Добірка наукової літератури з теми "Diabete mellito di tipo I"

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Статті в журналах з теми "Diabete mellito di tipo I"

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Magnani, Guest Editors: L., G. Beltramello, D. Brancato, A. Fontanella, and R. Nardi. "L’internista ospedaliero nella gestione del paziente diabetico complesso." Italian Journal of Medicine 6, no. 1 (April 27, 2018): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2018.2.

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Анотація:
L’internista deve occuparsi (e rioccuparsi) del paziente diabetico complesso in OspedaleA. Fontanella, L. MagnaniDiagnosi, classificazione, epidemiologia clinica del diabete mellitoV. Provenzano, D. BrancatoUp-date degli studi disponibiliP. Gnerre, T.M. Attardo, A. Maffettone, G. BeltramelloIl diabete mellito costituisce ancora un equivalente di rischio cardiovascolare?G. Augello, T.M. AttardoLe terapie del diabete tipo 2 sono tutte uguali ai fini della riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare?V. ProvenzanoLe nuove tecnologie nella cura del diabete mellitoD. Brancato, V. ProvenzanoInsuline prandiali e insuline basaliR. PastorelliQuali target nel diabete mellito: il dogma dell’emoglobina glicata è davvero imprescindibile?V. ManicardiIl controllo dell’iperglicemia nel paziente anziano polipatologico: è sempre necessario iniziare l’insulina?G. Gulli, M. NizzoliLa nefropatia diabeticaF. Salvati, D. Manfellotto, M. StornelloCirrosi epatica e diabeteM. Imparato, L. FontanellaLa terapia personalizzata nel diabete di tipo 2A. Maffettone, C. Peirce, M. RinaldiLa gestione dell’iperglicemia nel paziente critico e instabileC. NozzoliLa disfunzione erettile nel paziente diabetico di tipo 2N. Artom, A. Bosio, G. PinnaQuali obiettivi di approccio integrato nella gestione del diabete mellito?E. Romboli, D. PanuccioIperglicemia, normoglicemia ed ipoglicemia nei pazienti anziani fragili: situazioni a rischio, politerapia e comorbilitàA. Greco, M. Greco, D. Sancarlo, F. Addante, G. D’Onofrio, D. Antonacci, S. De CosmoL’impatto clinico-prognostico dell’ipoglicemia nel paziente ospedalizzatoV. Borzì, L. Morbidoni, A. FontanellaL’internista chiamato in consulenza per un diabete gestazionale: quale approccio pragmatico?P. Novati, L. SaliLa frugalità nella gestione del diabete mellito: qualità assistenziale, governo clinico e costi correlatiP. Gnerre, G. Carta, D. MontemurroLa gestione dell’iperglicemia in area medica, ma senza esagerare.L. Magnani, G. BeltramelloAPPENDICE IUn approccio pragmatico per la valutazione globale e la gestione del paziente diabeticoF. Pieralli, A. Crociani, C. BazziniAPPENDICE IILe insuline e i farmaci ipoglicemizzanti orali disponibiliP. Zuccheri, L. Alberghini, E. SoraAPPENDICE IIILe scale di correzione insulinica: pro e controV. Borzì
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Di Molfetta, Sergio, Luigi Laviola, and Francesco Giorgino. "Utilità dell’holter glicemico nella persona con diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2." L'Endocrinologo 21, no. 1 (January 23, 2020): 19–24. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-020-00657-8.

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Ludvigsson, J., D. Krisky, R. Casas, T. Battelino, L. Castaño, J. Greening, O. Kordonouri, et al. "Terapia antigenica con GAD65 nel diabete mellito di tipo 1 di recente diagnosi." L'Endocrinologo 13, no. 2 (April 2012): 89–90. http://dx.doi.org/10.1007/bf03344894.

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Pradelli, Lorenzo. "Prevenzione e terapia precoce del diabete mellito di tipo II: aspetti farmacoeconomici." Farmeconomia. Health economics and therapeutic pathways 6, no. 3 (September 15, 2005): 251–61. http://dx.doi.org/10.7175/fe.v6i3.839.

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Анотація:
Type II (non-insulin-dependent) diabetes is one of the most widespread chronic patologies in the developed countries and its prevalence in Italy is about 2-3% of the population. Type II diabetes is also associated with several other metabolic abnormalities such as central obesity, hypertension, and dyslipidemia, which contributes to the very high rate of cardiovascular morbidity and mortality. Therefore Type II diabetes involves a significant financial burden on the health care system. The purpose of this paper is to explain the composition of the healthcare costs of managing people with Type II diabetes and the economic repercussions due to the adoption of an aggressive strategy against the pathology. To carry out this evaluation we considered the CODE-2 (The Cost of Diabetes in Europe - Type II) Study results, the American Diabetes Association Position Statement, the Diabetes Prevention Program and the UK Prospective Diabetes Study. Evidence exists to show that introducing prevention program or an early therapy can avert or delay significantly the onset of cardiovascular morbidity in Type II diabetes patients. According to the pharmacoeconomical criteria, this very desiderable clinical goal is associated to a little increase of the health expenditures, and sometimes also to a costs saving.
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Maccora, Carla, and Caterina Formichi. "QUANDO IL DIABETE MELLITO DI TIPO 2 NON BASTA: UN CASO DI MODY MISCONOSCIUTO." il Diabete 31, N. 1, marzo 2019 (March 15, 2019): 63–68. http://dx.doi.org/10.30682/ildia1901h.

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Lettieri, M. "Smartphones and apps in personal care with diabetes: a narrative review of the literature." Journal of AMD 24, no. 4 (February 2022): 268. http://dx.doi.org/10.36171/jamd21.24.4.6.

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Анотація:
OBIETTIVO DELLO STUDIO L’educazione e l’auto-monitoraggio della persona con diabete aiutano a ottimizzare il controllo metabolico, riducendo morbilità e mortalità. In questo scenario gli smartphone rappresentano uno strumento potente e alla portata di tutti e numerose piattaforme destinate a persone con diabete sono sta-te elaborate allo scopo di fornire loro una salute “su misura”. Lo scopo della presente revisione è valutare l’impatto dell’utilizzo degli smartphone come strumento di educazione sanitaria e la loro efficacia nella gestione della glicemia negli adulti con diabete di tipo 1 e 2. DISEGNO E METODI È stata effettuata una ricerca bibliografica utilizzando quali motori di ricerca CINAHL e PUBMED. Sono stati selezionati 17 studi randomizzati controllati per un totale di 4.125 partecipanti. Per ogni studio la di mensione del campione era compresa tra 30 e 574 partecipanti e tutti i soggetti avevano un’età ≥ 18. RISULTATI I risultati mostrano la riduzione dei livelli di HbA1c nei soggetti che si avvalgono della tecnologia per la cura del diabete. Dei 17 studi analizzati, 14 suggeriscono l’efficacia del supporto della tecnologia per migliorare la gestione della glicemia nei pazienti con diabete mellito di tipo 1 e 2. I restanti 3 studi mostrano risultati contrastanti, ove non si è riscontrata una differenza significativa della concentrazione di HbA1c. CONCLUSIONI L’utilizzo delle nuove tecnologie per la cura del diabete si è dimostrato uno strumento efficace nella cura delle persone con diabete, determinando una riduzione dei livelli di HbA1c. Il loro impiego nella pratica clinica può semplificare la gestione del diabete e migliorare l’educazione del paziente alla terapia e alla cura e alla prevenzione delle complicanze correlate al diabete. PAROLE CHIAVE diabete mellito; smartphone; app; tecnologie.
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Le Grazie, Giulia, Nicola Marrano, Annalisa Natalicchio, and Francesco Giorgino. "L’irisina: un ormone con benefici multiorgano." L'Endocrinologo 23, no. 2 (March 3, 2022): 189–92. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01046-z.

