Дисертації з теми "Funzione Cognitiva"
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Coradazzi, Marino. "Regolazione monoaminergica della neurogenesi ippocampale adulta e dell' apprendimento spaziale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3662.
Повний текст джерелаI neuroni del Locus Coeruleus (LC) sono la principale fonte di innervazione noradrenergica del sistema nervoso centrale. Le fibre ascendenti innervano principalmente l’ippocampo e la neocorteccia mentre quelle discendenti innervano diffusamente tutti i livelli del midollo spinale. Le fibre discendenti determinano un aumento tonico dell’eccitabilità motoneuronale da un lato e la regolazione delle afferenze sensoriali dall’altra. Le fibre ascendenti sembrano invece essere coinvolte in diversi processi, dalla regolazione dell’attività cardiovascolare e respiratoria alla regolazione di anche complesse come quelle cognitive. Nel corso degli ultimi decenni le funzioni del sistema noradrenergico sono state investigate attraverso approcci di lesone mediante neurotossine. Tuttavia nessuna di esse si è dimostrata selettiva per i neuroni noradrenergci. La recente introduzione dell’immunotossina anti-DBH-saporin (αDBHsap), che nel ratto adulto è stata vista indurre deplezioni pressoché complete e selettive dei neuroni noradrenergici del LC, ha rappresentato un utile strumento per lo studio di tale sistema. Nella presente serie di esperimenti si è voluto testare l’efficacia e la selettività della lesione mediante αDBHsap in animali immaturi. Ciò per osservare gli effetti della rimozione di questi neuroni in un sistema ancora in via di sviluppo, e quindi caratterizzato da una notevole plasticità intrinseca, e per esplorare il possibile ruolo del sistema noradrenergico nello sviluppo delle abilità cognitive. Negli studi iniziali sono stati valutati gli effetti della somministrazione intracerebroventricolare di dosi crescenti di αDBHsap ad animali nei primi giorni dopo la nascita. Si è osservato come la tossina, anche a dosi molto elevate, non abbia effetti su altri tipi neuronali (es. colinergici, adrenergici, serotoninergici e dopaminergici), e venga generalmente ben tollerata dagli animali. La lesione comunque porta ad una riduzione marcata e dose dipendente dell’innervazione noradrenergica sia nelle strutture superiori sia nel midollo spinale. Alla dose ottimale (0.5μg), questa riduzione dell’innervazione è pressoché totale, e rimane invariata fino a 40 settimane post-lesione. In contrasto, dosi più basse della tossina (0.25 µg) determinavano deplezioni più modeste a 5 settimane che apparivano recuperare siignificativamente nel lungo termine. Sono stati infatti osservati marcati fenomeni di sprouting assonale nelle fibre noradrenergiche discendenti tali da ripristinare quasi interamente l’innervazione noradrenergica spinale . In uno studio parallelo, lo stesso approccio di lesione è stato impiegato per investigare il contributo noradrenergico allo sviluppo delle abilità cognitive. Utilizzando test di apprendimento e memoria spaziali, quali il Morris Water Maze ed il Radial Arm Water Maze per valutare le funzioni di Reference e Working Memory in gruppi di controllo e di lesionati, sono stati osservati chiari deficit nella memoria di lavoro (Working Memory), mentre gli iniziali deficit di acquisizione nel reference memory test si risolvevano con l’addestramento. Deficit simili, anche se meno marcati, venivano osservati anche in animali con lesioni somministrate in età adulta. In un altro studio si è voluto anche investigare la possibilità di interazioni funzionali tra il sistema noradrenergico ed il sistema colinergico ascendente, anch’esso fortemente implicato nei processi di apprendimento e memoria. Come atteso, lesionando simultaneamente i due sistemi neurotrasmettitoriali in animali neonati si ottenevano deficit di memoria spaziale superiori a quelli ottenibili lesionando ciascun sistema separatamente. Ciò indica un’importante interazione tra il sistema noradrenergico e quello colinergico nella regolazione delle abilità cognitive e del loro sviluppo. Strettamente correlato ai processi di apprendimento e memoria è anche il processo di formazione di nuovi neuroni nel giro dentato dell’ippocampo. Tale possibilità è stata investigata in animali con lesione singola e/o doppia. I risultati non hanno rivelato differenze tra i gruppi nel numero totale dei neuroni in grado di sopravvivere per 3 settimane post-lesione. Tuttavia è stata osservata una una significativa eterogeneità nei pattern di presentazione cellulare dell’immunoreattivita per la Bromo-Deossiuridina. Alla localizzazione prevalentemente nucleare nei soggetti di controllo, si contrapponeva quella nucleare puntiforme o citoplasmatica nei soggetti sottoposti a lesione noradrenergica e/o colinergica neonatale. Il modello di deplezione noradrenergica neonatale, è stato inoltre utilizzato per valutare le capacità di sopravvivenza, sviluppo ed integrazione di precursori neuronali noradrenergici dopo impianto nel midollo spinale deafferentato. I risultati hanno mostrato una notevole capacità dei neuroblasti impiantati di ristabilire quasi completamente l’innervazione noradrenergica nelle regioni terminali deplete, con un grado di accuratezza superiore a quello riportato in precedenza dopo trapianto in soggetti adulti lesionati con altre procedure. Nel loro complesso, i risultati della presente tesi mettono in evidenza la grande importanza funzionale del sistema noradrenergico, in grado di regolare attività funzionalmente ed anatomicamente differenti. La possibilità di rimuovere selettivamente tale sistema, diversificando l’efficacia della deafferentazione risultante, rendo inoltre l’approccio di lesione immunotossica neonatale particolarmente indicato per studi mirati all’analisi delle potenzialità plastiche del sistema noradrenergico in via di sviluppo e anche per investigare la possibilità di restituzione funzionale dopo impianto di precursori noradrenergici.
XXII Ciclo
1981
Lombardi, Bartolomeo. "La Pianificazione per la Riabilitazione delle Funzioni Esecutive." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15208/.
Повний текст джерелаDalla, Costa Eva. "Funzioni cognitive nello spettro schizofrenico e bipolare." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423633.
Повний текст джерелаVi sono crescenti evidenze a favore di una compromissione neurocognitiva nei disturbi schizofrenici; tali disfunzioni sono state osservate anche nei disturbi bipolari, ma con dati ancora contrastanti. In entrambe le patologie, il funzionamento neurocognitivo è un importante indicatore di esito e può rappresentare un marker specifico di vulnerabilità di malattia. Sono ancora pochi gli studi che hanno confrontato il profilo e il grado di compromissione cognitiva nei due spettri patologici, soprattutto in fase di stabilità clinica. In questo studio abbiamo confrontato pazienti stabili dal punto di vista psicopatologico con diagnosi di spettro schizofrenico (n.46), di spettro affettivo-bipolare (n.53), controlli sani (n.45) e familiari di I grado non affetti (n.10); i soggetti sono stati valutati con scale psicometriche per la psicopatologia e il funzionamento globale, e con una batteria di test neuropsicologici per l’assetto neurocognitivo. Abbiamo riscontrato differenze significative sia dei pazienti dello spettro schizofrenico sia dello spettro bipolare, rispetto ai controlli sani, per quanto riguarda la performance cognitiva, che è apparsa non correlata all’età di esordio e alla durata di malattia. E’ emerso un pattern condiviso di compromissione neuropsicologica, di grado lievemente meno severo di disfunzione nello spettro bipolare: sono infatti state riscontrate solo lievi differenze di tipo quantitativo tra i due gruppi diagnostici. Tale dato avvalora l’ipotesi secondo cui le maggiori patologie psichiatriche condividono meccanismi neurali di base in un continuum psicotico
Baschieri, Daniele. "Riabilitazione cognitiva delle funzioni esecutive nella Sclerosi Multipla: un approccio basato sul planning." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14546/.
Повний текст джерелаAricò, Debora <1976>. "Sonno e funzioni cognitive: ruolo della microstruttura del sonno NREM." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1508/1/Aric%C3%B2_Debora_Tesi.pdf.
Повний текст джерелаAricò, Debora <1976>. "Sonno e funzioni cognitive: ruolo della microstruttura del sonno NREM." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1508/.
Повний текст джерелаNicolini, P. "VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE AUTONOMICA NEL MILD COGNITIVE IMPAIRMENT TRAMITE ANALISI SPETTRALE DELLA HEART RATE VARIABILITY." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217627.
Повний текст джерелаVolpato, Chiara. "Valutazione psicofisiologica delle funzioni attentive nella sclerosi laterale amiotrofica." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423942.
