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Дисертації з теми ""Novecento italiano""

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1

Malatesta, C. "EARLY MUSIC NEL NOVECENTO ITALIANO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/543226.

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Анотація:
My Ph.D. dissertation focuses on the Early Music movement in Italy between the second post-war period and the end of the seventies in a historic-cultural point of view, limited to the revival of the Medieval repertoire. It is an initial inquiry of a complex and international phenomenon, whose Italian manifestation has still not been an object of research. In this work the phenomenon Early Music – analysed through historical, historiographic and ethnographic criteria – is settled into the broader Italian political, social and cultural context in order to underline the peculiarities, to detect the ideological, esthetical and political reasons which nourished it and to set up connections with other Italian experiences in the second half of the 20th Century, not only what music concern. The work is articulated in two sections. The first part focuses on the early music activity from the period of the post-war reconstruction to the early sixties, through the revival of the lauda and of the liturgical drama repertoire, particularly rich in those years. The first chapter deals with the presence of Medieval music in the cultural life of the post-war period, both what discography and live performance concern, with a particular attention on the attitude of the musical criticism. The second chapter broadens the chronologic span researching the origins of the lauda’s fortune during the Fascist era, aiming to a better comprehension of the phenomenon in the following decades. The third chapter focuses on Milan and on the activity of the choral ensemble Polifonica Ambrosiana in order to underline the revival of the ancient Italian repertoire and the choral practise as moment not only of musical, but also of moral reconstruction for the catholic communities before and during the Vatican Council. The second part examines the decade following the sixty-eight. The first chapter inserts the Italian experience into the international Early Music movement’s frame in the period of the socio-political revolutions, so as to highlight the consonances between the performance and use of early music and the sixty-eight ideals. The second chapter underlines the role of the pre-baroque music as a stimulus to the creation of an alternative musical education towards the academic one, while the third offers a bird’s eye view on the activity of the Italian groups specialised in Medieval music, pointing out some fundamental elements for the construction their identity and self-legitimation. The fourth chapter delves into the Italian Communist Party’s position about cultural politics and its activity within the recreational clubs. The objects of the last chapter are the musical, ideological and political synergies with experiences such as folk-revival and, more generally, with the performance of the folk repertoire and oral tradition.
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2

PIETA', L. DELLA. "METAPOESIA E POESIA AUTOREFERENZIALE NEL NOVECENTO ITALIANO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/171530.

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Анотація:
Metapoetry, poetry about poetry, the particular configuration of text that is created when a constant of structure – the verse that the poem builds on – meets a constant of content – the subject-matter of the poem – is a literary phenomenon as evident as it is, nonetheless, overlooked and little-researched in its unexpected and continuous recurrence throughout the history of poetry, becoming ever more apparent during the 20th Century and with the modernity of poetry. However, in the firm belief of its specific theoretical importance and hermeneutic value, this research thesis proposes to address certain questions regarding self-referentiality in poetry in order to observe how, in fact, metapoetry manifests itself, with what impact and with which characteristics, in which modes and in which context. But above all, this thesis will attempt to understand why poetry should want to write about itself.
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3

MORI, Roberta. "La rappresentazione dell'«Altrove» nel romanzo italiano del Novecento." Doctoral thesis, Università degli Studi di Verona, 2007. http://hdl.handle.net/11562/338078.

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Анотація:
Il presente lavoro costituisce la realizzazione ed al tempo stesso la conclusione di un progetto che mi ha accompagnato costantemente negli ultimi sei anni e che è stato condotto per tappe successive. Il primo nucleo della ricerca sullo spazio letterario risale ad un colloquio che sostenni presso la Scuola Normale superiore di Pisa, dove ero allieva del corso ordinario della classe di Lettere e Filosofia, nella primavera del 2001: si trattava di una relazione di dimensioni abbastanza limitate nella quale avevo raccolto le mie osservazioni sullo spazio rappresentato in alcuni romanzi italiani del Novecento, basandomi su una bibliografia teorica ridotta all’essenziale. Già allora avevo deciso di conferire al lavoro un taglio personale, interessandomi soprattutto di quei testi nei quali si stabiliva un precario equilibrio tra la rappresentazione mimetica dello spazio e la sua puntuale trasfigurazione. Il secondo passo importante, che mi permise un approfondimento decisivo di questa materia, fu la stesura della tesi di laurea, intitolata appunto Gli altrove letterari: ipotesi sulle funzioni dello spazio nella letteratura italiana del Novecento, discussa nel maggio 2003. La tesi di dottorato è il risultato di ricerche protrattesi per oltre tre anni, nel corso dei quali si sono andati delineando ulteriormente due distinti filoni di indagine, già presenti in nuce nei lavori precedenti: da un lato lo studio delle teorie dello spazio letterario elaborate nel secolo scorso, le quali sono strettamente connesse ai vari orientamenti teorico-critici novecenteschi, dall’altro l’analisi della raffigurazione e dell’ambientazione spaziale nei romanzi italiani. Nel rispetto di questa bipartizione de facto ho deciso pertanto di suddividere il lavoro finale in due parti distinte ed in larga misura indipendenti tra loro, composte rispettivamente dai capitoli I, II e IIII, IV, V. ...
Non disponibile
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4

Bencich, Marco. "Protagonisti e correnti del sionismo italiano fra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10010.

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Анотація:
2012/2013
Questo lavoro ha avuto come oggetto di studio l'attività del movimento sionista nella penisola italiana tra Otto e Novecento, e più nello specifico sono stati analizzati il processo di diffusione della sua ideologia e i suoi maggiori esponenti a livello nazionale. Nel contempo è stato esaminato il particolare ruolo propagandistico della stampa ebraica attraverso un continuo confronto delle differenti opinioni e posizioni delle singole riviste sioniste e filo-sioniste italiane riguardo ad alcune delle principali questioni messe in campo dal movimento ebraico di rinascita nazionale. I periodici sono stati altresì utilizzati per esaminare quelle che furono le reazioni dei sionisti italiani di fronte ai maggiori eventi che toccarono direttamente o indirettamente la comunità ebraica (italiana e internazionale) tra Otto e Novecento. Un lavoro dunque sulle idee e gli atteggiamenti, sulle polemiche e le contraddizioni, che contraddistinsero il sionismo italiano tra la fine dell'Ottocento e il primo ventennio del Novecento. Il periodo esaminato è senz'altro fra i più interessanti, ma difficili e convulsi, della storia ebraica italiana. All'inizio del Novecento l'ebraismo italiano era immerso nel clima liberale dell'epoca post-emancipazionista: in gran parte della popolazione ebraica l'uscita dai ghetti fu intesa e vissuta come libertà da se stessi, ovvero dal mondo ebraico. La conseguenza più evidente di questa nuova condizione dell'ebraismo italiano fu la disgregazione del concetto unitario e globale della vita ebraica e la sua riduzione ad un mero fenomeno religioso, ovvero di coscienza personale. Il movimento sionista ebbe il merito di mettere a nudo le contraddizioni che erano emerse all'interno delle Comunità italiane in seguito ai processi di emancipazione e integrazione. Nella ricerca si sono impiegate e confrontate tre differenti tipologie di fonti: pubblicazioni a stampa (articoli e opuscoli), lettere private e documenti ufficiali della Federazione Sionistica Italiana e dei vari Circoli locali (corrispondenza del Presidente della Federazione, verbali, volantini di propaganda). Il lavoro si articola in otto capitoli, di cui i primi quattro sono organizzati in prevalenza su base tematica mentre gli ultimi seguono lo sviluppo prettamente cronologico del sionismo italiano. Il primo capitolo ha carattere introduttivo: vi presento una problematizzazione storiografica sulla questione dell'identità ebraica dopo l'emancipazione. Il secondo capitolo contiene uno studio sui periodici sionisti e filo-sionisti in lingua italiana, la fonte principale di questo lavoro, e i loro principi ispiratori, che per molti versi furono dissimili gli uni dagli altri; nel terzo cerco invece di estrinsecare le varie declinazioni che il concetto di «sionismo» assunse nelle riflessioni dei sionisti italiani. I capitoli dal quarto all'ottavo analizzano lo sviluppo del sionismo italiano fino alla prima Guerra Mondiale, con particolare attenzione ai suoi rapporti con il movimento internazionale (capitolo IV) e le conseguenze che su di esso ebbero i conflitti bellici dello Stato italiano (capitolo VIII); uno dei punti nodali del presente lavoro è rappresentato dall'ascesa e crisi dell'attivismo sionista in Italia (capitoli V e VI).
XXV Ciclo
1981
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5

Pinto, Vincenzo. "La terre retrouvée ? : ebreo e nazione nel romanzo italiano del Novecento." Phd thesis, Université de Grenoble, 2012. http://tel.archives-ouvertes.fr/tel-00923190.

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Анотація:
L'objectif de la thèse est d'étudier le rapport entre "Juif" et "nation" dans le roman italien du XXe siècle à partir d'un événement historique précis: la déclaration Balfour de 1917. Celle-ci donnait aux Juifs le droit de créer un "foyer national Juif" en Palestine et d'y devenir progressivement l'ethnie majoritaire. La création d'un État ne se fera que trente ans plus tard. Une sorte de renoncement au principe de la déclaration Balfour ne se produira que dans les années 90, avec les accords d'Oslo. L'État d'Israël acceptera alors l'idée que dans le territoire de la Palestine mandataire puisse naître un État arabe-palestinien après la tentative avortée de 1948-49. Le chapitre d'ouverture introduit le thème de la relation entre le Juif et la nation italienne dans une perspective historique. La chapitre deux raconte les écrivains et les ouvrages consacrés à "l'intégration nationale" entre les années vingt et trente du XXe siècle. L'oeuvre centrale c'est "Jom Hakippurim" par Giuseppe Morpurgo (1924). Le chapitre trois se concentre sur la littérature populaire anti-juive et anti-sémite des années trente et quarante (l'ère fasciste). Les racines des romans anti-juifs sont les feuilletons du XIXe siècle, où le Juif est le caractère négatif par excellence. Le chapitre quatre analyse l'avant-garde littéraire juive italienne du XXe siècle, c'est-à-dire les écrivains Juifs consacrés à la crise de la subjectivité contemporaine: Adriano Grego, Giorgio Bassani, Giorgio Voghera, Antonio Debenedetti et Roberto Vigevani. Le chapitre cinq met l'accent sur la persécution des Juifs et sur les diverses formes romanesques entre les années quarante et quatre-vingt du XXe siècle. Le valeur littéraire des ces oeuvres c'est ne pas élevé, sauf que les cases de "La Storia" par Elsa Morante (1974) et "Se non ora, quando?" par Primo Levi (1982). Le chapitre six analyse la figure du Juif fasciste à travers quatre romans publiés dans les années soixante et quatre-vingt. Tous les personnages ne sont pas destinés a survivre à la "mort de la patrie" du Risorgimento italien. Le chapitre sept examine la figure du Juif errant à travers ses formes diverses (exotique, levantin, cosmopolite). Cette ligne est proche à le "Juif anomique", perce qu'elle joue sur le stéréotype par excellence: l'errance historique et ontologique du Juif pour des motifs religieux. Le chapitre huit se concentre sur la représentation d'Israël comme lieu de culte et espace politique. Cette ligne "chrétienne" n'a été pas visitée par des écrivains Juifs, qui n'ont montré pas des intérêt particulier pour l'histoire ancienne d'Israël, ni pour les événements biographiques de Jésus de Nazareth, ni, enfin, pour le nouvel État d'Israël. Le chapitre neuf analyse les romans de sujet Juif par Alberto Lecco et son réalisme tragique. Lecco s'interroge sur le problème de la conscience juive à travers les grands écrivains russes du XIXe siècle et la diaspora juive nord-américaine contemporaine. Les conclusions cherchent à fournir des réponses exhaustives aux différentes relations entre le Juif et la nation dans les romans italiens du XXe siècle. En l'absence d'une "nation italienne", l'imaginaire romanesque n'a pas proposé une "nationalisation parallèle" ou un "désir sioniste": le Juif italien est toujours un Juif diasporique, "condamné" à son état de minorité nationale. Les "différences" historiques, religieuses, économiques et culturelles ont connu une difficile coexistence aux côtés du mythomoteur national. Cette condition explique pourquoi les historiens ont insisté sur le problème de l'intégration-assimilation-acculturation nationale des Juifs italiens, tandis que l'imaginaire romanesque l'a considéré comme un problème après tout d'une importance secondaire.
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6

GIRARDI, RENATO. "Il pacifismo democratico italiano tra Ottocento e Novecento. Un profilo storico-politico." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2014. http://hdl.handle.net/11579/46184.

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7

Giammei, Alessandro. "La fortuna di Ariosto nella cultura letteraria e visuale del primo Novecento italiano." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2015. http://hdl.handle.net/11384/86099.

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Анотація:
From the introduction: Trent’anni fa, Renzo Cremante osservava che «il capitolo della fortuna dell’Ariosto nella letteratura del Novecento, da Italo Svevo a Italo Calvino, è ancora quasi tutto da scrivere». È forse illegittimo, per giustificare una ricerca che ambisce ad affrontare organicamente per la prima volta un problema non secondario nella storia della cultura italiana, partire da una citazione del genere, proveniente da una parentesi a sua volta relegata in una nota a piè di pagina. D’altronde, uno spoglio aggiornato della bibliografia dedicata al ruolo giocato da Ariosto nel nostro Novecento (e non solo dal punto di vista strettamente letterario) conferma che, se un simile «capitolo» ha ragione di esistere, il grande libro della fortuna del Furioso e del suo autore nel corso dell’ultimo mezzo millennio ne ha lasciate bianche quasi tutte le pagine. Gli studi sulla questione legati allo scorso secolo infatti, anche ampliando l’orizzonte alla fortuna visuale e culturale in genere, si affastellano sostanzialmente al di qua del primo Italo e al di là del secondo, come se gli anni che separano il cosiddetto Decadentismo dalla Postmodernità — gli anni, in estrema sintesi, delle prime avanguardie, del ritorno all’ordine, delle due grandi guerre e del fascismo — fossero anni secondari, se non irrilevanti nell’ampia storia di un problema che ha lasciato tracce quasi in ogni tempo e in ogni cultura del moderno Occidente, dalla rapida canonizzazione già cinquecentesca fino al postremo omaggio che Google ha tributato ad Ariosto quest’anno. Il presente lavoro prende le mosse dal desiderio di capire innanzitutto se il capitolo fantasma di questa straordinaria vicenda di influenze e appropriazioni, riusi e rinegoziazioni è abbastanza ampio e articolato da meritare di essere scritto. In tal caso, ci si dovrà di conseguenza domandare in che modo sia legato ai suoi omologhi più antichi e più recenti, e perché ne siano sfuggiti così a lungo l’interesse e l’importanza. [...]
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Zarlenga, Achille. "Il pragmatismo italiano nel suo tempo: un'analisi storico-critica." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2021. http://hdl.handle.net/11695/105839.

