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Piliu, Salvatore. "Il diritto delle comunità umane intenzionali: nuovi ordinamenti giuridici?" Zeszyty Naukowe KUL 60, no. 3 (October 28, 2020): 349–56. http://dx.doi.org/10.31743/zn.2017.60.3.349-356.

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Анотація:
Il presente intervento si propone di analizzare dal punto di vista giuridico il nuovo fenomeno, oramai globalizzato, delle comunità umane intenzionali, con l’intento di comprendere se queste nuove tipologie di aggregazione di individui possano essere considerate come forme alternative di collettività organizzate produttive di modelli giuridici differenti rispetto a quelli tradizionali, ovvero capaci di dar vita a nuovi ordinamenti giuridici, partendo dall’assunto ubi societas, ibi ius. Partendo dalle definizioni elaborate nel campo della sociologia giuridica di comunità e di comunità intenzionali, si è poi analizzata la problematica inerente la capacità delle comunità intenzionali di produrre regole giuridiche da applicare ai componenti delle comunità. È stata poi esaminata l’organizzazione giuridica della Comunità di Damanhur, situata in Piemonte (Italia), in cui vi sono norme interne di diritto privato e di diritto pubblico che regolano la vita dei consociati, un vero e proprio sistema giuridico interno della Comunità, che pone non pochi problemi nel rapporto con il diritto italiano. Il nuovo progetto di legge presentato nel 2017 al Parlamento italiano, in merito al riconoscimento giuridico delle Comunità intenzionali, potrebbe regolare in maniera definitiva questa materia, ovvero i rapporti tra Comunità e Stato di appartenenza, con il conseguente riconoscimento della esistenza di ‘ordinamenti giuridici autonomi’ facenti capo alle Comunità intenzionali.
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Ferrarese, Maria Rosaria. "Francesco Galgano e il suo inesauribile viaggio tra diritto ed economia." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (December 2012): 137–50. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-003008.

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Una parte rilevante del programma scientifico realizzato da Francesco Galgano puň essere descritta come un lungo viaggio nel rapporto tra diritto e mondo economico. Nonostante il profilo di professore di diritto privato e commerciale, egli ha sempre coltivato uno sguardo storico e sociologico sul diritto, che gli ha permesso di cogliere non solo il cambiamento delle tecniche e degli istituti giuridici, ma anche le ricadute in ambito sociale ed economico. Attraverso i suoi molti lavori sul tema, dagli anni settanta del secolo scorso, fino ai recenti anni di globalizzazione, si possono cogliere i profondi cambiamenti non solo nel mondo dell'impresa e delle relazioni giuridiche, ma anche nel clima culturale e negli attori e protagonisti dello scenario giuridico.
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Pascali, V. L., E. Bottone, and Angelo Fiori. "Problemi bioetici, deontologici e medico-legali della medicina perinatale." Medicina e Morale 41, no. 1 (February 28, 1992): 43–58. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1992.1113.

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I quattro livelli (tecnico-professionale in senso stretto, giuridico, deontologico e bioetico) nei quali si inscrive il rapporto medico-paziente comportano problemi diversi nel consenso informato e nelle prestazioni per la diagnosi e cura delle malattie fetali e di quelle del neonato. Di tali problemi, esaminati principalmente nell'ottica delle norme giuridiche e deontologiche italiane, gli autori tracciano le linee essenziali.
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Herranz, Julián. "Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae." Medicina e Morale 48, no. 3 (June 30, 1999): 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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5

Messina, Giovanni. "Stato costituzionale democratico e governo dell'emergenza . Rilievi su una condizione eccezionale." Società e diritti 7, no. 14 (December 9, 2022): 134–63. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/19317.

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Анотація:
La gestione politica della crisi sanitaria ha posto con forza alla teoria giuridica e alla filosofia politica la questione classica del rapporto tra normalità istituzionale ed emergenzialità dell’intervento politico. Quanto è accaduto ha spinto parte della dottrina a utilizzare il concetto di stato d’eccezione e in alcuni casi a denunciare l’uso disinvolto di poteri extra-ordinem che hanno messo sotto sforzo il tessuto democratico delle nostre collettività. A un esame attento dei profili giuridico-costituzionali implicati, la tesi della illegittimità di alcuni provvedimenti adottati dalle autorità governa
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Eusebi, Luciano. "Il diritto penale di fronte alla malattia." Medicina e Morale 50, no. 5 (October 31, 2001): 905–28. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.736.

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Viene discusso il ruolo del consenso rispetto alla qualificazione giuridicopenale del trattamento medico-chirurgico. Si sostiene che il principio di autodeterminazione non può costituire unico criterio orientativo per risolvere le problematiche etiche e giuridiche oggi emergenti in ambito biomedico, configurandosi altrimenti il pericolo di una medicina puramente contrattualistica e difensiva, ovvero concepita non come scienza (umana), ma come mero insieme di abilità tecniche. Sono in questo senso evidenziate varie situazioni in merito alle quali il riferimento al consenso è impossibile o inadeguato. Si mette in luce, del resto, come sia coessenziale al concetto moderno di democrazia il confronto teso a definire convergenze su ciò che risulti fondamentale per la tutela della dignità umana, e dunque a definire linee-guida condivise circa settori di attività particolarmente delicati. In particolare vengono sviluppate motivazioni pertinenti anche in un contesto laico e pluralista al fine di mantenere fermo il divieto giuridico dell’eutanasia sia passiva che attiva, nell’ottica di un approccio solidaristico alla sofferenza: approccio che dalle normative favorevoli all’eutanasia risulta inevitabilmente compromesso. In questo senso, è individuato un limite intrinseco al diritto nell’impossibilità di autorizzare giuridicamente una relazionalità inter-soggettiva – come quella fra medico e paziente – giocata per la morte. La questione dell’eutanasia viene tenuta distinta, ovviamente, dai problemi attinenti all’accanimento terapeutico e alla proporzionalità dell’intervento medico. In rapporto alla permanente validità giuridica del principio di indisponibilità della vita uno specifico approfondimento è dedicato all’interpretazione dell’art. 32, 2° comma, della Costituzione italiana. Sono altresì presi in considerazione problemi concernenti i soggetti incapaci, il ruolo della norma sullo stato di necessità, i compiti assolti dai comitati etici ospedalieri (anche con riguardo alla responsabilità dei relativi membri) e la necessità di nuovi modelli giuridici intesi alla prevenzione degli eventi medici “avversi”.
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Scerbo, Alberto. "L’infinita vanità del tutto. Sul politico e giuridico nel pensiero di Leopardi." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, no. 2 (May 2019): 389–407. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819836663.

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L’approfondimento del rapporto duale tra natura e ragione, da cui origina la relazione tra poesia e filosofia, costituisce il viatico per un’indagine riguardante il pensiero di Leopardi in ordine al problema politico e giuridico. Premesso, così, lo scarto esistente tra stato di natura e stato di società, si analizzano le diverse forme sociali, all’interno di un discorso che propone il confronto critico tra antichità e modernità e senza discostarsi dal disegno della storia. Nella consapevolezza di ricondurre il tema politico ad una dimensione di autenticità, in cui la ragione sia integrata dalla natura, si procede poi ad una riflessione sulle forme di governo, distinguendo tra piano teoretico e piano storico. La scientificità propria della modernità detta l’atteggiamento di fondo leopardiano nei confronti del diritto e motiva la messa in discussione dell’esistenza della legge naturale, ma anche la valutazione mitica dell’idea di giustizia. L’approccio venato da un sostanziale realismo materialistico impedisce di ricercare significati profondi nelle dinamiche giuridiche e finisce per connettere l’efficacia del diritto al mero egoismo individualistico. Si rimarcano i limiti insuperabili nel funzionamento del diritto, sia di tipo funzionale che strutturale, e si rileva la distanza del fenomeno giuridico dal mondo della natura, con quanto ne consegue su ogni eventuale aspirazione all’universalità.
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Mattei, Alberto. "Il ruolo del diritto internazionale privato nella mobilitŕ transnazionale del lavoro." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (February 2012): 100–104. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003008.

