Дисертації з теми "Forma di governo parlamentare"

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Bargiacchi, Stefano. "Parlamenti e designazioni pubbliche nelle forme di governo parlamentari. Tra controllo e indirizzo politico." Doctoral thesis, Università di Siena, 2022. http://hdl.handle.net/11365/1196145.

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Анотація:
L’obiettivo del lavoro è quello di analizzare il ruolo delle assemblee parlamentari all’interno delle procedure di nomina ad incarichi pubblici, negli ordinamenti retti da forme di governo parlamentare.La prima parte della tesi sarà dedicata ad affrontare i problemi di ordine metodologico posti dal quesito di ricerca e nel ricostruire il quadro normativo di riferimento. Si motiverà la scelta di concentrare il lavoro di ricerca solo su alcune forme di governo di tipo parlamentare. Sarà evidenziato come il rapporto fiduciario che lega la permanenza in carica del Governo alla presenza di una maggioranza in suo favore nell’Assemblea rappresenti un fattore dirimente per valutare i poteri dei singoli Parlamenti in relazione alle procedure di nomina. In tale forma di governo, come noto, queste prerogative assumono una connotazione peculiare alla luce delle modalità con cui l’Assemblea contribuisce a determinare l’indirizzo politico e ad esercitare la funzione di controllo sull’esecutivo. La scelta degli ordinamenti da prendere in esame verrà effettuata seguendo il metodo, già suggerito da Hirschl, della “prototypical case logic”. Saranno prese in esame le prerogative parlamentari nei processi di nomina pubblica, di quegli ordinamenti retti, da forme di governo parlamentare, in cui tali poteri sono tradizionalmente considerati di particolare rilevanza e come “modelli” di studio. Per tali ragioni la ricerca si focalizzerà sui casi italiano, spagnolo, inglese e tedesco. La scelta di limitare la comparazione solo ad alcuni ordinamenti appare giustificabile, inoltre, alla luce del fatto che la rilevanza dei modelli presi in esame permetterà una generalizzazione dei risultati ottenuti. Ciononostante, l’elaborato non ignorerà completamente né il caso statunitense, né quello rappresentato dall’Unione Europea. Il primo per l’importanza storica e sistematica che all’interno di quella forma di governo presidenziale possiede il Senato all’interno di sostanzialmente tutte le procedure di nomina a livello federale. L’interesse per il secondo caso rileva soprattutto in relazione al ruolo che il Parlamento europeo, anche attraverso i suoi poteri relativi alle nomine pubbliche è venuto ad assumere nel condizionare le scelte della Commissione pur in assenza di un vero e proprio rapporto fiduciario con questa. Motivata la scelta degli ordinamenti da esaminare, si svolgerà, per le ragioni anzidette, un’approfondita ricostruzione circa il concetto di “funzione parlamentare” con particolare riferimento alla funzione di indirizzo politico e a quella di controllo. Solo a partire da questo momento sarà possibile rivolgere l’attenzione alle procedure che disciplinano le prerogative parlamentari in caso di nomine pubbliche. Si formulerà quindi, ai fini della ricerca, una definizione di “procedura di nomina” e di “incarico pubblico” che chiariscano e limitino, in modo soddisfacente i confini dell’indagine. Il criterio che verrà utilizzato sarà quello di limitare le riflessioni alle sole nomine per le quali è previsto un qualche grado di coinvolgimento diretto dell’organo parlamentare. Tale scelta, da un lato permetterà di concentrare gli sforzi della ricerca sul ruolo dei Parlamenti, favorendo, d’altra parte, l’emergere delle differenze tra l’estensione delle prerogative delle Assemblee degli ordinamenti presi in esame. Questa metodologia esclude espressamente l’esame di tutte quelle nomine pubbliche per le quali non è previsto un espresso coinvolgimento del Parlamento. Procedere secondo questa strada, non solo avrebbe richiesto una difficile - probabilmente quasi impossibile - attività di ricostruzione normativa finalizzata ad elaborare un quadro esaustivo di tutte le nomine pubbliche di competenza del potere centrale, ma avrebbe anche rischiato di spostare eccessivamente il baricentro dell’elaborato dai Parlamenti ai Governi. Anche attraverso la comparazione delle varie procedure di nomina degli ordinamenti presi in esame, sarà possibile formare una tipologia relativa al grado di coinvolgimento dell’organo parlamentare. Da un troveranno posto quelle procedure per le quali il coinvolgimento dell’organo parlamentare è minimo, come la semplice audizione del soggetto da nominare, o l’espressione di un parere non vincolante. Dall’altro lato troveremo quelle procedure in cui il coinvolgimento dell’organo parlamentare sia massimo, (si pensi all’espressione di un parere vincolante). Le riflessioni sin qui condotte ci porteranno necessariamente a riflettere anche su quelle procedure in cui è lo stesso Parlamento a decidere autonomamente, attraverso elezione, i soggetti che dovranno ricoprire una determinata carica. L’estensione delle riflessioni del presente elaborato alle c.d. “procedure elettive parlamentari” appare doverosa anche in relazione al fatto che una distinzione queste e il ruolo del parlamento all’interno delle procedure di nomina non trova sostanziali riscontri negli altri ordinamenti che si intende esaminare. Riguardo a questo ultimo punto appare necessaria l’esclusione dal nostro campo di indagine delle procedure elettive relative: agli organi aventi attribuzioni inerenti al funzionamento interno delle Camere; oppure rientranti, usando una definizione originariamente elaborata da Cheli, nel circuito della determinazione dell’indirizzo politico ovvero nel cosiddetto circuito delle garanzie. Sarà su queste basi che partendo dal caso italiano si svilupperà un’analisi comparata dei singoli istituti. Sarà quindi possibile svolgere alcune considerazioni relative al ruolo che le prerogative parlamentari in materia di nomine pubbliche possono avere nello studio della forma di governo parlamentare. Da un lato si riprenderanno, i già numerosi studi relativi al principio di trasparenza, pubblicità dei lavori e rappresentazione degli interessi particolari nel processo decisionale, per valutare se e quali conseguenze discendano da un maggior coinvolgimento dell’organo rappresentativo. D’altra parte, si cercherà di valutare se ad un maggiore coinvolgimento formale dei singoli Parlamenti discenda una maggiore capacità di tali organi di condizionare le scelte del soggetto nominante. Si rifletterà, inoltre, sulle ragioni che nel corso degli ultimi due decenni hanno portato i Parlamenti ad aumentare le proprie competenze in relazione alle nomine inserite in una posizione terza rispetto al potere esecutivo spesso con funzioni di controllo rispetto allo stesso (es. autorità amministrative indipendenti), riducendo però le competenze in relazione alle nomine riguardanti organi direttamente coinvolti nell’implementazione dei programmi del governo. Ci si aspetta di osservare che più il soggetto nominato svolge funzioni estranee all’attività di governo, maggiore sarà il grado controllo e coinvolgimento da parte del Parlamento. Nel complesso, la ricerca partendo da alcune considerazioni riguardanti temi classici del diritto costituzionale (forma di governo parlamentare, funzioni parlamentari, indirizzo politico e controllo del parlamento sul governo) intende sviluppare alcune riflessioni su un argomento la cui trattazione è raramente avvenuta, soprattutto per il caso italiano, in modo sistematico.
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Catalano, S. "La forma di governo regionale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2006. http://hdl.handle.net/2434/35466.

