Добірка наукової літератури з теми "Pratica del leggere e scrivere"

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Статті в журналах з теми "Pratica del leggere e scrivere"

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Catturi, Giuseppe. "Arte figurativa e arte contabile. Le tavolette della biccherna del comune di Siena (XIII–XVII secolo)." De Computis - Revista Española de Historia de la Contabilidad 10, no. 19 (December 31, 2013): 175. http://dx.doi.org/10.26784/issn.1886-1881.v10i19.270.

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Анотація:
Fra le arti figurative comprese in quelle cosiddette “belle”, cioè le forme di attività che, secondo l'opinione del Vasari, hanno esclusivamente un fine di bellezza, un valore estetico, come l'architettura, la danza, la poesia, la pittura, la scultura e la musica, in questo articolo focalizziamo l'attenzione sulla pittura e su di una sua particolare espressione e manifestazione, irripetibile ed originalissima.Le composizioni pittoriche che rappresentano eventi e situazioni di vita vissuta o configurazioni di ambienti costituiscono tutte una fonte conoscitiva di inestimabile valenza. Agli attenti osservatori esse costituiscono archivi storici e giacimenti culturali di particolare ampiezza ed intensità.D'altra parte è arte anche il complesso delle tecniche, degli strumenti e dei loro metodi d'uso concernenti una realizzazione, un'applicazione pratica nel campo dell'operare umano; cosicché è possibile scrivere di arte riferendosi ora ad un mestiere ora ad una professione. Si ha così l'arte medica, l'arte forense, etc., ma anche l'arte contabile, quella cioè esercitata da coloro che si mostrano capaci di memorizzare e di sistematizzare, seguendo un metodo preordinato e rigoroso, i fatti amministrativi, ridotti in termini quantitativi – monetari, che caratterizzano l'attività economico – finanziaria realizzata da una qualunque azienda, in modo da offrire al gestore informazioni determinanti per il buon governo dell'azienda medesima.L'obiettivo conoscitivo dell'arte contabile rimane costante nel tempo, ma gli strumenti ed il loro metodo d'uso, relativi a quell'arte, cambiano mano a mano aumenta il bagaglio delle conoscenze concernenti l'efficace utilizzo a fini gestionali dei risultati contabili rilevati periodicamente. Nel nostro studio intendiamo riferirci all'arte contabile esercitata nel Medioevo nell'ambito di famiglie di mercanti, banchieri, amministrazioni comunali, ospedali, opere pie e congregazioni religiose. In particolare, vogliamo trattare dell'ufficio della Biccherna del Comune di Siena preposto alla gestione delle pubbliche risorse finanziarie. Esso era composto da un “presidente” - il Camarlingo - e da quattro Provveditori in carica per sei mesi.I registri contabili sui quali il Camarlingo annotata giornalmente le varie operazioni finanziarie erano a fogli mobili e, pertanto, inizialmente venivano tenuti assieme da un foglio più grande sul quale veniva scritto il periodo di riferimento ed il nome del Camarlingo. Successivamente, per tenere uniti i numerosi fogli contabili si incominciò ad usare del materiale rigido, appunto delle tavolette di legno, la cui consistenza e rigidezzarendevano più agevole l'adozione e la consultazione dell'insieme dei fogli contabili relativi ai vari semestri.Le due tavolette, quella superiore e l'altra inferiore, erano legate da lacci di cuoio che costituivano la costola e sul davanti veniva posta una fibbia di chiusura, in modo da formare un vero e proprio “libro”. Fu proprio per sopperire all'anonimicità ed alla ripetitività di quei libri che, almeno a Siena, si affermò l'uso, a partire dal 1257, di far dipingere le tavolette di legno che tenevano legate e congiunte le pagine del libro contabile.Molti e di grande fama furono i pittori senesi che dipinsero le tavolette della Biccherna: Duccio di Boninsegna, Ambrogio Lorenzetti, Giovanni di Paolo, Sano di Pietro, Domenico Beccafumi e molti altri. I pittori per lo più disegnavano l'ambiente principale della Biccherna, quello in cui si svolgevano le transazioni finanziarie e, talvolta, gli operatori dell'ufficio: il Camarlingo, i Provveditori e qualche cittadino raffigurato mentre pagava le imposte. Sul tavolo da lavoro si disegnavano spesso gli strumenti per l'esercizio dell'arte contabile: libri, penna, calamaio, grattino, forbici, monete, borse etc.È così che scorrendo le numerose rappresentazioni pittoriche delle tavolette, raccolte per lo più nell'Archivio di Stato di Siena, altre fanno bella mostra di sé nei maggiori musei del mondo, possiamo leggere, in estrema sintesi, alcuni significativi aspetti dell'evoluzione culturale della comunità medievale senese. Da esse possiamo trarre informazioni immediate non solo dei cambiamenti nell'arte pittorica adottata dagli autori dei dipinti, ma anche sull'organizzazione dell'Ufficio finanziario del Comune, la Biccherna appunto, e l'importanzasempre maggiore che veniva attribuita agli strumenti indispensabili per esercitare l'arte contabile. Possiamo acquisire informazioni concernenti l'evoluzione del “metodo” adottato nell'annotare i dati finaqnziari relativi all'attività della Biccherna solo dalla lettura dei fogli compresi nei vari “libri”, ma tale obiettivo conoscitivo è complementare e collaterale rispetto a quello principale che ci siamo posti. Insomma, osservando in ordine cronologico le tavolette di Biccherna, si “legge il tempo” nella contemporaneità dei momenti di vita vissuta da Siena, dalla sua comunità e in particolare dal suo più importante Ufficio finanziario pubblico, la Biccherna.Lo studio intende evidenziate appunto la correlazione fra arte figurativa e arte contabile attraverso le tavolette dipinte dei libri contabili della Biccherna senese.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Bidussa, David. "Scrivere e leggere Carlo Pisacane di Nello Rosselli." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 259 (November 2010): 263–83. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-259004.

