Статті в журналах з теми "Immaginari collettivi"

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D'Angelo, Lorenzo, and Pietro Zanirato. "Come una cittŕ si ricorda e immagina il suo futuro." COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, no. 22 (December 2011): 133–42. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-022011.

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Анотація:
L'obiettivo dell'articolo č di proporre una elaborazione delle nozioni di "abitare" e di "memoria" nell'ambito dell'antropologia urbana. Attraverso la prospettiva di Heidegger sull'abitare (bauen) e la rilettura di Ingold sulla "prospettiva dell'abitare" (dwelling perspective), questo articolo analizza come una cittŕ elabora la memoria del suo passato e immagina il suo futuro. Il caso di Sesto San Giovanni mostra come i siti industriali del passato possano diventare parte di un immaginario materiale collettivo.
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Micotti, Luca. "L'arduo presente dello spazio urbano pavese." STORIA IN LOMBARDIA, no. 1 (April 2022): 110–30. http://dx.doi.org/10.3280/sil2021-001007.

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Анотація:
Quando si parla della forma urbana di Pavia si pensa alla maglia del castrum racchiusa nel poligono delle mura spagnole. La città immaginata coincide con i relitti di quella antica. Al contrario, la periferia costruita nel secondo Novecento - il grosso dello spazio che abitiamo - si configura come spazio rimosso, problematico da immaginare. Questa indagine sulla recente metamorfosi di Pavia vuole essere un invito alla ricerca, volto a migliorare la consapevolezza dello spazio che abitiamo. Si tratta di rinnovare la percezione dello spazio costruito dai nostri genitori dal quale, per crescere, con affetto e incertezza costantemente ci separiamo. Entrano in gioco: percezione soggettiva e collettiva, senso estetico e senso civico, cura, il modo in cui ogni generazione adatta l'abitato, vi si adatta e vi si rappresenta, l'esperienza locale e quotidiana della nostra relazione con il mondo.
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Tozzi, Chiara. "Le emanazioni oscure della psiche. Ombre e bagliori nel Libro Rosso di Jung, nelle fiabe, nei film e nella psiche individuale e collettiva." STUDI JUNGHIANI, no. 49 (May 2019): 107–30. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2019oa7912.

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Intervistata da Chiara Tozzi, Nancy Swift Furlotti narra il suo percorso esistenziale individuale intrecciandolo a quello di analista junghiana e illustrando il suo rapporto con le "emanazioni oscure della psiche": dai fantasmi individuali e collettivi alle immagini archetipiche rappresentate da Jung nel Red Book, di cui Furlotti ha curato, insieme ad altri per la Philemon Foundation, la scannerizzazione e pubblicazione. Furlotti illustra la sua prospettiva sulla pratica dell'immaginazione attiva e la correlazione fra le immagini archetipiche e quelle dei film, in virtù della sua partecipazione alla realizzazione di documentari su Jung ed altri esponenti della comunità junghiana, e della sua attività come membro del Direttivo del Mercurius Prize.
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Tozzi, Chiara. "Le emanazioni oscure della psiche." STUDI JUNGHIANI, no. 49 (May 2019): 161–79. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2019oa7915.

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Анотація:
Intervistata da Chiara Tozzi, Nancy Swift Furlotti narra il suo percorso esistenziale individuale intrecciandolo a quello di analista junghiana e illustrando il suo rapporto con le "emanazioni oscure della psiche": dai fantasmi individuali e collettivi alle immagini archetipiche rappresentate da Jung nel Red Book, di cui Furlotti ha curato, insieme ad altri per la Philemon Foundation, la scannerizzazione e pubblicazione. Furlotti illustra la sua prospettiva sulla pratica dell'immaginazione attiva e la correlazione fra le immagini archetipiche e quelle dei film, in virtù della sua partecipazione alla realizzazione di documentari su Jung ed altri esponenti della comunità junghiana, e della sua attività come membro del Direttivo del Mercurius Prize.
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D'Angelo, Biagio. "L’invenzione della Sirena: miti marini e figurazioni alate nella storia immaginaria del Mediterraneo." Revista da Anpoll 51, no. 3 (December 31, 2020): 11–19. http://dx.doi.org/10.18309/anp.v51i3.1478.

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La sirena è uno dei miti mediterranei più proficui tanto in letteratura come nelle arti. Macro-categoria culturale che “spiegava” un’esperienza del reale, il mito della sirena si è talmente trasformato durante i secoli e le culture da parodiare o mantenere appena tenuemente il legame con il celebre episodio omerico. Magritte, ne “L’invention collective”, raffigurando una creatura che avrebbe potuto far parte della zoologia fantastica di Borges e Guerrero, presenta all’osservatore, una sirena “al rovescio”. Significativamente fuori dall’acqua, la sirena ha gambe umane, femminili e il resto del corpo di un pesce. Già Diderot, nei suoi “Pensées détachées”, aveva riferito dell’orrore provocato da una sirena rovesciata. Le sirene, ad eccezione della nomenclatura di alcuni mammiferi marini, non esistono. Tuttavia, come suggerisce Agamben parlando delle “Ninfe”, esse sono « reali », poiché rappresentano, come si evince dal titolo del quadro di Magritte, un’« invenzione collettiva », cioè un concetto costruito per dimostrare l’origine di aspetti misteriosi della realtà. L’invenzione “collettiva” del mito della sirena, come Diderot e Magritte avevano osservato, rappresenta un rovesciamento della narrazione mitologica. Nella prospettiva inaugurata da Diderot e Magritte, e attraverso esempi tratti da opere di Giraudoux, Tanizaki e D’Arrigo, intuiamo che la modernità del mito della sirena risieda nell’ambiguità e dualità della sua figura a metà.
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Journals, FrancoAngeli. "Il diritto ad aspirare nelle geografie dei bambini. Una ricerca-azione partecipativa nel quartiere CEP di Palermo." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 4 (December 2021): 23–44. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa4-2021oa12957.

