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Статті в журналах з теми "Giudizio di fatto. Giudizio di diritto"

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Haaland, Torunn. "Le vie verso la ragione: i segni del nuovo realismo in Gomorra." Quaderni d'italianistica 37, no. 2 (January 27, 2018): 191–210. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i2.29235.

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Анотація:
Il saggio si concentra sui concetti di realtà e impegno etico e civile in Gomorra. Il romanzo-inchiesta di Roberto Saviano viene in­serito nel contesto del ritorno al realismo e dell’emergere di “oggetti narrativi non-identificati” nella narrativa contemporanea, per poi es­sere associato al dibattito sul nuovo realismo sviluppatosi nell’ultimo decennio in campo filosofico. Costituiscono un punto di riferimento essenziale il Manifesto del nuovo realismo ed altri scritti di Maurizio Fer­raris, così come La questione morale di Roberta de Monticelli. Il primo approfondisce la natura inemendabile della realtà ontologica, separan­dola nettamente dalla realtà epistemologica, mentre la seconda riven­dica il valore della ragione pratica come base di conoscenza e giudizio. Entrambi i filosofi si oppongono allo scetticismo etico in favore di una rivalutazione della capacità della percezione d’accertare tutto ciò che non è socialmente costruito o che non è vero. Il fatto che ci sia una re­altà esterna e indipendente dal sapere umano permette di formulare dei giudizi intesi a indirizzare l’agire umano. L’analisi di Gomorra mostra, precisamente, una tendenza a ricorrere ai sensi come prove dei fatti e alla ragione per acquisire una conoscenza approfondita dei fatti stessi. Le esperienze sensibili si trasmettono, inoltre, nella parola testimoniale e nella presenza fisica sul territorio dell’autore-testimone: due elementi chiave su cui si costruiscono le condanne delle realtà rivelate. I giudizi morali pronunciati suggeriscono che la libertà consiste nel dovere di portare a compimento i diritti civili e di rendere ragione e chiedere agli altri di rendere ragione del proprio agire. In fine, una tale concezione della scrittura e dell’impegno civile rivendica la capacità della parola scritta di documentare, come propone Ferraris, fatti e azioni, e la poten­za della ragione quale fondamento per un dialogo critico con i lettori.
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Dammacco, Gaetano. "Riflessioni sul diritto di satira e i suoi limiti." Studia z Prawa Wyznaniowego 23 (December 30, 2020): 101–21. http://dx.doi.org/10.31743/spw.10355.

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La satira è un paradigma estremo della libertà di espressione, ma esistono incertezze sulla sua definizione concettuale e sulla relativa disciplina giuridica. Lo sviluppo della comunicazione ha prodotto numerose figure letterarie simili tra loro come la cronaca (una registrazione impersonale e non interpretativa di fatti accaduti), la critica (analisi soggettiva e giudizio relativi a fatti accaduti) e la satira (critica sarcastica di personaggi, comportamenti, modi di fare individuali con scopo di denuncia sociale). Gli elementi che caratterizzano la satira, sviluppatisi nel corso dei secoli, sono sostanzialmente due: attenzione alle contraddizioni (della politica, della società, della religione, della cultura) e intento moralistico per promuovere un cambiamento sociale. La satira religiosa colpisce il potere ecclesiastico e le sue contraddizioni, ma colpisce anche i simboli religiosi e i contenuti delle religioni. Ne conseguono differenti conseguenze giuridiche. Quando colpisce il patrimonio di fede dei credenti essa non è accettabile. La satira religiosa genera una specie di conflitto tra differenti valori costituzionali, e cioè tra il diritto alla libera espressione del pensiero e il diritto alla reputazione e alla tutela del sentimento religioso. Il diritto di satira in generale è riconosciuto dagli ordinamenti giuridici (sia internazionali, sia nazionali) come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale, che deriva dalla libertà di espressione e di pensiero. Pensiero, coscienza e religione – per esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – sono omologhi (come beni giuridici o valori etici). Pertanto pensiero, coscienza e religione non possono essere in contrapposizione tra loro. Notevoli incertezze esistono sulla disciplina giuridica del diritto di satira, che non può mai offendere i diritti fondamentali della persona, la sua dignità, la sua reputazione. La Carta di Nizza ha favorito un orientamento, che considera il diritto di libera espressione nella sua forma più ampia ed espansiva. È tuttavia sempre stato affermato il valore prevalente dei diritti umani fondamentali, che non possono essere offesi dall’esercizio del diritto di satira. Negli ordinamenti giuridici nazionali, la forza del diritto di satira consiste nel riconoscimento del suo rango costituzionale, ma anche nei limiti che deve avere. La giurisprudenza ha elaborato i vincoli “formali”, tra i quali i più importanti sono il limite della continenza e della funzionalità.
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Franzina, Pietro. "La concessione di una <i>freezing injunction</i> non preclude la riconoscibilità in Italia della successiva sentenza di merito resa nel medesimo giudizio." marzo-aprile, no. 2 (April 7, 2022): 356–65. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.94.