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Nel mercato transnazionale del lavoro, con il distacco della manodopera previsto dalla direttiva 96/71/CE, il diritto internazionale privato, a partire dalla Convenzione di Roma ora trasfusa nel Regolamento Roma I, puň incidere seriamente sulla disciplina del rapporto di lavoro con elementi di transnazionalitŕ. In tal senso, nella prospettiva del conflitto di leggi, č possibile dare rilievo agli strumenti internazional-privatistici per garantire i diritti sociali dei lavoratori "mobili". Si puň cosě rendere piů uniforme la disciplina dei rapporti di lavoro nell'ambito delle imprese "senza confine", che per loro natura sfuggono alla sottoposizione ad un unico ordinamento giuridico, al fine di dare preminenza al principio di concretezza degli effetti del lavoro transnazionale.
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Meccarelli, Massimo. "Diritto e letteratura tra storia e memoria." LawArt 1, no. 1 (January 30, 2020): 208–34. http://dx.doi.org/10.17473/lawart-2020-1-8.

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L’articolo riflette sulla letteratura come fonte per la storia del diritto, prendendo in esame due romanzi – La Chartreuse de Parme di Stendhal e L’Orologio di Carlo Levi – che, pur nella loro diversità, mettono al centro dell’ordito narrativo il problema del tempo e della storia. Nella prima parte del lavoro si osserva il diritto “messo in azione” nella vicenda narrata e dunque restituito nella sua storicità. Nella parte centrale è invece il carattere attributivo del tempo (in particolare della transizione) in rapporto al diritto a costituire l’oggetto di indagine. La terza parte esamina il piano della soggettivazione del passato, considerando il problema della produzione della memoria. Nel suo insieme lo studio mira a dimostrare come il campo di relazioni tra diritto e letteratura permetta alla storia giuridica di guadagnare nuovi margini per svolgersi come sapere critico nel dibattito giuridico contemporaneo e di conseguenza, per offrire un contributo alla oggettivazione del presente.
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CARLIZZI, GAETANO. "Il problematico rapporto tra prova e sussunzione. Un approccio ermeneutico-giuridico." Archivio penale, no. 1 (2016): 57–76. http://dx.doi.org/10.12871/97888674166085.

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Cavallo, Riccardo. "Alle origini della sovranità europea." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 227–56. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19253.

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Il presente contributo si propone di indagare le trascurate radici storico-giuridiche del concetto di sovranità popolare nel contesto europeo a partire dall’ultimo grande dibattito sulla sovranità, consumatosi agli albori dell’apocalisse nazista durante la temperie weimariana. Oggi come ieri, pur con tutti i distinguo, infatti, il dibattito giuridico-politico europeo ruota intorno al problematico rapporto tra Europa e sovranità. Si pensi all’emblematico dibattito tra il filosofo Jürgen Habermas e il giurista Dieter Grimm svoltosi agli albori del processo di costruzione dell’Europa e da ultimo alla diatriba sul futuro dell’Europa tra lo stesso Habermas e il sociologo Wolfgang Streeck. Nelle pieghe di questa querelle, ancora ben lungi dall’essersi conclusa, sembrano riemergere concetti e categorie del lessico weimariano, tra cui, quella di popolo, il cui significato appare tutt’altro che univoco, come dimostra già la sua tormentata storia linguistica e/o concettuale.
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Mittica, M. Paolo. "Attraversare il silenzio. I presupposti impliciti del diritto." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (July 2012): 105–25. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-002006.

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L'articolo affronta il tema del silenzio come componente del diritto sullo sfondo della riflessione critica svolta nell'ambito dei Critical Legal Studies dagli anni ‘80 fino agli apporti piů recenti di Law and the Humanities, laddove il silenzio viene messo in rapporto al diritto nelle sue implicazioni filosofiche, psicologiche e relazionali. L'analisi procede dalle prospettive della sociologia e dell'antropologia giuridiche, utili a osservare le normativitŕ escluse dalla legge e per riflettere sulle voci, emerse da altri spazi di regolazione e aspettative, che il diritto positivo tace. L'ulteriore obiettivo č di addentrarsi attraverso il silenzio nei presupposti impliciti che sono alle radici di qualunque normazione relazionale, sia essa formale o informale, al fine di assegnare una valenza alle componenti sentimentali ed emotive che entrano in gioco nel campo giuridico come in qualunque contesto dell'azione umana, affinché il ragionamento sulla realtŕ del diritto possa farsi piů complesso.
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Roth, Ulrike. "Inscribed meaning: the vilica and the villa economy." Papers of the British School at Rome 72 (November 2004): 101–24. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200002683.

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INTERPRETANDO CIÒ CHE È ISCRITTO: LA VILICA E L'ECONOMIA DELLA VILLAL'articolo muove dalla discussione sul ruolo generalmente assegnato alla vilica nelle strutture rurali dell'Italia romana per proseguire con una nuova visione dell'economia della villa nel suo insieme. Tradizionalmente la vilica viene vista come la moglie del vilicus, l'uomo manager della villa e il suo status è stato di conseguenza identificato come di carattere prevalentemente associativo, dipendendo quasi interamente dal suo rapporto personale con un uomo schiavo. La discussione moderna sul significato economico della vilica è rimasta per questo ad un livello piuttosto superficiale. Attraverso l'analisi delle fonti epigrafiche, giuridiche e letterarie sosterrò invece che la vilica è solo raramente la moglie del vilicus, in quanto entrambi avevano di solito partners scelti tra i loro schiavi di famiglia. Inoltre sosterrò che il titolo vilica si riferiva più che altro ad una dimensione professionale e che solo in base al riconoscimento del ruolo manageriale della vilica dal punto di vista giuridico possono essere compresi sia il significato economico della vilica che il pieno potenziale economico dell'economia della villa stessa.
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Speziale, Valerio. "Il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale di lavoro." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 135 (September 2012): 361–88. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2012-135002.

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Il saggio analizza i rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale di lavoro. Dopo aver sottolineato che la contrattazione collettiva, con alcune specifiche clausole, espressamente qualifica le proprie norme come inderogabili, l'autore sostiene che anche la legge, con una pluralitŕ di interventi legislativi, riafferma la natura inderogabile delle disposizioni dei contratti collettivi. In questi casi, le clausole dei contratti individuali che introducono discipline peggiorative rispetto agli standards collettivi sono nulle ai sensi degli articoli 1418 e 1419 c.c. e sono automaticamente sostituite da quelle collettive. Dopo aver criticato alcune tra le teorie piů diffuse che cercano di giustificare la prevalenza del contratto collettivo su quello individuale, l'autore sostiene che questa prevalenza puň essere riaffermata anche nei casi in cui la legge non attribuisce al contratto collettivo natura inderogabile. Infatti, tale caratteristica puň ormai essere considerata come un «principio generale» del nostro ordinamento giuridico, desumibile in via interpretativa ed applicabile dal giudice anche nelle ipotesi non espressamente regolate.
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Robertazzi, Mariella. "Giurisprudenza e responsabilità morale: Il "Buon Giudice" Magnaud = Jurisprudence and moral responsibility: "The Good Judge" Magnaud." UNIVERSITAS. Revista de Filosofía, Derecho y Política, no. 28 (July 11, 2018): 85. http://dx.doi.org/10.20318/universitas.2018.4312.

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RIASSUNTO: Paul Magnaud, magistrato e politico francese operante tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo e divenuto noto con l'appellativo di "bon juge", ci offre l'opportunità di riflettere su un nodo ineliminabile della teoria e della prassi giuridica: il rapporto tra legge ed equitá, tra certezza del diritto ed esigenze di giustizia. Nel saggio vengono ricostruiti i casi principali di cui egli si occupò quando era presidente del Tribunale di Chateâu-Thierry al fine di riportare alla luce un episodio della storia del diritto che può dire ancora molto al dibattito giuridico e politico contemporaneo.ABSTRACT: Paul Magnaud, who was a French politician and magistrate, mainly active between the end of 19thand the beginning of 20th century and known as the “bon juge” provides the opportunity to reflect on an unavoidable issue concerning both legal theory and practice. The specific object of that focuses on the correlation between law and fairness, as well as, legal certainty and need of justice. This essay will retrace the most important legal cases he dealt with, when he was the president of the court of Chateâu-Thierry, in order to shed light on a specific case, pertaining to the annals of the history of law, which can enhance the current judicial and political debate.PAROLE CHIAVE: legge, equità, certezza del diritto, giustizia.KEYWORDS: law, fairness, legal certainty, justice.
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Scarpari, Giancarlo. "Obiettivo. Tra fede e politica: giuristi e magistrati nel passaggio dal fascismo alla Repubblica." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 3 (July 2010): 89–133. http://dx.doi.org/10.3280/qg2010-003007.