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La biografia di Carlo Pisacane, scritta da Nello Rosselli e pubblicata nel 1932, non č solo un "classico", ma č un testo in cui l'uso politico del passato č fondamentale. Un dato che non significa falsificazione o "invenzione del passato". In quel testo Rosselli propone un nuovo modo di studiare il Risorgimento e un'interpretazione politica di una delle sue figure piů discusse, sia sul piano dell'azione che su quello della riflessione politica. Un'interpretazione che l'antifascismo italiano colse immediatamente alla pubblicazione del volume, e con cui si identificň anche dopo la caduta del fascismo.
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Onelli, Corinna. "Tradurre, leggere, scrivere il Satyricon di Petronio nel Seicento." Cuadernos de Filología Italiana 27 (July 7, 2020): 109–35. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.63246.

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L’articolo prende in esame un manoscritto seicentesco (Ang) recante la traduzione in italiano del Satyricon di Petronio, opera dell’Antichità celebre per i suoi contenuti osceni. La traduzione è anonima e si ipotizza di origine settentrionale (Venezia?). Ang non è autografo e probabilmente rappresenta una pubblicazione clandestina. Il confronto sistematico del testo di Ang con le edizioni del Satyricon (in latino), pubblicate fra Cinque e Seicento, ha mostrato come l’autore della traduzione fosse del tutto alieno da preoccupazioni di natura filologica. Quest’ultimo mostra tuttavia una buona padronanza dell’italiano letterario. Il copista che ha materialmente redatto Ang, più che verosimilmente su commissione, rivela invece di non padroneggiare pienamente la norma dello scritto. Inoltre, la punteggiatura, l’organizzazione del testo, così come il particolare uso del richiamo, suggeriscono che Ang possa essere stato espressamente realizzato per essere letto ad alta voce. Il testo della traduzione, così come trasmesso da Ang, contiene delle glosse esplicative atte a delucidare il testo petroniano e, soprattutto, l’italiano originariamente impiegato dal traduttore, chiosato in una varietà meno letteraria (talvolta addirittura ricorrendo al dialetto – di area perugina). Questa complessa stratificazione testuale prova l’effettiva circolazione della traduzione attraverso l’Italia così come il suo progressivo adattarsi ad un pubblico sempre meno esigente.
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Picerno, Angelo. "Il pagamento e la valenza simbolica del denaro nella pratica analitica." STUDI JUNGHIANI, no. 50 (January 2020): 19–36. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2019oa8377.

