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Tarantino, Francesco. "Il voto degli italiani all'estero: le difficoltà incontrate in Argentina nell'attuazione delle norme." Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 57, no. 1 (June 30, 2007): 5–52. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-10223.

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La complessa riforma del voto all'estero Il passaggio delle norme alla prassi in Argentina, alla vigilia delle elezioni politiche 2006 La formazione degli elenchi elettorali: uno spunto di riflessione sulla certezza del voto L'invio e il recapito dei plichi elettorali: uno spunto di riflessione sulla sicurezza del voto Le elezioni politiche del 2006 in Argentina: partecipazione e risultati elettorali
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Guerini, Ines. "La formazione degli insegnanti specializzati per il sostegno. Esiti della rilevazione iniziale sul profilo dei corsisti dell'Università Roma Tre." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 1 (June 2020): 169–85. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9492.

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Анотація:
Il contributo intende descrivere gli esiti della rilevazione iniziale condotta presso il corso di Specializzazione per le attività di sostegno didattico agli allievi con disabilità all'Università degli Studi Roma Tre. Alla luce delle novità introdotte con il IV ciclo (rispetto alla possibilità che possano accedere al corso anche coloro i quali non sono attualmente degli insegnanti), la presente indagine qualiquantitativa ha lo scopo di analizzare il profilo dei corsisti, rilevando la loro attuale professione, le loro motivazioni e le loro aspettative. Dall'analisi dei dati emerge un profilo altamente motivato a intraprendere il corso di specializzazione per acquisire conoscenze, competenze e abilità da utilizzare a scuola. Ciò vale anche per chi già insegna (152 su 237) anche se prevalentemente con contratti a tempo determinato. Tra le competenze desiderate come acquisibili spicca la capacità di relazionarsi efficacemente con i colleghi, una dimensione fondamentale per far sì che gli alunni con disabilità non siano esclusiva prerogativa del docente specializzato e per avere il coraggio di evolvere, divenendo docente specializzato per tutta la classe, ossia docente inclusivo.
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Lucidi, Fabio. "Dal modello bio-psico-sociale all'approccio alla salute globale." PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no. 3 (October 2021): 7–12. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-003002.

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Molti anni dopo la proposta di un modello bio-psico-sociale, si parla oggi di Salute Globa-le come diritto umano fondamentale, nel quale salute e malattia sono considerate risultati di processi non solo biologici ma anche economici, sociali, politici, culturali e ambientali, tra-scendendo e superando le prospettive nazionali, così come gli interessi e le possibilità delle singole discipline. Adottando una prospettiva transdisciplinare in un'ottica transnazionale, parlare di Salute Globale vuol dire mettere in primo piano le disuguaglianze che sono presenti in termini di speranza e di qualità di vita, malattie e disabilità così come risorse e opportunità di salute sia all'interno dei Paesi, sia tra di essi, attraverso la ricerca, la formazione e l'intervento in materia di assistenza, prevenzione della malattia e promozione della salute. La Psicologia della Salute ha l'opportunità di contribuire a questo processo portando in esso conoscenze, competenze, prospettive pronte a fondersi in un approccio che mette al centro la soluzione dei problemi e non le discipline che ad essa contribuiscono.
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Balber Pérez, Miguel Antonio, and Maritza de la Caridad McCormack Bequer. "Attuali sfide della qualità nel diritto agrario di fronte alla globalizzazione – il caso dell’isola di Cuba." Przegląd Prawa Rolnego, no. 2(23) (December 15, 2018): 115–25. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.23.2.8.