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L'espressione «responsabilitŕ di proteggere» (responsibility to protect) fa la sua comparsa nel rapporto 30 settembre 2001 dell'International Commission on Intervention and State Sovereignty. Da allora essa costituisce la cornice politica entro cui si collocano le varie forme di ingerenza della Comunitŕ internazionale o di singoli Stati nelle questioni interne di altri Paesi. Di piů essa si trasforma gradualmente in una sorta di istituto giuridico diretto a inserire un vero e proprio «diritto di ingerenza» nel diritto internazionale. La teoria della «responsabilitŕ di proteggere», come i piů efficaci strumenti ideologici, č connessa da un lato alla presenza di problemi veri, dall'altro alla facile propaganda di soluzioni immaginarie. Per questo č compito del giurista analizzarne le sfaccettature e non perdere di vista la realtŕ.
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Casini, Marina, and Antonio G. Spagnolo. "Aspetti giuridici, deontologici ed etici della prescrizione medica degli estroprogestinici a scopo contraccettivo." Medicina e Morale 51, no. 3 (June 30, 2010): 429–51. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.692.

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Di fronte alla richiesta della donna, la prescrizione di sostanze estroprogestiniche con funzione contraccettiva è da considerarsi un atto cui il medico è tenuto, oppure al medico è lasciato uno spazio di libertà per opporsi alla richiesta e seguire i dettami della propria coscienza? La questione venuta alla ribalta con una sentenza del Tribunale di Milano (1997) è affrontata a partire da un’indagine ricognitiva di carattere giuridico relativa all’introduzione nel nostro ordinamento della contraccezione. Viene poi fatta la triplice distinzione: c.d. “contraccezione d’emergenza”, contraccettivi che potrebbero avere un’efficacia abortiva e contraccezione vera e propria. Mentre nel primo caso è possibile ricorrere all’art. 9 L. 194/1978 (obiezione di coscienza all’aborto), nel secondo e nel terzo la lettera e la ratio dell’art. 9 conducono ad una sua non applicabilità. Questo tuttavia non significa obbligare il medico a prestazioni contrarie alla propria coscienza o al proprio convincimento clinico. Alla luce di alcune norme della legislazione sanitaria e del codice deontologico emerge il ruolo centrale della fiducia rapporto medico-paziente e il criterio della libera scelta che presiede tale rapporto. Il carattere fiduciario basato sulla libera scelta, comprende anche la sfera delle convinzioni morali del medico. Questi può dunque contare su un margine di libertà per esprimere contrarietà a quanto richiesto da paziente e il paziente può avvalersi della sua libertà di cambiare medico.
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Sgreccia, Elio, and Marina Casini. "Diritti umani e bioetica." Medicina e Morale 48, no. 1 (February 28, 1999): 17–47. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.808.

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Esiste un legame tra la riflessione sulla bioetica e quella sui diritti umani? Lo scritto muove da questo interrogativo per giungere dopo un’articolata analisi alla conclusione che il limpido e chiaro riconoscimento della dignità e del conseguente diritto alla vita di ogni essere umano a partire dalla fecondazione costituisce terreno e presupposto comune delle due discipline e, allo stesso tempo, è ciò che consente loro di non navigare verso le derive individualistiche dell’utilitarismo e del relativismo etico. L’analisi del rapporto fra diritti umani e bioetica parte da un dato storico e cioè dalla svolta che il processo di Norimberga e la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo hanno impresso nel cammino dell’umanità. Questa nuova tappa accompagna gli albori del “filone giuridico-normativo della bioetica” che nel corso degli anni assumerà sempre maggior consistenza, tanto da sfociare in un autonomo campo di riflessione noto sotto il nome di “biodiritto” o “biogiuridica”. A riguardo l’articolo presenta una disamina ricognitiva (non esente da osservazioni di tipo valutativo) dei principali documenti giuridici nazionali e internazionali che si occupano di “questioni di bioetica”. Dal ricco affresco di questi emerge da un lato la constatazione di un rapporto che esprime la necessità di un’integrazione fra diritti umani e bioetica, dall’altro l’urgenza di dare un solido ed autentico fondamento agli uni e all’altra. È questa una problematica di cruciale importanza, perché sia i diritti umani che la bioetica risentono di una crisi metafisica tanto più evidente e acuta quanto più ci si avvicina ai momenti di maggiore precarietà e debolezza dell’esistenza umana, nei quali la vita umana “è”, semplicemente “è”. In questo senso, l’embrione umano è l’emblema di ogni povertà ed emarginazione. La via d’uscita dalla “crisi” e dunque la ricerca del fondamento - sia per i diritti umani che per la bioetica - va trovata all luce della dignità umana, sempre presente con la stessa forza e intensità in tutti e in ciascuno, da rispettare e promuovere in primo luogo nel rispetto e nella promozione del diritto ad esistere che della dignità è la prima manifestazione, la più immediata concretizzazione.
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Da Re, Antonio, and Andrea Nicolussi. "Raccomandazioni controverse per scelte difficili nella pandemia. Appunti etico-giuridici su responsabilità dei medici e linee guida." Medicina e Morale 69, no. 3 (November 3, 2020): 347–70. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2020.707.

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Il saggio sviluppa alcune riflessioni di carattere giuridico ed etico sul rapporto tra responsabilità medica e linee guida che nel tempo hanno assunto particolare rilievo in molti ordinamenti giuridici. Le situazioni straordinarie derivanti dalla pandemia hanno reso ancora più delicata la questione, da un lato per via della mancanza di linee guida vere e proprie e dall’altro lato per il proliferare di raccomandazioni di vario genere e provenienza che hanno generato anche confusioni. Tra queste raccomandazioni hanno avuto un particolare clamore le raccomandazioni etico-cliniche della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI). Esse hanno dato avvio alla pubblicazione di raccomandazioni sul medesimo tema in molti altri Paesi e il saggio dà conto delle più rilevanti. Si sofferma tuttavia sul documento italiano, perché può essere considerato il modello di linea guida, imitata anche in altri documenti segnalati, nella quale viene previsto un limite d’accesso alle terapie intensive basato sul criterio aprioristico dell’età. Ciò pone il problema non solo della eticità di un simile criterio ma anche della competenza di una società scientifica a prevedere regole che possano ledere gravemente diritti fondamentali. Il saggio critica il criterio aprioristico ed extraclinico e propone al suo posto un criterio clinico integrato in funzione delle situazioni di scarsità di risorse e di emergenza. Tale criterio integrato sarebbe più rispettoso della competenza dei medici e valorizzerebbe la loro professionalità, senza invadere l’ambito e la competenza delle scelte politiche che spettano alle istituzioni democratiche.
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Ingrassia, Raimondo. "Il whistle-blowing come strumento di controllo interno delle organizzazioni." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (December 2009): 40–70. http://dx.doi.org/10.3280/so2009-002003.

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- Uno di problemi che si pongono quando si parla di abusi dei colletti bianchi nel mondo del lavoro č quello di sottoporre al giudizio della collettivitŕ condotte discutibili sul piano etico, manageriale, professionale e giuridico delle quali perň č difficile avere conoscenza in quanto esse vengono consumate al riparo di organizzazioni legali e, spesso, poco permeabili alla societŕ. Una forma di controllo privilegiata per la qualitŕ delle informazioni che č in grado di fornire č la denuncia pubblica degli abusi del prestatore di lavoro legato all'organizzazione da un rapporto di dipendenza. La cultura anglosassone ha metaforicamente etichettato tale pratica con il termine di "whistleblowing", letteralmente "soffiare il fischietto", cioč dare un segnale di allarme per gli abusi osservati nel luogo di lavoro. Questo articolo intende offrire una rassegna sistematica dei principali temi esistenti in materia. Sono pertanto oggetto di trattazione i seguenti argomenti: le relazioni fra gli abusi dei colletti bianchi e le organizzazioni legali; le tipologie di abusi piů comuni; il profilo identitario di coloro che denunciano; i fattori oggettivi che influenzano le decisioni di denuncia; i rischi legati alle attivitŕ di denuncia; l'efficacia, la tutela giuridica e le policy del whistle blowing. La tesi conclusiva č che la denuncia pubblica degli abusi deve fare leva sulla responsabilitŕ personale e che il contesto organizzativo e istituzionale nei quali i prestatori di lavoro operano devono svolgere una funzione di incentivo e protezione dell'iniziativa individuale.
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Leanza, Calogero. "Trasporto aereo: ipotesi di responsabilità da "contatto sociale" per lesione dei diritti delle persone a mobilità ridotta." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 35 (April 2022): 91–104. http://dx.doi.org/10.3280/dt2022-035007.