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Анотація:
SommarioL’irisina è una miochina secreta dal muscolo scheletrico in seguito ad attività fisica, in grado di regolare l’omeostasi glucidica ed energetica, agendo su numerosi tessuti e intervenendo su diversi pathways metabolici. Un’alterazione dei livelli sierici di irisina potrebbe promuovere l’insorgenza di patologie metaboliche, tra cui il diabete mellito di tipo 2. Numerosi studi su modelli animali di diabete e/o obesità hanno dimostrato che la somministrazione di irisina esogena è in grado di esercitare effetti antidiabetici e antiobesità.
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Lucioni, Carlo, S. Mazzi, and K. Neeser. "Analisi di costo-efficacia della terapia combinata con pioglitazone nel trattamento del diabete mellito di tipo 2 in Italia." PharmacoEconomics Italian Research Articles 6, no. 2 (July 2004): 81–93. http://dx.doi.org/10.1007/bf03320626.

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Bolli, Geremia B., and Francesca Porcellati. "Come prevenire e trattare l’ipoglicemia e la sindrome dell’“hypoglycaemia unawareness” nel diabete mellito di tipo 1." L'Endocrinologo 4, no. 4 (December 2003): 187–97. http://dx.doi.org/10.1007/bf03344474.

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Terzolo, M., G. Reimondo, I. Chiodini, R. Castello, R. Giordano, E. Ciccarelli, P. Limone, et al. "Screening della sindrome di Cushing in pazienti ambulatoriali con diabete mellito di tipo 2: risultati di uno studio prospettico multicentrico in Italia." L'Endocrinologo 13, no. 6 (December 2012): 279. http://dx.doi.org/10.1007/bf03346022.

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Дисертації з теми "Diabete mellito di tipo I"

1

ROSATI, FRANCESCA. "Disuguaglianze di salute e diabete mellito di tipo 1 in età pediatrica." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242868.

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Анотація:
Questo lavoro di tesi si pone come obiettivo quello di valutare il ruolo delle caratteristiche sociali, economiche e demografiche della famiglia nel controllo glicemico nei bambini/adolescenti con diabete di tipo 1. Il lavoro utilizza come base di dati le informazioni raccolte nello studio VIPKIDS (eValuation of Insulin Pump treatment in KIDS), uno studio osservazionale multicentrico, di tipo trasversale, volto a valutare la qualità della vita in funzione del metodo di somministrazione di insulina.. La prima parte (capitolo1) analizza il background introduttivo: il tema delle disuguaglianze sociali nella salute documentato da un’ampia letteratura che ha dimostrato come la salute sia largamente influenzata da fattori esterni alla medicina e al sistema sanitario, quali appunto i determinanti sociali, ambientali, economici e comportamentali. Assieme al fenomeno della malattia diabetica definendola un problema globale che richiede una gestione sinergica. La seconda parte ( capitolo 2) tratta le disuguaglianze di salute nella malattia diabetica di tipo 1 analizzando l’impatto , i costi sociale e i bisogni assistenziali dei pazienti in età evolutiva e dei loro familiari, con diabete mellito. La terza parte (capitolo 3), utilizzando come base di dati quelli dello studio VIPKIDS, indaga in merito al ruolo dell’età dei genitori e del loro livello di istruzione sul controllo glicemico dei ragazzi con bambini/adolescenti di tipo 1, misurato attraverso i valori dell’emoglobina glicata (HbA1c). I risultati ottenuti hanno evidenziato come: Il controllo glicemico migliora significativamente all’aumentare dell’età della madre (b = -0.0025; 95%CI= -0.0047 -0.0004)) e del suo livello d’istruzione scolastica (b=-0.0404; 95%CI=-0.0664-0.0144). Non sono stati trovati effetti significativi in relazione all’ età e all’istruzione del padre. Come previsto, HbA1c aumenta significativamente quando il l’indice di massa corporea (b = 0,0247; 95% CI =,0007-,0487), la durata del diabete (b = 0,0419; 95% CI = 0,0120-0,0719), la dose giornaliera di insulina basale (b = 0,7361; 95% CI = 0,1550-1,3172) aumenta. Il calcolo dei carboidrati CHO contribuisce a migliorare significativamente il controllo glicemico (b = -0,2164, 95% CI = -0.4033-0.0294). Questo lavoro di tesi ha mostrato l'importanza delle caratteristiche socio-demografiche della madre sul controllo glicemico dei pazienti, e che per i membri del team sanitario può essere importante conoscere le caratteristiche socio-demografiche della famiglia dei pazienti, perché questi aspetti possono essere utili per elaborare un programma educativo del diabete. Infine la quarta parte (capitolo 4) mostra l’importanza dei nuovi modelli assistenziali per i malati cronici, in particolare il Chronic Care Model, i cui principi generali sono ormai riconosciuti come fondamentali. Questo modello è rappresentativo del nuovo paradigma medico, volto all’empowerment del paziente, della sua famiglia e della comunità e alla qualificazione del team assistenziale.
The aim of this thesis was to investigate the role of socio-demographic family characteristics on glycaemic control in children with type 1 diabetes. The information collected in precedent study called VIPKIDS (Evaluation of Insulin Pump treatment in KIDS) have been uses as the basis of the data for our work. In particular, VIPKIDS is a multi-center, observational, cross-sectional Italian study to evaluate the quality of life according to the method of insulin delivery of adolescents. The first part (chapter 1), analyzes the introductory background information: the theme of social inequalities in health documented by an extensive literature which has demonstrated that health is largely influenced by factors external to medicine and health care , such as the social, environmental, economic and behavioural contexts. Those factors, together with the phenomenon of diabetes mellitus were defined as a global problem that requires a synergistic management. The second part (Chapter 2) deals with health inequalities in diabetes type 1 by analyzing the impact, costs and social care needs of patients in childhood and their family members with diabetes mellitus. The third part (Chapter 3), using as the basis of those data VIPKIDS study investigates about the role of parents’ age and level of education on glycaemic control with type 1 diabetes. The results obtained showed that the glycaemic control significantly improved at increasing mother's age (b = -0.0025; 95%CI= -0.0047 -0.0004) and mother’s level of education (b=-0.0404; 95%CI=-0.0664-0.0144). No significant effects were found in father’s age and education. As expected, HbA1c significantly increased when BMI (b= 0.0247; 95%CI=0.0007-0.0487), diabetes duration (b= 0.0419; 95%CI= 0.0120-0.0719), daily basal insulin dose (b= 0.7361; 95%CI= 0.1550-1.3172) increased; the use of CHO counting system significantly improved glycaemic control (b= -0.2164; 95%CI=-0.4033-0.0294). Finally, the fourth part (Chapter 4) shows the importance of new models of care for chronically ill patients, particularly the Chronic Care Model , whose general principles are now recognized as fundamental.This model is representative of the new medical paradigm, which aims to empowerment of the patient, and community and qualification of the care team
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CARDELLINI, MARINA. "TIMP3: un nuovo biomarcatore di aterosclerosi nel Diabete Mellito di tipo 2: studi in vivo ed in vitro." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1156.

