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Дисертації з теми "PATOLOGIA SPERIMENTALE E CLINICA"

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1

DECLEVA, EVA. "RUOLO DELLE INTEGRINE LEUCOCITARIE NELL'ADESIONE E NELL'ATTIVAZIONE METABOLICA DEI LEUCOCITI POLIMORFONUCLEATI NEUTROFILI UMANI STIMOLATI CON IL FATTORE DI NECROSI TUMORALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1999. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12791.

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Анотація:
1997/1998
La matrice extracellulare (MEC) è in grado di modulare diverse funzioni cellulari, quali la proliferazione, la differenziazione, la chemiotassi, la produzione di citochine, ecc .. Per quanto riguarda i leucociti polimorfonucleati neutroftli (PMN), si è visto che queste cellule rispondono al fattore di necrosi tumorale (TNF) con una consistente e sostenuta produzione di 02- (burst respiratorio) solo se poste a contatto con determinate proteine della MEC. Nel nostro laboratorio è stato dimostrato, ad esempio, che PMN incubati con TNF su superfici rivestite con fibronectina (FN) aderiscono a questo substrato e vanno incontro ad attivazione del metabolismo ossidativo, mentre su superfici rivestite con altre proteine della matrice, come la laminina (LM), rispondono alla citochina con un aumento di adesione, ma non con l'attivazione metabolica. Pertanto, affmchè i PMN producano 02- quando stimolati con il TNF, sembra essere indispensabile un particolare tipo di interazione adesiva di queste cellule con la matrice. I recettori che mediano l'adesione delle cellule alla MEC sono le integrine, glicoproteine transmembranarie abbondantemente espresse anche dai PMN. In particolare, i neutroftli espongono in superficie soprattutto integrine appartenenti alle sottofamiglie ~~ e ~2; entrambi i tipi di molecole si sono dimostrati capaci di riconoscere la FN e di mediare quindi l'adesione dei PMN a questa proteina di matrice, che risulta permissiva ai fmi del burst indotto dal TNF. Gli studi condotti hanno permesso di dimostrare che sol~ le integrine ~2 sono coinvolte nella risposta adesiva e ossidati va al TNF da parte dei PMN sulla FN. Dati di letteratura indicano che, delle tre integrine ~2 espresse dai PMN ( aL~2, aM~2, ax~2), solo aL~2 e ax~2 sono in grado di mediare di per sé (cioè in assenza di stimoli solubili) una produzione di 0 2- da parte dei PMN; è pertanto legittimo pensare che l'attivazione metabolica di queste cellule indotta dal TNF sulla FN, sia riferibile a questi due tipi di integrine. Bisogna sottolineare tuttavia che: l. la diversa attitudine delle tre integrine ~2 a trasdurre il segnale per la produzione di 02- è stata stabilita esclusivamente per le molecole costitutivamente espresse sui PMN; l 2. la funzionalità delle integrine può venir modificata da agenti "attivanti" come è il caso del TNF; 3. questa citochina, oltre a fungere da attivatore delle integrine, agisce anche da secretagogo e le fa quindi iperesprimere; 4. le integrine che vengono traslocate sulla plasmamembrana in seguito a stimolazione dei PMN da parte di agenti degranulanti possono esibire caratteristiche funzionali diverse rispetto alle integrine espresse costitutivamente. N o n si può allora escludere che, in condizioni di stimo lazio ne, altri tipi di integrine acquisiscano la competenza a trasdurre alla cellula il segnale per l'attivazione metabolica. Lo scopo di questa tesi è stato pertanto di individuare la/le integrine ~2 direttamente responsabili della produzione di 0 2- da parte dei PMN stimolati con TNF sulla FN. Inizialmente abbiamo cercato di stabilire in che misura aL~2, aM~2 e ax~2 fossero coinvolte nell'adesione, indotta da TNF, dei neutro fili a questa proteina della MEC. L'approccio sperimentale consisteva nell'impedire selettivamente l'interazione di ciascun tipo di integrina ~2 con la FN, mediante l'utilizzo di anticorpi monoclonali diretti contro le diverse catene a. V aiutando le conseguenti modificazioni della risposta adesiva dei PMN al TNF, si è potuto stabilire che: l. l' integrina aL~2 è poco o per nulla coinvolta nel mediare l'adesione TNF-dipendente dei neutro fili alla FN; infatti, il numero di PMN aderenti al substrato non veniva alterato in maniera significativa dall'anticorpo an ti aL; inoltre, aggiungendo al mezzo di incubazione la miscela di anticorpi anti aM e anti ax (condizione in cui aL~2 rimane l'unica integrina ~2 in grado di interagire con la FN), l'adesione dei PMN stimolati con TNF era riportata a valori basali. 2. l'adesione alla FN dei neutro fili stimolati con TNF è sostenuta essenzialmente da aM~2 e, in misura minore, da ax~2; l'utilizzo dei mAb specifici determinava infatti una significativa inibizione del numero di cellule adese. Andando poi a valutare le conseguenze del "knock out" selettivo delle varie integrine ~2 sulla risposta metabolica dei PMN al TNF, sembrava che tutti e tre i tipi di molecole fossero coinvolti nella produzione di 0 2- sulla FN (i relativi mAb anti a inibivano significativamente, seppure in misura diversa, la risposta ossidativa). Poichè l'attivazione metabolica dei neutrofili indotta dal TNF è strettamente adesione-dipendente, era però importante veri- 2 ficare se il ruolo di ciascuna integrina nel burst fosse diretto o indiretto; si trattava cioè di capire, per ognuna di esse, se fosse in grado di trasdurre alla cellula il segnale per la produzione di 02- o se contribuisse alla risposta ossidativa semplicemente garantendo l'adesione dei PMN alla FN. Il problema non sussisteva, ovviamente, per aL~ 2 che era già risultata estranea al fenomeno prettamente adesivo, ma riguardava piuttosto le altre due integrine, sicuramente coinvolte nell'aggancio PMN-FN. Per ottenere una prova diretta della capacità delle singole integrine ~2 di mediare il segnale per l'attivazione metabolica, ci siamo avvalsi di un altro modello sperimentale: i PMN venivano stimolati con TNF su superfici rivestite con mAb anti a, in un mezzo di incubazione privo di Ca2+/Mg 2+. Ciò permetteva di ottenere il crosslinking selettivo dell'integrina d'interesse attraverso il riconoscimento specifico antigene (integrina)-anticorpo e, nel contempo, di prevenire qualsiasi risposta aspecifica dovuta al contatto degli altri due tipi di molecole con il substrato; infatti, l'assenza di ioni divalenti compromette la capacità pro adesiva delle integrine ~ 2 ed annulla di conseguenza la produzione di 02- indotta da TNF. E' stato così possibile accertare che, "catturando" i PMN attraverso aL~2 si ha una produzione di 02- sovrapponibile a quella ottenuta dal crosslinking indiscriminato di tutte le integrine ~2 (PMN incubati con TNF su un mAb diretto contro la catena ~2 comune); invece, "catturando" le cellule attraverso aM~ 2 o ax~2 la quantità di 02- prodotta non è superiore a quella ottenuta sul mAb di controllo (anti HLA-A, B, C). Le risposte ossidative registrate sui mAb anti aL e anti ~2 si sono dimostrate assolutamente specifiche, in quanto inibibili dal relativo anticorpo solubile aggiunto al mezzo di incubazione, ma non dal mAb di controllo. Complessivamente, grazie a questo approccio sperimentale abbiamo potuto confermare il ruolo diretto di aL~2 nella risposta metabolica dei PMN al TNF ed escluderlo invece sia per aM~2 che per ax~2, integrine a cui va attribuito comunque il ruolo fondamentale di garantire un efficace contatto neutro filo- FN. Il modello dei mAb immobilizzati è stato inoltre utile per approfondire la conoscenza del meccanismo d'azione del TNF nell'indurre la risposta metabolica attraverso le integrine, in particolare per indagare sul contributo del citoscheletro nel fenomeno studiato. Avevamo infatti osservato che i PMN trattati con TNF sulle superfici rivestite con anticorpi anti aL o anti ~2, pur rispondendo con una cospicua produzione di 0 2-, non assumevano assoluta- 3 mente la morfologia spread che, per quanto fmora noto, è indispensabile al burst metabolico indotto dal TNF. Pertanto, per stabilire in che misura il riassemblaggio del citoscheletro fosse responsabile della risposta ossidativa sui mAb immobilizzati, abbiamo voluto verificare quanto essa fosse sensibile alla citocalasina B (CB), inibitore della polimerizzazione dell'actina, e alla genisteina, inibito re di tiro sin chinasi coinvolte nell'aggancio delle integrine al citoscheletro. Dai risultati ottenuti con questo tipo di esperimenti risulta evidente che CB e genisteina inibiscono solo parzialmente la risposta metabolica al TNF sul mAb anti aL, lasciando nel contempo inalterato il numero di cellule catturate dall'anticorpo immobilizzato. Ciò indica che, in una condizione sperimentale in cui la presenza di mAb specifici garantisce l'aggancio ottimale dell'integrina trasduttrice del segnale per l'attivazione metabolica, l'azione stimolatoria del TNF è in buona parte svincolata dalla polimerizzazione del citoscheletro; in condizioni fisiologiche, al contrario, il riassemblaggio citoscheletrico risulta indispensabile e si può ipotizzare che abbia la funzione di consentire un'appropriata interazione aLPz-substrato. Il ruolo del TNF nell'attivazione metabolica non si può comunque ridurre a quello di semplice induttore di un'adesione che consente l'efficiente impegno di aLPz; dal confronto dei dati ottenuti, nel modello dei mAb immobilizzati, con cellule a riposo e stimolate con la citochina, è emerso che aLp2, costitutivamente capace di segnalare per la produzione di Oz-, potenzia la sua attività nei PMN stimolati con TNF. Ciò non è d'altra parte attribuibile ad una modificazione quantitativa delle integrine coinvolte, dal momento che aLPz non è iperesprimibile (il numero di cellule "catturate" dal mAb specifico è infatti lo stesso sia in condizioni resting che di stimolazione); i risultati ottenuti suggeriscono pertanto che il TNF esalti la funzione trasduttrice di aLp2, inducendo una modificazione strutturale dell'integrina attraverso un meccanismo di segnalazione inside-out.
X Ciclo
1968
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2

PERROTTA, MARIA GIOVANNA. "STUDI SUL MECCANISMO DEL PROCESSO SECRETORIO IN GRANULOCITI UMANI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2003. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12482.

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3

CASARSA, CLAUDIA. "MODELLO SPERIMENTALE DI FLOGOSI INDOTTA DAL COMPESSO TERMINALE DEL COMPLEMENTO NEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE DI RATTO." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12727.

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4

BOSSI, FLEUR. "INTERAZIONE COMPLEMENTO-ENDOTELIO NELLA FLOGOSI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13129.

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Анотація:
2003/2004
Numerose molecole circolanti nel sangue possono interagire con l'endotelio portando all'attivazione della cascata della coagulazione o all'insorgenza dei fenomeni proinfiammatori. Tra le molecole che possono reagire con le cellule endoteliali (EC) ci sono anche i prodotti di attivazione del sistema del complemento (C). Il sistema del C è un componente dell'immunità naturale, che svolge un ruolo essenziale nella difesa contro agenti infettivi e nella rimozione degli immunocomplessi, e rappresenta un importante mediatore del processo flogistico. L'attivazione della sequenza complementare può avvenire essenzialmente attraverso tre vie che portano prima all'attivazione del C3 e, successivamente, tramite la produzione del C3b, alla formazione delle C5 convertasi. Tale molecola scinde il C5 liberando il C5a ed il C5b, che espone il sito di legame per i componenti successivi. Quando il C5b6 si lega al C7, il complesso va incontro ad una transizione strutturale idrofilica-anfifilica per cui, per alcuni millisecondi, espone siti di legame per i fosfolipidi di membrana. Il complesso C5b67 che si forma sulla membrana di una cellula bersaglio si inserisce nel doppio strato lipidico e lega il C8 ed il C9, che polimerizza formando il MAC (Membrane Attack Complex), e causa la lisi del bersaglio. Se la reazione avviene in fase fluida, il C5b67 perde rapidamente la capacità di legarsi a membrane cellulari attraverso il sito idrofobico e diffonde nel microambiente, mantenendo la capacità di legare i successivi componenti terminali C8 e C9. Si forma così un complesso terminale citoliticamente inattivo (iTCC). Il complesso terminale che si trova in circolo, in seguito alla attivazione del sistema, viene più frequentemente definito SC5b-9, in quanto presenta anche la proteina S o vitronectina. Studi condotti nel nostro laboratorio hanno permesso di documentare che l'iTCC stimola l'espressione di ELAM, di VCAM-le di ICAM-1 sulle EC e promuove la flogosi favorendo l'adesione, la migrazione e l'accumulo tissutale di neutrofili. Il primo obiettivo di questa tesi è stato quindi quello di valutare il contributo dell'iTCC e della sua forma presente nel torrente circolatorio, l'SC5b-9, all'induzione di un'altra manifestazione della flogosi, la permeabilità vascolare. Inizialmente, abbiamo voluto accertare se il complesso potesse promuovere l'aumento della permeabilità endoteliale, utilizzando un modello "in vitro". Abbiamo poi studiato il ruolo dell'endotelio in questo fenomeno andando a considerare quali potessero essere i fattori coinvolti nell'aumento della permeabilità. Sono stati utilizzati particolari inibitori del Platelet-Activating Factor (PAF) e del sistema delle chinine, che risultano essere molecole particolarmente coinvolte nelle risposte endoteliali durante questa fase della flogosi. I dati ottenuti con il modello "in vitro" sono stati supportati anche da esperimenti condotti "in vivo" nel ratto. Infine abbiamo voluto esaminare l'effetto dell' SC5b-9 sull'integrità dell'endotelio utilizzando tecniche di microscopia elettronica a trasmissione su sezioni "ex vivo".  La formazione del complesso terminale avviene nel torrente circolatorio, e si deposita su alcuni tessuti in condizioni patologiche. E' noto, infatti, che i componenti complementari, compresi quelli terminali, sono sintetizzati non solo dalle cellule epatiche ma anche da molte altre cellule presenti nei tessuti, come macrofagi, fibroblasti e cellule endoteliali. Studi condotti nel nostro laboratorio avevano dimostrato che le HUVEC sono in grado di sintetizzare C3 e C7. Il secondo obiettivo della tesi è stato quello di esaminare la possibilità che il C7 sia presente sulla membrana delle EC ed agisca da accettore silente per i componenti complementari terminali attivati, garantendo alle EC una protezione contro un'eccessiva attivazione del sistema. Per valutare la presenza dei componenti C3 e C7 sulla membrana sono state applicate diverse tecniche comprendenti l 'ELISA, la microsopia a fluorescenza e quella elettronica a trasmissione. Inoltre, dopo aver dimostrato la presenza sulla membrana cellulare del C7 ma non del C3, abbiamo studiato i possibili ruoli funzionali di tale molecola, accertando una eventuale attività di "decoy acceptor" per gli altri componenti complementari. In particolare, si è valutato un possibile effetto protettivo sulle EC, svolto dal C7 di membrana, nei confronti del TCC solubile. Abbiamo studiato quindi come la formazione del complesso terminale sul C7 di membrana (mTCC) inibisca l'effetto proinfiammatorio svolto dal TCC solubile sulle EC, valutando l'espressione delle molecole di adesione, la produzione di IL-8 e l'aumento della permeabilità vascolare. Nella prima parte di questa tesi abbiamo dimostrato che sia l'iTCC sia il complesso presente in circolo, l'SC5b-9, inducono aumento della permeabilità vascolare, promuovendo la flogosi. L'attività permeabilizzante svolta dal TCC è mediata dal rilascio da parte delle EC di molecole vasoattive quali PAF e bradi chinina (BK). I risultati ottenuti utilizzando modelli "in vitro", sono stati confermati anche in un modello "in vivo" nel ratto. L' SCSb-9 induce la permeabilità vascolare provocando l'apertura delle giunzioni intercellulari. Abbiamo dimostrato, inoltre, che l'effetto vasopermeabilizzante provocato dal complesso terminale viene inibito dagli antagonisti dei recettori della BK di tipo B2 e del PAF. Nella seconda parte abbiamo valutato l'espressione dei componenti del C sulla membrana delle EC. Abbiamo dimostrato che il C7 è presente sulle EC isolate da vari distretti tissutali, e che è covalentemente legato alla membrana. L'espressione del C7 è modulata da diverse citochine e la molecola, simile a quella solubile, mantiene la capacità di legare gli altri componenti terminali formando il TCC sulla membrana cellulare (mTCC). Il C7 di membrana svolge una funzione di "decoy acceptor" per il TCC nascente, ed è in grado di inibire tutte le attività proinfiammatorie del complesso solubile, quali l'espressione delle molecole di adesione, la secrezione della IL-8 e l'aumento della permeabilità vascolare.
XVII Ciclo
1975
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
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5

SPESSOTTO, PAOLA. "ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI UMANI INDOTTA DA PROTEINE CATIONICHE GRANULARI DEGLI EOSINOFILI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1994. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12827.