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La protezione del settore alimentare nazionale attraverso un sistema di prodotti agroalimentari di qualità è una delle forme di contrasto adottata dai cubani di fronte alla globalizzazione. A tal fine Cuba sta perseguendo una politica agricola volta ad aumentare il livello di professionalità nel settore alimentare: tra l’altro organizzando corsi di formazione periodici per i dipendenti che riguardano le tecnologie di produzione utilizzate in agricoltura e insistendo sulla formazione professionale continua; nonché portando ad un graduale miglioramento del sistema statale di certificazione dei prodotti agroalimentari e della qualità dei laboratori accreditati che controllano la qualità alimentare, come anche di certificazione dei sistemi di lavoro, in particolare per quanto riguarda il ricorso alle tecniche di analisi del rischio e di controllo dei punti critici nel processo di produzione alimentare. Per chi non osserva la politica agricola e la legislazione che la sottende, il sistema cubano prevede numerose sanzioni, contenute nel decreto n. 182 del 23 febbraio 1998: “La standardizzazione e la qualità” e nel decreto n. 267 del 3 settembre 1999: “La violazione delle regole stabilite sulla normalizzazione e la qualità”. Secondo l’autore, la regolazione sulla qualità dei prodotti agroalimentari adottata ha contribuito ad aumentare l’attrattività del settore agricolo cubano e ha contribuito a garantire un livello adeguato di qualità e sicurezza alimentare.
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Rebora, Gianfranco. "Ripensare il sistema pubblico: spunti per una strategia di trasformazione." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 1 (December 2012): 112–29. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001005.

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L'articolo sintetizza le ragioni alla base del fallimento delle riforme delle pubbliche amministrazioni intraprese da diversi governi in Italia negli ultimi 20 anni. Successivamente, l'autore sviluppa una proposta, di prima approssimazione, delle linee portanti per una strategia e un progetto di trasformazione delle PA. Al centro della proposta c'č una visione d'insieme, un'idea di fondo, che integra in un disegno coerente le idee guida fondamentali e le linee di azione operativa; alla luce della visione generale, i diversi aspetti di taglio piů operativo non sono posti in sequenza come passaggi di un percorso, ma sono connessi da relazioni di tipo circolare, complementaritŕ e reciproca rispondenza. Alla realizzazione di questa visione sono funzionali interventi coordinati che si possono raggruppare sotto una serie di profili come: gestione della transizione, perimetro e rete istituzionale, strutture e risorse, regole, innovazione. Si prospetta quindi un sistema di amministrazioni piů snello, capace di economizzare il diretto impiego di risorse rispetto all'attuale, ma anche aperto, attento al governo delle reti che vedono una fitta connessione di attori nei processi da cui dipendono gli esiti delle fondamentali politiche pubbliche (welfare, beni culturali, educazione e formazione, sicurezza, ecc.).
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Polese Remaggi, Luca. "Pechino 1955. Intellettuali e politici europei alla scoperta della Cina di Mao." MONDO CONTEMPORANEO, no. 3 (April 2011): 55–89. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-003003.

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Questo saggio studia i viaggi che gruppi di intellettuali e politici europei (soprattutto italiani e francesi) intrapresero alla volta di Pechino nel 1955. L'attrazione intellettuale verso il regime di Mao si concretizzň in seguito all'invito che il primo ministro Zhou Enlai rivolse all'opinione pubblica mondiale nel corso della conferenza di Bandung. Il suo messaggio («venite a vedere») fu raccolto entusiasticamente da quegli intellettuali che faticavano a trovare una collocazione nel contesto della politica della guerra fredda in Europa. L'autore mostra che la formazione del nuovo regime comunista stimolň nel discorso politico l'immagine di una terza via rivoluzionaria e democratica. Nel corso delle visite degli intellettuali occidentali, le autoritŕ cinesi impiegarono i metodi che Mao aveva collaudato giŕ durante la Lunga Marcia: «sicurezza, segretezza, cordialitŕ e guide rosse». La volontŕ di credere dei visitatori rese il lavoro delle autoritŕ piů semplice. I viaggiatori infatti riportarono a casa l'immagine positiva di uno Stato-partito impegnato nello sforzo di sradicare la miseria e l'arretratezza. L'autore discute infine le ragioni per cui soltanto una parte dei viaggiatori si preoccupň della violazione dei diritti civili e delle libertŕ.
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Costantino, Maria, Amelia Filippelli, Grazia Cioffi, Giuseppina Moccia, and Francesco De Caro. "Stewardship per l’utilizzo degli antibiotici." La Sanità Pubblica. Ricerca applicata 2 (July 25, 2021): 11–48. http://dx.doi.org/10.48268/antibioticoresistenza/2021/0001.1.