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Анотація:
Nei pazienti affetti da Diabete Mellito di Tipo 2 l’aterosclerosi è fortemente accelerata da meccanismi ancora oggi sconosciuti. Il nostro gruppo recentemente ha identificato l’Inibitore Tissutale delle Metalloproteinasi 3 (TIMP3), che è l’inibitore endogeno dell’enzima TNF Converting Enzyme (TACE), anche chiamato A Disintegrin and Metalloproteasi Domain 17 (ADAM17) e di altre MetalloProteasi di Matrice (MMP), come un gene favorente lo sviluppo di insulino resistenza e infiammazione vascolare nel topo. Abbiamo quindi ipotizzato che un’aumentata attività del sistema proteolitico di membrana extracellulare, dovuta ad una alterata regolazione della diade ADAM17/TIMP3, possa essere un fattore comune allo sviluppo e progressione dell’aterosclerosi, dell’insulino resistenza e del diabete. Ulteriore scopo di questo lavoro è valutare l’associazione di TIMP3 con l’aterosclerosi in pazienti affetti da Diabete Mellito di Tipo 2 (DM2) ed identificare fattori in grado di regolare l’espressione di TIMP3. I substrati solubili circolanti di ADAM17/TACE, quali sICAM-1, sVCAM-1, sIL6R, sCXCL16 e sTNFR1, sono stati analizzati nei sieri di soggetti sani di controllo (CT, n=70), pazienti con Aterosclerosi Carotidea (CAR-Ats, n=35) e pazienti con Coronaropatia (CAD, n=170). Inoltre abbiamo valutato i livelli di espressione di ADAM10/17, MMP9, TIMP1/2/3/4 in placche aterosclerotiche carotidee umane (n=60) prelevate da pazienti con e senza diabete sottoposti ad Endoarteriectomia carotidea. Cellule muscolari lisce vascolari umane esposte a diversi stimoli metabolici sono state utilizzate per identificare i regolatori dell’espressone di Timp3. Il silenziamento genico di SirT1 mediante small interference RNA (siRNA), SirT1 cDNA e un vettore reporter per il promotore del gene TIMP3 sono stati usati per studiare la regolazione dell’espressione di TIMP3 da parte di SirT1. In questo lavoro abbiamo riscontrato che, fra i substrati solubili di ADAM17/TACE, sCXCL16, sICAM-1 e sVCAM1 sono differentemente e significativamente aumentati a seconda della localizzazione della patologia vascolare aterosclerotica e dell’alterazione del metabolismo glucidico. Abbiamo inoltre mostrato che nelle placche aterosclerotiche carotidee umane i livelli di espressione di TIMP3 sono significativamente ridotti nei soggetti con diabete mellito di tipo 2 con un conseguente aumento dell’attività di ADAM17/TACE e MMP9. La ridotta espressione di TIMP3 è stata associata in vivo ai livelli di SirT1. Nelle cellule muscolari lisce vascolari umane, l’inibizione dell’attività e dei livelli di SirT1 determina una riduzione dell’espressione di TIMP3, mentre una sovra-espressione di SirT1 aumenta l’attività del promotore di TIMP3. In conclusione, i nostri dati suggeriscono che il sistema proteolitico di membrana è gradualmente attivato in soggetti con differente localizzazione della patologia aterosclerotica. Inoltre nelle placche aterosclerotiche di soggetti con il diabete mellito di tipo 2 la deregolazione dell’attività di ADAM17/TACE e delle MMP9 è correlata con un’inadeguata espressione di TIMP3 SirT1-dipendente. Gli studi effettuati su cellule vascolari confermano il ruolo di Sirt1 nel modulare l’espressione di TIMP3.
Atherosclerosis is accelerated in patients with Type 2 Diabetes Mellitus (DM2) by unknown mechanisms. We identified Tissue Inhibitor of Metalloproteinase 3 (TIMP3), the endogenous inhibitor of A Disintegrin and Metalloprotease Domain 17 (ADAM17) and other Matrix MetalloProteinase (MMP), as a gene modifier for insulin resistance and vascular inflammation in mice. Therefore we hypothesized that an increased activity of the ectodomain shedding process, due to a dysregulation of ADAM17/Timp3 dyad, may be a common factor linking progression of atherosclerosis to insulin resistance and diabetes. Here we also tested TIMP3 association with atherosclerosis in patients with type 2 diabetes mellitus (DM2) and identified Sirtuin 1 (SirT1) as a major regulator of TIMP3 expression. ADAM17 substrates, such as soluble (s)ICAM-1, sVCAM-1, sIL6R, sCXCL16 and sTNFR1, were analyzed in serum from healthy subjects (CT, n=70), patients with Carotid Atherosclerosis (CAR-ATS, n=35) and patients with Coronary Artery Disease (CAD, n=170). Moreover we investigated ADAM10/17, MMP9, TIMP1/2/3/4 expression levels in human carotid atherosclerotic plaques (n=60) from subjects with and without diabetes. Human Vascular Smooth Muscle cells exposed to several metabolic stimuli were used to identify regulators of Timp3 expression. SirT1 small interference RNA (siRNA), cDNA and TIMP3 promoter gene reporter were used to study SirT1 dependent regulation of TIMP3. We found that, among soluble ADAM17 substrates, sCXCL16, sICAM-1 and sVCAM1 were differently and significantly increased according to location of vascular disease and impairment of glucose metabolism. We showed that in human carotid atherosclerotic plaques TIMP3 was significantly reduced in subjects with DM2 leading to ADAM17 and MMP9 overactivity. Reduced expression of TIMP3 was associated in vivo to SirT1 levels. In smooth muscle cells, inhibition of SirT1 activity and levels reduced TIMP3 expression, while SirT1 overexpression increased TIMP3 promoter activity. In conclusion, our data suggest that the ectodomain shedding process is gradually activated in patients with different location of atherosclerotic disease. Moreover in atherosclerotic plaques from subjects with Type 2 diabetes the deregulation of ADAM17 and MMP9 activities is related to inadequate expression of TIMP3 via SirT1. Studies in vascular cells confirmed the role of SirT1 in tuning TIMP3 expression.
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Capodanno, Davide Francesco Maria. "Effetti farmacodimanici di differenti regimi di somministrazione dell'aspirina in pazienti con diabete mellito di tipo II e cardiopatia ischemica." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1090.

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Анотація:
I pazienti con diabete mellito di tipo II presentano ridotti effetti farmacodinamici piastrinici indotti dall'aspirina. Ciò potrebbe dipendere dal loro aumentato turnover piastrinico, che potrebbe a sua volta escludere una proporzione delle piastrine circolanti da una adeguata esposizione all'azione dell'aspirina. L'ipotesi di questo studio è che in pazienti con diabete mellito di tipo II e cardiopatia ischemica un incremento della frequenza di somministrazione dell'aspirina determina una maggiore inibizione piastrinica rispetto ad un aumento della dose.
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Vasta, Tramontana Paola. "Valutazione del rischio ulcerativo del piede in una popolazione di soggetti con diabete mellito tipo 2." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1021.