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Cosa significa rispondere ad una regola analitica circa l'uso del denaro e la gestione del pagamento nella pratica clinica? E con quali criteri è opportuno stabilirla ed applicarla? Nel pieno riconoscimento dei validi, seppur pochi, contributi teorici di ordine tecnico, l'autore prende le mosse da due esperienze cliniche di lavoro, per delineare e mettere a punto la possibilità di un approccio che consideri più aspetti nella definizione di una "buona regola di pagamento", capace di favorire un dialogo tra prassi già validate e generalmente accettate ed un principio più squisitamente junghiano, che riconosce all'unicità dell'incontro con l'altro e alle risonanze interne dell'analista una valida cornice epistemologica entro cui inserire - leggere ed utilizzare in chiave simbolica - criteri, potenzialità e limiti di regole che nascono ed evolvono con il naturale dispiegarsi dei singoli percorsi d'analisi.
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Guerrera, Anna, and Giuseppina Cavarretta. "Uno studio in rosso. Il lato ericksoniano di Sherlock Holmes." IPNOSI, no. 1 (July 2021): 65–71. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2021-001005.

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"Uno studio in rosso" consente al lettore terapeuta di poter effettuare diverse operazioni di pratica ericksoniana, quali: l'analisi delle tecniche di osservazione, di deduzione e di ragionamento a ritroso, compresa la possibilità di leggere l'intero libro procedendo dall'ultimo capitolo fino al primo. Qualunque sarà la modalità, ciò in cui l'osservatore ericksoniano si imbatterà saranno i minimal cues, l'intelligenza d'azione, le correlazioni tra gli elementi apparentemente accidentali e le costanti del comportamento umano. Gli indizi ci sono tutti, non resta che inve-stigare!
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Subrizi, Carla. "Scrivere la storia dell’arte: metodologia e ricerca negli ultimi decenni." Boletín de Arte, no. 38 (October 31, 2017): 171–78. http://dx.doi.org/10.24310/bolarte.2017.v0i38.3362.

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All’inizio del nuovo secolo la questione della storia del’arte e dei metodi da utilizzare per la ricerca riapre molti interrogativi e determina la necessità di una revisione critica della storiografia del passato XX secolo. Molte iniziative dimostrano la necessità che molti storici dell’arte, nelle Università italiane ma anche internazionali avvertono in questi anni: i dipartimenti di storia dell’arte, nelle differenti denominazioni che hanno in Europa e in altri paesi del mondo, concentrano ricerche e iniziative sullo stato della storia dell’arte, su quanto sia necessario rivedere e interrogare le strategie della sua costruzione, nonché l’identificazione dei documenti e materiali d’archivio considerati le sue «fonti». Tali problemi coinvolgono gruppi di lavoro e ricerche differentemente orientati, all’interno dei quali è tuttavia possibile individuare premesse simili che da una parte affrontano la questione su un piano teorico e metodologico, dall’altro si concentrano su casi di studio, su particolari aspetti storici e filologici, per mettere in pratica, nuove ipotesi di studio e ricerca. Il saggio si sofferma su tali questioni e analizza alcuni passaggi fondamentali della bibliografia più recente.
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Loreto, Paola. "«Inglesizzare» Dante: tre traduzioni recenti dell'Inferno da parte dei poeti americani." ACME 74, no. 2 (September 14, 2022): 181–95. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/18667.