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Tesi L’art. 64, lettere b) e g) della L. 31 maggio 1995, n. 218 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato deve essere interpretato nel senso che non può dirsi integrata una violazione dei diritti essenziali della difesa e delle garanzie ascrivibili all’ordine pubblico processuale italiano, idonea a giustificare il diniego del riconoscimento di una sentenza straniera, per il solo fatto che la sentenza in questione sia stata resa all’esito di un procedimento nel corso del quale il debitore della sentenza è stato il destinatario di un provvedimento cautelare in personam, concesso inaudita altera parte, secondo il modello della freezing injunction inglese. Il riconoscimento di una sentenza straniera preceduta da un provvedimento cautelare può essere negato in forza delle disposizioni citate solo quando l’emanazione di detto provvedimento abbia comportato una violazione delle garanzie processuali fondamentali tale da tradursi, per la sua rilevante incidenza, in una lesione del diritto di difesa rispetto all’intero processo. The author’s view According to Article 64, literae b) and g) of the Law of 31 May 1995, No 218 (Reform of the Italian system of private international law), a foreign judgment is not eligible for recognition in Italy if the right to a fair trial was violated in the proceedings before the court of origin, and if recognition would contravene public policy, including procedural public policy. A judgment cannot be denied recognition on the above grounds merely because the court of origin granted, in the course of the same proceedings, a worldwide freezing injunction, as known under English law. In fact, recognition of the judgment could only be denied if it were established that, by granting the interim measure in question, the procedural rights of the party concerned were violated in such a serious way as to undermine the fairness of the proceedings considered as a whole.
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Suchecki, Zbigniew. "Wydalanie duchownych na podstawie kanonicznego procesu karnego." Prawo Kanoniczne 54, no. 3-4 (December 10, 2011): 77–115. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2011.54.3-4.03.

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Il processo penale canonico ha sempre costituito l’extrema ratio cui ricorrere solo quando fossero esaurite tutte le altre vie per ottenere la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l’emendamento del reo (cfr. c. 1341). Le cause penali necessitano della presenza del promotore di giustizia in quanto con esse si vuole perseguire le finalità della giustizia e della tutela del bene pubblico. Per irrogare o dichiarare la pena il Codice di Diritto Canonico del 1983 prevede una doppia procedura penale: giudiziaria (che si concluderà con una sentenza) o amministrativa (stragiudiziale – che si concluderà con un decreto). Nel processo penale giudiziario il Promotore di giustizia svolge il compito di parte attrice o titolare dell’azione criminale contro l’imputato. Giovanni Paolo II nel discorso alla Rota Romana ha sottolineato che «l’istituzionalizzazione di quello strumento di giustizia che è il processo rappresenta una progressiva conquista di civiltà e di rispetto della dignità dell’uomo» (Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, (18 gennaio 1990), in L’Osservatore Romano, 19 gennaio 1990, p. 5). Si evince molto chiaramente dal can. 1342, § 1 la preferenza del legislatore per la via giudiziale. Infatti, il processo penale giudiziario offre maggiori garanzie di giustizia, in quanto assicura e garantisce in modo conforme il diritto alla difesa, permette al giudice di consolidare una maggiore certezza morale sull’esistenza dei fatti mediante l’acquisizione giudiziale delle prove, delle circostanze e dell’imputabilità, valutando tutte le circostanze del delitto, determina la condizione dell’imputato, precisa il grado del danno causato dal delitto, applica con equità la pena giusta alla luce degli elementi emersi durante il giudizio. Rimangono tuttavia casi in cui il legislatore indica la via giudiziale come la più adatta, che certamente offre maggiori certezze e garanzie ai fini dell’accertamento della verità, della giustizia e soprattutto della salvaguardia dei diritti dei fedeli. Innanzitutto essa è obbligatoria per irrogare o dichiarare le pene più gravi, come quelle espiatorie perpetue (can. 1336). «Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto» (can. 1342, § 2). Il promotore di giustizia assume le vesti di parte attrice o titolare dell’azione criminale (actio criminalis) contro l’imputato. Egli è la persona pubblica costituita per tutelare il bene pubblico, che deriva dall’osservanza della legge, al di là delle considerazioni soggettive can. 1362, § 1; 1720, 3°; 1726. Nel processo penale, a protezione dei diritti del fedele il legislatore vieta espressamente di imporre all’imputato il giuramento e l’accusato non è tenuto a confessare il delitto (can. 1728, § 2). In questo modo si garantisce al reo la scelta della linea difensiva più opportuna senza costrizione a riconoscere i fatti che siano a sé sfavorevoli. Il processo penale giudiziario prevede e garantisce al reo un diritto fondamentale di appello dopo l’emanazione della sentenza di condanna (can. 1727, § 1). Inoltre garantisce il diritto di appello al promotore di giustizia nelle cause in cui la loro presenza è richiesta (cfr. cann. 1727, § 2, 1628). Il termine per proporre l’appello è di 15 giorni e va proposto avanti al giudice a quo, che ha emesso la sentenza. Può essere fatto a voce, ed in tal caso il notaio lo deve mettere per scritto avanti allo stesso appellante (can. 1630, § 2). Il can. 1353 disciplina che «l’appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo». Il legislatore prevede nel Capitolo III: «de actione ad damna reparanda» un’azione contenziosa per la riparazione dei danni ingiustamente inferti dal delitto (cann. 1729–1731). Pur consentendo nell’ambito del processo penale giudiziario l’esercizio dell’azione per il risarcimento dei danni, il legislatore tiene sempre distinte le due azioni, quella criminale, tendente all’irrogazione o alla dichiarazione della pena, e quella contenziosa per la riparazione dei danni inferti dal delitto. La sentenza può essere eseguita dopo che sia passata in giudicato, ossia dopo una duplice sentenza conforme che non sempre si ha con la decisione di secondo grado.
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Sztychmiler, Ryszard. "Znaczenie osobowości kandydata do małżeństwa w świetle obowiązującego prawa kanonicznego." Prawo Kanoniczne 40, no. 1-2 (June 5, 1997): 201–17. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1997.40.1-2.09.