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Rubechi, Massimo <1979&gt. "La forma di governo regionale nel diritto vivente." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/510/1/TesiMassimoRubechi.pdf.

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Rubechi, Massimo <1979&gt. "La forma di governo regionale nel diritto vivente." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/510/.

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SORRENTINO, EDOARDO. "BANCA CENTRALE, FORMA DI GOVERNO ITALIANA E INTEGRAZIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2023. https://hdl.handle.net/2434/955257.

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Анотація:
Central bank, Italian form of government and European integration Edoardo Sorrentino PhD in Public, International and European Law Università degli Studi di Milano The purpose of my thesis is to highlight an aspect that could redefine today’s theory of forms of gov-ernment. It is well known that the latter has, as its object of study, the provisions governing the relations between the constitutional bodies that participate at the function of political orientation. And this func-tion, in contemporary states, almost entirely coincides with the public management of the economy. Sus-tained growth of national income has become the primary objective of contemporary States, both to en-sure high levels of employment and to find the necessary tax revenue to finance the services provided by the State itself. It is immediately appropriate to point out that the public government of the economy is not the exclusive prerogative of fiscal policy. Monetary policy has an equally fundamental function. We cannot ignore the role that central banks have played in the public management of the economy. Through its operations – such as the fixing of interest rates, credit facilities to the Treasury and the pur-chase and sale of public and private securities – central banks are able to influence the growth of nation-al income, the general level of prices and the evolution of external accounts. In other words, the results of the economic policies adopted by governments are conditioned by the choices made by the issuing institutions. Consequently, a complete theory of the forms of government cannot be separated from the analysis of the relationship that the central bank has with the Government and with the Parliament, in other words with the political orientation circuit. The first chapter highlights the history of central banks and the evolution of their function, explaining how the position of the issuing institution is intimately linked to the purposes chosen by the State. A clear separation of roles has characterized nineteenth-century liberal democracies, dedicated to the safe-guard of markets. A government that had the monetary support of the central bank would, in fact, have interfered with the right of ownership and the freedom of economic initiative. An issuing institution in-dependent from the executive power and committed to maintaining price stability was therefore a means of making the Government to adopt a balanced economic policy. But in the substantial post-war democ-racies the government had to take an active role in order to correct the most intolerable inequalities produced by the market. In this framework, the central bank had to operate in a manner that served the government’s economic policy draft by ensuring that it would be financed on more favourable terms than those determined by the market. Obviously, this worldwide phenomenon has involved the Italian Republic. The constituents outlined, in addition to a poorly rationalized parliamentarism, an “economic constitution” that lacked clear guidance on the management of fiscal and monetary policy. The original 1948 text allowed the use of public debt without substantive, but only procedural, limits and did not openly enshrine the principle of monetary stability. The action of public authorities had to be oriented towards achieving full employment and reducing inequalities. The second chapter deals with the development of the Italian form of government during the first twen-ty years of the Republic. It is well known that the lack of rationalization of parliamentarism has led to the development of a political system with an extreme multi-party situation where the element of alter-nation of government has failed, due to the conventio ad excludendum of the anti-system forces. However, the ministerial instability do not affect the development of the country, which benefits from a particular international framework: the fixed exchange rate system designed at Bretton Woods in fact allows the acceding countries to modulate economic policy according to their growth goals, given that large capi-tals were not free to circulate internationally. Moreover, the expansionary economic policy of the United States – the center of the international monetary system – ensures high economic growth and low infla-tion levels in all western countries. In this period, the monetary policy of the Bank of Italy has been functional to the achievement of the economic policy goals of many governments. Despite the instability of the executives, in fact, the fundamental lines of development remain firm: an export-oriented econo-my in order to maintain the equilibrium of balance of trade of a country without raw materials and en-ergy sources. In other words, the monetary system built after the war allowed the development of a de-featist party system without this calling into question its constitutional assumptions. The third chapter analyses the effects of the collapse of the monetary system devised at Bretton Woods and the subsequent “stagflation” on the Italian institutional system. In fact, ministerial instability does not make it possible to counter the rise of prices during the 1970’s caused by wage demands and the oil shock. In this decade, Italy has experienced the highest levels of inflation among the large Western coun-tries accompanied by severe trade deficits. Only thanks to the governments of national unity the country succeeds in embarking on a path of recovery, crowned by the entry of Italy into the European Monetary System. This is a new system of fixed exchange rates in which the objective of ensuring the free move-ment of capital is expressly pursued. The entry into the Ems is supposed to push Italy to reduce state in-tervention in the economy. The so-called “divorce” between the Treasury and the Bank of Italy in 1981 is, in this regard, the tool to reduce the central bank’s financial support for the State’s borrowing ma-noeuvres. However, the 1980’s see an inflation fall, but at the same time the explosion of public debt and the formation of a large trade deficit financed by foreign capital, especially German ones. The continuing ministerial instability does not allow any serious restructuring of public expenditure. Moreover, in the 1980,s the fragmentation of the party system increases due to the crisis of the two political parties pro-tagonists of the previous thirty years. The fourth chapter focuses, in particular, on the crisis of the first half of the 1990’s, in which Italy leaves the Ems and faces the final crisis of the traditional parties, which give way to a new party system that re-volves on two opposite poles. At this stage there is a strengthening of the role of the President of the Republic in the resolution of government crises. The Head of State promotes the formation of technical governments that begin a serious work of fiscal consolidation, guaranteeing the commitments made by Italy at European level. In fact, the Maastricht Treaty, signed in 1992, will lead in 1999 to the creation of a single currency and a fixed exchange rate regime. The future currency will be managed by a central bank independent from member States of the monetary union and committed to the sole maintenance of price stability. The direct consequence of this priority objective is the prohibition of direct financial support to States which will be bound to finance themselves on the market under the conditions laid down for any private entity. In short, since 1992 the Italian “economic constitution” has entered a new phase: the democratically legitimized constitutional organs completely lose the levers of monetary policy. Price stability becomes an overarching value, to be pursued even when it goes against other objectives, such as a high level of employment. Fiscal policy itself is conditioned by quantitative parameters which the European institutions monitor. However, thanks to the consolidation work begun in the first half of the 1990’s, Italy also managed to join the single currency. The fifth chapter analyses the effects of Italy’s entry into the single currency area on the form of gov-ernment. The 2008 financial crisis led to a tightening of European budgetary constraints, while the Eu-ropean Central Bank has launched monetary support programmes that have allowed States to finance themselves on better terms than market conditions. At this juncture there was a new intervention by the Head of State as guarantor of Italy’s European commitments. A new technical government was formed whose primary objective was to reduce the country’s trade deficit and introduce the principle of budget-ary balance in the Italian Constitution. With this step, the “economic constitution” completed the turn-ing point towards the depoliticization of the public law of the economy that began in 1992. The crisis has determined the end of the fragile Italian bipolarism with the emergence of political forces alien to the traditional camps. The renewed political instability has led to a further strengthening of the Presi-dent of the Republic in his role of guarantor of the permanence of Italy in the single currency area. In this regard, the events surrounding the formation of a eurosceptic government in 2018 are emblematic. Following the 2020 pandemic, it was decided to lift budgetary constraints, while the Ecb expanded its monetary support to member States. It seems that a new phase of monetary union has been reached, but the rise in prices due to the Ukrainian conflict could force European States to adopt deflationary measures even more stringent than those adopted in the previous decade, with perhaps even more evi-dent effects on the party system and on the Italian form of government.
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Rossi, Franco. "Il programma di governo nell'evoluzione istituzionale italiana." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2012. http://hdl.handle.net/11385/200823.

