Добірка наукової літератури з теми "Regia della luce"

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Статті в журналах з теми "Regia della luce"

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Solinas, Marco. "La riscoperta della via regia. Freud lettore di platone." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 4 (December 2012): 539–68. http://dx.doi.org/10.3280/pu2012-004002.

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Анотація:
Muovendo dal richiamo al «detto di Platone» inserito nella penultima pagina della prima edizione de L'interpretazione dei sogni di Freud (1899), vengono preliminarmente esposte le convergenze tra la concezione del sogno di Platone esposta ne La Repubblica e le intuizioni poste alla base dell'edificio freudiano. Alla luce delle fonti testuali citate e utilizzate da Freud, e dei suoi interessi, viene poi avanzata l'ipotesi che egli non soltanto abbia omesso di riconoscere la genealogia teoretica platonica della «via regia che porta alla conoscenza dell'inconscio» (p. 282), ma che l'antico dialogo abbia potuto rappresentare una fonte tacita di ispirazione per la composizione de L'interpretazione dei sogni.
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Bender, Agnieszka. "Bona Sforza d’Aragona i rola mody w kształtowaniu jej wizerunku." Fabrica Litterarum Polono-Italica, no. 2 (June 30, 2020): 33–52. http://dx.doi.org/10.31261/flpi.2020.02.03.

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Анотація:
L’obiettivo principale dell’articolo è esaminare come il gusto e la sensibilità per la moda di Bona Sforza siano stati influenzati da sua madre, Isabella d’Aragona e dall’ambiente italiano, prima del suo arrivo in Polonia. Nella prima parte l’autrice cerca di ottenere una risposta alla domanda su come la moda rinascimentale aveva influenzato l’aspetto e il modo di vestire di Bona. Per dimostrare le sue tesi, l’autrice propone una propria versione della traduzione dei testi, che gettano nuova luce sull’argomento. In particolar modo degna di nota è la descrizione del matrimonio di Giuliano Passero, Giuliano Passero cittadino napoletano o sia prima pubblicazione in istampa, delle Storie in forma di Giornali (Napoli, 1785). La nuova traduzione presenta delle differenze rispetto alla versione di Władysław Pociecha, pubblicata negli anni Cinquanta. Nella seconda parte dell’articolo è stato analizzato l’abito cerimoniale e i gioielli indossati dalla giovane Bona nel suo unico ritratto, realizzato probabilmente in Italia all’incirca nel 1518. La xilografia, inclusa in De Sigismundi regis temporibus liber III di Jost Ludwik Decjusz nel 1521, non rendeva riconoscibile precisamente le caratteristiche del viso e i dettagli dell’abbigliamento della giovane regina.
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Piepoli, Luciano. "Paesaggi dipinti." Eikon / Imago 9 (July 3, 2020): 499–526. http://dx.doi.org/10.5209/eiko.73344.

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Анотація:
In questo articolo si esaminano le immagini relative a strade, insediamenti ed elementi del paesaggio dell’Apulia et Calabriaraffigurate nei segmenti 5,2-5 e 6,1-2 della Tabula Peutingeriana, carta stradale picta redatta tra la metà e la fine del IV secolo. L’Apulia et Calabria – regio istituita da Augusto e trasformata in provincia alla fine del III secolo – si sviluppava su un territorio corrispondente sostanzialmente a quello dell’odierna Puglia (Italia meridionale). Il repertorio iconografico è stato analizzato alla luce della documentazione storica, archeologica ed epigrafica nota sull’unità amministrativa romana e degli studi pregressi di carattere generale incentrati sulle peculiarità stilistiche e sull’interpretazione delle immagini raffigurate sulla Tabula.
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Guarducci, Anna, Marco Piccardi, and Leonardo Rombai. "Acque di costa tra mare e terra: il paesaggio della pianura costiera di Pisa e Livorno secondo la cartografia del XVIII secolo." STORIA URBANA, no. 125 (April 2010): 35–58. http://dx.doi.org/10.3280/su2009-125003.