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Il saggio mette a confronto tre fra le traduzioni più importanti della Commedia curate da poeti americani negli anni 2000, prendendo in analisi le loro strategie e tecniche traduttive e i conseguenti risultati estetici. La base del confronto sono le intenzioni traduttive dichiarate dai poeti-traduttori, il modo in cui hanno cercato di porle in pratica, e l’interpretazione dei loro risultati alla luce della teoria dei translation studies recente. Le idee di Lawrence Venuti sulle «versioni dei poeti» e su come leggere una traduzione, specialmente in un contesto di world literature, sono risultate particolarmente utili nel caso dei tentativi di questi poeti-traduttori di riscrivere un testo poetico autonomo, e di trasportare la complessità della poesia di Dante, potentemente padroneggiata, attraverso due tradizioni letterarie diverse.
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Silva, António O. José Marques da. "Dalla scomparsa ceramica romana alle identità frammentarie dei tempi postmoderni: sull’uso del concetto di identità nell’archeologia romana." Romanitas - Revista de Estudos Grecolatinos, no. 8 (March 8, 2017): 160. http://dx.doi.org/10.17648/rom.v0i8.16644.

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Negli ultimi due decenni gli studi dell’archeologia romana hanno conosciuto un più rilevante slittamento concettuale. Durante questo periodo abbiamo assistito ad un graduale declino dell’uso del vecchio concetto di romanizzazione in seguito al rifiuto delle premesse epistemologiche che comportava. Allo stesso tempo, abbiamo constatato un uso via via più frequente del concetto di identità e la sostituzione del concetto di romanizzazione da parte di una forma di estensione di identità culturale romana, concepita come un’analogia con il processo di globalizzazione che definisce il mondo post-moderno nel quale viviamo. Attualmente sembra difficile scrivere sulla società romana senza utilizzare la parola identità. Possiamo leggere, spesso entro un medesimo testo, un autore che parla di identità romana, identità imperiale, identità indigena, identità etnica, identità locale, identità culturale, identità spirituale o auto-identità, e la relazione fra queste identità frammentate con la cultura materiale di epoca romana. In quanto tale, l’applicazione polisemica di questo concetto nell’archeologia romana deve essere intesa alla luce del suo uso transdisciplinare tra scienze sociali e, allo stesso tempo, come nozione nel linguaggio comune della vita quotidiana. In questa comunicazione mi prefiggo di affrontare la questione di come la concezione post‑moderna del concetto di identità si ripercuota sulle modalità con cui noi ci accostiamo alla cultura materiale nell’archeologia romana; mi propongo di discutere se il concetto possa realmente aiutarci a comprendere come le persone classificassero se stesse in epoca romana.
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Silva, António O. José Marques da. "Dalla scomparsa ceramica romana alle identità frammentarie dei tempi postmoderni: sull’uso del concetto di identità nell’archeologia romana." Romanitas - Revista de Estudos Grecolatinos, no. 8 (March 8, 2017): 160. http://dx.doi.org/10.17648/romanitas-n8-16644.

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Negli ultimi due decenni gli studi dell’archeologia romana hanno conosciuto un più rilevante slittamento concettuale. Durante questo periodo abbiamo assistito ad un graduale declino dell’uso del vecchio concetto di romanizzazione in seguito al rifiuto delle premesse epistemologiche che comportava. Allo stesso tempo, abbiamo constatato un uso via via più frequente del concetto di identità e la sostituzione del concetto di romanizzazione da parte di una forma di estensione di identità culturale romana, concepita come un’analogia con il processo di globalizzazione che definisce il mondo post-moderno nel quale viviamo. Attualmente sembra difficile scrivere sulla società romana senza utilizzare la parola identità. Possiamo leggere, spesso entro un medesimo testo, un autore che parla di identità romana, identità imperiale, identità indigena, identità etnica, identità locale, identità culturale, identità spirituale o auto-identità, e la relazione fra queste identità frammentate con la cultura materiale di epoca romana. In quanto tale, l’applicazione polisemica di questo concetto nell’archeologia romana deve essere intesa alla luce del suo uso transdisciplinare tra scienze sociali e, allo stesso tempo, come nozione nel linguaggio comune della vita quotidiana. In questa comunicazione mi prefiggo di affrontare la questione di come la concezione post‑moderna del concetto di identità si ripercuota sulle modalità con cui noi ci accostiamo alla cultura materiale nell’archeologia romana; mi propongo di discutere se il concetto possa realmente aiutarci a comprendere come le persone classificassero se stesse in epoca romana.
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Дисертації з теми "Pratica del leggere e scrivere"