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Studi recenti hanno evidenziato il ruolo dell arteriopatia ostruttiva periferica (AOP) come importante fattore di rischio suggerendo la necessità di modificare il sistema di classificazione proposto dal gruppo di studio internazionale del piede diabetico (IWGDF) per meglio predire il rischio ulcerativo del paziente. Scopo del presente studio è stato quello di valutare, gli esiti ulcerativi ed amputativi in pazienti con diabete mellito tipo 2 (DMT2), mediante il sistema di classificazione IWGDF. Pazienti e metodi. Lo studio è stato condotto su 5177 pazienti (2710 donne e 2467 maschi) che afferivano all ambulatorio dedicato alla cura del piede del servizio di Diabetologia . Sono stati selezionati ed inclusi nello studio i pazienti con un follow-up ³ 2 anni. I pazienti sono stati sottoposti ad un visita ambulatoriale iniziale per la valutazione del rischio ulcerativo del piede. Sulla base dei fattori di rischio ulcerativo, i pazienti sono stati divisi nei seguenti gruppi: gruppo 0: neuropatia assente; gruppo 1: neuropatia periferica; gruppo 2A: neuropatia periferica + deformità; gruppo 2B: presenza di AOP; gruppo 3A: pregressa ulcera; gruppo 3B: pregressa amputazione. Risultati. I pazienti studiati avevano un età media di 64.3 ± 9.4 anni e durata del diabete di 12.7 ± 9.2. Il periodo medio di follow-up è stato di anni 5,8 (range 2,2 11,8 anni). I nuovi esiti ulcerativi ed amputativi presentavano un trend altamente significativo tra le classi di rischio esaminate (C2 for trend p< 0.0001). In particolare il rischio ulcerativo rispetto al gruppo 0 con neuropatia assente era il seguente: gruppo 1: 6.9 (3.6-13.2); gruppo 2A : 10.7 (5.4-21.4); gruppo 2B : 38.6 (20.7-71.7); gruppo 3A: 457.3 (243.8-857.9); gruppo 3B: 671.1 (308.7-1458.6) mentre il rischio amputativo era il seguente: gruppo 1: 13.8 (0.7-268.5); gruppo 2A : 14.3 (0.6-350.2); gruppo 2B : 183.9 (11-3073); gruppo 3A: 712.8 (43.3-11716); gruppo 3B: 1417 (83.9-23919. A prescindere dagli altri fattori di rischio, la presenza di una AOP era associata nel 52% dei casi a nuovi esiti ulcerativi (OR 11,5 C.I. 9.2 14.5), mentre nel 70,2 % dei casi era associata a nuovi eventi amputativi (OR 19.3 C.I. 11.3 33.2). Conclusioni. I dati del presente lavoro sembrano confermare la validità della classificazione del rischio ulcerativo proposta dal gruppo di studio internazione del piede diabetico nel predire i nuovi esiti ulcerativi. Inoltre sottolineano l importanza della AOP in quanto associata ad elevata prevalenza sia di nuovi eventi ulcerativi che di esiti amputativi.
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GALLI, ANGELICA. "Ruolo dei PUFA OMEGA-3 nella regolazione della funzione endoteliale in parenti di primo grado di pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2007. http://hdl.handle.net/2108/377.

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Анотація:
Obiettivi: La disfunzione endoteliale è il meccanismo iniziale nella patogenesi dell’aterosclerosi. Costituisce una delle alterazioni vascolari presenti in soggetti apparentemente sani parenti di primo grado di pazienti affetti da Diabete Mellito Tipo 2 (FDR). Gli acidi grassi polinsaturi n-3 (PUFA n-3), come l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA), hanno un’ampia serie di proprietà antinfiammatorie. Noi abbiamo voluto testare l’ipotesi che la somministrazione di PUFA n-3 potesse migliorare la funzione endoteliale in soggetti FDR, ad elevato rischio di sviluppare precocemente aterosclerosi. DISEGNO DELLO STUDIO E METODI: Abbiamo condotto uno studio monocentrico, randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco, a gruppi paralleli. Sono stati inclusi 70 soggetti (età 30.5 ± 5.2 anni, 30 donne e 40 uomini) con un parente di primo grado affetto da Diabete di Tipo 2. I soggetti sono stati assegnati per randomizzazione ad assumere placebo (n = 34) o PUFA n-3 (n= 36) per 12 settimane. La funzione endoteliale è stata esaminata attraverso la tecnica del brachial artery reactivity test (BART) misurando la dilatazione flusso-mediata (FMD). Peso, BMI, pressione sisto-diastolica, e parametri di laboratorio (profilo lipidico, glicemia, insulinemia e C-peptide a digiuno, TNF-α, adiponectina, hs-PCR) sono stati misurati prima e dopo il trattamento. All’inizio dello studio, ciascun soggetto è stato sottoposto a una curva da carico orale di glucosio (OGTT). RISULTATI: Dopo OGTT abbiamo identificato 53 soggetti normoglicmici (NGT) e 17 soggetti con alterata tolleranza ai carboidrati (IGT). Al baseline i soggetti IGT presentavano un’età maggiore, un livello significativamente più alto di BMI, trigliceridi ed insulinemia a digiuno, un aumento dell’insulino-resistenza, e una funzione endoteliale peggiore rispetto ai soggetti NGT. Dopo trattamento, il braccio placebo, non ha mostrato significative modificazioni dei parametri valutati rispetto alle misurazioni basali; viceversa, il gruppo PUFA n-3 ha mostrato livelli significativamente ridotti di trigliceridi e TNF-α, un aumento dell’adiponectina circolante e un significativo miglioramento della funzione endoteliale. Il cambiamento dei livelli di TNF-α emergeva come unico e significativo predittore indipendente dell’aumento della FMD. CONCLUSIONI: La somministrazione di PUFA n-3 in soggetti NGT ed IGT parenti di primo grado di pazienti affetti da Diabete Mellito Tipo 2 determina un miglioramento della funzione endoteliale che si accompagna ad una diminuzione dei livelli circolanti TNF-α.
Objective: Endothelial dysfunction is the early and fundamental step in the pathogenesis of atherosclerosis. It has been indicated as one of the precocious vascular abnormalities in apparently healthy first-degree relatives of type 2 diabetic patients.(FDR). N-3 polyunsaturated fatty acids (PUFA n-3), such as eicosapentaenoic acid (EPA) and docosahexaenoico acid (DHA), have a wide range of anti-inflammatory properties. The aim of this study is that a supplementation of n3-PUFA might be effective to improve the endothelial dysfunction in FDR subjects at higher risk of developing atherosclerosis. RESEARCH DESIGN AND METHODS: We carried out a randomized, controlled with placebo, double blind, parallel-groups clinical trial. The study included 70 subjects (age 30.5 ± 5.2 years, 30 women e 40 men), all first-degree relatives of type 2 diabetic patients. The subjects were randomly assigned to assume placebo (n = 34) or n-3 PUFA (n= 36) for 12 weeks. Endothelial function was assessed by brachial artery reactivity test (BART), measuring the flow-mediated dilatation (FMD). Weight, BMI, systolic and diastolic blood pressure, and laboratory parameters (lipid profile, fasting plasma glucose, insulin, and C-peptide, TNF-α, adiponectin, hs-PCR) were assessed at baseline and after treatment. At the beginning of the study, each subject underwent a standard oral glucose tolerance test (OGTT). RESULTS: Upon OGTT we identified 53 normoglycemic subjects (NGT) and 17 subjects with impaired glucose tolerance (IGT). At baseline, the subjects IGT were older and presented significant higher levels of BMI, triglycerides, and fasting insulin, as well an increased insulin resistance, and a worse endothelial function, compared with NGT individuals. After treatment, we found only little if any change in metabolic and biomarkers levels of the participants of the placebo group (NGT and IGT); on the contrary, the n-3 PUFA group showed some difference respect to the baseline characteristics: the triglycerides and the TNF-α levels were significantly decrease, the adiponectin was increase, and the endothelial function showed a significant improvement. The changing of TNF-α levels emerged as the unique independent and significant predictor of the improvement of the FMD after the period of assumption of n-3 PUFA. CONCLUSIONS: We concluded that the N-3 PUFA oral supplementation is associated with an improvement of endothelial function via decreasing TNF-alpha in NGT and IGT subjects offspring of patients with Type 2 Diabetes.
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PEROTTI, MARIO. "EFFICACIA DEL PASSAGGIO A DEGLUDEC DA UN’ALTRA INSULINA BASALE (GLARGINE/ DETEMIR) IN UNA COORTE DI PAZIENTI CON DIABETE MELLITO TIPO 1 ( DMT1) IN CONDIZIONI DI REALE PRATICA CLINICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241121.