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Анотація:
Lo scritto si basa sulle cartografie a grande scala disegnate nel XVIII secolo, soprattutto dal 1740, anno della ricognizione generale di Pompeo Neri e Tommaso Perelli. I committenti furono la grande proprietŕ fondiaria (Salviati, Mensa Arcivescovile di Pisa, Scrittoio delle Regie Possessioni) e gli uffici dell'amministrazione lorenese competenti in materia di lavori pubblici, di controllo politico-amministrativo del territorio e di gestione agricolo-forestale delle tante fattorie e tenute pubbliche. L'integrazione e la comparazione dei documenti consente di ricostruire l'assetto territoriale d'insieme della pianura a nord e a sud dell'Arno (tra Massaciuccoli e Livorno), con le trasformazioni avvenute dopo il 1740. Emergono i diversi ambienti e paesaggi che si susseguono dal mare all'interno, sotto il profilo geomorfologico-idrologico (spiagge e tomboli, lame e zone umide, bassa e alta pianura) e vegetazionale (foresta sempreverde, pineta, foresta planiziaria, pascoli naturali e prati artificiali, coltivazioni). Sono anche messe in luce le dinamiche che riguardano l'azione umana su: i corsi d'acqua, i canali artificiali e i recinti di colmata, le strade e le poche sedi umane stabili e temporanee, correlate alla fruizione agro-forestale del territorio, al di lŕ dei centri urbani di Pisa e Livorno e del sistema delle fortificazioni costiere.
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Capriello, Luigi. "Il regime di applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. in rapporto alla natura della confisca per equivalente." Fascicolo 1 | luglio-dicembre 2022, no. 1 (November 29, 2022): 1–28. http://dx.doi.org/10.35948/rdpi/2022.9.

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Анотація:
Le Sezioni unite della Corte di cassazione si sono recentemente pronunciate in ordine alla questione relativa alla individuazione dei limiti dell’efficacia retroattiva della disposizione ex art. 578-bis c.p.p. Il quesito oggetto di rimessione concerne l’applicabilità, o meno, di detta norma del codice di rito anche con riferimento alla confisca per equivalente disposta in relazione a un fatto di reato commesso anteriormente alla entrata in vigore dell’art. 1, comma 4, lett. f), legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha inserito nell'art. 578-bis c.p.p. le parole «o la confisca prevista dall’art. 322-ter cod. pen.». Alla base del contrasto che ha reso necessario l’interpello delle Sezioni unite vi sono le diverse interpretazioni offerte dalle pronunce delle Sezioni semplici in ordine al rapporto tra la natura “processuale” della disposizione di cui all'art. 578-bis c.p.p., come tale soggetta al principio tempus regit actum, e il carattere afflittivo della confisca per equivalente. La recente pronuncia fornisce lo spunto per condurre un’analisi dell’istituto su un piano generale, alla luce delle molteplici disposizioni che ne definiscono la disciplina normativa e delle numerose pronunce sul tema da parte della giurisprudenza di legittimità.   Parole chiave: Estinzione del reato per prescrizione, Confisca per equivalente, Principio di irretroattività   The relationship between the nature of the confiscation by equivalent and the applicability regime of Article 578-bis of the Code of Criminal Procedure: screening of the united Sections. The United Sections of the Court of Cassation have recently ruled on the question regarding the identification of the limits of the retroactive effective of the law provision under Article 578-bis of the Criminal Procedure Code. The question referred to the Court concerns the applicability, or not, of that law provision also with reference to the confiscation by equivalent ordered in relation to an act of crime committed prior to the entry into force of Article 1, paragraph 4, letter f), Law No. 3 of January 9, 2019, which inserted in Article 578-bis of the Code of Criminal Procedure the words “or the confiscation provided for in Article 322-ter of the Criminal Code” Underlying the contrast which made the intervention of the Joint Sections necessary are the different interpretations provided by some of the Simple Sections’ roulings regarding the relationship between the “procedural” nature of the law provision in Article 578-bis c.p.p., as such subject to the principle tempus regit actum, and the afflictive nature of confiscation for equivalent. The recent pronouncement provides the cue to conduct an analysis of the legal institution on a general level, in light of the multiple law provisions defining its legal framework and the numerous pronouncements on the subject by the jurisprudence of legitimacy.   Keywords: Extinction of the crime due to lapse of the statute of limitations, Confiscation by equivalent, Principle of non-retroactivity
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6

Pacciolla, Aureliano. "EMPATHY IN TODAYS CLINICAL PSYCHOLOGY AND IN EDITH STEIN." Studia Philosophica et Theologica 18, no. 2 (December 7, 2019): 138–60. http://dx.doi.org/10.35312/spet.v18i2.29.