Повний текст джерелаLa sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una progressiva degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale, del tronco encefalico e della corteccia, con conseguente atrofia muscolare e paralisi. Ci sono consistenti evidenze cliniche e sperimentali che indicano la presenza di disfunzioni cognitive almeno in una sottopopolazione di pazienti con SLA. Un importante contributo nella valutazione delle disfunzioni cognitive e dei relativi meccanismi neurali nella SLA può essere fornito dai potenziali evento-correlati (ERPs) poiché, non richiedendo risposte verbali o motorie, possono essere somministrati a pazienti affetti da grave disabilità motoria. I principali studi ERPs nei pazienti con SLA hanno riscontrato delle modificazioni nei parametri elettrofisiologici che potrebbero riflettere un’alterazione dei processi di controllo e supervisione dell’attenzione. Obiettivo di questo studio, quindi, è valutare le funzioni attentive in un gruppo di pazienti affetti da SLA utilizzando l’approccio ERPs. Nel primo esperimento è stato utilizzato un paradigma della distrazione che ha consentito di valutare la capacità di detezione del cambiamento, focalizzazione e ri-orientamento dell’attenzione. I risultati hanno messo in luce nei pazienti con SLA una modificazione dei parametri ampiezza e latenza delle componenti N200, P300 e re-orienting negativity (RON), suggerendo un’alterazione del meccanismo endogeno di rilevazione del cambiamento con una conseguente riduzione dell’allocazione ed del ri-orientamento delle risorse attentive. Nel secondo esperimento è stato utilizzato un approccio di stima Bayesana single trial della P300 registrata con un paradigma oddball attivo in un gruppo di pazienti affetti da SLA allo stadio iniziale di malattia. L’analisi single trial, a differenza dell’analisi classica, ha rivelato un’alterazione sia della latenza sia dell’ampiezza della P300 nel gruppo di pazienti rispetto al gruppo di controllo suggerendo nei pazienti con SLA agli stadi iniziali di malattia la presenza di alterazioni neurofisiologiche delle funzioni attentive ed esecutive. In conclusione, i risultati ERPs ottenuti da questo studio rafforzano l’ipotesi che la SLA sia una patologia multisistemica con un coinvolgimento delle funzioni cognitive. Inoltre, questi dati confermano l'utilità e l’efficacia dell’approccio elettrofisiologico nella diagnosi precoce e nel monitoraggio delle funzioni cognitive dei pazienti con SLA.
Donnici, Margherita. "Weekend in Rome: A Cognitive Training Exercise based on Planning." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16198/.
Повний текст джерелаLavermicocca, Valentina. "New applications of neurofeedback techniques for cognitive rehabilitation in Parkinson's disease." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11018.
Повний текст джерелаObjective: Parkinson's disease (PD) is a neurodegenerative disorder characterized by dopamine depletion in the striatum. Clinical studies show that the main function of the basal ganglia is related to motor behavior. However, PD is characterized by a series of non-motor symptoms. In fact, basal ganglia establish important anatomical connections with prefrontal areas through dorsolateral, orbitofrontal and anterior cingulated circuits, respectively involved in executive functions, regulation of social behaviour and motivation. Although cognitive decline insidiously occurs, PD patients show cognitive slowing and executive dysfunction at early stages; this condition can evolve into mild cognitive impairment before and subcortical dementia later. While motor symptoms show a good response, cognitive symptoms do not seem to adequately respond to the drug therapy. Neurofeedback (NF) is a conditioning method for the self-regulation of brain activity based on real-time feedback of EEG/fMRI signal. During NF training, patients learn to modulate their brainwave pattern, in order to improve cognitive or motor performances. The study aims to investigate the possible effect of specific Neurofeedback techniques on cognitive performance (particularly attentive) of patients with idiopathic PD and their impact on daily activities, in terms of change in scores at the neurocognitive assessment. Methods: 20 patients were recruited affected by idiopathic PD staged according to the Hoehn & Yahr scale and previously cognitively evaluated. Patients were selected according to the following inclusion criteria: aged from 55 to 85, intact or correct auditory and visual functions, phase on of dopaminergic therapy. Patients with previous cerebrovascular insults, with psychosis, with severe dyskinesias and patients taking ChIs drug were excluded. The sample was divided into two groups of 10 patients homogeneous for age, education level, cognitive impairment and disease severity, randomized to the experimental protocol (NF training) and to the traditional protocol (conventional computerized cognitive training). The experimental protocol consists of 2 weekly sessions of 40 minutes each (30 minutes NF Attention Training/10 minutes muscle relaxation). The traditional protocol consists of 2 weekly sessions of 40 minutes each (30 minutes conventional cognitive training /10 minutes muscle relaxation). The rehabilitation program has planned, in both group, 24 sessions of training. Treatment efficacy have been evaluated through an ANOVA model with a factor between subject (treatment) and a factor within subject (before-after the treatment). All analysis have been performed with SAS Software V 9.4 for PC. Significance level have been stated as p<0.05. Results: At the end of treatment path, cognitive re-evaluation showed a significant increase in scores in both groups; PD patients significantly improved in all investigated cognitive functions (attention, set-shifting, executive functions, verbal fluency, immediate and delayed memory, and visuospatial reasoning) compared with their baseline assessments, with a positive impact on reaction time, processing speed and global cognition. The comparison between cognitive performances showed no significant differences between the two groups linked to the type of treatment carried out (NF or conventional computerized training). However, the degree of satisfaction for treatment was significantly greater in the NF group, in term of general satisfaction and technical quality. To notice that in both groups the 4 months after the end of treatment follow-up control put into evidence a decrease in scores to baseline levels. It’s probably due to the degenerative nature of the disease. Conclusions: Both approaches to cognitive training, classic computerized cognitive training and neurofeedback training, as long as applied for a long time seems to improve cognitive abilities in PD patients with mild cognitive impairment who have a higher risk of developing dementia. The increase in the satisfactory levels of the experimental group appears to be due to how patients perceive the control they have on their cognitive performance (assumption of NF training), thus increasing the sense of self-efficacy. However, our experience so far shows that patients periodically need reminder therapy, otherwise recurrence of cognitive dysfunction is observed.
Premesse Le tecniche di neurofeedback sono utilizzate con successo nel trattamento dei disturbi di attenzione nei bambini affetti da ADHD. Partendo da questo dato si è pensato di applicare tali tecniche nel trattamento dei disturbi cognitivi di marca attentiva nel paziente neurologico adulto. Per valutare la fattibilità e l’aderenza dei pazienti al trattamento, inizialmente lo studio è stato rivolto a 4 patologie neurologiche caratterizzate da disturbi attentivi: Sclerosi Multipla, Malattia di Parkinson, Insulto cerebro-vascolare, Atassia cerebellare. Preliminarmente i pazienti hanno effettuato 5 sessioni di neurofeedback. I pazienti che sono apparsi più motivati e che hanno mostrato una rapida risposta al trattamento sono stati i pazienti affetti da malattia di Parkinson. Si noti che la malattia di Parkinson è una condizione patologica che condivide circuiti neurotrasmettitoriali simili a quelli coinvolti nell’ADHD; quindi, verosimilmente, anche i meccanismi di apprendimento che rendono efficace il trattamento potrebbero essere sovrapponibili. Introduzione La Malattia di Parkinson (MP) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla deplezione di dopamina a livello striatale. Studi clinici evidenziano che la prevalente funzione dei gangli della base è correlata al comportamento motorio. Tuttavia, essi stabiliscono connessioni anatomiche con aree prefrontali attraverso i circuiti dorsolaterale, orbitofrontale e cingolato anteriore, coinvolti nei processi esecutivi, nella regolazione del comportamento sociale e nella motivazione. La bradifrenia è il disturbo cognitivo caratteristico della MP. Si manifesta attraverso perdita di concentrazione e lentezza nei processi di pensiero, obiettivati dal rallentamento del segnale EEG. Attraverso l’applicazione di tecniche di Neurofeedback (NF), modulazione e autoregolazione EEG-mediata, il paziente impara a modificare la propria attività cerebrale sotto la guida del terapeuta e del computer. Lo studio è volto ad indagare l’effetto di tali tecniche sulle performance cognitive di pazienti affetti da MP, in termini di variazioni dei punteggi testistici. Materiali e Metodi Dei 35 pazienti esaminati, ne sono stati reclutati 20 affetti da MP idiopatica stadiati secondo la scala di Hoen&Yahr e preventivamente valutati cognitivamente. Criteri di inclusione: età compresa tra 55-85 anni, funzioni visive e uditive integre, fase on della terapia farmacologica. Il campione è stato suddiviso in 2 gruppi di 10 pazienti ciascuno randomizzati per età, scolarità e stadio della patologia, sottoposti rispettivamente al protocollo sperimentale (NF training) e al protocollo tradizionale (training cognitivo convenzionale). Il percorso riabilitativo ha previsto 24 sedute di terapia cognitiva. Nel NF training, come interfaccia cervello-computer, si è utilizzata la cuffia MindWave (NeuroSky) con relativo software per il trattamento. Risultati Al termine del percorso terapeutico, la rivalutazione cognitiva ha evidenziato un significativo incremento nei punteggi in entrambi i gruppi; il confronto tra le performance cognitive non ha evidenziato differenze significative tra i due gruppi legate alla tipologia di trattamento effettuato. Tuttavia, il grado di soddisfazione per il trattamento è risultato significativamente maggiore nel gruppo sperimentale. Va segnalato che in entrambi i gruppi i controlli al follow-up hanno evidenziato un decremento dei punteggi ai livelli basali. Conclusioni L’applicazione di tecniche di NF per il trattamento cognitivo di pazienti affetti da MP, purchè erogate per tempi lunghi, è apparsa valida al pari dei trattamenti cognitivi convenzionali. L’incremento dei livelli di soddisfazione del gruppo sperimentale sembra imputabile alla percezione che il paziente ha di esercitare un controllo sulle proprie prestazioni cognitive (presupposto del NF training) aumentando così il senso di autoefficacia. Prospettive future Essendo il tracciato EEG nettamente rallentato nella MP, lo studio sarà ampliato indagando le modificazioni EEG eventualmente indotte dalla neuroriabilitazione in entrambi i gruppi. Data la rapida diffusione delle tecnologie informatiche e della comunicazione nell’ambito sanitario, parte delle attività riabilitative può essere erogata a distanza (Teleriabilitazione). Seppur ancora agli albori, le tecniche di Tele-neurofeedback consentono al paziente di ricevere un trattamento cognitivo all’interno del proprio domicilio mantenendosi in contatto continuo con il terapeuta via web. Data la necessità di proseguire il trattamento cognitivo nel tempo al fine di ritardare l’evoluzione del mild cognitive impairement in demenza conclamata, le tecniche di tele-neurofeedback potrebbero applicarsi al momento della interruzione del trattamento in presenza.