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Persona e personalita hanno nel diritto romano e nel diritto canonico i significati diversi. La Chiesa riconosce la personalita naturale di ogni uomo dalla sua concezione, ma personalita giuridica assegna dal battesimo. Nel diritto canonico possiamo distinguere la personalita naturale, canonica e richiesta. Mi sembra, che la Chiesa potrebbe assegnare il piu grosso significato della personalita Christiana. Gran valore della formazione della personalita matura nella Chiesa dimostrano le norme sulla educazione Christiana. La Chiesa richiede la maturità dalle persone, che prendono importanti decisioni oppure ufficii; protegge sopratutto ogni persona e la sua personalita. Nello diritto canonico matrimoniale si trovano le normae, che danno molta importanza della personalita del uomo. Esse si trovano non soltanto nel Codice di diritto canonico, ma anche nelle diverse norme dello stesso diritto canonico. E cosi il Legislatore ecclesiastico vuole l’adequata praparazione al matrimonio. Nello stesso tempo si preferisce i matrimonii di due persone cattoliche, invece altre esigenze si pone per i findanzati, dei quali soltanto uno appartiene alla Chiesa cattolica. Il significato della personalita del candidato al matrimonio si rivela tra l’altro nel stabilire gli impedimenti matrimoniali tali come: mancanza dell’età, impotenza sessuale e diversa religione. Nel capitolo sul consenso matrimoniale il Legislatore del Codice mette alcune esigenze, le quali prendono in considerezione la validita del matrimonio dai certi segni della personalita e atteggiamenti dei candidati al matrimonio. In alcuni canoni mette tali esigenze le quali possono essere compiute dalle persone mature nel senso psicologico: cioe sufficiente scienza, sufficiente uso di ragione, giudizio critico e la capadtà da adempire i obbligazioni matrimoniali essenziali. Soltanto gravi disturbi e mancanze fanno il matrimonio invalido. Se ci sono infatti tali casi, si puo nel corso del processo giudiziario andare a dichiarare il matrimonio invalido. Pero le prove dei disturbi della personalità о altri fatti negativi in questo ambito e molto defficile da dimostrare, ma possibile, sopratutto quando i disturbi e le mancanze sono gravi. Riassumendo il mio discorso sul tema dei significato della personalità nel diritto canonico matrimoniale si puo affermare che i gravi о esattamente definiti i disturbi della personalità о negativo orientamento al matrimonio, in generale fanno il matrimonio invalido. II Legislatore eclesiastico prottegge in tali situazioni la liberta della persona, la quale ha incontrato la persona toccata dai tali disturbi e negativo orientamento della volontà. Se i disturbi о mancanze non sono gravi, il Legislatore non entra con la norma di protezione, la quale darebbe per loro la liberta.
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Erlebach, Grzegorz. "Ochrona wolności nupturientów w kanonicznym porządku prawnym : zarys problematyki." Prawo Kanoniczne 52, no. 3-4 (December 10, 2009): 195–214. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.09.

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In primo luogo viene preso in considerazione il principio della libertà dei nubendi. L’Autore prende lo spunto dal can. 219, ma prima di affrontare gli aspetti propriamente giuridici, si sofferma su alcuni elementi dell’accezione antropologica e teologica della libertà nel contesto del consenso matrimoniale. L’ultimo aspetto permette di superare una visione meramente soggettivistica, per quanto riguarda i nubendi, e, d’altro canto, offre una chiave di lettura dello sforzo effettuato lungo i secoli da parte del Magistero della Chiesa nella difesa e nella regolamentazione dello ius connubii. Ne segue la pastorale ordinaria volta all’educazione per un retto esercizio della libertà positivamente intesa dei contraenti. Tornando sugli aspetti prettamente giuridici del principio affermato nel can. 219, l’Autore fa presente la differenza fra i confini del contenuto normativo (volto contro le varie forme di costrizione) e una più ampia ratio legis (protezione della libertà). Passando alla protezione giuridica della libertà, l’Autore esamina le principali figure di nullità del consenso, dovute alla limitazione della libertà in uno dei contraenti: costrizione, mancanza della libertà interna e raggiro. Nella materia della costrizione l’Autore distingue nettamente le figure della violenza (di cui nel can. 125, § 1) e della vis vel metus di cui nel can. 1103 (cf. can. 125, § 2). Maggiore attenzione è stata posta all’evoluzione della disciplina dal Codice Pio-Benedettino e alla sua applicazione giurisprudenziale. Un punto discusso costituisce l’origine della norma. L’Autore si sbilancia in favore del principio dell’operatività della norma ex natura rei (cioè della nullità qualora manchi nel concreto la libertà necessaria, matrimonio proportionata), quindi sostiene l’applicabilità del can. 1103, entro tali limiti, nei confronti dei matrimoni degli acattolici. La mancanza della libertà interna è presa in considerazione nel contesto dell’incapacità consensuale, in particolare della mancanza della discrezione di giudizio. Viene accennata qui la questione dell’autonomia, o meno, del capo di nullità ob defectum libertatis internae (l’Autore condivide, implicitamente, la dominante posizione giurisprudenziale, contraria a tale autonomia). Per quanto riguarda la decezione dolosa, la tutela della libertà dei nubendi è considerata come principale ratio del can. 1098. Viene brevemente delineata la specificità di questo tipo di errore qualificato. Soffermandosi sui limiti dell’applicabilità del can. 1098, l’Autore sostiene che seppure la ratio legis del can. 1098 affonda le radici nel diritto naturale, tuttavia la ratio nullitatis è riconducibile alla volontà del Legislatore. Di conseguenza, il can. 1098 è da ritenere di diritto meramente positivo e, in quanto tale, non è applicabile retroattivamente, né può essere fatto valere nel caso dei matrimoni celebrati al di fuori dell’ordinamento giuridico canonico indipendentemente dalla loro data. Invece nel caso di un errore sostanziale causato dal dolo, la nullità è operante indipendentemente dalla decezione dolosa, quindi andrebbe rilevata a livello processuale sotto il capo di quel particolare errore sostanziale. La promozione della libertà responsabile avviene soprattutto sullo sfondo dell’accezione teologica della libertà con la quale si coniuga l’accezione antropologica, soprattutto quella della “libertà per” che postula l’autodeterminazione nel consenso matrimoniale. L’incapacità o l’impossibilità di una tale autodeterminazione viene riconosciuta dal Legislatore proteggendo indirettamente la libertà consensuale nei cann. 1095, n. 2, e 1103; mentre la libertà dei nubendi è ulteriormente protetta contro il raggiro nei limiti stabiliti nel can. 1098.
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Suchecki, Zbigniew. "Wolnomularstwo w dokumentach Stolicy Apostolskiej i Kodeksie Prawa Kanonicznego, ze szczególnym uwzględnieniem dekretów Kongregacji Doktryny Wiary (1949-1983)." Prawo Kanoniczne 41, no. 3-4 (December 20, 1998): 133–86. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1998.41.3-4.06.