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Анотація:
By Stein Edith: Zum problem der Einfühlung, Niemeyer, Halle 1917, Reprint der OriginalausgabeKaffke, München 1980, trad. it. Il problema dell’empatia, trad. di E. Costantini e E. Schulze Costantini, Studium, Roma 1985. Beiträge zur philosophischen Begründ der Psychologie und Geisteswissen schaften: a) Psychische Kausalität; b)Individuum und Gemeinschaft, «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», vol. 5, Halle 1922, pp. 1-283, riedito da Max Niemeyer, Tübingen 1970, trad. it. Psicologia e scienze dello spirito. Contributi per una fondazione filosofica, trad. di A. M. Pezzella, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1996. Was ist Phänomenologie?, in Wissenschaft/Volksbildung, supplemento scientifico al «Neuen Pfälzischen Landes Zeitung», n. 5, 15 maggio 1924; è stato pubblicato nella rivista «Teologie und Philosophie», 66 (1991), pp. 570-573; trad. it. Che cosa è la fenomenologia? in La ricerca della verità – dalla fenomenologia alla filosofia cristiana, a cura di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1993, pp. 55-60. Endliches und ewiges Sein. VersucheinesAufstiegszum Sinn des Sein (ESW II), hrsg. von L. Gelber und R. Leuven, Nauwelaerts-Herder, Louvain-Freiburg 1950, trad. it. Essere finito e essere eterno. Per una elevazione al senso dell’essere, trad. it. di L. Vigone, rev. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1988. Welt und Person. BeträgezumchristlichenWahrheitstreben (ESW VI), hrsg. von L. Gelber und R. Leuven, Newelaerts – Herder, Louvain – Freiburg 1962, trad. it. Natura, persona, mistica. Per una ricerca cristiana della verità, trad. it. di T. Franzoni, M. D’Ambra e A. M. Pezzella, a cura di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1999. AusdemLebeneinerjüdischenFamilie (ESW VII), Herder, Freiburg i. Br. 1987, trad. it. Storia di una famiglia ebrea. Lineamenti autobiografici: l’infanzia e gli anni giovanili, Città Nuova, Roma 1992. Einführung in die Philosophie (ESW XIII), hrsg. von L. Gelber und M. Linssen, Herder, Freiburg i. Br. 1991, trad. it. Introduzione alla filosofia di A. M. Pezzela, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1998. Briefean Roman Ingarden 1917-1938 (ESW XIV), Einleitung von H. B. Gerl-Falkovitz, Anmerkungen von M. A. Neyer, hrsg. von L. Gelber und M. Linssen, Herder, Freiburg i. Br. 1991, trad. it. Lettere a Roman Ingarden, trad. it. di E. Costantini e E. Schulze Costantini, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001. Potenz und Akt. StudienzueinerPhilosophie des Seins (ESW XVIII), bearbeitet und miteinerEinfürungversehen von H. R. Sepp, hrsg. von L. Gelber und M. Linssen, Herder, Freiburg i. Br. 1998, trad. it. Potenza e atto. Studi per una filosofia dell’essere, trad. di A. Caputo, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 2003. By others on Edith Stein and Empathy: Albiero, Paolo and Matricardi Giada, Che cos’è l’empatia, Carocci, Roma, 2006. 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Fontanella, Guest Editors: A., P. Gnerre, and R. Nardi. "La responsabilità professionale medica oggi." Italian Journal of Medicine, April 9, 2019, 1–98. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2019.3.

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La responsabilità penale e civile del medico oggi: oneri e onori delle linee guida nella legge Bianco-GelliG. Gallone, C. Palermo La responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: quali differenze?D. Amati, A.P. Rossi La legge Gelli-Bianco dal punto di vista della giurisprudenzaS. de Vito La posizione di garanzia del primarioA. de Palma, M. Alessandri La responsabilità dell’organizzazione sanitaria: adeguatezza di strumenti e dotazioni strutturaliG. Lo Pinto La responsabilità delle Direzioni Mediche nel Middle managementC. Coppo, S. Nola Il dipartimento come modello di responsabilità organizzativaR. Tassara, P. Gnerre I requisiti di validità del consenso nel trattamento sanitarioG.B. Ferro Assicurazione obbligatoria e rischio sanitarioL. Longo A che punto ci troviamo con le assicurazioni o polizze per le professioni sanitarie dopo la legge Gelli-Bianco?S. de Vito, P. Gnerre, D. Montemurro, M. Zippi Medicina difensiva ed errore in ambito internisticoM. La Regina, E. Romano La responsabilità nella sperimentazione clinica: Sperimentatore, Sponsor e Comitato EticoG. Gussoni, A. Crespi, S. Frasson, A. Valerio, C. Vertulli, E. Zagarrì La responsabilità dello specializzando: diritti e doveriP. Di Silverio, M. d’Arienzo La responsabilità del medico di Pronto Soccorso e del medico di guardia: ruoli e responsabilità all’interno di una struttura ospedalieraC. Rivetti, A. Spedicato Il trattamento di fine vita alla luce delle ultime novità legislativeA.N. Rosato, F. Rosati, C. Santini Il trattamento sanitario obbligatorioF. Bandini La responsabilità professionale medica secondo il codice di deontologiaL. Corti ConclusioniA. Fontanella
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Cristaudo, Alfonso, Giovanni Guglielmi, and Fabrizio Caldi. "Compiti e funzioni del medico competente e modalità di svolgimento della professione alla luce della legislazione vigente." Pratica Medica & Aspetti Legali 12, no. 1 (December 13, 2018). http://dx.doi.org/10.7175/pmeal.v12i1.1377.

