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Дисертації з теми "Metodi di diritto internazionale privato"

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Marino, Silvia. "Metodi di tutela del contraente debole nel diritto internazionale privato comunitario." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2633.

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Анотація:
2006/2007
La tesi di dottorato ha ad oggetto un tema ormai classico nel diritto internazionale privato, ovvero la tutela del contraente debole. Tuttavia, l’approccio vuole diversificarsi. Infatti, oggetto dello studio è l’analisi dei metodi che sono utilizzati al fine di tutelare la parte debole, e non solo l’esame dei testi normativi, della giurisprudenza e delle sue ripercussioni. L’ambito della ricerca è limitato al settore della cooperazione giudiziaria comunitaria in materia civile: infatti, lo scopo è quello di verificare se i tradizionali strumenti del diritto internazionale privato classico siano stati recepiti anche in tale settore o se il diritto comunitario presenti degli aspetti di originalità. Successivamente, si vuole verificare se i metodi utilizzati siano idonei allo scopo. La tesi è composta di cinque capitoli, di cui uno introduttivo e gli altri di analisi dei metodi di coordinamento fra ordinamenti. Un capitolo introduttivo si è reso necessario in primo luogo per rilevare le specificità della cooperazione giudiziaria in materia civile rispetto al diritto internazionale privato in senso classico. Così, si vuole dar conto delle evoluzioni storiche dello specifico settore, con particolare rilievo alla sua “comunitarizzazione”, che ha portato alla trasformazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 nel regolamento n. 44/2001 e che condurrà entro breve termine all’approvazione del regolamento “Roma I”, sostitutivo della Convenzione di Roma del 1980. Proprio in quest’ottica si vuole notare come diversi problemi tipici del diritto internazionale privato non si pongano a livello comunitario. Ci si riferisce, in particolare, al problema della qualificazione, che trova una soluzione univoca grazie alle competenze pregiudiziali attribuite alla Corte di giustizia, perdendo così, in questo settore, interesse le discussioni dottrinali e le diverse soluzioni giurisprudenziali circa le modalità di risoluzione della questione. Inoltre, sempre nel capitolo introduttivo, ci si chiederà cosa debba intendersi per tutela della parte contrattuale debole nel sistema internazionalprivatistico. Si prendono in esame due diverse possibilità, discusse dalla dottrina: la prima, secondo la quale deve essere garantita l’applicazione della legge sostanzialmente più favorevole possibile al contraente debole; la seconda, che ritiene che solo debbano essere assicurate delle garanzie minime, in particolare quelle previste dalle legge di residenza abituale del consumatore, in quanto legge da questi meglio conosciuta. Dopo una breve discussione, si motiva la scelta, che ricade su quest’ultima concezione. I quattro capitoli centrali sono dedicati all’analisi dei metodi di conflitto, quindi il primo al metodo classico, il secondo al rinvio all’ordinamento competente, il terzo alle norme di conflitto a finalità materiale, il quarto all’autonomia nella scelta del foro e della legge applicabile. Ogni capitolo si inizia con un’indagine, anche di carattere storico, sulle caratteristiche principali dei singoli metodi e le loro peculiarità; quindi, nel limitato ambito del rapporto contrattuale, si verifica se il diritto comunitario ne sia tributario, se abbia solamente recepito il metodo tradizionale o abbia apportato degli elementi di novità; in ogni caso, si verifica se le scelte compiute in sede comunitaria possano effettivamente garantire una tutela sufficientemente significativa alla parte debole. La dottrina italiana ha distinto un ulteriore metodo di diritto internazionale privato, il cd. jurisdictional approach. Come osservato anche nel corso del lavoro, non si è scientemente proposta un’analisi di questo metodo, perché non è parso utilizzato nel diritto internazionale privato comunitario in materia contrattuale. Pertanto, un suo esame avrebbe avuto una valenza meramente teorica, senza alcun fondamento normativo nel nostro ambito di ricerca. Accanto all’esame dei singoli metodi, alcuni strumenti e istituti tipici del diritto internazionale privato vengono presi in esame. Tipico è il caso del rinvio, la cui analisi assume un particolare rilievo proprio nel capitolo terzo allo scopo di verificare se possa essere ammesso un rinvio in favorem. Il problema, certo, non si pone nel campo di applicazione della Convenzione di Roma, che esclude l’operatività del rinvio, ma diventa interessante per quanto attiene il contratto di assicurazione, dal momento che le direttive sui servizi assicurativi non contengono una disciplina completa di diritto internazionale privato e non forniscono alcuna soluzione al problema. Inoltre, una particolare attenzione è prestata a tre strumenti classici, che possono essere utilizzati e che sono in effetti stati utilizzati al fine di tutelare una delle parti del rapporto, ovvero le norme di applicazione necessaria, le disposizioni imperative e l’ordine pubblico. Delineata la loro nozione nel primo capitolo, successivamente si verifica il loro ruolo all’interno dei diversi metodi. Così, si noterà che essi risultano indispensabili nel metodo classico, che, essendo caratterizzato dall’astrattezza, non prende in considerazione il contenuto sostanziale della legge applicabile, potendo lasciare la parte debole sprovvista di ogni tutela. Un’analoga conclusione può essere raggiunta per quanto attiene il metodo del rinvio all’ordinamento competente – con alcune peculiarità per quanto riguarda l’applicazione dei principi di ordine pubblico dell’ordinamento competente nello Stato del foro - ; questi limiti all’applicazione del diritto straniero, pur non essendo meno rilevanti, trovano una diversa giustificazione qualora la legge applicabile e il giudice competente siano stati scelti dalle parti: in tal caso, infatti, si tratta di tutelare la parte debole contro pressioni derivanti dall’altro contraente e dovute dal disequilibrio del potere negoziale dei due. All’opposto, quando la norma di conflitto ha carattere materiale, l’ordine pubblico pare avere invero scarsa rilevanza e il ruolo delle norme di applicazione necessaria e le disposizioni imperative è modesto, proprio perché la legge applicabile già risponde alle esigenze minime di tutela della parte debole richieste dalla lex fori. Un ulteriore aspetto di particolare interesse è relativo alla tendenziale coincidenza fra forum e ius. L’ultima parte del terzo capitolo è dedicata a questo problema; dopo un esame delle disposizioni rilevanti, si verifica se già questa coincidenza sia idonea a tutelare la parte contrattuale debole – fornendosi una risposta positiva e illustrandone le ragioni. Inoltre, proprio questa coincidenza può comportare delle soluzioni peculiari quanto al rilievo delle norme di applicazione necessaria della lex fori, appunto perché avente anche il ruolo di lex causae. Ogni capitolo presenta una conclusione parziale, che illustra gli elementi di continuità e di novità del diritto comunitario rispetto al diritto internazionale privato classico. Inoltre, si verifica se tali soluzioni siano effettivamente idonee a garantire una tutela minima alla parte contrattuale debole. Lo scopo è quello di rilevare, soprattutto, l’originalità di certe scelte del sistema di cooperazione giudiziaria in materia civile. .Questo elemento è messo in particolare rilievo nelle Conclusioni. In primo luogo si vuole mettere in luce come la cooperazione giudiziaria in materia civile parta da basi molto diverse rispetto ai sistemi convenzionali di diritto internazionale privato. Infatti, nel diritto comunitario è richiesto un coordinamento fra ordinamenti molto più forte, che non si limita ad alcuni contatti estemporanei ed occasionali. Anche nell’elaborazione di un sistema comune di diritto internazionale privato e processuale deve tenersi conto delle finalità essenziali del diritto comunitario – il funzionamento del mercato interno e lo sviluppo della libera circolazione intracomunitaria. La cooperazione giudiziaria non può prescindere da questi aspetti. Pertanto, anche la tutela della parte contrattuale debole deve essere contemperata con altre esigenze, quelle della produzione, e soprattutto la Convenzione di Roma costituisce un esempio della ricerca di questo difficile bilanciamento. In secondo luogo, tornando, conclusivamente, ai metodi di coordinamento e a riflessioni sottostanti a tutto il lavoro, si vuole notare come la struttura degli articoli 5, par. 3 e 6, par. 2 della Convenzione di Roma paia quella maggiormente idonea ad assicurare la tutela della parte debole, almeno nel senso che si è inteso nel nostro lavoro. Si sottolineano i vantaggi di chiarezza e di certezza del diritto che una tale soluzione consente – caratteristiche che rendono la contrattazione internazionale più sicura e interessante anche per l’altra parte; la semplicità dell’accertamento giudiziale circa la legge applicabile; la più facile conoscibilità dei diritti della parte debole. Inoltre, in queste ipotesi è modesto il rilievo delle norme di applicazione necessaria, delle disposizioni imperative e dell’ordine pubblico, a meno che non sia richiamata la legge di uno Stato non comunitario, elemento che risalta ancora la semplicità e l’idoneità di una tale soluzione e che distingue profondamente questo metodo dalla scelta di legge applicabile che, in molte ipotesi, ha bisogno almeno del correttivo delle disposizioni imperative. La tendenziale semplicità nell’applicazione di queste norme risulta, infine, rafforzata dal coordinamento che si è effettuato fra la Convenzione di Roma – e il prossimo regolamento “Roma I” - e il reg. n. 44/2001, il quale consente, in molteplici casi, l’applicazione da parte del giudice della lex fori. L’immediatezza di una tale soluzione alle problematiche del conflitto di leggi e di competenza giurisdizionale garantisce una tutela minima alla parte debole e, contemporaneamente, assicura una sufficiente certezza del diritto alla controparte, operatore economico.
XX CICLO
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Vallar, G. M. "GLI ASPETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE DEL FALLIMENTO DI GRUPPI BANCARI MULTINAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232399.