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Анотація:
Questo lavoro si propone di indagare criticamente il ruolo che le aspirazioni urbane, vale a dire la capacità collettiva di immaginare spazi alternativi per le proprie città, hanno nella costruzione delle geografie quotidiane delle bambine e dei bambini. In linea con i presupposti della Political Geography of Children, bambine e bambini vengono qui consideraticome attori socio-spaziali capaci di rinegoziare pratiche e rappresentazioni imposte dagli adulti. Muovendo da queste considerazioni teoriche e dai principi metodologici della ricerca-azione partecipativa, analizzeremo il percorso laboratoriale organizzato con le ragazze e i ragazzi dell'Associazione San Giovanni Apostolo del CEP di Palermo, uno dei quartieri più marginalizzati della città. In particolare, prenderemo in considerazione le attività di photo-walk e di mappatura collettiva condotte nel quartiere e i tentativi di trasformare il campo abbandonato di via Calandrucci da zona di ‘disimmaginazione' a luogo di desideri e rivendicazioni per i suoi abitanti più piccoli.
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Fattori, Nicolò, Elena Orsanelli, and Sofia Sacchini. "Abitare un ‘immaginario’ condiviso. Forme e pratiche collettive di riappropriazione degli spazi urbani." Ri-Vista. Research for landscape architecture 19, no. 2 (January 27, 2022): 144–57. http://dx.doi.org/10.36253/rv-11393.

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The invisible systems that govern the space and transform the city raise reflections and foundational questions about the project, understood not only as a mere sequence of actions, but as the main field that is created between actions, spaces and people. The urban project is located within the social fabric, in the folds of the city, in times and spaces that involve users, administrators, informal groups and associations. The space has been double investigated: from a physical point of view and from a functional perspective, but without forgetting the catalytic action of collective activities and practices of which it is intrinsically bearer. The mapping of the collective spaces and the network of the existing active mobility has been associated with the reflection proposed by the #tuttamialacittà project. Both researches have been carried out in the Veneto region and in particular in the metropolitan city of Venice, and are interconnected with the invisible, where the need to interact with the indeterminacy and ambiguity of the space is tangible, in its many and possible interpretations.
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Suàrez, Federico. "A proposito della lettura del libro di Leonardo Montecchi L'ombra dell'angelo. Teoria e pratica della concezione operativa di gruppo." GRUPPI, no. 1 (July 2022): 193–200. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa1-2021oa14033.

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Анотація:
In questa connessione l'autore parte dalla lettura del libro L'ombra dell'angelo di Leonardo Montecchi per parlare dell'importanza della Concezione Operativa di Gruppo per comprendere l'uomo moderno, che non trova il suo posto nella storia. I gruppi operativi possono aprire varchi in grado di produrre una modifica in quello stato ordinario di coscienza che permette di aprire altri "spazi", di immaginare, di creare, di abitare... altri spazi. E questo si può fare solo con gli altri, è un lavoro collettivo, possibile grazie e insieme ad altri. Senza gli altri non c'è futuro.
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Manghi, Sergio. "Liberi, liberi. Tra violenza e fraternitŕ." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 14 (September 2010): 55–68. http://dx.doi.org/10.3280/eds2010-014005.

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Dal 1945 ad oggi, le nostre societŕ e il nostro immaginario collettivo sono cambiati profondamente. Ed č cambiato anche il modo di significare la violenza smisurata che ha fatto il suo ingresso nella storia con le bombe di Hiroshima e Nagasaki, nel frattempo proliferate. All'immaginario postbellico, caratterizzato da aspettative di forte integrazione sociale e da un rapporto protettivo, "pater-materno", tra individui e istituzioni, č seguito l'immaginario degli anni '60 e '70, caratterizzato dal dilagare del desiderio "filiale" di indipendenza e di libertŕ. A partire dai primi anni '80, la spinta libertaria č stata incorporata, trasformata e sublimata dall'immaginario "neo-liberale" del capitalismo tecnonichilista (Magatti). Con questa inedita configurazione sociale, caratterizzata dal convergere delle spinte libertarie - radicalmente individualizzate, frammentate ed estetizzate ("godimento cinico": "i"ek) - e degli apparati tecnologici sviluppati in tutti gli ambiti della vita, incluso quello militare, ormai potentemente nuclearizzato, il nichilismo profetizzato da Nietzsche tende a permeare l'immaginario collettivo. Nelle nostre relazioni, dal livello internazionale a quello interpersonale, emerge una nuova sfida: la sfida della fraternitŕ. La sfida del riconoscimento reciproco tra i "figli" in uscita - auspicabilmente - dall'adolescenza della libertŕ.
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Bovati, Marco, Emilia Corradi, Kevin Santus, and Ilaria Valente. "Azioni di riuso e strategie di comunità nei processi rigenerativi post-pa." TERRITORIO, no. 97 (February 2022): 125–31. http://dx.doi.org/10.3280/tr2021-097-supplementooa12936.

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È possibile immaginare di costruire una rete territoriale nelle aree interne basata sul riuso/riciclo di manufatti esistenti, capace di definire un telaio di supporto ad azioni di prevenzione, mitigazione e gestione delle emergenze, nonché di promuovere la riattivazione di economie e collettività in una dimensione post-Covid?Attraverso un approccio circolare al progetto, l'infrastruttura ferroviaria e le stazioni in disuso potrebbero costituire il supporto di una duplice rigenerazione nella quale azioni di riuso sistemiche e transcalari agiscono per riattivare dinamiche socioeconomiche e spaziali; in questo quadro la relazione tra comunità e progetto può divenire lo strumento per catalizzare nuovi processi di cura e messa a sistema di spazi ed esigenze locali entro problematiche globali.
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Antonelli, Fulvia. "Le due etŕ dell'emigrazione." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 85–97. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003006.