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Анотація:
[The competent physician for the assessment of risks at work: tasks, functions and conduct in the light of current legislation]Abstract non presente. Si riporta l'inizio dell'editorialeNella normativa italiana già con il Regio Decreto 530 del 1927 all’art. 6 viene introdotta la figura del medico di fabbrica, e precisato che nelle lavorazioni industriali nelle quali si adoperino o si producano sostanze tossiche o infettanti indicate in un apposito elenco i lavoratori dovranno essere visitati da un medico competente...
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Fiorani, Valeria Piacentini. "OMAN AS POLE OF CULTURAL, MERCANTILE AND ECONOMIC BUSINESS BETWEEN EAST AND WEST." Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio, July 13, 2017. http://dx.doi.org/10.4081/incontri.2017.276.

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Per capire l’importanza dell’Oman come polo culturale e mercantile e, allo stesso tempo, come perno politico e strategico nelle relazioni fra Oriente e Occidente, non si può prescindere dalla sua configurazione geografica e dal habitat umano che caratterizzano questa regione, di cui si accenna brevemente in questo discorso e in quello che segue. Si tratta di peculiarità che hanno avuto un profondo impatto sulla vita e la storia della regione per oltre cinque millenni, facendone un unicum nel contesto culturale dei mari che lo circondano e della stessa Penisola Arabica. Le evidenze archeologiche che stanno venendo alla luce confermano il ruolo dell’Oman come crocevia delle vie di terra e di mare. Per quanto riguarda l’Occidente europeo, fino a circa il secolo diciannovesimo viaggiatori ed esploratori descrivevano l’Oman come uno scatolone di sabbia, sassi e rocce – quanto più di inospitale potesse esserci – sprofondato nella nebbia delle leggende Bibliche della Regina di Saba e delle miniere di Re Salomone. Tuttavia, riesaminando alcuni documenti dagli archivi Italiani, e la ricca letteratura contemporanea in lingue Araba e Persiana (essenzialmente cronache, resoconti di viaggiatori e geografi, e codici commerciali), emerge un’immagine ben diversa, e le fonti, anziché contraddirsi, si integrano perfettamente. Da questi emerge l’importanza della posizione strategica dell’Oman all’imboccatura del Golfo, una posizione che, anziché dar vita a una florida pirateria, evolvette in una oculata politica di intese e alleanze matrimoniali con i paesi gravitanti sui mari circostanti, quali i potentati della fascia costiera Iranica e del Balochistan meridionale, l’India e l’Asia sud-orientale, e le coste orientali dell’Africa. E quando le relazioni fra popolazione delle coste omanite e comunità del hinterland si strutturò in equilibri sociopolitici e complementarità di servizi, allora l’Oman divenne il vero e proprio perno di nuove realtà politiche che diedero vita a veri e propri sistemi di terra e di mare. Nel discorso che segue, si esaminano alcune fasi ben precise della storia Omanita, quali il periodo del dominio Buyide (X secolo CE), il sistema politico costruito dai turchi Selgiuchidi (XIXIII secolo CE), e il regno di Hormuz fino all’arrivo dei Portoghesi (XVI secolo CE). Questi si distinguono per alcune realtà ben puntualizzate dalle fonti letterarie e le evidenze archeologiche, realtà che – si può dire –costituiscono l’identità dell’Oman fino ai giorni attuali. Ad esempio: l’interazione fra le genti del mare e le genti del hinterland, basata su una complementarità di rapporti e “servizi”; l’abilità di alcuni sovrani di evitare di essere coinvolti “a favore” o “contro” in caso di conflitti regionali, e di perseguire una politica basata sulla “inclusività” e non sulla “esclusività”; donde anche, la vitalità e il cosmopolitismo che regnò in determinate corti, e il dinamismo della popolazione che le circondava, fatta di comunità che convivevano attivamente fra loro in un vivace rapporto inter-religioso, inter-culturale e inter-etnico. Una realtà ben viva ancora oggi. Se poi si paragonano questi aspetti con determinate tradizioni del pensiero Islamico, è possibile rapportare queste realtà all’influenza del pensiero Ibadita sulle comunità Omanite, come verrà esplicitato nel discorso che segue.
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Дисертації з теми "Regia della luce"

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orsini, davide. "Drammaturgia e regia della luce nel teatro italiano di primo Novecento." Doctoral thesis, Università di Siena, 2018. http://hdl.handle.net/11365/1051366.