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Анотація:
Scopo della presente ricerca è di mettere a fuoco una stagione ben precisa della filosofia italiana novecentesca, quella del pragmatismo, fiorito – e appassito – nel primo decennio del Novecento. Destinato a scomparire dalle cronache della filosofia italiana almeno fino alla seconda metà degli anni novanta, il pragmatismo e i suoi maggiori rappresentanti, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Mario Calderoni e Giovanni Vailati, pagarono un prezzo eccessivamente elevato per la loro militanza culturale. Eppure, al di là delle stroncature, i quattro intrecciarono rapporti di indubbia importanza arrivando a dialogare con alcune delle voci filosofiche più autorevoli dell’epoca, tanto nazionali quanto internazionali, recependo la lunga scia di stimoli che stavano allora percorrendo non solo l’Europa ma anche l’America. Proprio in quel periodo, difatti, le masse iniziarono a costituirsi come soggetto unico cominciando a rivendicare tutta una serie di privilegi allora ritenuti appannaggio di pochi; tra questi vi era anche la cultura, la quale sopravviva in forme cristallizzate all’interno dei suoi canali ufficiali: le università e le accademie. I fuoriusciti o epurati dal sistema iniziarono a riorganizzarsi e, per diffondere le loro idee, cominciarono a pubblicare riviste indipendenti, destinate a cancellare quella spessa linea di divisione fra popolo e intellettuali; tra i primi vi furono proprio i pragmatisti che, a Firenze, fondarono il «Leonardo» (1903-1907), che rivestì un ruolo di primo piano nel dibattito culturale italiano di quegli anni. Per fornire tuttavia una visione in un certo qual modo globale, si è operata una scelta metodologica ben precisa che ha cercato di tener presente non solo il materiale stampato sul foglio fiorentino, ma anche tutta quell’altra costellazione discorsiva composta da lettere, note e articoli apparse in altre sedi e non cronologicamente appartenente agli anni “leonardiani”. La strategia si è rivelata estremamente proficua poiché ha permesso non solo di evidenziare l’organicità delle riflessioni dei quattro, ma ha consentito anche di rilevare una fitta trama di rapporti tesi alla sprovincializzazione della cultura italiana. Durante la loro attività, difatti, i pragmatisti italiani intrecciarono numerose relazioni che, nonostante i vari tentativi di rimozione, costituiscono un unicum per il periodo e ci consegnano l’immagine di una intellighenzia differente, diversa, aperta alle novità provenienti al di fuori della penisola.
The purpose of the present research is to focus on a specific season of nineteen century’s Italian philosophy, the pragmatism, that flourished - and wilted- in the nineteen century’s first decade. Destined to oblivion in the Italian philosophy’s chronicles up until the second half of this century, pragmatism and his major scholars, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Mario Calderoni and Giovanni Vailati paid a heavy price for their cultural choice. Nevertheless, despite the critics, the four created a strong connection with some of the most important national and international philosophers of their time and received a lot of inputs from Europe and America. In that period, indeed, the crowds started to come together as an unique subject and began to claim a series of privileges such as the access to culture, which survived in the crystalized forms of academies and universities. The exiled or purged scholars started to reorganize and, to encourage the spreading of ideas, began to publish independent magazines, which were meant to vanquish the separation between community and intellectuals; pragmatists were among the first, and founded a periodical called «Leonardo» (1903-1907) in Florence that had leading role in the Italian’s cultural debate. For a global comprehension, however, we chose a peculiar methodological approach, hence in the research there are not only the «Leonardo»’s articles but also other colloquial constellations like letters, notes and pieces that appeared in other journals and did not chronologically belong to “leonardiani” years. This strategy was very fruitful because it allowed not only to show the organicity of their reflection, but to underline one of their purpose as well, that is to de-provincialize the Italian culture. During their activities, the Italian pragmatists had a lot of relations and cultural exchanges and, despite the criticisms and various attempts of removal, they were a sort of unicum for that period and delivered a different image of the country, now open to the novelties outside Italy.
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Messina, Cecilia <1993&gt. ""Tradizione romanistica" e principi generali del diritto: Il dibattito italiano tra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10186/1/Tesi.dottorato.di.ricerca.2022..pdf.

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Il presente lavoro verte sul ruolo svolto dal diritto romano e – più in generale – dalla “tradizione romanistica” all'interno del sistema giuridico nazionale posteriore alla codificazione civile del 1865. L'attenzione è rivolta principalmente all'art. 3 delle Disposizioni preliminari del Codice del 1865 con il suo riferimento ai 'principi generali del diritto' e, dunque, all'analogia iuris. La prima parte dello studio si concentra sull'analisi di alcune voci della scienza giuridica italiana tra Otto e Novecento, nei loro diversi approcci – laddove riscontrabili – rispetto allo studio e al recupero (in chiave moderna) del diritto romano. La seconda parte è invece dedicata all'esame della prassi giudiziaria e, più specificamente, delle Corti di Cassazione. In questa fase si persegue un duplice obiettivo: da un lato, verificare se, ed eventualmente in che misura, il diritto romano possa ancora svolgere un ruolo nella (moderna) giurisprudenza di legittimità; dall'altro, valutare la concreta possibilità, prospettata da una parte della scienza giuridica, di ricorrere in Cassazione per impugnare una sentenza asseritamente contraria ai principi generali del diritto sanciti dall'art. 3 co. 2 delle Preleggi. L'analisi prende dunque le mosse dal contenuto delle singole decisioni della Cassazione, per poi passare all'esegesi dei frammenti di volta in volta richiamati; infine, si concluderà con un'operazione di sintesi volta a valutare, per ciascun caso, la coerenza (giuridica) del ragionamento analogico.
The research deals with some aspects of the reuse of Roman sources, and of their modern tradition, within the national legal system after the civil codification. The attention is directed mainly to art. 3, Preliminary provisions of the Code of 1865 with its reference to the ‘general principles of law’ in order to the analogia iuris. Based on this research approach, the study focuses on the analysis of some specific voices of Italian legal science from both nineteenth and twentieth centuries. The second part of the study is devoted to an examination of judicial practice and, more specifically, of the Supreme Courts. At this stage we pursue a twofold objective: on the one hand, to ascertain whether, and if so to what extent, Roman law could still play a role in the (modern) jurisprudence of legitimacy; on the other hand, to assess the concrete possibility, envisaged by a part of legal science, of appealing to the Supreme Court to challenge a judgment allegedly contrary to the general principles of law laid down in Art. 3 par. 2 of the Prelaws. The analysis thus starts from the content of the individual decisions of the Supreme Court, then moves on to the exegesis of the fragments referred to each time; finally, we will conclude with a summary operation aimed at assessing, for each case, the (legal) consistency of the analogical reasoning.
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NICOLI, MARINA. "Non arte ma scarpe: il cinema italiano tra economia e cultura nel primo Novecento." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2009. https://hdl.handle.net/11565/4053890.

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STRAZZI, FRANCESCA. "Il veicolo a due ruote nell'immaginario letterario italiano del XX secolo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/295.

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Parlare dell'influenza dei mezzi di trasporto moderni, e in particolare della motocicletta, nella letteratura italiana permette di aprire nuove prospettive di studio, perché oggi ci si confronta giornalmente con veicoli potenti e tecnologicamente sempre più avanzati. In ambito culturale gli intellettuali riconoscono al veicolo a due ruote un ruolo importante per descrivere la società. Attraverso la motocicletta l'individuo avverte in sé una nuova forza che lo porta a sperimentare l'ansia d'infinito. Egli si sente un nuovo centauro che ha assunto in sé le medesime caratteristiche di forza e velocità del suo mezzo meccanico. Nei secoli passati il veicolo più usato era il cavallo, nell'era di navi, treni e aerei il mezzo che più gli si avvicina è la moto, non solo per la postura del cavaliere, ma perché essa lascia il pilota a contatto con il paesaggio esterno, con i vari fenomeni atmosferici (pioggia, sole e vento) e con i profumi della natura. Se in passato il moto del cavallo poteva diventare il pretesto per esprimere determinati processi narrativi, nel Novecento tale compito è affidato alla motocicletta che cha finito per condizionare il modo di vivere e di pensare degli uomini del XX secolo.
Speaking about the influence of modern means of transport (in particular about the motorcycle) in literature, fixes a new way of studying culture, because today we have to cope with more and more powerful and technologically advanced vehicles. Intellectuals acknowledge motorcycles an important role to describing society. Thanks to the motorcycle man exploits a new strength that enables him to overcome his limits. He feels a sort of divinity embodying the same peculiarities as his vehicle. In the past the horse was the most widespread means of transport while today, in an age of airplanes, ships and trains, it has been replaced by the motorcycle, both for the rider's posture and for his contact with the environment and its expressions: rain, sun and wind as well as the perfumes of the Earth. Just like the horse's motion was in the past a way to express narrative processes, the motorcycle has inherited this task today, therefore conditioning the contemporary way of living and thinking.
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STRAZZI, FRANCESCA. "Il veicolo a due ruote nell'immaginario letterario italiano del XX secolo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/295.

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Parlare dell'influenza dei mezzi di trasporto moderni, e in particolare della motocicletta, nella letteratura italiana permette di aprire nuove prospettive di studio, perché oggi ci si confronta giornalmente con veicoli potenti e tecnologicamente sempre più avanzati. In ambito culturale gli intellettuali riconoscono al veicolo a due ruote un ruolo importante per descrivere la società. Attraverso la motocicletta l'individuo avverte in sé una nuova forza che lo porta a sperimentare l'ansia d'infinito. Egli si sente un nuovo centauro che ha assunto in sé le medesime caratteristiche di forza e velocità del suo mezzo meccanico. Nei secoli passati il veicolo più usato era il cavallo, nell'era di navi, treni e aerei il mezzo che più gli si avvicina è la moto, non solo per la postura del cavaliere, ma perché essa lascia il pilota a contatto con il paesaggio esterno, con i vari fenomeni atmosferici (pioggia, sole e vento) e con i profumi della natura. Se in passato il moto del cavallo poteva diventare il pretesto per esprimere determinati processi narrativi, nel Novecento tale compito è affidato alla motocicletta che cha finito per condizionare il modo di vivere e di pensare degli uomini del XX secolo.
Speaking about the influence of modern means of transport (in particular about the motorcycle) in literature, fixes a new way of studying culture, because today we have to cope with more and more powerful and technologically advanced vehicles. Intellectuals acknowledge motorcycles an important role to describing society. Thanks to the motorcycle man exploits a new strength that enables him to overcome his limits. He feels a sort of divinity embodying the same peculiarities as his vehicle. In the past the horse was the most widespread means of transport while today, in an age of airplanes, ships and trains, it has been replaced by the motorcycle, both for the rider's posture and for his contact with the environment and its expressions: rain, sun and wind as well as the perfumes of the Earth. Just like the horse's motion was in the past a way to express narrative processes, the motorcycle has inherited this task today, therefore conditioning the contemporary way of living and thinking.
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Gatti, Elena <1986&gt. "Effetti economici dei disastri naturali. Riflessioni sulla storia delle principali catastrofi naturali del Novecento Italiano." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1553.

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La penisola italiana è stata segnata da varie tipologie di disastri naturali. Il rischio sismico e il rischio vulcanico caratterizzano buona parte del territorio: “solo nell’ultimo secolo sono stati venti i terremoti disastrosi (ossia di intensità maggiore del IX grado della scala Mercalli), in media uno ogni quattro anni, ingenti danni economici e circa 120.000 le vittime” . Il dissesto idrogeologico, causa prima in particolare delle più dannose alluvioni, costituisce per il nostro Paese la classe di manifestazioni calamitose più ricorrente e concorre ad esporre almeno 5 milioni di italiani a grande pericolo. A questi rischi si affiancano gli incendi boschivi, che nell’ultimo secolo, in Italia, hanno causato danni per oltre 1.300.000 euro. Interessante è notare come da recenti studi emerga che solo l’1,5 per cento degli incendi ha origine naturale o accidentale. La nostra analisi partirà dalla storia di alcuni tra i più importanti disastri naturali che hanno interessato il territorio italiano.
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Mogorovich, Eliana. "Dalla realtà alla coscienza: il percorso della ritrattistica tra fine Ottocento e inizio Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4516.

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2009/2010
Il recente e diffuso interesse suscitato dalla ritrattistica nell’ambito di esposizioni di carattere nazionale ha sollecitato una riflessione sull’accoglienza ad essa riservata in un periodo cruciale della sua evoluzione, quello situato a cavallo fra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo. Si tratta di un momento che – data l’ascesa di una classe bisognosa di conferme dello status appena acquisito come la borghesia – ha visto il proliferare di immagini destinate all’autocelebrazione e che proprio per rispondere a tale necessità imponevano l’adozione di uno stile strettamente realistico. Tuttavia il medesimo torno d’anni coincide anche con la nascita della psicoanalisi freudiana (al 1895 risale la pubblicazione degli Studi sull’isteria, al 1899 L’interpretazione dei sogni mentre risale al 1901 la prima edizione della Psicopatologia della vita quotidiana), una rivoluzione che finì col riguardare anche le discipline artistiche e che, potenzialmente, poteva condurre a uno stravolgimento dell’approccio fotografico fino allora imposto dai committenti per le loro effigi. Il presente progetto si propone dunque l’obiettivo di individuare eventuali punti di contatto fra due filoni di ricerca finora affrontati come binari paralleli, il primo coincidente con le richieste maturate dalla situazione sociale dell’epoca e, il secondo riguardante le possibili ripercussioni connesse all’apertura di un nuovo orizzonte culturale. La ritrattistica ha conosciuto nel periodo preso in esame il passaggio da forme ufficiali e borghesi, centrate solo sulla verosimiglianza fisica e su blandi accenni al carattere dell’effigiato, a una concezione rivolta principalmente allo scavo psicologico del personaggio. Tale premessa, che può essere confermata dall’esame del catalogo di singoli autori, non trova però alcun riscontro nella stampa esaminata; gli articoli monografici e le recensioni di mostre rintracciate in “Emporium”, “L’illustrazione Italiana”, “The Studio” e “Die Künst für Alle” hanno infatti portato alla luce un panorama completamente diverso evidenziando continue e mai sanate discrepanze fra l’effettiva produzione degli artisti e quanto veniva poi riportato dalla stampa tanto in termini iconografici che di semplice citazione o descrizione. Nonostante le continue lagnanze sull’arretratezza dell’arte italiana e la proclamata intenzione di aggiornare il gusto artistico del pubblico, i quattro periodici esaminati continuano infatti a propagandare e diffondere quello che si può definire un “tono medio” della pittura, che esclude da recensioni e interventi di vario tipo tanto movimenti come l’impressionismo, il cubismo e il futurismo quanto gli autori europei più aggiornati cui talvolta si accenna solo una volta tramontata l’ondata rivoluzionaria della loro arte e sempre limitatamente alle opere meno eversive. Dal punto di vista della ritrattistica si assiste dunque a una sorta di silenzioso passaggio dal solido realismo ottocentesco alle forme pacate e immobili di Novecento, tendenza cui sembrano uniformarsi tutti i pittori italiani del nuovo secolo. La ripresa di interesse verso la rappresentazione della figura umana che contraddistingue il gruppo milanese non ha comportato, purtroppo, un effettivo aumento di ritratti riproponendo anzi le problematiche già osservate per i decenni precedenti poiché alla labilità del confine fra ritratto e pittura di genere viene a sostituirsi quella fra ritratto e semplice rappresentazione di figure per le quali non è sempre possibile stabilire il riferimento a fisionomie e caratteri individuali. Quanto fin qui osservato ha avuto come conseguenza la revisione nell’impostazione del presente lavoro in cui il mancato sviluppo di alcune parti è compensato dall’ampliamento dell’orizzonte geografico di riferimento dal momento che tanto nelle appendici poste a margine della tesi quanto nella sua prima parte sono stati inseriti autori dell’intera Penisola e stranieri allo scopo di ricostruire il panorama storico-artistico e critico del periodo considerato. Dal punto di vista operativo, dunque, i capitoli seguono una scansione temporale su base quinquennale: all’interno di ognuno è stato analizzato ogni singolo anno partendo dall’iniziale confronto fra i periodici italiani e ampliando poi la visuale su quanto pubblicato dalle riviste straniere, fonte utilizzata soprattutto dal punto di vista dell’apparato iconografico presente. La sporadica presenza di monografie dedicate ad artisti che hanno svolto principalmente l’attività di ritrattisti (presenti per lo più su “Emporium”) ha fatto sì che l’attenzione si concentrasse sulla posizione assunta dai vari critici rispetto alle mostre recensite, messe fra l’altro a confronto con i cataloghi delle esposizioni stesse nel caso delle biennali veneziane e di eventi come la mostra del ritratto di Firenze del 1911, quella dell’Autoritratto organizzata dalla Famiglia Artistica di Milano nel 1916 e quella del Ritratto femminile contemporaneo ospitata nella villa Reale di Monza nel 1924. La marginalità di cui ha costantemente sofferto il filone pittorico cui ci si è dedicati si riverbera, naturalmente, su una presenza sporadica e poco significativa degli artisti veneto-giuliani ai quali, comunque, è interamente dedicato il catalogo in cui è organizzata la seconda parte della tesi. Basato sulle ricorrenze dei pittori nelle riviste esaminate, il catalogo segue la scansione in sezioni distribuite a seconda della tipologia di ritratto cui appartengono, cominciando da quelli di singoli personaggi (a loro volta distinti fra ritratti muliebri, virili e effigi di critici d’arte), ritratti di gruppo, ritratti di artisti e autoritratti, sezione quest’ultima che vede l’inclusione delle opere facenti parte della collezione di autoritratti della Galleria degli Uffizi, assunta come evidente certificato di importanza dell’autore cui l’opera è stata richiesta o da cui è stata donata. Ogni sezione è aperta da una breve introduzione che prevede, per la parte degli autoritratti, il riferimento ai più recenti studi inerenti la relazione fra arte e psicanalisi, anche in virtù del fatto che la destinazione eminentemente privata di questi lavori consentiva all’autore una maggiore libertà stilistica e un più sincero dialogo con il proprio modello. Il lavoro di tesi è completato dal catalogo delle opere ritenute più significative per ciascuna sezione e dalle appendici critiche tratte da “Emporium” e “L’Illustrazione Italiana”.
XXIII Ciclo
1978
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15

Selmi, Maher. "Traduzioni in lingua araba di testi della letteratura italiana del Novecento. Problemi linguistici e culturali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421602.