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Ridurre l’uso eccessivo, incontrollato o inappropriato degli antibiotici, è essenziale per garantire la sicurezza dei pazienti e la qualità dell’Assistenza Medica. Per prevenire e controllare le infezioni correlate all’assistenza (ICA) e lo sviluppo dell’antimicrobico-resistenza si possono utilizzare varie strategie: • adozione di programmi di sorveglianza e controllo condivisi a livello nazionale, comprendenti lo sviluppo di percorsi diagnostici e terapeutici comuni, • implementazione della stewardship antimicrobica e dei programmi di formazione rivolti al personale sanitario, finalizzati alla promozione di una maggiore osservanza delle Linee Guida, • incremento della sorveglianza, effettuando studi di prevalenza ripetuti nel tempo, per poter identificare precocemente eventuali criticità e valutare l’efficacia dei presidi messi in atto, • potenziamento delle strutture ospedaliere, aumento delle camere singole destinate all’isolamento di pazienti particolarmente a rischio, • miglioramento delle procedure di pulizia e sanificazione e dei percorsi dedicati all’igiene delle mani, • promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte non solo al personale sanitario, ma anche ai cittadini, allo scopo di rendere i pazienti parte attiva del processo di lotta alle infezioni.
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Calidoni, Paolo, Filippo Dettori, Giusy Manca, and Luisa Pandolfi. "Special education teachers in training and ethical competence development. An exploration at the University of Sassari." Form@re - Open Journal per la formazione in rete 21, no. 2 (July 31, 2021): 64–77. http://dx.doi.org/10.36253/form-10442.

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In school contexts, ethical competences are crucial in order to make the teacher able to manage the class dynamics and the relationships with families and colleagues. These competences are all the more necessary to the special education teacher. These competences are neither specified nor defined at regulatory and teacher training level; nevertheless, they are transversally present in many of the skills required to the special education teacher. This paper describes an exploratory research carried out at the University of Sassari in the context of a national research project on moral education in lower secondary school. The aforementioned exploratory research aims to assess the point of view of special education teachers during their training, in order to define adequate training strategies for the development of ethical, reflective and argumentative skills. On the basis of the results, guidelines were set for a training course that is being currently in test phase. Insegnanti di sostegno in formazione e sviluppo della competenza etica. Un’esperienza presso l’Università di Sassari Nel contesto scolastico la competenza etica dell’insegnante si configura come una competenza molto importante per la gestione delle dinamiche della classe e dei rapporti con le famiglie e con i colleghi. Particolare rilevanza assume per l’insegnante specializzato per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. I decreti ministeriali non individuano in modo esplicito questa competenza, che appare come trasversale a molte delle abilità considerate centrali per il profilo dell’insegnante di sostegno. Il presente contributo descrive una ricerca esplorativa realizzata presso l’Università di Sassari, nell’ambito di un PRIN sull’educazione morale nella scuola secondaria di primo grado, che ha la finalità di ascoltare il punto di vista degli insegnanti di sostegno in formazione per definire adeguate strategie formative per lo sviluppo di competenze etiche, riflessive ed argomentative. Gli esiti emersi sono alla base di un percorso formativo in corso di ’prova’ sul campo.
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Cuccaroni, Valerio. "Didattica pandemica. La digitalizzazione forzata della scuola italiana durante l'epidemia da Covid-19." PRISMA Economia - Società - Lavoro, no. 1 (August 2021): 59–76. http://dx.doi.org/10.3280/pri2020-001005.