XXVII Ciclo
1985
MOLINARI, ELENA. "Valutazione delle funzioni cognitive e della capacità di automonitoraggio delle emozioni in pazienti con neoplasia mammaria." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929107.
Повний текст джерелаEvaluation of cognitive functions and emotional intelligence in breast cancer patients.
Cesario, Jahrim Gabriele. "Progettazione e sviluppo di un sistema domotico integrato con assistente vocale a supporto di servizi socio-assistenziali basati su gamification." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23881/.
Повний текст джерелаToffanello, Elena D. "Vitamin D, Physical Performance and Neuropsychological Functioning in Elderly Subjects:The Pro.V.A Study." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422651.
Повний текст джерелаINTRODUZIONE Nelle ultime due decadi, è cresciuto l'interesse nei confronti dei ruoli extra-scheletrici della Vitamina D. Esperimenti in vitro avrebbero dimostrato la presenza di recettori per la vitamina D nel tessuto muscolare, documentando l'attività dei metaboliti attivi della vitamina sulla sintesi ex novo di proteine e sull'incremento di fibre muscolari di tipo II. Recettori della vitamina D (VDR) sembrano essere diffusi anche nel tessuto cerebrale e la forma biologicamente attiva della vitamina D (1,25OHD3) ha mostrato effetti neuroprotettivi compresa la clearance delle placche di amiloide. Diversi trials clinici sugli anziani avrebbero evidenziato come bassi livelli sierici di 25-idrossivitamina D (25OHD) si associno non solo a scarse performance motorie, ma anche a deterioramento cognitivo e aumentato rischio di depressione. Pertanto l'associazione tra vitamina D, performance fisica, funzioni cognitive e sintomi depressivi in età avanzata è diventato nell'ultima decade un argomento di grande interesse, con ampi e importanti risvolti clinici. Lo scopo dello studio è stato quello di verificare in un ampia popolazione di soggetti in età geriatrica, l'associazione tra stato della vitamina D, performance fisica e funzioni neuropsichiche. OBIETTIVI SPECIFICI DELLO STUDIO Sono stati presi in considerazioni i seguenti obiettivi: valutare la relazione tra i livelli sierici di 25OHD e diversi test di performance fisica, validati in ambito geriatrico, in grado di esplorare le capacità di equilibrio, la velocità di camminata, la capacità di coordinazione, la forza degli arti superiori e inferiori, e la capacità aerobica. Identificare livelli sierici di 25OHD “ottimali” ai fini della performance motoria in età avanzata. esplorare l'associazione a lungo termine tra i livelli sierici di 25OHD e il rischio di declino cognitivo a 4 anni. esplorare l'associazione tra i livelli sierici di 25OHD e il rischio di sviluppare sintomi depressivi a 4 anni. METODI I dati per questa analisi provengono dal Progetto Veneto Anziani (Pro.V.A.). Il campione di studio è costituito da uomini e donne di età superiore a 65 anni, residenti in comunità, i cui dati sulla performance fisica, sulla valutazione cognitiva e psicologica erano completi. Valutazione delle performance motorie: Le performance fisiche sono state valutate sulla base dei seguenti test standardizzati:11 Tandem test, TT (capacità di equilibrio statico): ai partecipanti è stato chiesto di mantenere l'equilibrio in tre diverse posizioni: una posizione side-by-side, una posizione semi tandem, e una posizione full-tandem. E’ stato registrato il tempo espresso in secondi in cui i pazienti hanno mantenuto le suddette posizioni; 5 timed chair stands, TCS (coordinazione e la forza): ai partecipanti è stato chiesto di alzarsi e sedersi dalla sedia per 5 volte di seguito il più rapidamente possibile, con le mani incrociate sul petto: è stato registrato il tempo, in secondi, necessario per completare il test; Gait speed, GS: è stata registrata la migliore performance realizzata in due passeggiate a passo normale, lungo un corridoio di 4 metri, registrando la velocità massima in metri al secondo. Ai partecipanti era permesso usare bastoni o deambulatori; 6-minute walking test, 6mw (capacità aerobica): ai partecipanti è stato chiesto di camminare alla loro andatura normale per 6 minuti, la distanza percorsa è stata registrata in metri; Handgrip and quadriceps strength: la forza di prensione della mano, in kg, è stata misurata utilizzando un dinamometro portatile JAMAR (BK-7498, Fred Sammons, Inc.). La forza muscolare (in Newton) degli estensori del ginocchio (quadricipite) e dei flessori dell'anca (ileopsoas) è stata determinata utilizzando un dinamometro manuale Nicholas (BK-7454, Fred Sammons, Inc.). Valutazione delle funzioni neuropsicologiche: Le funzioni cognitive sono state valutate al basale e al follow-up, con la somministrazione del Mini Mental State Examination a 30 items, secondo Folstein. Questo test è lo strumento neuropsicologico più diffuso e validato per misurare la funzione cognitiva in ambiente geriatrico. La diagnosi di demenza è stata effettuata da geriatri e psicologi esperti nel deterioramento cognitivo in base ai criteri stabiliti nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (quarta edizione). La depressione è stata valutata utilizzando la Geriatric Depression Scale (GDS), e un punteggio ≥ 11 è stato considerato indicativo di sintomatologia depressiva. Analisi statistica Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il programma SAS rel. 9.13 (Cary NC: SAS Institute), con significatività statistica p<0.05. Le caratteristiche dei partecipanti sono state analizzate utilizzando le medie (± deviazione standard) per le variabili continue e le percentuali per le variabili categoriali. Medie e proporzioni delle variabili analizzate sono state ottenute per quintili/terzili di distribuzione sesso-specifici dei valori sierici al basale di 25OHD o per le seguenti classi cliniche: deficienza (25OHD <50 nmol/L), insufficienza (25OHD compresa tra 50 e 75 nmol/L), sufficienza (25OHD >75 nmol/L). Le differenze tra le variabili categoriali sono state esaminate con il test del Chi-quadro, mentre per le variabili continue è stata condotta l'analisi della varianza (ANOVA), verificando il trend lineare tra livelli crescenti di 25OHD. Sono stati utilizzati modelli di regressione (GLM) per testare l'associazione indipendente tra i livelli di 25OHD e i test di perfomance motoria e neuropsichici. Fattori notoriamente associati ai livelli 25OHD e/o alla funzionalità fisica/cognitiva sono stati inseriti nei modelli di analisi come variabili confondenti. Al fine di individuare i livelli di 25OHD che si associano al migliore livello di performance fisica nell'anziano, abbiamo condotto un'analisi loess aggiustata per le variabili confondenti, per ciascun test di performance fisica. Sono stati utilizzati modelli di regressione logistica multivariata per determinare la relazione tra livelli sierici di 25OHD e il declino cognitivo clinicamente sensibile, definito come una riduzione del punteggio di MMSE di 3 o più punti al follow-up. Una analisi di regressione mediante random-effects è stata utilizzata per analizzare l'associazione tra livelli sierici di 25OHD e la variazione media del punteggio ottenuto al MMSE nel periodo di follow-up. Sono stati ottenuti infine modelli di regressione di Cox per verificare il potere predittivo dei livelli di 25OHD sull'insorgenza di sintomi depressivi a 4 anni. RISULTATI Inizialmente la popolazione dello studio consisteva di 2694 anziani, tutti residenti in comunità al momento dell'arruolamento: 1597 donne di età media 75,6 aa ± 7,5 aa (range 65-98 aa) e 1097 uomini, di età media 76,2 aa ± 7,8 aa (range 65-99 aa). La concentrazione sierica media di 25OHD era 65,0 nmol / L (± 41,3, range: 2,5-329) nelle donne, e 101,9 nmol / L (± 62,4, range: 2,5-441) negli uomini. Una carenza di vitamina D (25OHD livello <50 nmol / L), era presente nel 40% delle donne e nel 20% degli uomini, mentre una severa ipovitaminosi (25OHD <25 nmol / L) è stata identificata nel 13,5% delle donne e il 5,9% degli uomini. Tra i 2694 anziani reclutati al basale, 1904 hanno completato al follow-up la valutazione cognitiva mediante MMSE e sono stati inclusi nell'analisi per il declino cognitivo (media [DS] di follow-up, 4.4 [1,1] anni), mentre 1675 soggetti (363 M / 1039 F, età 65-99 anni) ha completato la valutazione mediante GDS e sono stati inclusi nelle analisi per il rischio di depressione. Associazione tra i livelli sierici di 25OHD e i test di performance motoria L'analisi di regressione lineare, aggiustata solo per l'età dei partecipanti, ha evidenziato una associazione significativa tra i livelli di 25OHD e il test della sedia (TCS) (p <.0001 nelle donne; 0,03 negli uomini), la velocità di camminata (GS) e il test del cammino di 6 minuti (6mW) (p <.0001, in entrambi i sessi), nonchè per la forza di prensione (p <0,0009 delle donne; <0,0001 negli uomini). Dopo l’aggiustamento per i fattori confondenti, un significativo trend lineare rimaneva evidente per la prova 6mW in entrambi i sessi (p = 0,0002 nelle donne; <.0001 negli uomini), per il test della sedia (TCS) solo nelle donne (p = .004), e per la velocità di camminata (p = 0,0006) e la forza di prensione (p = 0,03) negli uomini, come mostrato in Tabella 1a e 1b. L'associazione tra le concentrazioni sieriche di 25OHD e i risultati ottenuti ai test di performance motoria è rappresentata graficamente nelle Figure A, B, C e D, rispettivamente per il test della sedia, la velocità di camminata, la distanza percorsa in 6 minuti (6mW) e forza di prensione. Il tempo necessario per completare il test della sedia diminuisce significativamente all'aumentare dei livelli sierici di 25OHD, solo nei soggetti di sesso femminile: il miglior tempo di esecuzione del test si osserva per valori di 25OHD sierica compresi tra 20 e 100 