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Анотація:
In questo articolo si analizzano il ruolo e gli effetti degli immaginari dei giovani che aspirano alla migrazione dal Marocco. Appartenenti a strati sociali popolari e residenti nelle periferie urbane di Casablanca, l'attenzione č posta sui ragazzi che vivono in condizioni economiche e sociali di marginalitŕ nei loro contesti di origine e tentano la migrazione clandestina o irregolare verso l'Europa. Le loro pratiche quotidiane e le loro visioni dell'Europa vengono messe a confronto con quelle delle generazioni di migranti a loro precedenti, dalle quali hanno assorbito esperienze e racconti, reinterpretandoli perň alla luce di un contesto politico e legislativo internazionale profondamente mutato negli ultimi decenni. Attraverso il metodo etnografico si indaga su come questa generazione di giovani costruisca, attraverso reti di apprendimento ed esperienza collettiva autonome, nuove rotte e strategie migratorie e proiezioni di sé e di altrove funzionali alla liberazione dagli stigmi sociali da cui si sentono segnati.
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Zanolin, Giacomo. "La natura e l' immaginario: le aree protette come costruzioni sociali." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 2 (June 2021): 85–101. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa2-2021oa12034.

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L'articolo propone alcune riflessioni sul significato delle aree protette nella prospettiva teorica della social nature. A partire dall'idea che la natura non ha valore in sé, ma è un costrutto culturale, viene qui presentata una discussione teorica basata su tre temi chiave, che offrono l'occasione per riflettere sul potenziale ruolo delle aree protette come elementi di una realtà costruita socialmente e come strumenti funzionali alla territorializzazione contemporanea. Le finalità teoriche sono perseguite attraverso l'analisi sintetica di un caso di studio: il Sistema Parchi dell'Oltrepò Mantovano. Il progetto innovativo che hagenerato questa esperienza singolare e il peculiare approccio alla preservazione e alla promozionedel patrimonio che la contraddistinguono, offrono pertanto spunti di riflessione utili a sostenere e rafforzare l'idea che le aree protette possono assumere un ruolo chiave nella costruzione e nella promozione di una visione alternativa di ciò che è naturale, contribuendo alla produzione di un immaginario collettivo fondato sull'ibridazione tra società e natura.
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Testa, Ferdinando. "Quando Perseo incontra Medusa: psicosi e relazione." STUDI JUNGHIANI, no. 51 (July 2020): 113–20. http://dx.doi.org/10.3280/jun51-2020oa10106.

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L'autore evidenzia il rapporto tra il modello analitico junghiano e la cura delle psicosi, utilizzando la dimensione del mito e dell'inconscio collettivo. Lo scritto parte dall'esperienza effettuata all'interno di un contesto istituzionale, una struttura residenziale intermedia per la cura dei pazienti psichiatrici con gravi patologie, in cui il lavoro analitico si è confrontato sia con la dinamica relazionale paziente- terapeuta, ma anche con il sistema gruppo-istituzione. Il lavoro analitico, in tal senso, si è avvalso del patrimoniomitologico per acquisire immagini, simboli ed emozioni che hanno permesso una migliore comprensione del vissuto e del linguaggio della dimensione psicotica.
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Testa, Ferdinando. "Quando Perseo incontra Medusa: psicosi e relazione." STUDI JUNGHIANI, no. 51 (July 2020): 113–20. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2020oa10106.

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L'autore evidenzia il rapporto tra il modello analitico junghiano e la cura delle psicosi, utilizzando la dimensione del mito e dell'inconscio collettivo. Lo scritto parte dall'esperienza effettuata all'interno di un contesto istituzionale, una struttura residenziale intermedia per la cura dei pazienti psichiatrici con gravi patologie, in cui il lavoro analitico si è confrontato sia con la dinamica relazionale paziente- terapeuta, ma anche con il sistema gruppo-istituzione. Il lavoro analitico, in tal senso, si è avvalso del patrimoniomitologico per acquisire immagini, simboli ed emozioni che hanno permesso una migliore comprensione del vissuto e del linguaggio della dimensione psicotica.
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Latorre Romero, Amparo. "Abiezione nell’arte postmoderna come risultato di una cultura post-traumatica." Boletín de Arte, no. 38 (October 31, 2017): 109–16. http://dx.doi.org/10.24310/bolarte.2017.v0i38.3364.

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Obiettivo di questo articolo è identificare gli elementi che permettono di costruire un punto di vista storico-artistico e critico a partire dall’Olocausto fino ad arrivare alla questione dell’abietto. Se il concetto di abietto è stato, nel corso del Novecento, sia nella storia dell’arte che nell’estetica o nella semiotica, alla base del superamento dei limiti simbolici, psichici e culturali, per tentare di trasgredire o di perturbare i sistemi identitari sia individuali che collettivi, nell’abiezione nell’arte tali questioni si presentano in form estremamente originali. Lo studio cerca dunque di dimostrare, anche attraverso una linea teorica che Julia Kristeva ha trattato nel suo libro Pouvoirs de l’horreur, che il discorso si costruisce su concetti e poetiche connessi all’abiezione. Partendo da queste considerazioni sarà interessante riconoscere la presenza di immagini dell’abietto.
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Parisio, Enrico, and Fabio Mongelli. "Place identity design nel quartiere San Lorenzo a Roma." ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, no. 3 (January 2022): 103–17. http://dx.doi.org/10.3280/es2021-003008.