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La libera muratoria (comunemente chiamata massoneria) viene trattata e presentata in molte pubblicazioni sotto diversi aspetti e svariati punti di vista. Dal punto di vista del diritto canonico non esistono pubblicazioni riguardanti la libera muratoria, manca­no anche approfonditi studi critici in materia condotti in un'ottica comparata con la filosofia, la teologia e il diritto dai studiosi cattolici. Nella nostra ricerca, passando attraverso un confronto delle disposizioni della Chie­sa previste per la libera muratoria, facciamo un riferimento diretto alla legislazione della Chiesa contenuta nel Codice di Diritto Canonico del 1917 e a numerosi docu­menti emanati dai Papi e dalle Congregazioni, per arrivare alle disposizioni del Codice di Diritto Canonico del 1983. Negli ultimi secoli la massoneria, fosse essa regolare, legittima, irregolare o «devia­ta», senza distinzioni, è stata condannata da diversi Papi ìn circa seicento documenti. La questione comunque è quanto mai attuale perché molti cattolici appartengono alla libera muratoria. La divisione fondamentale, a mio avviso, comprende la fase pre­istituzionale e la fase istituzionale. Nella fase preistituzionale emergeva la massoneria operativa propensa alla costruzione delle cattedrali, delle basiliche e delle chiese; nella fase istituzionale si sviluppa la massoneria moderna detta speculativa. I liberi muratori londinesi, il 24 giugno 1717, nella festa di S. Giovanni Battista costituivano la Gran Loggia d'Inghilterra, la Gran Loggia Madre del Mondo. Fin dall'inizio, in un testo diretto a tutti i fedeli, emerge la preoccupazione per la difficile definibilità, a livello concettuale e terminologico, della libera muratoria con i suoi effetti negativi a livello della Chiesa e della societa civile. Leone XIII, nell'enciclica programmatica Quod sectam massonum: Humanum Ge­nus, del 20 aprile 1884, in modo significativo sottolinea gli effetti negativi delle socie­ta clandestine. L'enciclica costituisce un documento fondamentale di quel periodo. Nel CIC del 1917 il legislatore menziona esplicitamente la setta massonica e le altre associazioni dello stesso genere le quali incorrono ipso facto nella scomunica riservata simpliciter alla S. Sede: «Chi si ascrive alla setta massonica o ad altre associazioni dello stesso genere, che macchinano contro la Chiesa o le legittime autorita civili, incorrono ipso facto nella scomunica riservata simpliciter alla S. Sede» (c. 2335). Un graduale approfondimento della natura e dei fini della massoneria svolto da par­te della Chiesa, prima dell'emanazione della Dichiarazione sulla massoneria del 26 novembre 1983, Quaesitum Est, permise alla Congregazione di accertare le posizioni dottrinali, filosofiche e morali dell'istituzione. Mariano Cordovani in un articolo pubblicato in prima pagina dall'Osservatore Romano sostiene che «fra le cose che risorgono e riprendono vigore, e non solo in Italia, c'è la massoneria con la sua ostilita sempre rinnovata contro la Religione Catto­lica». Egli rileva un fatto che appare nuovo: «la voce che si sparge, nei diversi ceti sociali, che la massoneria di un certo rito non sia piu in contrasto con la Chiesa, che anzi sia avvenuto un accordo tra la massoneria e la Chiesa, in forza del quale anche i cattolici possono tranquillamente iscriversi alla setta senza pericolo di scomuniche e dì riprovazione». Dopo 57 anni dall'entrata in vigore del «Codex» del 1917 «molti vescovi hanno posto il quesito a questa S. Congregazione (per la Dottrina della Fede) circa il valore el'interpretazione del can. 2335 del C.I.C. che sotto pena di scomunica vieta ai cattolici d'iscriversi alle associazioni massoniche o ad altre dello stesso tipo. Il dialogo cattolico-massonico inizia con degli incontri informali tra esponenti della Chiesa Cattolica e della massoneria. Tali incontri ebbero iniziato in Austria, Italia e Germania. Per approfondire alcuni aspetti di questo tema, si possono consultare, an­che se in modo molto critico, diverse pubblicazioni. Negli anni 1974-1980 la Conferenza Episcopale Tedesca costituisce una Commis­sione ufficialmente incaricata di esaminare la compatibilità dell'appartenenza contem­poranea alla Chiesa cattolica e alla libera muratoria. La Commissione sostenne che «Indipendentemente da tutte le concezioni soggettive, l'essenza oggettiva si manifesta nei Rituali ufficiali della libera muratoria. Percio questi documenti vennero sottoposti ad un attento e lungo esame (negli anni 1974-1980); si tratta dei Rituali dei primi tre gradi, dei quali i massoni permisero di studiare i testi, anche se i colloqui non si riferi­rono solo ai Rituali». Il fatto che la libera muratoria metta in discussione la Chiesa in modo fondamentale non è mutato. La libera muratoria non e mutata nella sua essenza. L'appartenenza ad essa mette in questione i fondamenti dell'esistenza cristiana. L'esame approfondito dei Rituali della libera muratoria e del modo di essere massonico, come pure la odierna immutata autocomprensione di sé, mettono in chiaro che l'appartenenza contempora­nea alla Chiesa cattolica e alla Libera Muratoria è esclusa. Da diverse parti del mondo arrivavano domande alla S.C. per la Dottrina della Fede sul giudizio della Chiesa nei confronti della massoneria. La normativa penale del Co­dice non prevede nessuna sanzione per i fedeli che si iscrivono alla massoneria, perché la medesima non viene espressamente nominata dal legislatore; quindi prima dell'ema­nazione della Dichiarazione l'iscrizione non costituiva un delitto punibile con sanzioni a meno che la massoneria non entrasse nella categoria delle associazioni «che com­plottano contro la Chiesa» (can. 1374) e questo si doveva provare. La Dichiarazione invece afferma che gli «appartenenti alle associazioni massoniche sono in peccato gra­ve» e proibisce ai fedeli appartenenti alle associazioni massoniche l'esercizio del dirit­to soggettivo fondamentale dei fedeli di accedere alla S. Comunione. «Solo Gesù Cri­sto e, infatti, il Maestro della Verità e solo in Lui i cristiani possono trovare la luce e la forza per vivere secondo il disegno di Dio, lavorando al vero bene dei loro fratelli».
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Gruppuso, Maria Cristina. "L’azione revocatoria del vincolo di destinazione: prescrizione e legittimazione passiva (Trib. Frosinone, 16 giugno 2022)." Trusts, no. 6 (December 1, 2022): 1042–45. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.214.