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La pandemia da Covid-19 ha indotto le istituzioni scolastiche italiane a sostituire la didattica in presenza con una varietà di forme di apprendimento online. Per indicare queste forme di e-learning, il governo italiano ha fatto ricorso al termine Didattica a Distanza (DaD) creando un neologismo semantico che denuncia la mancanza di inquadramento storico-pedagogico e di un piano già predisposto, con la conseguente necessità di improvvisare. Come nel resto d'Europa, la maggior parte dei docenti ha insegnato online per la prima volta e ha trasposto a distanza le pratiche tipiche della presenza. Criticata dal movimento nazionale Priorità alla Scuola, con occupazioni di scuole e decine di manifestazioni in oltre 60 città ita-liane, alla fine del primo lockdown la DaD è stata subordinata dal Ministero dell'Istruzione alla necessità di garantire l'insegnamento in presenza, tranne che in situazioni di rinnovata emergenza sanitaria per le quali ogni scuola è stata chiama-ta a elaborare un Piano scolastico per la didattica digitale integrata. In assenza degli spazi necessari, del personale idoneo e dei trasporti sufficienti a garantire la didattica in presenza e in sicurezza, a causa dell'aumento autunnale dei contagi la DaD è tornata al 100% nelle scuole superiori da novembre 2020. In seguito alle denunce degli psichiatri sull'aumento dei ricoveri e del disagio psichico tra gli ado-lescenti, iniziate a gennaio 2021, a cui si sono aggiunti gli allarmi sull'aumento dell'abbandono scolastico, ad aprile 2021 la DaD è stata limitata al 50% in zona rossa e al 70% in zona gialla e arancione, dal nuovo Governo Draghi, dimostrando il fallimento dell'integrazione forzata della didattica digitale ma non rinunciando-vi. Stando ai dati forniti dall'osservatorio Eduscopio della Fondazione Agnelli, chi dovrebbe guidare il delicato percorso di integrazione della didattica digitale nelle pratiche educative abituali, ovvero le ventidue scuole fondatrici del movimento istituzionale delle Avanguardie Educative, promosso dall'Indire, raggiunge me-diamente ottimi risultati soltanto in ambito professionale e tecnico, mentre su 27 indirizzi che preparano all'università solo 13 figurano tra i primi posti della classifi-ca che misura i risultati dei diplomati all'esame di maturità e al primo anno di uni-versità. A fronte di questi scarsi risultati, occorre interrogarsi sullo stretto legame tra INDIRE e imprese private come le multinazionali dell'informatica e C2Group, azienda di riferimento in Italia nel settore, che fornisce ambienti digitali integrati alle scuole ed è sponsor della fiera Didacta, inserita dal MIUR tra gli eventi previsti dal piano pluriennale di formazione dei docenti.
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Lazzarino, L. "La formazione interprofessionale: sinergie per il controllo degli outcome sulla sicurezza del paziente." Working Paper of Public Health 4, no. 1 (June 15, 2015). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2015.6709.

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Obiettivi: . Obiettivo dello studio è valutare l'efficacia dell'apprendimento nei partecipanti alle iniziative di formazione sul campo, rispetto alle capacità di pensiero critico e riflessivo, al fine di verificare se risultino più efficaci i gruppi mono professionali o composti da professionalità diverse per lo sviluppo di progetti volti alla prevenzione di eventi avversi per il paziente. Metodologia: Revisione della letteratura, analisi quantitativa retrospettiva e analisi qualitativa mediante la conduzione di focus group. Risultati: E’ emersa una correlazione positiva tra le competenze di tipo critico-riflessivo e la formazione interprofessionale e tra quest'ultima ed il controllo degli esiti avversi per il paziente. Conclusioni: L'indagine quantitativa ha messo in luce alcuni rischi connessi alla formazione interprofessionale, analizzati successivamente con matrice SWOT, che inducono a porre particolare attenzione alla progettazione, da effettuarsi anche attraverso metodologie che prevedano lo stakeholder engagement. Lo sviluppo della formazione interprofessionale aumenta la collaborazione tra i membri delle équipe e tra i servizi; essa contribuisce ad uniformare i comportamenti e a migliorare la comunicazione con l'utenza; tutto ciò porta a decisioni rapide, appropriate e condivise.
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Cuccaro, Floriana, Giuseppina Moccia, Antonio Nigro, Alfonso Della Corte, Giuseppe Ferrucci, Rosetta Frammartino, Rosa Rita Oro, et al. "Nuova metodologia per proteggere gli studenti delle professioni sanitarie dalle ferite accidentali da punta e taglio durante il periodo formativo." La Sanita pubblica. Ricerca sul campo., 2020, 77–84. http://dx.doi.org/10.48268/sanita/2020/0001.8.