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Анотація:
The research presented collects a first set of results identified an issue that is easy to grasp the significance, as well as a history of fortune abroad in our literature of the last century, an area of interest identified by the growing importance of cultural relations between Italy and the Arab world in recent decades are characterized by the phenomenon of migration had accelerated and enriched stimuli and urgent reasons for an overall comparison of horizons of civilization. If mediation in the Italian language of the Arabic literary heritage has a proven history of academic knowledge of the world's Arabic for Italian culture which is manifested through the translation of works of our literature is much more fragmented, as well as the other part still is the episodic story that she should testify. Attempts to identify more clearly the context of the Arabic translation of Italian literary texts that you can not remember many. Among the samples surveyed from the view of Dr. Selmi we merely recall the conventions of 1980 and 1993 respectively dedicated to the Italian cultural presence in Arab countries: history and prospects (Naples 28 to 30 May 1980), Translating and interpreting dialogue between Italy and the Maghreb (Carthage February 18, 1993) or more recently the intervention of Ahmed Soma, professor of Italian language and literature at the University of Tunis Manouba, international conference in Italian culture in the world (Pescara 2001). Even in these cases we noted a predominant focus, as understood in part, to the classics, which have a well-established preeminence in traditional representations of the historical story of Italian literature. The twentieth century section carves out a very limited space.
La ricerca di cui la tesi presentata raccoglie una prima serie di risultati individua un tema di cui è agevole cogliere la rilevanza, oltre che per una storia della fortuna all'estero della nostra letteratura dell'ultimo secolo, per un ambito di interessi individuato dalla crescente importanza delle relazioni culturali tra l'Italia e il mondo arabo, caratterizzate negli ultimi decenni anche dal fenomeno della migrazione che ha accelerato e arricchito di stimoli e di urgenze le ragioni di un confronto complessivo di orizzonti di civiltà. Se la mediazione in lingua italiana del patrimonio letterario arabo ha una sua consolidata storia accademica, la conoscenza dell'attenzione del mondo arabo per la cultura italiana che si manifesta attraverso la traduzione di opere della nostra letteratura è assai più frammentata, così come d'altra parte ancora episodica è la vicenda che essa dovrebbe testimoniare. I tentativi di puntualizzare il quadro delle traduzioni in arabo di testi letterari italiani che è possibile ricordare non sono numerosi. Tra gli esempi censiti dalla tesi del dott. Selmi ci si limita a rammentare i convegni del 1980 e del 1993 dedicati rispettivamente a La presenza culturale italiana nei paesi arabi: storia e prospettive (Napoli 28-30 maggio 1980) e Tradurre e interpretare nel dialogo italo-maghrebino (Cartagine 18 febbraio 1993) o più recentemente all'intervento di Ahmed Somai, professore di lingua e letteratura italiana presso l'Università Manouba di Tunisi, nel convegno internazionale La cultura italiana nel mondo (Pescara 2001). Anche in questi casi si prende atto di una attenzione prevalente, come in parte comprensibile, ai classici, che hanno una consolidata preminenza nelle tradizionali rappresentazioni storiche della vicenda della letteratura italiana. Il capitolo novecentesco si ritaglia uno spazio alquanto limitato.
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FRIGERIO, CARLOTTA. "L'INSEGNAMENTO ACCADEMICO DELLA PEDAGOGIA IN ITALIA DALLE ORIGINI AGLI ANNI SESSANTA DEL NOVECENTO: IDENTIKIT DEL PROFESSORE ITALIANO DI PEDAGOGIA NELLE UNIVERSITA' MAGGIORI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/97171.

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Анотація:
Il progetto di ricerca che ha condotto alla stesura della mia tesi di dottorato si è posto come obiettivo principale quello di ripercorrere e analizzare la storia dell’insegnamento accademico della Pedagogia nei maggiori atenei italiani, partendo dal periodo preunitario fino ad arrivare agli anni Sessanta del secolo scorso, ricostruendo con esattezza la mappatura delle maggiori cattedre universitarie di Pedagogia, per evidenziarne la loro evoluzione e il loro sviluppo nel tempo. Il primo capitolo di tale elaborato è suddiviso in tre parti: nella prima la ricerca indaga come la storia della Pedagogia accademica sia stata affrontata negli altri paesi europei, dove, ad eccezione dell’Austria con il monumentale lavoro di W. Brezinka, la situazione ricalca quella italiana; nella seconda parte vengono presentati i tre stati italiani preunitari che già proponevano nei loro atenei l’insegnamento della Pedagogia: ovvero il Regno sabaudo a Torino, l’Impero asburgico a Pavia e Padova e il Granducato di Toscana a Pisa; infine l’ultima parte propone un rapido inquadramento legislativo circa l’insegnamento della Pedagogia nelle varie Facoltà e nei differenti percorsi di studio. Il secondo capitolo rappresenta la parte più corposa di tutto il testo poiché passa al vaglio lo sviluppo e l’articolazione della disciplina nei dodici atenei presi in analisi, inquadrando brevemente anche i profili di tutti gli insegnanti incaricati della docenza; esso inoltre presenta anche un’iniziale analisi dei dati in ogni ateneo. Con l’inizio del terzo capitolo il lavoro si concentra sull’analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti. Esso riporta i grafici riassuntivi corredati da un commento critico degli aspetti indagati ritenuti di maggior importanza ovvero la provenienza geografica dei docenti, l’età dell’ingresso in cattedra, la formazione di ciascun professore, la tipologia d’incarico, i programmi delle lezioni e le correnti pedagogiche e filosofiche abbracciate da ciascun docente; infine il capitolo si conclude con la presentazione di un identikit del professore-tipo di Pedagogia in corrispondenza di quattro principali periodi storici: dall’Unità fino al 1880; dal 1880 alla fine del secolo, dal 1900 alla fine della Seconda Guerra Mondiale e dal periodo post bellico fino al 1960. Da ultimo il quarto capitolo, sebbene abbia una lunghezza ridotta rispetto ai precedenti, consiste nella presentazione della realizzazione di un’applicazione web relativa alla ricerca. In essa è possibile consultare tutti i dati raccolti, ovvero sia l’elenco suddiviso per anni e per facoltà dei professori di Pedagogia nella Facoltà di Lettere e Filosofia, sia le schede biografiche di ciascuno, in modo che siano accessibili da remoto a chiunque ne abbia necessità. Tale tesi è poi corredata da un’Appendice che riporta la schedatura dei numerosi dati raccolti. In conclusione questa analisi a lunga durata ha reso possibile una mappatura storica e geografica circa le permanenze e le fratture che hanno caratterizzato l’insegnamento della Pedagogia accademica in Italia. La Pedagogia è stata per lungo tempo complementare alla Filosofia, inserita nella Facoltà di Lettere e Filosofia; solo nel 1934 è nata la Facoltà di Magistero, ma la disciplina ha mostrato ancora qualche difficoltà a scindersi dalle discipline filosofiche. Inoltre in principio Storia e Didattica della Pedagogia erano unite e il docente di Pedagogia padroneggiava tutto, bisognò attendere gli anni Settanta, con l’esplosione delle cattedre, per assistere alla separazione dei saperi. Concludendo, questo lavoro vuole essere un primo passo nel tentativo di colmare una lacuna della storia della Pedagogia accademica italiana attraverso un’analisi comparativa globale.
The research project that led to the writing of my doctoral thesis had as its main objective that of retracing and analyzing the history of the academic teaching of Pedagogy in the major Italian universities, starting from the pre-unification period until the sixties of the last century, reconstructing with accuracy the mapping of the major university chairs of Pedagogy, to highlight their evolution and their development over time. The first chapter of this work is divided into three parts: in the first one the research investigates how the history of academic Pedagogy has been approached in other European countries, where, with the exception of Austria with the monumental work of W. Brezinka, where the situation is similar to the Italian one; in the second part the three Italian pre-unification states that already proposed the teaching of Pedagogy in their universities are presented: that is, the Savoy Kingdom in Turin, the Habsburg Empire in Pavia and Padua and the Grand Duchy of Tuscany in Pisa; finally the last part proposes a quick legislative framework about the teaching of Pedagogy in the various faculties and in the different courses of study. The second chapter represents the most substantial part of the entire text since it examines the development and articulation of the discipline in the twelve universities under analysis, also briefly framing the profiles of all the teachers in charge of teaching; it also presents an initial analysis of the data in each university. With the beginning of the third chapter, the work focuses on the quantitative and qualitative analysis of the data collected. It shows the summary graphs accompanied by a critical commentary on the aspects investigated that were considered most important, that is, the geographic origin of the teachers, the age at which they entered the professorship, the training of each professor, the type of assignment, the lesson plans and the pedagogical and philosophical currents embraced by each teacher; finally, the chapter concludes with the presentation of a sketch of the typical professor of Pedagogy in correspondence with four main historical periods: Unification to 1880; 1880 to the end of the century; 1900 to the end of World War II; and the post-war period to 1960. Lastly, the fourth chapter, although shorter in length than the previous ones, consists of a presentation of the creation of a web application related to the research. In this application it is possible to consult all the data collected, that is, both the list subdivided by year and by faculty of the professors of Pedagogy in the Faculty of Arts, and the biographical files of each one, so that they can be accessed remotely by anyone who needs them. This thesis is then accompanied by an Appendix that reports the filing of the numerous data collected. In conclusion, this long-term analysis has made possible a historical and geographical mapping of the permanences and fractures that have characterized the teaching of academic Pedagogy in Italy. Pedagogy was for a long time complementary to Philosophy, included in the Faculty of Arts; only in 1934 the Teacher Training Faculty was born, but the discipline still showed some difficulty in splitting from the philosophical disciplines. Moreover, in the beginning, History and Didactics of Pedagogy were united and the teacher of Pedagogy mastered everything; we had to wait until the Seventies, with the explosion of the number of chairs, to see the separation of knowledge. In conclusion, this work wants to be a first step in the attempt to fill a gap in the history of Italian academic Pedagogy through a global comparative analysis.
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FRIGERIO, CARLOTTA. "L'INSEGNAMENTO ACCADEMICO DELLA PEDAGOGIA IN ITALIA DALLE ORIGINI AGLI ANNI SESSANTA DEL NOVECENTO: IDENTIKIT DEL PROFESSORE ITALIANO DI PEDAGOGIA NELLE UNIVERSITA' MAGGIORI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/97171.

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Il progetto di ricerca che ha condotto alla stesura della mia tesi di dottorato si è posto come obiettivo principale quello di ripercorrere e analizzare la storia dell’insegnamento accademico della Pedagogia nei maggiori atenei italiani, partendo dal periodo preunitario fino ad arrivare agli anni Sessanta del secolo scorso, ricostruendo con esattezza la mappatura delle maggiori cattedre universitarie di Pedagogia, per evidenziarne la loro evoluzione e il loro sviluppo nel tempo. Il primo capitolo di tale elaborato è suddiviso in tre parti: nella prima la ricerca indaga come la storia della Pedagogia accademica sia stata affrontata negli altri paesi europei, dove, ad eccezione dell’Austria con il monumentale lavoro di W. Brezinka, la situazione ricalca quella italiana; nella seconda parte vengono presentati i tre stati italiani preunitari che già proponevano nei loro atenei l’insegnamento della Pedagogia: ovvero il Regno sabaudo a Torino, l’Impero asburgico a Pavia e Padova e il Granducato di Toscana a Pisa; infine l’ultima parte propone un rapido inquadramento legislativo circa l’insegnamento della Pedagogia nelle varie Facoltà e nei differenti percorsi di studio. Il secondo capitolo rappresenta la parte più corposa di tutto il testo poiché passa al vaglio lo sviluppo e l’articolazione della disciplina nei dodici atenei presi in analisi, inquadrando brevemente anche i profili di tutti gli insegnanti incaricati della docenza; esso inoltre presenta anche un’iniziale analisi dei dati in ogni ateneo. Con l’inizio del terzo capitolo il lavoro si concentra sull’analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti. Esso riporta i grafici riassuntivi corredati da un commento critico degli aspetti indagati ritenuti di maggior importanza ovvero la provenienza geografica dei docenti, l’età dell’ingresso in cattedra, la formazione di ciascun professore, la tipologia d’incarico, i programmi delle lezioni e le correnti pedagogiche e filosofiche abbracciate da ciascun docente; infine il capitolo si conclude con la presentazione di un identikit del professore-tipo di Pedagogia in corrispondenza di quattro principali periodi storici: dall’Unità fino al 1880; dal 1880 alla fine del secolo, dal 1900 alla fine della Seconda Guerra Mondiale e dal periodo post bellico fino al 1960. Da ultimo il quarto capitolo, sebbene abbia una lunghezza ridotta rispetto ai precedenti, consiste nella presentazione della realizzazione di un’applicazione web relativa alla ricerca. In essa è possibile consultare tutti i dati raccolti, ovvero sia l’elenco suddiviso per anni e per facoltà dei professori di Pedagogia nella Facoltà di Lettere e Filosofia, sia le schede biografiche di ciascuno, in modo che siano accessibili da remoto a chiunque ne abbia necessità. Tale tesi è poi corredata da un’Appendice che riporta la schedatura dei numerosi dati raccolti. In conclusione questa analisi a lunga durata ha reso possibile una mappatura storica e geografica circa le permanenze e le fratture che hanno caratterizzato l’insegnamento della Pedagogia accademica in Italia. La Pedagogia è stata per lungo tempo complementare alla Filosofia, inserita nella Facoltà di Lettere e Filosofia; solo nel 1934 è nata la Facoltà di Magistero, ma la disciplina ha mostrato ancora qualche difficoltà a scindersi dalle discipline filosofiche. Inoltre in principio Storia e Didattica della Pedagogia erano unite e il docente di Pedagogia padroneggiava tutto, bisognò attendere gli anni Settanta, con l’esplosione delle cattedre, per assistere alla separazione dei saperi. Concludendo, questo lavoro vuole essere un primo passo nel tentativo di colmare una lacuna della storia della Pedagogia accademica italiana attraverso un’analisi comparativa globale.
The research project that led to the writing of my doctoral thesis had as its main objective that of retracing and analyzing the history of the academic teaching of Pedagogy in the major Italian universities, starting from the pre-unification period until the sixties of the last century, reconstructing with accuracy the mapping of the major university chairs of Pedagogy, to highlight their evolution and their development over time. The first chapter of this work is divided into three parts: in the first one the research investigates how the history of academic Pedagogy has been approached in other European countries, where, with the exception of Austria with the monumental work of W. Brezinka, where the situation is similar to the Italian one; in the second part the three Italian pre-unification states that already proposed the teaching of Pedagogy in their universities are presented: that is, the Savoy Kingdom in Turin, the Habsburg Empire in Pavia and Padua and the Grand Duchy of Tuscany in Pisa; finally the last part proposes a quick legislative framework about the teaching of Pedagogy in the various faculties and in the different courses of study. The second chapter represents the most substantial part of the entire text since it examines the development and articulation of the discipline in the twelve universities under analysis, also briefly framing the profiles of all the teachers in charge of teaching; it also presents an initial analysis of the data in each university. With the beginning of the third chapter, the work focuses on the quantitative and qualitative analysis of the data collected. It shows the summary graphs accompanied by a critical commentary on the aspects investigated that were considered most important, that is, the geographic origin of the teachers, the age at which they entered the professorship, the training of each professor, the type of assignment, the lesson plans and the pedagogical and philosophical currents embraced by each teacher; finally, the chapter concludes with the presentation of a sketch of the typical professor of Pedagogy in correspondence with four main historical periods: Unification to 1880; 1880 to the end of the century; 1900 to the end of World War II; and the post-war period to 1960. Lastly, the fourth chapter, although shorter in length than the previous ones, consists of a presentation of the creation of a web application related to the research. In this application it is possible to consult all the data collected, that is, both the list subdivided by year and by faculty of the professors of Pedagogy in the Faculty of Arts, and the biographical files of each one, so that they can be accessed remotely by anyone who needs them. This thesis is then accompanied by an Appendix that reports the filing of the numerous data collected. In conclusion, this long-term analysis has made possible a historical and geographical mapping of the permanences and fractures that have characterized the teaching of academic Pedagogy in Italy. Pedagogy was for a long time complementary to Philosophy, included in the Faculty of Arts; only in 1934 the Teacher Training Faculty was born, but the discipline still showed some difficulty in splitting from the philosophical disciplines. Moreover, in the beginning, History and Didactics of Pedagogy were united and the teacher of Pedagogy mastered everything; we had to wait until the Seventies, with the explosion of the number of chairs, to see the separation of knowledge. In conclusion, this work wants to be a first step in the attempt to fill a gap in the history of Italian academic Pedagogy through a global comparative analysis.
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Comar, Nicoletta. "Carlo Sbisà: catalogo generale dell'opera pittorica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3632.