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6

ROMANO, MAURIZIO. "CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DELLE CARENZE EREDITARIE DI EO- SINOFILO PEROSSIDASI E MIELOPEROSSIDASI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1994. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12829.

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7

BROCHETTA, CRISTIANA. "MECCANISMO MOLECOLARE DELLA SECREZIONE NELLE CELLULE INFIAMMATORIE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13311.

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Анотація:
2004/2005
I complessi meccanismi di difesa che vengono messi in atto da un organismo in risposta ad un agente infettivo si traducono in uno stato generalmente definito come infiammazione, che rappresenta anche la base del processo di guarigione. Il processo infiammatorio, che viene tipicamente scatenato per arginare un'infezione, è un fenomeno utile, che allo stesso tempo può però rappresentare un potenziale pericolo per la salute. Infatti, se si instaurano le condizioni che conducono ad un'infiammazione cronica (l'agente perturbato re non è eliminato, il processo di riparazione non è ultimato e l'equilibrio interno non è ristabilito) si possono verificare gravi danni tissutali e si possono addirittura creare le condizioni favorevoli alla crescita e alla progressione neoplastica. Per queste ragioni risulta importante capire in dettaglio quali siano i meccanismi che lo regolano, al fine di favorirlo o di ostacolarlo, a seconda della necessità. Il processo secretorio è uno degli eventi di base più importanti per l'innesco dello stato d'infiammazione e per l'attività anti-batterica delle cellule infiammatorie. Lo scarico del contenuto dei granuli secretori dei mastociti nell'ambiente extracellulare ha un notevole potenziale pro-infiammatorio e il killing dei granulociti neutrofili si realizza in un micro-ambiente che imprigiona agenti infettanti, il fagosoma, reso altamente tossico dal rilascio al suo interno, delle sostanze microbicide contenute nei granuli secretori. Appare sempre più chiaro che le modalità di regolazione dell' esocitosi pur potendo essere specifiche da cellula a cellula, seguono uno schema unitario, dal neurone al mastocita. Ad un segnale percepito da specifici recettori, la cellula secretoria costruisce un complesso proteico che aggancia la faccia esterna della membrana granulare alla faccia interna della membrana plasmatica, favorisce la fusione tra le due membrane e quindi lo scarico del contenuto granulare all'esterno. In questa tesi si dimostra nei granulociti neutro fili umani l'espressione della proteina NCS-1 (Neuronal Calcium Sensor-1), già nota nei fenomeni di trasmissione sinaptica, ma ugualmente espressa in cellule neuroendocrine ed ematopoietiche (mastociti). La sua localizzazione sui granuli azurofili dei granulociti neutrofili porta a formulare l'ipotesi di un suo possibile coinvolgimento nella degranulazione calcio-dipendente di questo compartimento granulare Le proteine appartenenti alla famiglia SM (sec-1/ m un c) sono evolutivamente conservate e presenti in ogni compartimento garnulare in cui si verifichi la fusione membranaria. Si dimostra in questa tesi che due proteine della famiglia, Munc 18-2 e Munc 18-3 sono espresse nei granulociti neutrofili, dove svolgono probabilmente un ruolo fondamentale nello scarico dei granuli azurofili. Inoltre, è indagata nei mastociti, la diretta interazione tra la proteina Munc 18-2 e la tubulina, entrambe probabilmente coinvolte nel processo dell'esocitosi composta. In questa tesi, si illustra infine un metodo per l'isolamento dei corpi dell'asbesto, che sono molto probabilmente il risultato della modificazione delle fibre di asbesto o amianto ad opera della fagocitosi e della secrezione di macrofagi e di neutro fili. Si dimostra come tali corpi dell'asbesto, considerati a lungo come inerti, possiedano in realtà una potenziale attività citotossica dovuta ai componenti che formano il loro "coating".
XVIII Ciclo
1974
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
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8

TREVISAN, ELISA. "RUOLO DEI MOVIMENTI DI IONI CLORURO NELLA DEGRANULAZIONE DEI LEUCOCITI NEUTROFILI UMANI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13333.

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9

Masat, Elisa. "Ruolo dell'endotelio nel controllo dell'infiammazione a livello dell'interfaccia materno-fetale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7869.

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2010/2011
La gravidanza costituisce una delle maggiori sfide per il sistema immunitario (SI) materno in quanto il feto costituisce un trapianto semi-allogenico. Il SI materno deve creare una situazione di tolleranza nei confronti degli alloantigeni paterni e deve garantire la protezione contro le infezioni spesso associate a patologie della gravidanza. L’endotelio è un organo dinamico ed eterogeneo, con funzioni sintetiche, secretorie ed immunologiche. Le cellule endoteliali (EC) pur essendo simili, sono estremamente plastiche ed eterogenee per funzione e morfologia nei diversi organi. Le cellule endoteliali deciduali (DEC) sono cellule particolari dal punto di vista immunologico in quanto sono le uniche EC che in condizioni fisiologiche sono in grado di produrre C1q, una delle molecole di riconoscimento del sistema del complemento. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di analizzare il comportamento delle DEC e di confrontarlo con un endotelio tipicamente pro-infiammatorio derivato dal microcircolo cutaneo, sia in condizioni basali che in risposta all’LPS. L’attivazione cellulare è stata valutata in termini di produzione di citochine mediante Luminex ed espressione di molecole di adesione. E’ stata indagata anche l’espressione del TLR4, MD2 e del CD14 ed inoltre, tramite Western blot, l’attivazione delle proteine responsabili delle due vie di trasduzione del segnale mediata dal complesso TLR4-LPS. I nostri dati dimostrano che le DEC sono iporesponsive agli stimoli pro-infiammatori, e che il C1q è responsabile della bassa risposta all’LPS andando a ridurre l’espressione genica di TLR4, MD-2, MyD88 e TRIF e di alcune citochine proinfiammatorie. In conclusione i nostri dati indicano che l’endotelio deciduale presentando un fenotipo anti-infiammatorio costituisce uno dei principali regolatori del corretto livello dell’infiammazione a livello placentare.
XXIV Ciclo
1984
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10

Lembo, Maria. "Le MICI pediatriche: analisi cellulare con luce di sincrotrone. Dati preliminari." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8639.

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Анотація:
2011/2012
Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) rappresentano un disordine cronico, idiopatico ad eziologia ancora non del tutto definita, che colpisce una o più parti dell’intestino. Le MICI sono le più importanti cause di patologia gastrointestinale nei bambini e negli adolescenti. Si distinguono due grandi quadri clinici: Malattia di Crohn (MC) e Rettocolite Ulcerosa (RCU), la cui diagnosi è generalmente basata su un insieme di evidenze cliniche, di laboratorio, radiologiche, endoscopiche ed istologiche. Al momento non esiste una cura definitiva per questa patologia. Negli anni le ricerche sono state concentrate sullo studio di farmaci che agissero sull’infiammazione in modo da migliorare la sintomatologia e restituire al paziente una qualità di vita accettabile. Dal punto di vista chirurgico recenti studi, attraverso l’analisi morfometrica e l’immunofluorescenza, hanno analizzato i cambiamenti cellulari dopo importanti resezioni intestinali, così come accade nelle MICI o nelle enterocoliti neonatali necrotizzanti (NEC). Questi studi hanno dimostrato un precoce adattamento delle cellule intestinali alle modificazioni indotte chirurgicamente che si manifesta in alcuni casi con una iperplasia dei villi digiunali ed una ipertrofia dei villi ileali nel tratto di resezione. Sulla base di queste considerazioni, scopo della ricerca è dimostrare l’evoluzione della proliferazione cellulare e dello stato infiammatorio delle cellule per comprendere quale sia la risposta cellulare alla chirurgia e quali siano eventuali possibilità di applicazione di farmaci o sostanze biologiche. Nel nostro studio sono stati analizzati con la luce di Sincrotrone, applicata sia attraverso la microtomografia che la microspectroscopia a raggi X, i reperti operatori di pazienti con MICI in cui è stato esaminato lo stato infiammatorio delle cellule. Sono state standardizzate le procedure di conservazione e preparazione dei campioni, che sono stati prelevati con il consenso parentale durante l’intervento chirurgico. L’obiettivo è stato quello di valutare le potenzialità delle analisi con luce di sincrotrone per la visualizzazione e la caratterizzazione delle cellule intestinali di ileo malato e sano in MC, identificando i procedimenti, i tempi, i risultati e quindi la fattibilità della ricerca, in modo da poter intraprendere in maniera adeguata e mirata gli esperimenti successivi. La radiazione di Sincrotrone applicata sia attraverso la microtomografia che la microspectrografia a raggi X, permette di utilizzare tecniche di imaging non disponibili con sorgenti convenzionali. Il materiale da analizzare è stato analizzato sia integralmente, in tutto il suo volume, sia sotto forma istologica e/o ulteriormente marcato con sostanze chimico-biologiche. Sul tessuto analizzato, ileo sano e patologico con MC, con la microspectroscopia è stata rilevata la distribuzione tramite mappatura di alcuni elementi chimici Na, Mg, C, O, N sulla area infiammatoria e la corrispondente microstruttura tissutale. La microtomografia ha evidenziato le aree di distribuzione della mucosa intestinale ove è presente la flogosi patologica. Gli esperimenti eseguiti sono dati preliminari sui quali lavorare per acquisire gli elementi di miglioramento delle tecniche di applicazione e raggiungere gli scopi della ricerca.
XXIV Ciclo
1967
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11

Fasolo, Alba. "Studi sui meccanismi microbicidi dei neutrofili. Ruolo dei canali protonici voltaggio-dipendenti nella regolazione del metabolismo ossidativo. Impiego di farmaci lisosomotropici per la correzione del difetto di attività microbicida nella malattia granulomatosa cronica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7870.

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Анотація:
2010/2011
Ruolo dei canali protonici voltaggio-dipendenti nella regolazione del metabolismo ossidativo Durante il burst respiratorio (RB) conseguente alla loro attivazione, i neutrofili producono specie reattive dell’ossigeno (ROS) indispensabili per l’uccisione dei microrganismi fagocitati. La produzione di ROS è mediata dalla NADPH ossidasi, un complesso enzimatico multimerico che si assembla sulla membrana dei fagociti. Diversi studi hanno suggerito che durante il RB l’attivazione della NADPH ossidasi causa una fuoriuscita di elettroni sotto forma di anione superossido (O2-) accompagnata da una depolarizzazione della membrana cellulare che, se non intervenissero i canali protonici voltaggio-dipendenti (Hv1) posti sulla membrana a compensare il movimento di carica, raggiungerebbe valori tali da inibire l’ossidasi stessa. I nostri studi sono iniziati dall’ipotesi che i canali protonici non abbiano un ruolo esclusivo nel mediare la compensazione di carica. Questa teoria è stata avanzata in seguito ai risultati di alcuni esperimenti preliminari in cui, a fronte dell’inibizione dei canali protonici, la funzionalità della NADPH ossidasi era preservata. Abbiamo pertanto ipotizzato che la differenza di potenziale tra l’interno e l’esterno della cellula generata durante l’attivazione del RB, accompagnata da un aumento di cariche nette positive interne, faccia divergere verso il comparto intracellulare le cariche negative associate all’anione superossido. Quest’ultimo cioè, anziché essere rilasciato a livello extracellulare, verrebbe dirottato internamente alla cellula contribuendo in tal modo a diminuire la depolarizzazione di membrana mediante la neutralizzazione dell’eccesso di cariche H+ accumulate nel comparto intracellulare e preservando l’attività enzimatica dell’ossidasi stessa (vedi Figura 17). L’approfondimento di questi studi ci ha permesso di dimostrare che: (1) in presenza di Zn2+, un dei più potenti e utilizzati inibitori dei canali Hv1, si assiste ad una significativa diminuzione della produzione extracellulare di O2- e di H2O2; (2) questa inibizione non è più evidente quando il RB viene misurato come consumo di O2 o come produzione di H2O2 totale (intra ed extracellulare); (3) l’inibizione dei canali protonici mediante lo Zn2+ è accompagnata da un aumento della produzione intracellulare di H2O2. I risultati ottenuti dai nostri studi suggeriscono quindi che, in condizioni in cui l’uscita degli H+ attraverso i canali Hv1 è impedita o ridotta, altri meccanismi possono intervenire per prevenire l’eccessiva depolarizzazione della membrana. Una situazione di questo genere potrebbe presentarsi, ad esempio, nel focolaio infiammatorio dove il pH acido dell’essudato contrasta l’efflusso di H+. Impiego di farmaci lisosomotropici per la correzione del difetto di attività microbicida nella malattia granulomatosa cronica La malattia granulomatosa cronica (CGD) è una sindrome ereditaria legata al cromosoma X caratterizzata da un’aumentata suscettibilità alle infezioni batteriche e fungine, causata dalla difettosa attività microbicida dei neutrofili che costituiscono la principale linea di difesa nei confronti dei microorganismi patogeni. Nella maggior parte di questi pazienti è descritto un difetto di uno dei componenti della NADPH ossidasi (gp91phox) che rende incapaci i neutrofili di produrre i ROS, specie chimiche reattive nei confronti di molti patogeni invadenti. E’ stato dimostrato che, nei neutrofili di pazienti CGD, il difetto di produzione di ROS si associa anche ad una precoce e sostenuta acidificazione del fagosoma; in queste cellule manca infatti la fase di alcalinizzazione del pH intrafagosomale che si osserva subito dopo la fagocitosi nelle cellule normali. Poiché particolari proteine battericide dei neutrofili vengono rese attive a pH neutro o basico, queste, nei neutrofili CGD, non potrebbero venir attivate all’interno del vacuolo di fagocitosi rendendo quindi inefficace il contributo delle proteine granulari (che mediano i cosiddetti meccanismi ossigeno-indipendenti) all’attività battericida dei fagociti. Forti di tali presupposti, abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla possibilità di riattivare i meccanismi ossigeno-indipendenti modificando le condizioni dell’ambiente intrafagosomale in modo tale da renderlo più simile possibile a quello dei neutrofili normali. A tal fine abbiamo deciso di studiare l’effetto di particolari farmaci lisosomotropici con caratteristiche di basi deboli, quali amantadina e clorochina. Queste sostanze, accumulandosi nei compartimenti acidi cellulari, sarebbero in grado di impedire l’anomala acidificazione del fagolisosoma che, come sopra ricordato, interferisce sull’attività microbicida dei neutrofili CGD. Studi condotti in vitro avevano già dimostrato che entrambi i farmaci erano in grado di ripristinare l’attività microbicida di neutrofili CGD - e neutrofili normali trattati con difenilene iodonio (DPI), un potente inibitore della NADPH ossidasi - nei confronti di Candida albicans, un patogeno frequentemente isolato da pazienti affetti da CGD. In questo lavoro di tesi ci siamo concentrati sull’applicazione di questa strategia ad un modello animale della malattia. Per questi studi si sono impiegati neutrofili isolati da topi nei quali è stato silenziato il gene localizzato sul cromosoma X codificante uno dei componenti della NADPH-ossidasi, i cosidetti gp91phox knockout (KO) e da topi wild tipe C57 Black (WT). Ci siamo preoccupati innanzitutto di mettere a punto un metodo efficace e riproducibile per l’isolamento dei neutrofili murini da midollo utilizzando il materiale ricavato dal lavaggio del canale midollare di femori e tibie. Successivamente, nei neutrofili così ottenuti, è stata valutata in vitro la loro capacità microbicida nei confronti di C. albicans preincubando le cellule con le basi deboli. I risultati ottenuti indicano che solo la clorochina ripristina in maniera significativa la capacità, altrimenti assente, dei topi gp91phox KO (CGD) di uccidere i microrganismi fagocitati. Sulla base di questi risultati incoraggianti e in vista di una possibile applicazione terapeutica della CQ, abbiamo trasferito la nostra indagine nel modello murino in vivo. La prima fase di sperimentazione si è concentrata sulla valutazione della resistenza dei topi WT e gp91phox KO a diverse quantità di C. albicans al fine di individuare la dose di patogeno da utilizzare per testare l’effetto della clorochina sulla sopravvivenza all’infezione. Altri studi sono stati condotti per valutare la tossicità del farmaco nel nostro modello prendendo spunto dai dati disponibili in letteratura. Inizialmente il farmaco è stato somministrato a dosi scalari per via intraperitoneale (IP) e per via orale (PO) per un periodo di due settimane. Non è stato osservato alcun effetto tossico della clorochina negli animali trattati e la somministrazione IP è risultata quella più comoda ed efficace ai fini sperimentali. Un’analisi dei risultati ottenuti nei trials eseguiti finora indicano che gli animali gp91phox KO infettati con C. albicans e trattati con CQ evidenziano un certo aumento, peraltro non statisticamente significativo, della sopravvivenza rispetto agli animali non trattati con il farmaco. Ulteriori studi sono quindi necessari per introdurre modifiche ai protocolli dei trials. Queste modifiche saranno principalmente volte ad ottimizzare la concentrazione e/o la tempistica di somministrazione di CQ, affinchè i suoi effetti benefici possano emergere a tempi più brevi e rendano perciò più netta ed evidente la forbice che separa la curva di sopravvivenza degli animali non trattati da quelli trattati (vedi Figura 25).
XXIII Ciclo
1980
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12

Mezzaroba, Nelly. "Immunonanoparticelle biodegradabili: sviluppo preclinico di un nuovo strumento terapeutico per il trattamento di patologie oncoematologiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7399.