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Анотація:
In the absence of an international agreement among states, insolvencies of multinational groups of banks could in principle be dealt with only according to a so called “territorial approach”. Under the latter, every bank of a given group is considered to be an independent entity with the consequence that several insolvency proceedings are opened with respect to each of them in any of the states of their seats, different laws are applied and every court will try to grab as much assets as it can in order to satisfy its own local creditors. The five multinational banking defaults occurred in the last thirty years (BCCI, Fortis, Dexia, Kaupthing and Lehman Brothers) had to deal with such a scenario. Fortis, Dexia and Kaupthing had been resolved through a territorial approach. On the contrary, liquidators and courts involved in the BCCI and Lehman insolvencies (respectively begun in 1991 and 2008) tried to overcome the massive inconveniences that would have derived from a piecemeal liquidation by voluntarily cooperating and coordinating the proceedings, through “cross-border insolvency agreements” (also called “protocols”). Inspiration came from a more consolidated experience matured in this same direction in the corporate groups insolvencies. Awareness has then arisen - stronger than before - among states, practitioners and academics, of the need to regulate these insolvencies ex ante and once for all, in order to avoid the uncertainties of a case-by-case solution. Quite a few international organizations, such as the EU, the IMF, the Basel Committee and the Financial Stability Board, have been and still are pursuing this aim by preparing a considerable number of either soft law or hard law instruments for adoption by states.
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di, Napoli Ester. "I criteri di collegamento personali nel diritto internazionale privato europeo della famiglia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423051.