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Il Tribunale di Firenze ha affrontato la questione relativa alla richiesta di ri-sarcimento del danno (morale) da parte di un soggetto affetto da tetraplegia in occasione dell'imbarco su un volo aereo e si è espressa nel ritenere configurabile l'ipotesi di una responsabilità da "contatto sociale". Pur in assenza di uno specifico legame contrattuale, le parti in questione sono entrate in contatto per effetto del contratto di trasporto che è stato concluso. Si è, in-fatti, in presenza di un'ipotesi in cui il rapporto obbligatorio rinviene il proprio fondamenta in una relazione specifica che intercorre tra soggetti determinati, che pur non avendo formalmente fonte contrattuale, è in grado di produrre effetti obbligatori diretti, inquadrabili sia nell'ambito dell'art. 1173 c.c. (quali «altri atti o fatti idonei a produrre effetti obbligatori i conformità dell'ordinamento giuridico») sia nell'alveo della responsabilità per inadempimento ex art. 1218 c.c.
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Grieco, Cristiana. "Il protocollo N. 16 Allegato alla cedu e la funzione consultiva della Corte Europea dei diritti dell’uomo anche alla luce della futura e ancora incerta ratifica italiana." CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 14, no. 1 (March 4, 2022): 313–33. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2022.6687.

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Il presente articolo esamina il primo parere consultivo reso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ai sensi del Protocollo n. 16 della CEDU su richiesta della Corte di cassazione francese, pochi mesi dopo l’entrata in vigore dello stesso Protocollo. I fatti che hanno dato origine alla richiesta di parere riguardano la questione del riconoscimento di un rapporto giuridico genitore-figlio stabilito all’estero a seguito di un accordo di maternità surrogata da parte di una coppia eterosessuale francese, in cui solo il padre risultava biologicamente legato ai figli. Il contributo discute dapprima il contenuto del parere della Corte e descrive le caratteristiche principali della nuova funzione consultiva la anche attraverso un confronto con la competenza pregiudiziale della Corte di giustizia dell’Unione europea ed esamina poi la prospettiva della futura e in questa fase ancora incerta ratifica italiana del Protocollo n.16.
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Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna." Prawo Kanoniczne 35, no. 1-2 (June 5, 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Davidde Elio. "Il riconoscimento dell'autorità accessoria della FCC da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti: convergenza con l'applicazione della teoria dei poteri impliciti nel diritto brasiliano." International Journal of Science and Society 4, no. 4 (October 14, 2022): 40–49. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i4.550.

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Questo rapporto mette a confronto gli istituti di autorità accessorie ei poteri impliciti nello sviluppo della teoria sulle competenze amministrative delle agenzie di regolamentazione brasiliane. La definizione della giurisdizione accessoria della FCC è stata descritta sulla base delle sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti e della Corte d'Appello del Distretto di Columbia. Sono state presentate lezioni dottrinali e dichiarazioni dei Ministri della Corte Suprema Federale brasiliana sul riconoscimento dei poteri impliciti al necessario adempimento dei doveri legali. Risultati – È stata dimostrata la confluenza di questi due filoni teorici per il riconoscimento di competenze non direttamente espresse dalle agenzie di regolamentazione. L'opera contribuisce al riconoscimento delle competenze dell'agenzia di regolamentazione delle telecomunicazioni brasiliana che, sebbene non espressamente previste, emergono come un imperativo per l'adempimento delle responsabilità direttamente attribuite dalla legge a tale autarchia. L'articolo presenta un istituto giuridico attuale di tradizione nordamericana la cui applicazione all'area delle telecomunicazioni brasiliana non è ancora risolta, nonostante la sua compatibilità con concetti già accettati nel diritto brasiliano.
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Neppi Modona, Guido. "NEL MONDO DELLA GIUSTIZIA: FRATTURE E CONTINUITÀ TRA REGIME FASCISTA E ORDINAMENTO DEMOCRATICO." Il Politico 251, no. 2 (March 3, 2020): 239–54. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.247.

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Per quanto possa apparire paradossale, per alcuni decenni dopo la caduta del fascismo nel mondo della giustizia convivono radicali fratture rispetto al regime e ferrea continuità nella struttura ordinamentale, negli uomini (le donne entreranno in magistratura solo nel 1964) e nelle prassi operative della magistratura italiana. Per rendersi conto di quanto fosse profonda la contraddizione tra fratture e continuità converrà richiamare per sommi capi lo stato della giustizia nel regime fascista, che a sua volta si poneva in termini di sostanziale continuità con lo Stato liberale. La magistratura non godeva né dell’indipendenza esterna dal potere esecutivo, né dell’indipendenza interna dai vertici dell’organizzazione giudiziaria e dai capi degli uffici. In particolare, il pubblico ministero era in rapporto di diretta dipendenza dal Ministro della giustizia; quanto alla magistratura giudicante, i poteri relativi allo stato giuridico (ingresso in carriera, assegnazione della sede, trasferimenti, promozioni, incarichi direttivi, azione disciplinare) erano esercitati dal Ministro della giustizia o da commissioni di alti magistrati istituite presso il ministero. [continua]
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Casini, C., M. Casini, and M. L. Di Pietro. "Legge n. 40/2004 e disciplina del consenso informato." Medicina e Morale 53, no. 4 (August 31, 2004): 695–736. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.630.

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L'art. 4 della Legge n. 40/2004 sulla "procreazione medicalmente assistita" (PMA) considera il consenso informato uno dei principi fondamentali - insieme al principio di gradualità nell'uso delle tecniche - dell'intera normativa. L'art. 6 - il più ampio e dettagliato della legge - entra in merito al consenso informato e si sofferma su una serie di disposizioni particolari che vanno ad integrarne la disciplina. Lo spazio riservato a questo profilo della materia si spiega alla luce della riflessione, maturata negli ultimi anni, sia in campo etico sia deontologico e giuridico, circa il fondamento dell'atto medico. Accanto alle disposizioni di legge e allo stato di necessità, non vi è dubbio che il consenso informato del paziente è la prima fonte di legittimazione dell'intervento medico sanitario. Il contributo, infatti, muove proprio dalla considerazione del significato del diritto all'informazione per giungere all'esame di ciò che più direttamente riguarda il rapporto medico-paziente nell'ambito delle tecniche di PMA, così come risultano nell'articolato della Legge n. 40/2004. La legge si fonda sul “principio di destinazione alla nascita” come risulta sin dall’art. 1 che, qualificando il concepito soggetto titolare di diritti, suppone, evidentemente, il suo diritto alla vita. In particolare, l’irrevocabilità del consenso una volta avvenuta la fecondazione, porta gli Autori a soffermarsi su alcuni profili ampiamente dibattuti: il rapporto tra la legge sulla PMA e la Legge n. 194/1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza e la questione della diagnosi genetica preimpianto.
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NACCI, MATTEO. "I rapporti "Stato Italiano- Chiesa Cattolica" nei patti lateranensi del 1929: riflessioni storico-giuridiche." Prawo Kanoniczne 58, no. 2 (June 16, 2017): 97–113. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2015.58.2.06.