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Анотація:
2008/2009
Carlo Sbisà è stato uno dei protagonisti della stagione del Novecento italiano non solo nel contesto triestino, dove ha esposto in mostre personali e collettive, ma anche nazionale, grazie alla sua partecipazione assidua alle Biennali veneziane e ad altre rassegne di carattere internazionale. Nasce a Trieste nel 1899. Negli anni giovanili frequenta le Scuole Reali di Trieste; in seguito si trasferisce a Firenze dove frequenta l’Accademia di Belle Arti (1919-1923) e si trattiene fino al 1928, avendo modo di conoscere e frequentare Felice Carena, Ubaldo Oppi, Achille Funi e altri artisti suoi coetanei coinvolti nella temperie di Novecento e Valori plastici. A Firenze l’artista rimane nove anni fino al 1928, anno della sua prima personale a Trieste, presso la Galleria Michelazzi con presentazione firmata da Italo Svevo. Seguono anni di intensa attività, soprattutto nell’ambito della pittura da cavalletto; molte e prestigiose le mostre collettive a cui partecipa in Italia e all’estero e le personali allestite presso gallerie d’arte di Trieste, Milano, Roma. Negli anni trenta inizia a lavorare ad affresco per la decorazione di palazzi sia pubblici che privati, riscuotendo anche in questo campo notevole successo e riconoscimenti. Nel secondo dopoguerra Sbisà oltre a continuare l’attività pittorica si dedicherà sempre più alla scultura, in particolare in ceramica, tecnica con la quale realizza sia opere autonome, sia cicli decorativi di arte sacra e per decorazioni navali. Dal 1946 al 1953 ricopre l’incarico di curatore del Civico Museo Revoltella e insegna nella Scuola Libera di Nudo annessa al museo. L’attività didattica continuerà nell’ambito della Scuola libera dell’acquaforte presso l’Università popolare di Trieste, che egli promuove e dirige a partire dal 1960 fino al 1964, anno della morte. Carlo Sbisà ha prodotto pittura da cavalletto, affreschi, decorazioni navali, ceramiche, disegni, grafica. Della ricca e variegata produzione dell’artista era stata catalogata sistematicamente solo quella ceramica, mentre sia le opere pittoriche che quelle grafiche sono state oggetto di mostre, ma limitatamente ad alcuni periodi, in particolare quello tangente al Novecento Italiano. La catalogazione dell'opera pittorica di Sbisà ha messo in luce alcuni aspetti della sua attività e personalità artistiche finora poco note e indagate: l'importanza della formazione fiorentina e il suo perdurare negli stilemi dell'artista; la cosciente adesione alla poetica del secondo Novecento italiano; il "senso del mestiere", l'idea che quello del pittore sia un lavoro professionalela, e la conseguente produzione "per generi"; l'attività espositiva in piena coincidenza con il sistema delle arti del tempo; l'idea che la partecipazione a esposizioni e concorsi sia parte integrante di un percorso di formazione oltre che di promozione; la scelta di passare dalla pittura alla ceramica e le motivazioni umane, storiche, pratiche che hanno portato a tale svolta, tecnica prima ancora che artistica; l'attività didattica.
XXII Ciclo
1964
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19

Oddi, Beatrice <1990&gt. "Alice nella letteratura italiana del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5495.

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Анотація:
La tesi applica un confronto tra lo scrittore inglese Lewis Carroll e alcuni autori del Novecento italiano. La comparazione viene affrontata con un percorso attraverso analogie tematiche e ideologiche tra "Alice nel paese delle Meraviglie e Al di là dello specchio" e opere di autori italiani più recenti.
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20

Giorio, Maria-Beatrice. "Gli scultori italiani e la Francia : influenze e modelli francesi nella prima metà del novecento." Thesis, Paris 10, 2012. http://www.theses.fr/2012PA100053/document.

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Анотація:
Cette étude a analysé la présence des sculpteurs italiens à Paris du début du XX siècle à la fin des années Trente, afin de reconstituer un chapitre important de l'histoire des échanges artistiques en France. Nous nous sommes servis d'une méthode historique et philologique, qui a bien été appliquée aux écrits critiques et à la presse de l'époque. Pour ce qui concerne le début du siècle, nous avons remarqué une participation considérable de la part des italiens aux principaux événements expositifs de la capitale comme les Salons officiels; le succès de public et commercial leur avait permis d'obtenir une place parmi les artistes à la mode les plus connus. Pendant les années Vingt, nous avons constaté un nombre moins significatif de sculpteurs; nous avons lu ce fait en nous rapportant à la situation historique italienne, qui en ce temps subissait des importants changements dus à l'ascension du régime fasciste. Les italiens qui étaient encore présents en France après la Guerre ne s'inséraient guère dans le cadre des nouvelles recherches artistiques italiennes, ils poursuivaient, au contraire, des orientations esthétiques plutôt dépassées. La dernière partie de notre étude s'est intéressée à l'essor du nouveau langage artistique de la péninsule italienne qui pendant les années Trente se répandit enfin même à l'étranger. Les sculpteurs italiens pouvaient donc participer activement à la vie expositive parisienne, tout en montrant le visage d'une plastique qui avait enfin pris conscience de ses potentialités. La France de sa part accueillait volontiers ces expérimentations, dans le but d'instituer une relation d'amitié durable avec le pays voisin
This study has analyzed the presence of Italian sculptors in Paris from the beginning of the 20th Century to the end of the third decade, with the aim of reconstructing an important chapter of the history of artistic exchanges between Italy and France. We have favored an historical-philological method, based on critical publications and old French and Italian press.Concerning the beginning of the century, we have remarked a considerable participation of Italians in the main expositions in the French capital, such as official Salons; critical and market success allowed them to get a main role in the crew of the most popular artists.During the twenties, we have noted a less considerable participation of Italian sculptors; we have interpreted it in relation to historical context of fascist Italy, where the government was trying to develop a national cultural program. The Italian artists in France, after the First World War, didn't share the new Italian artistic orientation; they went on with outdated aesthetic choices.The last part of our research was interested in the development of the new Italian artistic language, finally known out of Italy. The Italian sculptors consequently could take part in arts activity in Paris, showing the face of a new sculpture, finally aware of its potentialities. France gave these experimentations a good welcome in the aim of constituting a longtime friendship with the Italian country
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21

Giorio, Maria Beatrice. "Gli scultori italiani e la Francia. Influenze e modelli francesi nella prima metà del Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7419.

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Анотація:
2010/2011
Lo studio ha analizzato la presenza degli scultori italiani a Parigi dall'inizio del XX secolo alla fine degli anni Trenta, con l'obiettivo di ricostruire un capitolo importante della storia degli scambi artistici in Francia. Ci siamo serviti del metodo storico-filologico che è stato applicato agli scritti critici e alla stampa d'epoca. Per quel che riguarda l'inizio del secolo, abbiamo rilevato una partecipazione italiana considerevole ai principali eventi espositivi della capitale come i Salons ufficiali; il successo commerciale e di pubblico aveva consentito loro di ottenere un certo spazio tra gli artisti alla moda più conosciuti. Nel corso degli anni Venti abbiamo notato un numero meno significativo di scultori, interpretando questo fatto alla luce della situazione storica italiana, sottomessa a importanti cambiamenti, successivi all'ascesa del regime fascista. Gli italiani che si trovavano ancora in Francia in seguito alla Prima Guerra Mondiale non si inserivano pertanto all'interno delle ricerche artistiche italiane, dal momento che sostenevano degli indirizzi estetici ormai sorpassati. L'ultima parte del nostro studio si è concentrata sullo sviluppo del nuovo linguaggio artistico della penisola italiana, diffuso ormai anche all'estero. Gli scultori italiani potevano partecipare di conseguenza all'attività espositiva di Parigi, e mostrare il volto di una plastica finalmente cosciente delle proprie potenzialità. La Francia da parte sua acccoglieva di buon grado questo tipo di sperimentazioni al fine di creare un rapporto di amicizia duraturo con la nazione confinante.
This study has analyzed the presence of Italian sculptors in Paris from the beginning of the 20th Century to the end of the third decade, with the aim of reconstructing an important chapter of the history of artistic exchanges between Italy and France. We have favored an historical-philological method, based on critical publications and old French and Italian press. Concerning the beginning of the century, we have remarked a considerable participation of Italians in the main expositions in the French capital, such as official Salons; critical and market success allowed them to get a main role in the crew of the most popular artists. During the twenties, we have noted a less considerable participation of Italian sculptors; we have interpreted it in relation to historical context of fascist Italy, where the government was trying to develop a national cultural program. The Italian artists in France, after the First World War, didn't share the new Italian artistic orientation; they went on with outdated aesthetic choices. The last part of our research was interested in the development of the new Italian artistic language, finally known out of Italy. The Italian sculptors consequently could take part in arts activity in Paris, showing the face of a new sculpture, finally aware of its potentialities. France gave these experimentations a good welcome in the aim of constituting a longtime friendship with the Italian country.
Cet étude a analysé la présence des sculpteurs italiens à Paris du début du XX siècle à la fin des années Trente, afin de reconstituer un chapitre important de l'histoire des échanges artistiques en France. Nous nous sommes servis d'une méthode historique et philologique, qui a bien été appliquée aux écrits critiques et à la presse de l'époque. Pour ce qui concerne le début du siècle, nous avons remarqué une participation considérable de la part des italiens aux principaux événements expositifs de la capitale comme les Salons officiels; le succès de public et commercial leur avait permis d'obtenir une place parmi les artistes à la mode les plus connus. Pendant les années Vingt, nous avons constaté un nombre moins significatif de sculpteurs; nous avons lu ce fait en nous rapportant à la situation historique italienne, qui en ce temps subissait des importants changements dus à l'ascension du régime fasciste. Les italiens qui étaient encore présents en France après la Guerre ne s'inséraient guère dans le cadre des nouvelles recherches artistiques italiennes, ils poursuivaient, au contraire, des orientations esthétiques plutôt dépassées. La dernière partie de notre étude s'est intéressée à l'essor du nouveau langage artistique de la péninsule italienne qui pendant les années Trente se répandit enfin même à l'étranger. Les sculpteurs italiens pouvaient donc participer activement à la vie expositive parisienne, tout en montrant le visage d'une plastique qui avait enfin pris conscience de ses potentialités. La France de sa part accueillait volontiers ces expérimentations, dans le but d'instituer une relation d'amitié durable avec le pays voisin.
XXIV Ciclo
1982
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Passudetti, Veronica <1989&gt. "Lingue e grammatiche fantastiche nella letteratura italiana del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7788.

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Анотація:
Questa tesi ha lo scopo di individuare e analizzare, all'interno del panorama letterario italiano del Novecento, lingue e grammatiche fantastiche, in particolare lo pseudo persiano e l'L.I di Tommaso Landolfi, la "lingua universale" de "L'interprete" di Diego Marani, il Granfugnese di Lia Wainstein e altre (da completare). Dopo una prima parte introduttiva e generale sulle lingue immaginarie, nel capitolo centrale si passeranno in rassegna le singole lingue in esame, andando alla ricerca di quelli che possono essere stati i possibili modelli, le influenze o le teorie linguistiche che hanno concorso alla loro creazione, tenendo presente che gli autori in questione, per un motivo o l’altro, hanno tutti una loro sensibilità e un loro pensiero a riguardo della lingua. Nella parte conclusiva, infine, dopo aver individuato eventuali tratti comuni nel processo creativo dei glottoteti trattati, si cercherà di effettuare un veloce confronto con altre lingue immaginarie del panorama mondiale.
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MASETTI, LUCIA. "SPERANZA E SPERANZE NELLA LETTERATURA ITALIANA DEL SECONDO NOVECENTO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/96992.