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Massima La prescrizione quinquennale dell'azione revocatoria avverso il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ. decorre dalla trascrizione del vincolo nei registri immobiliari. Nel giudizio per la revocatoria del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ. i beneficiari (nipoti - ex filia - della costituente) degli effetti del vincolo che non acquistino diritti sui beni vincolati non sono litisconsorti necessari, ma hanno diritto di intervenire in giudizio e possono esservi convenuti affinché siano resi loro opponibili gli effetti della sentenza.
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Bilancia, Francesco. "Profili evolutivi dei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale italiana con riferimento alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo." Revista do Direito, no. 43 (May 19, 2014): 03–24. http://dx.doi.org/10.17058/rdunisc.v0i43.5661.

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Questo breve scritto intende fornire un quadro d’insieme dei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale italiana con riferimento all’uso degli accordi internazionali di protezione dei diritti umani, che opera attraverso un “processo di grandiose proporzioni, il quale investe il futuro stesso dello Stato: non di questo o quello Stato, ma – se così può dirsi – della forma-Stato”. Questo processo, destinato a svolgersi in un indefinibile arco di tempo ma costantemente sostenuto dalla più attenta giurisprudenza, non avrebbe – non ha – potuto “non investire il destino della stessa (…) Costituzione ”. La lunga e complicata evoluzione del processo di “interazione” tra i diversi documenti costituzionali statali e tra questi e le Carte internazionali di protezione dei diritti fondamentali si è spesso caratterizzato per un cammino di piccoli passi, di fasi di integrazione a volte più intense, a volte più incerte, senza escludere vere e proprie battute d’arresto, ma comunque qualificato ed arricchito da importanti episodi giurisprudenziali di cui, momento per momento, la dottrina ha preteso di ricostruire la fotografia di sintesi, nell’incessante vano tentativo di ridurre la complessità a sistema. Non è, è bene dirlo subito, l’intenzione di queste brevi note che traggono, piuttosto, spunto da alcune più recenti pronunce della Corte costituzionale italiana, riferite alla Convenzione ed alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), riconducibili al percorso giurisprudenziale avviato a partire dalle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 . Come è noto ormai la Corte costituzionale italiana riconduce il contrasto tra una norma interna ed una norma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo alla violazione mediata dell’art. 117, comma 1, Cost., di cui la stessa Corte costituzionale dovrà essere investita nel caso in cui il giudice interno non sia in condizione di risolvere l’antinomia per via di interpretazione conforme. A giudizio della Corte resta, infatti, preclusa al giudice di merito la strada dell’applicazione diretta della norma CEDU mediante la contestuale disapplicazione della norma interna incompatibile , ritenendo non assimilabile tale sistema di garanzie allo schema di adattamento del diritto interno al diritto comunitario e dell’UE . Piuttosto, a giudizio della Corte costituzionale resta, non solo possibile, ma addirittura necessario verificare, in sede di giudizio di costituzionalità, la specifica compatibilità in concreto della norma CEDU invocata quale parametro, per come interpretata ed applicata dalla Corte di Strasburgo, con le diverse disposizioni costituzionali. Sul piano formale della dottrina costituzionale del sistema delle fonti le disposizioni della CEDU , quindi, in quanto dotate di forza passiva superiore a quella delle norme di legge ordinaria, fungeranno da norme interposte nel giudizio di costituzionalità delle norme interne con esse incompatibili per violazione indiretta dell’art. 117 Cost. Laddove, all’opposto, stante la loro non equiparabilità formale alle disposizioni costituzionali, potrebbe darsi il caso di un giudizio di costituzionalità della legge di recepimento della Convenzione nell’ipotesi di contrasto con altre disposizioni costituzionali; non quindi più soltanto dei principi fondamentali come previsto, secondo la nota dottrina costituzionale dei “controlimiti”, con riferimento ai rapporti del diritto interno con le norme di diritto comunitario direttamente applicabili.
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Holler, Theresa. "Infernale Landschaften: Wie Dantes Commedia das Bild des Weltgerichts in Italien verändert." Deutsches Dante-Jahrbuch 93, no. 1 (September 28, 2018): 74–103. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2018-0005.