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Lo scorretto utilizzo di dispositivi medici taglienti o acuminati sono tra le pratiche assistenziali che mettono maggiormente a rischio la sicurezza sia del paziente che dell’operatore sanitario. Le lesioni accidentali da aghi o da lame costituiscono un importante rischio lavorativo degli operatori sanitari nel corso dell’attività quotidiana; di conseguenza, le punture ed il taglio accidentale devono essere collocate tra le priorità da affrontare in un programma di prevenzione teso a migliorare le condizioni di sicurezza sul lavoro per gli operatori sanitari, tirocinanti e studenti. Da questa premessa nasce l’esigenza da parte dell’Università, nell’adempiere all’obbligo di informazione, di formazione e di tutela degli studenti delle Professioni Sanitarie e di attuare programmi tesi alla percezione del rischio e alla conoscenza delle procedure di sicurezza. Scopo di questo lavoro è stato sia di fornire agli studenti delle professioni sanitarie un unico strumento atto a prevenire le ferite da taglio e da punta, e garantire la formazione e l’acquisizione di abilità in procedure che tengano conto della sicurezza del paziente e minimizzino il rischio clinico a cui sono sottoposti; sia di valutare la percezione che gli studenti delle professioni sanitarie hanno del rischio biologico da ferite da taglio e da punta e di individuare il numero di infortuni che si verificano durante le ore di tirocinio evidenziando il problema della sottonotifica di tali incidenti.
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Santana, Andriele Morais de, Aurélia Emilia de Paula Fernandes, Érica Fernanda Reis de Matos, and Magna Oliveira Sant'ana. "L’inclusione di studenti con disturbo dello spettro autistico nella scuola regola." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 5, 2020, 159–73. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/formazione-it/scuola-regola.

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Questo articolo discute un’analisi del processo di inclusione di uno studente con disturbo dello spettro autistico (ASD) in una scuola regolare privata. In questo senso, l’obiettivo è quello di comprendere le sfide e le possibilità intorno all’inclusione scolastica degli studenti con ASD dalla seguente domanda che è partita dal problema che evidenzia l’impasse di esperienze inclusive nello spazio scolastico: in che modo la scuola migliora le pratiche inclusive durante il processo di insegnamento-apprendimento degli studenti con disabilità, in particolare con ASD? Pertanto, evidenzia un approccio bibliografico incentrato sulla comprensione dell’autismo e delle sue caratteristiche, nonché sulle difficoltà di interazione e socializzazione nell’ambiente scolastico. Alla luce di ciò, è stato analizzato attraverso alcune osservazioni e dialoghi tenuti nell’istituzione, le possibilità sviluppate per includere quando si comprende la necessità espressa al fine di contribuire a superare questa sfida. Nel corso dello studio, alcuni interventi sono stati eseguiti durante le osservazioni nella sala regolare e nella sala risorse multifunzionale durante l’assistenza educativa specializzata, con l’obiettivo di sperimentare azioni inclusive a scuola attraverso le sfide derivanti da questa richiesta diretta al rispetto e alla valorizzazione della diversità umana. Pertanto, è necessario apportare continui adattamenti nell’istituto di istruzione al fine di consentire lo sviluppo dei bambini con ASD, valorizzandone le potenzialità.
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Dentali, Francesco, Giuseppe Campagna, Maurizio Cavalleri, Fernando Gallucci, and Filippo Pieralli. "Considerazioni condivise alla luce delle recenti novità nell’ambito dello scompenso cardiaco: ottimizzazione della gestione del paziente con scompenso cardiaco in medicina interna - Dal ricovero al follow-up." Italian Journal of Medicine, January 14, 2022. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2021.5.