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Анотація:
2010/2011
Il linfoma di Burkitt (LB) e la leucemia linfatica cronica a cellule B (B-LLC) sono due malattie oncoematologiche accomunate dalla mancanza di un trattamento che sia in grado di eradicare completamente la malattia in tutti i pazienti. Il lavoro di questi tre anni si è inserito in questo contesto, con lo scopo di trovare uno strumento terapeutico alternativo che possa superare i limiti dei trattamenti attuali. La nostra attenzione si è spostata sulle nanotecnologie, in particolar modo una delle applicazioni dei nanomateriali in campo tumorale è il “drug delivery”, cioè l’utilizzo di veicoli di dimensioni nanometriche per il trasporto di farmaci o altre molecole all’interno delle cellule. Sono in corso di studio numerosi nanovettori di questo tipo, e questo progetto si è focalizzato sullo studio di un tipo di immunonanoparticelle biodegradabili (BNP: “Biodegradable NanoParticles”) costituite da un involucro polimerico ricoperto dall’anticorpo anti-CD20 Rituximab e contenenti al loro interno due farmaci: il clorambucile e l’idrossiclorochina. Lo scopo di questo progetto è stato quello di effettuare studi preclinici in vitro ed in vivo per valutare il potenziale terapeutico delle BNP nel trattamento di pazienti affetti da LNH e LLC. La raccolta di questi dati preclinici permette una prima analisi del potenziale terapeutico di questo nuovo approccio e permette di giustificare i successivi studi preclinici e clinici necessari a completare la valutazione dell’uso clinico delle BNP.
XXIV Ciclo
1982
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13

TRONO, PAOLA. "Rimodellamento dei complessi giunzionali dei cardiomiociti nelle cardiomiopatie: dal modello sperimentale all'uomo." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/410.

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Le cardiomiopatie sono patologie del cuore associate a disfunzione cardiaca, caratterizzate da alterazioni strutturali a carico dei cardiomiociti e della loro organizzazione tessutale. I dischi intercalari sono zone di contatto e adesione tra le membrane plasmatiche di cardiomiociti contigui e sono costituiti da giunzioni di membrana altamente specializzate: le giunzioni aderenti, i desmosomi e le giunzioni comunicanti. In questo studio è stato analizzato il rimodellamento dei dischi intercalari in corso di cardiomiopatia ipertrofica e dilatativa ereditaria, utilizzando i modelli sperimentali di criceti cardiomiopatici UMX7.1 e TO2, geneticamente privi del δ-sarcoglicano. L’analisi ultrastrutturale di cuori di criceti cardiomiopatici ha evidenziato la disorganizzazione tissutale nei cuori di criceti UMX7.1, con dischi intercalari disorganizzati e aumentati di numero. Nei cuori di criceti TO2 si è rivelata peculiare la presenza di desmosomi e giunzioni comunicanti anche a livello della membrana laterale di cardiomiociti adiacenti. L’analisi immunoistochimica ha evidenziato un aumento di espressione di N-caderina e β-catenina nei criceti UMX7.1 rispetto ai controlli, mentre nei criceti TO2 è risultata peculiare la distribuzione di connessina 43 a livello delle membrane laterali dei cardiomiociti. Sono stati quindi analizzati mediante immunoistochimica campioni di tessuto miocardico provenienti da quarantaquattro pazienti sottoposti a trapianto cardiaco affetti da cardiomiopatia dilatativa idiomatica, da cardiomiopatia dilatativa genetica nota; da cardiomiopatia dilatativa secondaria e infine da cardiomiopatia ipertrofica idiopatica. L’analisi immunoistochimica ha rilevato un aumento di espressione di N-caderina importante nelle cardiomiopatie dilatative secondarie e meno diffuso negli altri casi, e un uniforme aumento di β-catenina. Inoltre nella maggior parte dei casi analizzati è stata osservata una delocalizzazione di connessina 43 a livello della superficie laterale dei cardiomiociti. Considerate, infine, le evidenze cliniche e sperimentali che supportano il ruolo antiinfiammatorio e cardioprotettivo degli acidi grassi ω-3, in questo studio si è voluto analizzare l’effetto che una dieta arricchita di acidi grassi ω-3 ha sul rimodellamento cardiaco in modello sperimentale di criceti UMX7.1. Criceti cardiomiopatici UMX7.1 e criceti sani sono stati nutriti con dieta standard, mentre un altro gruppo di criceti CMPH è stato invece nutrito con dieta arricchita in ALA. E’ stata analizzata l’espressione delle molecole del disco intercalare mediante western blotting, analisi immunoistochimica e analisi ultrastrutturale; tali analisi hanno mostrato complessivamente che la dieta arricchita in ALA ripristina almeno in parte l’organizzazione strutturale del tessuto miocardico in criceti cardiomiopatici. In conclusione in questo studio è stato analizzato il rimodellamento dei cardiomiociti in corso di cardiomiopatia sperimentale e umana ed è stato dimostrato l’effetto benefico di una dieta arricchita in acidi grassi ω-3 sulla struttura dei dischi intercalari e sulla loro composizione molecolare, suggerendo, quindi, il potenziale uso di acidi grassi ω-3 nella prevenzione di aritmie potenzialmente dannose in corso di patologie cardiache.
Cardiomyopathies are cardiac diseases associated to cardiac disfunction, caracterized by structural alterations of cardiomyocytes and their tissutal organization. Intercalated disks are adhesion structures between plasmatic membranes of cardiomyocytes, made of highly specialized membrane junctions: adherens junctions, desmosomes and gap junctions. The present investigation evaluated intercalated disks remodelling during hypertrophic and dilatative cardiomyopathies, in UMX7.1 and TO2 δ-sarcoglican-deficient hamsters. Hamsters hearts ultrastructural analysis showed that the ordered organization is lost in UMX7.1 hearts, where intercalated disks appear chaotically located and structural swirling. In TO2 hamsters, desmosomes and gap junctions are located on the lateral plasmalemma. Immunohistochemistry showed an increase in expression levels of N-cadherin and β-catenin in UMX7.1 hamsters, while connexin 43 appears located on the lateral plasmalemma in TO2 hamsters. Myocardiac tissue samples from 44 patients affected by idiopathic dilatative cardiomyopathy, genetic dilatative cardiomyopathy, secondary dilatative cardiomyopathy and hypertrophic idiopathic cardiomyopathy were analized by immunohistochemistry. The analysis showed a high increased in N-cadherin in secondary dilatatve cardiomyopathies and an uniform increase in β-catenin. Then, in most of the samples observed, connexin 43 appears located on the lateral plasmalemma. Since a lot of clinical and experimental dates show omega-3 essential fatty acids anti-inflammatory and cardioprotective role, in the present investigation it the effect of an ALA- enriched diet on cardiac remodelling in UMX7.1 hamsters has been evaluated. UMX7.1 hamsters and healthy hamsters were fed with standard diet, while a different group of UMX7.1 hamsters was fed with ALA-enriched diet. Intercalated disk molecules expression was evaluated by western blotting, immunohistochemistry and ultrustructural analysis; on the whole, the ALA-enriched diet demonstrates its effects in counteracting the pathological alterations in cardiomyopathic hamsters. Collectively, the present investigation evaluated cardiomyocytes remodelling during experimental and human cardiomyopathy and showed the beneficial effect of an ALA- enriched diet on cardiomyocyte intercalated disk structure and molecular composition; furthermore, it supported the potential use of ω-3 polyunsatured fatty acids in the prevention of potentially dangerous arrhytmias in cardiac diseases. Key words: cardiomyopathy, intercalated disks, ω-3 polyunsatured fatty acids, arrhytmia, connexin 43.
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14

Zanforlin, Alessandro <1979&gt. "Applicazioni cliniche e sperimentali dell’ecografia toracica in pneumologia: la diagnostica precoce delle patologie pleuropolmonari." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4505/1/zanforlin_alessandro_tesi.pdf.

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Анотація:
Lung ultrasound use is increasing in respiratory medicine thanks to its development in the latest years. Actually it allows to study diseases of the chest wall (traumas, infections, neoplasms), diaphragm (paralysis, ipokinesis), pleura (effusions, pneumothorax, thickenings, neoplasms) and lung parenchyma (consolidations, interstitial syndromes, peripheral lesions). One of the most useful application of chest ultrasound is the evaluation of effusions. However, no standardized approach for ultrasound-guided thoracenthesis is available. Our study showed that our usual ultrasonographic landmark (“V-point”) could be a standard site to perform thoracenthesis: in 45 thoracenthesis no pneumothorax occurred, drainage was always successful at first attempt. Values of maximum thickness at V-point and drained fluid volume showed a significative correlation. Proteins concentration of ultrasound patterns of effusions (anechoic, ipoechoic, moving echoic spots, dense moving spots, hyperechoic) were compared to those of the macroscopic features of fluids showing connection between light-yellow fluid and echoic moving spots pattern and between ipoechoic/dense moving spots and cloudy-yellow/serum-haematic fluids. These observations suggest that ultrasound could predict chemical-physical features of effusions. Lung ultrasound provides useful information about many disease of the lung, but actually there is not useful in obstructive bronchial diseases. Analysing diaphragmatic kinetics using M-mode through transhepatic scan we described a similarity between diaphragm excursion during an expiratory forced maneuver and the volume/time curve of spirometry. This allowed us to identify the M-mode Index of Obstruction (MIO), an ultrasound-analogue of FEV1/VC. We observed MIO values of normal subjects (9) and obstructed patients (9) comparing the two groups. FEV1/VC and MIO showed a significant correlation suggesting that MIO may be affected by airways obstruction; MIO values were significatively different between normal and obstructed so that it could identify an obstructive syndrome. The data show that it is possible to suspect the presence of obstructive syndrome of the airways using ultrasonography of the diaphragm.
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Zanforlin, Alessandro <1979&gt. "Applicazioni cliniche e sperimentali dell’ecografia toracica in pneumologia: la diagnostica precoce delle patologie pleuropolmonari." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4505/.

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Анотація:
Lung ultrasound use is increasing in respiratory medicine thanks to its development in the latest years. Actually it allows to study diseases of the chest wall (traumas, infections, neoplasms), diaphragm (paralysis, ipokinesis), pleura (effusions, pneumothorax, thickenings, neoplasms) and lung parenchyma (consolidations, interstitial syndromes, peripheral lesions). One of the most useful application of chest ultrasound is the evaluation of effusions. However, no standardized approach for ultrasound-guided thoracenthesis is available. Our study showed that our usual ultrasonographic landmark (“V-point”) could be a standard site to perform thoracenthesis: in 45 thoracenthesis no pneumothorax occurred, drainage was always successful at first attempt. Values of maximum thickness at V-point and drained fluid volume showed a significative correlation. Proteins concentration of ultrasound patterns of effusions (anechoic, ipoechoic, moving echoic spots, dense moving spots, hyperechoic) were compared to those of the macroscopic features of fluids showing connection between light-yellow fluid and echoic moving spots pattern and between ipoechoic/dense moving spots and cloudy-yellow/serum-haematic fluids. These observations suggest that ultrasound could predict chemical-physical features of effusions. Lung ultrasound provides useful information about many disease of the lung, but actually there is not useful in obstructive bronchial diseases. Analysing diaphragmatic kinetics using M-mode through transhepatic scan we described a similarity between diaphragm excursion during an expiratory forced maneuver and the volume/time curve of spirometry. This allowed us to identify the M-mode Index of Obstruction (MIO), an ultrasound-analogue of FEV1/VC. We observed MIO values of normal subjects (9) and obstructed patients (9) comparing the two groups. FEV1/VC and MIO showed a significant correlation suggesting that MIO may be affected by airways obstruction; MIO values were significatively different between normal and obstructed so that it could identify an obstructive syndrome. The data show that it is possible to suspect the presence of obstructive syndrome of the airways using ultrasonography of the diaphragm.
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Bejko, Jonida. "Perceval Sutureless Pericardial Bioprosthesis valve: Clinico-pathological and Experimental Observations Bioprotesi pericardiche sutureless perceval: aspetti clinico-patologici ed osservazioni sperimentali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3424564.

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Анотація:
Background Excellent performances have been demonstrated in haemodynamic outcomes, safety, and versatility of use in the sutureless Perceval aortic valve (LivaNova, London, UK). However, several questions remain unanswered, especially regarding the effects of the “collapsing” during the reduction of the dimensions of the bioprostheses before implantation, and long-term durability: the design of this prosthesis closely resembles that of the Freedom Solo stentless prosthesis that was associated with a significant incidence of Structural Valve Deterioration (SVD) in different studies. Our research focused on understanding the impact of the “collapsing” in the pericardial structure and the modality of failure of this bioprosthesis when implanted in humans. Materials and methods To analyse the collapsing impact, 12 collapsed at 15 min (surgical procedure collapsing time), 60 and 180 min duration, and 4 uncollapsed (controls) LivaNova Perceval S prostheses were morphologically studied. Gross, histology and scanning electron microscopy (SEM) analysis were performed. Multiple sections of pericardial cusps have been stained with Hematoxylin-Eosin (HE), Azan Mallory, Elastic Van Gieson and Picrosirius Red, where a morphometrical analyses was performed by measuring the length of the collagen period. SVD was investigated in 33 Perceval bioprosthesis explanted in different European centres, from July 2007 to January 2017, participating to PIVOT TRIAL V10601, PIVOTAL TRAIL V10801, and CAVALIER TRIAL TPS001. In all the explants gross, histology (HE, Azan Mallory, Elastic van Gieson, Von Kossa, Gram stains), were performed. To assess a potential reduction of the effective orifice area (EOA) due to fibrous tissue overgrowth, the ratio expressed in percentage between the EOA area and the total area of the bioprosthesis on ventricular side was measured. Results Gross examination after collapsing and deployment revealed optimal cusp cooptation and absence of tears, perforation or folding. Moreover, prosthetic frame showed a preserved shape without distortion. Histology and SEM exhibited neither breaks nor differences in waviness periodicity of the fibrosa collagen fibers when compared to controls. Collagen wavelength periodicity measurement data did not reveal any statistically significant differences among the study groups (15 min collapse: 16.55±2.89 µm; 60 min collapse: 17.01±3.11 µm; 180 min collapse: 16.45±2.13 µm) and the un-collapsed controls (16.51±2.65 µm) and with unmounted pericardium (17.47±2.50 µm) (P=NS). Thirtythree bioprosthesis implanted in humans were examined. Endocarditis was diagnosed in 36% of all, which was similar to that reported for bioprosthesis valves, SVD by dystrophic calcification in 12% (only 4 cases), fibrous pannus overgrowth in 12% and paravalvular leak in 12%. Fibrous tissue overgrowth (on the valve and on the stent) was 61%, with and incidence of almost 83% in the bioprostheses with time in place more than one month. This alteration involved the valve as main pathology, causing mainly orifice stenosis, or was associated to other failure modalities, as endocarditis, calcific dystrophy, or paravalvular leak. Its distribution was in the valve, in valve and nitinol stent or climbing the sole stent, occluding sometimes the spaces of nitinol network. Conclusions Pre-implantation collapse and ballooning procedures do not affect the structural integrity of the collagen fibers of the pericardial cusp tissue of Perceval S sutureless valve bioprosthesis. In 4 cases early SVD by dystrophic calcification occurred at time in place of 5-6 years, questioning the efficacy of the anticalcification treatment of the pericardium. Progressive fibrous tissue overgrowth, invading the valve orifice, was the cause of the bioprosthesis stenosis even in absence of calcific dystrophy and did not spare the stent and nitinol network. Despite the evolution on new technologies, design and pericardial treatment, the fibrous tissue overgrowth remains a major concern of this new generation bioprostheses.
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Zambon, Elisa <1985&gt. "La diagnostica molecolare nel laboratorio di patologia clinica veterinaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7007/1/Zambon_Elisa_Tesi.pdf.