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POZZI, Alessandra. "Materiali per una sociologia del libro: senso, rappresentazioni e significati simbolici del libro nella tarda modernità." Doctoral thesis, Università degli Studi di Verona, 2011. http://hdl.handle.net/11562/347574.

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Materiali per una sociologia del libro: senso, rappresentazioni e significati simbolici del libro nella tarda modernità Alla luce delle possibilità offerte dalle innovazioni tecnologiche dell’era digitale, in grado di proporre nuove soluzioni per la scrittura e la lettura e quindi di introdurre mutamenti per quanto attiene i meccanismi ed i comportamenti che presiedono alla pratica del leggere e scrivere, obiettivo della ricerca è comprendere se nel libro cartaceo tradizionale – tecnologia della parola che diviene oggetto culturale e materiale insieme – si ravvisi ancora oggi, nella vita quotidiana, un senso, quali siano le sue rappresentazioni e i significati simbolici in particolare in quest’epoca tardo-moderna che non riesce ad affrancarsi completamente da alcuni di quei processi culturali e sociali della modernità che dichiara di voler lasciare, e che, pertanto, si trova invischiata tra un passato che non è più e un futuro che non è ancora. Obiettivo ultimo quindi è dire se nel presente si sia fuori dalla civiltà del libro o meno, provando a comprendere, in particolare, se ancora oggi l’oggetto libro possa continuare ad essere guardato come un contenitore (nella tesi si prova a suggerire un luogo) in cui riversare e conservare non solo “saperi e conoscenze” ma anche “memoria e tradizioni”, e quindi significati condivisi da un’intera società; comprendere se nell’epoca attuale il libro è occasione per intessere relazioni e dare forma a rappresentazioni simboliche, assumendo inoltre un ruolo decisivo sia per la costruzione dell’identità individuale sia per quella dell’identità sociale. Questi gli obiettivi posti a fondamento della ricerca empirica, cui precede una riflessione teorica che, per meglio introdurre tali questioni, si propone di mettere in luce come, storicamente, l’avvicendarsi dei cambiamenti circa le diverse forme di oralità e scrittura assunte nelle distinte civiltà abbia comportato alcune trasformazioni culturali e sociali in particolare per ciò che concerne tre diverse questioni: le rivoluzioni del sensorio nel passaggio epocale tra le società orali-aurali e quelle successive all’invenzione della scrittura; l’invenzione del libro a stampa come propulsore per l’avvio dell’epoca moderna; il ruolo della scrittura, e più nello specifico del libro, per il senso della memoria individuale e collettiva. La tesi, nel suo complesso, può essere letta seguendo tre direttrici: 1. materialità dell’oggetto tradizionale e dei potenziali sostituti (ponendo lo sguardo sul senso attribuito al supporto); 2. funzionalità dell’oggetto (ponendo lo sguardo sul senso attribuito al valore d’uso, al valore simbolico di scambio e al valore sacrale); 3. corporeità agita sull’oggetto (ponendo lo sguardo sul senso attribuito alla dimensione sensoriale). I guadagni maggiormente degni di nota trattano i seguenti argomenti: - il senso del libro oggi è ancora fortemente radicato nella vita quotidiana; in particolare poiché strettamente connesso con gli aspetti sensoriali promossi dal supporto cartaceo che si ritiene, quantomeno allo stato attuale, ancora ineguagliato dai supporti digitali. Come a dire: il libro tiene, perché, e ancor più, tiene la carta; - gli intervistati, riferendo delle questioni che ruotano attorno al senso del libro, fanno emergere come significativo il concetto di “ambivalenza”: in particolare per quanto attiene la tematica specifica sulla sacralità dell’oggetto, l’individuazione dei vantaggi o, rovesciati di segno, degli svantaggi offerti dai supporti digitali e multimediali rispetto al libro; il concetto di maggiore veridicità, reale o presunta, dei contenuti pubblicati su carta e controllati dal circuito tradizionale di produzione; la problematizzazione della questione inerente democratizzazione e partecipazione offerte dalla rete; la questione se il libro contribuisca o meno a dare prestigio sociale. - intorno all’oggetto permane un’aura sacrale, non tanto per