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Анотація:
Recently, European private international law in family matters has deeply developed. The structure of conflict-of-laws rules reflects the needs of mobility of the “post-modern” family. Presently, families move, benefiting from the “constitutional” freedom of movement within the Union, establishing a fragmented and unstable relationship with the territory. In the era of the retour des sentiments, the “post-modern” man “suffers” from a pluralism of identities: he is linked to the traditions of his ancestors, he is integrated within the social context of the different country where he is established, he takes part to the community of those who believe in the religion that he has embraced. In Europe, the conflict-of-laws rules which regulate family matters – allocated on three “levels” (national, conventional, supranational) – respond to complex schemes, and undergo a wider tension to specialization, flexibilitation and materialization of private international law. The use of the personal connecting factors of nationality, domicile and habitual residence, demonstrates that private international law changes following the political, social and economic changes. The European legislator and the interpreter, when elaborating and applying the relevant conflict-of-law rule, need to satisfy multiple needs. On one side, the European policies, such as, among others, the social integration of the individual in the legal order of the requested State; on the other side, the protection of the “moving” person’s cultural identity. Such “axiological” tension (translated, in the macro-context, in the search for a balance between the “right to an international mobility”, and the respect of one’s own “roots”) reveals itself, in the micro-context, through the use of some personal connecting factors by the supranational conflict-of-laws rules which apply in family matters. It is mostly the habitual residence that appears to satisfy such balances. The European legislator has taken the expression from the language of “the Hague”, and has shaped it according to the needs of the European legal order. Habitual residence raises delicate issues concerning its definition: such problems show that this concept is of a complex and composite nature, which goes beyond the mere fact (as it was originally conceived in the “law of the Hague”). The questions surrounding the habitual residence, and its widespread use (as the principal connecting factor, but also the principle head of jurisdiction in EU regulations regulating family matters) reflect the development that undergoes European private international law. Such evolution, together with its present dynamics, seen from the internal perspective of the personal connecting factors used by conflict-of-laws rules in family matters, leads one to think – with renovated interest – about the European competences in the field of private international law, and on the nature of European private international law
Negli ultimi anni il diritto internazionale privato dell’Unione ha conosciuto uno sviluppo significativo, anche nel settore familiare. Le esigenze della “famiglia postmoderna” si riverberano sulla struttura della norma di conflitto, che si appresta a seguirla nel suo dinamismo. La famiglia odierna partecipa del fenomeno di mobilità attraverso le frontiere, “costituzionalmente” garantito dai Trattati, intrattiene col territorio un rapporto frammentato, precario: la famiglia si stabilisce nel tessuto sociale dello Stato d’accoglienza, vi si integra, riparte. Così, nell’epoca del retour des sentiments, l’uomo postmoderno è eclettico, “soffre” di un pluralismo identitario: è ancorato alle tradizioni dei propri avi, si inserisce nel tessuto sociale del diverso paese in cui è stabilito, si riconosce nella comunità di quanti credono nella religione che ha abbracciato. Le norme di conflitto che disciplinano la materia familiare in Europa – distribuite su più “livelli” (interno, convenzionale, sovranazionale) – rispondono così a schemi articolati, attraversate dalla più ampia tendenza alla specializzazione, alla flessibilizzazione ed alla materializzazione del diritto internazionale privato, che interessa ogni settore. L’evoluzione dell’impiego nel tempo dei criteri di collegamento personali della cittadinanza, del domicilio e della residenza abituale mostra come il diritto internazionale privato non resti insensibile agli sviluppi politici, sociali ed economici della società. Il legislatore dell’Unione, nella fase genetica, e l’interprete, nella fase applicativa della norma di conflitto, devono soddisfare multiple esigenze. Da una parte, le politiche dell’Unione (di cui la libertà di circolazione costituisce lo “scheletro”), l’integrazione sociale della persona nell’ordinamento dello Stato d’arrivo; dall’altra, la tutela dell’identità culturale dell’individuo “mobile”. Questa tensione assiologica, che nel macro-contesto si traduce nella ricerca di un equilibrio tra il “diritto alla mobilità internazionale” ed il valore del rispetto delle proprie origini, si manifesta nel micro-contesto nell’impiego di alcuni criteri di collegamento personali da parte delle norme di conflitto preposte alla disciplina dei rapporti e delle situazioni familiari, nel contesto sovranazionale. È soprattutto il criterio di collegamento basato sulla residenza abituale che parafrasa questo gioco di equilibri. Il legislatore dell’Unione ha trasposto “a Bruxelles” questa espressione, tratta dal linguaggio “dell’Aja”, plasmandolo in parte su “bisogni” propri dell’ordinamento europeo: il criterio di collegamento della residenza abituale dimostra di soddisfare, più dei criteri del domicilio e della cittadinanza, gli obiettivi cui è informato il diritto internazionale privato dell’Unione, strumentale, a sua volta, al raggiungimento delle politiche dell’Unione. La residenza abituale solleva delicate problematiche ricostruttive, che ne lasciano intendere una natura complessa, composita, che va oltre al mero fatto (come originariamente intesa nel “diritto dell’Aja”). Le questioni che circondano questo concetto e l’impiego diffuso che ne fanno le norme dell’Unione (che lo elevano a criterio di collegamento, nonché a titolo di giurisdizione principale anche nei regolamenti in corso di adozione in materia familiare), rispecchiano in parte lo sviluppo che fronteggia il diritto internazionale privato dell’Unione nel suo insieme. Questa evoluzione, con le sue dinamiche attuali, osservata dal micro-contesto, dalla prospettiva dei criteri di collegamento personali impiegati dalle norme di conflitto in materia familiare, ci inducono riflettere con rinnovato interesse sulle competenze dell’Unione nella disciplina internazionalprivatistica, sulla natura del diritto internazionale privato dell’Unione
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IAFRATE, PAOLO. "L'evoluzione del diritto di famiglia in Tunisia: il minore nello Statuto personale e nel diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/824.

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Анотація:
Questa opera è indirizzata a coloro che sono attratti dal mondo islamico o più semplicemente sono incuriositi da questa realtà che sempre di più si sta " europeizzando" anche se i principi cardine restano immutati. La disciplina sciaraitica che regola l' istituto familiare si basa su un nucleo di valori, regole giuridiche comuni, infatti il Corano le considera intangibili e immutabili. L'obiettivo è promuovere la posizione dei componenti più deboli della famiglia, ossia la donna e il bambino, ed equiparare i diritti e i doveri dei coniugi. Le norme sciaraitiche sono state riformulate e recepite nei codici di diritto di famiglia nei Paesi musulmani denominati " Statuto Personale" . La tesi di dottorato dal titolo " L' evoluzione del diritto di famiglia in Tunisia: il minore nel Codice dello Statuto Personale e nel Diritto Internazionale Privato" , è suddivisa in quattro capitoli. Il Capitolo I " Le origini e lo Statuto Personale" dedica ampio spazio alle radici della Tunisia, con dei brevi riferimenti alla situazione del Paese sia a livello costituzionale che socio-culturale. Successivamente, dopo aver effettuato una breve disamina storica, si passa ad approfondire il Codice dello Statuto Personale dal 1956 fino alle ultime riforme del marzo 2008. Il secondo capitolo dedica invece unâ ampia riflessione al rapporto tra il Giudice Tunisino e la codificazione in materia di Statuto Personale. Nel corso dei paragrafi viene sottolineato il ragionamento del giudice che appare a volte conforme, e a volte in contrapposizione al diritto musulmano classico. Dall' analisi del capitolo si evince un conservatorismo tradizionale e di reazione del giudice che si rapporta sempre più al contesto sociale, affrontando numerose problematiche e mutando il proprio orientamento con il passare del tempo. Inoltre, gli altri paragrafi affrontano lâ annosa problematica del riconoscimento della paternità, mediante la prova del DNA, con specifico riferimento alla legge del 28 ottobre 1998, analizzando i vantaggi e gli svantaggi, nonché le possibili misure adottate dal legislatore. Infine, l' ultimo capitolo approfondisce il ruolo del minore sia all' interno dello Statuto Personale che nel Diritto Internazionale Privato Tunisino. Nei primi paragrafi si desume come la consacrazione del principio dell' interesse del minore nello Statuto Personale, sia fondato su una dimensione umanitaria basata sulla dignità e l' eguaglianza. I paragrafi successivi, invece, sottolineano la salvaguardia dell'interesse del bambino all'interno del Diritto Internazionale Privato, principio fondamentale concernente tutte le decisioni del giudice. Quest' ultimo, dunque, dovrà procedere all' analisi di tutti i fattori finanziari, domiciliari, affettivi, psicologici, educativi e sanitari relativi al bambino. Infine l' attenzione è rivolta all' esame di un caso pratico riguardante il matrimonio tra una cittadina tunisina ed un cittadino egiziano. In sintesi, si può notare come la famiglia tunisina, anche se tende verso un modello nucleare, conserva i caratteri della famiglia tradizionale.
This work is addressed to those who are attracted by the Islamic world or are simply interested in this reality that increasingly is "Europeanizing" even if the basic principles remain unchanged. The sharia discipline, that regulates the family institution, is based on values and common juridical rules that the Koran considers intangible and unchangeable. The aim is to promote the position of the weakest components of the family, such as women and children, in order to make the rights and duties of the couple equal. The sharia precepts have been reformulated and assimilated in the family law codes of the muslim countries and are called "Personal Statute." The doctoral thesis entitled "The evolution of the familyan law in Tunisia: The minor in the Code of the Personal Statute and in the Private International Private Law", is divided into four chapters. The first Chapter, â The Origins and the Personal Statute", is about the roots of Tunisia, making short references to the situation of the Country in the constitutional, social and cultural level. Then, after a brief historical and close examination, the chapter deepens the Personal Statute Code from 1956 to the last reforms of March 2008. The second chapter talks about the relationship between the Tunisian Judge and the codification in the field of Personal Statute. The paragraphs emphasize that sometimes the reasoning of the Court is an accordance with the classical muslim law and sometimes this is in contrast with it. The chapther shows a traditional conservatism and, in particular, the reaction of the Judge that relates increasingly to the social context, facing many issues and changing his own orientation with the passing of time. Besides, the other paragraphs deal with the old issue of the acknowledgement of paternity, through Dna testing, with particular reference to the law of 28 October 1998, analysing the advantages and disadvantages, the possible measures taken by the law - maker. Finally, the last chapter deepens the role of the minor inside the Personal Statute and the Tunisian International Private Law. In the first paragraphs of this chapter, the consecration of the minor in the Personal Statute, is based on a more umanitarian dimension, on dignity and on equality. On the contrary, the further paragraphs underline the safeguard of the childâ s interest inside the International Private Law, that is a fundamental principle in all the judgeâ s decisions.So, the judge has to analyse the financial, emotional, psichological, educational and sanitary factors concerning the child. In the end, the attention is addressed to the examination of a practical case, the marriage of a tunisian woman and egyptian man. In brief, you can see that, even if the Tunisian family aspires to a nuclear model, it preserves the main features of the traditional family.
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VANIN, OMAR. "Il trattamento processuale delle norme sui conflitti di leggi dell'Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3427274.