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Nuova classificazione dello scompenso cardiaco: ridenominazione di Heart failure with mid-range ejection fraction in Heart failure with mildly reduced ejection fraction (HFmrEF), con raccomandazioni terapeutiche più precise in questa fascia di pazienti Il nuovo algoritmo per il trattamento dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta: Simultaneous or Rapid Sequence Initiation of Quadruple Medical Therapy for Heart Failure Ottimizzazione della terapia: l’ospedalizzazione come opportunità. Impiego precoce di sacubitril/valsartan nel paziente ospedalizzato, stabilizzato. Effetti sulla riduzione della mortalità e delle re-ospedalizzazioni. Effetti sul rimodellamento cardiaco. Effetti sulla QoL Sicurezza dell’uso di sacubitril/valsartan anche in presenza di comorbidità e gestione dell’ipotensione Intervento di ottimizzazione della terapia anche nel paziente con scompenso cardiaco cronico ricoverato per altra patologia acuta Terapia delle comorbidità - non cardiovascolari: diabete, iperkaliemia, carenza di ferro e cancro Terapia non farmacologica ed educazione/formazione del paziente e del caregiver Gestione post-ricovero dello scompenso cardiaco: l’ambulatorio divisionale e la rete territoriale
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Bonvicini, Paolo, Roberta Libener, Valentina Amore, Giulia Oliveri, and Antonio Maconi. "Alessandria Biobank: storia, implementazione, nuovi scenari." Working Paper of Public Health 10 (October 7, 2022). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2022.9522.

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Una biobanca, in termini generali, viene descritta come una struttura volta alla collezione, gestione, conservazione e distribuzione di biomateriali e dati ad essi correlati a fini di ricerca genetica. Il termine biobancaggio si riferisce dunque ad una serie di attività svolte dalle biobanche che differiscono per natura, obiettivi, business models, risultati e impatto sociale, politico e scientifico. Data l’interazione tra biomateriale e dati associati, le biobanche rappresentano un ponte tra l’evoluzione della medicina personalizzata e la preservazione e il miglioramento delle condizioni della salute pubblica, alla luce del ruolo che svolgono nel permettere, appunto, la conservazione di un significativo numero sia di biomateriali che di dati correlati, necessari per l’avanzamento della ricerca biomedica. Presso l’Infrastruttura Ricerca Formazione e Innovazione dell’Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo è inserito il “Centro Raccolta Materiale Biologico” (CRMB) che comprende la collezione del mesotelioma maligno (BB-MM), istituita fin dal 2005, la collezione del carcinoma mammario, istituita nel 2021, e il Biorepository, istituito già nel 2016 per garantire elevati livelli di qualità e sicurezza in ambito di stoccaggio e conservazione dei campioni biologici previsti da protocolli di studi clinici e/o destinati ad attività di ricerca. Si configura come un’unità di servizio finalizzata alla raccolta, conservazione e distribuzione dei campioni biologici a scopo di ricerca scientifica, garantendo i diritti dei soggetti coinvolti. Il presente studio si prefigge, in linea con l’evidenza fornita dalla letteratura scientifica di settore e il suo contributo, di descrivere la storia del biobanking e, parallelamente, l’evoluzione di Alessandria Biobank, tra istituzionalizzazione e risultati raggiunti, per incrementare la conoscenza della biobanca e del suo operato.
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Marrocco, Aldo Tommaso. "FACING ANTIMICROBIAL RESISTANCE AND STRENGTHENING THE IMMUNE SYSTEM: ONLINE INFORMATIVE AND EDUCATIONAL RESOURCES / FRONTEGGIARE LA RESISTENZA AGLI ANTIMICROBICI E RINFORZARE IL SISTEMA IMMUNITARIO: RISORSE EDUCATIVE ED INFORMATIVE IN RETE." European Journal of Public Health Studies 5, no. 2 (October 14, 2022). http://dx.doi.org/10.46827/ejphs.v5i2.131.