ciò che attiene i suoi contenuti quanto poiché assume aspetti di feticcio in conseguenza dell’“impronta personale” che su di esso è possibile tracciare (aspetti strettamente legati alla corporeità e quindi, ancora una volta, alla sensorialità implicata); - ad oggi i nuovi supporti digitali non vengono creduti necessariamente più sicuri per la salvaguardia dei contenuti; anche la fruizione di contenuti digitali, ove praticata, resta in misura significativa vincolata al passaggio alla carta – attraverso la stampa – che consente maggiore leggibilità e possibilità di personalizzazione. A conclusione dell’analisi dei testi, in particolare in base ai comportamenti agiti e dichiarati dagli intervistati, si riferisce di tre distinte modalità comportamentali (ed i nuclei di idee da cui muovono), riferibili seguendo la specifica direttrice legata al grado di rilevanza attribuito agli aspetti sensoriali nel dire del senso del libro: (A) modalità “appassionata”, (B) modalità “possibilista”, (C) modalità “indifferente”. In generale la ricerca empirica porta a concludere che oggi il senso del libro spesso è associato all’idea che esso sia la tessera di un puzzle più grande, in cui l’esperienza si amplifica, in cui si avvia un percorso di senso che non finisce nella sua lettura, ma prosegue nella fruizione di immagini, suoni, filmati e musica scaricabili altrove; autosufficiente ancora per molti aspetti, tassello centrale da cui muovere per attaccare tutti gli altri, è innegabile che però da solo non possa più comporre il disegno definitivo della realtà contemporanea. È così che oggi, questa la risposta che si crede di aver guadagnato, pur non essendo più nella civiltà moderna del libro, non si è ancora a pieno titolo nella civiltà post-moderna del libro digitalizzato.
Material for a sociology of the book: sense, representations and symbolic meanings of the book in the late Modernity In the light of the possibilities offered by the technological innovations of the digital era, that propose new solutions for writing and reading introducing changes about dynamics and behaviours that concern the practice of reading and writing - the objective of this study is to understand if in the traditional paper book it is recognized still today, in the daily life, a sense, which are its representations and its symbolic meanings, in particular in this late modern age, that does not manage to get completely free of some of the cultural and social processes of the modernity that it affirms to want to get rid of. The final goal is therefore is to say if in the present time we are out from the civilization of the book or not, trying to comprehend, in particular, if today the object book can still be seen as an holder (in this thesis it is suggested a place) where to transfer and file not only “knowledge and learning”, but also “memory and traditions”, that is to say meanings shared by the whole society. Also, to understand if in the present age the book is occasion for creating relationships and giving shape to symbolic representations, playing therefore an important part both in the building of the individual and social identity. These are the main objectives at the basis of the empiric research, preceded by a theoretic consideration that, in order to better introduce this matter, tries to highlight how the historical changes about the different forms of orality and literacy assumed in the different civilizations have entailed some big cultural and social transformations, in particular about what concerns three different matters: first, the revolutions of the sensory in the epoch-making transit between the oral societies and the ones successive to the invention of writing. Secondly, the invention of the printed book as the launch engine for the beginning of the modern age. Finally, the role of writing, in particular of the book, in the sense of the individual and social memory. The thesis can be therefore read following three main guidelines: 1. Materiality of the traditional object and its potential substitutes (Highlighting the meaning attributed to the support); 2. Functionality of the object (Highlighting the meaning attributed to the fruition value, to the symbolic exchange value and to the sacral value); 3. Corporeity acted on the