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La terapia del diabete tipo 1 può oggi essere più flessibile e personalizzata grazie alla disponibilità di numerosi tipi di insulina che differiscono tra loro per la farmacocinetica (inizio, picco e durata di azione). Il miglior controllo glicometabolico può essere ottenuto attraverso una terapia multiniettiva secondo uno schema basal-bolus, il quale prevede 3 somministrazioni preprandiali di un analogo rapido, che esprime meglio la fisiologica secrezione insulinica determinata dai pasti e da 1 iniezione di insulina ad azione lenta, necessaria per rispondere al fabbisogno insulinico nei periodi di digiuno (interprandiale e notturno). Il raggiungimento di un controllo glicemico ottimale mediante trattamento insulinico intensivo determina un riduzione del rischio di complicanze micro e macrovascolari, ma conduce inevitabilmente a un incremento dell’incidenza di ipoglicemie, con conseguenze potenzialmente negative per il sistema cardiovascolare e neurologico. Ottimizzare la terapia farmacologica mediante l’utilizzo di nuovi analoghi dell’insulina ad azione lenta in grado di offrire un minore rischio di ipoglicemia rappresenta un punto di fondamentale importanza. Insulina degludec presenta molte delle caratteristiche che definiscono il profilo ideale di un’insulina basale. Dopo la somministrazione nel sottocute, grazie alla particolare ingegneria chimica, degludec viene assorbita in modo continuo e uniforme con un effetto ipoglicemizzante stabile e una durata di azione che supera le 42 ore. Dopo circa tre giorni di terapia è possibile raggiungere lo steady state condizione farmacocinetica in cui i livelli circolanti di insulina si mantengano stabili riducendo così la variabilità day-to day L'utilizzo di degludec è stato ampiamente analizzato nel corso di studi clinici randomizzati ( RCT) sia in pazienti con diabete mellito tipo I sia in pazienti con diabete mellito tipo II. I risultati mostrano una non inferiorità di degludec rispetto a glargine in termine di target glicemici, ma una superiorità di degludec rispetto a glargine in termini di riduzione degli episodi di ipoglicemia soprattutto notturni. Tuttavia il contesto clinico di uno studio randomizzato può non essere completamente riproducibile nella pratica clinica quotidiana. Obiettivo di questo studio retrospettivo è la valutazione dell’efficacia clinica di degludec in una coorte di pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 precedentemente trattati con diverso analogo lento ( glargine o detemir) nella pratica clinica quotidiana di real-life. I risultati di questo studio mostrano un impatto positivo di degludec nella gestione terapeutica di pazienti con diabete mellito tipo 1 in linea con precedenti studi clinici randomizzati . Il passaggio a degludec da un altro analogo basale ( glargine o detemir) è in grado di migliorare il controllo glicemico, con una riduzione media dei valori di HbA1c di 0,20 % [-0,24;-0.17] a 6 mesi rispetto al basale (p <0.001). Inoltre i dati descritti in questo lavoro hanno evidenziato una riduzione del rischio di ipoglicemia sia totale ( rate ratio 0,79 [0,69: 0,89]), sia notturna (rate ratio 0,54 [0,42; 0,69]) sia grave (rate ratio 0,15 [0,09; 0,24]) a 6 mesi dalla modifica di terapia (p <0.001). Tale significatività rimane per tutto il periodo di follow-up di 12 mesi. Infine dopo 6 mesi di terapia con degludec, la dose totale di insulina giornaliera è diminuita del 11% rispetto al basale (p <0,001). Sulla base di questi dati, possiamo affermare che la terapia insulinica con degludec rappresenta un valido strumento terapeutico nella pratica clinica quotidiana, in grado di migliorare il compenso glicemico e la qualità di vita dei pazienti, favorendo così il raggiungimento di obiettivi glicemici più ambiziosi.
Type 1 diabetes (DMT1) leads to absolute insulin deficiency due to immunologic destruction of the islet cells. Therefore affected patients need lifelong insulin treatment. Newer therapies for type 1 diabetes are aimed at developing insulin delivery systems that mimick normal physiology, identifying newer insulins that mimick endogenous insulin. To reproduce physiologic insulin secretion, both long- and short-acting insulins are used. Long-acting insulin, given at bedtime, suppresses glucose output from the liver overnight and provides basal insulin between meals; bolus doses of short-acting insulin modulate glucose excursions associated with carbohydrate consumption. Optimal glycemic control is necessary to reduce the risk for diabetes complications. However, tight glucose control carries a risk for hypoglycemia. Hypoglycemia may accelerate the vascular complications of diabetes by increasing platelet aggregation, leading to higher cardiovascular risk and all-cause mortality. Even brief hypoglycemia can cause profound dysfunction of the brain. Insulin administration by subcutaneous route has intrinsic limitations that, together with the pharmacokinetic (PK) profile of insulin formulations, do not reproduce the physiological patterns of insulin secretion. Insulin degludec (IDeg) is an ultra-long insulin analog that has unique pharmacokinetic and pharmacodynamic properties with a half-life of more than 24 h and a duration of action of more than 42 h. Compared to insulin glargine , the insulin degludec glucose-lowering action at steady state shows four time lower day-to day variability. Randomized clinical studies of degludec have shown a reduction in nocturnal hypoglycemia compared to insulin glargine. Given this background, IDeg is an ultra-long insulin analog that exhibits low intra-individual variability and whose efficacy is comparable to IGlar, but which presents as advantages flexibility in dose timing and lower risk of hypoglycemia, benefits that may impact quality of life and adherence to therapy. In Europe data on the use or effect of degludec in the general diabetes population not exist yet. Thus collection of data under routine clinical practice is highly warranted in order to access the effectiveness of degludec in real-life clinical setting. Aim of this retrospective non interventional study is to evaluate the clinical effectiveness of switching to IDeg in insulin treated patients with DMT1 under condition of routine clinical care. In all patients (n: 900), basal insulin was switched to IDeg at least 6 months before the start of data collection. Baseline was defined as the most recent recording during the 3-month period before first prescription of IDeg. Values are presented as mean [95%CI]. HbA1c decreased by -0.20 % [-0.24; -0.17%] at 6 months vs baseline (P < .001). Rate ratio of overall (0.79 [0.69; 0.89]), non-severe nocturnal (0.54 [0.42; 0.69]) and severe (0.15 [0.09; 0.24]) hypoglycaemia was significantly lower in the 6-month post-switch period vs the pre-switch period (P < .001 for all). Total daily insulin dose decreased by -4.88 [-5.52; -4.24] U (-11%) at 6 months vs baseline (P < .001). This study demonstrates that switching patients to IDeg from other basal insulins improves glycaemic control and significantly reduces the risk of hypoglycaemia in routine clinical practice.
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MAFFIOLI, PAMELA. "Effetti sulla variabilità glicemica e sul compenso glico-metabolico di metformina, pioglitazone e sitagliptin in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2017. http://hdl.handle.net/11571/1203307.