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Анотація:
Scopo della ricerca non è registrare esaustivamente le occorrenze della speranza nella letteratura contemporanea, bensì mostrarne con esempi significativi le molteplici sfumature, evidenziando così la sua pervasività nell’esperienza umana e la sua capacità di resistenza. In particolare è stata analizzata l’opera omnia di nove autori: Carlo Betocchi, Dino Buzzati, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Primo Levi, Mario Luzi, Luigi Santucci, Vittorio Sereni e Ignazio Silone. Si è utilizzata una metodologia comparativa, con aperture multidisciplinari. La tesi è suddivisa in otto parti, corrispondenti a diverse declinazioni del tema centrale. La prima offre una descrizione generale della speranza e dei suoi presupposti, la seconda approfondisce il legame con l’esperienza della temporalità. Le due parti successive analizzano la speranza per come si attua nella vita del singolo, da due punti di vista complementari: in quanto virtù matura, che chiede all’uomo di essere all’altezza di sé stesso, e in quanto virtù “bambina”, che si esprime nell’attenzione alle piccole cose del quotidiano. La quinta parte si apre a considerare la speranza nelle relazioni interpersonali, la sesta si concentra sul suo rapporto con la bellezza (naturale e culturale); infine le ultime parti sviluppano il tema del trascendente, ossia della speranza in relazione alla morte e al Divino.
My research does not aim to record exhaustively the occurrences of hope in contemporary literature. It rather wants to show hope’s multiple nuances through significant examples, highlighting its pervasiveness and resistance. I specifically analyse the works of nine authors: Carlo Betocchi, Dino Buzzati, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Primo Levi, Mario Luzi, Luigi Santucci, Vittorio Sereni and Ignazio Silone. I use a comparative methodology, with a multidisciplinary approach. My thesis is divided into eight parts, each of ones examines a different declination of the central theme. The first one offers a general description of hope and its presuppositions, the second one explores the link between hope and temporality. The next two parts analyse hope as practically displayed in individual life, from two complementary points of view: as a mature virtue, which asks every man to live up to himself, and as a "child" virtue, expressed in caring for the small things of everyday life. The fifth part opens to consider hope in interpersonal relationships, the sixth focuses on its links with natural and cultural beauty. Finally, the last two parts develop the theme of hope in relation to death and the Divine.
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MASETTI, LUCIA. "SPERANZA E SPERANZE NELLA LETTERATURA ITALIANA DEL SECONDO NOVECENTO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/96992.

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Scopo della ricerca non è registrare esaustivamente le occorrenze della speranza nella letteratura contemporanea, bensì mostrarne con esempi significativi le molteplici sfumature, evidenziando così la sua pervasività nell’esperienza umana e la sua capacità di resistenza. In particolare è stata analizzata l’opera omnia di nove autori: Carlo Betocchi, Dino Buzzati, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Primo Levi, Mario Luzi, Luigi Santucci, Vittorio Sereni e Ignazio Silone. Si è utilizzata una metodologia comparativa, con aperture multidisciplinari. La tesi è suddivisa in otto parti, corrispondenti a diverse declinazioni del tema centrale. La prima offre una descrizione generale della speranza e dei suoi presupposti, la seconda approfondisce il legame con l’esperienza della temporalità. Le due parti successive analizzano la speranza per come si attua nella vita del singolo, da due punti di vista complementari: in quanto virtù matura, che chiede all’uomo di essere all’altezza di sé stesso, e in quanto virtù “bambina”, che si esprime nell’attenzione alle piccole cose del quotidiano. La quinta parte si apre a considerare la speranza nelle relazioni interpersonali, la sesta si concentra sul suo rapporto con la bellezza (naturale e culturale); infine le ultime parti sviluppano il tema del trascendente, ossia della speranza in relazione alla morte e al Divino.
My research does not aim to record exhaustively the occurrences of hope in contemporary literature. It rather wants to show hope’s multiple nuances through significant examples, highlighting its pervasiveness and resistance. I specifically analyse the works of nine authors: Carlo Betocchi, Dino Buzzati, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Primo Levi, Mario Luzi, Luigi Santucci, Vittorio Sereni and Ignazio Silone. I use a comparative methodology, with a multidisciplinary approach. My thesis is divided into eight parts, each of ones examines a different declination of the central theme. The first one offers a general description of hope and its presuppositions, the second one explores the link between hope and temporality. The next two parts analyse hope as practically displayed in individual life, from two complementary points of view: as a mature virtue, which asks every man to live up to himself, and as a "child" virtue, expressed in caring for the small things of everyday life. The fifth part opens to consider hope in interpersonal relationships, the sixth focuses on its links with natural and cultural beauty. Finally, the last two parts develop the theme of hope in relation to death and the Divine.
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Corrent, Vinicio. "La riscoperta della poesia antica italiana nei compositori del primo Novecento in Italia : dalla generazione dell’Ottanta a Luigi Dallapiccola." Thesis, Toulouse 2, 2017. http://www.theses.fr/2017TOU20091.

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Анотація:
L’objectif principal de cette recherche était d’étudier les motivations et les besoins qui ont conduit un groupe de compositeurs italiens, nés autour de 1880, et par cette coïncidence chronologique définis par Massimo Mila comme les compositeurs de « la génération des années quatre-vingt », à utiliser pour leurs œuvres chantées des textes de la poésie italienne du Moyen Age et de la Renaissance. Il s’est agi d’une enquête qui a dû tenir compte de nombreux facteurs, surtout étant donné l’imbrication des intérêts artistiques et littéraires et de la complexité historico-culturelle du contexte de la fin du XIXe et début du XXe siècle.En première instance, il a été fondamental de fixer les termes chronologiques d’un changement, voire d’une véritable rupture déterminée au niveau européen par la crise générale du positivisme exprimée de différentes manières en Italie, sous la forme d’une forte réaction au Vérisme dans le domaine littéraire et au mélodrame dans celui plus spécifiquement musical.Une première donnée importante sur laquelle nous nous sommes concentrés a été celle qui traitait globalement des compositeurs qui créaient non seulement des œuvres chantées pour le théâtre, mais également instrumentales de chambre et symphoniques. En conclusion, on observe qu’il est impossible de reconduire l’explication de la revalorisation des textes de la poésie ancienne italienne chez les compositeurs du début du XXe siècle à un seul élément: il faut donc plutôt rechercher une pluralité d’aspects très souvent dépendants d’exigences socio-économiques, culturelles et historiques bien précises. L’intérêt général pour cette période de la littérature fut élaboré de façon totalement personnelle par chaque compositeur et dans cette recherche, nous pensons avoir donné une contribution significative à l’étude de cet aspect de la musique du XXe siècle
The main purpose of this research was to study the motivations and requirements of a group of Italian composers, born around the years 1880's; for this chronological coincidence defined by Massimo Mila as the composers of the generation of the eighties recognizing the texts of ancient Italian poetry for some of their operas' lyrics. It was a path of investigation taking into account many factors, in particular the interweaving of artistic and literary interests and the cultural historical complexity of the context of the late nineteenth and the early twentieth centuries. Fundamental in the first place was the need to set up chronological indicative terms of the change, in fact, of the real breakthrough determined at European level by the general crisis of positivism reflected in various ways in Italy in the form of a strong reaction to Verismo in literature and to Melodramma specifically within the music. One of the first important aspect that we focused on in the present work was the fact that the composers we took into consideration were creating not only pieces made for the theatre, but also symphonic and instrumental compositions.In conclusion, it was found that the desire of the composers of the beginning of the 20th century to approach to the texts of ancient Italian poetry has been conditioned by many factors, affected by the social, economic, cultural and historical aspects.If there was a merely general interest in that period as far as the literature is concerned, then the same rough times were perceived by each composer in a very unique, personal way and in this research we believe that the significant contribution to the study of this aspect of the 20th century music has been given to a certain extent
Lo scopo principale della presente ricerca è stato quello di studiare le motivazioni e le esigenze che hanno portato un gruppo di compositori italiani, nati intorno al 1880, e per questa coincidenza cronologica definiti da Massimo Mila, come i compositori de « la generazione dell’Ottanta » a utilizzare per le loro opere cantate testi della poesia antica italiana. Si è trattato di un percorso di indagine che ha dovuto tenere conto di numerosi fattori dato soprattutto l’intreccio di interessi artistici e letterari e la complessità storico culturale del contesto di fine Ottocento e inizio Novecento. Fondamentale in prima istanza è stata l’esigenza di fissare dei termini cronologici indicativi di un cambiamento, anzi di una vera e propria rottura determinata a livello europeo dalla generale crisi del positivismo riflessasi in vario modo in Italia nelle forme di una forte reazione al verismo in ambito letterario e al melodramma in quello più specificamente musicale. Un primo dato importante su cui ci si è concentrati nel nostro lavoro è stato quello che si trattava di compositori a tutto tondo, che creavano non solo opere cantate per il teatro, ma anche strumentali da camera e sinfoniche. In conclusione si è riscontrato che il desiderio dei compositori del primo Novecento di rifarsi e riprendere i testi dell’antica poesia italiana per le loro opere, non va attribuito a un solo elemento, ma deve essere riferito a una pluralità di aspetti molto spesso dipendenti da esigenze socio economico culturali e storiche. Se vi fu un generale interesse per quel periodo della letteratura lo stesso fu poi elaborato in modo del tutto personale da ogni compositore e in questa ricerca crediamo di aver dato per quello che abbiamo considerato un significativo contributo allo studio di questo aspetto della musica del Novecento
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Sacchet, Chiara <1987&gt. "Maestre. Un percorso nella letteratura italiana tra Ottocento e Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1754.

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Vallortigara, Laura <1988&gt. "«L’epos impossibile»: percorsi nella ricezione dell’Eneide nel Novecento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/10312.

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Анотація:
Il presente lavoro si è proposto di individuare ed indagare alcuni momenti della ricezione novecentesca dell'Eneide e della figura di Virgilio nel contesto italiano. Partendo dalla ricostruzione delle coordinate culturali dell'Europa dell'entre-deux-guerres, nella quale la particolare fortuna della figura virgiliana andrà posta in relazione al tentativo di fornire una risposta positiva al diffuso e drammatico senso della fine della civiltà europea avvertito dai contemporanei, opponendovi i valori della tradizione umanistica, si è poi analizzata l'interpretazione mistificante messa in atto dal fascismo soprattutto in occasione del Bimillenario virgiliano celebrato nel 1930. Con la caduta del regime, tornava ad essere urgente e necessario ripensare la tradizione, recuperandone l'autenticità corrosa dall'ideologia fascista. In questa prospettiva, particolarmente significative si rivelano le riletture realizzate da Giorgio Caproni, Giuseppe Ungaretti e Carlo Emilio Gadda, cui è dedicata la parte centrale del lavoro. Nell'analisi, non si è trascurato di considerare anche le traduzioni novecentesche del poema, delle quali si è tentato un primo bilancio. La parte conclusiva del lavoro, infine, è dedicata alla sopravvivenza del mito eneadico nella contemporaneità e all'inaspettata vitalità di una figura che, pur nella definitiva rinuncia all'assunzione di un qualsiasi valore paradigmatico, non ha smesso di dialogare con noi.
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Hamad, Sundus M. <1984&gt. "La fortuna della "Storia della Colonna Infame" nel Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3266/1/hamad_sundus_tesi.pdf.

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Hamad, Sundus M. <1984&gt. "La fortuna della "Storia della Colonna Infame" nel Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3266/.

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Dragonieri, Germana <1996&gt. "Lucciole. Resistenze vegetali, animali, umane nella poesia pugliese del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20165.

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Анотація:
Una volta delineato un quadro generale della poesia pugliese del Novecento (cap. I), il lavoro si propone di individuare e analizzare criticamente le figure di dodici poeti (cap. II-III) che testimonino di un rapporto speciale della poesia di quest’area con la natura - dunque con gli elementi naturali e con le vite animale, vegetale, minerale –, sostenuto da ragioni storico-geografiche e guardato alla luce filosofica di un peculiare pensiero meridiano che re-istituisce un rapporto positivo con il còsmos. I poeti scelti, disposti secondo un criterio anagrafico che ignora volutamente ulteriori suddivisioni sub-regionali, vengono sistemati in due blocchi macro-generazionali (1890-1920; 1921-1951) attraverso i quali si rende possibile seguire l’evoluzione storica e poetica di questo rapporto tra uomo e natura e tra paesaggio e città, specie in seguito all’industrializzazione del Mezzogiorno e agli stravolgimenti sociali seguiti al biennio ’68-‘70. Ai macro-temi di natura più generale e socio-filosofica che la tesi sfiora o evoca attraverso la poesia – animalità, post-umanesimo, post-ruralità, urbanesimo, industrializzazione, meridionalità/meridianità, marginalità geo-culturale, (anti-)canone – vengono dedicati brevi momenti teorici attingenti all’opera di alcuni importanti autori che ne hanno fatto dei motivi centrali del loro pensiero. Per ciascuno dei poeti selezionati, si riporta una dettagliata scheda bio-critica, con relativa bibliografia, e una breve selezione antologica.
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Corrent, Vinicio. "La riscoperta della poesia antica italiana nei compositori del primo Novecento in Italia. Dalla generazione dell'™Ottanta a Luigi Dallapiccola." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2017. https://hdl.handle.net/11572/367716.

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Анотація:
The main purpose of this research was to study the motivations and requirements of a group of Italian composers, born around 1880, and for this chronological coincidence defined by Massimo Mila, as the composers of « The generation of the eighties» to use the lyrics of ancient Italian poetries for some of their operas. It was a path of investigation taking into account many factors, in particular the interweaving of artistic and literary interests and the cultural historical complexity of the context of the late nineteenth and early twentieth centuries. Fundamental in the first place was the need to set up chronological indicative terms of the change, in fact of the real breakthrough determined at European level by the general crisis of positivism reflected in various ways in Italy in the form of a strong reaction to Verismo in literature and to Melodrama specifically within the music. One of the first important aspect that we focused on in the present work was the fact that there were composers creating not only pieces made for the theater, but also symphonic and instrumental compositions. We proceeded to emphasize the reaction to melodrama expressed by the two most innovative composers of the Generation of the 80s: Casella, Malipiero and Pizzetti and in the In the third part, a great emphasis was given to two composers, Malipiero and Dallapiccola, who strived strongly for musical renewal, whose fundamental part was the reintroducing of the ancient. In fact, initiating with the analysis of the dynamics of the cultural context of the late nineteenth and early twentieth centuries the brink of the Second World War has been reached. In conclusion, it was found that the desire to create something new even in the terms of music and its literary element has been conditioned by many factors, among which the strong willingness to depart from the nineteenth-century melodrama must be mentioned in the first place. The explanation of the revaluation of the texts of ancient Italian poetry by the composers of the early twentieth century is conditioned by numerous factors affected by the social, economic, cultural and historical aspects.
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Mataragi, Roberta. "O ser narrativo e ressonante em Novecento, de Alessandro Baricco." Florianópolis, 2012. http://repositorio.ufsc.br/xmlui/handle/123456789/99304.

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Dissertação (mestrado) - Universidade Federal de Santa Catarina, Centro de Comunicação e Expressão. Programa de Pós-Graduação em Literatura.
Made available in DSpace on 2013-03-04T19:00:37Z (GMT). No. of bitstreams: 1 305239.pdf: 3309972 bytes, checksum: 1a2550e8ee0704dc32abff2070524eed (MD5)
Neste trabalho analisamos na narrativa italiana Novecento: un monologo, do escritor contemporâneo Alessandro Baricco, o estabelecimento de uma suspensão na qual é possível narrar, contar histórias. Essa suspensão é criada pelo personagem Novecento, protagonista da narrativa, pianista que passa a vida toda dentro de um navio e conhece o mundo somente por meio das narrativas dos passageiros, as quais faz ressonar em sua música e na narrativa da própria história, que transmite ao amigo Tim, o personagem-narrador do enredo. Com base principalmente nos estudos de Walter Benjamin, consideramos a pobreza de experiência a que o homem foi submetido na modernidade, a necessidade de pensar a História por um viés discursivo questionador e a possibilidade de uma resistência por meio do ato de contar histórias. Novecento é o ser que torna possível a ressonância, nos termos de Jean Luc-Nancy, por meio da qual as narrativas se fazem ouvir, compartir e circular.
This study analyzes, in the contemporary Italian writer Alessandro Baricco's narrative Novecento: un monologue, the establishment of a suspension in which it is possible to narrate, to tell stories. That suspension is created by the protagonist Novecento, a pianist who has lived his whole life on a ship and knows the world by means of its passengers' narratives, which resonate in his music and in the narrative of his own story, imparted to his friend Tim, the character-narrator of the plot. Based mainly on Walter Benjamin's studies, we consider the poverty of experience to which man has been subjected in modernity, the need to think History from a questioning point of view and the possibility of resistance through the act of telling stories. Novecento is the being who makes possible a "resonance" (in the sense given by Jean Luc-Nancy) through which narratives can be heard, shared and circulated.
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Camporeale, Elisa. "Primitivi in mostra : eventi, studi e percorsi all'inizio del Novecento." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2005. http://hdl.handle.net/11384/85758.