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La tesi di dottorato si muove nello spazio delimitato dall’agire di due drammaturghi, Gabriele D’Annunzio e Luigi Pirandello, dimostrando il loro contributo al rinnovamento del teatro italiano, tanto nel processo di scrittura quanto in un modo nuovo di mettere in scena e intendere la recitazione. L’arco temporale preso in considerazione è quello dei primi decenni del Novecento, a partire dai primi allestimenti dannunziani, per arrivare alla magia dell’Arsenale delle apparizioni di Pirandello-Cotrone nella messinscena di Renato Simoni a Boboli nel 1937. La vitalità del teatro italiano in questo periodo, per tanti insospettata, viene messa in rapporto anche con le novità tecnologiche che vanno ad arricchire la straordinaria tradizione artigianale italiana, contribuendo al necessario ammodernamento in alcuni ambiti. In particolare il passaggio epocale dai lumi a gas alla luce elettrica determina nella messinscena, ma anche nella scrittura drammaturgica, un impatto straordinariamente innovativo. Ne risulta un momento della storia del teatro che vede spunti eccezionalmente propulsivi a contrasto con la persistenza di vecchie tradizioni e modalità di allestimento. Vengono elaborate teorie e realizzate esperienze sceniche emblematiche che contribuiscono a modificare la percezione del teatro italiano di inizio Novecento, segnando tappe importanti nel processo di rinnovamento dello stesso. Tali spettacoli si contraddistinguono per allestimenti innovativi e per la sempre maggiore consapevolezza della necessità di concepire lo spettacolo come unità di elementi scenici, in un’ottica di moderna regia. In tale contesto la ricerca dimostra la possibilità di retrodatare l’inizio del Novecento teatrale italiano dal 1915, anno della pubblicazione del manifesto Il teatro futurista sintetico, a prima ancora dell’incipit naturale del secolo, evidenziando l’importanza del lavoro del drammaturgo-regista che si apre ai bisogni e alle possibilità della scena. Si crea così una relazione fondamentale, con andamento bidirezionale, tra la scrittura drammaturgica e la sua traduzione scenica. La specificità di questo studio sta nel particolare punto di osservazione scelto: la luce – e conseguentemente il colore – come mezzo tecnico in grado di contribuire in maniera sensibile al rinnovamento della drammaturgia e delle scene, se utilizzata in modo creativo come strumento per fare arte. Attraverso la luce si cerca di cogliere i germi e, dove presenti, i frutti dell’evolversi della messa in scena, allargando la visione a contesti più ampi e rintracciando contatti e collegamenti con realtà simili nel resto dell’Europa. La prima parte della ricerca è dedicata all’elemento “luce”, prendendo in considerazione – con un approccio comparatistico, caratteristico dello stesso dottorato – fino a qual punto anche attraverso il romanzo si sia spinta nell’immaginario umano l’idea dell’elettricità e delle sue potenzialità, mentre ancora le sue applicazioni erano ai primordi. Vengono ripercorse l’evoluzione delle fonti di luce per il teatro a partire dal XV secolo e le soluzioni trovate nei diversi secoli alle problematiche poste dai differenti tipi di illuminazione. Si affronta poi il progetto teatrale di Gabriele D’Annunzio, al quale si riconosce un preciso ruolo d’avanguardia. Le sue riflessioni ed esperienze sull’illuminotecnica aprono la strada alle possibilità di un ‘ruolo attivo’ della luce, come teorizzato da Adolphe Appia. La terza parte è dedicata alle esperienze teatrali degli anni Dieci e Venti, dalla riflessione sulla luce e il colore di Achille Ricciardi al teatro futurista, alla sperimentazione di Anton Giulio Bragaglia. La luce elettrica diviene così il mezzo per realizzare il nuovo teatro e creare atmosfere, personaggi e scene di luce. L’ultimo capitolo è dedicato a Luigi Pirandello e nello specifico alla sua capacità di agire nel teatro e per il teatro con risultati che segnano un sicuro punto di arrivo e di svolta nella drammaturgia e nella messinscena.
The research explores the space delimited by the action of two playwrights, Gabriele D'Annunzio and Luigi Pirandello, and strive to demonstrate their contributions for the renewal of Italian theater, both in the writing process as well as in a new way of staging and acting. The period taken in consideration is characterized by an unrecognized and unexpected vitality of the Italian theater. This vigor is put in relation also with the technological developments that enrich and innovate the extraordinary Italian theatrical handicraft tradition. In particular, the momentous transition from gas to electric lights determines an extraordinary innovative impact not only on the staging, but also on dramaturgy itself. The result is a chapter in the theater history that sees exceptional propulsive ideas in contrast with the persistence of old traditions and methods of setting up. At the beginning of the twentieth century theories are elaborated and emblematic scenographic experiences are realized. All these new experiences contribute to change the perception of the Italian theater, marking important stages in the renewal process of it , in an optics of a modern Italian stage direction, and denying the view of its half a century delay until now considered ready to be born only after World War II. The specificity of this study lies in its particular point of observation: light - and consequently color - as a technical means able to contribute in a sensitive way to the renewal of dramaturgy and scenes, if used creatively as an important tool to make art. The first part of the research takes into consideration the history of the evolution of light sources for the theater beginning from the fifteenth century, up to the twentieth century transition: from “stage illumination” to “stage lighting”. The theatrical project by Gabriele D'Annunzio is then analyzed: his reflections and experiences on lighting technology, in fact, open the way to the possibilities of an “active role” of light, as theorized by Adolphe Appia. The third part is devoted to the Italian theatrical experiences of the decade 1910-1920, from the reflection on light and the color of Achille Ricciardi to the Futurist theater experience, and the experiments of Anton Giulio Bragaglia. The last chapter is focused on Luigi Pirandello and specifically to his ability to act in the theater and for the theater with results that mark for sure a point of arrival and in the meantime a turning point in Italian dramaturgy and staging.
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BARBATO, CRISTINA. "ROSSINI SERIO ET LA REGIA CRITICA EN ITALIE: RONCONI, PIZZI, PIER'ALLI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/219981.