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Il presente lavoro, frutto di una conferenza tenuta presso l’Istituto Cattolico di Tolosa (Francia), intende prendere in considerazione le relazioni fra il Governo italiano e la Santa Sede, in prospettiva storico-giuridica, per la strutturazione dei Patti Lateranensi del 1929. In modo particolare, attraverso l’esame della cosiddetta fase della “preconcilazione” e le differenti posizioni giuridico-politiche intorno ai Patti del 1929. Lo scopo del contributo è quello di evidenziare l’imprescindibile valore di “cultura giuridica” che deve essere assegnato a questo peculiare trattato internazionale. Il presente lavoro, frutto di una conferenza tenuta presso l’Istituto Cattolico di Tolosa (Francia), intende prendere in considerazione le relazioni fra il Governo italiano e la Santa Sede, in prospettiva storico-giuridica, per la strutturazione dei Patti Lateranensi del 1929. In modo particolare, attraverso l’esame della cosiddetta fase della “preconcilazione” e le differenti posizioni giuridico-politiche intorno ai Patti del 1929. Lo scopo del contributo è quello di evidenziare l’imprescindibile valore di “cultura giuridica” che deve essere assegnato a questo peculiare trattato internazionale.
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Jansen, Monica, and Maria Bonaria Urban. "Raccontare la giustizia." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 51, no. 1 (February 16, 2017): 10–21. http://dx.doi.org/10.1177/0014585816682483.

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Dalle varie riflessioni critiche sul rapporto tra letteratura e giustizia e tra narrazione e legge si può dedurre che alla letteratura venga attribuita la facoltà di “fare giustizia” e alla legge il potenziale di produrre delle storie. Anche se le opinioni divergono sull’effettivo valore trasformativo della letteratura di fronte alla legge, nel panorama italiano sembra prevalere l’idea che la letteratura possa offrire uno strumento conoscitivo per raggiungere una giustizia poetica e fare esperienza della verità. Tale compito etico, che viene attribuito a una narrativa che svolge la funzione di “estetica documentale”, si collega al complicato passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, riassunto comunemente con la formula di “memoria divisa”. Gli esempi letterari presi in esame dagli anni Sessanta ad oggi, si caratterizzano attraverso le loro ibridizzazioni di genere, le dimensioni transmediali, performative e metanarrative. Da Giuseppe Fava a Gianrico Carofiglio, da Franco Fortini a Giampaolo Pansa, si trasmette il bisogno di una giustizia sociale che si concretizza attraverso un’indagine critica dell’apparato giuridico e attraverso la formulazione di una giustizia metaforica. Anche la raccolta di racconti Giudici e il fumetto Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova dimostrano come la letteratura usi la transmedialità e la performatività per coinvolgere il lettore e arrivare a una giustizia che sia anche un “atto culturale”.
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Oppes, Mario. "La Deontologia medica all’inizio del ’900: i principi del primo Codice italiano." Medicina e Morale 52, no. 6 (December 31, 2003): 1203–12. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.659.

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Il Codice di Etica e di Deontologia dell’Ordine dei medici della provincia di Sassari, pubblicato nel 1903, rappresenta il primo esempio in Italia di Codice di deontologia medica. A cento anni di distanza dalla sua promulgazione appare interessante valutare i principi in esso contenuti e confrontarli con quelli inseriti nei successivi codici. Attraverso il percorso storico della deontologia è possibile infatti comprendere il significato che essa ha avuto nel determinare i comportamenti dei medici nell’esercizio della professione, ma soprattutto si può scoprire, il vero significato da attribuire alla deontologia stessa. Infatti negli ultimi trent’anni, con l’avvento della bioetica, si è assistito ad una vera e propria crisi della deontologia che ha portato persino alla perdita di una concezione condivisa del suo significato all’interno della categoria professionale dei medici. Dall’analisi del testo del codice emerge la sottolineatura del dovere di ottenere il consenso del paziente per ogni atto operativo, inattesa per quei tempi, caratterizzati da un rapporto medico-paziente di tipo paternalistico. Vi è inoltre un ripetuto richiamo alla necessità di curare tutti i malati con lo stesso impegno, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza, e ciò assume particolare rilevanza se si considera che all’epoca non esisteva un servizio sanitario nazionale in grado di garantire uniformi livelli di assistenza. In gran parte del codice ci si sofferma poi ai rapporti fra colleghi e negli articoli dedicati a tale problematica si evidenzia una particolare sensibilità verso la correttezza fra professionisti, oggi decisamente disattesa, tanto che tale esigenza non trova particolari sottolineature nell’ultimo codice nazionale. Infine è significativo il richiamo esplicito a tutti gli associati al rispetto delle regole deontologiche, pena la comminazione di sanzioni disciplinari e ciò assume particolare rilevanza se si pensa che cento anni fa gli Ordini dei medici non avevano ancora ottenuto il riconoscimento giuridico, che arriverà solo nel 1910.
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Casella, Marilena. "Il ruolo di Galeria Valeria nelle dinamiche della politica tetrarchica." Klio 102, no. 1 (June 1, 2020): 236–72. http://dx.doi.org/10.1515/klio-2020-0008.

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RiassuntoIl lavoro si incentra sulla figura di Galeria Valeria, figlia di Diocleziano e moglie di Galerio. Un’attenzione particolare è stata riservata a Galeria come moglie e madre: l’analisi si sofferma sulla notizia del retore Lattanzio inerente alla sterilità di Galeria Valeria e alla conseguente adozione di un figlio, Candidiano, che Galerio avrebbe avuto dall’unione con una concubina, aprendo un ampio excursus su problematiche di carattere giuridico quali l’adoptio/adrogatio, la legittimazione, il iustum matrimonium e il concubinato. Si cerca poi di affrontare la complessa questione riguardante l’adesione o meno da parte della donna al cristianesimo, anche mediante l’analisi comparativa del testo lattanziano con un passo rabbinico. Al fine di far luce sull’individualità e sulla regalità della donna si è poi proceduto all’analisi delle iconografie presenti sul recto delle monete con effigiato il ritratto dell’Augusta. Lo studio di una serie di epigrafi, selezionate in quanto attestanti il titolo di mater castrorum, ha consentito di rinvenire le nobili virtù dell’Augusta connotata come sacratissima / θιοτάτη, piissima / σεβαστή / εὐσεβεστάτη. L’ultima parte del lavoro è dedicata alla sorte di Galeria vedova esule senza fissa dimora prima, e poi destinata ad una fine atroce, per lasciare quindi spazio a riflessioni nuovamente sul rapporto Galeria Valeria – Candidiano, e concludere con la ‘Valeria’, quella provincia della Pannonia Inferiore così denominata da Galerio in onore della moglie.
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Bottazzi, Marialuisa. "Alienazioni a titolo gratuito in documenti dei secoli XI-XII." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 595–643. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16899.

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Solo un numero esiguo di chartae rogate sin dall’alto medioevo si può dire abbia avuto una vita parallela alla consueta e preminente destinazione giuridica o amministrativa notarile grazie alla scelta d’incidere su pietra, il più delle volte da parte dei legatari, anche una sola parte del contenuto testuale pergamenaceo al fine di notificare, di pubblicizzare e di perpetuare, generalmente pro redemptione animae, la memoria di quanto veniva disposto da agiati benefattori a favore, in un primo tempo delle istituzioni monastiche ed ecclesiastiche e più tardi anche gli enti assistenziali, sia religiosi sia laici. La maggior parte di queste non numerose iscrizioni, che classifichiamo come chartae lapidariae, per lo stretto rapporto con le chartae notarili da cui derivano, sono state per la maggior parte prodotte in Italia sin dalla fine del secolo X per essere esposte con una certa frequenza nei luoghi sacri o molto attigui degli stessi. Nella maggior parte dei casi si parla di iscrizioni contenenti atti testamentari o di donazione inter vivos o mortis causa; meno frequentemente il loro tenore dispositivo e probatorio riconduce a bolle papali, decreti o a diplomi regi o imperiali. In ogni caso, siamo sempre di fronte a documenti incisi indiscutibili secondo qualsiasi piano giuridico ma che, per la consuetudinaria perdita del documento notarile da cui derivano e per la facile mancanza anche di uno degli elementi essenziali della charta, per esempio, della datatio, probabilmente per la funzione generalmente assunta, sin dall’impiego romano, di “regesto” dell’atto originale, per la mancanza, si diceva di alcuni elementi essenziale del documento notarile difficilmente possono essere considerati “documenti in senso proprio”, ma solo dei “monumenti” epigrafici a sé stanti, quindi particolarmente interessanti da analizzare solo per il loro “peso” storico. Malgrado ciò, per tutti gli elementi fin qui considerati e riassumibili nella difficoltà di dimostrare l’attendibilità dei contenuti incisi su pietra data l’impossibilità di ricostruire l’intimo impiego epigrafico/documentario intrinseco delle carte lapidarie con il loro originale notarile perduto, qualche importante attenzione verso questo tipo di documentazione è comunque giunta nel secolo scorso grazie ai lavori di Pietro Sella, di Cinzio Violante e di Ottavio Banti. Ciò nonostante, ancora oggi, le chartae lapidariae risultano poco considerate sebbene dinanzi a una rarefazione documentaria, per esempio nel caso di Milano, risultino efficaci per definire il ruolo dei laici sia entro lo spazio ecclesiale sia nella società; sia nello studio degli enti assistenziali, sia religiosi sia laici, come dei ceti dominanti dell’Italia e in special modo di Milano, del secolo XI. Se, dunque sull’interesse storico, seppur analitico dei contenuti della chartae lapidariae, sembra aver spesso prevalso il “peso” diplomatistico, che pone dei limiti all’attendibilità giuridica delle carte lapidarie,con questo lavoro si vuol richiamare l’attenzione su tre casi importanti e eccezionali prodotti nell’ultimo ventennio del secolo XI a Viterbo, a Milano e a Collescipoli.
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Riberti, Anna. "II Contratto di Arbitrato." Revista Brasileira de Arbitragem 5, Issue 18 (May 1, 2008): 123–53. http://dx.doi.org/10.54648/rba2008033.