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Scopo: il trattamento del diabete mellito di tipo 2 richiede spesso l'uso di più agenti ipoglicemizzanti per raggiungere un adeguato controllo glicemico. Scopo di questo studio è stato valutare gli effetti di una triplice terapia con metformina, pioglitazone e sitagliptin sul controllo glicemico e la variabilità glicemica rispetto a metformina e metformina + pioglitazone. Per valutare la variabilità glicemica è stato utilizzato un sistema di monitoraggio glicemico in continuo della glicemia. Materiali e Metodi: sono stati arruolati 66 diabetici di tipo 2 non ben controllati. I pazienti hanno assunto per tre mesi metformina 500 mg tre volte al giorno, a cui è stato, poi, aggiunto pioglitazone 15 mg due volte al giorno per altri tre mesi ed, infine, sitagliptin 100 mg, una volta al giorno, per ulteriori tre mesi. Ad ogni fase dello studio, se il paziente raggiungeva l'obiettivo di emoglobina glicata (HbA1c) desiderato (<6.5%), veniva fatto uscire dallo studio. Abbiamo valutato: l'HbA1c, la glicemia a digiuno (FPG), la glicemia post-prandiale (PPG), l'insulinemia a digiuno (FPI), l'indice HOMA (HOMA-IR), la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), il profilo lipidico, la lipoproteina (a) [Lp(a)], la metalloproteinasi-2 (MMP-2), la metalloproteinasi-9 (MMP-9), le molecole di adesione (sICAM-1, sVCAM-1), la sE-selectina, l'adiponectina (ADN). Risultati: abbiamo registrato una significativa riduzione di HbA1c, FPG, e PPG con metformina + pioglitazone (p < 0.05 vs basale), ed un’ulteriore riduzione con metformina + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.01 vs basale). Abbiamo osservato un miglioramento del profilo lipidico rispetto al basale con metformina + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.05 vs basale). C'è stata una riduzione di Hs-CRP, sICAM-1, sVCAM-1, ed un aumento di ADN con metformina + pioglitazone (p < 0.05 vs basale) e con metformina + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.01 vs basale). i livelli di eSelectina si sono ridotti solo con metformina + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.05 vs basale). Per quanto riguarda la variabilità glicemica, la deviazione standard è risultata minore con metformina + pioglitazone (p < 0.05 vs basale) e con metformina + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.01 vs basale). Il valore M, indice di variabilità glicemica, è risultato più basso con metformina + pioglitazone + sitagliptin. Conclusioni: la combinazione di metformina + pioglitazone + sitagliptin è risultata efficace nel migliorare il controllo glicemico e nel ridurre la variabilità glicemica e potrebbe essere un'opzione per il trattamento del diabete mellito di tipo 2.
Background and aim: the treatment of type 2 diabetes mellitus often requires the use of one or more hypoglycemic agents to reach the adequate glycemic control. The aim of the study is to evaluate the effects of a triple therapy with metformin, pioglitazone and sitagliptin on glycemic variability compared to metformin monotherapy, and compared to a combination of metformin and pioglitazone. To assess glycemic variability a continuous glucose monitoring system was used. Material and Methods: we enrolled 66 not well controlled, type 2 diabetic patients. Patients were instructed to take metformin 500 mg three times a day for the first three months, then pioglitazone 15 mg twice a day was added for further three months, and finally sitagliptin 100 mg once a day was added for the last three months. At the baseline, and every three months a continuous glucose monitoring system was performed. At any stage of the study, if the value of glycated hemoglobin reached the desired goal (<6.5%), participation in the study was interrupted. We assessed: glycated hemoglobin (HbA1c), fasting plasma glucose (FPG), post-prandial glucose (PPG), fasting plasma insulin (FPI), HOMA-index (HOMA-IR), high sensitivity C-reactive protein (hs-CRP), lipid profile, lipoprotein (a) [Lp(a)], metalloproteinase-2 (MMP-2), metalloproteinase-9 (MMP-9), soluble adhesion molecules (sICAM-1, sVCAM-1), sE-selectin, adiponectin (ADN). Results: we recorded a significant decrease of HbA1c, FPG, and PPG with metformin + pioglitazone (p < 0.05 vs baseline), and a further decrease with metformin + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.001 vs baseline). There was an improvement of lipid profile compared to baseline with metformin + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.05 vs baseline). We recorded a decrease of Hs-CRP, sICAM-1, sVCAM-1, and an increase of ADN with metformin + pioglitazone (p < 0.05 vs baseline), and with metformin + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.01 vs baseline). A decrease of eSelectin was recorded only with metformin + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.05 vs baseline). Regarding glycemic variability, standard deviation was lower with metformin + pioglitazone (p < 0.05 vs baseline), and metformin + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.01 vs baseline). The M value, an index of glycemic variability, was lower with metformin + pioglitazone + sitagliptin (p < 0.05 vs baseline). Conclusion: combination of metformin + pioglitazone + sitagliptin proved to be effective in improving glycemic control, and in decreasing glycemic variability, therefore it could be suitable for the treatment of type 2 diabetic patients.
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Coracina, Anna. "Steatosi epatica non alcolica e diabete mellito tipo 2: studio dell'associazione tra grado di steatosi, fattori metabolici e alterazioni vascolari." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426608.