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Анотація:
La prima parte del nostro studio riguarda la tecnica LAMP (Loop-mediated isothermal amplification), una tecnica di amplificazione isotermica recentemente inventata (Notomi et al., 2000). Essa presenta notevoli vantaggi rispetto alle tradizionali PCR: non necessita di strumentazioni sofisticate come i termociclatori, può essere eseguita da personale non specializzato, è una tecnica altamente sensibile e specifica ed è molto tollerante agli inibitori. Tutte queste caratteristiche fanno sì che essa possa essere utilizzata al di fuori dei laboratori diagnostici, come POCT (Point of care testing), con il vantaggio di non dover gestire la spedizione del campione e di avere in tempi molto brevi risultati paragonabili a quelli ottenuti con la tradizionale PCR. Sono state prese in considerazione malattie infettive sostenute da batteri che richiedono tempi molto lunghi per la coltivazione o che non sono addirittura coltivabili. Sono stati disegnati dei saggi per la diagnosi di patologie virali che necessitano di diagnosi tempestiva. Altri test messi a punto riguardano malattie genetiche del cane e due batteri d’interesse agro-alimentare. Tutte le prove sono state condotte con tecnica real-time per diminuire il rischio di cross-contaminazione pur riuscendo a comprendere in maniera approfondita l’andamento delle reazioni. Infine è stato messo a punto un metodo di visualizzazione colorimetrico utilizzabile con tutti i saggi messi a punto, che svincola completamente la reazione LAMP dall’esecuzione in un laboratorio specializzato. Il secondo capitolo riguarda lo studio dal punto di vista molecolare di un soggetto che presenza totale assenza di attività mieloperossidasica all’analisi di citochimica automatica (ADVIA® 2120 Hematology System). Lo studio è stato condotto attraverso amplificazione e confronto dei prodotti di PCR ottenuti sul soggetto patologico e su due soggetti con fenotipo wild-type. Si è poi provveduto al sequenziamento dei prodotti di PCR su sequenziatore automatico al fine di ricercare la mutazione responsabile della carenza di MPO nel soggetto indicato.
The first part of the present study concerns the LAMP technique (Loop-Mediated Isothermal Amplification), an isothermal amplification technique recently developed (Notomi et al., 2000). LAMP has many advantages over traditional PCR: it doesn’t require sophisticated instruments like thermal cyclers, it can be performed by unskilled staff, it is a highly sensitive and specific technique and it is very tolerant to inhibitors. All these characteristics make it suitable to be used outside diagnostic laboratories, as POCT (Point-of-care testing), with the advantage of not having to send the sample and obtaining results as accurate as PCR tests and in very short times. We designed and optimized assays to detect bacteria that require a very long time for cultivation or that are not even cultivable. We drew assays for the diagnosis of viral diseases that require to be diagnosed as soon as possible. We developed a test to assess two genetic diseases of the dog and two food contaminating bacteria. All tests were carried out using real-time technique to decrease the risk of cross-contamination. Finally, we developed a colorimetric method for showing results which can be applied to all of the assays we optimized. The second section presents the molecular study of a subject who had myeloperoxidase deficiency at the automated cytochemistry analysis (ADVIA ® 2120 Hematology System). The study was conducted through amplification and comparison of the PCR products obtained from the pathological subject and on two subjects with wild-type phenotype. The products were sequenced using an automated sequencer in order to find the responsible mutation for the MPO deficiency in the indicated subject.
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Zambon, Elisa <1985&gt. "La diagnostica molecolare nel laboratorio di patologia clinica veterinaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7007/.

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Анотація:
La prima parte del nostro studio riguarda la tecnica LAMP (Loop-mediated isothermal amplification), una tecnica di amplificazione isotermica recentemente inventata (Notomi et al., 2000). Essa presenta notevoli vantaggi rispetto alle tradizionali PCR: non necessita di strumentazioni sofisticate come i termociclatori, può essere eseguita da personale non specializzato, è una tecnica altamente sensibile e specifica ed è molto tollerante agli inibitori. Tutte queste caratteristiche fanno sì che essa possa essere utilizzata al di fuori dei laboratori diagnostici, come POCT (Point of care testing), con il vantaggio di non dover gestire la spedizione del campione e di avere in tempi molto brevi risultati paragonabili a quelli ottenuti con la tradizionale PCR. Sono state prese in considerazione malattie infettive sostenute da batteri che richiedono tempi molto lunghi per la coltivazione o che non sono addirittura coltivabili. Sono stati disegnati dei saggi per la diagnosi di patologie virali che necessitano di diagnosi tempestiva. Altri test messi a punto riguardano malattie genetiche del cane e due batteri d’interesse agro-alimentare. Tutte le prove sono state condotte con tecnica real-time per diminuire il rischio di cross-contaminazione pur riuscendo a comprendere in maniera approfondita l’andamento delle reazioni. Infine è stato messo a punto un metodo di visualizzazione colorimetrico utilizzabile con tutti i saggi messi a punto, che svincola completamente la reazione LAMP dall’esecuzione in un laboratorio specializzato. Il secondo capitolo riguarda lo studio dal punto di vista molecolare di un soggetto che presenza totale assenza di attività mieloperossidasica all’analisi di citochimica automatica (ADVIA® 2120 Hematology System). Lo studio è stato condotto attraverso amplificazione e confronto dei prodotti di PCR ottenuti sul soggetto patologico e su due soggetti con fenotipo wild-type. Si è poi provveduto al sequenziamento dei prodotti di PCR su sequenziatore automatico al fine di ricercare la mutazione responsabile della carenza di MPO nel soggetto indicato.
The first part of the present study concerns the LAMP technique (Loop-Mediated Isothermal Amplification), an isothermal amplification technique recently developed (Notomi et al., 2000). LAMP has many advantages over traditional PCR: it doesn’t require sophisticated instruments like thermal cyclers, it can be performed by unskilled staff, it is a highly sensitive and specific technique and it is very tolerant to inhibitors. All these characteristics make it suitable to be used outside diagnostic laboratories, as POCT (Point-of-care testing), with the advantage of not having to send the sample and obtaining results as accurate as PCR tests and in very short times. We designed and optimized assays to detect bacteria that require a very long time for cultivation or that are not even cultivable. We drew assays for the diagnosis of viral diseases that require to be diagnosed as soon as possible. We developed a test to assess two genetic diseases of the dog and two food contaminating bacteria. All tests were carried out using real-time technique to decrease the risk of cross-contamination. Finally, we developed a colorimetric method for showing results which can be applied to all of the assays we optimized. The second section presents the molecular study of a subject who had myeloperoxidase deficiency at the automated cytochemistry analysis (ADVIA ® 2120 Hematology System). The study was conducted through amplification and comparison of the PCR products obtained from the pathological subject and on two subjects with wild-type phenotype. The products were sequenced using an automated sequencer in order to find the responsible mutation for the MPO deficiency in the indicated subject.
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DI, NUZZO SILVIA. "Semaforine e cancro: nuovi orizzonti per la diagnosi e terapia sperimentale." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2011. http://hdl.handle.net/11566/241893.

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Le semaforine sono una grande famiglia di proteine, secrete o di membrana, inizialmente implicate nello sviluppo del sistema nervoso e nella guida assonica. E’ recente la scoperta che le semaforine sono coinvolte nel regolare la motilità cellulare a l’adesione, l’angiogenesi, la risposta immunitaria e la progressione tumorale. La sema 3A è una proteina secreta la cui espressione è stata documentata in doversi tipi di cellule tumorali ma della quale ancora non conosciamo l’attività autocrina e paracrina nel contato tumorale. Anche l’espressione dei suoi recettori, NP1 e NP2 è correlata con la progressione tumorale. Il carcinoma renale (RCC) è il terzo tumore urologico più comune che colpisce l’uomo, ed è costituito da diversi sottotipi istologici. In questo studio, abbiamo investigato se la SEMA terzo ed il suo recettore NP1 sono espressi nelle cellule e tessuti di RCC. Successivamente sono stati osservati gli effetti della proteina sulla capacità invasiva di linee cellulari aventi un diverso rapporto di espressione NP1/NP2. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il CC-RCC esprime bassi livelli di NP1 con conseguente perdita del segnale inibitorio della SEMA 3A nell’oncogenesi di tale neoplasia.
Semaphorine are a large family of secreted and membrane-bound molecules that were initially implicated in the development of the nervous system and in axon guidance. More recently they have been found to regulate cell adhesion and motility, angiogenesis immune responses, and tumor progression. The SEMA 3A is a soluble protein whose expression has been documented in several types of cancer cells, which do not yet now the autocrine activity and or paracrine tumor microenvironment. The expression of NP1 and NP2, is correlated with tumor progression in many cancers types. Renal Cells Carcinoma (RCC) in the third most common genitourinary malignancy composed of specific tumor subtypes. We investigated whether SEMA 3A and NP1 are expressed in RCC by examining cell lines and tissue of RCC. Were later observed the effects of protein on the invasive capacity of cell lines with a different ratio of expression NP1/NP2. Hence, These results confirmed the persisten low levels of NP1 expression in RCC, supporting a role of the loss of inhibitory SEMA 3A autocrine loops in RCC oncogenesis.
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20

Ret, Viviana. "Studio sperimentale sulla adesione della vetroceramica a substrati tradizionali ed innovativi in clinica protesica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2754.

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Анотація:
2006/2007
STUDIO SPERIMENTALE SULLA ADESIONE DELLA VETROCERAMICA A SUBSTRATI TRADIZIONALI ED INNOVATIVI IN CLINICA PROTESICA. La protesi fissa è in grado di ripristinare con successo la salute dei tessuti orali con estetica e funzionalità stabili nel tempo. La ceramica, introdotta in odontoiatria da oltre due secoli, con la sua applicazione nella tecnica metallo-ceramica occupa da cinquant’anni una parte preponderante di questa branca dell’odontoiatria protesica; i materiali ceramici infatti sono divenuti sinonimi di estetica, resistenza nell’ambiente orale e biocompatibilità e la loro intrinseca fragilità è stata superata grazie allo sviluppo di sottostrutture di supporto con idonee proprietà meccaniche quali appunto sono le leghe metalliche. Attualmente l’odontoiatria protesica ha ricevuto una forte spinta verso le ricostruzioni ceramiche definite “metal free” o “ceramica integrale” e tra i materiali più innovativi attualmente usati in clinica protesica, spicca la zirconia, un materiale ceramico ad alta resistenza che viene proposto come supporto alternativo al metallo per il rivestimento vetroceramico nei restauri destinati a tutti i settori del cavo orale. La delaminazione del rivestimento vetroceramico è un’evenienza non rara che riguarda tutti i tipi di substrati. Tali fratture pregiudicano la funzione e compromettono l’estetica e trovano soluzione definitiva solo con la sostituzione del manufatto. Con questa tesi di dottorato ci siamo prefissi l’obiettivo di mettere a confronto l’adesione metallo-ceramica e l’adesione zirconia-vetroceramica attraverso lo studio di un numero rilevante di campioni sottoposti ad una serie di prove di laboratorio significative per il confronto preclinico e predittive del comportamento clinico. Sono stati costruiti 195 campioni in metallo-ceramica (lega IPS d.SIGN® 30 Williams Alloy U.S.A., vetroceramica IPS d.SIGN Ivoclar-Vivadent, Liechtenstein) da 13 operatori odontotecnici diversi. I campioni, suddivisi in 15 gruppi diversificati per procedure di fusione-rifinitura della lega e cottura della ceramica, sono stati sottoposti a test flessione a tre punti secondo normativa UNI-ISO 9693 [1], seconda edizione aprile 2001; le superfici di distacco sono state esaminate al microscopio elettronico a scansione. Successivamente sono state eseguite analisi profilometrica e prove di microdurezza su superfici della stessa lega con diversa rifinitura superficiale. Sono stati inoltre costruiti 25 campioni in zirconia (Zirkonzahn®, Brunico (Bz), Italy) sui quali è stato applicato uno strato di vetroceramica compatibile (Ice Zirkon Keramic, Zirkonzahn® Bz-Italy) con tecnica di stratificazione tradizionale analogamente ai campioni metallici, per essere sottoposti a prove di taglio. Le superfici di distacco sono state successivamente esaminate al SEM e sottoposte ad analisi EDX e spettroscopia Raman. I risultati di questa ricerca dimostrano la validità del legame metallo-ceramico con una lega Co-Cr indipendentemente dalla manualità dell’operatore (40,15±9,28 MPa media complessiva) evidenziandone però la componente micromeccanica come già riportato in letteratura (Hammad IA e Stein RS, 1990; Lubovich RP e Goodkind RJ, 1977; Barghi JN et al., 1987); di questo aspetto gli operatori devono tener conto: nella lavorazione delle leghe di base per ricostruzioni di protesi fissa l’attenzione andrà posta al massimo rispetto dei trattamenti superficiali che precedono l’applicazione della ceramica. L’adeguata forza di adesione tra metallo e ceramica è stata determinata dalla normativa ISO quando il distacco avviene sopra ai 25 MPa mentre una adeguata forza di adesione per i sistemici totalmente ceramici non è stata ancora definita (Al-Dohan HM et al., 2004). L’introduzione della zirconia quale materiale ceramico per la costruzione di sottostrutture per protesi fisse ha posto l’attenzione sulla difficoltà a realizzare un valido legame con i rivestimenti ceramici in uso. L’ittria-zirconia presenta un modulo di elasticità di 220 GPa (come la lega Co-Cr) ed offre una resistenza a flessione che varia a seconda dei sistemi di produzione tra 800 e 1200 MPa, la più alta tra le sottostrutture ceramiche, ed è ritenuta idonea a ricostruzioni anche nei settori posteri per ponti di più elementi (Raigrodski AJ, 2004). I nostri risultati sull’adesione tra un supporto in ittria-zirconia e il rivestimento di vetroceramica compatibile hanno riportato una media di 29,53 MPa (±13,97) mostrando un comportamento in linea con i dati della letteratura per lo stesso tipo di materiali e tecnica di costruzione (Al-Dohan HM et al., 2004; Aboushelib MN et al., 2005). Se confrontiamo questi valori con i sistemi in metallo-ceramica è evidente che molti campioni non superano il limite minimo indicato di 25 MPa soprattutto a causa della rottura a basso carico a livello della vetroceramica probabilmente a causa di difettosita' interne (bolle e porosità). Emerge pertanto la grande importanza dell’applicazione della ceramica che, come riportato dalla letteratura (Dundar M et al., 2007), richiede una grande attenzione tecnica poiché in grado di influenzare pesantemente il risultato finale, soprattutto in un sistema “delicato” come quello zirconia-vetroceramica che dimostra in generale valori di adesione più bassi rispetto ai sistemi metallo-ceramici. Bibliografia: 1: UNI EN ISO 9693 “Sistemi per restaurazioni dentali di metallo-ceramica” Norma Italiana Seconda Edizione Aprile 2001 Aboushelib MN, de Jager N, Kleverlaan CJ. Microtensile bond strength of different components of core veneered all ceramic restorations. Dent Mater 2005; 21, 984-991. Al-Dohan HM, Yaman P, Dennison JB, Razzoog ME, Lang BR. Shear strength of core-veneer interface in bi-layered ceramics. J Prostht Dent 2004;91:3439-55 Barghi N, McKeehan Whitmer M, Aranda R. Comparison of fracture strength of porcelain-veneered to high noble and base metal alloys. J Prosthet Dent 1987; 57: 23-25. Dundar M, Ozcan M, Gokce B, Comlekoglu E, Leite F, Valandro LF. Comparison of two bond strength testing methodologies for bilayered all-ceramics. Dent Mater 2007; 23(5):630-6 Hammad IA, Sheldon Stein R. A qualitative study for the bond and colour of ceramometals. Part I. J Prosthet Dent 1990; 63, 643-53. Lubovich RP, Goodkind RJ. Bond strength studies of precious, semiprecious and nonprecious ceramic-metal alloys with two porcelains. J Prosthet Dent 1977; 37, 3: 288-99. Raigrodski AJ. Contemporary materials and technologies for all-ceramic fixed partial dentures: A review of the literature. J Prosthet Dent 2004;92,:557-62.
XIX Ciclo
1972
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21

Donati, Giulio <1979&gt. "Ruolo di RB e p53 nei rapporti tra crescita e proliferazione in cellule neoplastiche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2146/1/donati_giulio_tesi.pdf.