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L'emergenza sanitaria da Covid-19 ha modificando la tessitura delle relazioni sociali e l'approccio allo studio e al lavoro. Il ruolo del designer e, più in generale dell'artista, in que-sto contesto storico così imprevedibile, coincide oggi con quello dell'esploratore che abban-dona i processi di ricerca e sperimentazione individuale, per inseguire una nuova vocazione collettiva che guarda al domani. Città, parchi, piazze, agorà culturali dovranno confrontarsi con stravolgimenti che andranno ad incidere sulle abitudini dei cittadini. Gli spazi pubblici saranno rimodellati con progetti che tengano conto delle esigenze culturali connesse alla socia-lità e all'ambiente. È possibile immaginare un processo di rigenerazione urbana che, coinvol-gendo giovani studenti e ricercatori nella valorizzazione di una determinata identità territoriale, possa trasformarsi in un modello operativo aperto da innestare in altre aree. Roma prova a dare una prima risposta, con uno dei suoi quartieri simbolo: San Lorenzo, dando forma ad un'azione di co-design partecipativo che declina storia e futuro.
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Russo, Vincenzo. "Filologie della speranza postcoloniale." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 44 (September 2012): 71–82. http://dx.doi.org/10.3280/las2012-044006.

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Il saggio prova a leggere Il principio speranza di Bloch non solo come l'ultima grande difesa filosofica della speranza ma anche come vero e proprio lavoro di restituzione filologica di tutti quei luoghi situabili fra gli interstizi delle tradizioni teologiche, teologiche-naturali, mistiche e storico-filosofiche, e le spie delle manifestazioni letterarie e artistiche "in cui si insinua l'utopico". La teoria postcoloniale puň contribuire, almeno nella riconfigurazione politicamente piů radicale delle sue posizioni, a pensare ancora alla speranza come coscienza anticipatrice ed emancipatrice. Il romanzo postcoloniale africano, in particolare un romanzo come La generazione dell'utopia, diventa un luogo di osservazione privilegiato per rintracciare le immagini o i simulacri della speranza stessa in tutte le sue rifrazioni passionali e politiche, individuali e collettive.
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Dei, Fabio. "Ricordare la violenza. Il contributo di Francesca Cappelletto agli studi sulle memorie di guerra." DiPAV - QUADERNI, no. 26 (March 2010): 29–40. http://dx.doi.org/10.3280/dipa2009-026003.

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Nel lavoro antropologico di Francesca Cappelletto, un ruolo centrale ha svolto la ricerca sulla memoria delle stragi di civili compiute dalle truppe nazifasciste nella Toscana del 1944. In particolare, Francesca ha condotto una ricerca etnografica su due paesi colpiti da gravissimi eccidi, Civitella Val di Chiana e Sant'Anna di Stazzema. Questo articolo discute brevemente quattro aspetti fra i piů significativi ed originali degli studi di Francesca: a) il rilievo dato al ruolo della "comunitŕ mnemonica" come soggetto delle pratiche pubbliche del ricordo; b) la critica alla nozione di "memoria collettiva" e l'accento posto sul conflitto come elemento strutturante della memoria; c) il ruolo complementare delle narrazioni e delle immagini nella trasmissione generazionale della memoria; d) i problemi cognitivi ed etici che caratterizzano il rapporto tra ricercatore e narratori nello studio della memoria traumatica.
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Tozzi, Chiara. "Affrontare le onde." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 114–28. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa10544.

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Le ondate di acqua e sangue sull'Europa viste in sogno e nelle "visioni" di Jung, e la sua decisione di affrontare il minaccioso e il diverso che esse portavano.Le ondate della musica rock degli anni '60, la contestazione e tutta la diversità rappresentata dal cambio di costumi e politica in Europa e nel mondo. Le onde del mar Mediterraneo che portano in Europa i barconi dei migranti. L'ondata di populismo e razzismo che alimentano la divisione della psiche, chiudono le frontiere e portano ad innalzare i muri. Attraverso il "confronto etico" proposto da Jung come elemento decisivo della sua pratica di Immaginazione Attiva, e immagini e sequenze tratte da film di registi come S. Spielberg, C. Nolan, E. Scola, G. Rosi e altri, l'autrice cerca di esplorare il modo con cui la psiche individuale e collettiva europea ha affrontato dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi le ondate che ci hanno portato e ci portano a confrontarci con qualcosa di non familiare.
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Tozzi, Chiara. "Affrontare le onde." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 114–28. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa10544.

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Le ondate di acqua e sangue sull'Europa viste in sogno e nelle "visioni" di Jung, e la sua decisione di affrontare il minaccioso e il diverso che esse portavano.Le ondate della musica rock degli anni '60, la contestazione e tutta la diversità rappresentata dal cambio di costumi e politica in Europa e nel mondo. Le onde del mar Mediterraneo che portano in Europa i barconi dei migranti. L'ondata di populismo e razzismo che alimentano la divisione della psiche, chiudono le frontiere e portano ad innalzare i muri. Attraverso il "confronto etico" proposto da Jung come elemento decisivo della sua pratica di Immaginazione Attiva, e immagini e sequenze tratte da film di registi come S. Spielberg, C. Nolan, E. Scola, G. Rosi e altri, l'autrice cerca di esplorare il modo con cui la psiche individuale e collettiva europea ha affrontato dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi le ondate che ci hanno portato e ci portano a confrontarci con qualcosa di non familiare.
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Calefati, Christopher. "«Gli abbiamo tagliato la testa». Repertori e attori dell'iconoclastia politica nelle Puglie del 1848-­49." SOCIETÀ E STORIA, no. 174 (January 2022): 700–723. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174002.

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L'articolo si focalizza sulle forme di violenza iconoclasta durante la mobilitazione del 1848-49 nelle province di Puglia. Al centro dell'analisi vi è l'attenzione sulle pratiche simboliche di dissenso politico, che vedono nelle immagini reali il loro bersaglio per il recupero di spazi d'azione. La presenza del regime nelle aree periferiche del Regno delle Due Sicilie era spesso determinata da un ampio repertorio di busti, statue e ritratti che diventano obbiettivi sensibili durante le proteste nei confronti del sovrano. Il pattern iconoclasta è riletto attraverso la risemantizzazione di questa pratica in chiave politica, in quanto evoluzione delle manifestazioni collettive popolari che in passato fungono da strumento di risoluzione delle controversie locali, e che nell'ottocento assumono una rilevante portata comunicativa. La rottura definitiva dei rapporti politici tra le élites locali e la monarchia, dopo gli eventi del 15 maggio a Napoli, porta ai tentativi di liberazione dello spazio pubblico provinciale dai simboli reali con la successiva instaurazione di nuove idee e forme politiche che mirano a coinvolgere la maggioranza della popolazione attraverso l'esecuzione figurata del sovrano.
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Presciuttini, Silvia. "Il Gioco della Sabbia nella terapia con le coppie: una ricerca." STUDI JUNGHIANI, no. 56 (February 2023): 9–27. http://dx.doi.org/10.3280/jun56-2022oa14944.