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NAFLD (non alcoholic fatty liver disease) is defined by the presence of hepatic steatosis not associated with a significant alcohol intake nor to the assumption of specific drugs. It is frequently associated with diabetes, obesity and metabolic syndrome. Many authors support the concept that NAFLD is the hepatic manifestation of the metabolic syndrome, and that the insulin-resistance is the common soil in the pathogenesis. Although the natural history of this disease seems to be benign, an evolution toward steatohepatitis and cirrhosis, and a link between NAFLD and cardiovascular (clinical and subclinical) diseases, have been demonstrated. The objectives of this research were to evaluate prevalence and degree of steatosis in patients with type 2 diabetes and the metabolic syndrome (defined by ATP III criteria); to search for metabolic factors which are predictive for the degree of steatosis, and to evaluate the possible link between hepatic steatosis and anatomic vasculopathy (intima-media thickness – IMT and carotid plaques) and endothelial function (flow mediated dilation - FMD). An observational study was performed among 60 type 2 diabetic patients (M/F 25/35) with metabolic syndrome afferent to our Diabetes Center. Steatosis was evaluated by means of semi-quantitative ecography (4 grades) as well as by an “objective quantitative” method based on the determination of liver/kidney ratio (6 grades). The presence of carotid plaques and the IMT measurement were evaluated by means of ecocolordoppler of the supra-aortic arteries. The endothelial function was evaluated by means of ecography as the vasodilatation induced by ischemia in the brachial artery (FMD). We measured anthropometric variables (body mass index, waist circumference), metabolic parameters (lipids, HbA1c, HOMA), inflammation markers (hs-PCR, IL-6, TNFα), thrombogenic factors (fibrinogen) and an adipokine (leptin). We applied a statistical program (Ordered Probit) to evaluated the probability to predict the degree of steatosis by the combination of metabolic parameters. The prevalence of steatosis was 88% (33% mild steatosis, 33% moderate e 22% severe). IMT was 0.88 ± 0.23mm; 63% of patients had carotid plaques. FMD (calculated in 45 patients) was reduced with respect to normal values (5.02 ± 1.81%). We demonstrated a correlation between the degree of steatosis and BMI, waist, the number of metabolic syndrome’s factors, sex, diastolic pressure, insulinemia, HOMA, Hb1Ac, HDL-cholesterol (inverse), hs-PCR, fibrinogen, leptin. We didn’t demonstrate any correlation between steatosis, and medium and maximum IMT, the presence of carotid plaques and FMD. With multiple regression analysis HOMA and BMI levels were indipendent factors which predict hepatic steatosis (p 0.033). Using the combination of HbA1c, waist and insulinemia, a prediction of the exact grade of steatosis (± one steatosis grade) (evaluated by ecography) was obtained in 96.5% of cases. This study confirms that, in this population of diabetic patients with metabolic myndrome, NAFLD can be considered the hepatic manifestation of the syndrome since it correlates with HOMA and obesity. A high prevalence of increased IMT and of presence of carotid plaques, as well as a reduced FMD compared to general population, are also demonstrated, although they are not apparently linked with steatosis.
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) si definisce come la presenza di steatosi epatica in soggetti con modesto o assente consumo di alcol e mancata assunzione/esposizione a determinati farmaci o sostanze; è frequentemente associata al diabete, all’obesità e alla sindrome metabolica, tanto da essere considerata da molti autori come la manifestazione epatica della sindrome metabolica, avendo come fattore patogenetico comune l’insulino-resistenza. La storia naturale della NAFLD sembra benigna anche se può evolvere in steatoepatite e in cirrosi ed è stata dimostrata una correlazione tra NAFLD e patologie cardiovascolari (cliniche e subcliniche). Lo scopo dello studio è stato di valutare la prevalenza ed il grado di steatosi epatica in un gruppo di pazienti affetti da diabete mellito tipo 2 e sindrome metabolica (definita in base ai criteri dell’ATP III), di ricercare i fattori metabolici predittivi del grado di steatosi e di valutare l’eventuale relazione esistente tra steatosi epatica e vasculopatia anatomica (spessore medio-intimale carotideo [IMT] e placche carotidee) e funzionale (dilatazione flusso mediata [FMD]). E’ stato eseguito uno studio osservazionale su 60 pazienti (M/F 25/35) affetti da diabete mellito di tipo 2 e sindrome metabolica afferenti al nostro servizio di Diabetologia. La presenza di steatosi è stata valutata mediante ultrasonografia sia con metodica soggettiva semiquantitativa (4 gradi) sia con metodica oggettiva quantitativa mediante la determinazione del rapporto fegato/rene (6 gradi). La ricerca di placche aterosclerotiche carotidee e la misurazione dell’IMT sono stati eseguiti con ecocolordoppler dei tronchi sovraaortici; la funzione endoteliale è stata valutata mediante ultrasonografia con valutazione della vasodilatazione indotta dall’ischemia a livello dell’arteria brachiale (FMD). Sono stati misurati i parametri antropometrici (indice di massa corporea e circonferenza addominale), metabolici (assetto lipidico, HbA1c, HOMA), citochine infiammatorie (hs-PCR, IL-6, TNFα), fattori trombogenici (fibrinogeno) e adipochine (leptina). E’ stato utilizzato inoltre un programma statistico (Ordered Probit) in cui associando alcuni parametri metabolici viene predetta la probabilità del soggetto di appartenere ad una determinata classe di steatosi. La prevalenza di steatosi è risultata dell’88% (33% steatosi lieve, 33% moderata e 22% grave); l’IMT medio pari a 0.88 ± 0.23 mm; il 63% dei pazienti presentavano placche carotidee; l’FMD (calcolato su 45 pazienti) è risultato ridotto e pari a 5.02 ± 1.81%. Dividendo i pazienti per classi di steatosi abbiamo evidenziato una correlazione tra steatosi e BMI, circonferenza addominale, numero dei fattori della sindrome metabolica, sesso, pressione diastolica, insulinemia, HOMA, HbA1c, colesterolo-HDL (inversa), hs-PCR, fibrinogeno e log leptinemia. Non abbiamo dimostrato invece alcuna correlazione tra grado di steatosi e IMT medio o massimo, presenza di placche aterosclerotiche e valore di FMD. Con il modello di regressione multipla HOMA e waist sono risultati fattori indipendenti che influenzano il grado di steatosi epatica (p 0.033). Associando HbA1c, waist, insulinemia il modello statistico Ordered Probit mi predice il grado esatto o con un errore di un grado di steatosi soggettiva (valutato all’ecografia) nel 96,5% dei casi. Questo studio conferma che nei nostri pazienti diabetici con sindrome metabolica la NAFLD correla strettamente con obesità e insulino-resistenza, può essere quindi considerata la manifestazione epatica della sindrome metabolica. E’ stata dimostrata un’elevata prevalenza di aumentato IMT e di placche carotidee, così come di riduzione dell’FMD rispetto alla popolazione generale, sebbene non sembra esservi correlazione con la steatosi epatica.
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Rotondi, Silverio <1981&gt. "Studio osservazionale trasversale volto a valutare la presenza di danno vascolare in pazienti affetti da diabete mellito tipo 2 con diverso grado di malattia renale cronica." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9170/1/Rotondi_Silverio_tesi.pdf.