object (highlighting the meaning attributed to the sensorial dimension). The main results concern the following themes: - the sense of the book is still deep-rooted in daily life; particularly because strongly connected with the sensorial aspects promoted by the paper support that is currently considered not yet equalled by the digital supports. That is to say: the book lasts because the paper lasts. - The interviewed, referring to the matters around the sense of the book, remark the concept of “ambivalence”: in particular, for what concerns the specific subject of the sacrality of the object, the spotting of the advantages and disadvantages offered by the digital and multimedia supports compared to the book; the idea of the greater truthfulness, real or presumed, of the contents published on paper and controlled by the traditional production chain; the matter of democratization and participation offered by the net; the question if the book concurs to give social prestige as a status symbol. - Around the object “book” it remains a “sacral aura”, not only for its contents but also for its “fetish” aspect, consequently to the personal mark that it is possible to leave on it (aspects deeply connected to corporeity and therefore, once again, to the implied sensoriality); - To this day the new digital supports are not necessarily considered safer for the protection of the contents; also the use of digital contents, when practiced, remains significantly linked to the paper – through printing – that allows an easier way to read and personalize the text. As a conclusion of the analysis of the texts, in particular on the basis of the behaviours acted and declared by the interviewed, it is possible to indicate three different behavioural modalities, identified on the basis of the specific outline about the relevance degree assigned to the sensorial aspects talking about the sense of the book: (A) “passionate” modality, (B) “possibilist” modality, (C) “indifferent” modality. It can be affirmed that the general conclusion of the empiric study is that currently the sense of the book is often associated to the idea that it is a piece of a bigger jigsaw puzzle, where the experience is amplified, where it is possible to start a way of sense that does not concludes in the reading, but continues in the fruition of images, sounds, videos and music elsewhere. The book can be therefore said still self-sufficient for many aspects, central piece of the jigsaw puzzle linked to all the others, but at the same time it is undeniable that it cannot anymore compose by itself the definitive representation of the contemporary reality. This is why it is possible to affirm that the result of this essay is that, in the present day, even if not anymore in the modern civilization of the book, we are not yet completely and legitimately in the post-modern civilization of the digitized book.
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Книги з теми "Pratica del leggere e scrivere"

1

Innocenti, Piero. La pratica del leggere. Milano: Editrice Bibliografica, 1989.

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2

Sini, Carlo. Scrivere il fenomeno: Fenomenologia e pratica del sapere. Napoli: Morano, 1997.

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3

Raponi, Simone. Lo scriba contemporaneo: Leggere, studiare, scrivere ai tempi del digitale. Todi (PG): Tau editrice, 2015.

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4

AmicoLibro. Quaderno Del Corsivo per Classi Seconda e Terza: Usare il Corsivo per Leggere, Scrivere e Conoscere le Regole Della Lingua Italiana. Independently Published, 2022.

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5

Power, Hayden J. Linguaggio Del Corpo: Guida Pratica per Imparare a Leggere il Corpo e Analizzare Istantaneamente le Persone, I Pensieri e le Individualità, Attraverso la Conoscenza Dell'arte Del Body Language. Independently Published, 2020.

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6

Scuola, Universo. Impariamo il Corsivo - a COLORI: Il Mio Quaderno Del Corsivo - 100 Pagine Di Pratica - Imparare a Scrivere in Corsivo - Quaderno Di Scrittura - Libro Di Esercizi per Bambini. Independently Published, 2020.

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