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Анотація:
The enquiry focuses on the issues that arise when applying the rules on the conflict of laws adopted by the EU in the context of Italian civil procedure. Initially, we describe, on one hand, which peculiarities characterize civil procedure as a context in which rules are applied. On the other hand, we examine how EU law guides the interpretation of Member States’ domestic rules and, among them, of procedural rules. Thus, we set the existence of a duty to apply the rules of civil procedure in light of the effet utile assigned to EU conflict-of-laws rules whenever the latter are evoked in the judicial context. Moving on, the research focuses on the legal instruments adopted by the EU in the filed of private international law, inferring the common legal principles that are therein enshrined and with which we are able to elaborate a general system of EU’s private international law. The focus, then, shifts on the core of the research, retracing the dynamics which govern the application the conflict-of-laws rule in the context of the Italian civil procedure, beginning with its introduction in the procedural debate and ending with the extension of the power of the Supreme Court of Cassation to review the interpretation of the conflict-of-laws provision adopted by the inferior judge. Here, we provide a solution to each of the issues described when the conflict-of-laws rules applied by the judge belong to the EU legal system. Lastly, we elaborate a method in order to identify a solution, in the interpretation of the afore-mentioned rules, that reduces the friction between EU private international law and domestic procedural law, distinguishing on whether or not the domestic procedural rule allows for at least an interpretation that is consistent with EU private international law.
L’indagine intende interrogarsi sui problemi che sorgono in sede di applicazione delle norme sui conflitti di leggi di matrice dell’Unione europea nel processo civile italiano. Dapprima, da un lato, si prende atto di quali siano le peculiarità di quel particolare contesto applicativo di una norma che è il processo civile. Dall’altro lato, si esamina come il diritto dell’Unione europea orienti l’interpretazione delle norme dell’ordinamento interno e, in particolare, le norme processuali. Si accerta quindi l’esistenza di un obbligo di interpretare le norme processuali anche alla luce dell’effetto utile assegnato alle norme di diritto internazionale privato dell’Unione europea. Successivamente l’analisi si focalizza sui diversi strumenti di diritto internazionale privato dell’Unione europea, tentando di enuclearne i principi ricorrenti idonei a comporre un sistema di diritto internazionale privato. L’attenzione, poi, si sposta al merito dell’indagine, ripercorrendo le dinamiche che presiedono all’applicazione della norma di conflitto nel processo civile italiano, dalla introduzione della questione da essa regolata nel dibattito processuale sino alla sindacabilità, in sede di impugnazione, della sua applicazione. In questa sede, in particolare, si offre una possibile soluzione a ciascuno dei problemi laddove la norma di conflitto che il giudice civile debba applicare appartenga all’ordinamento dell’Unione europea. Infine, si tenta di elaborare un metodo che permetta di pervenire, nell’interpretazione delle norme considerate, a un esito che riduca al minimo le frizioni tra i due sistemi normativi, distinguendo a seconda che la disposizione processuale interna si presti ad almeno un’interpretazione coerente con il diritto internazionale privato dell’Unione europea o che la norma non offra alcun significato conforme allo stesso.
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MAOLI, FRANCESCA. "Il diritto internazionale privato delle successioni nell'Unione Europea e l'introduzione di un Certificato Successorio Europeo." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929371.

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Pace, Tommaso. "Il diritto del venditore di rimediare alla consegna di un bene non conforme nei rapporti tra parti commerciali: analisi comparativa del right to cure tra prassi, esperienze di diritto positivo e diritto internazionale materiale uniforme." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422791.