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Marchese, Dora Maria Serena. "Parole e temi della dimensione gastronomica negli scrittori Italiani fra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/940.

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Finalità della nostra ricerca è analizzare come e in che misura la letteratura, la lingua e la cultura gastronomica trovino spazio e significato nelle opere degli scrittori italiani tra Otto e Novecento, periodo delicato e nodale per il costituirsi di un identità nazionale italiana che precede l effettiva esistenza di una Nazione libera e unita. Un tema di grande ampiezza e complessità, dunque, che si presta ad essere affrontato dalle più diverse angolature critiche. Se infatti trattare di cibo, cucina, ricette e ricettari può apparire a primo acchito un tema poco pregnante o persino frivolo, ad un attenta riflessione appare chiaro che, al contrario, nel cibo, e quindi nell esperienza alimentare, si coniugano felicemente e in modo significativo storia e natura. Considerazione tanto più valida qualora ci si addentri in ambito letterario, giacché la letteratura è espressione alta e incisiva del pensiero e dell agire umani. All interno della dimensione letteraria, infatti, s inseriscono la dimensione antropologica del cibo come nutrimento e mezzo di sostentamento, quella sociologica relativa alle diverse classi sociali, quella politico-economica attinente al potere e quella squisitamente culturale dei valori e delle idee. Una pleiade di contesti diversi ma al tempo stesso contigui, in cui una delle principali attività umane, la nutrizione, si trasforma in segno verbale e quindi linguistico. Non è quindi peregrino utilizzare la storia alimentare come lente attraverso cui osservare le dinamiche politiche, economiche e sociali precedenti e successive al processo d unificazione italiana, e men che meno applicarla alla letteratura, arte per eccellenza incline parafrasando Blumenberg alla «leggibilità del mondo». La funzione connotativa assunta dal cibo all interno del testo letterario, infatti, permette un efficace espressione e caratterizzazione di eventi e personaggi a vari livelli: politico economico psicologico affettivo e sociale. Scorrendo i testi letterari e non redatti da autori vissuti nel delicato periodo che ha portato all unificazione del nostro paese (da Manzoni a Verga e De Roberto, dalla Serao a De Amicis e Collodi, da Tomasi di Lampedusa a Vittorini, senza tralasciare Rajberti e Artusi) emergono dati di estremo interesse, come la costante preoccupazione della sussistenza, il divario tra cucina povera e popolare e quella ricca e aristocratica, l utilizzo di tecniche culinarie, prodotti, usanze che rinviano a campi semantici ben definiti che trascorrono dal nord al sud per mischiarsi e sovrapporsi, talora modificarsi e diventare altro .
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Beltrami, Cristina <1973&gt. "La statuaria italiana dalla metà dell'Ottocento al primo ventennio del Novecento a Montevideo." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/501.

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La ricerca prende in esame il cospicuo patrimonio di scultura italiana conservato nella capitale uruguaiana. I due termini temporali indicano dei paletti cronologici ben definiti: è infatti dalla metà dell'Ottocento che si stabilisce a Montevideo un gruppo di pittori prima e scultori poi, di origine italiana, mentre gli anni venti segnano la svolta culturale dell'Uruguay, dovuta ad una conoscenza diretta di modelli europei. In questo arco cronologico Montevideo ha conosciuto un arredo monumentale e architettonico principalmente legato a maestranze italiane; che siano queste rappresentate da scultori alla ricerca di maggior fortuna oltreoceano, o da figure che hanno agito da intermediari con i laboratori italiani. Questo ha permesso che giungesse a Montevideo una notevole quantità di scultura italiana, principalmente di carattere cimiteriale, all'interno della quale vale la pena segnalare il Minatore di Enrico Butti, l'Olocausto e il Monumento al lavoro di Leonardo Bistolfi ed un busto di Garibaldi di Vincenzo Vela. Dal secondo decennio anche l'Uruguay è interessato dai grandi concorsi internazionali, e due sono vinti da italiani: il monumento al General Artigas di Angelo Zanelli e il Palazzo Legislativo affidato, in seconda battuta, a Gaetano Moretti, che per anni è attivo a Montevideo anche in veste di docente. Incrociando i dati della bibliografia italiana con quella uruguaiana, con lo spoglio di riviste d'epoca e la ricerca d'archivio, ho cercato di ricostruire le dinamiche socioculturali che hanno spinto due generazioni di artisti a lavorare in Sudamerica e soprattutto il meccanismi che hanno mantenuto viva la richiesta di manufatti italiani. Mettere a fuoco i protagonisti di questa vicenda è spesso significato ricostruire ex novo alcune biografie. La tesi si configura dunque come un catalogo scientifico che, con numerosi inediti e una campagna fotografica, documenta il patrimonio custodito a Montevideo, la sua evoluzione e la sua interazione con le proposte artistiche autoctone. A termine della ricerca, posso affermare che nella sola capitale si contino più di centocinquanta pezzi di plastica italiana, che provano l'esistenza di un forte legame culturale che ha segnato almeno trent'anni della storia dell'Uruguay. The research examines the incredibly large quantity of Italian sculpture in the capital city of Uruguay. The two temporal terms define two precise chronological moments: from the second half of the 19th century in fact, a group of Italian painters first, and sculptors in a second moment, settle in Montevideo. The Twenties bring cultural change for Uruguay, due to a direct kwnoledge of European models. During this period, Montevideo knew monumental and architectonic decoration strictly connected to Italian skilled workers. Some of them were sculptors searching for more fortune on the other side of the world, others were mediators from the Italian art-laboratories, thus importing a great quantity of cemeterial sculptures. They have also imported masterpieces of 19th century Italian art, such as the "Minatore" by Enrico Butti, the "Olocausto" and the "Monumento al Lavoro" by Leonardo Bistolfi and a bust of Giuseppe Garibaldi by Vincenzo Vela. Since the 1910's Uruguay was also involved in international competitions. Two of these competitions were won by Italian artists: General Artigas' monument by Angelo Zanelli and the Palazzo Legislativo, that was completed by Gaetano Moretti, who taught at the University of Montevideo during this period. I've compared the Italian items with the Uruguayan ones taken from the available bibliography and from the newspapers of that period. I've also researched the Montevideo archives, so that I was able to understand the social and cultural reasons that brought two generations of artists to work in South America and, above all, to account for the constant demand for Italian works of art. I was able to outline the main processes of this demand and in some cases I had to completely reconstruct the lives and careers of these artists. The research is in the form of a scientific catalogue with a lot of unpublished news and photos which documents the vast patrimony kept in Montevideo. It has been also important to acquire a view of the mutual influence on local painting, literature and culture in general. So at the end of my research, I can conclude that in Montevideo there are approximately 150 pieces of Italian sculpture which are proof of the "cultural relationship" that has affected the history of Uruguay for almost 30years.
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Zannoni, Marianna <1982&gt. "Il teatro in fotografia : l'immagine della prima attrice italiana fra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5649.

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Анотація:
Con questa ricerca si è inteso raccogliere e studiare i documenti iconografici relativi all'immagine della prima attrice nel teatro italiano tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. L'obiettivo è quello di comprendere l'evoluzione nel modo di ritrarre l'attrice, nel sistema di diffusione della sua immagine e nella creazione del "mito" che influenza i costumi della società contemporanea. - NOTA 2018: Le ricerche confluite nella tesi di dottorato sono state pubblicate nel volume "Il teatro in fotografia: l''immagine della prima attrice italiana tra Otto e Novecento", Corazzano, Titivillus 2018.
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Scattolin, Marta <1993&gt. "Da strega a femme fatale: analisi di un archetipo letterario dall'antichità al Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12731.

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Анотація:
La tesi si propone di analizzare la figura delle strega nella letteratura, valutandone l'evoluzione nel corso dei secoli. L'analisi, cominciando dalle origini greco-latine fino a giungere al Novecento, tenta di evidenziare un nesso tra la strega e la femme fatale.
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FANTINI, SILVIA. "Il discorso metapoetico, metalinguistico e metatestuale nella poesia italiana del secondo Novecento e contemporanea." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1055938.

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Анотація:
This dissertation explores the metapoetic, metalinguistic and metatextual discourse along the Italian late 20th century and contemporary poetry. The first chapter carries out an examination of the terminology in use and an overview of the studies performed to date. It also presents the method employed, which consists, firstly, in mapping the metapoetic, metalinguistic and metatextual vocabulary of the whole poetic work of an author; and, secondly, in conducting a stylistic analysis of the poems including the characteristic terms of their poetry. In the following chapters this method is applied to the poetic works of Andrea Zanzotto, Adriano Spatola, and Vittorio Reta. Each monographic study covers one specific phenomenon, which is also investigated in the corresponding chapter of comparison. These last sections are respectively related to Giovanni Giudici; Corrado Costa, Giulia Niccolai, and Patrizia Vicinelli; Edoardo Sanguineti. In conclusion, the final chapter compares the stylistic devices and the intertextual references previously pointed out.
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Scartozzi, Sergio. "Letteratura italiana e «scienze occulte» tra fin de siècle e primo Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/368211.

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Анотація:
La tesi ha titolo Letteratura italiana e «scienze occulte» tra fin de siècle e primo Novecento. Essa si divide in tre parti: la prima è un'introduzione teorica (stato dell'arte) e storico-culturale sull'Esoterismo occidentale (le sue correnti, la sua diffusione in Italia e in Europa); una seconda, è riservata allo studio dei poeti italiani affascinati dalle scienze occulte (e.g. spiritismo, occultismo, Società teosofica e antroposofia); la terza analizza gli influssi esoterici nella prosa italiana otto/novecentesca. Tra la prima e la seconda parte è inserita una panoramica su 'letteratura ed esoterismo' nell'Europa moderna e contemporanea. Nel commento e nello studio degli irrazionalismi otto/novecenteschi e del loro influsso sulla letteratura è stato dato rilievo particolare a gruppi, cenacoli e associazioni nate per effetto del -- o comunque dedicatesi attentamente al -- fermento neo-idealista continentale. A fianco di queste realtà centrali e dei maggiori autori a esse associati (Arturo Onofri per la poesia; Antonio Fogazzaro e Luigi Capuana per la prosa), è stato interrogato più esaustivamente possibile l'impatto esoterico sulla letteratura del Bel Paese tra l'Unità e il primo dopoguerra.
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Kovačević, Zorana. "Mediazioni culturali: letteratura e società italiane nell'odeporica serba ed europea tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10150.