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La gravità del DMT2 e delle sue complicanze come la malattia renale cronica (CKD) comportano un aumento della rigidità vascolare, misurabile con il CAVI, e alterazioni dei livelli ematici di sostanze implicate nella danno vascolare come Klotho, FGF23, Sclerostina. Scopo dello studio era valutare il ruolo della CKD stadio 1-2 e delle eventuali alterazioni di 25(OH)Vitamin-D, FGF23, Klotho, Sclerostina sul danno vascolare precoce nel DMT2. Metodi: Pazienti inclusi: DMT2 da <10 anni, età <60 anni, nessuna terapia insulinica, eGFR≥60 ml/min/1,73m2, assenza di complicanze vascolari. Abbiamo valutato: CAVI, albumin-excretion-rate (ACR), 25(OH)Vitamin-D, Klotho, FGF23, Sclerostina. 30 soggetti sani erano il controllo per CAVI, Klotho, FGF23 e Sclerostina. Risultati: Abbiamo arruolato 40 donne e 60 uomini, età media 56 anni (IQR:52-59), DMT2 da 5 anni (IQR:2,7-7), HbA1c 6,3% (5.8-6.7), eGFR di 95 ml/min/1,73m2. FGF23 (42±10 vs controlli 29.8±11 pmol/l, p<.05) e Sclerostina (36,2±7 vs 26.6±1 pmol/l, p<.05) erano aumentati e Klotho ridotto (673±300 vs 845±330 pg/ml, p<.05). La CKD (ACR ≥30 mg/gr; eGFR fra 60-90 ml/min/1,73m2) era presente nel 12,6%. Il CAVI medio era normale e i pazienti con CAVI borderline (≥8, 33%) e patologico (≥9, 13%) erano più anziani (p.001), con maggiore durata di DMT2 (p.022) e 25(OH)Vitamin-D più bassa (p.041). Il CAVI correlava positivamente con età (p.001), Hb1Ac (p.036) e pressione arteriosa sistolica (PAS) (p.012) e pressione arteriosa diastolica (PAD) (p.001) e negativamente con la 25(OH)Vitamin-D (p.046). L’analisi multivariata evidenziava predittori positivi del CAVI età (p.001), PAD (p.0001), ACR (p.008) e Klotho (p.017). Discussione: Nella nostra popolazione DMT2 il CAVI borderline e patologico è associato a ACR aumentato, PAD elevata e 25(OH)Vitamin-D ridotta e le alterazioni di FGF23, sclerostina e Klotho, secondarie alla CKD, sono un segno precoce di possibile danno vascolare. Conclusione: ACR, 25(OH)Vitamin-D e PAD possono essere dei fattori di rischio modificabili di danno vascolare precoce nel DMT2.
The severity of DMT2 and its complications such as chronic kidney disease (CKD) lead to increase vascular stiffness, measurable with CAVI, and alterations in substances implicated in vascular damage like Klotho, FGF23, and Sclerostin. The aim of the study was to evaluate the role of CKD stage 1-2 and possible alterations of 25 (OH)Vitamin-D, FGF23, Klotho, and Sclerostin on early vascular damage in DMT2. Methods: Patients included: DMT2 from <10 years, age <60 years, no insulin therapy, eGFR≥60 ml/min/1.73m2, absence of vascular complications. We have evaluated CAVI, albumin-excretion-rate (ACR), 25(OH)Vitamin-D, Klotho, FGF23, and Sclerostin. 30 healthy subjects were the control for CAVI, Klotho, FGF23 and Sclerostin. Results: We enrolled 40 women and 60 men, average age 56 years (IQR: 52-59), 5-year DMT2 (IQR: 2.7-7), HbA1c 6.3% (5.8-6.7), eGFR of 95 ml/min/1.73m2. FGF23 (42±10 vs controls 29.8±11 pmol/l, p<.05) and Sclerostin (36.2±7 vs 26.6±1 pmol/l, p<.05) were increased and Klotho reduced (673±300 vs 845±330 pg/ml, p<.05). CKD (ACR≥30mg/gr; eGFR between 60-90 ml/min /1.73m2) was present in 12.6%. The mean CAVI was normal and the patients with borderline (≥8, 33%) and pathological (≥9, 13%) CAVI were older (p.001), with longer duration of DMT2 (p.022) and 25(OH)Vitamin-D lower (p.041). CAVI correlated positively with age (p.001), Hb1Ac (p.036), systolic blood pressure (SBP) (p.012) and diastolic blood pressure (DBP) (p.001) and correlated negatively with 25(OH)Vitamin-D (p.046). The multivariate analysis showed positive predictors of CAVI age (p.001), DBP (p.0001), ACR (p.008) and Klotho (p.017). Discussion: In our DMT2 population, borderline and pathological CAVI is associated with increased ACR, elevated DBP and reduced 25(OH)Vitamin-D and the alterations of FGF23, Sclerostin and Klotho, secondary to CKD, are an early sign of possible vascular damage . Conclusion: ACR, 25(OH)Vitamin-D and DBP can be modifiable risk factors for early vascular damage in DMT2.
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Zhukouskaya, V. "DENSITA¿ MINERALE OSSEA, QUALITA¿ DELL¿OSSO E RISCHIO DI FRATTURA NEL DIABETE MELLITO TIPO 2:RUOLO DELL¿ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-SURRENE EDELLA SENSIBILITA¿ AI GLUCOCORTICOIDI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/246301.

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Анотація:
Introduzione: Nel Diabete Mellito di tipo 2 (T2D) vi è un aumento del rischio di frattura vertebrale (VFx). L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) sembra attivato nel T2D scompensato e la sensibilità ai glucocorticoidi (GC) sembra influenzare la densità minerale ossea (DMO) nei soggetti con osteoporosi. Obiettivo: Valutare il ruolo dell’asse HPA e della sensibilità ai GC, mediante i polimorfismi (SNPs) BclI e N363S del recettore GC e l’attività della 11βidrossisteroidodeidrogenasi tipo 2, (11HSD2) sulla DMO, VFx e qualità dell’osso valutata mediante il Trabecular Bone Score, (TBS), in donne con T2D compensato in menopausa. Materiali/metodi: in 92 donne con T2D (emoglobina glicata 6.7±1.2%) e 92 controlli, paragonabili per età, sesso, BMI, abbiamo valutato: 1) metabolismo calcio-fosforo, livelli ACTH, cortisoluria 24h (CLU), cortisone (CoLU) su urine 24h, cortisolo dopo 1 mg desametasone h 23 (1mgDST); 2) attività del 11HSD2 (rapporto CLU/CoLU), SNPs di BclI e N363S; 3) DMO (Z-score, lombare, LS e collo femorale, FN) e TBS (Z-score) mediante DXA e VFx mediante morfometria. Risultati: Le pazienti con T2D hanno mostrato, rispetto ai controlli, VFx aumentate (34.8 vs 19.6 %, rispettivamente, p=0.031) e DMO maggiore (LS 0.81±0.47 vs 0.17±1.32, p=0.002; FN 0.63±0.99 vs 0.04±0.94, p=0.000), mentre TBS, attività HPA e 11HSD2, e prevalenza degli SNPs di BclI e N363S sono risultate paragonabili. Le pazienti con T2D e VFx hanno mostrato un’aumentata frequenza dello SNPs N363S in eterozigosi (15.6%) e DMO e TBS minori rispetto a quelle senza VFx (3.3%, p=0.047), ma simili secrezione di cortisolo, attività 11HSD2 e frequenza dello SNP BclI. Lo stesso è risultato nei soggetti di controllo. Le VFx sono risultate associate al T2D (OR=2.6, 95%CI 1.2-5.5, p=0.015) ed allo SNP N363S in eterozigosi (OR=8.5, 95%CI 2.3-31.1, p=0.01). Conclusioni: Nel T2D compensato la prevalenza di VFx è aumentata e, come nella popolazione generale, sembra associata ad un’aumentata sensibilità ai GC.
Introduction: Patients affected by type 2 diabetes (T2D) are at increased risk of vertebral fractures (VFx). At the same time, there is evidence of activated hypothalamus-pituitary-adrenal (HPA) axis in T2D, and an increased glucocorticoid (GC) sensitivity seems to have a negative impact on bone mineral density (BMD) in osteoporosis. Objectives: To evaluate the association between HPA axis activity and GC sensitivity, measured by single nucleotide polymorphisms (SNPs) BclI, N363S of GC receptor and by activity of 11HSD2, with BMD, VFx and bone quality, evaluated with Trabecular Bone Score (TBS), in T2D postmenopausal women. Material/methods: We recruited 92 T2D women (HbA1c 6.7±1.2%) and 92 age- and BMI-matched controls. The following parameters were evaluated in all subjects: 1) calcium-phosphorus metabolism, ACTH, urine free cortisol 24h (UFC), urine free cortisone 24h (UFCo), serum cortisol after overnight 1 mg dexamethasone (1mgDST); 2) activity of 11HSD2 (ratio UFC/UFCo), SNPs of BclI, N363S; 3) BMD (Z-score, lumbar spine, LS, femoral neck, FN), TBS (Z-score) with DXA and VFx with radiography. Results: T2D subjects had increased prevalence of VFx (34.8 vs 19.6 %, respectively, p=0.031) in presence of increased BMD (LS 0.81±0.47 vs 0.17±1.32, p=0.002; FN 0.63±0.99 vs 0.04±0.94, p=0.000), in comparison to controls. There were no differences in TBS, HPA parameters, 11HSD2 activity, prevalence of BclI and N363S SNPs between groups. T2D patients with VFx had reduced levels of FN BMD, TBS and increased prevalence of the N363S SNPs (15.6%), compared to T2D ones without VFx. No differences were found in HPA parameters, 11HSD2 activity, prevalence of the BclI SNPs. The same pattern was seen in controls. In logistic regression analysis VFx were associated with T2D (OR=2.6, 95%CI 1.2-5.5, p=0.015) and N363S SNPs (OR=8.5, 95%CI 2.3-31.1, p=0.01) Conclusions: In subjects with and without T2D the presence of VFx is associated with increased GC sensitivity.
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