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L'autrice presenta una riflessione sulla terapia analitica con le coppie con l'utilizzo della metodica del Gioco della Sabbia. La ricerca è in atto da oltre un decennio ed è stata portata avanti da un gruppo di analiste dell'AIPA che sono anche socie del LAI, il Laboratorio Analitico delle Immagini. L'articolo tocca alcuni aspetti del modello di terapia fondato sulla psicologia analitica junghiana, elaborato in anni di lavoro con le coppie, integrando i concetti dell'inconscio collettivo, del ruolo dei complessi a tonalità affettiva, del processo di individuazione. Tra le linee principali di questa ricerca vi è l'utilizzo innovativo del Gioco della Sabbia nella terapia con le coppie. Nell'esposizione di un caso clinico, l'articolo illustra il senso dell'introdurre nel contesto analitico con la coppia l'"azione di gioco", adatta a favorire il contatto con gli affetti e l'emergere dell'immaginazione. Il Gioco della Sabbia, condiviso dai partner nel contesto analitico, viene presentato nel suo valore di comunicazione affettiva, di contatto con i contenuti complessuali e di possibile porta di accesso alla funzione simbolica.
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Baldassari, Stefania, Sofia Copetti, Alessia Lo Turco, and Priscilla Martin Solis. "Il cerchio che contiene il tutto. Rinarrare la Baby Observation al tempo della pandemia." STUDI JUNGHIANI, no. 56 (February 2023): 63–76. http://dx.doi.org/10.3280/jun56-2022oa14775.

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L'articolo narra l'esperienza di un gruppo di lavoro sulla Baby Observation, costituito da tre allieve e una didatta, all'interno della scuola di formazione in Psicologia Analitica (AIPA). Ciascuna di loro si è trovata, ad un certo punto, a confrontarsi con il momento storico del lockdown, oltre che a livello collettivo, anche nell'esperienza di osservazione del bambino. Il tempo della pandemia e, in particolare, il lockdown hanno reso impossibile l'incontro reale con l'altro, modificando il setting dell'osservazione. Passando dall'osservazione del bambino e della madre all'interno del loro ambiente naturale alla sperimentazione dell'"osservazione in assenza" della diade - attraverso momenti di spaesamento e perdita, come nella fase alchemica della nigredo - si è scoperta la ricchezza dell'incontro con le immagini emergenti dal mondo interno. L'osservazione in assenza del bambino ha generato un'esperienza del tutto inedita, un'opportunità di recuperare la consapevolezza di un'interconnessione profonda, al di là della presenza reale. A distanza di tempo si è sentita la necessità di riguardare insieme e condividere l'esperienza. Anche se conclusa, la realtà psichica di quel percorso ha continuato a scorrere dentro ognuna di loro come materia viva, sia a livello individuale che gruppale.
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Mazzoli, Gino. "Senza corpo né tempo. Avventure della psiche individuale e sociale nell'epoca delle nuove tecnologie." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 2 (September 2020): 7–31. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2020-002002.

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La rivoluzione delle nuove tecnologie non ha l'aria di essere una delle tante svolte nella storia dell'umanità. È come se l'invenzione della ruota, del treno, dell'elettricità e del computer si fossero unificate come forza d'impatto e moltiplicate per un numero infinito di volte. Non stiamo parlando di una singola invenzione, ma di una catena di invenzioni a getto continuo. La velocità con cui vengono introdotte queste innovazioni impedisce un adattamento emotivo e cognitivo sul piano sia individuale che sociale. In particolare, le due variabili essenziali dell'esperienza umana (spazio e tempo) sembrano venire espulse. Questa rivoluzione impatta un immaginario collettivo dominato dalla bulimia di esperienze, beni e diritti che viene espanso all'ennesima potenza dalla performatività tecnologica. E tuttavia questa scena (vissuta in modo inconsapevole, a prezzo di nuovi disturbi psichici come la depressione che è diventata la malattia più diffusa nell'Occidente) è stata sospesa dal Covid, uno stop globale che ha consentito a tutti di vedere il brodo culturale in cui eravamo immersi e di nominare i problemi che ci attraversano. In particolare, la tenuta psichica dell'individuo può essere posta come un nodo politico che riguarda tutti. Una considerazione disincantata della scena può consentire di vedere il virtuale come veicolo non solo di manipolazione e bilocazione fuorviante in realtà aumentate e second life, ma anche come sviluppo della dimensione interiore. Proprio al culmine di una deriva antiumana si apre dunque uno spazio per far transitare nel nuovo mondo in arrivo la specificità e la complessità della nostra specie.
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Calandra, Giulia, and Clelia Farina. "CANZONI / CORPI IN MOVIMENTO: UN LABORATORIO ITASTRA IN TEMPI DI PANDEMIA." Italiano LinguaDue 14, no. 1 (July 21, 2022): 63–75. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/18154.