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<p>The article presents informative and educational documents downloadable for free from the internet that consist of text, graphs, images, videos and a comic book. They can also be used in the school for teaching units. According to the World Health Organisation, antimicrobial resistance is among the top 10 global public health threats. Resistance to antimicrobials, which include antibiotics, antivirals, antifungals and antiparasitics, results in the loss of their efficacy. In fact, germs that have antibiotic-resistance traits in their DNA can survive a treatment and reproduce, which leads to resistant strains. Antibiotics are often overprescribed, overused and misused. This contributes to accelerating the emergence of antimicrobial resistance, which results in prolonged illness, the need for more expensive and intensive care, and even disability or death. Hygiene and vaccines may reduce infections and consequent antibiotic use, while a healthy diet, physical activity, forest visits, yoga, qigong and other techniques may strengthen the immune system. Environmental release of antibiotics from urban sewage systems, hospitals, farms and the pharmaceutical industry may contribute to antibiotic resistance. The pharmaceutical industry can be encouraged to drive the change through labels that ensure compliance with standards for responsible production. Some documents report the results obtained in countries where antimicrobial resistance has been tackled in human and animal farming sectors. By 2050, inaction may result in 10 million deaths yearly and a cumulative cost of 100 trillion $US. The “One health” approach is a worldwide accepted concept by which the health of humans, animals and the environment are interconnected and interdependent. Several documents deal with the links between biodiversity loss and increased infection risk for humans. A war may intensify the problem as a consequence of, e.g. lack of hygiene, overcrowding and hindered contact tracing.</p><p> </p><p>L'articolo presenta documenti informativi ed educativi scaricabili gratuitamente da internet che consistono in testi, grafici, immagini, video ed un fumetto. Il testo è basato esclusivamente sui suddetti documenti, che possono essere utilizzati per attività didattiche. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l’antimicrobico-resistenza è tra le prime 10 minacce per la salute pubblica globale. La resistenza agli antimicrobici, tra i quali sono compresi antibiotici, antivirali, antimicotici e antiparassitari, provoca la perdita della loro efficacia. Germi con caratteristiche genetiche che li rendono resistenti agli antibiotici possono sopravvivere a un trattamento e riprodursi; ciò porta alla formazione di ceppi resistenti. Gli antibiotici sono spesso prescritti con molta facilità, usati eccessivamente e male. Ciò contribuisce ad accelerare l'emergere della resistenza antimicrobica, che si traduce in malattie prolungate, necessità di cure più costose e intensive, persino disabilità o morte. Igiene e vaccini possono ridurre le infezioni e il conseguente uso di antibiotici; sana alimentazione, attività fisica, passeggiate nei boschi, yoga, qigong e altre tecniche possono rafforzare il sistema immunitario. Antibiotici provenienti da reti fognarie urbane, ospedali, fattorie e industrie farmaceutiche possono contribuire all’antibiotico-resistenza. L'industria farmaceutica può essere incoraggiata a guidare il cambiamento attraverso marchi che garantiscono una produzione rispettosa dell’ambiente. Alcuni documenti riportano i risultati ottenuti in paesi ove l’antimicrobico-resistenza è stata affrontata con successo, sia nel settore umano che nell'allevamento animale. Entro il 2050, in mancanza di iniziative utili, si prevedono 10 milioni di decessi l'anno e un costo cumulativo di 100 trilioni di dollari USA. L'approccio "One health" è un concetto accettato a livello mondiale in base al quale la salute degli esseri umani, degli animali e dell'ambiente sono interconnessi e interdipendenti. Vari documenti trattano i legami tra la perdita di biodiversità e l'aumento del rischio di infezioni per l'uomo. Le guerre possono intensificare il problema a causa di mancanza di igiene, sovraffollamento ed un tracciamento dei contatti ostacolato. </p><p> </p><p><strong> Article visualizations:</strong></p><p><img src="/-counters-/edu_01/0444/a.php" alt="Hit counter" /></p>
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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