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Donati, Giulio <1979&gt. "Ruolo di RB e p53 nei rapporti tra crescita e proliferazione in cellule neoplastiche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2146/.

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Gaibani, Paolo <1980&gt. "Role of treponema denticola in the pathogenesis and progression of Periodontal Disease." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2284/1/Paolo_Gaibani.pdf.

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Gaibani, Paolo <1980&gt. "Role of treponema denticola in the pathogenesis and progression of Periodontal Disease." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2284/.

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Bertoni, Sara <1982&gt. "The balance between rRNA and ribosomal protein synthesis up-and down- regulates the tumour suppressor p53 in mammalian cells." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3378/1/BERTONI_SARA_TESI.pdf.

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Bertoni, Sara <1982&gt. "The balance between rRNA and ribosomal protein synthesis up-and down- regulates the tumour suppressor p53 in mammalian cells." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3378/.

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Brighenti, Elisa <1981&gt. "Relevance of cell cycle regulators on chemotherapy response in breast cancer." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3454/1/Brighenti_Elisa_tesi.pdf.

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Brighenti, Elisa <1981&gt. "Relevance of cell cycle regulators on chemotherapy response in breast cancer." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3454/.

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Rocchi, Laura <1982&gt. "mRNAs translation and tumorigenesis." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4363/1/Rocchi_Laura_tesi.pdf.

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Анотація:
Translational control has a direct impact on cancer development and progression. Quantitative and qualitative changes of cap-dependent translation initiation contribute to neoplastic transformation and progression. However, the idea that “alternative” mechanisms of translation initiation, such as IRES-dependent translation, can be involved in the tumorigenesis is emerging. Because the relevance of this kind of translation initiation in cancer progression is not so well clarified, the purpose of my work was to study the impact of IRES-dependent mRNA translation on tumourigenesis and cancer progression with particular regard for breast cancer. The data obtained clarify the function of cap-independent translation in cancer. Particularly they suggested that the deregulation of IRES-dependent translation can be considered a sort of pro-oncogenic stimulus characterized by the inhibition of the expression of some proteins that block cell growth and proliferation and by the over expression of other proteins that contributed to cell survival. In addition, under stress condition, such as a hypoxia, in immortalized epithelial cell lines, changes in cap-independent translation are associated with an induction of expression of stem cell markers, and with the selection of a sub group of cells that have an increased ability to self-renewing and therefore in the acquisition of a more aggressive phenotype.
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Rocchi, Laura <1982&gt. "mRNAs translation and tumorigenesis." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4363/.

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Анотація:
Translational control has a direct impact on cancer development and progression. Quantitative and qualitative changes of cap-dependent translation initiation contribute to neoplastic transformation and progression. However, the idea that “alternative” mechanisms of translation initiation, such as IRES-dependent translation, can be involved in the tumorigenesis is emerging. Because the relevance of this kind of translation initiation in cancer progression is not so well clarified, the purpose of my work was to study the impact of IRES-dependent mRNA translation on tumourigenesis and cancer progression with particular regard for breast cancer. The data obtained clarify the function of cap-independent translation in cancer. Particularly they suggested that the deregulation of IRES-dependent translation can be considered a sort of pro-oncogenic stimulus characterized by the inhibition of the expression of some proteins that block cell growth and proliferation and by the over expression of other proteins that contributed to cell survival. In addition, under stress condition, such as a hypoxia, in immortalized epithelial cell lines, changes in cap-independent translation are associated with an induction of expression of stem cell markers, and with the selection of a sub group of cells that have an increased ability to self-renewing and therefore in the acquisition of a more aggressive phenotype.
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Capizzi, Elisa <1980&gt. "Marcatori molecolari circolanti: quale ruolo nei pazienti con tumori solidi?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4397/1/Capizzi_Elisa_tesi.pdf.

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Анотація:
Background: Circulating tumor cells (CTCs) and circulating free plasma DNA (FPDNA) have been proposed as biomarkers predictive of outcome and response to therapy in solid tumors. We investigated the multiple associations of the presence of CTC and the levels of FPDNA with the outcome and/or the response to chemotherapy in patients with localized breast cancer (LBC), metastatic breast cancer (MBC) and advanced ovarian cancer (AOC). Experimental Design: Blood samples were collected before (baseline), during and after therapy in 40 LBC and 50 AOC patients treated with neo-adjuvant chemotherapy. In 20 MBC patients blood was sampled at baseline and every each cycle of adjuvant chemotherapy. Real time PCR was applied to quantify FPDNA using the Quantifiler Human Quantification kit and CTCs through the detection of tumor-cell specific mRNA levels with or without epithelial enrichment. Results: At baseline CTCs were detected in 90% MBC, 42.5% LBC and 33% AOC patients respectively. The presence of baseline CTC was significantly associated with shorter overall survival (OS) in MBC and AOC patients, and shorter progression free survival (PFS) in LBC patients. Presence of CTCs at the end of neo-adjuvant chemotherapy was detected in 42% LBC and 18% AOC patients and was associated with shorter PFS and OS only in LBC. Increased FPDNA levels at baseline were found in 65% MBC, 17.5% LBC and 76% AOC patients but never related to OS. Baseline FPDNA high levels were associated with shorter PFS only in LBC patients. High FPDNA levels after neo-adjuvant chemotherapy were detected in 57% LBC and 48% AOC patients. Increased FPDNA after neo-adjuvant was associated with response to therapy and shorter PFS in AOC patients. Conclusions: Detection of CTCs may represent a prognostic and predictive biomarker in LBC, MBC and AOC. Quantification of FPDNA could be useful for monitoring response to therapy in AOC patients.
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Capizzi, Elisa <1980&gt. "Marcatori molecolari circolanti: quale ruolo nei pazienti con tumori solidi?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4397/.

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Анотація:
Background: Circulating tumor cells (CTCs) and circulating free plasma DNA (FPDNA) have been proposed as biomarkers predictive of outcome and response to therapy in solid tumors. We investigated the multiple associations of the presence of CTC and the levels of FPDNA with the outcome and/or the response to chemotherapy in patients with localized breast cancer (LBC), metastatic breast cancer (MBC) and advanced ovarian cancer (AOC). Experimental Design: Blood samples were collected before (baseline), during and after therapy in 40 LBC and 50 AOC patients treated with neo-adjuvant chemotherapy. In 20 MBC patients blood was sampled at baseline and every each cycle of adjuvant chemotherapy. Real time PCR was applied to quantify FPDNA using the Quantifiler Human Quantification kit and CTCs through the detection of tumor-cell specific mRNA levels with or without epithelial enrichment. Results: At baseline CTCs were detected in 90% MBC, 42.5% LBC and 33% AOC patients respectively. The presence of baseline CTC was significantly associated with shorter overall survival (OS) in MBC and AOC patients, and shorter progression free survival (PFS) in LBC patients. Presence of CTCs at the end of neo-adjuvant chemotherapy was detected in 42% LBC and 18% AOC patients and was associated with shorter PFS and OS only in LBC. Increased FPDNA levels at baseline were found in 65% MBC, 17.5% LBC and 76% AOC patients but never related to OS. Baseline FPDNA high levels were associated with shorter PFS only in LBC patients. High FPDNA levels after neo-adjuvant chemotherapy were detected in 57% LBC and 48% AOC patients. Increased FPDNA after neo-adjuvant was associated with response to therapy and shorter PFS in AOC patients. Conclusions: Detection of CTCs may represent a prognostic and predictive biomarker in LBC, MBC and AOC. Quantification of FPDNA could be useful for monitoring response to therapy in AOC patients.
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Onofrillo, Carmine <1984&gt. "Ribosome Biogenesis and cell cycle regulation: Effect of RNA Polymerase III inhibition." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5422/1/Carmine_Onofrillo_Tesi_Dottorato.pdf.

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Анотація:
In cycling cells positive stimuli like nutrient, growth factors and mitogens increase ribosome biogenesis rate and protein synthesis to ensure both growth and proliferation. In contrast, under stress situation, proliferating cells negatively modulate ribosome production to reduce protein synthesis and block cell cycle progression. The main strategy used by cycling cell to coordinate cell proliferation and ribosome biogenesis is to share regulatory elements, which participate directly in ribosome production and in cell cycle regulation. In fact, there is evidence that stimulation or inhibition of cell proliferation exerts direct effect on activity of the RNA polymerases controlling the ribosome biogenesis, while several alterations in normal ribosome biogenesis cause changes of the expression and the activity of the tumor suppressor p53, the main effector of cell cycle progression inhibition. The available data on the cross-talk between ribosome biogenesis and cell proliferation have been until now obtained in experimental model in which changes in ribosome biogenesis were obtained either by reducing the activity of the RNA polymerase I or by down-regulating the expression of the ribosomal proteins. The molecular pathways involved in the relationship between the effect of the inhibition of RNA polymerase III (Pol III) activity and cell cycle progression have been not yet investigated. In eukaryotes, RNA Polymerase III is responsible for transcription of factors involved both in ribosome assembly (5S rRNA) and rRNA processing (RNAse P and MRP).Thus, the aim of this study is characterize the effects of the down-regulation of RNA Polymerase III activity, or the specific depletion of 5S rRNA. The results that will be obtained might lead to a deeper understanding of the molecular pathway that controls the coordination between ribosome biogenesis and cell cycle, and might give useful information about the possibility to target RNA Polymerase III for cancer treatment.
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Onofrillo, Carmine <1984&gt. "Ribosome Biogenesis and cell cycle regulation: Effect of RNA Polymerase III inhibition." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5422/.

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Анотація:
In cycling cells positive stimuli like nutrient, growth factors and mitogens increase ribosome biogenesis rate and protein synthesis to ensure both growth and proliferation. In contrast, under stress situation, proliferating cells negatively modulate ribosome production to reduce protein synthesis and block cell cycle progression. The main strategy used by cycling cell to coordinate cell proliferation and ribosome biogenesis is to share regulatory elements, which participate directly in ribosome production and in cell cycle regulation. In fact, there is evidence that stimulation or inhibition of cell proliferation exerts direct effect on activity of the RNA polymerases controlling the ribosome biogenesis, while several alterations in normal ribosome biogenesis cause changes of the expression and the activity of the tumor suppressor p53, the main effector of cell cycle progression inhibition. The available data on the cross-talk between ribosome biogenesis and cell proliferation have been until now obtained in experimental model in which changes in ribosome biogenesis were obtained either by reducing the activity of the RNA polymerase I or by down-regulating the expression of the ribosomal proteins. The molecular pathways involved in the relationship between the effect of the inhibition of RNA polymerase III (Pol III) activity and cell cycle progression have been not yet investigated. In eukaryotes, RNA Polymerase III is responsible for transcription of factors involved both in ribosome assembly (5S rRNA) and rRNA processing (RNAse P and MRP).Thus, the aim of this study is characterize the effects of the down-regulation of RNA Polymerase III activity, or the specific depletion of 5S rRNA. The results that will be obtained might lead to a deeper understanding of the molecular pathway that controls the coordination between ribosome biogenesis and cell cycle, and might give useful information about the possibility to target RNA Polymerase III for cancer treatment.
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Pollutri, Daniela <1982&gt. "Drugs down-regulating E2F-1 expression hinders cell proliferation through a p53-indipendent mechanism." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6575/1/Pollutri_Daniela_tesi.pdf.

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Анотація:
E2F-1 is a transcription factor that plays a key role in cell-cycle control at G1/S check-point level by regulating the timely expression of many target genes whose products are required for S phase entry and progression. In mammalian cells, E2F-1 is negatively regulated by hypo-phosphorylated Retinoblastoma protein (pRb) whereas it is protected against degradation by its binding to Mouse Double Minute 2 protein (MDM2). In this study we experimented a drug combination in order to obtain a strong down-regulation of E2F-1 by acting on two different mechanisms of E2F-1 regulation mentioned above. This was achieved by combining drugs inhibiting the phosphorylation of pRb with drugs inactivating the MDM2 binding capability. The mechanism of action of these drugs in down-regulating E2F-1 level and activity is p53 independent. As expected, when combined, these drugs strongly inhibits E2F-1 and hinder cell proliferation in p53-/- and p53-mutated cells by blocking them in G1 phase of cell cycle, suggesting that E2F-1 down-regulation may represent a valid chemotherapeutic approach to inhibit proliferation in tumors independently of p53 status.
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Pollutri, Daniela <1982&gt. "Drugs down-regulating E2F-1 expression hinders cell proliferation through a p53-indipendent mechanism." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6575/.

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Анотація:
E2F-1 is a transcription factor that plays a key role in cell-cycle control at G1/S check-point level by regulating the timely expression of many target genes whose products are required for S phase entry and progression. In mammalian cells, E2F-1 is negatively regulated by hypo-phosphorylated Retinoblastoma protein (pRb) whereas it is protected against degradation by its binding to Mouse Double Minute 2 protein (MDM2). In this study we experimented a drug combination in order to obtain a strong down-regulation of E2F-1 by acting on two different mechanisms of E2F-1 regulation mentioned above. This was achieved by combining drugs inhibiting the phosphorylation of pRb with drugs inactivating the MDM2 binding capability. The mechanism of action of these drugs in down-regulating E2F-1 level and activity is p53 independent. As expected, when combined, these drugs strongly inhibits E2F-1 and hinder cell proliferation in p53-/- and p53-mutated cells by blocking them in G1 phase of cell cycle, suggesting that E2F-1 down-regulation may represent a valid chemotherapeutic approach to inhibit proliferation in tumors independently of p53 status.
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Ciavarella, Carmen <1986&gt. "Contribution of vascular resident mesenchymal stromal cells to abdominal aortic aneurysm pathogenesis: increased MMP-9 expression and ineffective immunomodulation." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7152/1/Ciavarella_Carmen_Tesi.pdf.