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Muovendo dall’esperienza musicale della harga mediterranea, l’articolo descrive il laboratorio Canzoni / Corpi in Movimento, tenuto dalla Scuola di Italiano per Stranieri dell’Università di Palermo durante la pandemia di Covid-19. I partecipanti usano canzoni e plurilinguismo come luogo di aggregazione e riflessione politica (§ 2) e Facebook per costruire nuovi immaginari migratori (§ 3); si definiscono unici e plurali e si riappropriano della narrazione della migrazione nell’ascolto attivo dei docenti (§ 4); riconoscono le canzoni come mezzo per esprimere identità collettive e resistere al neocolonialismo (§ 5), superare conflitti interetnici e celebrare il multilinguismo (§ 6), costruire ponti tra le due sponde del Mediterraneo (§ 7). Le conclusioni (§ 8) escludono facili soluzioni alla narrazione decomplessificata della migrazione e auspicano l’ascolto delle istanze dei migranti nella società italiana nonché un passaggio di testimone ai nuovi arrivati. Songs / bodies in motion: an ItaStra workshop for pandemic times Drawing from the musical experience of Mediterranean harga, this paper describes the workshop Canzoni / Corpi in Movimento, held by the Italian Language School for Foreigners at the University of Palermo. The participants use songs and multilingualism as a space of aggregation and political reflection (§ 2) and Facebook to shape new migratory narratives (§ 3); they define themselves as one plural body and reappropriate the narrative of migration in the active listening of their teachers (§ 4); they acknowledge songs as a tool to express collective identities and resist neocolonialism (§ 5), overcome interethnic conflicts and celebrate multilingualism (§ 6), build bridges across the Mediterranean Sea (§ 7). The conclusions (§ 8) exclude easy solutions to the decomplexified narration of migration and hope for the active listening of migrants’ petitions within Italian society as well as for the torch of narration to be passed on to newly arrived migrants.
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Barbina, V., and M. Leonardi. "Attualità della radioprotezione in Neuroradiologia." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 1 (February 1993): 61–67. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600108.

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Un tempo il principale scopo della radioprotezione, per quanto riguarda la radiologia, era la sicurezza degli operatori, ma nei tempi recenti il perfezionamento delle apparecchiature e le tecniche di memorizzazione delle immagini hanno completamente mutato la situazione: da un lato in un moderno istituto di radiologia gli operatori ricevono in genere meno di 0,05 mSv al mese (equivalente di dose alle gonadi ed al RBM), dall'altro lo stesso progresso ha portato un enorme aumento del numero di esami radiologici (oltre 800 all'anno per 1000 abitanti nei paesi sviluppati). Ciò ha suscitato un nuovo problema: l'impatto che può avere il contributo di piccole dosi di radiazione impartite su molte persone (l'equivalente di dose efficace collettivo). Il nuovo problema concerne in modo particolare la Neuroradiologia, poiché gli studi del rachide, l'angiografia digitale e la TC, che comportano dosi molto elevate al paziente (dell'ordine di 2–7 mSv) sono esami tipicamente neuroradiologici. Si può stimare che ad essi sia dovuto oltre il 30% della dose totale impartita alla popolazione dalla radiologia diagnostica. Il rischio di tumori indotti in questo caso non è provato, poiché altri agenti cancerogeni (fumo, agenti chimici, ecc.) presenti nella vita di ogni giorno e non eliminabili si sovrappongono e sono obiettivamente predominanti. Tuttavia la mancanza di evidenza sperimentale di una correlazione quantificabile, nel caso di piccole dosi impartite all'intera popolazione, tra dose e induzione di cancro non implica che il rischio non esista: questa è una inaccettabile, benché diffusa, interpretazione. Significa invece che sono necessarie ulteriori e approfondite indagini dosimetriche ed epidemiologiche, particolarmente per quanto riguarda gli esami tipici di neuroradiologia, quali gli studi del rachide, l'angiografia e la TC, la cui pratica è in costante incremento.
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Delledonne, Nicola. "L’arte del realismo onirico: architettura, pittura e letteratura nell’opera di Arduino Cantàfora." Quaderni d'italianistica 38, no. 1 (October 18, 2018): 223–50. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v38i1.31167.

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Il presente contributo critico interpreta l’opera di Arduino Cantàfora (1945) — architetto, pittore e scrittore — attraverso la nozione di realismo onirico, coniata per evidenziare la propensione dell’artista milanese a trasfigurare gli elementi della realtà secondo un processo tipico del mondo dei sogni. Tra l’inizio degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta del Novecento, egli affina una tecnica di lavoro destinata a diventare una peculiarità del suo modo di operare: prima progetta architetture, poi le dipinge e, infine, ne trae spunti per componimenti letterari. La sua è una ricerca che sottende una riflessione sullo spazio e sul tempo, ma, soprattutto, sulla frammentazione di queste due entità e sulla ricomposizione dei frammenti spaziali e temporali in un nuovo contesto. In ogni opera — per lo più racconti accompagnati da dipinti di architettura, ma anche grandi tele per mostre di pittura nonché libri di narrativa — ne sortisce un effetto straniante che sembra voler avvertire il lettore o l’osservatore dell’esistenza di una realtà onirica accanto a quella fattuale. È la realtà del ricordo che, trasformato dal trascorrere del tempo, diviene materiale per la creazione artistica. Il ‘ricordare’ così concepito, però, non è il risultato di una nostalgia insoddisfatta, bensì lo strumento attraverso cui l’artista avanza le sue personali idee di architettura, pittura e letteratura. Ecco allora che dietro l’apparenza malinconica delle immagini e le narrazioni allucinate prende corpo un’idea di città fatta di molte sedimentazioni storiche, nella quale il ricordo personale diviene memoria collettiva. Non solo. Esso diventa anche la testimonianza di una lotta per la città nel momento in cui la città si appresta a scomparire, subissata dalla metropoli, dalla megalopoli o, più banalmente, dal territorio diffuso. Tutte le opere menzionate nell’articolo suonano come un monito a non dimenticare quella città. Forse anche a sognarla.
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Arpioni, Maria Pia. "Lo sguardo sul paesaggio nella fotografia di Giovanni Pasinato // The Look into Landscape in the Photography of Giovanni Pasinato // La mirada sobre el paisaje en la fotografia de Giovanni Pasinato." Ecozon@: European Journal of Literature, Culture and Environment 6, no. 1 (March 2, 2015): 73–96. http://dx.doi.org/10.37536/ecozona.2015.6.1.639.

