesistenza non equilibrata di regolamentazioni nazionali e comunitarie.Peraltro, non sembra che la politica comunitaria abbia favorito il miglioramento dell’efficienza, dato che ha incoraggiato una espansione della capacità che ha superato di gran lunga le dimensioni ottimali, dando luogo a prezzi molto superiori a quelli internazionali. Un altro problema sul quale il coordinamento comunitario non è stato sinora molto efficace è quello dell’inquinamento marino, che dovrebbe essere risolto con un maggior ricorso ai meccanismi di mercato piuttosto che a rigidi sistemi di controllo la cui inefficacia è stata dimostrata nei paesi, come gli Stati Uniti, in cui sono stati applicati.
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