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Il nostro lavoro di ricerca ha come oggetto lo studio della regia contemporanea delle opere serie di Rossini, un repertorio a lungo dimenticato e sottovalutato a beneficio del repertorio buffo del compositore stesso, e che, dagli anni Ottanta del ventesimo secolo, ha ritrovato il suo spazio sulle scene dei principali teatri e festival italiani e stranieri. Se le opere serie di Rossini sono state rivalutate positivamente dalla critica e dal pubblico, lo si deve ad un’intensa operazione di ricostituzione filologica degli spartiti rossiniani, dovuta alla volontà dei dirigenti della Fondazione Rossini - l'ente che si occupa del patrimonio del compositore - e alla creazione del Rossini Opera Festival, che ha come obiettivo la trasposizione scenica delle opere rossiniane riscoperte nella loro versione musicale originale. In alcuni casi, il recupero di opere dimenticate ha avuto un successo sporadico, la riscoperta rossiniana si è invece rapidamente imposta come un fenomeno solido e durevole, che ha ricevuto un tale consenso che i critici lo hanno denominato Rossini-Renaissance. Si può effettivamente considerare che quella del compositore di Pesaro sia una vera e propria resurrezione, nella misura in cui il lavoro svolto in questo ambito dai musicologi ha dato vita a un interesse crescente verso questo vasto settore della produzione rossiniana, da parte del pubblico, della critica, e in particolare dei registi, che hanno svolto un ruolo molto importante in questo processo. La nostra tesi discute, infatti, l'affermazione della mancanza di drammaticità e di spettacolarità di cui è stata accusata questa parte del repertorio rossiniano, e si propone di analizzare la sua capacità di essere messa in scena. Con questo obiettivo, abbiamo analizzato la relazione che questo specifico repertorio intrattiene, in generale, con regia contemporanea e, in particolare, con la lettura scenica proposta in Italia dalla linea interpretativa comunemente chiamata “regia critica”. Nata negli anni Cinquanta, essa consiste, per citare la definizione data da Giorgio Strehler, in una “interpretazione dello spirito” che ha presieduto alla genesi drammatico-musicale e alla creazione scenica dell’opera, filtrato attraverso lo sguardo del regista contemporaneo. È importante notare che la “regia critica” non deve essere considerata come una vera e propria corrente registica, ma piuttosto come modo complesso di affrontare l’opera, sia essa una commedia in prosa o un dramma in musica. Tra i vari esponenti della “regia critica”, abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione su tre registi italiani dai percorsi professionali e dagli stili molto diversi, Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi e Pier'Alli, che hanno lavorato sui tre fronti della produzione di Rossini, buffo, serio e semi-serio. Attivi tra gli anni Sessanta e oggi, questi tre artisti sono accomunati da un interesse costante per i nuovi linguaggi scenici e condividono il desiderio di fare del teatro lirico un terreno di ricerca fecondo e ingegnoso, proponendo delle regie sempre innovative e in linea con lo spartito e con il libretto. Attraverso l'analisi delle loro estetiche teatrali applicate alle opere serie di Rossini, abbiamo cercato di rispondere alle tante domande sollevate dalla messa in scena di questa particolare drammaturgia musicale. Dapprima, ci siamo chiesti in che modo questi artisti sono riusciti a creare, attraverso i loro spettacoli, una familiarità tra il pubblico moderno e queste opere poco note. Le nostre ricerche ci hanno portato a supporre che i registi si siano interrogati sul divario che esiste tra il tempo della creazione delle opere e il tempo attuale della loro rappresentazione e della loro ricezione. Dato che lo scopo di mettere in scena un'opera del passato è di fare in modo che essa presenti dei contenuti sensibili per il pubblico odierno, ci siamo chiesti se le opere serie di Rossini possono ancora, oggi, avere un "senso", qual è questo "senso" che esse possono ancora suscitare e come lo si possa rendere percepibile per il pubblico contemporaneo. Ciò conduce ad un’altra questione relativa alla "fedeltà" e alla "libertà" del regista rispetto all’opera originale, poiché nel teatro lirico la musica e l’ordine delle scene non possono essere modificati, come avviene nel teatro drammatico. Ma la fedeltà e la libertà possono coesistere nello stesso spettacolo? E a che cosa si deve essere fedeli, dato che l'autenticità dell’originale non è sempre accertata ? E la libertà dei registi, che essi considerano spesso legittima a causa delle versioni rivedute, tradotte o riscritte dell’opera originale, ha dei limiti? Se l’esattezza filologica e storiografica sono degli elementi fondamentali per i musicologi attuali e per gli storici del teatro, esse non sono sempre altrettanto importanti per i registi, che si configurano come dei " secondi creatori ", trasferendo, a volte, nel teatro lirico delle innovazioni sceniche e delle estetiche inesistenti al momento della creazione dell’opera, e delle nuove drammaturgie - realistiche o d’invenzione - non standardizzate nell'ambito delle convezioni tradizionalmente legate al genere lirico. Queste problematiche ci hanno portati naturalmente ad interrogarci circa l'esistenza di un approccio registico "filologico", paragonabile alla ricostruzione filologica delle partizioni, nella prospettiva in cui la regia cerca, se non di