nmol/L. Negli uomini ma non nelle donne, la velocità di camminata aumenta significativamente all'aumentare dei livelli di 25OHD fino a valori di vitamina prossimi a 100 nmol/L. L'incremento più significativo nel test della camminata veloce si osserva per valori di 25OHD compresi tra 50 e 75 nmol/L. La forza di prensione nei soggetti di sesso maschile aumenta progressivamente con i livelli di vitamina D, così come la distanza percorsa al test del 6mW, che aumenta per valori crescenti di 25OHD in entrambi i sessi. Per tutti i test considerati i tempi di esecuzione e le performance migliori si osservano, in entrambi i sessi, per valori di 25OHD sierici prossimi a 100 nmol/L. Per valori di 25OHD superiori non si sono osservati ulteriori miglioramenti di performance. Associazione tra livelli sierici di 25OHD, declino cognitivo e rischio di depressione. All'analisi logistica, aggiustando solo per il punteggio ottenuto al MMSE eseguito al basale, i partecipanti con deficit di vitamina D (25OHD < 50 nmol/L) o con insufficienza (25OHD compresa tra 50 e 75nmol/L) presentavano una probabilità maggiore rispetto a quelli con normali valori di 25OHD di avere un declino cognitivo clinicamente significativo a 4 anni come evidenziato in Tabella 2. Tale associazione risultava significativa, dopo il controllo per le variabili confondenti, solamente nei soggetti con carenza di vitamina D, mentre non era più significativa nei soggetti con insufficienza di 25OHD. I partecipanti con ipovitaminosi D avevano circa il 40% in più di probabilità rispetto ai soggetti con normali livelli di 25OHD di presentare un declino cognitivo clinicamente significativo al follow-up di 4 anni. Restringendo il campione ai partecipanti che non erano affetti da demenza al momento del reclutamento, l'associazione tra i livelli di 25OHD e declino cognitivo risultava ancor più evidente (Tabella 3), dal momento che non solo i soggetti con deficienza vitaminica ma anche quelli con valori di 25OHD tra 50 e 75 nmol/L risultavano essere a maggior rischio di declino cognitivo a 4 anni. All'analisi di regressione lineare aggiustata inizialmente solo per il punteggio del MMSE al basale (Tabella 4), i soggetti con deficit di 25OHD presentavano una diminuzione al punteggio di MMSE di circa due volte quello osservato nei partecipanti con livelli di 25OHD normali. Aggiustando l'analisi per le variabili confondenti, i partecipanti con deficit di 25OHD peggioravano in media di 1.59 punti/annui al MMSE. La differenza di punteggio di MMSE tra basale e longitudinale aumenta linearmente al ridursi dei valori sierici di 25OHD. Lo stesso pattern di associazioni si è osservato quando si è ristretto il campione ai partecipanti che non erano dementi al basale, come evidenziato in Tabella 4. In merito alla associazione tra livelli di vitamina D e rischio di depressione, il campione totale è stato suddiviso per terzili di distribuzione sesso-specifici di 25OHD sierica. Per i soggetti nei terzili più bassi di 25OHD, non si è osservato nessun incremento del rischio a 4 anni di sintomi depressivi, come evidenziato dall'analisi di regressione di Cox in Tabella 5. CONCLUSIONI Nel nostro campione di soggetti anziani italiani residenti in comunità abbiamo documentato una significativa associazione positiva tra le concentrazioni sieriche di 25OHD e i tests di performance comunemente utilizzati per la valutazione della motricità. Abbiamo inoltre evidenziato come in termini di outcomes muscoloscheletrici, livelli di vitamina D prossimi a 100 nmol/L sarebbero da considerarsi ottimali e quindi raccomandabili. Abbiamo inoltre evidenziato una associazione statisticamente significativa tra l'ipovitaminosi D intesa come livelli di 25OHD sierica inferiori a 50 nmol/L e e il rischio di declino cognitivo a 4 anni. Non solo, nei soggetti non affetti da impairment cognitivo, già per valori inferiori a 75 nmol/L si osserva un più rapido e significatico deterioramento a 4 anni. Pertanto valori superiori a 75 nmol/L sarebbero da considerarsi come raccomandabili per il loro potenziale effetto protettivo sul declino cognitivo. Infine non abbiamo osservato alcuna relazioni tra livelli di vitamina D e rischio di sviluppare sintomi depressivi a 4 anni. Sulla base dei risultati dell'attività di ricerca e considerata l’alta prevalenza di ipovitaminosi D nella popolazione anziana dell'Italia settentrionale, riteniamo utile promuovere la supplementazione di vitamina D nei soggetti che invecchiano. Mantenere i livelli sierici di 25OHD il più vicino possibile a valori di 100 nmol/L sembrerebbe efficace nel preservare la performance fisica e cognitiva dell'anziano. Infine ulteriori studi trials clinici randomizzati sono necessari per ottenere unanime consenso sulla soglia di 25OHD necessaria per evitare sia problemi di sotto che di sovra trattamento. TABELLE Tabella 1a: Medie (Standard Error) stimate dei risultati ottenuti ai test di performance fisica, per concentrazione sierica di 25OHD nelle donne: the Pro.V.A Study. Tabella 1b. Medie (Standard Error) stimate dei risultati ottenuti ai test di performance fisica, per concentrazione sierica di 25OHD negli uomini: the Pro.V.A Study Note: le medie aggiustate sono state ottenute mediante regressione lineare generalizzata (GLM). Il Modello 1 è aggiustato per età, BMI, abitudine al fumo, atività fisica, stagionalità, depressione, deterioramento cognitivo, filtrato glomerulare (GFR, secondo la formula MDRD). Il Modello 2 è aggiustato per le variabili nel Modello 1 plus comorbidità cardiovascolare, patologia osteoarticolare, BPCO, ipovisus. FIGURE Figure 1: Analisi grafica (Loess Plott) dell'associazione tra livelli sierici di 25OHD e il test della sedia (5 timed chiar stands, A), la velocità di camminata (gait speed, B), la distanza percorsa in sei minuti (6-minute walking distance, C), e la forza di prensione (handgrip strength, D) (linea sottile – per le donne, linea drappeggiata ••per gli uomini). Le curve sono aggiustate per le seguenti variabili: età, BMI, abitudine al fumo, atività fisica, stagionalità, depressione, deterioramento cognitivo, filtrato glomerulare (GFR, secondo la formula MDRD), comorbidità cardiovascolare, patologia osteoarticolare, BPCO, ipovisus. Tabella 2: Rischio Relativo (RR) di declino cognitivo clinicamente significativo a 4 anni (riduzione al punteggio di MMSE ≥ 3 punti) nei partecipanti dello studio Pro.V.A. in base a livelli basali di 25OHD. Serum 25OH vitamin D cut off levels, nmol/L <50 p-value ≥50 and < 75 p-value ≥75 Modello 1 1.96(1.50-2.41) <.0001 1.46(1.10-1.87) .01 1 [reference] Modello 2 1.37(1.23-1.78) .05 1.17(0.89-1.55) .24 1 [reference] I dati sono presentati come Rischio Relativo e intervallo di confidenza 95%. Modello 1: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale. Modello 2: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale, plus: età, sesso, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, dipendenza nelle ADL, sintomi depressivi, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH . Tabella 3: Rischio Relativo (RR) di declino cognitivo clinicamente significativo a 4 anni (riduzione al punteggio di MMSE ≥ 3 punti) nei partecipanti NON AFFETTI DA DEMENZA dello studio Pro.V.A. in base a livelli basali di 25OHD. Serum 25OH vitamin D cut off levels, nmol/L <50 p-value ≥50 and < 75 p-value ≥75 Modello 1 2.11(1.5-2.7) <.0001 1.59(1.1-2.0) .01 1 [reference] Modello 2 1.48(1.0-1.9) .03 1.39(1.0-1.9) .05 1 [reference] I dati sono presentati come Rischio Relativo e intervallo di confidenza 95%. Modello 1: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale. Modello 2: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale, plus: età, sesso, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, dipendenza nelle ADL, sintomi depressivi, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH Tabella 4: Variazioni medie per anno di follow-up, al punteggio di MMSE in tutti i partecipanti e nei soggetti non affetti da demenza al basale. I risultati sono presentati come Medie (Errore Standard) per ciascun livello di sierico di 25OHD All participants (n=1904) Non-demented participants (n=1724) Serum 25OHD levels, nmol/L Modello 1 Modello 2 Modello 1 Modello 2 ≥75 -1.13(0.14) -1.00(0.14) -1.24 (0.14) -1.48(0.14) ≥50 and < 75 -1.51(0.20) -1.20(0.20) -1.47(0.22) -1.52(0.21) <50 -2.24(0.19) -1.59(0.20) -1.97(0.21) -1.58(0.21) p-values for linear trend <.0001 0.04 <.0001 0.05 Modello 1: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale. Modello 2: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale, plus: età, sesso, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, dipendenza nelle ADL, sintomi depressivi, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH Tabella 5: Rischio di sintomi depressivi a 4 anni nei partecipanti dello studio Pro.V.A. I dati sono presentati come Hazard Ratio e Intervallo di Confidenza al 95% secondi i livelli sierici basali di 25OHD calcolati sui terzili di distribuzione sesso-specifici. Donne Uomini HR (95%CI) p –value HR (95%CI) p –value Terzile 1 vs 3 0.80(0.51-1.27) 0.35 0.95(0.50-1.82) 0.89 Terzile 2 vs 3 1.00(0.65-1.53) 0.98 1.38(0.74-2.55) 0.30 Analisi aggiustata per: età, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, performance motoria (punteggio ottenuto alla Short Physical Performance Battery) dipendenza nelle ADL, demenza, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH. Nelle Donne: terzile 1 ≤49 nmol/L, terzile 2 >49 and ≤ 81 nmol/L, terzile 3 >81 nmol/L; Negli Uomini : terzile 1 ≤80 nmol/L, terzile 2 >80 and ≤125 nmol/L, terzile 3 >125 nmol/L;
FEDELI, DAVIDE. "Individual neuroanatomical constraints on cognition and language." Doctoral thesis, Università Vita-Salute San Raffaele, 2021. http://hdl.handle.net/20.500.11768/122899.