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Анотація:
Indirizzo politico e programma di governo nella forma di governo parlamentare. Il programma di governo in alcuni ordinamenti europei. Il programma di governo in epoca statutaria e nella prima fase della storia repubblicana (1948 - 1992). Il programma di governo nella seconda fase della storia repubblicana (1992 - 2011). Programma e coalizione tra tra prima e seconda fase della storia repubblicana.
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DONDI, Sebastiano. "POTERE E CONTROPOTERI Gli argini giuridici al potere maggioritario nella dinamica della forma di governo in Italia e in Francia." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2013. http://hdl.handle.net/11392/2388889.

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Анотація:
This PhD dissertation consists in a comparative study of veto players (or counter-powers) that, according to Italian and French Constitution, aim and affect the legislative activity of the executive power and of its majority in the Parliament, i.e. laws and decrees-law. They are summarily: the referendum, the opposition parties, the head of the State, the Conseil d’Etat and the constitutional justice. The research, after the initial chapter regarding an innovative classification of veto powers which describes them with a dogmatic approach, explores in depth the existing relations among veto players and their interactions with Power. The methodology is based on an empirical and systematic analysis of some classic case-studies.
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Sgro', F. "ASPETTI E PROBLEMI ATTUALI DEL BICAMERALISMO ITALIANO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150214.

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Анотація:
Aspects and current problems of the Italian bicameralism. The research focus on analysis of the Italian bicameralism and the most important proposals to reform the Senate of the Republic in order to verify the current requirement for the revision of Parliament and asses – through a legal evaluation – the most appropriate solutions. The research starts from the theory of separation of the public powers and deepens the two prototypes of bicameralism (European model and North American type). Then it analyzes the Italian system, that is a very rare example of perfect bicameralism covering both the legislative and the political functions. Following the course of Republican history, the study appreciates the possibility of revision of perfect bicameralism, focusing on the most organic projects that are currently under investigation in Parliament. The research proposes, at this point, an overview of the main experiences of bicameralism in the contemporary democracies. Finally it checks the impact of a possible reform of the Italian bicameralism on the institutional balance and the connotation of the form of government.
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Dondi, Sebastiano. "Pouvoirs et contrepouvoirs : les limites juridiques au pouvoir majoritaire dans la dynamique du regime politique en Italie et en France." Thesis, Paris 10, 2013. http://www.theses.fr/2013PA100056.

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Анотація:
Le travail de recherche est une étude comparé des pouvoirs de veto (ou contrepouvoirs) que, selon la lettre des Constitutions italienne et française interviennent dans le produit du travail normatif du Pouvoir majoritaire (lois, ordonnances et décrets-loi). Il s’agit, spécifiquement, du referendum, de l’opposition parlementaire, du chef de l’Etat, du Conseil d’Etat et de la justice constitutionnelle. La thèse, après un premier chapitre qui propose une classification originale des contrepouvoirs, utile à les définir et à les encadrer dogmatiquement, se propose d’étudier en profondeur les relations qui les lient les contrepouvoirs entre eux-mêmes et également vis-à-vis du Pouvoir. La méthode utilisée (systématique et comparée) est innovatrice et se base sur une analyse empirique fondée sur des cas exemplaires
This PhD dissertation consists in a comparative study of veto players (or counter-powers) that, according to Italian and French Constitution, aim at affect the legislative activity of the executive and majoritarian power and of its majority in the Parliament, i.e. laws and decrees-law. They are summarily: the referendum, the opposition parties, the head of the State, the Conseil d’Etat and the constitutional justice. The research, after the initial chapter regarding an innovative classification of veto powers which describes them with a dogmatic approach, explores in depth the existing relations among veto players and their interactions with Power. The methodology is based on an empirical and systematic analysis of some classic case-studies
Il lavoro di ricerca è uno studio comparato tra Italia e Francia dei contropoteri che, secondo Costituzione, intervengono sul prodotto del lavoro del Potere maggioritario, le leggi e i provvedimenti di rango primario. Si tratta del referendum, l’opposizione parlamentare, il capo dello Stato, il Conseil d’Etat e la giustizia costituzionale. La tesi, dopo un capitolo iniziale dedicato ad una innovativa classificazione dei poteri di veto idonea a inquadrarli dogmaticamente, si propone di indagare in profondità le relazioni che legano fra di loro gli organi di contropotere e come questi interagiscano con il Potere. La metodologia utilizzata è innovativa e si basa su un’analisi empirica basata su casi esemplari e basata sul metodo sistematico
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Capuozzo, Valentina. "Bicameralismo e forma di governo parlamentare." Tesi di dottorato, 2017. http://www.fedoa.unina.it/11652/1/capuozzo_valentina_29.pdf.