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The aim of this paper is to provide a critical assessment of the right of a seller to cure his breach to a contractual agreement (“right to cure”), with specific consideration to the delivery of non-conforming goods under domestic and transnational sale agreements. Subsequent to an elucidation of the methodological and doctrinal aspects of the research conducted herein, the paper delves into an in-depth analysis of the concept of warranty for hidden defects, tackling such concept from its Roman origins and the outset of Anglo-American law, to the current stance adopted by the Italian judicial system. The research then extends to analyzing the right to cure with a specific focus on English and American law, and cross-border sales between businesses, with particular regard to the provisions set forth by article 7.1.4 of the Unidroit Principles, and by articles 37 and 48 of the CISG, and in the most prominent European private law harmonization projects. The paper concludes by assessing the compatibility between the right to cure, available to the seller as urgent remedy for defects in sold goods after the completion of a contractual agreement, and the traditional legal institutions concerning defect warranties under Italian law, with the aim of determining whether, and to what extent, such right may find a place in our judicial system.
Il presente contributo si prefigge di esaminare il diritto alla correzione dell'inadempimento ("right to cure") del venditore, con specifico riguardo alla consegna di un bene affetto da vizi di conformità nei contratti di vendita domestici e transnazionale. Dopo aver stabilito le premesse metodologiche e dottrinali della ricerca, viene esaminata nel dettaglio la nozione di garanzia redibitoria a partire dalle sue origini romanistiche e agli albori del diritto anglo-americano, fino all'attuale disciplina nell'ordinamento italiano. La ricerca prosegue approfondendo specificamente il right to cure nell'ottica del diritto inglese e statunitense, e negli scambi transfrontalieri tra imprese, segnatamente la disciplina sancita dall'art. 7.1.4 dei Principi Unidroit, dagli artt. 37 e 48 della Convenzione di Vienna del 1980, e nei principali progetti di unificazione del diritto privato in ambito europeo. Da ultimo, si esamina la compatibilità tra il right to cure, quale rimedio a disposizione del venditore in caso di emergenza di vizi nella res empta dopo il perfezionamento del negozio, e i classici istituti relativi alle garanzie redibitorie nel diritto italiano, al fine di verificare se e in che misura siffatto istituto possa trovare spazio nel nostro ordinamento.
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AQUIRONI, Ilaria. "Il carattere integrale del diritto internazionale privato dell'Unione europea - L'interazione delle norme riguardanti la competenza giurisdizionale, i conflitti di leggi, l'efficacia delle decisioni e la cooperazione tra autorità." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2487871.

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Floris, Antonella <1984&gt. "I contratti di finanziamento non tipicamente bancari e il credito all'esportazione." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3962.

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Il lavoro è dedicato all’analisi di alcuni modelli contrattuali diffusi nel commercio internazionale per il finanziamento e l’agevolazione delle esportazioni. Si tratta di contratti non tipizzati dalla legge italiana che pongono all’interprete il problema di individuarne la natura giuridica e la conseguente disciplina applicabile. Una prima parte del lavoro è dedicata alla ricostruzione della nozione di causa del contratto in considerazione dei diversi tentativi di codificazione uniforme della disciplina contrattuale a livello europeo e internazionale. La seconda parte del lavoro verte sull’analisi del forfaiting, del project financing e del factoring internazionale. Si tratta di contratti profondamente diversi, talvolta oggetto di specifiche convenzioni internazionali, che però si rivelano legati da una comune funzione di finanziamento
This research aims to give a legal analysis of some agreements which are widespread in international trade to finance and to facilitate exports. With the exception of some restricted area, they are not ruled by the Italian law, so that the interpreters have to face to the issue about the types they belong to and abut their regulation. The first part of this work concerns the investigation of the notion of “causa” of the contract through the various attempts to draft a uniform code of the law of the contract, both at an European level and at an international one. In the second part the author deals with the contracts of forfaiting, project financing and international factoring. They are deeply different agreements – which have been sometimes objects of international conventions – that, however, appear connected by a common purpose of financing.
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NORI, GIOVANNI MARIA. "L’Arbitrato ICSID e la tutela internazionale degli investimenti esteri. Il concetto di investimento estero.​." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2020. http://hdl.handle.net/11566/273434.