Повний текст джерелаConverging evidence shows that individual differences in cognitive abilities are partly driven by neuroanatomical constraints determined during fetal life and largely unaffected by postnatal events. For instance, the large degree of intersubject variability in sulcal anatomy of the Anterior Cingulate Cortex has been associated with long-term differences in executive performance and functional activity. The consequences of these observations are far-reaching and represent a new perspective on the neural architecture of behavioral differences. On the other hand, neuroplastic processes continuously modify the brain organization in response to internal and external demands. This dissertation provides a systematic investigation on the dynamic interplay between early neuroanatomical constraints, environmental neuroplastic factors, brain activity, and cognitive performance across age. This work adopts a combination of complementary multimodal neuroimaging techniques (i.e., surface-based morphometry, structural and functional connectivity, and task-based fMRI), neuropsychological testing, and psycholinguistic assessment to better understand this complex relationship.
Muroni, Alessandro Franco. "FUNZIONI COGNITIVE E COMPORTAMENTO DI GUIDA: EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE DI SONNO, DEL CONSUMO DI ALCOLICI E DELLA CAFFEINA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10070.
Повний текст джерелаIl presente lavoro nasce da una riflessione in merito ad un problema di forte attualità: gli incidenti sonno e alcol correlati. Deprivazione di sonno e consumo di alcolici rappresentano una combinazione abbastanza comune, specialmente tra i giovani automobilisti (Banks et al., 2004). Diversi ricercatori, con lo scopo di dare un contributo alla soluzione di questo problema, hanno focalizzato il loro interesse nel settore della sicurezza stradale. Numerose ricerche (Brown, 1994) (Marcus et al., 1996) (Horne et al., 1995) (Horne et al., 1999) (Connor et al., 2001) si sono occupate di studiare la relazione tra deprivazione di sonno e prestazione di guida ed è ormai universalmente riconosciuto che questa variabile rappresenta un fattore di rischio per la sicurezza stradale. Così come gli effetti negativi indotti dalla deprivazione di sonno sulla prestazione di guida, anche quelli dell’alcol sono universalmente riconosciuti e anch’esso è considerato un fattore di rischio per la sicurezza stradale (Liguori et al., 1999) (Lenne et al., 1999) (Shults et al., 2001). Diversi altri ricercatori (Roehrs et al., 1994) (Arnedt et al., 2000) (Horne et al., 2003) (Banks et al., 2004) (Barret et al., 2004) (Barret et al., 2005) (Vakulin et al., 2007) (Howard et al., 2007) si sono invece focalizzati oltre che sullo studio dei singoli effetti di questi fattori anche sul loro effetto combinato, trovando generalmente che sia la deprivazione di sonno che l’alcol, singolarmente, producono un peggioramento della prestazione di guida e che il loro effetto combinato sembra causare un più importante peggioramento. La guida è un comportamento complesso e multifattoriale che richiede il possesso di numerose abilità, alcune delle quali si svolgono coscientemente ed altre attraverso processi automatici; nell’esecuzione di questo comportamento i processi cognitivi giocano un ruolo centrale (Weaver et al., 2009). Poche ricerche si sono occupate di valutare gli effetti combinati di questi due fattori sugli aspetti cognitivi sottostanti al comportamento di guida. Partendo da tale background, nel presente lavoro si è ritenuto potesse essere interessante approfondire questo aspetto. Ci si è posti quindi come primo obiettivo quello di valutare gli effetti, singoli e combinati, della deprivazione di sonno e del consumo di alcolici sull’attenzione e sui processi di inibizione, due variabili considerate di estrema importanza per esecuzione del comportamento di guida (Brown, 1994). In merito al concetto di attenzione, tra i tanti modelli che lo hanno teorizzato si è scelto di fare riferimento a quello di Posner (Posner e Raichle, 1994); in merito al concetto di inibizione si è scelto invece di fare riferimento al modello di Logan (Logan e Cowan,1984a). Oltre a questi aspetti oggettivi si è scelto di valutare l’effetto di questi fattori anche su alcuni aspetti soggettivi, in particolare sul vigore, sull’umore e sulla sonnolenza percepita. Oltre a ciò, tenendo in considerazione che alcuni studi presenti in letteratura (Horne et al., 1996) (Reyner et al., 2000) (De Valk et al., 2000) (Horne et al., 2001) (Reyner et al., 2002) (Biggs et al., 2007) (Gershon et al., 2009) (Mets et al., 2011) suggeriscono che gli energy drink, o la caffeina in essi contenuta, sembrano essere una buona contromisura per contrastare gli effetti della deprivazione di sonno sulla prestazione al simulatore di guida e su alcuni indici dell’attenzione, nel presente lavoro ci si è posti come secondo obiettivo quello di valutare se questa sostanza può essere una valida contromisura anche per contrastare gli effetti singoli e combinati di questi due fattori, sulla prestazione attentiva e sui processi di inibizione. Si è scelto di studiare questi aspetti cognitivi in determinate fasce orarie, considerate potenzialmente rappresentative di alcune situazioni reali. Nello specifico, si è scelto di studiare la prestazione cognitiva alle 5:00 del mattino, orario di chiusura delle discoteche invernali, e alle 9:00 del mattino, orario di chiusura delle discoteche estive. Inoltre si è scelto di valutare la performance cognitiva alle 12:30, orario dell’aperitivo precedente al pranzo, e alle 20:00, orario dell’aperitivo precedente alla cena. In estrema sintesi i risultati sembrano indicare un’influenza selettiva della deprivazione di sonno e del consumo di alcolici, sia singolarmente che in forma combinata, sulle componenti cognitive indagate. Le componenti di Alerting fasico e Orienting sembrano non risentire, o risentire minimamente, degli effetti di questi fattori. A differenza, sembrerebbe che lo stato di allerta e il controllo esecutivo siano le componenti cognitive maggiormente influenzate negativamente da questi fattori, sia singolarmente che in associazione. Un aspetto interessante, che merita di essere enfatizzato, è che l’associazione tra deprivazione di sonno, sia parziale che totale, ed un tasso alcolemico superiore a quello consentito dalla legge per poter guidare sembra avere un effetto, o in alcuni casi una tendenza, che porta a sovrastimare i livelli di vigore percepiti soggettivamente, facendoli percepire superiori a quelli realmente osservati. Considerata da questo punto di vista, l’associazione tra deprivazione di sonno e consumo di alcolici risulta essere ancora più preoccupante. Infatti sembrerebbe che, durante una nottata insonne, consumare alcolici fino a superare il limite legale consentito per poter guidare potrebbe essere alla base della scelta di mettersi comunque alla guida di un veicolo, pur non avendo uno stato psicofisico adatto per poterlo fare in sicurezza. Relativamente all’assunzione di caffeina quale contromisura per contrastare gli effetti della deprivazione di sonno e dell’alcol sul sistema cognitivo, sembrerebbe che una bassa quantità, circa pari a quella assunta con un caffè o altri alimenti comuni, non sia sufficiente per ripristinare né lo stato di allerta né tantomeno la velocità e l’accuratezza della risoluzione dei conflitti cognitivi. Sembrerebbe invece che 100 milligrammi di questa sostanza possano avere un effetto positivo che sembra migliorare la capacità di inibizione di una risposta dominante, quando compromessa dalla deprivazione totale di sonno o dalla deprivazione totale di sonno associata al consumo di alcolici. Tuttavia, risulta opportuno mantenere una certa prudenza nel trarre conclusioni e ricercare ulteriori conferme scientifiche.
XXV - Ciclo
1980
STEFANELLI, SILVIA. "Le competenze numeriche prescolari e il ruolo dei processi dominio-generali in bambini a sviluppo tipico e in soggetti in età evolutiva con Sindrome di Down." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1200418.