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Анотація:
L’idea di limitazione del potere, connotativa delle moderne esperienze di democrazia costituzionale, rende il bicameralismo l’organizzazione del Parlamento più idonea al sistema ordinamentale di checks and balances. Tuttavia, perché la seconda Camera possa svolgere un ruolo di effettiva utilità nel collaborare con la prima, occorre che il modello di bicameralismo si adatti al contesto istituzionale di attuazione. In questo senso, l’analisi del sistema bicamerale italiano e del suo rendimento nell’evoluzione della forma di governo parlamentare pare mettere in luce una necessità di adeguamento all’avvertita esigenza di una sede politica di raccordo tra centro e autonomie.
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STEGHER, GIULIASERENA. "Regolamenti parlamentari e forma di governo: il caso italiano." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1248643.

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Анотація:
In considerazione del contesto di perdurante crisi del sistema, ma più in generale della crisi della democrazia rappresentativa basata sul principio elettivo, fulcro dell’approfondimento della tesi è cercare di dimostrare come e quanto il ruolo dei Regolamenti parlamentari si relazioni al contesto partitico in un rapporto di reciproca influenza. Quando l’interpretazione delle regole del gioco cambia, nella fattispecie i Regolamenti delle Assemblee rappresentative, può determinarsi non solo uno scollamento, ma altresì una vera e propria crisi di regime. Si ritiene che sussista uno stretto e concreto legame tra le norme regolamentari, nella loro veste di strumento tecnico ad alta valenza politica, e il regime politico. Pur nella continuità tecnica, proprio i regolamenti parlamentari, sia nella loro interpretazione sia nella loro applicazione, sono esposti ai fenomeni di discontinuità, perché influenzati dalle logiche sottese alle esigenze politiche tanto della maggioranza, quanto dell’opposizione. Tale discontinuità diventa esponenziale nelle crisi di regime e nelle transizioni (in particolare dal bipartitismo al bipopulismo), perché se nel regime proporzionalistico i regolamenti parlamentari sono diretti ad assicurare la più alta inclusione politica, in ragione di una logica finalizzata a garantire la più alta partecipazione possibile; nel regime politico maggioritario, al contrario, gli stessi sono tesi al maggiore efficientamento e al decisionismo.
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Podetta, Marco. "Presupposti e prospettive delle linee di riforma dei Regolamenti parlamentari in relazione all'evoluzione della forma di governo." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11562/960767.

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Анотація:
Nel presente lavoro si ricostruiscono i tratti essenziali delle modifiche apportate ai Regolamenti parlamentari nel XX secolo che hanno condotto alla formulazione attualmente vigente delle regole relative all’organizzazione e al funzionamento delle Assemblee legislative, provando ad individuare il filo rosso che ha legato i diversi sforzi riformatori nei differenti contesti storici e politici nei quali sono stati portati a compimento. Nell’effettuare questa operazione si cerca in particolare di mettere in luce come le spinte riformatrici manifestatesi sul piano della regolamentazione parlamentare abbiano interagito con il concreto atteggiarsi della forma di governo. Si procede poi alla descrizione del contenuto e della portata delle due globali proposte di riforma organica del Regolamento della Camera dei deputati presentate nell’ambito dei lavori portati avanti in seno alla Giunta per il Regolamento di Montecitorio nella prima fase della XVII Legislatura, le quali hanno seguito delle direttrici di modifica sensibilmente differenti fra loro, sulla base della diversa considerazione degli interventi da apportare sul piano della disciplina interna camerale ritenuti necessari al fine di rivitalizzare l’istituzione parlamentare. Nell’ultima parte dello scritto, alla luce dei principali dati sulla quantità e la qualità della legislazione e della prassi parlamentare, si prova ad evidenziare come le cattive performances fatte registrare dalle dinamiche sottese al concreto dipanarsi della forma di governo italiana non siano da imputarsi tanto a inadeguate regole giuridiche sul piano regolamentare – ma anche elettorale e Costituzionale – e più nello specifico alla farraginosità delle regole che disciplinano le procedure legislative, quanto piuttosto soprattutto a limiti del sistema politico. In conclusione si rimarca quindi la necessità di un cambio di prospettiva rispetto all’indirizzo predominante assunto ormai da diversi anni, non dimostrandosi necessario procedere ad una ulteriore accelerazione dell’iter legislativo né tantomeno ad un ulteriore rafforzamento delle prerogative governative in Parlamento in ossequio ad una male intesa aspirazione maggioritaria, pur senza negare l’opportunità di alcuni interventi riformatori che coinvolgano anche la disciplina interna delle Camere, dovendosi invece innanzitutto cercare di rilegittimare le procedure parlamentari dando effettività alla regole che le disciplinano.
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VERNATA, ANDREA. "L'ufficio parlamentare di bilancio." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1341976.