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Анотація:
2012/2013
Lo scopo di questo lavoro è rappresentare l’immagine dell’Italia, della sua società, della sua cultura e soprattutto della sua letteratura nell’ambito dell’odeporica serba ed europea dell’Ottocento e del Novecento. Nonostante una sorprendente presenza dell’Italia nella letteratura di viaggio serba, i saggi, le monografie, i libri, le antologie e gli altri testi che ne trattano non sono particolarmente numerosi tanto in lingua serba quanto in quella italiana. Al contrario di ciò che accade per altri viaggiatori stranieri, la presenza di testimonianze scritte dai serbi in visita in Italia è dunque studiata relativamente poco: infatti, considerando la bibliografia generale relativa al viaggio in Italia, colpisce subito una notevole asimmetria e una grande lacuna. La tesi è divisa in due parti. Nella prima, tramite le pagine dei viaggiatori serbi che dell’Italia hanno lasciato testimonianza scritta sono illustrati, privilegiando un taglio cronologico, gli elementi essenziali a un ritratto del Belpaese, fra Ottocento e Novecento. Attraverso cinque capitoli, che corrispondono ad altrettante fasi dello sviluppo dell’odeporica serba, viene messo l’accento sull’immagine dell’Italia, mentre tutte le informazioni fornite sui viaggiatori e le loro opere sono ridotte all’essenziale in quanto maggiormente pertinenti all’ambito della slavistica. L’Italia, soprattutto per le sue bellezze e tradizioni, è senz’altro una meta d’obbligo per chi proviene dalle terre slave. Per quanto riguarda l’area serba, la presenza dell’Italia si può osservare principalmente attraverso la letteratura di viaggio a cui hanno contribuito, in più di due secoli, scrittori curiosi di conoscere questo paese, che fin dai tempi del Grand Tour ha attirato schiere di viaggiatori da tutta Europa. La prima fase dell’odeporica serba sull’Italia si apre poco prima dell’inizio del secolo XIX e dura fino al Romanticismo, che ne costituisce la seconda fase, quando appaiono i notevoli contributi di Petar Petrović Njegoš e soprattutto il libro Lettere dall’Italia di Ljubomir Nenadović, che non rappresenta solo uno spartiacque nel genere, ma senza dubbio anche un passo notevole in tutta la letteratura di viaggio serba. La terza fase, che in qualche modo corrisponde al Realismo, si protrae fino all’apparizione di una generazione nuova che si afferma tra le due guerre mondiali e porta la letteratura di viaggio alla sua epoca d’oro in cui essa, ormai staccata e lontana dalla tradizione precedente, matura completamente. Siccome ripercorrendo le tappe dello sviluppo di questa tradizione risulta che il periodo tra le due guerre è fondamentale in quanto momento in cui avviene un grande cambiamento della poetica del viaggio stesso, si porrà l’accento proprio su questo quarto periodo, chiamato anche Modernismo, che costituisce una fase cruciale per l’odeporica serba. Infine, dopo la seconda guerra mondiale fino alla fine del secolo XX si snodano i decenni che corrispondo all’ultima e conclusiva epoca. A giudicare dai diari, dalle lettere, dai resoconti e da altro materiale riguardante il tema del viaggio, città come Napoli, Roma e Venezia confermano la loro prevedibile centralità in questa mappa, seguite a ruota dalle città toscane e da quelle siciliane. Anche se i viaggiatori serbi privilegiano le zone di cui si ha già una conoscenza dettagliata, soprattutto a partire dalla fine della prima guerra mondiale esse si moltiplicano e l’elenco dei nomi si arricchisce di località meno note. Mentre nelle pubblicazioni dedicate a questo tema, pur inquadrato da differenti angolazioni e metodologie, manca un approccio comparativo, nella tesi, sin dalla fase embrionale, si è cercato di descrivere il mondo dei viaggiatori stranieri che hanno deciso di rendere omaggio all’Italia con i loro scritti, stabilendo paragoni e confronti. Si inizia perciò una rapidissima panoramica sul viaggio raccontato nell’odeporica europea nel periodo che abbraccia l’Ottocento e il Novecento, soprattutto attraverso il più classico dei canoni il cui modello è diventato familiare anche all’odeporica serba. Partendo da Goethe, passando per Gogol’, arrivando a Stendhal, con qualche digressione sui viaggiatori meno conosciuti, si verifica in che modo le stazioni di un pellegrinaggio appassionato, e soprattutto le immagini dell’Italia e della sua cultura si sovrappongono con, o differiscono da, quelle relative ai viaggiatori serbi. Inoltre, all’occorrenza, come termine di paragone, si affronta anche il viaggio degli italiani in Italia. Invece la seconda parte, divisa in cinque capitoli, mostra l’immagine della letteratura italiana nelle testimonianze odeporiche, soprattutto del Novecento, un secolo cruciale per la presenza dell’Italia nella letteratura serba. Per quanto riguarda le preferenze dei viaggiatori, da un lato si nota la passione per i classici come Dante, Petrarca e Tasso, mentre dall’altro si manifesta anche l’interesse per scrittori come Gucciardini, Cecco Angiolieri, Santa Caterina da Siena o Giuseppe Gioachino Belli. Solo qualche sporadica menzione è riservata a D’Annunzio oppure al futurismo italiano. Il baricentro di quasi tutta la seconda parte della tesi è senz’altro il rapporto di Miloš Crnjanski con la letteratura italiana: egli, che ne fu un grande ammiratore e lettore, la affronta anche dal punto di vista critico utilizzando un ricco corpus di fonti che esamina con cura. Il primo capitolo è dedicato al rapporto di Crnjanski con Dante: nel corso del suo pellegrinaggio fiorentino che descrive nel libro L’amore in Toscana, lo scrittore approda a un’attenta lettura della Vita nuova, facendo, secondo consuetudine, alcune annotazioni a margine, grazie alle quali è possibile seguire un filo rosso che accomuna i due letterati, e rintracciare una serie di affinità tematiche che Crnjanski trova tra il suo diario di viaggio e quello che parla del primo amore di Dante. Se si osservano tutti i filoni tematici lungo i quali si dipana la ricezione di Firenze nell’odeporica serba, è evidente che in tale complesso manca un particolare interesse per la figura e l’opera di Dante, che è invece un topos importante affermatosi nella gran parte della produzione letteraria europea che ruota attorno all’Italia. È dunque proprio Miloš Crnjanski a colmare questa lacuna offrendo un piccolo ma piuttosto significativo tributo all’artefice della Commedia. L’immagine che Crnjanski ha di Firenze non consiste nella consueta descrizione della città e dei suoi itinerari, ma secondo la poetica del libro L’amore in Toscana l’idea di omaggiare Dante si realizza con l’inserimento all’interno della sua struttura di un saggio dedicato alla protagonista della Vita nuova intitolato appunto Sulla Beatrice fiorentina. Una lettura approfondita del saggio di Crnjanski rimanda subito alla sua fonte principale: lo studio di Alessandro D’Ancona del 1865 La Beatrice di Dante, le cui considerazioni preliminari sono servite allo scrittore serbo come punto di partenza da cui deriva anche il tono polemico con cui egli talvolta affronta l’argomento. Il secondo capitolo nasce sempre dal contatto con gli scrittori italiani avvenuto durante il pellegrinaggio descritto nell’Amore in Toscana, che mostra la particolare attrazione di Crnjanski per Siena, a cui dedica quasi la metà del libro, riservandole punti di vista e interpretazioni originali. Questo ritratto della città contiene diversi passaggi narrativi interessanti incentrati su alcuni momenti della vita degli scrittori e degli artisti italiani del medioevo tra i quali spicca Cecco Angiolieri, il più rappresentativo di quei poeti detti “giocosi” o “comico-realistici” che fiorirono in Toscana tra la seconda metà del Duecento e l’inizio del Trecento. Per affrontare sia l’universo poetico sia la vita privata del poeta senese Crnjanski si è servito dall’importante contributo di Alessandro D’Ancona intitolato Cecco Angiolieri da Siena, poeta umorista del secolo decimo terzo, del 1874. Per questo motivo, alla fine del capitolo è parso interessante soffermarsi brevemente su due saggi di Luigi Pirandello: Un preteso poeta umorista del secolo XIII e I sonetti di Cecco Angiolieri, scritti con lo scopo di confutare decisamente la tesi, protrattasi per secoli e sostenuta da D’Ancona, secondo cui Cecco sarebbe stato a tutti gli effetti un poeta umorista. Anche se queste pagine di Pirandello sono prive di punti di contatto con quelle dell’Amore in Toscana, esse completano il quadro della critica più antica sulla poesia di Angiolieri, e permettono di mostrare similitudini e differenze con la ricezione che ne ha Crnjanski. Anche nella seconda parte della tesi si privilegia un approccio comparativo, perché studiando i rapporti tra gli scrittori e i viaggiatori serbi e la letteratura italiana incrocia spesso il mondo di altri autori europei che viaggiando in Italia hanno affrontato temi legati alla letteratura del paese che stavano visitando. Così, per esempio, il terzo capitolo, incentrato su Tasso nell’odeporica di Miloš Crnjanski e Marko Car, è corredato da un capello introduttivo nel quale si affronta anche l’interesse per la figura e la vita di Tasso nella letteratura europea. È soprattutto tra Sette e Ottocento che la vicenda drammatica di Tasso offre elementi che entrano perfettamente in sintonia con il gusto del tempo e perciò proprio in quel periodo che egli diventa protagonista di un vero mito letterario, le cui radici, però, risalgono già al Seicento. Ma proprio nel Novecento, quando questa fortuna letteraria e anche figurativa, particolarmente duratura, che ebbe soprattutto echi internazionali, sembra ormai al tramonto, essa, invece, ebbe un suo ulteriore bagliore presso i letterati serbi, che non riuscirono a sottrarsi al fascino della vita di questo poeta, piena di laceranti contrasti che si inquadrano nella situazione politica e religiosa del suo tempo. Frutto di tale interesse sono due contributi non notevoli dal punto di vista della lunghezza, ma interessanti per un’impronta personale, nonostante talvolta si noti una significativa presenza delle letture fatte: si tratta di un capitolo delle Lettere estetiche di Marko Car intitolato Il monastero di Sant’Onofrio - Torquato Tasso - Panorama dal Gianicolo e di quello semplicemente intitolato Tasso parte del libro Presso gli Iperborei di Miloš Crnjanski. Similmente è impostato anche il quarto capitolo intitolato Crnjanski lettore dei sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli nel quale, oltre a approfondire il rapporto tra Miloš Crnjanski e Belli, è riservato un ampio spazio a quei grandi letterati europei che ebbero il merito di diffondere la fama dello scrittore romano oltre frontiera. Toccherà a Ivo Andrić chiudere la tesi, con un capitolo, il quinto, interamente dedicato al rapporto dell’unico vincitore jugoslavo del premio Nobel per la letteratura con la società, la cultura e soprattutto la letteratura italiane, che a più riprese hanno attirato l’attenzione di questo scrittore. Si tratta di un argomento poco indagato nel suo complesso, importante tuttavia per illustrare in che modo nel vasto corpus delle opere di Andrić si integri la passione per il Belpaese. Oltre al rapporto con il fascismo e con la letteratura italiana attraverso alcuni autori classici, un ampio spazio del capitolo è dedicato all’interesse dello scrittore per Francesco Guicciardini la cui vita e opera Andrić affrontò con una solida preparazione e nel cui pensiero riconobbe numerose affinità con il proprio.
XXV Ciclo
1985
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41

Ceschin, Arianna <1988&gt. "«Veder chiaro è sempre stato il mio difetto»: Paola Masino, scrittrice e giornalista del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3815.

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Анотація:
Paola Masino (1908-1989), scrittrice e giornalista, si distingue per uno spiccato anticonformismo anche sul piano letterario. Il padre, Enrico Alfredo, rappresenta per lei un solido punto di riferimento. Fondamentale sarà anche il legame con l’amico Luigi Pirandello, il primo intellettuale a notare il suo talento, e con Massimo Bontempelli, il compagno di una vita. Paola non accetterà mai la loro perdita. L’esordio letterario avviene con la raccolta di racconti "Decadenza della morte"(1931), dove l’autrice sperimenta l’uso di immagini suggestive, dimostrando una perspicua attenzione per i colori. L'affetto per Roma emerge dallo splendido ritratto dedicato alla città, frutto di una profonda abilità narrativa della Masino. Il primo romanzo, intitolato "Monte Ignoso" (1931), indaga la follia materna della protagonista Emma e l’immaturità del marito Giovanni. Il dolore per un torbido passato provocherà la perdita di equilibrio e di identità dei personaggi. Li attenderà un tragico destino. L’analisi di un ambiente familiare degradato prosegue nell’opera "Periferia"(1933), dove i bambini di Quartiere Pannosa vivono attimi drammatici di violenza domestica. In mezzo a tanta sofferenza solo Romana sarà in grado di far loro riscoprire il significato dell'amore materno. Il romanzo presenta tratti in comune con il racconto "Un paio di occhiali", dell'antologia di scritti "Il mare non bagna Napoli" (1953) di Anna Maria Ortese. Entrambi analizzano il contrasto tra la desolazione della realtà e la ricchezza della dimensione del sogno. Il problema dell'identità, affrontato in "Periferia", caratterizza la tragedia "Enrico IV"(1924) di Luigi Pirandello.
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42

Pizzolato, Tommy <1980&gt. ""Una cittadella sulle rive dell'Adriatico" : Valona e l'Albania nella strategia navale italiana di inizio Novecento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3049.

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Анотація:
Nei tre decenni che precedettero l'ingresso dell'Italia nel conflitto europeo (il cui primo atto di guerra, a Triplice non ancora denunciata, fu proprio l'occupazione del succitato porto albanese e dell'antistante isolotto di Saseno) una corposa letteratura di viaggio (opera di intellettuali, politici, pubblicisti) inondò il mercato editoriale, contribuendo a volgarizzare presso il grande pubblico le ragioni di tanto interesse per le vicende di quella parte della penisola balcanica. Il recupero di questi scritti (indispensabili per ricostruire i contenuti del messaggio all'epoca veicolato) e la loro integrazione con quanto teorizzato da marina ed esercito, permette di analizzare logiche e finalità di una questione di lungo periodo, che regime fascista e regno del sud avrebbero ereditato e sviluppato, ciascuno a proprio modo. Soprattutto, esso permette di capire quale ruolo ricoprissero il possesso di Valona e dell'Albania nel più ampio disegno di egemonia italiana sull'Adriatico e sul Mediterraneo, evidenziando l'esistenza di due diversi indirizzi della cosiddetta “questione adriatica”: l'uno legato esclusivamente alla Dalmazia; l'altro deciso a non transigere su entrambe.
In the three decades that preceded the entrance of Italy in the European conflict (whose first act of war it was the occupation of the Albanian port of Vlore and the nearby island of Saseno) a substantial travel literature (made by intellectuals, politicians publicists) flooded the publishing market, helping to volgarizzare to the general public the reasons for so much interest in the history of that part of the Balkan peninsula. The recovery of these writings (essential to rebuild the contents of the message conveyed at the time) and their integration with the theorized by army and navy allows you to analyze the logic and purposes of a long-term issue. Most importantly, it allows you to understand what role played the possession of Vlore and Albania within the wider picture of Italian hegemony on the Adriatic and the Mediterranean, highlighting the existence of two different addresses of so-called "Adriatic question": the one linked exclusively to Dalmatia; the other decided not to compromise on both sides.
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Simion, Olivia. "Immigranti italiani nella Moldavia romena tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento (1876-1916)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3425304.

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Анотація:
Benché gli italiani hanno sempre migrato, il fenomeno d’emigrazione di massa successo alla fine dell’Ottocento, conosciuto come la grande emigrazione italiana, e senza dubbio, un episodio notevole della storia contemporanea perché rappresenta uno dei più grandi esodi di una popolazione nella storia recente. La crisi agraria, la scarsa capacità dell’Italia di adattarsi alle innovazioni portate dalla rivoluzione industriale e dal capitalismo che cominciavano a dominare i meccanismi economici europei, così come la crescita demografica, che messe una grandissima pressione sulle vecchie basi economiche, causarono la diffusione della povertà, del vagabondaggio e la riduzione del consumo a limiti insopportabili in alcune aree rurali. Nel frattempo, la crescita della domanda di lavoro all’estero, causata dal massiccio processo di modernizzazione iniziato nei paesi dell'Europa centrale (edifici pubblici, ferrovie, strade) determinarono gli italiani dell’Italia settentrionale, specialisti formati durante i grandi lavori pubblici durante la conquista napoleonica, a partecipare facilmente a queste costruzioni e a formare un forte flusso migratorio stagionale verso altri paesi europei e poi verso altri continenti. Uno dei paesi europei che riceverono immigrati italiani fu anche la Romania, benché questo capitolo è meno noto nella storiografia. Anche se il numero di italiani emigrati in Romania è molto basso rispetto all'enorme quantità di emigranti italiani verso altri stati europei, il fatto non dovrebbe essere ignorato. Le regioni che hanno fornito la maggior parte degli immigrati italiani in Romania furono quelle dell'Italia nord-orientale: Friuli e Veneto. I maestri veneziani e friulani svolsero un ruolo decisivo nel processo accelerato di modernizzazione e costruzione della rete infrastrutturale in diversi paesi dell'Europa orientale nella seconda metà del XIX secolo, compresa la Romania. La presenza italiana in Romania nella seconda metà del diciannovesimo secolo deve essere assolutamente collegata alla modernizzazione dello stato romeno, a cui gli immigrati italiani contribuirono in modo significativo: architetti, scalpellini, falegnami, tagliapietra, commercianti, artisti, costruttori di ferrovie, ponti, strade, ecc. In quel periodo, in Romania c'era una grave mancanza di operai specializzati e qualificati per lavorare nelle varie industrie o persino nel settore agricolo, che attraversava un processo di meccanizzazione, e il problema fu risolto con l’aiuto della manodopera straniera. L'emigrazione italiana in Romania durante la seconda metà dell’Ottocento e la prima parte del Novecento fu maggiormente temporanea o stagionale, poiché la parte più importante era composta da lavoratori italiani che venivano in Romania nei mesi primaverili e tornavano in Italia alla fine dell'autunno. Benché l'immigrazione italiana in Moldavia fosse meno numerosa di quella in altre regioni del paese, essa ebbe le stesse principali caratteristiche dell'immigrazione italiana nel resto della Romania: gran parte di questi immigrati provenivano dal Veneto e dal Friuli, erano muratori, minatori, imprenditori e appaltatori di edifici e opere pubbliche e molti di loro erano immigrati stagionali e temporanei (anche se una parte di loro si stabilirono definitivamente nel paese). Come immigrati, gli italiani hanno assunto indubbiamente il ruolo di mediatori culturali, incoraggiando lo scambio di conoscenze e pratiche tra i due territori. Dalle conoscenze tecniche che hanno portato con loro, ai vari contributi culturali che hanno avuto in campi come il circo, il teatro, la musica, la stampa, questi immigranti agirono da legami tra due culture. Lavoratori qualificati, artisti, missionari: indipendentemente dalla loro professione, gli immigrati italiani in Romania hanno dato il loro contributo allo sviluppo delle infrastrutture, della tecnologia e della cultura romena.
Italian immigrants in Romanian Moldavia at the end of the nineteenth century and the beginning of the twentieth century (1876-1916) Although Italians have always migrated, the phenomenon of mass migration from the end of the nineteenth century, which lasted about a century, known as the great Italian migration, is undoubtedly a remarkable episode in world's contemporary history, as it represents one of the biggest exoduses of a population in recent history. The agrarian crisis, the low capacity of the Italian space to adapt to the innovations brought by the eighteenth century's industrial revolution and the capitalism that started to dominate the European economic mechanisms, as well as the population growth, that put a lot of pressure on the old economic bases, caused the spread of poverty, vagabondage and the reduction of basic consumption to unbearable limits in some Italian rural areas. Meanwhile the growth of the demand for labor abroad caused by the major modernization works initiated by the Central European countries (public buildings, railways, roads, and mining) made the Italians from northern Italy, specialists formed during the time of the great public works of the Napoleonic conquest, join easily these works and building sites, establishing a very strong seasonal migratory flow towards other European countries and then to other continents. One of the European countries that received Italian immigrants was Romania, although this chapter is less well-known in historiography. Even though the number of Italians that emigrated to Romania is very low compared to the huge amount of Italian emigrants to other areas, the fact should not be ignored. The regions that provided the most Italian immigrants to Romania were those from North-Eastern Italy: Friuli and Veneto. Moreover, the Venetian and Friulian masters played a decisive role in the accelerated process of modernization and construction of the infrastructure network in several Eastern European countries in the second half of the nineteenth century, including Romania. The Italian presence in Romania in the second half of the nineteenth century must be absolutely connected to the modernization of the Romanian State, to which Italian immigrants contributed greatly: architects, stone cutters, woodcutters, stone workers, traders, artists, builders of railways, bridges, roads, etc. Thus, in that period, there was a severe lack of specialized and skilled people to work in the various industries or even in the agricultural sector which was undergoing mechanization and it was solved by bringing in foreign labor force.
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Incarnato, Palma. "Medicina e letteratura nella narrativa del secondo novecento." Thesis, Dijon, 2015. http://www.theses.fr/2015DIJOL001.