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Анотація:
Background. Ageing and inflammation are critical for the occurrence of aortic diseases. Extensive inflammatory infiltrate and excessive ECM proteloysis, mediated by MMPs, are typical features of abdominal aortic aneurysm (AAA). Mesenchymal Stromal Cells (MSCs) have been detected within the vascular wall and represent attractive candidates for regenerative medicine, in virtue of mesodermal lineage differentiation and immunomodulatory activity. Meanwhile, many works have underlined an impaired MSC behaviour under pathological conditions. This study was aimed to define a potential role of vascular MSCs to AAA development. Methods. Aortic tissues were collected from AAA patients and healthy donors. Our analysis was organized on three levels: 1) histology of AAA wall; 2) detection of MSCs and evaluation of MMP-9 expression on AAA tissue; 3) MSC isolation from AAA wall and characterization for mesenchymal/stemness markers, MMP-2, MMP-9, TIMP-1, TIMP-2 and EMMPRIN. AAA-MSCs were tested for immunomodulation, when cultured together with activated peripheral blood mononuclear cells (PBMCs). In addition, a co-colture of both healthy and AAA MSCs was assessed and afterwards MMP-2/9 mRNA levels were analyzed. Results. AAA-MSCs showed basic mesenchymal properties: fibroblastic shape, MSC antigens, stemness genes. MMP-9 mRNA, protein and enzymatic activity were significantly increased in AAA-MSCs. Moreover, AAA-MSCs displayed a weak immunosuppressive activity, as shown by PBMC ongoing along cell cycle. MMP-9 was shown to be modulated at the transcriptional level through the direct contact as well as the paracrine action of healthy MSCs. Discussion. Vascular injury did not affect the MSC basic phenotype, but altered their function, a increased MMP-9 expression and ineffective immunmodulation. These data suggest that vascular MSCs can contribute to aortic disease. In this view, the study of key processes to restore MSC immunomodulation could be relevant to find a pharmacological approach for monitoring the aneurysm progression.
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Ciavarella, Carmen <1986&gt. "Contribution of vascular resident mesenchymal stromal cells to abdominal aortic aneurysm pathogenesis: increased MMP-9 expression and ineffective immunomodulation." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7152/.

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Анотація:
Background. Ageing and inflammation are critical for the occurrence of aortic diseases. Extensive inflammatory infiltrate and excessive ECM proteloysis, mediated by MMPs, are typical features of abdominal aortic aneurysm (AAA). Mesenchymal Stromal Cells (MSCs) have been detected within the vascular wall and represent attractive candidates for regenerative medicine, in virtue of mesodermal lineage differentiation and immunomodulatory activity. Meanwhile, many works have underlined an impaired MSC behaviour under pathological conditions. This study was aimed to define a potential role of vascular MSCs to AAA development. Methods. Aortic tissues were collected from AAA patients and healthy donors. Our analysis was organized on three levels: 1) histology of AAA wall; 2) detection of MSCs and evaluation of MMP-9 expression on AAA tissue; 3) MSC isolation from AAA wall and characterization for mesenchymal/stemness markers, MMP-2, MMP-9, TIMP-1, TIMP-2 and EMMPRIN. AAA-MSCs were tested for immunomodulation, when cultured together with activated peripheral blood mononuclear cells (PBMCs). In addition, a co-colture of both healthy and AAA MSCs was assessed and afterwards MMP-2/9 mRNA levels were analyzed. Results. AAA-MSCs showed basic mesenchymal properties: fibroblastic shape, MSC antigens, stemness genes. MMP-9 mRNA, protein and enzymatic activity were significantly increased in AAA-MSCs. Moreover, AAA-MSCs displayed a weak immunosuppressive activity, as shown by PBMC ongoing along cell cycle. MMP-9 was shown to be modulated at the transcriptional level through the direct contact as well as the paracrine action of healthy MSCs. Discussion. Vascular injury did not affect the MSC basic phenotype, but altered their function, a increased MMP-9 expression and ineffective immunmodulation. These data suggest that vascular MSCs can contribute to aortic disease. In this view, the study of key processes to restore MSC immunomodulation could be relevant to find a pharmacological approach for monitoring the aneurysm progression.
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Macchini, Marina <1982&gt. "Relationship Between Chronic Inflammation and Cancer: Interleukin-1β Overexpression Induces Pancreatic Ductal Adenocarcinoma in Oncogenic Kras Mice". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7316/2/Tesi_Marina_Online.pdf.

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Анотація:
Chronic pancreatitis is an established risk factor for pancreatic ductal adenocarcinoma (PDAC) development. Polymorphisms in the pro-inflammatory cytokine gene interleukin 1β (IL-1β), as well as high IL-1β or low IL-1 receptor antagonist (IL-1RA) serum levels, are associated to worse prognosis in PDAC patients. To characterize the role of IL-1β in pancreatic tumorigenesis, we generated a transgenic mouse model bearing KRASG12D mutation combined to chronic inflammation induced by pancreatic overexpression of human IL-1β (KC-IL-1β). We found that IL-1β overexpression induced PDAC onset in 6 out of 13 KRASG12D bearing animals (46%), with a median overall survival of 10.5 months, compared to only 1 out of 13 mice carrying KRASG12D mutation alone (KC)(7.7% p= 0.02). In primary pancreatic KRASG12D organoid cultures, IL-1β exposure increased the number of spheroids and induced gene expression changes consistent with epithelial to mesenchymal transition (EMT), as shown by increased expression of vimentin, Zeb1, Snail. All these changes were counteracted using a recombinant human IL-1receptor antagonist (IL1-RA). Consistently, immuno-histochemical analysis confirmed that in KC-IL-1β tumor epithelial cells and metastasis were strongly positive for vimentin. The relevance of these findings was confirmed in human PDAC, showing higher IL-1 receptor I (IL1-RI) and vimentin expression in tumor tissue compared with adjacent normal pancreas. Regarding the mechanism involved in EMT activation, IL-1β exposure was found to induce an up-regulation of ribosome biogenesis rate, with consequent down-regulation of p53 protein expression which has been shown to be responsible for EMT changes. The finding that IL-1β/IL1-RI inflammatory pathway stimulates acinar cell proliferation and promotes EMT provides the rationale for a therapeutic strategy based on IL-1β receptor blockade to counteract inflammation-induced pancreatic tumorigenesis
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Macchini, Marina <1982&gt. "Relationship Between Chronic Inflammation and Cancer: Interleukin-1β Overexpression Induces Pancreatic Ductal Adenocarcinoma in Oncogenic Kras Mice". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7316/.

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Chronic pancreatitis is an established risk factor for pancreatic ductal adenocarcinoma (PDAC) development. Polymorphisms in the pro-inflammatory cytokine gene interleukin 1β (IL-1β), as well as high IL-1β or low IL-1 receptor antagonist (IL-1RA) serum levels, are associated to worse prognosis in PDAC patients. To characterize the role of IL-1β in pancreatic tumorigenesis, we generated a transgenic mouse model bearing KRASG12D mutation combined to chronic inflammation induced by pancreatic overexpression of human IL-1β (KC-IL-1β). We found that IL-1β overexpression induced PDAC onset in 6 out of 13 KRASG12D bearing animals (46%), with a median overall survival of 10.5 months, compared to only 1 out of 13 mice carrying KRASG12D mutation alone (KC)(7.7% p= 0.02). In primary pancreatic KRASG12D organoid cultures, IL-1β exposure increased the number of spheroids and induced gene expression changes consistent with epithelial to mesenchymal transition (EMT), as shown by increased expression of vimentin, Zeb1, Snail. All these changes were counteracted using a recombinant human IL-1receptor antagonist (IL1-RA). Consistently, immuno-histochemical analysis confirmed that in KC-IL-1β tumor epithelial cells and metastasis were strongly positive for vimentin. The relevance of these findings was confirmed in human PDAC, showing higher IL-1 receptor I (IL1-RI) and vimentin expression in tumor tissue compared with adjacent normal pancreas. Regarding the mechanism involved in EMT activation, IL-1β exposure was found to induce an up-regulation of ribosome biogenesis rate, with consequent down-regulation of p53 protein expression which has been shown to be responsible for EMT changes. The finding that IL-1β/IL1-RI inflammatory pathway stimulates acinar cell proliferation and promotes EMT provides the rationale for a therapeutic strategy based on IL-1β receptor blockade to counteract inflammation-induced pancreatic tumorigenesis
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Scala, Federica <1988&gt. "rRNA Synthesis- Inhibiting Drugs in Antineoplastic Therapy: p53 Stabilization Level is Directly Related to the Cell Ribosome Biogenesis Rate." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7480/1/Federica_Scala_Tesi.pdf.

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Many drugs utilized in cancer chemotherapy inhibit the ribosome biogenesis process evoking a p53 response, in p53 wild-type tumors, and the level of p53 stabilization may be important for the efficacy of the anticancer treatment. For this reason we studied the degree of p53 stabilization after treatments with rRNA synthesis-inhibiting drugs in relation with the cell ribosomal biogenesis rate, in cancer cell lines with functional p53. We showed that a direct relationship exists between the amount of p53 stabilized after rRNA synthesis inhibition and the ribosome biogenesis level of the cancer cells before the treatment. This was due to different levels of inactivation of the ribosomal proteins-MDM2 pathway of p53 degradation. We also analyzed the relationship between these differences in p53 stabilization and the degree of the induced cytotoxic effects. We found that in cell lines with a high ribosome biogenesis rate the inhibition of rRNA synthesis induced not only the cell cycle arrest, but also the apoptotic cell death. Whereas, the inhibition of rRNA synthesis in cell lines with low level of ribosome biogenesis only caused the cell cycle arrest. The data provided in this thesis suggest that the rRNA synthesis-inhibiting drugs alone should be considered in the treatment of cancers characterized by high levels of ribosome biogenesis but cannot be recommended for the treatment of cancers characterized by low ribosome biogenesis levels. In this type of cancers, in order to obtain a p53 stabilization sufficient to activate the apoptotic death, it might be useful to combine treatments with ribosomal biogenesis inhibitors to drugs that stabilize p53 through a different pathway.
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Gallitto, Enrico <1983&gt. "Il contributo delle cellule mesenchimali vascolari nello sviluppo dell'aneurisma dell'aorta addominale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7733/1/GALLITTO_ENRICO_TESI.pdf.

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Introduzione. Un’infiltrazione infiammatoria e un’eccessiva proteolisi della matrice extracellulare(ECM), mediata da metallo-proteinasi(MMPs), sono alterazioni dell’aneurisma dell’addominale(AAA). Le cellule staminali mesenchimali(MSC) sono state isolate dalla parete vascolare e rappresentano potenziali candidati target per la medicina rigenerativa in virtù di differenziazione mesodermica e immuno-modulatoria. Scopo dello studio è stato valutare la presenza di un potenziale ruolo delle MSCs nello sviluppo di AAA. Metodi. Sono stati prelevati segmenti di parete aortica aneurismatica da AAA sottoposti a trattamento chirurgico open e segmenti di tessuti aortici da donatori sani. È stata effettuata valutazione istologica della parete di AAA. Le MSCs sono state isolate dal tessuto di AAA(AAA-MSC) e caratterizzate. Le AAA-MSCs sono poi state testate per caratteristiche di immuno-modulazione mediante co-colture di cellule mononucleate attivate(PBMC)da sangue periferico e di MSCs da donatore sano. Risultati. Le cellule AAA-MSCs hanno mostrato proprietà feno/genotipiche mesenchimali: forma fibroblastica, presenza di antigeni MSC e geni staminali. Le MMP-9 sono risultate significativamente aumentate in AAA-MSCs rispetto MSCs. Le AAA-MSCs hanno dimostrato una debole attività immunosoppressiva. I livelli di MMP-9 sono modulate a livello trascrizione attraverso 'azione paracrina di MSCs sane. Conclusioni. L’AAA non ha influenzato il fenotipo delle MSC, ma ne ha alterato la funzione, aumentando l’attività di MMP-9 e mostrando un’inefficace attività di immuno-modulazione. Questi dati suggeriscono che le MSCs della nicchia vascolare contribuiscono alla formazione diAAA. Lo studio dei processi per ripristinare l’immunomodulazione delle MSsC potrebbe essere utile per trovare un approccio medico per il monitoraggio/progressionee degli AAA.
Background. inflammatory infiltrate and excessive extracellular matrix proteolysis (ECM), by Metalloproteinasis (MMPs), are typical characteristics of abdominal aortic aneurysm (AAA). Mesenchymal Stromal Cells (MSCs) have been detected in the vascular wall and represent attractive target for regenerative medicine, due to the mesodermal lineage differentiation and immunomodulatory activity. Previous papers underlined an impaired MSC behaviour under pathological conditions. Aim of the study was to define the potential role of vascular MSCs to AAA development. Methods. Aortic tissues were collected from patients with AAA and healthy donors. The analysis was organized in three steps: 1) histology of AAA wall; 2) detection of MSCs and evaluation of MMP-9 expression in AAA; 3) MSC isolation from AAA and characterization for mesenchymal/stemness markers, MMP-2, MMP-9, TIMP-1, TIMP-2 and EMMPRIN. AAA-MSCs were tested for immunomodulation, when cultured with activated peripheral blood mononuclear cells (PBMCs). Co-culture of both healthy and AAA MSCs was performed and afterwards MMP-2/9 mRNA levels were analyzed. Results. AAA-MSCs showed mesenchymal features: fibroblastic aspect, MSC antigens, stemness genes. MMP-9 mRNA, protein and enzymatic activity were increased in AAA-MSCs. Moreover, AAA-MSCs showed a weak immunosuppressive activity, as shown by PBMC ongoing along cell cycle. MMP-9 was shown to be modulated at the transcriptional level through the contact as well as the paracrine action of healthy MSCs. Discussion. Vascular injury did not affect the MSC phenotype, but altered their function, as increased MMP-9 expression and ineffective immunomodulation. These data suggest that vascular MSCs can contribute to aortic disease. The study of key processes to restore MSC immunomodulation could be relevant to find a pharmacological approach for the aneurysm progression
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Pasanisi, Emanuela <1984&gt. "Wound Healing and Differentiation Potential among Human Vascular Wall Mesenchymal Stem Cells, Dermal Fibroblast and Myofibroblast Cell Lines." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8209/1/Pasanisi_Emanuela_Tesi.pdf.

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Lower-limb ulcers represent a debilitating phenomenon with a prevalence of 3% in the people over 65 years old. The ulcers are particularly severe in diabetic patients where they tend to become chronic non-healing wounds, leading to a series of clinical complications. Nowadays, although surgical revascularization remains the gold standard therapeutical option for wound healing, many new therapeutic approaches are under development to facilitate and accelerate the recovery of the injured tissues. In this context, the use of growth factors, mesenchymal stem cells and autologous fibroblasts are acquiring increasingly importance. Based on these evidences, this study was aimed to test one of the proangiogenic factors, HGF, on hVW-MSCs isolated from human arteries and compare the differentiation potential between hVW-MSC and the stromal counterpart (dermal fibroblasts and myofibroblasts).HGF effect on hVW-MSCs was studied; proliferation, migration, motility, angiogenic induction and modulation of tissue remodeling and inflammation markers were specific areas investigated. HGF was also tested on MSCs recovered from abdominal aortic aneurysms (AAA-MSCs). Furthermore, assays of angiogenic and adipogenic differentiation potential were established on hVW-MSCs, dermal fibroblasts and myofibroblasts.HGF stimulates migration, motility and angiogenic differentiation of hVW-MSCs, but it has no effect on proliferation and tissue remodeling and inflammation markers. Results on AAA-MSCs show that HGF decreases the expression of inflammatory cytokines and positively modulate some markers involved in tissue remodeling. Finally, hVW-MSCs own a higher angiogenic and adipogenic commitment compared to dermal fibroblasts and myofibroblasts.The combined use of HGF and hVW-MSCs, especially because of their high differentiation potential, represents a promising therapeutic strategy, in order to facilitate the healing of unresponsive vascular ulcers.
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Guerrieri, Ania Naila <1991&gt. "Evaluation of the role of DKC1 overexpression in breast cancer." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9289/1/PhD%20Thesis_%20Guerrieri%20AN_reviewed.pdf.

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Dyskerin is part of the pseudouridylation complex and catalyzes the isomerization of uridines on ribosomal RNA (rRNA) into pseudouridines, guided by small nucleolar RNAs (snoRNAs). It is also part of the telomerase complex stabilizing the telomerase RNA component (hTR). Loss of function mutations in DKC1 cause X-linked Dyskeratosis Congenita (X-DC), a ribosomopathy characterized by failure of proliferating tissues and increased cancer susceptibility. Several human tumors show increased dyskerin expression and worse prognosis. Besides the role of dyskerin as tumor suppressor, literature lacks studies analyzing the function of its increased expression in tumors. In this work, we studied the effects of higher dyskerin expression generating stable DKC1 overexpression cell lines. We found that increasing dyskerin levels confers a more aggressive phenotype and increased translational efficiency independently on the translation initiation modality in untransformed mammary epithelial cells (MCF10A). Furthermore, DKC1 overexpression lead to an up-regulation of the snoRNAs pool, without any changes in the global pseudouridylation level of rRNA. Among the snoRNAs, three significantly up-regulated snoRNAs are known to target uridines on rRNA. We quantified the percentage of pseudouridines (Ψ) through a LC/MS based method on U1492 on 18S rRNA, U4975 and U1445 on 28S rRNA respectively. Our results show no significant changes in pseudouridine levels in these sites, although basing on the in vitro translation results, a biological role of the slight changes we detected cannot be excluded. Finally, patients harboring tumors with higher dyskerin expression have worse prognosis, lower disease-free survival and advanced lymph node status respect of patients expressing low dyskerin levels. Tumors with higher dyskerin expression, have higher levels of SNORA64, SNORA70 and SNORA67. In conclusion, our work indicates for the first time that dyskerin may act as an oncogene in breast cancer, promoting neoplastic transformation from early stage and providing ribosomes with a major translation efficiency.
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Rossi, G. "IDENTIFICAZIONE DI NUOVI BIOMARKER E METODI ANALITICI INNOVATIVI IN PATOLOGIA CLINICA VETERINARIA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150186.