ritornare al testo di scena autografo (talvolta difficilmente reperibile e che solleva la questione delle tracce lasciate dalla prima rappresentazione), ma di ricostituire lo 'spirito' dell’opera come l'autore l’aveva pensata e composta. Uno dei presupposti della nostra ricerca è di dimostrare che questo è esattamente l'atteggiamento dei “registi critici”. Abbiamo quindi cercato di ripercorrere le tappe di questi ultimi, in particolare di Ronconi, Pizzi e Pier'Alli, di cui abbiamo inizialmente studiato il percorso formativo e la loro produzione artistica in diversi settori spettacolari. Abbiamo proseguito con lo studio delle opere drammatiche rossiniane e delle loro fonti, che ci hanno permesso di affrontare ermeneuticamente i libretti, considerati come un canovaccio su cui si sviluppano lo spartito musicale del compositore, e in seguito il “testo scenico” del regista. Dopo aver preso coscienza delle possibilità interpretative intrinseche alla musica, abbiamo studiato gli spettacoli, realizzati da tali artisti, nella loro diversità semantica: l’interpretazione dell’azione scenica, l’organizzazione visiva delle scenografie, lo stile dei costumi, la scenotecnica, la gestualità e la prossemica dei cantanti / attori, le luci. Ci siamo basati principalmente sulle dichiarazioni degli intenti dei registi, sugli studi critici che li riguardano e sui materiali visivi esistenti su questi spettacoli (foto di scena, bozzetti, video).
The purpose of the present study is to investigate the contemporary direction of Rossini's opere serie. Long forgotten and even underestimated in favour of the composer’s comic production, this repertoire was rediscovered and revalued in the 1980s, thanks to many musicological and philological surveys, which represent an essential condition to its return to the stages. Due to the commitment of the Fondazione Rossini and to the creation of the Rossini Opera Festival - whose primary objective is the production of operas in their original musical version - Rossini’s opere serie have been positively appraised by critics and the public, thus giving birth to the so-called Rossini Renaissance. In the dissertation we accurately discuss the affirmation of Rossini’s opera seria non-dramatic power and we analyse its faculty to be represented. In order to do so, we assess the relation between this particular repertoire and a specific way of interpreting operas and plays, the so-called regia critica, which made its debut in Italy in 1950. Regia critica is a problematic term because it doesn’t designate a real directing “current”, but an interpretation of the “spirit” that leads to the genesis and to the stagey creation, through the point of view of contemporary artists. Among the outstanding personalities of this way of interpreting operas and plays, we focused our research on three Italian directors who worked on the three fronts of the composer’s production, serio, buffo and semi-serio: Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi and Pier’Alli. Through the analysis of their theatrical aesthetic applied to Rossini's opere serie, we tried to answer the many questions raised by the production of this particular musical dramaturgy, and specifically to the problem of the actualization of ancient operas.
Cette thèse est une étude de la mise en scène contemporaine des opere serie de Rossini, longtemps oubliés et sous-estimés au profit du répertoire buffo du compositeur, qui, à partir des années quatre-vingt du vingtième siècle, ont été redécouverts et réévalués grâce un profond travail musicologique de nature philologique, fondement essentiel de leur retour sur les scènes. C’est notamment grâce à la volonté des dirigeants de la Fondazione Rossini et à la création du Rossini Opera Festival, dont l’objectif premier est la transposition scénique des œuvres redécouvertes dans leur version musicale originale, que les opere serie rossiniens ont été réévalués de façon positive par les critiques et par le public, et que le phénomène communément appelé la Rossini-Renaissance a vu le jour. La thèse discute l’affirmation de non-drammaticità de cette partie du répertoire rossinien, et veut analyser sa faculté à être représenté. Pour cela on a privilégié l’étude du rapport que ce répertoire ‘oublié’ entretient avec une lecture scénique spécifique, celle proposée en Italie par la regìa critica à partir de 1950. Regìa critica est un terme problématique qui ne désigne pas à proprement parler un « courant » de mise en scène, mais une interprétation de ‘l’esprit’ qui a présidé à la genèse et à la création scénique de l’œuvre, à travers le regard d’artistes contemporains. Parmi les personnalités les plus marquantes de la regìa critica, nous avons focalisé notre recherche sur trois metteurs en scène italiens, Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi et Pier’Alli qui ont interrogé les différents fronts du répertoire du compositeur, et ont même proposé diverses mises en scène d’un même opera seria. À travers l’analyse de leurs esthétiques scéniques appliquées aux opere serie de Rossini, la thèse essaie de répondre aux nombreuses questions soulevées par la mise en scène de cette dramaturgie musicale particulière, et plus spécifiquement à la question de l’actualisation des œuvres lyriques du passé.
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FEDERICO, LUCA. "L'apprendistato letterario di Raffaele La Capria." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005664.