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Il saggio presenta il lavoro di un giovane fotografo del Nord Est italiano, Giovanni Pasinato (Venezia 1974-), attraverso l’analisi della sua opera e un’intervista all’autore, impegnato in un’attività dalle consistenti valenze cognitive ed etiche, ascrivibile alla Scuola italiana di fotografia del paesaggio (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), ma dotata di tratti originali in forte sviluppo. Il contributo intende mostrare come la fotografia di Pasinato—dalle esplorazioni del “terzo paesaggio” lungo strade e autostrade, alla ricerca condotta sulle scene urbane di Treviso e Venezia Mestre, fino alla più recente perlustrazione dell’antico bosco del Montello (sulla cui esistenza minacciata si era levato altissimo anche il canto poetico di Andrea Zanzotto, scomparso nel 2011)—sia tutta incentrata sulla funzione fondamentale dello “sguardo,” grazie alla quale il suo lavoro si caratterizza come indagine e strumento di consapevolezza, in senso lato “politica,” sul rapporto fra l’essere umano e i luoghi. Le immagini di Pasinato, sommesse, limpide e allo stesso tempo avvolte da vaghezza, interrogano l’osservatore, proponendogli un dialogo con gli spazi fotografati ed evidenziando l’inscindibilità stilistica fra forma e contenuto; si distinguono per l’assenza di ogni compiacimento soggettivistico ed estetico, a favore della riscoperta, realizzata per mezzo di una essenziale valorizzazione della “visione,” dello stretto nesso fra cultura e natura, fra l’essere umano e gli altri viventi. Proprio mentre sollecitano il senso della nostra responsabilità collettiva, tralasciando ogni cedimento sentimentalistico e nostalgico, queste fotografie invitano ad avere coscienza e perciò, in ultima analisi, speranza. Pasinato rivendica così alla fotografia un’alta funzione artistica e civile, spesso misconosciuta proprio da quegli enti e istituzioni che dovrebbero avere a cuore il bene comune. Abstract The analysis and the interview of the author contained in this essay portray the work of a young Italian photographer, Giovanni Pasinato (Venice 1974-), who lives in the North East of Italy and who devotes himself to an activity encompassing important cognitive and ethical aspects. His work can be included within the Italian School of Landscape Photography (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), but has original features in robust development. This essay will show how Pasinato’s photography—from his explorations of the “third landscape” along roads and highways, through his research in the urban scenes of Treviso and Venice Mestre, up to the latest reconnaissance of the Montello’s ancient wood (on whose endangered existence, Andrea Zanzotto, who died in 2011, wrote wonderful poems)—is entirely focused on the fundamental function of the “look,” thanks to which his work characterizes itself as an investigation, an instrument of the awareness, in the broad sense “political,” of the relationship between human being and place. Pasinato’s whispered, limpid yet at the same time ambiguous images, question their beholders, offering them a dialogue with the photographed spaces, underlining the stylistic indivisibility between form and content. In comparison to other landscape photography experiences, Pasinato’s works stand out, thanks to the absence of any subjective and aesthetic self-gratification and by favouring, through an essential enhancement of the “vision,” the revival of the close relationship between culture and nature and between human beings and other living beings. Just as his photographs stress the importance of our collective responsibility, ignoring any sentimental or nostalgic concession, they are an exhortation to raise awareness and, ultimately, hope. Thus, Pasinato ascribes to photography a highly artistic and civil function, which is often disregarded by those organizations and those authorities that should really care for the common good. Resumen El análisis y la entrevista del autor en que se centra este ensayo presentan la obra de un joven fotógrafo del noreste de Italia, Giovanni Pasinato (Venecia, 1974-), que se dedica a un actividad que abarca importantes aspectos cognitivos y éticos. Su trabajo puede incluirse en la Escuela Italiana de Fotografía del paisaje (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), pero tiene rasgos originales en fuerte desarrollo. Este ensayo mostrará como la fotografía de Pasinato—desde sus exploraciones del "tercer paisaje" en el camino de carreteras y autopistas, la investigación en las escenas urbanas de las ciudades de Treviso y Venecia Mestre, hasta la más reciente exploración del antiguo bosque de la colina llamada Montello (sobre el riesgo de su desaparición, también el poeta Andrea Zanzotto, fallecido en 2011, escribió algunas de sus mejores obras)—está completamente enfocada en la función fundamental de la observación, gracias al que su trabajo se caracteriza como una investigación, un instrumento de la concienciación, en el amplio sentido “político”, de la relación entre ser humano y lugar. Las imágenes de Pasinato, suaves, claras y al mismo tiempo envueltas en vaguedad, questionan a quien observa, le proponen un dialogo con los espacios fotografiados y subrayan la inseparabilidad estilística entre forma y contenido. En comparación con otras experiencias de fotografía del paisaje, las representaciones de Pasinato destacan gracias a la ausencia de autocomplacencia subjetivista y estética, tratando de descubrir nuevamente la estrecha interrelación entre naturaleza y cultura, entre los seres humanos y otros seres vivientes. En cuanto instan nuestro sentido de la responsabilidad colectiva, dejando de poner la atención en sentimentalismos y nostalgias, estas fotografías invitan a adquirir conciencia y, además, esperanza. Pasinato reclama para la fotografía una importante función artística y civil, muchas veces ignorada por las instituciones que deberían preocuparse por el bien común.
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Battista, Ermanno. "“Noi giovani”. Costruzioni narrative e immaginario collettivo sui giovani tra Settecento e Novecento." Storia e futuro 56, dicembre 2022 (December 21, 2022). http://dx.doi.org/10.30682/sef5622c.