Повний текст джерелаThe present work aims to explore early mathematical competences in typically developing children and in individuals with Down syndrome. The period between 2 and 6 years is crucial for numerical abilities because there is a connection between innate numerical representation and cultural and social acquisition. The co-existence of number-specific and domain-general processes allows the development of numerical skills: the formers are linked to the numerical cognition, the domain-general processes include reasoning, language, and executive functions. In this period children show the ability to use mental representations and develop different cognitive abilities, like Gf factor and executive functions. The first study investigated early mathematical competences and domain-general processes in children between 4 and 5 years old. A battery of tasks assessing numerical competences, fluid reasoning, logical thinking, receptive language, and executive functions have been administered to a group of 71 typically developing children divided into groups based on their age (4-4.5 vs 4.6-4.11). The results revealed that the younger group performed at a significantly lower level on tasks assessing symbolic mathematical skills and counting. The mental additions and quantity discrimination performances were similar between the two groups. Furthermore, there were significant differences between the two groups on logical thinking, inhibition and sustained attention tasks. The results showed significant correlations between domain-general processes and concomitant mathematical competences, but the effects of these associations were different for the two groups. The second research analysed the same cognitive tasks in individuals with Down syndrome. Intellectual disability has been identified as one of the most important features in this population. The behavioral phenotype of individuals with Down syndrome is characterized by language impairments, limited memory span, and deficits in executive functions and learning abilities. The battery has been administered to a group of 11 individuals with Down syndrome and 11 typically developing children matched for mental age, assessed with the Operazioni Logiche test. The findings revealed that the group of participants with Down syndrome performed at a significantly lower level of quantity discrimination, grammatical comprehension, and short-term verbal memory tasks. Moreover, individuals with Down syndrome read better Arabic numbers than the control group. The results showed differences between the two groups on the quantity and quality of the relationships between domain-general processes and mathematical competences. Certainly, more researches on typically developing and Down syndrome children are needed, but these findings have shown significant similitudes and differences between typical and atypical population and the importance of a neuropsychological assessment. It should include mathematical competences, EF, language, fluid reasoning, and logical thinking. This approach could be useful for identifying strengths and weaknesses in the profiles.
Cazzorla, Chiara. "Valutazione della qualità di vita in pazienti con malattie metaboliche rare in età adulta. Analisi delle variabili che maggiormente influenzano la percezione soggettiva di benessere fisico e psicologico, con particolare attenzione ad un gruppo di pazienti affetti da Galattosemia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3421758.
Повний текст джерелаLe malattie metaboliche ereditarie (MME), o difetti congeniti del metabolismo, rappresentano un vasto ed eterogeneo sottogruppo di malattie genetiche caratterizzate dalla disfunzione di un enzima, di una proteina o di altre molecole più complesse coinvolte nel metabolismo cellulare, con conseguente perturbazione dello stesso. La valutazione della qualità della vita percepita dal soggetto rappresenta in medicina un aspetto molto importante al fine di enfatizzare l'importanza dei bisogni percepiti da ciascun paziente. L'obiettivo del presente studio inizialmente è nato dalla volontà di analizzare quali variabili potessero influenzare maggiormente la percezione soggettiva di una buona qualità di vita, in pazienti affetti da una patologia metabolica. Durante il corso dello studio l'attenzione si è spostata principalmente sull'analisi della funzionalità cognitiva, intesa come variabile notevolmente influenzante la percezione che ogni paziente ha relativamente, al proprio benessere fisico e psicologico. A questo proposito si riporta l'analisi compiuta su di un gruppo di pazienti affetti da Galattosemia, con l'obiettivo di : valutare e quantificare le funzioni cognitive, stabilire una possibile correlazione tra genotipo e fenotipo del campione, valutare l'eventuale relazione esistente tra il quadro biochimico di ogni singolo paziente (livelli di galattosio totale plasmatico) ed il quadro neuropsicologico e neurologico. E' stata analizzata in modo retrospettivo la storia clinica di 7 pazienti con galattosemia, 3 in età pediatrica e 4 in età adulta. Le alterazioni cognitive evidenziate in modo eterogeneo nel campione adulti sono: aprassia verbale, aprassia costruttiva,deficit delle capacità attentive,alterazioni delle capacità percettivo gnosiche. Ad un'attenta analisi dei pazienti inoltre, emerge la presenza di specifici aspetti di personalità.
Accardo, Vivian. "EFFICACIA DELLA RIABILITAZIONE FUNZIONALE SUL FUNZIONAMENTO COGNITIVO E PSICOSOCIALE NEI PAZIENTI CON DISTURBO BIPOLARE: UNO STUDIO CONTROLLATO RANDOMIZZATO." Doctoral thesis, Università degli studi di Brescia, 2022. http://hdl.handle.net/11379/563600.
Повний текст джерелаIntroduction: Cognitive dysfunction is a major feature of bipolar disorder (BD), strongly associated with patients’ functional outcome. Functional Remediation (FR) is a psychosocial intervention, developed by the Bipolar and Depressive Disorders Unit of the Hospital Clinic of Barcelona, exclusively designed on the specific characteristics of bipolar patients, aimed at improving neurocognition in order to achieve a functional recovery (Martinez-Arán et al., 2011). FR program is built on a neuro-cognitive-behavioral approach, manualized and evidence-based, and its distinctive feature is that it focuses on the overall psychosocial functioning, in a group format (Martinez-Arán et al., 2011; Torrent & Vieta 2016). FR, within a highly ecological context, provide neurocognitive strategies and techniques, including psychoeducation about the main neurocognitive impairments associated with BD, such as attention, memory and executive functions (Martinez-Aran et al. 2004) and their influence on everyday life, which can result in psychosocial difficulties (Vieta et al., 2018). The main aim of FR is to facilitate generalization and the transfer of learned cognitive abilities and useful strategies to better manage daily life, with the ultimate goal to restore psychosocial functioning in BD (Martínez-Arán et al., 2011; Bonnin et al., 2014). FR efficacy was validated in a multicentric, randomized, rater-blind trial, comparing FR with psychoeducation and treatment as usual - TAU, which indicated an improvement in general psychosocial functioning, principally in the interpersonal and occupational domains (Torrent et al., 2013). FR is also effective in improving psychosocial functioning in both bipolar disorder type I and II (Solé et al., 2015).¬¬ Objectives: to evaluate the effectiveness of FR in improving psychosocial functioning (measured by Functioning Assessment Short Test - FAST) and neurocognitive impairments (measured by Brief Assessment of Cognition in Affective Disorders - BAC-A), in a sample of euthymic patients with BD. Methods: In a randomized, rater-blinded, controlled study of 24 out-patients with BD-I and BD-II, according to DSM-5 criteria, FR (N=12) was compared with TAU (N=12) over 21 weeks. Pharmacological treatment was kept stable in both two groups. The primary outcome was change in psychosocial functioning measured by means of the FAST, from baseline to endpoint. Results: At the end of the study, all 24 patients finalized the treatment phase. Statistical analyses revealed that the FR group improved significantly with respect to functional outcome variables (p=.011), from the baseline to the end of the programme, at 6 months, compared to the TAU group. Significant improvements have been identified in the FAST sub-domains relating to autonomy, professional functioning, financial issues and interpersonal relations. No significant effects of the FR intervention group on neurocognitive variables were detected. Conclusions: Findings are promising and confirm the importance to new personalized non-pharmacological interventions in BD, in order to improve not only affective symptoms, but also cognitive and functional dysfunctions, with the final goal to achieve full functional recovery and ameliorate the quality of life of BD patients’.
IORIO, CARLA. "Valutazione delle funzioni cognitive e ruolo dei temperamenti affettivi in soggetti giovani con Seasonal Affective Disorder e con Sub-syndromal Seasonal Affective Disorder." Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2021. http://hdl.handle.net/11697/169734.
Повний текст джерелаCASTELLANO, FILIPPO. "Funzioni Esecutive e Facial Emotion Recognition in Persone Affette da Schizofrenia: ruolo del Polimorfismo del COMT e dell'Abuso di Alcol e Sostanze." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/94538.