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RIASSUNTO: L'articolo è volto ad esaminare lo status degli arbitri e la natura giuridica del rapporto che, nel processo arbitrale, si instaura tra i compromettenti e il l'organo giudicante: la questione è stata oggetto di accesi dibattiti, ma nessun ordinamento ha finora espressamente adottato una soluzione. Nondimeno, la determinazione della vera natura di tale vincolo consente un regolare svolgimento del procedimento, evitando il sorgere di situazioni anomale. Esso si inserisce nell'ambito di un proce­dimento che presenta natura ibrida, con fonte contrattuale ma oggetto giudiziale. Le riforme che dal 1983 si sono susseguite fino al D. Lgs. 4/2006 mettono in luce il mutato atteggiamento del legislatore, che, da istituto di carattere privatistico, ha reso l'arbitrato uno strumento modellato sul giudizio ordinario, ma a questo autonomo ed alternativo. Invero, da un'attenta analisi delle norme che regolano il rapporto tra le parti e gli arbitri, emerge come la fattispecie rilevi a figura contrattuale autonoma - precisamente "contratto di arbitrato" - escludendo la ricon­ducibilità della stessa sia a negozi tipici (quali il mandato, la prestazione d'opera, la transazione o un negotium mixtum tra questi), sia ad un rapporto di matrice pubblicistica. Uno sguardo all'esperienza di altri ordinamenti conferma il cambiamento nella "filosofia" dell'istituto, che non è più ancillare rispetto alla giu­stizia ordinaria, ma configura l'arbitro quale giudice dei privati nel campo dei diritti disponibili. Peculiare è, infine, l'arbitrato c.d. amministrato, dove la presenza di una Corte arbitrale volta a controllare il procedimento, determina il sorgere di rapporti giuridici trilaterali tra le parti, l'istituzione arbitrale e l'arbitro da questa designato.
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Valas, Igor. "I Registri dei titolari effettivi e le loro interazioni: dal D.M. 55 finalmente un chiarimento, in mezzo ad ancora tanta confusione." Trusts, no. 4 (August 4, 2022): 774–81. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.164.

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Sunto Il DMEF 55 in esame presta il fianco a notevoli criticità che difficilmente potranno esser risolte dai provvedimenti attuativi ancora pendenti e che molto probabilmente saranno tali da non portare alla luce i Registri a breve, certamente non nelle tempistiche previste e non in assenza di correttivi. Certo è che il MEF ha posto un dato fisso ed indiscutibile andando – finalmente, sia lecito dirlo – quantomeno ad identificare dei punti fermi in merito al rapporto tra i Titolari effettivi delle persone giuridiche e quelli dei trust ed istituti affini. Nonostante ciò, viene qui evidenziato non solo che la nozione di titolare effettivo per un trust è diversa da quella per la persona giuridica, ma anche che le stesse non sono tout court sovrapponibili, ma indipendenti ed autonome.
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Da Re, Antonio. "Immigrazione e salute come paradigma per la bioetica / Migration and Health as Paradigm for Bioethics." Medicina e Morale 67, no. 2 (June 20, 2018): 187–204. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.535.

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Il saggio prende in esame il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica su “Immigrazione e salute”, approvato il 23.6.2017. Vengono analizzati criticamente alcuni aspetti ritenuti maggiormente originali: il tentativo di evitare semplificazioni e stereotipi nello studio del fenomeno dell’immigrazione (par. 1) e la conseguente scelta metodologica di esaminare tale fenomeno a partire da una solida base empirica costituita dalla conoscenza di dati statistici, studi epidemiologici, riferimenti normativi (par. 2); la giustificazione, di carattere morale e giuridico, del principio della tutela della salute come diritto e però anche come dovere, che tra l’altro è richiesto agli stessi immigrati di rispettare (par. 3); l’emergenza in termini di salute pubblica costituita dalla diffusione della malattia mentale tra i migranti, specie quando essi siano stati sottoposti a violenze e a trattamenti disumanizzanti; sulla base di ciò si solleva l’interrogativo sulla pertinenza della categoria di «effetto migrante sano», ampiamente adoperata negli studi di bioetica dell’immigrazione (par. 4); la bioetica interculturale in riferimento specialmente al rapporto medico-paziente (par. 5), con una rivisitazione critica del principio di autonomia (par. 6). La conclusione che si potrà desumere dall’analisi proposta è che quello del rapporto tra bioetica e immigrazione non è un tema settoriale o di nicchia ma può addirittura assurgere a paradigma della bioetica tout court, perché affronta, da una prospettiva particolare, questioni bioetiche di carattere più generale, che hanno attinenza con la tutela della salute di ogni soggetto, indipendentemente dall’essere migrante o meno. ---------- The paper analyzes the opinion titled “Migration and Health” and approved by the Italian Committee for Bioethics on June 23, 2017. The following aspects, considered mainly original, are critically analyzed: the attempt to avoid simplifications and stereotypes while studying migration phenomena (par. 1) and the consequent methodological choice to analyze this phenomenon coming from a solid empirical basis composed of the knowledge of statistical data, epidemiological studies, and normative references (par. 2); the moral and legal justification for the safeguarding of health principle considered as a right but also as a duty that should be fulfilled by migrants as well (par. 3); the emergency in terms of public health due to the diffusion of mental disorder and illness among migrants, especially when they have been exposed to violence and inhuman treatments; all of this calls into question the pertinence of the “health migrant effect” category, which is widely used in bioethical studies focused on migration (par. 4); intercultural bioethics, especially in reference to the patient-physician relationship (par. 5) and to the critical reconsideration of the autonomy principle (par. 6). The proposed analysis will lead to the conclusion that the relationship between bioethics and migration is not a sectorial or niche topic but could even become the paradigm of bioethics tout court. Indeed, although it comes from a particular perspective, this topic deals with general bioethical issues related to the safeguarding of health of any human being, whether he or she is a migrant or not.
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Menezes, Vitor Hugo Mota de. "LA VULNERABILITÀ NELL’ESTERNALIZZAZIONE DINANZI AL SERVIZIO PUBBLICO." REVISTA INTERNACIONAL CONSINTER DE DIREITO 9, no. 9 (December 18, 2019): 775–99. http://dx.doi.org/10.19135/revista.consinter.00009.41.