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RiassuntoQuesto contributo discute due cicli pittorici del Trecento raffiguranti il Giudizio universale: quello attribuito a Buonamico Buffalmacco nel Camposanto di Pisa, e quello di Nardo di Cione nella Cappella Strozzi di Mantova a Santa Maria Novella di Firenze, nei quali il testo della Commedia di Dante è adottato per mettere a punto una rappresentazione visiva efficace dell’inferno. Il fatto che l’opera dantesca modifichi l’immagine dell’aldilà nella penisola italiana è sempre stato spiegato invocando la popolarità stessa del testo, senza tenere in debito conto il fatto che la sua apparizione e circolazione non furono accolte senza problemi e reticenze. Vennero infatti espresse anche posizioni critiche nei confronti di Dante e dei suoi scritti, su questi ultimi soprattutto da parte dei domenicani, eppure entrambi i cicli in esame vennero realizzati in contesti legati, direttamente o indirettamente, ai frati predicatori. Il presente contributo vuole mettere in dubbio la teoria, generalmente accettata senza discussione, che vede nella precoce adozione della Commedia nell’immaginario del Giudizio universale un segno della sua ricezione senz’altro positiva. Fu così, oppure le immagini in cui si tradusse il testo dantesco ci parlano in un linguaggio ambiguo?
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Дисертації з теми "Giudizio di fatto. Giudizio di diritto"

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Costantino, Federica. "L’elusione internazionale tra norma e fatto." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2010. http://hdl.handle.net/11385/200745.

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L’elusione fiscale in ambito nazionale ed internazionale. L’onere della prova nella disciplina dell’elusione. La ripartizione dell’onere della prova tra contribuente e Amministrazione finanziaria negli strumenti di contrasto all’elusione internazionale.
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VICARIO, Mariarosa. "I «FATTI» NEL GIUDIZIO INCIDENTALE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2019. http://hdl.handle.net/11392/2487920.

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La tesi ha ad oggetto la dimensione “concreta” dei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via incidentale. In particolare, si focalizza sul ruolo dei «fatti» nelle decisioni della Corte: quali fatti sono presi in considerazione dalla Corte costituzionale ove venga messa in dubbio la legittimità di una disposizione, e come i medesimi entrano nel giudizio di legittimità costituzionale. La ricerca parte dal mettere in rilievo l’importanza dei fatti anche nell’ambito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, che è notoriamente un giudizio su norme. Posto che i fatti presi in considerazione dalla Corte non sono i fatti della causa principale (c.d. adjudicative facts), ma tutti quei fatti funzionali a comprendere il contenuto della norma impugnata nonché gli effetti di una eventuale dichiarazione di illegittimità sull’ordinamento (c.d. legislative facts), la tesi si propone di indagare come avviene sia la loro introduzione sia il loro accertamento. In merito al primo profilo, si constata che, poste l’efficacia generale delle sentenze di accoglimento e il conseguente coinvolgimento di tutti nella decisione della Corte, i canali di accesso “ufficiali” dei fatti nel processo incidentale si rivelano insufficienti ad introdurre tutti gli interessi contemplati dalla disposizione di legge di dubbia costituzionalità. In merito al secondo profilo, l’indeterminatezza dei fatti legislativi mette in discussione la possibilità di compiere un’istruzione finalizzata al loro “accertamento”. L’accertamento in termini di esistenza o inesistenza, verità o falsità delle proposizioni che li affermano, invero, presuppone il riferimento a fattispecie concrete e a soggetti determinati. Quindi, la tesi si propone di delineare in termini generali un tipo di istruzione che possa essere adeguata al giudizio costituzionale, che sia perciò finalizzata a consentire l’ingresso di tutti gli interessi anche solo di riflesso coinvolti nella decisione (attraverso gli amici curiae), e con essi il contestuale ingresso di ipotesi fattuali alternative, utili a pervenire ad un più “razionale” convincimento del giudice.
The thesis will focus on the role of the “facts” in decision making of the Italian Constitutional Court, in particular, in the judicial review. This procedure has a mainly “abstract” character. Indeed, the role of the Parties in the trial is very limited. It might even be taken place without them. And the intervention of third parties is almost completely excluded. That makes it difficult to introduce the “facts” in the proceedings and consequently to introduce all those interests contemplated by the provision of law of doubtful constitutionality. In the first part of my thesis, I delimit the object of study. I will focus on the facts the Italian Constitutional Court can know, i.e. the “legislative facts”. In fact, the Court is a judge of legitimacy and it does not take into account the facts of the case that gave rise to the indirect procedure for the control of constitutionality. The legislative facts are all those facts that serve to better understand both the provision subject of the control and the constitutional reference provision. It concerns natural, social, economic, political, scientific and administrative facts. Because the Court makes rarely use of its powers of instructions, the question arises as to how introducing those facts in the trial. Indeed, the analysis on formal modalities through which the Court acquires the knowledge of those facts highlights that instruments provided for by legislator (i.e. the judge’s order introducing the proceedings; the possible brief of the parties or of those intervening in the judgment) are not sufficient. Therefore, it is necessary to the integrate evidentiary materials on which the decision is based. In a comparative perspective, I analyze the “amicus curiae”(friend of the court) brief, that is used in the common-law systems in order to supplement the knowledge of the judge on controversial issues. The amici, which are not present in Italian legal order, on the one hand they are very useful to provide the justices with myriad information regarding their perceptions of the correct application of the law in the case, on the other – considering the influence of the amicus curiae activity on justices’ decision – lend themselves to being exploited by the interest groups. This poses problems on the reliability of their briefs. The aim of this comparative study is to understand whether it is possible to apply this system to the indirect procedure for the control of constitutionality, and – if so – at which conditions. The purpose of my thesis is to define a legal model of investigation on the relevant evidences which could be suitable for the constitutional justice. Considering the important role of Italian Constitutional Court – which acts almost as policy makers –, it is necessary that the introduction of the evidentiary materials should take place in a transparent and controllable manner.
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Romualdi, Giuliana <1972&gt. "L'oggetto del giudizio di opposizione all'esecuzione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/499/1/TesiGiulianaRomualdi.pdf.