Повний текст джерелаBACKGROUND: cognitive and genetic features are increasingly important in the study of schizophrenia. The impairment of executive function (FE) and facial emotion recognition, are central issues in schizophrenic disease. To date, however, the paradigm of the (dis) cognitive functioning in schizophrenia is based on studies that excluded subjects with schizophrenia and a history of substance abuse (SUD)(5), which is actually a phenomenon that showed a derogatory impact on cognition in the population with substance use disorder. The literature has also over the years defined polymorphisms potentially implicated in both schizophrenia and in alcohol and substance use disorders, such as the one (rs4680) related to the gene of catechol-O-methyltransferase (COMT). Given the prevalence of the phenomenon and the association between cognition, functional outcome and genetic polymorphisms, the study of these related in schizophrenic patients with substance abuse is an important issue for a more precise stratification diagnosis, prognosis and treatment. AIM: to evaluate the impact of the COMT polymorphism and alcohol and substance abuse on cognitive performance in a population of subjects with schizophrenia. MATERIALS AND METHODS: this is a observational study. We recruited 62 subjects (M = 50, F = 12) diagnosed with schizophrenia according to DSM-IV (assessed by the Structured Clinical Interview for DSM-IV, SCID I). The sample was subdivided according to the presence or not of alcohol abuse and related substances (evaluated with the Alcohol and Drug Use Scale -Aus and DUS) into two groups (SKZ+SUD and SKZ-SUD), which were then compared with regard to socio-demographic and clinical characteristics (Positive and Negative Syndrome Scale - PANSS). It was then analysed the association between the condition of abuse, COMT polymorphism and score on Intra-Extra Dimensional Shift September (IED), which evaluates the FE and on test Ekman, evaluating the FER, controlling for socio-demographic and clinical variables. RESULTS: the two groups SKZ+SUD (n= 8) and SKZ-SUD (n = 34) show a statistically significant difference by age with mean (SD) of 47.21 (9.41) in abusers and 36.04 (10.09) in non-abusers (p <0.001). Abusers tend to make fewer errors on IED (IED errors adjusted Total 47.32 (47.77) vs 70.59 (70.84); p = 0:26), fewer trials (IED trials Total Adjusted 136.61 (85.65) vs 178.35 (128.02); p = 0:24) to reach the criterion to overcome the stage and a greater number of stages completed (IED stages completed 7.79 (2.11) vs 6.85 (3.12), p = 0:35). Abusers (mean = 41.86 (7:50)) show a score statistically higher (p = 0.02) compared with non-abusers (mean = 35.29 (11.79) on Ekman test. On IED (stage completed), checking for the PANSS, the Met-Met genotype compared with Val-Val genotype was different in the group of abuse compared with the group not abusing (interaction coefficient -4.09 CI [-8.06, -0.13]; p = 0.043): Met-Met show a worse performance than in the group of Val-Val. The same type of interaction is confirmed also with regard to the Ekman , although not reaching statistical significance (interaction with coefficient -6.46 CI [-0.83, 13.76]; p = 0.081). CONCLUSIONS: subjects with schizophrenia and substance abuse seems to be less compromised from a neuropsychological point of view than those without abuse. Furthermore it is shown an interaction between the polymorphism for COMT gene and the condition of alcohol and substance abuse with regard to the FE and FER performance.
TRIMARCHI, PIETRO DAVIDE. "Rappresentazioni mentali della musica: studi comportamentali sull'interazione uditivo-motoria durante l'analisi dell'altezza dei suoni e brain imaging funzionale della rappesentazione del ritmo." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19199.
Повний текст джерелаLodi, Alessandra. "Effects of a ketogenic mediterranean diet on physiological and psychological variables." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422769.
Повний текст джерелаLe diete chetogeniche sono diete in cui l’introito netto di carboidrati, calcolato sottraendo la quantità di fibre dai carboidrati totali, è tra 20 e 50 g/gg (<10% dell’apporto energetico totale) con una proporzione variabile di proteine e grassi (Noakes, Windt 2017). In queste condizioni le riserve di glicogeno sono esaurite (Paoli, Canato et al. 2011), il livello di insulina è basso e il metabolismo energetico dipende prevalentemente dall’ossidazione dei grassi. Le diete chetogeniche portano un aumento significativo dei livelli circolanti dei corpi chetonici β-idrossibutirrato, acetoacetato e acetone (Veldhorst, Westerterp et al. 2010). Mentre sia l’acetoacetato che il β-idrossibutirrato vengono utilizzati come energia, l’acetone è volatile ed è eliminato attraverso l’espirazione, dando all’alito quella nota “fruttata” tipica della chetosi, oppure attraverso i reni (Paoli, Canato et al. 2011). La concentrazione ematica dei corpi chetonici in individui sani che seguono una dieta costituita prevalentemente da carboidrati è 0,1 mmol/L e può salire fino a 0,3 mmol/L dopo il digiuno notturno, ma dopo venti giorni di digiuno il livello di corpi chetonici può salire oltre 10 mmol/L. Una dieta è considerata “chetogenica” quando produce un aumento del livello di β-idrossibutirrato superiore a 0,6 mmol/L (Wiggam, O'Kane et al. 1997) oppure se il rapporto molare tra il glucosio e il β-idrossibutirrato ematici è uguale o minore di 1 (Meidenbauer, Mukherjee et al. 2015). Dato che i chetoni acetoacetato e β-idrossibutirrato sono acidi, lo stato di chetosi implica una condizione di acidosi. Siccome il pH del sangue è 7,4 e la pKa dell’acetoacetato è 3,8 e quella del β-idrossibutirrato è 4,8, questi acidi circolano nel sangue in forma dissociata e sono eliminati insieme agli ioni sodio e potassio (Siliprandi & Tettamanti 2011) . Questa perdita di cationi porta una diminuzione del pH che viene normalmente tamponata dal corpo tranne quando l’assunzione di sodio e potassio è impedita (Phinney 2004) oppure in caso di diabete scompensato, quando c’è una sovrapproduzione di corpi chetonici con livelli superiori a 20 mmol/L e conseguente riduzione del pH. Il biochimico Hans Krebs fu il primo a distinguere la chetosi fisiologica da quella patologica (Krebs 1966). Per i muscoli scheletrici e cardiaco, che utilizzano normalmente i grassi, l’utilizzo dei corpi chetonici a scopo energetico è un vantaggio relativo, mentre per il sistema nervoso centrale, in cui l’accesso degli acidi grassi è impedito dalla barriera ematoencefalica, la disponibilità dei corpi chetonici è un importante surrogato del glucosio, che è il substrato abituale dei neuroni. Durante il digiuno, in dieta chetogenica e nei neonati, il cervello utilizza i corpi chetonici come combustibili principali al posto del glucosio (Laeger, Metges et al. 2010), proporzionalmente al grado di chetosi (Hartman, Gasior et al.). Il β-idrossibutirrato è il principale corpo chetonico circolante e il suo trasporto attraverso la barriera ematoencefalica avviene sia mediante diffusione che attraverso i trasportatori MCT1 e MCT2, dei quali i primi aumentano durante una dieta chetogenica (Newman, Verdin 2014). Quest’azione complementare tra il fegato, che produce i corpi chetonici in assenza di carboidrati, e il sistema nervoso centrale che li può utilizzare, è un evento molto importante che fu determinante per la sopravvivenza della specie umana nei millenni. La mia ricerca si è focalizzata su tre importanti aspetti delle diete chetogeniche - connesse alla perdita di peso - che richiedevano di essere approfonditi: 1. il mantenimento del peso perso dopo una dieta chetogenica: il mantenimento del peso perso a lungo nel tempo è impegnativo e la paura di ritornare velocemente al peso iniziale è comune, tanto che questo fenomeno viene chiamato “effetto yo-yo". A questo proposito, le diete a basso contenuto di carboidrati sono note per portare risultati migliori rispetto alle diete a basso contenuto di grassi in termini di perdita di peso (Shai, Schwarzfuchs et al. 2008c), ma non di “compliance” (adesione al protocollo) (Greenberg, Stampfer et al. 2009). Recentemente, Sumithran e collaboratori hanno dimostrato che l'aumento dei livelli circolanti di grelina e del livello di appetito tipici di una dieta ipocalorica erano minori durante un protocollo chetogenico (Sumithran, Prendergast et al. 2013). Abbiamo quindi ipotizzato che alcuni aspetti della dieta chetogenica come il mantenimento della massa muscolare, del metabolismo energetico basale e la stabilità del principale ormone oressigenico (grelina) combinati con gli effetti benefici della nutrizione tradizionale mediterranea, potessero favorire la perdita di peso a lungo nel tempo. Lo scopo del nostro studio è stato quindi quello di indagare l'effetto sul peso e sulla composizione corporea di due brevi periodi di una dieta chetogenica modificata, cioè una dieta fitochetogenica mediterranea (KEMEPHY) (Paoli, Cenci et al. 2010a, Paoli 2011, Paoli 2012) intervallata da 2 periodi più lunghi di dieta di mantenimento basata sulla dieta mediterranea tradizionale per un periodo totale di 12 mesi. I soggetti reclutati erano obesi o in sovrappeso e lo studio è stato retrospettivo. Abbiamo analizzato 89 soggetti (uomini e donne) di età compresa tra i 25 e i 65 anni che erano in uno stato di buona salute generale benchè fossero obesi (IMC medio 35.82 ± 4.11 kg/m2). I risultati di questo studio hanno dimostrato che la maggioranza dei soggetti ha ottenuto una significativa perdita di peso (10%) a seguito delle due fasi di dieta chetogenica e l’aderenza al protocollo è stata alta sia durante i sei mesi di perdita di peso sia nei successivi sei mesi di mantenimento, senza riacquisto del peso. Inoltre, il protocollo proposto ha portato miglioramenti nella maggior parte dei soggetti dei livelli di parametri importanti per la salute (colesterolo totale, colesterolo LDL, trigliceridi e livelli di glucosio). L’alta “compliance” è stato un fattore determinante per i risultati ottenuti; 2. la formulazione di nuovi prodotti a basso contenuto di carboidrati per sopperire alla mancanza del sapore dolce durante una dieta chetogenica: un aspetto delle diete chetogeniche difficile da tollerare nel lungo tempo, soprattutto per chi ha una spiccata preferenza per i dolci, è la mancanza di questo sapore. In dieta chetogenica è necessario mantenere un basso livello di glicemia (circa 80-90 