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L’esternalizzazione è un sistema di gestione coperto dal genere dei rapporti trilaterali, nel caso in ricerca, maneggiato dalla Pubblica Amministrazione, per ridurre costi e migliorare la qualità dei servizi offerti alla popolazione, adoperato, dapprima, solo per le attività accessorie, ma con la normalizzazione del sistema, si è cominciato a implementarlo nei bisogni principali. Tuttavia, l’uso senza controllo e sfrenato di questo meccanismo ha creato intensi dibattiti giuridici e dottrinari che indicano i vantaggi e gli svantaggi di tali tipi di contratto, sia per quanto riguarda la vulnerabilità dell’operaio esternalizzato, sia rispetto la responsabilità del ricevitore del servizio dinanzi al disonore dei loro oneri lavorativi, e come l’utilizzo dell’esternalizzazione potrebbe essere adoperato in modo sicuro ed efficace dai contraenti. È appunto per questo che, inizialmente, la presente ricerca avrà un approccio generale sull’esternalizzazione, dalla comparsa del meccanismo nella storia, con enfasi sulla sua applicazione nel settore pubblico, investigando le possibili minacce ai regimi giuridici di contrattazione del personale utilizzati da enti statali. In questa prospettiva, saranno indicate le definizioni più impiegate dai dottrinatori, così come anche la natura giuridica e i presupposti che permeano l’istituto. Di seguito, saranno trattati il capitalismo, la globalizzazione, il neoliberalismo, indicati i fattori che influenzano l’esistenza e l’espansione dell’esternalizzazione e le critiche esistenti in materia. Alla ricerca di una soluzione più fattibile ed effettiva alla problematica, verranno confrontati ritagli esemplificativi del meccanismo in altri sistemi giuridici, soprattutto in quello italiano, riportando riferimenti legali e giurisprudenze sulla materia. La metodologia impiegata è sostanzialmente bibliografica e indiretta, servendosi da libri, articoli scientifici e orientamenti giurisprudenziali dei tribunali superiore e regionali del lavoro, servendosi, ancora, del metodo deduttivo per la giusta interpretazione dell’argomento. In questo senso, la presente ricerca dimostrerà la soluzione della problematica ritenuta dal ricercatore la più fattibile ed effettiva.
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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Tucci, Giuseppe. "La discriminazione contro il disabile: i rimedi giuridici." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 129 (March 2011): 1–28. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-129001.

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La discriminazione contro i disabili ha una storia particolare nella nostra esperienza giuridica, in quanto viene fatta oggetto di sanzioni solo molto tempo dopo che erano state eliminate le altre tradizionali forme di discriminazione, come, ad esempio, quella contro le donne. Anche le norme costituzionali, che rendevano certamente illegittime quelle discriminazioni (artt. 2, 3, 4, 32, 35, etc. Cost.), sono state lette in funzione della tutela del disabile solo negli anni '90 del secolo scorso, quando la nostra legislazione ordinaria č stata costretta ad adeguarsi al diritto europeo. Infatti, soltanto l'art. 16 della l. 12 marzo 1999, n. 68, ha abrogato la norma del t.u. sul pubblico impiego che prevedeva la «sana e robusta costituzione» come astratto e generale requisito di accesso al pubblico impiego medesimo, cosě come soltanto nel 2003, in attuazione di precise direttive europee, l'art. 15 st. lav. č stato riformato in modo da qualificare come illegittima la discriminazione contro il disabile nel rapporto di lavoro privato. Oggi la tutela del disabile si realizza a livelli multipli. Infatti, vi č una tutela di diritto interno, una tutela di diritto internazionale, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, una tutela di diritto dell'Unione europea in senso stretto ed una tutela basata sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Malgrado tale pluralismo delle fonti delle differenti discipline giuridiche, solo l'intervento delle diverse Corti, come la Corte costituzionale, quella di Lussemburgo e quella di Strasburgo, in costante dialogo tra loro, riesce a tutelare il disabile di fronte alle nuove forme di discriminazioni, come quelle razziali, che spesso hanno ad oggetto, in particolare nella nostra esperienza giuridica, disabili extracomunitari.
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Calzolaio, Ermanno. "Europa dei diritti e giudice europeo." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (March 2011): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2011-001006.

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Il presente contributo, muovendo dal rilievo ampiamente condiviso che il sistema di tutela dei diritti umani in ambito europeo fa perno sulla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e della Corte di Giustizia, si concentra sull'esame di alcuni aspetti di contesto, sovente lasciati sullo sfondo, ma che appaiono invece essenziali per la stessa comprensione del fenomeno. Si tratta, precisamente, delle modalitŕ di nomina dei giudici, dello stile delle sentenze, dell'esistenza di una regola del precedente e dei modi del suo operare. L'analisi svolge poi alcune considerazioni sul tema dei rapporti tra le due Corti, soprattutto alla luce della adesione dell'Unione alla Convenzione europea a seguito dell'entrata in vigore del cd. Trattato di Lisbona, che riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea approvata a Nizza nel 2000 (art. 6 TUE). Alla luce del contesto cosě ricostruito, vengono svolti rilievi critici sulle modalitŕ attraverso cui i giudici italiani si rapportano alla giurisprudenza convenzionale e comunitaria.
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Simonelli, Maria Ausilia. "Note storiografiche sulla socialitŕ del diritto e del linguaggio." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (December 2012): 39–54. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-003003.

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Tra le diverse prospettive di studio del rapporto tra diritto e linguaggio, vi č l'analisi del parallelismo tra la realtŕ giuridica e l'espressione verbale; un confronto declinato in vario modo: come estrinseca prossimitŕ analogica ovvero come ricerca di affinitŕ strutturali e funzionali. Nel saggio vengono presentate, in un'ottica critico-ricostruttiva, le piů significative riflessioni su tale accostamento, a partire dall'antichitŕ classica sino ad arrivare alla concezione ‘istituzionalistica', nella quale la comparazione apre nuovi orizzonti per la linguistica ed anche per la scienza giuridica; orizzonti segnati dalla persuasione dell'intrinseca storicitŕ e socialitŕ del diritto e della lingua
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Zampino, Ludovica. "Dall'autopoiesi all'autocostituzionalizzazione dei frammenti. la via teubneriana alla tutela dei diritti fondamentali "settoriali" al tempo della globalizzazione." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (July 2012): 89–104. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-002005.

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Gli ultimi sviluppi nella teoria dei sistemi secondo Gunther Teubner affrontano le contraddizioni aperte dal costituzionalismo contemporaneo, tematizzando le criticitŕ del tradizionale rapporto tra costituzione ed autonomie sociali. Il focus della riflessione teubneriana si incentra sul concetto di costituzione sociale, che fissa i principi basilari di diritto e, al contempo, organizza i modi della produzione giuridica in ogni settore funzionale (politica, economia, religione... ). Il diritto attuale, in mancanza di un'istanza terza, si presenta frammentato in una miriade di ordinamenti parziali che riflettono la differenziazione della societŕ. I processi di autocostituzionalizzazione che riguardano i diritti settoriali mirano a garantire la pluralitŕ e a tutelare l'autonomia giuridica, per scongiurare tentazioni riduzionistiche totalitarie.
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Fornabaio, Giovanni. "Chi inquina, paga." Milan Law Review 3, no. 1 (September 28, 2022): 49–92. http://dx.doi.org/10.54103/milanlawreview/18734.

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Con la sentenza n. 4 del 22/10/2019, il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’ammissibilità di un ordine di bonifica di siti inquinati ai sensi dell’articolo 244 del codice dell’ambiente a carico di una società non direttamente responsabile dell’inquinamento ma subentrata a quella responsabile per effetto di fusione per incorporazione. La risoluzione della questione passa per la qualificazione giuridica della condotta di inquinamento ambientale antecedentemente alla introduzione della bonifica dei siti inquinati. Occorre analizzare i rapporti tra questa condotta e l’istituto della bonifica, normativamente successivo, e dare risposta ai quesiti, per un verso, se sia possibile ordinare la bonifica per fatti risalenti ad epoca antecedente alla introduzione di quest’ultima a livello legislativo, per l’altro, e in caso di risposta positiva, se sia possibile farlo in un contesto di operazioni societarie straordinarie, quale è la fusione, che hanno portato la società responsabile a non essere più direttamente imputabile per il fatto dannoso. Pertanto, serve fare chiarezza sulla trasmissibilità degli obblighi e delle responsabilità conseguenti alla commissione di un illecito per effetto di operazioni societarie straordinarie. Nella disamina delle questioni giuridiche esposte, l’elaborato si sofferma sulla prevenzione e riparazione del danno ambientale e sulla analisi del regime di imputazione della responsabilità connessa.
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Cassatella, Antonio. "Situazioni giuridiche soggettive e status militare." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 1 (March 2022): 95–116. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-001005.