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Finalità e struttura dell’opera. Mai come in questi ultimi anni si è discusso così spesso di investimenti esteri e dei connessi regimi normativi di incentivazione e disincentivazione. A partire dalla guerra commerciale dei Dazi ingaggiata tra Stati Uniti e Cina, fino agli accordi tra Italia e Cina sulla famigerata nuova via della seta, i temi del commercio internazionale e, più in particolare degli investimenti esteri sono tornati al centro dell’attenzione politica, mediatica ed economica. Perché non tornare dunque a parlarne anche sotto il profilo giuridico? Sulla scia di questo rinvigorito global interest per gli investimenti esteri, il presente lavoro si pone il duplice obiettivo, da un lato di ricercare una definizione economicamente e giuridicamente attuale del concetto di investimento estero, dall’altro di indagare in merito alla necessità o meno di cristallizzare un concetto (quello di investimento estero) così ampio in una granitica definizione normativa. Tali interessi di studio e approfondimento, che si collocano in un rapporto di specie a genere, oltre ad essere giustificati dal rinnovato interesse per il diritto internazionale degli investimenti, ritrovano fondamento nel fatto che la ricerca costante di una definizione è una attività che coinvolge ed impegna gli studiosi del diritto, di ogni settore, sin dalle più antiche elaborazioni del pensiero giuridico stesso. Prendendo le mosse da tale “primordiale” interesse degli studiosi del diritto, occorre, però, dare atto che relativamente a tale questione dell’utilità o meno – per il diritto – di fissare un fatto/atto/situazione in una definizione, la letteratura giuridica si è sempre mostrata divisa, originandosi così diversi e contrapposti orientamenti dottrinali. Nel dettaglio, tale contrasto intestino che affligge la scienza giuridica, trova una (fra le tante) esemplare dimostrazione nella vaga, o in alcuni casi del tutto assente, definizione del concetto investimento estero. Poste le basi che faranno da fondamenta del presente lavoro, si precisa che gran parte della questione sottesa alla ricerca, si lega inscindibilmente allo studio del testo della Convenzione di Washington del 18 marzo 1965 (Convention on the Settlement of Investment Disputes Between States and Nationals of Other States). In particolare, con detta Convenzione è stato introdotto, sotto l'egida della Banca Mondiale, il Centro ICSID (l'International Centre far the Settlement of Investment Disputes) ed è stata concessa cittadinanza giuridica ad un meccanismo sia conciliativo che arbitrale internazionale e amministrato dal Centro, per la soluzione delle liti sorte tra gli investitori stranieri e gli Stati ospitanti l’investimento estero. In punto di disciplina, proprio per la predetta Convenzione, l’investimento estero rappresenta uno dei requisiti (rationae materiae) richiesti (oltre ad altri) al fine di poter adire la giurisdizione ICSID, poiché, ai sensi dell’art. 25 della Convenzione, i Tribunali arbitrali potranno pronunciarsi solamente in merito alle controversie giuridiche collegate direttamente ad un investimento estero. Ciò nonostante, nel testo della stessa Convenzione, per tutta una serie di ragioni (che si analizzeranno nel corso della presente ricerca), non si è voluto (anche se con opinioni contrastanti) introdurre una definizione del concetto di investimento estero. Costituita l’intelaiatura dalla quale tale studio muoverà, prima di procedere alla trattazione del tema prescelto, si darà spazio, nel primo capitolo del lavoro, ad una necessaria premessa relativa al contesto storico-economico e ovviamente politico che ha fatto da cornice alle trattative e alla stipula della Convenzione. A tal fine, il punto di partenza del presente scritto sarà quello di individuare le ragioni che hanno condotto la comunità internazionale a dotarsi di questo strumento di risoluzione delle controversie in materia di investimenti esteri e al contempo si tenterà di verificare le cause che invece hanno determinato il lento declino degli altri strumenti di tutela, come la protezione diplomatica e il ricorso alla giurisdizione nazionale dello Stato ospitante l’investimento. Fatta tale doverosa introduzione si proverà, nel secondo capitolo del lavoro, a tracciare le principali caratteristiche del Centro e dell’arbitrato in esame, e relativamente a questo ultimo si cercherà di evidenziare la natura dello stesso e i tratti salienti che lo distinguono da qualsiasi altro mezzo di risoluzione alternativo delle controversie in tema di investimenti esteri. Conseguentemente, si passerà alla trattazione principale del presente scritto, la quale, si svilupperà nel terzo e quarto capitolo e si incentrerà sulla messa a fuoco di una (possibile) definizione economicamente e giuridicamente attuale del concetto di investimento estero. A tal fine, in prima battuta, si tenterà di individuare le acquisizioni delle diverse dottrine, nel diritto internazionale dell’economia, inerenti al concetto di investimento. In particolare, prendendo le mosse da tali osservazioni, e preso atto della polivalenza della nozione di investimento, si analizzerà il significato di tale concetto secondo la teoria economica, tentando, al contempo, di delineare il ruolo che l’investimento estero ricopre nel processo di sviluppo economico dei Paesi in via di sviluppo e non, andando ad individuare quali possano essere gli interessi delle Parti, investitore privato e Stato ospitante l’investimento, sottesi a tale tipo di operazioni economiche. In seconda battuta, si cercherà di individuare la definizione “giuridica” del termine investimento, applicando la teoria del cd. double keyhole approach. In tal guisa, si prenderanno in analisi anzitutto le definizioni di investimento contenute nelle varie national investment laws, BITs (bilateral investment treaties) e MITs (multilateral investment treaties). Dopodiché si proverà ad individuare quello che, ai sensi del sistema giuridico ICSID, può essere considerato un investimento, alla luce di quanto disposto in primo luogo dalla Convenzione e dal suo Preambolo, e in secondo luogo dalla ricca ed eterogenea “giurisprudenza” arbitrale formatasi su tale materia. Dal punto di vista metodologico, tale indagine verrà condotta confrontando in modo dialettico, da una parte, i principi espressi nelle pronunce arbitrali e dall’altra parte i contributi dottrinali, tutto ciò al fine di ricostruire una nozione di investimento estero che sia coerente con l’attuale sistema economico-giuridico. Tale approccio di studio risulta essere essenziale in quanto, come noto, il concetto di investimento è per sua stessa natura fortemente legato, contemporaneamente, sia al sistema economico in cui questo realizza i suoi effetti sia al sistema giuridico quale elemento regolatore del mercato e del sistema economico stesso. Di conseguenza, al mutare di questi due fattori chiave, muta anche il concetto di investimento, il quale si sottolinea, essere per l’appunto un concetto non astorico e pertanto sensibile a tutti gli eventi di natura economica e giuridica che coinvolgono il mercato e gli operatori che in questo ultimo operano.
Purpose and structure of the work. Never before have foreign investments and related regulatory incentive and disincentive regimes been discussed so often as in recent years. Starting from the trade war of the Tariffs engaged between the United States and China, up to the agreements between Italy and China on the infamous new Silk Road, the issues of international trade and, more specifically, foreign investment have returned to the center of political, media and economic attention
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LOLLI, DORELISA. "L'arbitrato nei rapporti internazionali ed ordinamento di riferimento." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2021. http://hdl.handle.net/11566/287512.

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La tesi di Dottorato si pone nell'ottica di approfondimento dello strumento arbitrale, applicato alle controversie internazionali. Dopo una breve e propedeutica analisi delle diverse tipologie di arbitrato, in relazione alla natura delle controversie ad esso sottoposte, interne o transnazionali, si è tentato di sviluppare una, delle molteplici prospettive dalle quali analizzare l'arbitrato internazionale, ossia quella italiana. Il percorso di studio ha, dunque, avuto come obiettivo quello di individuare le peculiarità dell' "arbitrato internazionale italiano", ossia l'arbitrato, applicato ai conflitti transnazionali, secondo la disciplina italiana. In ultima analisi, allagando la prospettiva di indagine, ci si è domandati se e in che modo sia possibile ipotizzare una convergenza internazionale sulla disciplina applicabile all'arbitrato, ovunque applicato, nei casi in cui esso abbia ad oggetto conflitti non domestici, al fine di implementarne le potenzialità e, soprattutto, l'effettività.
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LIEBMAN, ANNA. "LA RISOLUZIONE DEI CONFLITTI TRA TRATTATI: METODI TRADIZIONALI ALLA PROVA DEI REGIMI AUTONOMI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2023. https://hdl.handle.net/2434/954702.

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The work aims to investigate the adequacy of traditional norm conflict resolution principles to manage and solve contradictions between autonomous regimes of international law. The analysis starts from the observation that, with the expansion and specialization of international law, traditional types of conflict between conventional provisions have been replaced by a new type of treaty antinomy: between autonomous regimes of international law, such as WTO law and environmental law. These are treaty- based systems governing a specific area of law, institutionally organized (around international organizations and specialized dispute settlement centers) and characterized by a common value base, objectives, ethics, and language. Considering this, the work critically examines the norm conflict resolution principles discussed in academia, applied by international courts and tribunals and in state practice, and codified in the Vienna Convention on the Law of Treaties (1969). Given the inadequacy of those traditional principles (lex prior, lex posterior and lex specialis), the thesis then examines whether other techniques, foreign to public international law (in particular, private international law methods and the balancing test) could better respond to the issues raised by regime conflicts. Finally, a reflection is offered about the convenience (and necessity) of a change of perspective and the abandonment of the individuality of regimes in favor of an integrated approach.
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Tomasi, L. "La tutela comunitaria della vita familiare tra mercato interno e spazio di libertà, sicurezza e giustizia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2007. http://hdl.handle.net/2434/52020.

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The thesis inquires into the features of EC regulation of family relationships. Respect for family life is a fundamental right recognised by the European Union. Protection of family life arises as a spill-over effect of EC free movement, immigration and sex equality law. It also constitutes an object of EC private international law. Legislation and case-law demonstrate the emergence of a principle of respect throughout the Member States of the European citizens personal and family status as a condition for effective free movement. Such a principle may prevent the application of national laws denying recognition of a family status acquired in another Member State. However, the recognition of status may be inhibited by the necessity to protect general interests of the Member States, whose legitimacy is to be assessed by the European Court of Justice. The principle of recognition of status also deserves a role within the enactment of EC private international law in family matters under art. 65 EC. In conclusion, EC action in family matters is aimed at promoting mutual recognition of family status between the Member States, rather than at harmonising family laws
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Scotto, Chiara. "Il centro degli interessi principali del debitore e il regolamento CE n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3500.