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Romualdi, Giuliana <1972&gt. "L'oggetto del giudizio di opposizione all'esecuzione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/499/.

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JACOVITTI, ELEONORA. "Il giudizio di prevedibilita’ nell’articolo 1225 c.c." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/201791.

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RANDAZZO, ANGELA. "Il filtro all’accesso al giudizio di legittimità." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/79291.

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La tesi ha ad oggetto lo studio del c.d. filtro al ricorso per cassazione introdotto con l’art. 47 della legge n. 69 del 2009 al fine di ridurre l’eccessivo carico di lavoro che grava sulla Corte e di rafforzarne la funzione nomofilattica. In particolare, l’art 360 bis c.p.c. introduce due nuove ipotesi di inammissibilità, rectius di manifesta infondatezza, del ricorso quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa ovvero quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. Si tratta di un meccanismo incentrato sull’istituzione, ai sensi dell’art. 376 c.p.c., di una apposita Sezione deputata ad operare uno screening preliminare dei ricorsi al fine di individuare quelli – siano essi inammissibili ovvero manifestamente infondati – la cui sorte appaia segnata sin dall’inizio, consentendo così alle Sezioni ordinarie di assolvere alla funzione coerenziatrice della giurisprudenza. Lo studio prende le mosse dalla crisi d’autorevolezza in cui versa l’istituzione giudiziaria, che a causa dell’eccessivo carico di lavoro di cui è oberata si dimostra sempre più incapace di svolgere efficacemente le proprie funzioni sia in relazione all’interesse delle parti ad avere una risposta certa in tempi ragionevoli, sia relazione all’interesse pubblico ad un’uniforme interpretazione ed evoluzione della giurisprudenza. Di talché la necessità di introdurre meccanismi selettivi che, tuttavia, a monte presuppongono una precipua individuazione della funzione del ricorso in cassazione in seno al nostro ordinamento giuridico, nell’altalenante oscillare fra la tutela dello ius litigatoris e la tutela dello ius constitutionis. Lo studio si sofferma sull’analisi delle tipologie di filtro prospettabili e compatibili con la Costituzione e, in particolare, con l’art. 111, settimo comma, Cost., che, ammettendo sempre il ricorso in cassazione per violazione di legge, rappresenta il principale ostacolo all’introduzione di meccanismi che consentano una selezione qualitativa dei ricorsi da esaminare in ragione del loro potenziale nomofilattico. L’analisi prosegue con l’esegesi di ciascuna delle due nuove ipotesi di inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., affrontando gli innumerevoli problemi interpretativi che queste pongono e con l’esame del nuovo meccanismo procedimentale istituito ex art. 380 bis c.p.c. La trattazione è condotta in una prospettiva ordinamentale che riconosce al precedente giurisprudenziale pregnanza giuridica non più solo persuasiva e si conclude con una valutazione sulla funzionalità dell’intervento normativo rispetti ai prefigurati obiettivi di semplificazione del giudizio di legittimità e di rafforzamento della funzione nomofilattica.
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Carraro, Lucrezia <1995&gt. "Il giudizio di ottemperanza adito in sede tributaria." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15888.

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Анотація:
La tesi analizzerà nel dettaglio l'istituto del giudizio di ottemperanza in sede tributaria, esaminando i parallelismi e le differenze con lo stesso istituto adito in sede amministrativa. Verranno delineati presupposti, figure chiave dell'azione e rito processuale di quello che ad oggi è l'unico mezzo di tutela a fronte di sentenze rimaste ineseguita da parte della Pubblica Amministrazione.
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Albertin, Nicole <1994&gt. "I crediti tributari e il giudizio di ottemperanza." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16468.