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Анотація:
L’oggetto dell’elaborato concerne l’Ufficio parlamentare di bilancio e, cioè, l’organismo indipendente istituito – presso le Camere – dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, con funzioni di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio. Tale organismo si inserisce nell’alveo di quegli organismi noti come independent fiscal institution, ovvero come fiscal council o fiscal watchdog, i quali rappresentano una novità relativamente recente per il panorama istituzionale europeo. La loro diffusione ha trovato un sicuro impulso nella necessità delle istituzioni europee di assicurare quel raccordo delle politiche di bilancio che viene ritenuto indispensabile per salvaguardare tanto la stabilità finanziaria dell’eurozona, quanto l’efficacia della politica monetaria della Banca centrale europea. In tal senso, i fiscal conuncil sembrano essere stati concepiti in un’ottica strettamente funzionale alle crescenti esigenze di bilancio cui gli Stati, sempre con maggiore frequenza e intensità, sono chiamati a rispondere. Cionondimeno, la definizione strumentale di simili organismi non vale a dissipare le incertezze teoriche che risultano connotare gli stessi. E proprio in quest’ottica si rivela necessario ricostruire e analizzare le origini, le evoluzioni e alcune esperienze emblematiche che hanno caratterizzato tali organismi, pur sempre concentrandosi sulle vicende che hanno caratterizzato l’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio in Italia. Per quanto concerne l’Europa, nonostante le prime e limitate espressioni dei fiscal council possano riscontrarsi già agli inizi del secondo dopoguerra, va rilevato come sarà solo con la crisi economico-finanziaria del 2008 che essi acquisiranno una diffusione e un ruolo decisivo. La crisi, infatti, ha costituto l’occasione per convincere la governance economica europea a rinforzare il quadro istituzionale e normativo preposto alla salvaguardia del rispetto dei vincoli di bilancio, attraverso il consolidamento dei meccanismi di convergenza e raccordo. Si pensi al Meccanismo europeo di stabilità, al Six pack, al Two pack, ma anche al Fiscal compact, con il quale per la prima volta in ambito europeo si è richiesto agli Stati di traslare le regole di bilancio europee sul piano nazionale, con normativa «preferibilmente» di natura costituzionale. È proprio nel solco di tali interventi che è stato previsto l’obbligo di istituire in Italia il tipo di organismo di cui l’Ufficio parlamentare di bilancio è espressione. Quest’ultimo sembra, infatti, rappresentare un passaggio fondamentale nel complesso processo di federalizzazione delle politiche economiche dei paesi dell’eurozona, andando a integrare e comporre un network di derivazione europea e internazionale che possa, in qualche modo, rivelarsi strumentale ad anticipare a livello nazionale il controllo sul rispetto delle regole di bilancio esercitato dalla Commissione europea. Con la crisi economico-finanziaria e l’irrigidimento della governance e dei vincoli di bilancio europei sullo sfondo, dunque, il legislatore italiano ha optato per ottemperare all’obbligo di dotarsi di un fiscal council e di inserire a livello nazionale detti vincoli mediante una normativa di natura costituzionale (la legge costituzionale n. 1 del 2012, appunto). Si è trattato di una fase piuttosto concitata, nella quale diversi paesi dell’Unione europea (Francia, Portogallo, Spagna, per citarne alcuni) hanno anticipato o fatto eco alle scelte dell’Italia, sia pure con forme e intensità diverse. Ad ogni modo, l’avere istituito l’Ufficio parlamentare di bilancio mediante legge costituzionale sembra essere valso ad attribuire allo stesso un ruolo di primaria importanza anche sul versante nazionale e a prescindere dalla sua connotazione euronitaria(-mente necessaria). La sua natura costituzionale, infatti, pare consentire di attribuire allo stesso la qualifica di organismo di rilievo costituzionale, assimilabile a quelli “ausiliari” previsti dall’art. 100 Cost. (Consiglio di Stato e Corte dei conti), suscettibile di configurarsi quale potere dello Stato ai fini di un eventuale confitto di attribuzione tra poteri dinanzi alla Corte costituzionale. La particolare fisionomia attribuita allo stesso dal legislatore, inoltre, ha fatto sì che esso rappresenti un vero e proprio unicum rispetto agli omologhi degli altri paesi. L’Ufficio parlamentare di bilancio, infatti, è un fiscal council di tipo parlamentare – ossia istituito presso le Camere – con un vertice collegiale e non monocratico come si registra nelle analoghe esperienze di altri paesi. Tale circostanza appare tanto più rilevante se si considera che il modello di riferimento adottato dal legislatore italiano sembra essere stato il Congressional Budget Office statunitense, il quale nel panorama dei fiscal council rappresenta l’esperienza maggiormente riuscita e di successo (fatta eccezione per quello olandese, che, però, ha potuto beneficiare di un contesto storico-culturale assai più favorevole), ma che si contraddistingue per avere un vertice di tipo monocratico. La previsione di un board di tre membri al vertice dell’Ufficio parlamentare di bilancio, tuttavia, per quanto rilevante, non sembra essere la differenza più importante tra i due organismi. Quest’ultima, invero, potrebbe individuarsi nella diversa forma di governo che contraddistingue le due esperienze. Il Congressional Budget Office, infatti, ben si inserisce in un presidenzialismo che vede nella titolarità del power of the purse il più aspro e ampio terreno di scontro tra Presidente e Congresso. Al contrario, appaiono maggiormente esigui gli spazi dell’Ufficio parlamentare di bilancio in una forma di governo parlamentare, la quale si contraddistingue per la presenza di un governo che trova la propria ragion d’essere in una maggioranza parlamentare che difficilmente tenderà a esercitare sul primo un controllo tanto pervasivo nella gestione delle finanze pubbliche. Anche alla luce di simili considerazioni, pertanto, appare necessario analizzare le virtualità che possono riconoscersi all’Ufficio parlamentare di bilancio, sia sul versante interno – nei riguardi del Parlamento, del Governo, ma anche del Presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e dell’elettorato – che su quello esterno – rispetto alla Commissione europea, FMI, OCSE e operatori economici e finanziari in generale – per verificare se sia effettivamente da escludere l’eventualità che l’istituzione di un simile organismo possa rappresentare proprio l’occasione per rafforzare il continuum Parlamento-Governo, riequilibrano i rapporti tra di essi e responsabilizzando le politiche di spesa in un’ottica di razionalizzazione e sostenibilità del debito pubblico. È infatti in questa prospettiva che sembrerebbe possibile recuperare i margini di funzionalità – nazionale – dell’Ufficio parlamentare di bilancio: la neutralizzazione di un deficit informativo che, tradizionalmente, contraddistingue il Parlamento rispetto al Governo nella gestione della finanza pubblica, che si riveli strumentale tanto all’inveramento del principio della separazione tra poteri e delle prerogative di indirizzo e controllo dell’assemblea rappresentativa, quanto al recupero di una rappresentanza politica effettiva e responsabilizzata attraverso il pubblico dibattito. Un obiettivo certamente ambizioso, ma che appare d’altronde del tutto in linea con le sfide cui oggi il costituzionalismo moderno è chiamato a dare risposta.
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Mattei, Cristiano. "Sistemi elettorali, sistemi partitici e partecipazione popolare nelle forme di governo neo-parlamentare e semipresidenziale." Thesis, 2012. http://hdl.handle.net/10955/851.