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Il saggio è dedicato all'analisi delle posizioni giuridiche soggettive del militare in servizio, da vagliare in rapporto ai limiti del potere decisionale dei superiori gerarchici. Si distinguono posizioni di diritto soggettivo ad esercizio condizionato e posizioni di interesse legittimo, oltre ad interessi di mero fatto. La qualificazione è necessaria al fine di stabilire la profondità del sindacato del giudice amministrativo sul contenuto delle decisioni. Sulla base della casistica esaminata, si formulano alcune considerazioni finali sulle caratteristiche del sindacato. Si reputa che l'attuale disciplina, per quanto finalizzata a garantire l'efficienza degli apparati militari, non sia del tutto coerente con i principi desumibili dagli artt. 24, 52 e 97 Cost.
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Poniz, Luca. "Intervento di tutela e responsabilitŕ delle persone giuridiche." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 2 (June 2012): 203–22. http://dx.doi.org/10.3280/qg2012-002008.

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Premessa / 1. Il quadro normativo / 2. La natura della responsabilitŕ codificata dal decreto n. 231/2001: l'interpretazione della giurisprudenza / 3. I presupposti applicativi. Interesse, vantaggio e reati colposi / 4. La struttura dell'illecito; il rapporto tra i profili delineati dal decreto n. 231/2001 e le norme prevenzionali / 5. L'organo di vigilanza e i suoi requisiti / 6. Cenni all'identificazione dei soggetti; apicali e sottoposti / 7. La grande responsabilitŕ della magistratura.
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Di Pasquale, Caterina. "Le verità dei testimoni: per una antropologia del ricordare." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 1 (April 2021): 87–103. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2021-001005.

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L'articolo è una riflessione sulla testimonianza autobiografica e sullo statuto conoscitivo che la testimonianza ha progressivamente acquisito nel discorso scientifico euroamericano. Lo scopo della riflessione è descrivere e analizzare le verità della testimonianza e dei testimoni facendo dialogare la prospettiva etnografica e antropologica con la letteratura psicologica, storica e filosofica. Usando come fonti alcune storie di vita rilevate durante una ricerca etnografica sulle memorie delle stragi nazi-fasciste perpetrate contro la popolazione civile in Italia, specificatamente a Sant'Anna di Stazzema (12 agosto 1944), verranno analizzate le istanze narrative e culturali delle testimonianze, il ruolo performativo del testimone, l'efficacia simbolica e comunicativa nel contesto pubblico e il rapporto tra verità testimoniale, esperienza soggettiva e vissuto biografico. Questi aspetti del testimoniare saranno confrontati con la verità storica e giuridica sul caso etnografico descritto e verranno poi connessi con i quadri argomentativi ed esplicativi usati nella letteratura scientifica sull'argomento. In particolar modo verranno analizzate le conflittualità che dividono alcune testimonianze allontanandole dalle verità storiche e giuridiche sancite con le ricerche storiche e con le sentenze giudiziarie. Infine, per uscire dalla dimensione micro-etnografica, il confronto tra le diverse rappresentazioni della testimonianza nella ricerca antropologica sarà veicolato dalla dimensione particolare, relativa a Sant'Anna di Stazzema, alla dimensione nazionale e internazionale. Le conclusioni che l'articolo vuole condividere riguardano il superamento delle dicotomie memoria versus storia, finzione versus verità, soggettività versus oggettività, che caratterizzano da almeno un ventennio il dibattito pubblico, scientifico e non, e che hanno finito per connotare moralmente e ideologicamente ogni riflessione sul valore sociale e culturale del ricordo e del ricordare
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D’Alessandro, Chiara A. "Il patrimonio culturale immateriale." Società e diritti 7, no. 13 (July 25, 2022): 136–51. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/18455.

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RiassuntoLa tutela giuridica del patrimonio culturale immateriale è il risultato di un lungo e complesso percorso che è culminato nella Convenzione UNESCO del 2003 sulla tutela del patrimonio culturale immateriale, ed è tuttora in fieri in molti ordinamenti. A questo percorso non è estraneo il ruolo e il contributo culturale dell'antropologia culturale e in particolare di uno dei suoi più eminenti esponenti, Claude Lévi Strauss, che negli anni ha mantenuto un lungo e proficuo rapporto con l'UNESCO
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Arcidiacono, Davide, and Luigi di Cataldo. "Trading Zone e Platform Capitalism: intere trans-disciplinarità tra sociologia e diritto." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 164 (December 2022): 183–208. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-164010.

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La transizione digitale e la "piattaformizzazione" del lavoro rappresentano una sfida del nostro tempo che richiede uno sforzo trans-disciplinare. Si tratta di defini-re delle "trading zone", spazi d'incrocio tra saperi in cui definire la migrazione di componenti scientifiche da un dominio ad un altro. L'articolo, attraverso il con-fronto sistematico della letteratura giuridica e sociologica sul tema del lavoro di piattaforma, individua quattro trading zone principali: il riconoscimento del lavoro umano; la qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro; il valore del lavoro; l'organizzazione degli interessi collettivi. Le trading zone da noi individuate non sono soltanto spazi di riflessione e integrazione tra discipline diverse ma forniscono anche indicazioni di policy per dipanare le complessità del lavoro digitale nella so-cietà algoritmica.
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Benzi, Cecilia. "Mandato senza rappresentanza e trasferimento al mandante (Risposta a interpello 27 giugno 2022, n. 347)." Trusts, no. 6 (December 1, 2022): 1070–73. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.217.

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Massima Il trasferimento, senza corrispettivo, nella sfera giuridica del mandante dell’immobile acquistato dal mandatario in forza di mandato senza rappresentanza è da assoggettare alla ordinaria disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni nonché alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale. Tale ultimo atto, che produce l’effetto di trasferire l’immobile a titolo gratuito a favore del mandante, assume rilievo ai fini delle imposte indirette essendo produttivo di effetti reali, a nulla rilevando che il trasferimento sia effettuato nell’ambito di un rapporto contrattuale.
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Cangelosi, Manuela, and Arianna Santero. "Famiglie in separazione e scuole: tra bisogni specifici e pregiudizi." SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, no. 3 (November 2022): 115–35. http://dx.doi.org/10.3280/siss2022-003008.

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Gli effetti della separazione e del divorzio sui bambini sono stati spesso il focus di studi condotti da diverse ricerche, così come anche le dinamiche famigliari relative al coparenting in seguito a vicende separative. Nella letteratura italiana, è tut-tavia limitato l'apporto di studi che analizzino il modo in cui la scuola può sostenere le "famiglie divise". L'articolo, sulla base del materiale empirico raccolto attraverso interviste qualitative nell'ambito del Progetto interdisciplinare socio-giuridico "Changing Families, Changing Institutions?" (InFaCt), si concentra sui rapporti tra scuola e famiglia nel contesto e in seguito all'evento separativo tra genitori.
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Sartea, Claudio. "Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito: il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica." Medicina e Morale 68, no. 4 (October 15, 2019): 437–54. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.590.

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Nel mese di luglio 2019 il Comitato nazionale per la Bioetica italiano ha approvato e pubblicato un Parere intitolato “Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito”. Con il presente contributo, si presenta brevemente la storia istituzionale di questo documento e si cercano risposte ad alcuni quesiti bioetici toccati dal Parere. Ne emerge una lettura critica che va al di là delle singole questioni (e specialmente dei profili giuridici e legali implicati), e rimanda all’esigenza di una meditazione nuova sul senso della bioetica ed il suo rapporto con l’antropologia filosofica e le questioni identitarie.
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Francesco Giupponi, Tommaso. "I rapporti tra sicurezza e difesa. Differenze e profili di convergenza." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 1 (March 2022): 21–47. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-001002.

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L'articolo ricostruisce i rapporti tra sicurezza e difesa, sottolineandone le differenti origini storiche e gli attuali profili di convergenza. A partire dall'analisi delle principali disposizioni costituzionali ed europee in materia, e delle differenti dimensioni ricollegate a tali concetti giuridici, vengono approfondite le più recenti tendenze evolutive nei rapporti tra sicurezza e difesa, anche alla luce delle attuali sfide sul piano globale (terrorismo internazionale, gestione delle crisi umanitarie, emergenza pandemica ed ambientale). Tale processo di convergenza può trovare nel concetto di "sicurezza nazionale" un primo approdo, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale ed europea, oltre che dell'evoluzione che gli stessi servizi di sicurezza hanno avuto con la riforma attuata dalla legge n. 124/2007.
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