mg/dL) per evitare i picchi di insulina (Paoli, Canato et al. 2011) e permettere così ai soggetti di migliorare l'ossidazione dei grassi come dimostrato da Paoli et al. (Paoli, Grimaldi et al. 2012) e da Tagliabue et al. (Tagliabue, Bertoli et al. 2012). Oggi la nuova tecnologia alimentare, che è in grado di costruire prodotti ultra-processati con un contenuto di zucchero molto basso e un alto contenuto di proteine e fibre, può aiutare a risolvere questo problema, formulando prodotti di elevata appetibilità in un formato pronto per il consumo, utili sia in chetosi che in diete ipoglucidiche più moderate. Di solito i prodotti ultra-processati mancano di proteine e fibre e producono picchi post-prandiali di glucosio e insulina (OPS WHO 2015) . Questo effetto provoca un forte desiderio di cibo con una preferenza per i carboidrati ad alto indice glicemico (Lennerz, Alsop et al. 2013), fenomeno definito come "carb-craving" (Ventura, Santander et al. 2014). Al fine di analizzare l'effetto di 10 diversi alimenti ultra-processati ad alto contenuto proteico e basso contento di carboidrati sulla glicemia, abbiamo reclutato 14 donne sane e abbiamo testato la loro risposta glicemica attraverso il metodo del punteggio glicemico (“glucose-score”, GS). Tutti gli alimenti testati hanno prodotto, rispetto al glucosio, una risposta glicemica significativamente inferiore e il loro GS è risultato inferiore a 25 (rispetto al valore di riferimento del GS del glucosio che è 100). Abbiamo quindi concluso che la riformulazione di prodotti ultra-processati pronti al consumo in una versione ad alto contenuto proteico e basso contenuto di carboidrati è in grado di produrre una risposta glicemica significativamente più bassa, pur mantenendo l'alto valore del pratico formato pronto per l'uso e l'alta appetibilità richiesta dai consumatori, facilitando quindi l'adesione a una dieta chetogenica di individui che tendono ad avere una forte preferenza per i cibi dolci; 3. l’effetto delle diete chetogeniche sulle funzioni cognitive: il range di variazione della glicemia o dei corpi chetonici nel sangue di soggetti non diabetici è ampia e ciascuno di essi può essere utilizzato come energia dal cervello. I dati sugli effetti della variazione dei livelli di glicemia e chetonemia sulle funzioni cognitive di esseri umani sani dopo diversi tipi di dieta sono scarsi. Lo scopo di questo studio è stato confrontare gli effetti della variazione di glicemia e chetonemia dopo dieci giorni di due differenti diete chetogeniche e di una dieta mediterranea ipocalorica (MD) sulla memoria di lavoro e sulle funzioni esecutive in 63 giovani donne sovrappeso, sedentarie e in buona salute (IMC> 25, età: 20-35) che sono state reclutate nella zona universitaria. I soggetti sono stati divisi in gruppi in base al giorno di inizio della loro fase follicolare per minimizzare gli effetti ormonali sull'umore e le misurazioni basali sono state effettuate cinque giorni prima dell'inizio del protocollo dietetico. I seguenti controlli sono stati fissati al giorno di inizio della dieta (t1), al terzo (t3), al quinto (t5), al settimo (t7) e all'ultimo giorno (t10). Al controllo iniziale è stato misurato il peso dei soggetti ed è stata eseguita un'analisi impedenziometrica. I soggetti hanno poi assunto una colazione ad alto contenuto di carboidrati e hanno completato i test psicologici. Al t1, T3, T5, T7 e t10 sono stati misurati il livello dei corpi chetonici e la glicemia, così come i livelli di appetito. Nel giorno dell'ultimo controllo (T10) i soggetti hanno ripetuto l'analisi impedenziometrica, la misura del peso corporeo e, dopo la colazione (ogni gruppo ha assunto una colazione diversa a seconda della dieta prescritta), hanno completato i test psicologici. I test psicologici consistevano in un test sull'umore, due compiti cognitivi, uno per indagare la memoria di lavoro (“visuo-spatial n back”) e uno per analizzare le funzioni esecutive (“inhibitory control task”) e in una scala VAS per testare il livello di appetito. 45 soggetti hanno completato lo studio. Considerando tutti i partecipanti insieme, i livelli di glucosio pre-dieta correlavano positivamente con il tempo di reazione nel “go-trial” del test delle funzioni esecutive (r(43) = 0,358, p = 0,018), ma questa relazione non è stata trovata nel post-dieta, sia quando i soggetti sono stati analizzati tutti insieme che quando i soggetti sono stati divisi in base al tipo di dieta seguita. Nello stesso test psicologico, nel post-dieta la misura della chetonemia ha mostrato una correlazione negativa con l'accuratezza ai compiti “no-go” (r(29) = -0,455, p = 0,027). Possiamo quindi concludere che giovani soggetti in sovrappeso con livelli di glicemia inferiori al livello di pre-diabete sono stati influenzati negativamente da una colazione ad alto contenuto di carboidrati nel corso di un test di funzioni esecutive. Inoltre, l'effetto di moderati livelli di corpi chetonici (2 ± 1,3 mmol / L) ha nfluenzato negativamente l'accuratezza nelle prove “no-go” del test sulle funzioni esecutive.
Cavallieri, Francesco. "STUDIO SULL'ASSOCIAZIONE TRA SINTOMI ASSIALI, ALTERAZIONI COGNITIVE, VARIABILI CLINICO-STRUMENTALI DELLA FUNZIONE MOTORIA E DEPOSIZIONE DI BETA-AMILOIDE CEREBRALE IN PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON SOTTOPOSTI AD INTERVENTO DI STIMOLAZIONE CEREBRALE PROFONDA DEL NUCLEO SUBTALAMICO." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1278341.
Повний текст джерелаBackground Subthalamic nucleus deep brain stimulation (STN-DBS) represents a long-term effective treatment in advanced Parkinson's disease (PD). STN-DBS allows a stable improvement of motor complications, tremor and rigidity with a less relevant effect on axial symptoms (i.e. gait and balance symptoms, speech and swallowing troubles) and cognitive decline, which are the main causes of long-term disability. Many studies have analysed axial symptoms in PD patients with an instrumental approach focusing only on gait and postural alterations or speech disturbances. The very few studies that have instrumentally assessed the whole spectrum of axial symptoms in PD have showed the presence of similarities between spatial-temporal gait and speech parameters. Anatomopathological data have confirmed that the neurodegeneration of central dopaminergic pathways, considered the hallmark of PD, is accompanied by a contemporary involvement of other neurotransmitter pathways (i.e. cholinergic, serotoninergic). Prevalent involvement of cholinergic system is associated with a clinical “cholinergic” phenotype dominated by axial symptoms, early cognitive deterioration and cerebral Amyloid-β (Aβ) deposition. Objectives - To compare the efficacy of STN-DBS and levodopa on axial symptoms. - To evaluate the correlation between axial symptoms, cognitive alterations and brain Aβ deposition in a cohort of PD patients operated on with bilateral STN-DBS. - To assess the evolution over time of axial symptoms. - To evaluate the influence of anatomical location of the active STN-DBS contact on axial symptoms. Methods Retrospectively clinical and instrumental data from 30 PD patients operated on with bilateral STN-DBS from January 2012 to December 2018 were collected. Each patient has been reevaluated three to seven years after surgery: axial symptoms have been studied applying a standardized clinical-instrumental approach with the contemporary analysis of speech, gait and postural parameters. Disease severity was assessed using the Unified Parkinson's Disease Rating Scale (UPDRS). Each patient has been studied in different stimulation and drug conditions: preoperative off-medication and on-medication conditions; postoperative on-stimulation/off-medication, off-stimulation/off-medication and on-stimulation/on-medication conditions (single and dual task). Each patient underwent a complete neuropsychological assessment and a [18F]flutemetamol positron emission tomography (PET). The anatomical location of the active STN-DBS contact will be calculated merging postoperative computed tomography (CT) imaging with preoperative magnetic resonance imaging (MRI) through a dedicated planning software. Results 25 patients were recruited from September 2019 to October 2021. Comparing the three postoperative conditions, both stimulation alone and the combination of stimulation and medications led to an improvement of motor score and gait parameters. Both stimulation and levodopa had an heterogenous effect on speech. Seven patients undergone [18F] flutemetamol PET and only in one of them brain Aβ deposition was detected. The complete neuropsychological assessment was performed in 13 patients: in 8 of them a clear worsening of cognitive function was found compared to the preoperative values while in the remaining five patients the assessment was comparable to the preoperative evaluation. Conclusions Even if in a preliminary analysis, our data highlights that STN-DBS could improve motor scores and gait parameters in the long-term after surgery, with mixed effect on speech parameters. Cognitive worsening was variable within the group. More data are needed for the evaluation of the possible correlation between brain Aβ deposition and axial and cognitive alterations.
CLAUSI, SILVIA. "Ruolo delle interazioni cerebello-corticali nella modulazione delle funzioni cognitive." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11573/918052.
Повний текст джерелаBUZZAI, CATERINA. "Oltre il QI: una valutazione funzionale del potenziale cognitivo." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11570/3147130.
Повний текст джерелаMASCIA, GIUSEPPE. "Effetti della terapia di resincronizzazione cardiaca sul profilo cognitivo, funzionale e psicologico del paziente." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1089769.
Повний текст джерелаGalora, Silvia. "Studio di fattori di rischio cardiovascolari correlati al decadimento funzionale e cognitivo in una comunità anziana del Mugello." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1189396.
Повний текст джерелаGANGEMI, ANTONIO. "Studi neurofisiologici e neuropsicologici degli effetti del trattamento combinato della stimolazione transcranica a correnti dirette (tDCS) e del potenziamento cognitivo sul recupero funzionale dei deficit cognitivi e sui processi di neuroplasticità nelle patologie in fase cronica." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3104358.
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