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Cette recherche nait de l’intention de retrouver l’influence du « paradigme médical » dans le récit italien de la deuxième moitié du XXe siècle. Aussi, nous sommes nous donné comme objectif celui de reparcourir l’histoire de la médecine, et de voir comment celle-ci a pu influencer tant le texte littéraire que les différents domaines dans lesquels cette discipline s’est imposée comme modèle interprétatif et cognitif. Notre travail a consisté en une revisitation des principales révolutions médicales dans le but de déterminer les ruptures épistémiques qui ont fourni un modèle, applicable à différents domaines (éthique, politique, épistémologie, littérature). En effet, comme l’a affirmé Kuhn, les théories scientifiques devant être considérés comme des « idées », donc le changement de tout paradigmes ne grave pas seulement sur le domaine disciplinaire où celui-ci se vérifie, car il comporte une transformation de tout le système conceptuelle, c’est-à-dire, la manière par laquelle le monde, et donc l’homme, sont perçus. Les principaux changements épistémiques qui se sont succédés – à partir de la naissance de l’anatomie pathologique jusqu’à la génétique – a permis de déterminer quelques éléments forts à travers lesquels ont été décomposés et analysés les textes littéraires pris en examen. Le cadre théorique a permis d’acquérir des renseignements grâce auxquels il a été possible de (re)lire les « cas littéraires » affrontés dans la deuxième partie de la thèse, constitué de certaines œuvres de Primo Levi, de Stefano D’Arrigo et de Valerio Magrelli, dans lesquelles on a trouvé des aspects du même « paradigme » de connaissance
This research has originated from the intention of finding the influence of the “medical paradigm” in the Italian literature of the second half of the twentieth century. Also, we want to retrace the history of Medicine, and see how it influenced both literary texts and several areas in which it dictate as interpretative and cognitive model. Our work consisted of a revisitation of the main medical revolutions with the aim of determining the epistemic ruptures which supplied a model applicable to different domains (ethics, politics, epistemology, literature). Indeed, as stated by Kuhn, the scientific theories that must be considered as “ideas”, as well as the change of all paradigms, engraves not only on the disciplinary area where it occurs, because it involves a transformation of the conceptual system, that is to say, the way by which the world and the humans are perceived. The main epistemic changes which took place – from the birth of pathological anatomy up to the genetics – has identified some strong elements through which several texts were decomposed and analyzed. The theoretical frame allowed to acquire information which allowed to read the “literary cases” faced in the second part of the thesis, constituted by certain works of Primo Levi, Stefano D’Arrigo and Valerio Magrelli, in which we found aspects of the same “paradigm” of knowledge
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ottomano, Vincenzina caterina. "La ricezione dell’opera russa tra Ottocento e Novecento in Francia e Italia." Doctoral thesis, Universität Bern, 2020. http://hdl.handle.net/10278/3752737.

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The thesis examines the impact of the early dissemination of Russian operas in the cultural life and the musical thought of Italy and France between the second half of the 19th century and the beginning of the 20th century. During this period, both in Italy and France, debates about musical theatre were deeply shaped by the influence of Russian music, especially its opera. After the first performance of A Life for the Tsar in Prague (1866), which is the first opera by a Russian composer to have been performed abroad, Italy and France were the first countries to show a lively interest for Russian music. The decision to limit the field of research to Italy and France is due to the special connections, both from the political and cultural point of view, between the two. Considered, in the second half of the 19th century, as the leading lights of opera culture, Italy and France were the first countries to stage works such as A Life for the Tsar, Boris Godunov and Yevgeny Onegin. Moreover, from a theoretical point of view, many Italian and French critics saw Russia and the Russian opera as a source of renewal for Western musical theatre, as well as an “alternative” canon to that of Wagner’s Musikdrama. Musical debates on the future of the opera in this period are indeed more orientated towards a revaluation of the Russian opera, which was no longer considered “barbarian”, “wild” or “exotic” but rather the starting point for new cultural attitudes. One of the key points of the thesis is also the very close relationship between musical thought and political interest in the relationships of Italy and France with Russia. After the Alliance franco-russe in 1893 and the Racconigi Agreement between Italy and Russia in 1909, Russian opera’s dissemination becomes the cultural path “par excellence” by which to cement political alliances and strategies before World War I. This thesis will be the first detailed treatment of the reception of the Russian Opera in Italy and France, and will offer some vital new information about the impact of Russian music on Western culture.
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Ferraresi, Roberta <1983&gt. "La nuovissima Teatrologia. Gli studi teatrali in Italia fra Novecento e Duemila." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6369/1/Ferraresi_Roberta_Tesi.pdf.

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Анотація:
Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.
The purpose of this project is to investigate Italian Theater Studies in the Nineties and in the Two Thousand. The thesis, however, set up broader plans of research, both temporally and geographically: taking into account the relationship between Italian post-twentieth century Theatrology and its disciplinary tradition and, on the other side, with other Western experiences in the same field. The dissertation is divided into three parts: the first discusses the Italian Theatrology's “re-founding” process (in the Sixties and Seventies) and its following consolidation (between the Seventies and the Eighties), while the second one presents Italian post-twentieth century Theatrology's characters (in the 1990s and 2000s); in the third part, they are investigated through a specific point of view, taken to describe the disciplinary paradigm at this time: the “recomposition” project that seems to occur in Italian Theatre Studies since the mid-1980s, as putting in relationship some of important traditionally couples of opposing polarities (theory/history, theory/practice, etc.). Each part is developed both through reconstruction of the history of the discipline (including its relationship with other artistic, humanistic and socio-cultural events) and the analysis of the scholarly production of the time (theoretical approaches, historical practice, methodological debates, etc.). In each chapter, finally, those items are studied together with broader international theatrological trends, and the Italian disciplinary tradition. The research was developed through the investigation of the scholarly production of Theatre Studies, with a particular attention to the role of those working environments clustered around the major theatrological journals; it has also been supported by an intensive fieldwork program, which consisted of a series of meeting with some of the protagonists of the foundation and the developing of Italian new Theatrology.
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Ferraresi, Roberta <1983&gt. "La nuovissima Teatrologia. Gli studi teatrali in Italia fra Novecento e Duemila." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6369/.

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Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.
The purpose of this project is to investigate Italian Theater Studies in the Nineties and in the Two Thousand. The thesis, however, set up broader plans of research, both temporally and geographically: taking into account the relationship between Italian post-twentieth century Theatrology and its disciplinary tradition and, on the other side, with other Western experiences in the same field. The dissertation is divided into three parts: the first discusses the Italian Theatrology's “re-founding” process (in the Sixties and Seventies) and its following consolidation (between the Seventies and the Eighties), while the second one presents Italian post-twentieth century Theatrology's characters (in the 1990s and 2000s); in the third part, they are investigated through a specific point of view, taken to describe the disciplinary paradigm at this time: the “recomposition” project that seems to occur in Italian Theatre Studies since the mid-1980s, as putting in relationship some of important traditionally couples of opposing polarities (theory/history, theory/practice, etc.). Each part is developed both through reconstruction of the history of the discipline (including its relationship with other artistic, humanistic and socio-cultural events) and the analysis of the scholarly production of the time (theoretical approaches, historical practice, methodological debates, etc.). In each chapter, finally, those items are studied together with broader international theatrological trends, and the Italian disciplinary tradition. The research was developed through the investigation of the scholarly production of Theatre Studies, with a particular attention to the role of those working environments clustered around the major theatrological journals; it has also been supported by an intensive fieldwork program, which consisted of a series of meeting with some of the protagonists of the foundation and the developing of Italian new Theatrology.
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Baldini, Chiara <1996&gt. "«Libro e labirinto erano lo stesso oggetto» Le dinamiche del romanzo combinatorio e labirintico del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21127.

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Questo studio, nella prima parte, si concentrerà sulla differenza tra la figura del lettore attivo/passivo e su quella dell'autore prendendo in considerazione gli studi di Umberto Eco e delle sue opere, sia di fiction che di non fiction (Lector in fabula, Opera aperta, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Il nome della rose, etc.). Si definiranno le figure di lettore e autore modello, nonché la metafora del labirinto testuale come un fitto Bosco dai sentieri che si biforcano. In questo primo capitolo teorico, inoltre, si spiegherà il motivo per cui questa immagine, nei testi fittizi, sia perfetta per conferire ordine e controllo in contrapposizione al caos del mondo reale. Si proseguirà, poi, con alcuni esempi sulle principali modalità in cui il testo crea delle biforcazioni e delle scelte di lettura: dalla tecnica del testo nel testo (metalettura) alla funzione delle note: temi che saranno accompagnati da alcuni esempi presi da opere letterarie note. Nel secondo capitolo si proseguirà con lo studio della figura di Italo Calvino come uno dei principali riferimenti italiani di letteratura ludica, labirintica e combinatoria. Nello specifico si analizzerà qualche sua opera significativa per dimostrare, in un campo più pratico e meno teorico, la funzione di questo tipo di letteratura. Si attueranno anche frequenti confronti con opere sia letterarie che cinematografiche europee e americane. Lo scopo è quello di di inquadrare la tematica principale di questo studio nel panorama italiano. Nel terzo capitolo ci si concentrerà sulla parte più sperimentale e complessa. Qui si analizzerà la figura di lettore e di letteratura Ergodica con focalizzazione primaria e certosina sull’opera di Mark Z. Danielewski: “Casa di foglie”. Tramite questa si potrà appoggiare lo sguardo su un lettore chiamato ad agire costantemente sul suo testo, soprattutto dal punto di vista fisico e concreto: lo scopo è evidenziare la potenzialità di questo tipo di letteratura per capire fino a che punto si può spingere e ipotizzare dove ancora può arrivare.
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Rossi, Caterina <1997&gt. "Femminismi e letteratura: la scrittura delle donne nel Novecento attraverso i romanzi di Aleramo, Maraini, Ferrante." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21707.

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In questo lavoro si intende evidenziare le relazioni di scambio tra la letteratura e il femminismo, indagando non solo come il femminismo si rifletta nella letteratura, ma anche come la letteratura stessa crei e ricrei il pensiero femminista e come le scrittrici partecipino ai femminismi grazie alla parola e alla letteratura. Il primo capitolo vuole fornire un’introduzione sulla storia delle donne e dei movimenti femministi nel Novecento, per la necessità di inquadrare il periodo storico in cui si collocano i romanzi che saranno successivamente analizzati. Il secondo capitolo riguarda le donne e la letteratura, e pone l’accento sugli stereotipi della rappresentazione dei personaggi femminili da parte degli scrittori, per poi passare a una breve rassegna delle scrittrici che emergono nel ‘900, le quali di volta in volta abbracciano o confutano questi stereotipi. Si vuole poi accennare brevemente alla critica letteraria femminista, che ha fornito nuove chiavi di lettura dei testi letterari. Nel terzo capitolo ci si vuole concentrare su tre testi che dialogano con il femminismo, nei quali si possono distinguere tre precisi momenti storici del Novecento: una prima fase ben rappresentata dal romanzo autobiografico Una donna di Sibilla Aleramo, in cui emerge la volontà delle donne di ottenere gli stessi diritti degli uomini, ma anche di liberarsi dai ruoli canonici a loro imposti; una seconda fase, quella degli anni ’70, nella quale il femminismo si radicalizza e mette in discussione tutti gli stereotipi legati alla donna: i suoi rapporti con l’uomo, la sua libertà sessuale e la maternità, tutte tematiche di primo piano nel romanzo Donna in guerra di Dacia Maraini; per la terza fase, quella che riguarda la contemporaneità, si è scelto il romanzo L’amore molesto di Elena Ferrante, in cui emergono le tematiche del femminismo di oggi, non solo quelle che riguardano i nuovi significati di corpo e maternità, ma anche le sue contraddizioni.
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MIGLIACCIO, TIZIANA. "Poeti di poeti. La traduzione: ispirazione di secondo grado nei poeti del Novecento." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/642.

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Il presente lavoro si propone come oggetto di studio e di analisi la traduzione poetica e il difficile “compito del traduttore” ricoperto da alcuni tra i principali poeti del Novecento: Giorgio Caproni, Eugenio Montale, Vittorio Sereni e Giuseppe Ungaretti. L’attività del traduttore non avviene mai in assenza di gravità: per tradurre la prosa bisogna imbrigliare il colore della voce narrante e trascinarlo, o farsi trascinare, fino alla fine. Tradurre la poesia richiede devozione al senso e al ritmo insieme, è un rispetto, sebbene in catene, ad un guizzo divino. Se allora il buon traduttore per essere tale deve prima di tutto essere un buon lettore e di sicuro un interlocutore privilegiato, allora è la figura del poeta, che raramente è il miglior critico di se stesso, ma spesso riesce ad esserlo degli altri, che sembra nel corso degli anni essersi dimostrato per alcuni versi il più interessante sensale che la traduzione abbia avuto. Il lavoro si articola in quattro capitoli: il primo, Storia della traduzione attraverso i secoli, si pone come obiettivo quello di passare in rassegna le posizioni più importanti ed interessanti della teoria della traduzione. Nella seconda sezione Considerazioni sul rapporto fra traduzione e tradizione vengono affrontate una serie di riflessioni, non più seguendo un andamento diacronico, ma attingendo trasversalmente alle posizioni più interessanti, sull’incestuoso rapporto tra tradizione e traduzione. Il terzo capitolo contiene alcuni saggi nei quali vengono presentate delle analisi di traduzioni, condotte da alcuni dei più grandi poeti del Novecento, di testi poetici di autori quali Apollinaire, Frénaud e Yeats. Con la quarta sezione ci si sposta direttamente sul banco della traduzione, riportando la testimonianza diretta di tre figure d’eccellenza che hanno legato i loro nomi alla duplice esperienza della poesia e della traduzione, quali Franco Buffoni, Erri De Luca e Valerio Magrelli.
This work is intended to study and analyse the poetic translation and the difficult “translator’s task”, covered by some among the principal poets of the 9th century: Giorgio Caproni, Eugenio Montale, Vittorio Sereni and Giuseppe Ungaretti. The translator never works in absence of gravity: to translate the prose he should control and bridle the colour of the narrating voice and to drag it, or to be dragged himself, up to the end. The translation of a poem needs devotion to both the sense and the rhythm; it should be respectful, although in chains, toward a divine flicker. If, to be a good translator, one should be first of all a good reader, and for sure a privileged interlocutor, it is then the figure of the poet, who can often succeed in being a critic of the others but rarely of himself, who has proved to be, in the course of years, the most interesting middleman, that the translation has ever had. This work is divided into four chapters: the first one: History of the Translation throughout the centuries, has as its target to inspect the most important and interesting reflections that deal with the theory of the translation. In the second section, Considerations on the relationship between translation and tradition , are considered some reflections that deal with that incestuous relationship between tradition and translation. Those meditations aren’t faced up following a diachronic order, but transversally getting from the most interesting positions. The third chapter contains essays in which are presented some analyses of translations of poetic texts by Apollinaire, Frénaud and Yeats., carried out by some of the greatest poets of the 9th century. The fourth section moves straight onto the “table of translations”, and reports the direct witness of three figures above all others who have tied their names to the double experience of the poetry and the translation such as Franco Buffoni, Erri De Luca and Valerio Magrelli
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