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CHIARELLI, FRANCESCA. "Il ruolo del Presidente della Repubblica nel procedimento legislativo e la sua evoluzione nella forma di governo parlamentare." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11573/918302.

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BARDOTTI, LORENZO. "'Governo parlamentare': nascita di una categoria politica nella cultura costituzionale italiana tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1119920.

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Анотація:
Seguendo l’approccio metodologico della storia dei concetti (Begriffsgeschichte), l’elaborato mira a descrivere i cambiamenti dell’assetto politico-costituzionale italiano attraverso l’evoluzione semantica di sintagmi linguistici come ‘governo parlamentare’, ‘governo rappresentativo’, ‘governo costituzionale’, ‘parlamentarismo’. Tale analisi si concentra grossomodo in un periodo di tempo che va dalla seconda metà dell’Ottocento, fino alla prima metà del Novecento. Come fonti, accanto ai classici prodotti della dottrina politico-costituzionale, quali monografie accademiche, corsi universitari, prolusioni e discorsi parlamentari, si sono utilizzate voci di dizionari e enciclopedie, opuscoli, fonti giornalistiche, periodici e riviste di taglio più o meno specialistico e di orientamento politico diverso (liberale/moderato, cattolico, socialista, repubblicano, nazionalista, fascista). L’evoluzione concettuale di lemmi-cardine come ‘governo parlamentare’ e altri sintagmi ad esso finitimi permette di ricostruire i mutamenti della forma di governo italiana, evitando anche spiacevoli anacronismi a livello storiografico. Infatti la forma di governo non dovrebbero essere descritta attraverso quadri concettuali elaborati nella nostra contemporaneità e poi applicati retrospettivamente al passato, ma con sintagmi e concetti appartenenti alla realtà storica che si intende prendere in esame.
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Giannelli, Matteo. "Gli accordi in forma semplificata tra questioni di costituzionalità ed evoluzione della forma di governo." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1247496.

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Анотація:
La tesi analizza il tema degli accordi internazionali in forma semplificata e si articola in quattro capitoli. Nella primo capitolo l'attenzione si sofferma sul contenuto dell’art. 80 Cost e, in particolare, sulla stessa nozione di «forma semplificata». A seguire, nel secondo capitolo, viene proposta un’analisi della prassi in materia, avente ad oggetto gli accordi pubblicati a partire dalla metà degli anni ’80, in coincidenza con l’entrata in vigore della legge n. 839 del 1984. Nel terzo capitolo si affronteranno i temi e i problemi connessi alla qualificazione degli accordi come norma interposta e, in più in generale, relativi alla dinamiche del controllo di costituzionalità sull’esercizio e sulle scelte di politica estera da parte del Governo. Infine, nel quarto capitolo, ci si occuperà delle modalità di indirizzo e controllo parlamentare e delle dinamiche della forma di governo. This dissertation analyses the issue of executive agreements form and is divided into four chapters. In the first one, attention is focused on the content of article 80 of the Constitution and, in particularly, on the notion of "executive agreements" in the italian legal system. Then, in the second chapter, an overview of the practice on the matter is proposed, focusing on the agreements published since the mid-1980s, corresponding to the entry into force of the Law no. 839 of 1984. The third chapter will deal with the issues and problems connected with the qualification of agreements as an “norma interposta” and, more generally, with the dynamics of the judicial review on the foreign policy exercised by the Government. Finally, the fourth chapter will deal with the methods of parliamentary control and the dynamics of the form of government.
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FRANCAVIGLIA, MICHELE. "Procedimento legislativo e forma di governo nell'esperienza costituzionale italiana." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11573/917326.

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Анотація:
La tesi indaga le relazioni intercorrenti tra il procedimento legislativo ordinario e i concreti assetti della forma di governo italiana. Lo studio parte dal concetto di teoria generale di 'procedimento' per poi soffermarsi sulle peculiarità strutturali di quello legislativo, analizzandone la genesi in assemblea costituente e l'evoluzione sul piano regolamentare. Ci si interroga, infine, sul procedimento quale strumento per misurare le prestazioni democratiche della forma di governo italiana nell'ambito della forma di Stato costituzionale democratica.
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FERRARI, FABIO. "Principio pattizio e rigidità costituzionale: dalle Chartes francesi alla realtà sovranazionale." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11562/938462.

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Анотація:
La tesi tenta di approcciare il concetto di rigidità costituzionale dalla prospettiva delle fonti pattizie: particolare attenzione è posta ad alcune esperienze costituzionali del diciannovesimo secolo, quali le Chartes francesi del 1814 e del 1830 e lo Statuto albertino; successivamente, l'analisi investe l'attuale scenario internazionale. L'obiettivo è provare a distinguere il concetto teorico di rigidità costituzionale dalle diverse modalità con le quali esso è garantito.
This PhD dissertation attempts to approach the concept of constitutional rigidity from the specific point of view of conventional sources: particular attention is devoted to the constitutionalism of the 19th Century, mainly to Statuto albertino and French Chartes of 1814 and 1830: thereafter, the analysis concerned the current international scenario. The purpose is to separate the theoretical concept of constitutional rigidity from the ways in which it is concretely guaranteed.
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Raiola, Luca Vittorio. "L'attuazione del federalismo fiscale e la sua incidenza sulla forma di governo e sul sistema delle autonomie." Tesi di dottorato, 2013. http://www.fedoa.unina.it/9192/1/raiola_luca_vittorio_25.pdf.