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Diagnostic test validation is challenge for the clinical pathologist when a new instrument or a new analyzer is introduced in the lab. The aim of this work is to assess the analytical and/or clinical performances of novel biomarker to evaluate a possible application as a useful marker in veterinary medicine. Four different objectives are investigate: 1. Haematological parameters: two new gates are draw, in particular a “high fluorescent region” to identify canine blood samples with cell of probable neoplastic origin that need further investigation and a gate to identify “high fluorescent platelet fraction” in macrothrombocytopenic Norfolk terrier. Both gates are useful to perform a correct diagnosis with a better outcome for the patients. 2. Inflammatory markers: the measurement of dROMs (derivative of reactive oxygen metabolites) in serum of dogs with leishmaniasis showe a strong involvement of these compounds in the symptomatic or the asymptomatic Leishmania infections, and could be use to identify dogs with sub-clinical forms. Another studies involve the validation of a new test for IFN-γ measurement after incubation of feline leukocytes with immunogenic peptides. This study is from one side a draw up of a new test with consequently assessment of analytical performances, and from another side a pathogenic study about FIP infection in cats. The paraoxonase 1 activity in dogs is the last inflammatory maker investigated, and results show a probable biological behaviour as a negative acute phase protein. 3. Hypertension markers: homocysteine and entothelin-1 (ET-1). Hypertension usually is secondary to diseases that indirectly could affect the systemic pressure, mainly renal and heart diseases. Homocysteine appears increased in dogs with both heart and kidney disease, but the clinical usefulness and the sensibility is not enough for positive impact on patient management. ET-1 appeared with higher sensibility and specificity in dogs with chronic kidney diseases and with hypertension, and its related with the severity of disease and could be a useful marker for the monitoring the follow up. 4. Development of new methods to investigate sialic acid characteristics and to assess if the different molecules bind to sialic acid molecules could interact with the development of the pathology. Results show an increased metastatic potential when sialic acid has α2,6 conformation in dogs with mammary tumour, and in cats the total sialic acid serum concentration is related to the immune response of cats during Coronavirus infections. 5. At last, evaluation of analytical performances of urine protein-to-creatinine ratio: it’s a commonly used test, but this study revealed a high imprecision that could affect test results.
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Nannini, Nazarena. "Chronic lung allograft dysfunction: clinical and experimental study." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424150.

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INTRODUCTION Transplantation is the only effective treatment for several end-stage lung diseases. Remarkable progress has been made in improving outcomes, although the 5-year graft survival is still less than 50% primarily because of the development of chronic lung allograft dysfunction (CLAD). CLAD has been now recognized as a heterogeneous condition that includes an obstructive form (bronchiolitis obliterans syndrome, BOS) and a restrictive allograft dysfunction (restrictive allograft syndrome, RAS). BOS, and its histological correlate obliterative bronchiolitis -OB- represents the principal form of CLAD (~75%). The specific etiology and pathogenesis of BOS/OB are not fully understood. Multiple immune mechanisms seem to contribute to the development of BOS/OB, thus it is thought to represent a final common pathway of a process triggered by both alloantigen dependent and independent mechanisms. While the role of alloimmunity has long been established more recent studies have begun to demonstrate the role of autoimmunity in the development of BOS. A few experimental and clinical studies have demonstrated that collagen V and K-α1 tubulin, modified during ischemia reperfusion injury, may trigger autoimmune response, both humoral and cell mediated. Interleukin 17 (IL17), a proinflammatory cytokine involved in autoimmune and infectious diseases, has recently been suggested to play a key role in the development of CLAD. The development of animal models, mimicking the human transplantation procedure, is of great importance to elucidate the pathogenetic mechanisms leading to BOS/OB, to identify important biomarkers of OB and finally to test the effectiveness of new target therapies. However up to today two important issues are largely discussed in rodent orthotopic models: 1) the reproducibility of the surgical procedure 2) the identification of the best genetic strain (inbred versus outbred rats) for the development of immunological lesions similar to those in humans. AIM OF THE RESEARCH The main goals of the present PhD research project were: 1) development of a reproducible orthotopic lung transplant animal model, obtaining immunological lesions, particularly CLAD, similar to those of humans; 2) evaluation of IL17/IL23 pathway, crucial in autoimmune response, through a careful investigation in preclinical models and in clinical index cases of CLAD. MATERIALS AND METHODS Two different animal models were used to perform orthotopic lung transplantation (OLT): outbred rat strain (20 CD SPF left lungs were transplanted into VAF) and inbred rat strain (32 Lewis left lung rats were transplanted into Fisher 344). Only the long term survival animals (sacrificed 30 and 90 days after LT) were subjected to a full immunological evaluation as follows: a) detection of donor-specific antibodies (DSA) testing serum samples with the flow cross match technique b) morphological and immunophenotype evaluation of acute and chronic immunological lesions developed in the graft c) immunohistochemical and molecular (RT-qPCR) analysis of IL17/IL23 pathway in the graft and bronchoalveolar lavage (BAL) of animals and in all scheduled transbronchial biopsies of two index cases that developed CLAD. RESULTS Surgical mortality and early graft failure (within 24 hours) was higher in the outbred than inbred group (only 2 of a total 20 outbred rats survived). The two survival OLT outbred rats (sacrified 13 and 14 days after OLT) developed well evident immunological disorders: one showed acute cellular rejection (ACR) with coexistent early OB and the other late OB. Immunological disorders (only minimal ACR: A1B1) were rare (only 1/11; 9%) in the first 15 days of OLT inbred rats. In this period the inbred grafts showed ischemia/reperfusion or infections. ACR (≥A2B1) developed in 2/6 (33%) inbred grafts at 30 days. Ninety days after OLT was the best time point for the development of immunological disorders: ACR (≥A2B1) and OB (both early and late) were detected in 7/15 (46%) and 8/15 (53%) animals respectively, regardless of immunosuppressive treatment. DSA IgG showed higher median levels in those with ACR or OB than those without (70% and 34%, respectively vs 13%). A strong IL17 immunostaining was detected in inbred grafts that developed ACR and OB. IL 17 was equally expressed in inflammatory cells (macrophages and lymphocytes) of inbred grafts with ACR and OB while it was more expressed in epithelial and endothelial cells of inbred grafts with OB. No staining was detected in grafts of animals without any sign of rejection. IL23 expression was high in grafts with both absence and presence of rejection. Molecular analysis of IL17 and IL23 expression in BAL fluids showed higher levels of mRNA in grafts with ACR than OB. All scheduled transbronchial biopsies of the two index cases with ACR and OB showed IL17 overexpression with the same pattern detected in the preclinical model. CONCLUSIONS Outbred rodents that could have been more similar to humans due to high genetic diversity can not be used as a reliable OLT model because of the high rate of dramatic early graft failure. A reproducible model of both ACR and OB was developed in inbred rats (Lewis to Fisher 344) and 90 days post-transplantation was the optimal endpoint established. IL17, overexpressed in ACR and overall in OB lesions, is a crucial mediator in post-transplant immunological lesions and could be considered a potential therapeutic target in clinical transplantation.
INTRODUZIONE Il trapianto di polmone è l’unica opzione terapeutica per alcune patologie polmonari terminali. Notevoli progressi sono stati fatti in questo ambito, tuttavia la sopravvivenza dell’organo dopo 5 anni è inferiore al 50%, principalmente a causa dello sviluppo del rigetto cronico. Il rigetto cronico si presenta in modo eterogeneo, in quanto può essere caratterizzato da una forma ostruttiva (sindrome della bronchiolite obliterante, BOS) o da una restrittiva (RAS). La BOS e il suo corrispondente aspetto istopatologico, la bronchiolite obliterante (BO), rappresentano la principale forma di rigetto cronico (~75%). L’eziologia e l’esatta patogenesi della BOS/BO non sono ancora state completamente chiarite in quanto diversi meccanismi immunitari sembrano essere coinvolti nel suo sviluppo e sembra essere la conseguenza di un processo indotto da meccanismi dipendenti/indipendenti dagli alloantigeni. Infatti, il ruolo dell’alloimmunità nello sviluppo della BOS/BO è stato dimostrato da tempo, mentre quello dell’autoimmunità è emerso solo recentemente. Pochi lavori sperimentali e clinici hanno dimostrato che il collagene V e la tubulina K-α1, modificati nel danno da ischemia e riperfusione, possono indurre la risposta autoimmune, sia umorale che cellulo-mediata. L’interleuchina17 (IL17), una citochina proinfiammatoria coinvolta in patologie autoimmuni ed infettive, è stata proposta recentemente come fattore cruciale nello sviluppo del rigetto cronico. Lo sviluppo di modelli animali, che subiscono una procedura trapiantologica analoga all’umana, risulta di grande importanza al fine di chiarire i meccanismi patogenetici legati allo sviluppo della BOS/BO, di identificare biomarcatori precoci e di provare l’efficacia di nuove terapie. Attualmente, due importanti aspetti vengono largamente discussi nei modelli di trapianto ortotopico nei roditori: 1) la riproducibilità della procedura chirurgica e 2) l’identificazione del migliore genotipo (inbred o outbred) per lo sviluppo di lesioni immunologiche simili a quelle umane. SCOPO DELLA RICERCA I principali obiettivi di questa ricerca sono stati: 1) sviluppo di un modello animale di trapianto ortotopico di polmone riproducibile con lesioni immunologiche simili a quelle umane, in particolare quelle tipiche del rigetto cronico; 2) verificare l’ipotesi che IL17/IL23 giochi un ruolo chiave nello sviluppo del rigetto cronico mediante uno studio scrupoloso nei modelli preclinici e in casi clinici emblematici. MATERIALI E METODI Due modelli animali sono stati utilizzati per eseguire il trapianto ortotopico di polmone (LT): il modello outbred (20 polmoni sinistri CD SPF sono stati trapiantati in VAF) e il modello inbred (32 polmoni sinistri di ratti Lewis sono stati trapiantati in Fisher 344). Esclusivamente i ratti con sopravvivenza a lungo termine (sacrificati 30 e 90 giorni dopo LT) sono stati studiati in modo approfondito dal punto di vista immunologico mediante: a) ricerca di anticorpi anti-donatore (DSA) mediante citometria a flusso sui campioni ematici; b) valutazione morfologica ed immunofenotipica di lesioni immunologiche acute e croniche sviluppatesi nel polmone trapiantato; c) analisi immunoistochimica e molecolare (PCR semiquantitativa) del meccanismo IL17/IL23 nell’organo trapiantato e nel BAL dei modelli animali e nelle biopsie transbronchiali di monitoraggio di due casi clinici emblematici di pazienti che hanno sviluppato la BO. RISULTATI La mortalità perioperatoria e la disfunzione precoce dell’organo trapiantato (entro le 24 ore) erano più elevate nel gruppo di animali outbred rispetto agli inbred (solo 2/20 ratti outbred sono sopravvissuti): uno presentava rigetto cellulare acuto (ACR) con coesistente BO precoce, l’altro un rigetto cronico tardivo. Nei primi 15 giorni dopo LT i topi inbred presentavano raramente lesioni immunologiche (solo 1/11: 9%) e si trattava di ACR lieve (A1B1). In questo periodo i polmoni trapiantati inbred mostravano danno da ischemia/riperfusione o infezioni. In 2/6 (33%) dei polmoni trapiantati inbred è stato riscontrato un importante ACR (≥A2B1) 30 giorni dopo LT. Il sacrificio a 90 giorni è risultato ottimale per lo sviluppo di lesioni immunologiche: ACR (≥A2B1) e BO (lesioni precoci e tardive) sono state riscontrate in 7/15 (46%) e 8/15 (53%) animali rispettivamente, indipendentemente dal trattamento di immunosoppressione. Gli animali con ACR o BO presentavano livelli di Ig DSA maggiori rispetto a quelli che non presentavano alcun segno di rigetto (rispettivamente 70% e 34% vs 13%). Una forte positività immunoistochimica per IL17 è stata riscontrata nei polmoni trapiantati dei topi inbred che avevano sviluppato ACR e BO. Non erano evidenti differenze significative nell’espressione di IL17 nelle cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti) di polmoni inbred con ACR e BO, mentre è risultata maggiore nelle cellule epiteliali ed endoteliali di polmoni inbred con BO rispetto a quelli con ACR. Non è stata riscontrata positività nei polmoni di animali senza alcun segno di rigetto. L’espressione di IL23 era elevata sia in assenza che in presenza di rigetto. L’analisi molecolare dell’espressione di IL17 e IL23 nel BAL ha dimostrato maggiori livelli di mRNA nei polmoni trapiantati con ACR rispetto a quelli con BO. Tutte le biopsie di monitoraggio dei due casi emblematici caratterizzate da ACR e BO hanno mostrato un’elevata espressione di IL17 con lo stesso pattern riscontrato nel modello preclinico. CONCLUSIONI I ratti outbred, che potrebbero essere considerati più simili all’uomo data la loro diversità genetica, non possono essere considerati un modello riproducibile di LT a causa dell’elevata mortalità precoce. E’ stato sviluppato un modello riproducibile di rigetto acuto cellulare e cronico nei ratti inbred (da Lewis a Fisher 344) e il sacrificio 90 giorni dopo il trapianto è risultata la tempistica ottimale. IL17, notevolmente espressa nell’ACR e nella BO, è un mediatore cruciale nelle lesioni immunologiche post-trapianto e potrebbe rappresentare un importante target terapeutico nella trapiantologia clinica.
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Perez, Danyel Elias da Cruz. "Neoplasias de glandulas salivares na infancia e adolescencia : analise clinica, histopatologica e imunohistoquimica." [s.n.], 2002. http://repositorio.unicamp.br/jspui/handle/REPOSIP/289805.