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At the end of the eighteenth century, on the influence of Rousseau’s production, and thanks to that series of social transformations that are at the basis of the birth of bourgeois society, a new social category appears on the public scene, that of the “young”, which since then it will be decisive and at the center of every theory and public discourse. Constructed and imagined by literature, during the nineteenth century the figure of the “young man” was consolidated and built around some paradigms: self-affirmation, the – often violent – contrast with the generation of fathers, the need to impose himself as hero and rejection of the adult world. The present essay traces these characteristic traits of the construction of the image of youth through some of the main literary contributions of the time, up to the First World War: the Great War marks, in fact, for the category of “youth” the passage from myth to history.
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Mancini, Irene, and Giuseppina Marsico. "Calvino e Bruner, Lezioni Americane e Italiane allo Specchio." Memorandum: Memória e História em Psicologia 39 (May 6, 2022). http://dx.doi.org/10.35699/1676-1669.2022.37670.

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È il 1985 ed Italo Calvino si impegna a redigere lezioni da tenere presso l’Università di Harvard. Si tratta di un ciclo di sei conferenze, le Charles Eliot Norton Poetry Lectures, nelle quali l’autore italiano avrebbe dovuto affrontare argomenti legati alla comunicazione poetica. È il 2001 e Jerome Bruner viene invitato a tenere presso l’università di Bologna le prime lezioni “italiane” del nuovo millennio. Bruner sceglie di discutere di letteratura, diritto e vita. Le lezioni del primo sintetizzano nuclei fondamentali del pensiero di Calvino, le seconde orientano le ricerche in campo psicologico ed educativo di Bruner. In questo articolo si è tentata una lettura comparata di due testi: Lezioni Americane di Italo Calvino (1993) e La Fabbrica delle Storie (2002) di Bruner rintracciando sorprendenti immagini complementari che offrono spunti preziosi per comprendere l’importanza della narrazione nella costruzione dell’identità individuale e collettiva.
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Ellerbrock, Karl Philipp. "Lectura Dantis: Purgatorio XXVI." Deutsches Dante-Jahrbuch 90, no. 1 (January 28, 2015). http://dx.doi.org/10.1515/dante-2015-0006.

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RiassuntoNel canto XXVI del Purgatorio, noto per l’omaggio alla memoria di due grandi poeti in volgare, Dante problematizza il rapporto tra fama letteraria e salvezza dell’anima. Sorprendentemente il canto dello stilnovista Guido Guinizzelli e del trovatore Arnaut Daniel è penetrato da una retorica dell’anonimità: le anime qui presenti, invece di figurare nominatamente, sembrano scomparire nel processo collettivo della purificazione. Il contrappasso riservato ai poeti riguarda il loro uso metaforico - »lussurioso« - d’immagini religiose, come il biblico ardere, da loro impiegato per parlare poeticamente della passione amorosa, anzi della poesia stessa. Per poter raggiungere il paradiso, i poeti sono condannati a rinunciare al loro uso individuale ed eretico della parola, diventando quindi stilisticamente indiscernibili. Così il ›Guido‹ immaginato da Dante è una versione ridotta dell’autore di »Al cor gentil«, mentre ›Arnaut‹ non è più riconoscibile come un rappresentante del trobar clus. L’incontro tra ›Dante‹, ›Guido‹ ed ›Arnaut‹ prende la forma di una conversazione velata, quasi tacita, nella quale tuttavia i poeti dispiegano una retorica ancor più raffinata per affermare il valore della poesia, che sta per spegnersi nelle fiamme del purgatorio.
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Cubeddu, Raimondo, and Raimondo Cubeddu. "Tempo, incertezza e istituzioni. Conseguenze dell’innovazione e ruolo della politica." REVISTA PROCESOS DE MERCADO, March 19, 2021, 185–203. http://dx.doi.org/10.52195/pm.v4i2.328.

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1. La mia relazione muove dalla riflessione che se per secoli, e per lo meno negli ultimi della vita dello stato moderno, abbiamo considerato la politica prevalentemente come una modalità di accelerazione di alcuni, o della generalità, dei processi sociali verso un fine che, in qualche o vario modo, era ritenuto possibile ed auspicabile, ora dobbiamo iniziare a riflettere sull’opportunità di continuare a farlo. Dobbiamo infatti chiederci se: a) il fatto che il lasso di tempo che intercorre tra una qualsiasi scoperta scientifica e la sua diffusione sociale tende da decenni a restringersi sempre di più; b) la circostanza che il tempo impiegato dalla politica a compiere delle scelte collettive è in costante e generale crescita; c) la tendenza delle aspettative individuali a formarsi in contesti socio-culturali che finiscono per avere sempre minori relazioni con quelli in cui si esprimono politicamente; e, d) il fatto che la grandi innovazioni e modificazioni riguardanti la vita individuale e sociale tendono a realizzarsi fuori dalla sfera pubblica, siano fenomeni che hanno trasformato e che muteranno ulteriormente tanto il tradizionale modo di intendere tanto la politica, quanto il modo e le forme istituzionali in cui si esprime. Di conseguenza —sempre che tutte queste assunzioni siano vere— non possiamo evitare di chiederci quale saranno i futuri ruoli della politica e dello stato, e se uno dei due potrà sopravvivere, ed eventualmente in quale forma, alla scomparsa dell’altro. Da secoli, infatti, siamo così avvezzi a identificare la teoria politica con lo stato (negli ultimi decenni, per di più, molti studiosi hanno compiuto anche un altro passo, per così dire, ‘in avanti’, scambiandola con la costituzione, e lasciando aperta soltanto l’opzione se si tratti di quella nazionale o di qualchedun altra) che fatichiamo ad immaginare la possibilità della politica senza lo stato. A mio avviso si tratta di una possibilità con la quale è il caso di misurarci per il fatto che —per lo meno per quella parte della filosofia politica che non dimentica i classici (o che almeno non pensa che tutti i classici siano tedeschi)— mentre lo stato è una forma storica di organizzazione politica, per ora (e mi associo a quanti se ne dispiacciono), la possibilità che si possa fare a meno della politica non è stata dimostrata in maniera convincente.
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