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Анотація:
La tesi affronta il tema dell'attuazione del federalismo fiscale nel nostro Paese. Viene esaminata la legge delega n. 42/09 e il suo impatto sulla forma di governo (rapporto Parlamento/Governo) e sulla forma di stato (rapporto con il sistema delle autonomie).
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CAMPELLI, ENRICO. "Tra uguaglianza e preferenza. L'istituto della cittadinanza nell'ordinamento giuridico israeliano." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1346791.

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Анотація:
La nozione di cittadinanza, intesa come rapporto di appartenenza di individui o gruppi a un determinato assetto politico-giuridico-sociale, si colloca in uno spazio concettuale ambiguo e sfuggente, soggetto a evoluzioni e rotture multiple, evocativo di un universo semantico particolarmente complesso e polimorfo, «inafferrabile nei suoi caratteri fondamentali» 1 . Se per cittadinanza si intende comunemente l’appartenenza ad una comunità/civitas di individui con lo stesso sistema di diritti e doveri politici e una stessa identità, è pur vero che questa rappresentazione lascia fuori dal contesto una serie di variabili fondamentali: ragioni e regole dell’inclusione e dell’esclusione innanzitutto, varietà dei profili identitari, assetti valoriali, linguaggi di riferimento non sempre reciprocamente coerenti, storia – se si vuole usare questa parola troppo spesso in ombra - attraverso la quale la nozione di cittadinanza si è costituita. L’attenzione a questa molteplicità di elementi ha inevitabilmente prodotto, soprattutto in tempi recenti, una letteratura interpretativa assai ampia ed altrettanto diversificata.
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BENVENUTI, SARA. "Corte o corti? La tutela dei diritti fondamentali in Francia tra cooperazione e competizione." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/817274.

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Анотація:
Pluralità degli ordinamenti giuridici, crisi dello Stato e de-statizzazione del diritto, dialogo tra corti e multiformità dei sistemi di tutela dei diritti fondamentali certamente costituivano già elementi qualificanti il novecento giuridico e non possono non darsi acquisiti nella contemporaneità, anche francese. Quest’ultima, tuttavia, presenta aspetti di interesse e di atipicità, e non solo per le dottrine e gli artifici retorici elaborati al fine di sottrarsi al processo avanzante di integrazione europea ed internazionalizzazione del diritto costituzionale. Il c.d. “controllo di convenzionalità” assume in Francia tratti peculiari, configurando un complesso, e talvolta confuso, sistema multilivello di protezione giurisdizionale dei diritti e delle libertà fondamentali. Un sistema di tutela, quello francese, che, almeno sino alla riforma costituzionale del 2008, vedeva come protagoniste indiscusse, accanto alle corti europee, le giurisdizioni ordinarie e amministrative, ed in particolare la Cour de cassation ed il Conseil d’État. La recente previsione della question prioritaire de constitutionnalité, strumento di protezione accentrato e successivo dei diritti e delle libertà garantiti dalla Costituzione, rimesso al Conseil constitutionnel, seppur filtrato dall’intervento necessario delle corti supreme, sembra, invece, mutarne in parte il funzionamento, venendo a configurare un inedito raccordo tra controllo di convenzionalità e controllo di costituzionalità. Il lavoro intende sviscerarne, in chiave comparatistica, gli aspetti più problematici, soffermandosi in particolare sui momenti di criticità che il mutato contesto giuridico francese sembra aver evidenziato nei rapporti interni, tra corti nazionali, ed esterni, tra corti nazionali e sovranazionali. Interessante sarà verificare se la rete giudiziaria ormai delineatasi dietro l’apparato “mitologico” di facciata potrà superare la logica gerarchica, porsi dal punto di vista dei diritti ed alimentarsi, seppur competitivamente, nella circolarità dei rapporti, delle interpretazioni, verso il raggiungimento di standards più elevati di tutela.
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FERRARO, SIMONE. "Alle radici della Costituzione materiale." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/907300.

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La tesi ha lo scopo di contribuire alla ricerca di possibili risposte alla domanda se sia possibile “proteggere” la democrazia senza indebolirla nei suoi presupposti logici e nei suoi obbiettivi razionali. Da qui, la volontà di offrire una ricostruzione del concetto e delle funzioni di “costituzione materiale” realizzata, attraverso una comparazione diacronica, partendo dalle sue “radici”. Al fine di esplicitare al massimo l’importanza di una prospettiva volta a storicizzare le categorie giuridiche analizzate, questa comparazione è stata realizzata mettendo a confronto, non soltanto le originarie formulazioni della teoria mortatiana con le loro successive interpretazioni, compiute durante la prima e la seconda fase della storia repubblicana. Le stesse, sono state confrontate anche con le dottrine aventi ad oggetto le norme materiali per la disciplina dei diritti politici e della legislazione elettorale, presenti, all’interno della giuspubblicistica italiana, in tre precedenti specifici periodi della nostra comune storia “costituzionale” e “della costituzione”. Specifici periodi, rappresentati: dalla fondazione dello Stato unitario (1848-1861); dal primo allargamento del suffragio politico (1880-1882); dal passaggio tra il regime liberal-oligarchico e quello demo-liberale, conseguente, sia alla concessione del suffragio universale maschile, che, soprattutto, al rapido incremento, all’interno delle Assemblee rappresentative del cd. “Stato di massa”, dell’influenza operata dai primi partiti politici ideologici sull’azione del Governo (1912-1919).
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FRANCO, LUIGI. "La relazione tra principio e dettaglio nella produzione normativa primaria." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11562/350594.