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Orientadores: Luiz Paulo Kowalski, Oslei Paes de Almeida
Dissertação (mestrado) - Universidade Estadual de Campinas, Faculdade de Odontologia de Piracicaba
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Resumo: O objetivo deste trabalho foi analisar os dados clínicos e histopatológicos de 53 tumores epiteliais de glândulas salivares que acometeram pacientes com idade inferior a 18 anos, além da expressão imunohistoquímica de p53, PCNA, Ki-67, CEA, bcl-2 e c-erbB-2 nas neoplasias malignas e p53, bcl-2, PCNA e Ki-67 nas neoplasias benignas. Entre 1953 e 1997, 53 pacientes originários dos arquivos do Departamento de Cirurgia de Cabeça e Pescoço do Hospital do Câncer, São Paulo/SP foram analisados. Aproximadamente, metade dos tumores eram benignos, apresentando predileção pelo sexo feminino. A média de idade foi de 13,8 anos, com a glândula parótida sendo a mais freqüentemente acometida. Entre todos os tumores, o adenoma pleomorfo foi o tumor mais comum e o carcinoma mucoepidermóide o tumor maligno mais prevalente, com a maioria deles apresentando baixo grau de malignidade. Vinte pacientes com tumores benignos se encontram livre da doença após 198,1 meses do tratamento e em 19 pacientes com tumores malignos não foi observada recorrência tumoral após um tempo médio de 171,6 meses. A análise imunohistoquímica não revelou correlação com o prognóstico dos tumores malignos. Os dados sugerem que nesse grupo de pacientes metade dos tumores epiteliais das glândulas salivares são malignos, em geral apresentam um bom prognóstico e que os anticorpos utilizados aparentemente não se mostraram úteis como marcadores prognósticos nos tumores de glândulas salivares em pacientes jovens
Abstract: The aim of this study was to analyze clinical and histological data from 53 epithelial salivary gland tumors affecting patients 18-years-old and less. Lmmunohistochemical reaction of PCNA, Ki-67, p53, c-erbB-2, CEA, bcl-2 in the malignant tumors , and PCNA, Ki-67, p53 and bcI-2 in the benign tumors were also perfomed. From 1953 to 1997, 53 cases of epithelial salivary gland tumors were retrieved from the files of the Department of Head and Neck Surgery and Otorhinolaryngology, AC Camargo Cancer Hospital, São Paulo, Brazil. Half of the tumors were benign with predilection to females. The mean age was 13.8 years and the parotids were the most commonly affected gland. Pleomorphic adenoma was the most common tumor type, and mucoepidermoid carcinoma was the prevalent malignant type, predominantly of low histological grade. Twenty patients with benign tumors were alive without evidences of disease after a mean of 198.1 months of treatment. Nineteen patients with malignant tumors did not show tumoral recurrence after a mean follow-up of 171.6 months. lmmunohistochemical analysis did not show correlation to prognosis of malignant tumors. Our results showed that in this group of patients, half of the epithelial salivary gland tumors are malignant with favorable prognosis. However, immunohistochemical expression of PCNA, Ki-67, p53, c-erbB-2, CEA and bcl-2 were not useful as prognostic markers in salivary gland tumors affecting youngsters
Mestrado
Estomatologia
Mestre em Estomatopatologia
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Rodrigues, Rodrigo Gonzales [UNESP]. "Hemograma e dosagens séricas de alguns eletrólitos, hormônios e proteínas cabras parda alpinas e mestiças parda alpinas x boer submetidas ao estresse pelo calor." Universidade Estadual Paulista (UNESP), 2003. http://hdl.handle.net/11449/89315.

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A capacidade de adaptação do caprino é determinada por sua habilidade em dissipar calor pela elevação da temperatura da pele e aumento da freqüência respiratória e em elevar a temperatura corporal sem inibir a atividade do animal. Os caprinos são animais homeotérmicos e, portanto, capazes de manter constante a temperatura corporal mesmo em variações amplas de temperatura, o que é necessário para a homeostase. Quando animais homeotérmicos são expostos a temperaturas ambientais acima de sua zona de conforto térmico, acontecem várias mudanças fisiológicas e bioquímicas que constituem o assim chamado estresse térmico. A maioria das mudanças endócrinas iniciam-se com relativo atraso numa série de defesas corporais ativadas em resposta a vários estressores ambientais. Mudanças no equilíbrio hormonal pela variação da temperatura ambiente são responsáveis em grande parte pela diminuição do crescimento, reprodução e produção de leite e interferem na viabilidade técnica da exploração de uma espécie em uma dada região. Este trabalho teve por finalidade avaliar as possíveis alterações provocadas pelo estresse térmico comparando cabras jovens puras da raça Parda Alpina e mestiças Parda Alpina X Boer, através da realização do hemograma completo e determinações bioquímicas séricas de T3 e T4, cortisol, proteínas séricas totais, albumina e globulinas, cálcio, fósforo e magnésio, sódio e potássio e AST.Oito caprinos divididos em dois grupos, 4 fêmeas Parda Alpinas e 4 mestiças Parda Alpinas X Boer, com cinco meses de idade, foram mantidas em câmara bioclimática a uma temperatura... .
The capacity of adaptation of caprine is determined by its ability in dissipating heat by the temperature increasing of the skin and rising of the breathing frequency and in increasing the corporal temperature without inhibiting the animal’s activity. The caprine are homeothermal, so, they are capable to keep a constant corporal temperature even in an wide temperature variation, what is necessary for the homeostasis. When homeothermal animals are exposed to environmental temperatures above its zone of thermal comfort, many physiological and biochemical changes happen that constitute the term thermal stress. Most of the endocrine changes begin with a relative delay in a series of corporal defenses activated in response to various environmental stress. Changes in the hormonal equilibrium by the environmental temperature are responsible in great part for decrease in growing, reproduction and milk production and interfere in the technical viability of the exploration of a specie in a certain region. This research had for purpose to evaluate the possible alterations caused by the thermal stress comparing pure young goats of the Alpine race and Alpine X Boer, through the accomplishment of the complete hemogram and serum biochemical levels of T3 and T4, cortisol, total serum proteins, albumin and globulin, calcium, phosphorus and magnesium, sodium and potassium and AST. Eight caprine divided into two groups, 4 Alpine goats and 4 Boer X Alpine goats, five months of age, were kept in a bioclimate chamber at the temperature of 35 to 40º C, during 5 hours a day during fourteen days with food and water “ad libitum”. Watching the highest the average values of hematocrite and hemoglobin from the total plasmatic proteins were observed in the Alpine goats. It was attested the race effect on the serum levels of cortisol, being those smaller in the Boer X Alpine goats. Finally it was... (Complete abstract, click electronic address below).
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Viana, Sayonara de Melo. "PersistÃncia da infecÃÃo por Leishmania braziliensis em camundongos BALB/c mediada por citocinas e quimiocinas." Universidade Federal do CearÃ, 2013. http://www.teses.ufc.br/tde_busca/arquivo.php?codArquivo=9681.

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Анотація:
CoordenaÃÃo de AperfeiÃoamento de Pessoal de NÃvel Superior
Leishmania braziliensis is the main causative agent of American cutaneous leishmaniasis in Brazil. Altough L. braziliensis infection is self-limited it is distinguished by its latency and chronicity and can persist in mice and patients even after spontaneous clinical cure or treatment. Little is known about the persistence feature in L. braziliensisâ infection in humans and mice. Thereby, the aim of this study was to characterize the parasiteâs persistence in the murine model. The parasite load, lesion thickness and pattern of cytokines and chemokines involved in persistence were evaluated through BALB/c mice infection with a L. braziliensis strain and observation for 90 days after infection. The results showed that parasites gradually disappear in the footpad, while the parasite load was sustained in the draining lymph node until 90 days post-infection (p.i). In the footpad, TNF-α expression was higher at 30 days p.i, followed by the decrease in parasite load and lesion thickness in the site. IL-10 and TGF-β were more expressed at first and decreased after 30 days of infection. A higher concentration of TNF-α and IFN-γ was observed at 15 and 30 days post-infection in the draining lymph node, while IL-4 was significantly increased at 15 days post-infection, and IL-10 and TGF-β were the predominant cytokines after 90 days of infection. CCL2, CCL3, CXCL1 e CXCL10 were expressed in the footpad, with a peak at 30 days p.i. and reduction at 60 days. In the draining lymph node, CCL2 and CXCL10 presented a low expression at first, increasing to a peak at 45 days p.i., while CCL3 was more expressed at 30 days p.i., the same period of the maximum lesion thickness. In our work, we observed that Leishmania persists in draining lymph nodes, while CCL2, CXCL10, IL-10 and TGF- are significantly expressed/produced. These results indicate that these citokynes act synergistically, which can determinate parasite persistence in the draining lymph node.
A infecÃÃo por Leishmania braziliensis se distingue por sua latÃncia e cronicidade, podendo persistir em camundongos e nos pacientes apÃs a cura clÃnica espontÃnea ou apÃs o tratamento. A persistÃncia da infecÃÃo por L. braziliensis ainda tem sido pouco estudada, seja em humanos, seja em modelos experimentais. O objetivo deste trabalho, portanto, foi caracterizar a persistÃncia da infecÃÃo por L. braziliensis utilizando o modelo murino. Foram avaliados em diferentes tempos a espessura da lesÃo, a carga parasitÃria e o padrÃo de citocinas e quimiocinas envolvidas no processo. Para isso, camundongos BALB/c foram infectados com uma cepa de L. braziliensis e acompanhados por 90 dias. Os resultados mostraram que os parasitos desapareceram gradativamente da pata, enquanto nos linfonodos a carga parasitÃria se manteve, mesmo 90 dias pÃs-infecÃÃo (p.i.). Houve pouca expressÃo de IFN-γ nas patas durante os perÃodos analisados, enquanto a expressÃo de TNF-α apresentou-se alta aos 30 dias de infecÃÃo. IL-10 e TGF-β apresentaram maior expressÃo inicialmente e regrediram a partir de 30 dias p.i. Quanto Ãs quimiocinas, observou-se expressÃo de CCL2, CCL3, CXCL1 e CXCL10 nas patas; aos 30 dias todas as quimiocinas apresentaram mÃxima expressÃo, e diminuÃram no 60o dia p.i. AtravÃs de detecÃÃo por ELISA no linfonodo de drenagem, observou-se um pico de concentraÃÃo de TNF-α aos 15 dias e de IFN-γ aos 30 dias pÃs-infecÃÃo, o que precedeu a reduÃÃo na espessura da lesÃo e diminuiÃÃo da carga parasitÃria na pata. IL-4 foi predominante aos 15 dias p.i., tendo sua concentraÃÃo muito diminuÃda aos 30 dias; a partir desse perÃodo a citocina foi pouco detectada. JÃ a concentraÃÃo de IL-10 e TGF-β manteve-se alta e estÃvel, a partir dos 30 dias p.i. Nos linfonodos, a expressÃo de CCL2 e CXCL10 aumentou gradativamente, atingindo pico aos 45 dias p.i., enquanto a expressÃo de CCL3 apresentou pico aos 30 dias p.i., regredindo depois. Em conclusÃo, os parasitos persistem no linfonodo de drenagem em perÃodos crÃnicos de infecÃÃo, quando CCL2, CXCL10, IL-10 e TGF- continuam sendo expressos/produzidos em quantidade. O quadro observado sugere um equilÃbrio entre essas citocinas, o que pode ser determinante para a persistÃncia do parasito no linfonodo.
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Pitombeira, AlaÃde da Silva. "Estudo sobre sepse neonatal: avaliaÃÃo dos praÃmetros hematolÃgicos e de subpopulaÃÃes linfocitÃrias em recÃm-nascidos sÃpticos e nÃo sÃpticos." Universidade Federal do CearÃ, 2006. http://www.teses.ufc.br/tde_busca/arquivo.php?codArquivo=9974.

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Анотація:
Neonatal sepsis is one of the most important cause of death of the newborn admitted to the Intensive Care Units; hence, the identification of the prognostic factors of this disease becomes very relevant in the follow up and evaluation of the patients. The aim of this study was to evaluate the hematological parameters and the lymphocyte subpopulations of the newborn with sepsis; in order to identify those parameters that may correlate with the onset of this neonatal disease. Twenty one newborns admitted to the ICU of the Albert Sabin Childrenâs Hospital, and a group of 10 healthy newborns from the Obstetric Center of the Angeline General and Maternity Hospital, were studied. In the two groups, red cells, hematocrit, hemoglobin, platelets, total and differential leukocytes, absolute and relative T and B cells; as also the blood PCR values in the septic newborn, were determined. In addition, NK, B, TCD4+ and TCD8+ cell numbers were evaluated by immunophenotyping, using their respective markers CD56, CD19, (CD3 + CD4) and (CD3 + CD8). The data were expressed as variation and mean  SD, and analyzed by Studentâs T test, at the significance level of p = 0.05. Significant differences were not observed between septic and non-septic newborn, in the mean values of the parameters: red cells, hematocrit, hemoglobin, platelets, total lymphocytes, and T, B, T CD4+, TCD8+ lymphocytes. Total leukocyte counts were elevated in septic newborns (18.080  9.210/ÂL in septic patients, against 12.040  3.980/ÂL in controls; the difference between the means significant, p = 0.0166); due, principally, to increase of circulating polymorphic neutrophils. PCR levels were elevated in newborns with fatal sepsis; as compared to those of septic newborns who responded to treatment (fatal sepsis: 38,00  13,15 mg/L; non-fatal sepsis: 13,00  8,83 mg/L â the differencea between the means highly significant, p < 0,01). The NK cells were highly significantly reduced in septic newborns (80  80/ÂL; v 250  220/ÂL dos controles; p = 0,0041). Of the septic cases, the mean NK values for those who responded to treatment was 32 20/ÂL; against 120  80,90/ÂL for those with fatal sepsis. Both these values were below that of the control group; but the difference between the means of the two subgroups of the septics was significant (p = 0,0124). These results suggest that NK cells were reduced significantly in septic newborn; irrespective of their response to treatment, or not. However, the true significance of the oscillation of NK cell numbers in neonatal sepsis could not be evaluated in this study, because of the small numbers of septic newborns available for the subgroups under study. Investigations with much larger number of cases of septic newborns could better define the real role of NK cells in sepsis and its evolution to fatality.
A sepse neonatal à uma das mais importantes causas de Ãbito de recÃm-nascidos (RNs) internados nas Unidades de Tratamento Intensivo (UTI). Deste modo, torna-se relevante a identificaÃÃo de fatores prognÃsticos no acompanhamento e avaliaÃÃo desses pacientes. O objetivo deste estudo à determinar os valores hematolÃgicos e as sub-populaÃÃes dos linfÃcitos dos RNs sÃpticos, procurando identificar aqueles parÃmetros que correlacionem com a incidÃncia e evoluÃÃo da sepse no RN. A populaÃÃo analisada foi constituÃda por 21 RNs sÃpticos admitidos na CTI do Hospital Infantil Albert Sabin (HIAS) e um grupo controle de 10 RNs saudÃveis do Centro ObstÃtrico do Hospital Geral e Maternidade Angeline (HGMA). Foram avaliados nos RNs dos dois grupos (casos e controles), as contagens de hemÃcias, hematÃcrito, hemoglobina, plaquetas, contagens total e diferencial de leucÃcitos, e contagens absolutas e relativas dos linfÃcitos T e B; alÃm dos valores de PCR nos RNs sÃpticos. Adicionalmente, foram avaliados os linfÃcitos nulos (NK), cÃlulas B, TCD4+ e TCD8+, pelo mÃtodo de imunofenotipagem, utilizando-se os marcadores CD56, CD19, (CD3+CD4) e (CD3+CD8) respectivamente. Os resultados foram expressos em variaÃÃo e mÃdia  DP, e avaliados pelo teste T, ao nÃvel de significÃncia de p = 0,05. NÃo foram constatadas diferenÃas estatÃsticamente significantes, entre RNs sÃpticos e nÃo sÃpticos, quanto aos valores de hemÃcias, hematÃcrito, hemoglobina, plaquetas, linfÃcitos totais, e cÃlulas T, B, T CD4+ e TCD8+. A contagem de leucÃcitos totais se mostrou elevada em RNs sÃpticos, 18.080  9.210/mm3, contra 12.040  3.980/ÂL nos controles (valores mÃdios significativamente diferentes, p = 0.0166), devido, principalmente, ao aumento de neutrÃfilos circulantes. Os valores de PCR dos RNs que foram ao Ãbito estavam elevados, em comparaÃÃo aos valores dos sÃpticos que responderam ao tratamento (sÃpticos que foram a Ãbito: 38,00  13,15 mg/L; sÃpticos que responderam ao tratamento: 13,00  8,83 mg/L â a diferenÃa entre as mÃdias altamente significativa (p < 0,041). Os linfÃcitos NK apresentaram uma diminuiÃÃo significativa no grupo de RNs sÃpticos (80  80/ÂL; v 250  220/ÂL dos controles; p = 0,0041). Dos sÃpticos, o valor mÃdio dos casos que responderam ao tratamento foi de 32 20,00/ ÂL; contra 120  80,90/ÂL para sÃpticos que foram a Ãbito. Ambos os valores se situam abaixo do valor para o grupo controle, porÃm a diferenÃa entre as mÃdias desses dois subgrupos de sÃpticos à significativa (p = 0,0124). Esses dados mostram que os NK dos sÃpticos apresentam valores significativamente abaixo dos controles, independente da resposta desses ao tratamento. PorÃm, o real significado da oscilaÃÃo dos valores de NK entre os sÃpticos que responderam ao tratamento e os que foram a Ãbito, nÃo pÃde ser avaliado devido aos pequenos nÃmeros de RNs que compuseram esses grupos de estudo. InvestigaÃÃes com maior nÃmero de casos de sepse podem melhor definir a possÃvel relaÃÃo da cÃlula NK com a evoluÃÃo e o Ãbito do recÃm-nascido com sepse.
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