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Superati «novant’anni d’impazienza» e dopo un lungo periodo votato all’autocommento e all’esplorazione delle proprie intenzioni, Raffaele La Capria ha raccolto le sue opere in due Meridiani curati da Silvio Perrella. La Capria ne ha celebrato l’uscita nella prolusione inaugurale di Salerno Letteratura, poi confluita nel breve autoritratto narrativo "Introduzione a me stesso" (2014). In questa sede, l’autore è tornato su alcuni punti essenziali della sua riflessione sulla scrittura, come la relazione, reciproca e ineludibile, fra tradizione e contemporaneità. All’epilogo del «romanzo involontario» di una vita, La Capria guarda retrospettivamente alla propria esperienza come ad un’autentica educazione intellettuale. Perciò, muovendo da un’intervista inedita del 2015, riportata integralmente in appendice, la tesi ha l’obiettivo di ricostruire l’apprendistato letterario di La Capria dai primi anni Trenta, quando l’autore ancora frequentava il ginnasio, fino all’inizio dei Sessanta, quando ottenne il premio che ne avrebbe assicurato il successo. Il percorso, che riesamina l’intera bibliografia lacapriana nella sua varietà e nella sua stratificazione, si articola in una serie di fasi interdipendenti: la partecipazione indiretta alle iniziative dei GUF (intorno alle riviste «IX maggio» e «Pattuglia»); l’incursione nel giornalismo e l’impegno culturale nell’immediato dopoguerra (sulle pagine di «Latitudine» e di «SUD»); l’attività di traduttore dal francese e dall’inglese (da André Gide a T.S. Eliot); l’impiego alla RAI come autore e conduttore radiofonico (con trasmissioni dedicate a Orwell, Stevenson, Saroyan e Faulkner); la collaborazione con «Il Gatto Selvatico», la rivista dell’ENI voluta da Enrico Mattei e diretta da Attilio Bertolucci; e le vicende editoriali dei suoi primi due romanzi, “Un giorno d’impazienza” (1952) e “Ferito a morte” (1961), fino alla conquista dello Strega. La rilettura dell’opera di uno scrittore semi-autobiografico come La Capria, attraverso il costante riscontro di fonti giornalistiche, testimonianze epistolari e documenti d’archivio che avvalorano e occasionalmente smentiscono la sua versione dei fatti, diventa allora un’occasione per immergersi nella sua mitografia personale e avventurarsi in territori finora poco esplorati: come la ricostruzione del suo profilo culturale, a partire dal milieu in cui La Capria vive e opera, o l’incidenza delle letture e delle esperienze giovanili sulla sua prassi letteraria.
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Книги з теми "Regia della luce"

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Cernuschi, Enrico. Mediterraneo e oltre: Analisi di alcuni grandi successi della Marina alla luce delle nuove fonti di Archivio. Roma: Ufficio storico della marina militare, 2014.

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Alberto, Vanelli, ed. La Reggia di Venaria Reale: Ombre e luci : dai fasti di corte ai rigori militari, dal tragico abbandono allo splendore della rinascita. Torino: Celid, 2013.

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