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Анотація:
Abstrasct Dedicata allo studio dei rapporti tra principio e dettaglio, la tesi si articola in cinque capitoli. Il primo si occupa delineazione del significato dei termini della relazione e delle modalità in cui, nel diritto positivo, essi si strutturano. Il secondo riguarda il dibattito svoltosi in Costituente a proposito degli artt. 76 e 77 Cost., il terzo il rapporto tra legge di delega e decreto legislativo, il quarto la relazione tra principio e dettaglio tra Stato e Regioni, il quinto l’attuazione delle direttive europee (ed in generale della normativa di scopo dell’UE) nell’ordinamento interno. Il lavoro cerca di mettere a fuoco i complessi meccanismi di produzione normativa duale, in cui si realizza un rapporto tra norma condizionata e norma condizionante. Si tratta di una relazione dinamica, in cui il significato dei termini del rapporto non è dato astrattamente, ma si realizza in una dialettica relazione, che talvolta vede prevalere la norma condizionante. In altre circostanze, invece, il principio pare cedevole rispetto al dettaglio. Capitolo I Il primo capitolo si intitola Il tempo come relazione tra principio e dettaglio: la diacronia del principio e si occupa di delineare il significato dei due termini sia in relazione alle principali dottrine sia in rapporto ad alcuni dati di diritto positivo. Rilevati i pericoli insiti in ogni definizione del principio (e, correlativamente, del dettaglio), viene in primo piano il rango dei princìpi, che discende dalle fonti da cui sono posti. Allo stesso tempo, per potersi inverare, il principio necessita del dettaglio: benché esso sia efficace indipendentemente dal dettaglio, la sua applicabilità ne è condizionata. Di qui la diacronia del principio. Capitolo II Il secondo capitolo (dal titolo Il dibattito in costituente, Sovranità, rappresentanza e pluralismo: il “tempo limitato” della delegazione e la diacronica del principio) ricostruisce il dibattito in Costituente in tema di delegazione legislativa. La questione viene affrontata sia con riferimento al rilievo della teoria della divisione dei poteri sia in relazione alle posizioni, espresse prevalentemente dall’on. Mortati e dall’on. Tosato, che si concentrano anche sui limiti della capacità di tenuta del principio della rappresentanza politica. Di qui, da un lato, l’importanza dello strumento della delegazione legislativa (e del relativo rapporto tra principio e dettaglio), dall’altro la crucialità del “tempo limitato”, particolarmente sottolineata negli interventi dell’on. Tosato. In questo quadro, la diacronica dimensione del principio consente anche di comprendere il dibattito sul tema della Costituzione-programma e della Costituzione-integrazione. Capitolo III La delegazione legislativa tra eccezione e politipicità. Il diacronico tempo del principio: dal programma alla semplificazione legislativa è il titolo del Terzo capitolo. Questa parte del lavoro affronta il tema della delegazione legislativa sia con riferimento al dettato costituzionale sia in relazione all’ordinamento pre-repubblicano. Anche in questa circostanza, dopo aver indagato sul problema della distinzione tra princìpi, criteri direttivi e fini, la dimensione temporale della efficacia e della applicabilità dei princìpi viene in rilievo, in particolare con riferimento alle decretazioni legislative correttive e integrative e alla c.d. ratio della delega. Del pari vengono in considerazione alcuni criteri di decisione della Corte costituzionale: si va, infatti, dal c.d. “canone inverso” alla concezione minimale della delega. In tal senso, dunque, emerge una notevole latitudine dell’accezione del termine principio. Capitolo IV Il quarto capitolo si intitola Il tempo della Regione e il tempo dei princìpi: tra abrogazione e provvisorio dettaglio. Si occupa del rapporto tra princìpi fondamentali e dettaglio regionale cercando, per un verso, di ricostruire brevemente l’evoluzione storica della questione sino alle pronunce degli ultimi anni della Corte costituzionale, e, per l’altro, di evincere le principali questioni dottrinali che emergono sia in seguito agli interventi legislativi (in particolare si pone attenzione alle vicende che segnano la vita della c.d. “legge Scelba”) sia in seguito alle decisioni del Giudice delle leggi. Dopo la revisione del Titolo V della II Parte della Costituzione, infatti, la giurisprudenza costituzionale ha condotto il dibattito ad occuparsi del principio di sussidiarietà e del c.d. “criterio della prevalenza”. In questo quadro non sono mancate decisioni della Corte che hanno interpretato il termine principio in un’accezione debole, come quando esso è stato qualificato come uno standard. Di nuovo, quindi si verifica una grande estensione del significato del concetto di principio, cui corrisponde un’altrettanto ampia gamma di significati del concetto di dettaglio. Capitolo V L’ultimo capitolo si intitola UE e ordinamento interno. Tra linearità e complessità: il risultato come principio. Il tema da cui parte riguarda la paradossale circostanza per cui, con riferimento ai rapporti tra ordinamento europeo e ordinamento interno, la norma di scopo europea si pone come risultato. Se lo scopo voluto dal’UE definisce il principio, il principio – che per definizione dovrebbe costituire l’elemento logicamente e cronologicamente prioritario – si pone anche come risultato, con una sorta di inversione della relazione tra principio e dettaglio. La prima parte del capitolo si occupa di questo tema, cercando di rinvenire il fondamento costituzionale di tale inversione. Si seguono poi le vicende relative agli strumenti di adattamento progressivamente adottati dall’ordinamento italiano, sino all’analisi del criterio di cedevolezza. Come nel IV Capitolo, anche in questo caso la giurisprudenza della Corte costituzionale appare decisiva: per questa ragione la seconda parte del capitolo è, per lo più dedicata, alla comprensione del rapporto tra principio e dettaglio così come essa appare nelle sentenze della Corte costituzionale. A questo proposito, il lavoro si sofferma sul tema della “non-applicazione”/disapplicazione, della contrarietà/contraddizione tra norme di scopo europee e norme interne. L’ultimo paragrafo, infine, si interroga sulle conseguenze che derivano dalla mancata trasposizione della disciplina di scopo europea nell’ordinamento interno: di nuovo vengono i rilievo i concetti di “non applicazione” e di disapplicazione, cui si aggiunge il dovere di interpretazione conforme del giudice interno al diritto europeo. Anche in questo caso, il tema della diacronica del principio emerge nella differenza tra efficacia e applicazione dei princìpi. Il lavoro presenta anche alcuni spunti comparatistici: qualche p. nel capitolo terzo e una decina di pp. del capitolo V.
The doctoral thesis reguards the relationships between princplies and details in the law production process. In particular, the thesis studies the relations between law and delegated law, Statoi and Regioni, UE and the national law system.
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Анотація:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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