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2008/2009
Nell’elaborato di tesi è esaminato principalmente il “centro degli interessi principali del debitore” nel Reg. CE n. 1346/2000. Il COMI svolge diversi ruoli nell’economia del Regolamento: è il presupposto per l’applicazione del Regolamento, individua il foro della procedura c.d. principale, determina la legge materiale che si applicherà alla gran parte dei rapporti giuridici interessati. Esso costituisce pertanto il punto di vista privilegiato per approfondire le tematiche generali del Regolamento, nonché il banco di prova dell’efficienza dell’intero sistema del diritto comunitario dell’insolvenza. Il Capitolo I, di carattere introduttivo, è dedicato al tema della giurisdizione nella materia fallimentare. In esso si evidenzia la particolarità e la complessità giuridica e procedurale del procedimento concorsuale. Il fallimento si apre con la sentenza dichiarativa, ma non si risolve in una semplice pronuncia; esso sostanzia un’articolata esecuzione che coinvolge una serie di soggetti pubblici e privati e di rapporti giuridici attivi e passivi. Proprio per tale ragione la quaestio jurisdictionis riveste un ruolo centrale nell’ambito del diritto internazionale privato fallimentare. È poi sinteticamente affrontato un tema classico del fallimento internazionale, quello del dibattito dottrinale tra universalisti e territorialisti. Il principio di universalità è legato a una visione del patrimonio del debitore quale universitas. Secondo tale concezione il fallimento si estende a tutti i beni del fallito ovunque si trovino e a tutti i creditori indipendentemente dalla nazionalità. Il principio di territorialità si basa al contrario sul concetto che ogni Stato è una “unique legal entity”, ed assumono pertanto rilevanza i confini nazionali dell’ordinamento. Il dibattito è stato a lungo dominato dalle concezioni universaliste ma col tempo si è affermato il modello dell’universalità cd. “limitata”, limitata dalla possibilità di aprire procedure secondarie in uno Stato membro diverso da quello in cui è situato il COMI. Tale modello è quello accolto dal Reg. CE n. 1346/2000. Si procede poi a ricostruire il retroterra storico e concettuale del COMI, nonché i principali precedenti del COMI, (contenuti in Convenzioni e progetti di Convenzione sin dalla fine dell’800, nonché in alcuni ordinamenti interni), prestando particolare attenzione ai progetti elaborati in seno alla Comunità Europea. Rapidi cenni sono riservati all’ordinamento italiano. Il Capitolo II, affronta alcune tematiche di natura generale. Si introduce il Regolamento CE n. 1346/2000 e si forniscono delle indicazioni di metodo circa le modalità di interpretazione della nozione di COMI, sottolineandone la collocazione nel sistema del diritto internazionale privato comunitario, dando risalto al ruolo esegetico della Relazione Virgos-Schmit e al tema del valore interpretativo dei considerando (stante la collocazione della definizione normativa del COMI nel considerando n. 13 anziché nella norma dedicata alle definizioni, l’art. 2). Si affrontano poi dei temi riconducibili alla necessaria localizzazione intracomunitaria del COMI e ai rapporti tra la disciplina comunitaria e i paesi terzi. Una parte dell’indagine è dedicata ai possibili effetti extraterritoriali del Regolamento e un paragrafo al tema della materia fallimentare nelle relazioni esterne dell’Unione Europea, con particolare riferimento alle Convenzioni e agli atti che accolgono la nozione di COMI. Il Capitolo III è dedicato interamente alla nozione materiale di COMI, come descritta dal considerando n. 13. Esso definisce il COMI quale “il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei propri interessi”. Su tale scarna definizione si è sviluppata una ricchissima e assai creativa giurisprudenza di merito di cui si dà conto nel corso dell’analisi. L’elemento caratterizzante è la gestione di interessi che si deve configurare come abituale e pertanto riconoscibile dai terzi. Si tratta di elementi non facilmente conciliabili dato che essi devono rivestire un peso diverso nella valutazione dell’interprete. Ciò accade perché il valore da salvaguardare in primo luogo è la riconoscibilità da parte dei terzi. Un ulteriore elemento di complicazione è dato dal fatto che il COMI è per definizione modificabile, se non addirittura manipolabile dal debitore, essendo un criterio squisitamente fattuale. Numerose sono le questioni interpretative ancora irrisolte. La seconda parte del capitolo è dedicata più specificamente al COMI dei diversi soggetti debitori (persone fisiche, persone giuridiche ed enti in generale, gruppi di società) Particolare risalto è stato dato alle problematiche connesse con l’individuazione della sede statutaria e l’indagine è divenuta l’occasione per approfondire temi centrali del diritto internazionale privato comunitario, quali ad esempio il dibattito su sede reale e sede statutaria, la questione della scissione tra attività e sede sociale, il tema del trasferimento della sede e/o del COMI, il problema del forum shopping, le possibili interferenze tra la disciplina del Regolamento e le libertà di circolazione garantite dal Trattato. Il Capitolo IV è dedicato allo studio del sistema di competenza giurisdizionale. Il Regolamento prevede la possibilità di fallimenti secondari, che dovrebbero porsi come ancillari rispetto al procedimento principale e salvaguardare al tempo stesso gli interessi locali. Tali fallimenti secondari non presentano significative differenze rispetto al procedimento principale, essendo essi dei veri e propri procedimenti concorsuali, regolati da norme fallimentari locali, ancorché non necessariamente destinati ad esclusiva soddisfazione dei creditori locali. Nel Regolamento i criteri di competenza sono quindi due, uno avente carattere tendenzialmente universale e uno a carattere locale, limitato cioè al territorio dello Stato di apertura della procedura. Il criterio universale radica la competenza nello Stato in cui si trova il COMI. Il secondo titolo radica la competenza ad aprire una procedura secondaria in qualsiasi Stato in cui il debitore possiede una dipendenza. Dal punto di vista dei rapporti tra i due titoli di giurisdizione, si rinvengono nel Regolamento numerose norme che pongono le procedure – principale e secondarie - sullo stesso piano (ad esempio in materia di obblighi di collaborazione e informazione, o di reciproca insinuazione nel passivo). Tale genus di norme coesiste tuttavia con una serie di regole caratterizzate da un favor spiccato per la procedura principale. Si esamina poi il ruolo dei principali attori della giurisdizione, quello del curatore della procedura principale in particolare. Risalto è dato al tema della cooperazione tra i curatori e delle prassi che si stanno affermando, quali l’uso dei Protocolli o la cooperazione diretta tra le Corti. Si passa poi all’analisi delle norme sulle procedure territoriali, sia secondarie che indipendenti, e alla questione della c.d. vis attractiva concursus (con particolare attenzione per la revocatoria fallimentare). Si affrontano infine i temi ‘classici’ in materia di giurisdizione internazionale: la verifica della competenza; la necessità di qualificare la procedura; il momento determinativo della competenza; la disciplina dei conflitti positivi; la nozione di decisione di apertura di una procedura principale; il principio di poziorità e l’obbligo di riconoscimento automatico; la questione della contestazione della competenza del giudice di un altro Stato membro; i conflitti negativi; i rapporti tra il COMI e l’exceptio fori non convenientis; il ruolo dell’autonomia privata nel Reg. CE n. 1346/2000; il tema delle convenzioni di arbitrato; la giurisdizione per i provvedimenti conservativi. Dal punto di vista metodologico la struttura della ricerca è basata sull’analisi separata dei temi strettamente internazionalprivatistici e della ricostruzione materiale dell’istituto del COMI, ciò al fine di rendere il testo e il suo svolgimento maggiormente intelligibile e logicamente strutturato. Le conclusioni della ricerca vanno nella direzione della necessità di aggiornare alcune parti della disciplina, concepita nella sostanza quasi quarant’anni fa, per renderle conformi alle attuali esigenze della mobilità internazionale delle società e delle diffuse forme di aggregazione tra persone giuridiche. Un ulteriore punto nodale riguarda la necessità di conferire rilevanza normativa alle ‘nuove’ finalità che si sono affermate nella legislazione concorsuale degli Stati membri, e segnatamente le finalità risanatorie.
XXI Ciclo
1976
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15