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Анотація:
Il giudizio di ottemperanza rappresenta l'istituto mediante il quale il contribuente vittorioso può fare ricorso al fine di ottenere l'esecuzione di una sentenza da parte dell'Amministrazione Pubblica qualora essa non abbia adempiuto agli obblighi derivanti dal giudicato.
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GABOARDI, MARCELLO. "ll giudizio con pluralità di parti nelle controversie societarie." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2012. https://hdl.handle.net/11565/4054298.

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10

Crosara, Massimo <1983&gt. "L’esecutività delle sentenze e il giudizio di ottemperanza nel processo tributario." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10385.

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Анотація:
L’immediata esecutività delle sentenze favorevoli al contribuente si è realizzata attraverso l’attuazione del Titolo II del D.lgs. 156/2015, il quale ha portato un maggiore equilibrio tra ricorrente, storicamente parte debole del ricorso tributario e la resistente amministrazione finanziaria. In effetti dal primo giugno 2016, il contribuente vittorioso può accedere all’istituto del giudizio di ottemperanza, portando in esecuzione il provvedimento e ponendo così rimedio all’inerzia della pubblica amministrazione soccombente, con la restituzione di quanto dovuto. La sentenza immediatamente esecutiva supera il dettato normativo precedente in cui l’instaurazione del giudizio di ottemperanza era subordinato al suo passaggio in giudicato, rendendolo attivabile sin dal primo grado di giudizio.
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Книги з теми "Giudizio di fatto. Giudizio di diritto"

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Bargi, Alfredo. Controllo di legittimità ed errore di fatto nel giudizio di cassazione. Padova: CEDAM, 2004.

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Rovesci del diritto: Il giorno del giudizio di Salvatore Satta tra diritto, psicoanalisi, antropologia. Padova: Esedra editrice, 2017.

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3

Tarsis, Mikos. Risorto o Scomparso?: Dal Giudizio Di Fatto a Quello Di Valore. Independently Published, 2018.

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Romualdi, Giuliana. L'oggetto del giudizio di opposizione all'esecuzione. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/alph12.

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Анотація:
"Con formula ampia, l’art. 615 del codice di rito dichiara che con l’opposizione all’esecuzione si contesta «il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata». Secondo l’interpretazione offertane dalla dottrina, il diritto di procedere ad esecuzione forzata altro non è se non l’azione esecutiva stessa, insieme di poteri processuali, coordinati e diretti all’avvio e allo svolgimento dell’esecuzione. Nel caso dell’opposizione c.d. di forma (con cui il debitore contesta il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo e l’impignorabilità dei beni soggetti ad esecuzione), non sembra dubbio che l’oggetto del giudizio di opposizione coincida con il diritto processuale di agire in esecuzione forzata; altrettanto non può dirsi nel caso dell’opposizione per motivi di merito, dove la contestazione del debitore investe il diritto sostanziale, ossia il credito rappresentato nel titolo esecutivo. In questo caso, ritenere che il diritto di procedere ad esecuzione coincida con un diritto meramente processuale appare quanto meno limitato. Giuliana Romualdi è avvocato e professore incaricato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Siena, dove tiene il corso di Mediazione e Procedure ADR. È autrice della monografia Dall’abuso del processo all’abuso del sistema giustizia (2013), con Giovanni Cosi del manuale La mediazione dei conflitti (2010, 2012) e di saggi e articoli in materia di procedimenti stragiudiziali."
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Querzola, Lea. L'efficacia dell'attività processuale in un diverso giudizio. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg281.

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Анотація:
La ricerca condotta si propone di verificare quali spazi vi siano per l’osmosi di attività processuali da una sede giudiziaria a un’altra, alla luce del principio della comunicazione fra giurisdizioni e dell’economia processuale. Delle prove assunte e dei provvedimenti emessi si indaga l’idoneità alla circolazione e all’utilizzo in procedimenti diversi da quelli in cui furono formati. Il risultato raggiunto consente all’autrice di affermare che i territori in cui già oggi il fenomeno si verifica non potranno che estendersi; nel rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.
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Gabellini, Elena. L’azione arbitrale. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg293.

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Анотація:
Lo studio indaga la vexata quaestio dell’arbitrabilità dei diritti. Si osserva che pur potendo ricondurre l’arbitrato al concetto di processo esso si differenzia rispetto al giudizio statuale poiché nascendo dall’autonomia privata e non dalla legge trova un limite insuperabile nella necessità di individuare sia pure in modo indiretto il rapporto sostanziale oggetto della lite. Partendo da tale assunto viene tratteggiata la nozione di azione arbitrale “ tipica”: la tipicità non rileva in senso romanistico ma deriva dalla disponibilità della “ concreta ragione” dedotta in giudizio. I suoi confini vengono definiti tramite l’elaborazione del concetto di ordine pubblico arbitrale: esso permette di individuare quali siano i diritti che consentono l’accertamento tramite un processo privato. Da questa analisi è enucleata l’ulteriore nozione di azione arbitrale “ vincolata”: la salvaguardia delineata dalle norme sostanziali che disciplinano alcuni diritti si ripercuote sulle modalità di realizzazione del processo che può essere validamente esperito solo qualora sia garantita l’attuazione di uno specifico “ diritto processuale arbitrale”. In difetto di sua osservanza il lodo è invalido e non inesistente come invece si verifica quando l’azione arbitrale è inammissibile. Abbracciando questa ricostruzione vengono analizzate nella seconda parte dello studio le liti riconducibili all’azione arbitrale “ vincolata” (nei settori della famiglia del consumo del diritto societario L’analisi si conclude con una riflessione sul valore attuale dell’arbitrato amministrato che è individuato nel corso della trattazione come antidoto per superare i fittizi limiti relativi alla compromettibilità dei diritti.
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