Carli, Andrea. "I metodi alternativi di risoluzione delle controversie. L'Arbitro Bancario Finanziario." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3423349.

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This research has been done in an attempt to deepen the subject of the consensual resolution of disputes by means of alternative methods other than judicial decisions. The work starts from a preliminary recognition of the alternative systems in general, for the purpose of detecting and clarifying the notion and the functions of the most known ADR’s, such as the conciliation, the mediation and the arbitration. In connection with the above, the thesis has examined in depth the cultural and historical similarities and differences between the European and Community approach (where Directive n. 52/2008 of the European Parliament and of the Council is of particular relevance) and the non-EU approach, in particular that of those countries which are leaders in the development (both from a theoretical and an actual perspective) of the ADR, such as the United States, the United Kingdom and Australia. As far as regards Italian system, the core part of the research has focused on the “Arbitro Bancario Finanziario”, highlighting, following the review of all the respective elements (the origin, the nature, the sources, the principles, the scope of application, the bodies, the commencement, the progress and the conclusion of the process), the features for which it can be considered as a system of a unique and original nature within the ambit of the alternative methods for the resolution of the disputes. Lastly, also following the deepening of the elements that bind the ABF with court litigation and mediation, the thesis has reached the conclusion that there exist likely expectations that the ABF may successfully realise its objectives, while consequently inspiring the genesis of similar systems in other sectors.
La ricerca è stata condotta approfondendo il tema della risoluzione consensuale delle controversie attraverso metodi alternativi rispetto alla decisione giurisdizionale. Il lavoro è stato strutturato partendo da una preliminare ricognizione dei sistemi alternativi in generale, al fine di individuare e di chiarire la nozione e le funzioni dei più noti ADR come la conciliazione, la mediazione e l’arbitrato. In ordine a ciò la tesi ha approfondito le similitudini e le divergenze culturali e storiche dell’approccio europeo e comunitario (in seno al quale particolare rilievo assume la direttiva n. 52 del 2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio) e di quello extraeuropeo, in particolare dei Paesi leader nello sviluppo sia teorico che applicativo degli ADR, come gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Australia. Quanto all’ordinamento italiano, la parte centrale della ricerca ha riguardato l’Arbitro Bancario Finanziario, mettendone in evidenza, attraverso l’esame di tutti gli elementi (origine, natura, fonti, principi, ambito di applicazione, organi, avvio, svolgimento e conclusione del procedimento), le caratteristiche per cui esso può essere considerato un istituto dalla natura unica e originale all’interno del panorama dei metodi alternativi per la risoluzione delle controversie. Anche attraverso l’approfondimento degli elementi di collegamento tra ABF, processo e mediazione, infine, la tesi è giunta alla conclusione di ritenere legittima l’aspettativa che l’ABF possa realizzare concretamente i propri scopi, ispirando di conseguenza la genesi di istituti analoghi in altre discipline di settore.
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16

MOI, MARTINA. "I contratti di rete." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2015. http://hdl.handle.net/11584/266818.

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The network contract, introduced into the Italian judicial system with the legislative decree February 10, 2009, n. 5 is a contract by which «more entrepreneurs pursue the aim of increasing, individually and collectively, their capacity for innovation and their competitiveness on the market and to this end they commit themselves, on the basis of a joint program of network, to collaborate in predetermined shapes and fields related to the exercise of their business, or to exchange information or services of an industrial, commercial, technical or technological nature or to exercise together one or more activities which belong to the scope of their business». It is a new legal judicial instrument designed by the legislature to renew the national economy and, in particular, the growth and the competitiveness of small and medium enterprises. The institute was founded as a response to the recent international crisis which has forced the companies to react and give a new impulse to the production system. To adapt themselves to this new requirement and operate in the national and international market, Italian companies have found in the contract a new form of aggregation through which they can achieve an entrepreneurial growth in terms of innovation and competitiveness, without having to resort to the establishment of a new legal entity. The first form of collaboration between companies was, in fact, that of the "industrial district" as socio-economic entity made up of a set of companies generally belonging to the same productive sector and located in determined and circumscribed area. Subsequently, the internationalization of companies and the globalization of markets has led to the failure of industrial districts and, at the same time, the emergence of business networks as a economic and legal phenomenon more complex. Business networks are characterized, in fact, by forms of association between two or more companies, independent from each other, which act in a coordinated way to make the small and medium enterprises more competitive in foreign markets. This form of aggregation, even promoted at European level with the "Small Business Act" of the European Commission, found a legal recognition in the new figure of the network contract, whose legal nature is still at the centre of a debate in doctrine.
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CANNADA-BARTOLI, Luigi. "Norme imperative in diritto internazionale privato con particolare riferimento all'art.7 della Convenzione di Roma." Doctoral thesis, 2001. http://hdl.handle.net/1814/4587.

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18

MARONGIU, BUONAIUTI FABRIZIO. "La litispendenza internazionale tra disciplina interna e convenzionale." Doctoral thesis, 2002. http://hdl.handle.net/11393/191883.

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PETRINI, Maria Celeste. "IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE: ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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