Добірка наукової літератури з теми "Delocalizzazioni"

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Статті в журналах з теми "Delocalizzazioni"

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Telljohann, Volker. "Processi di delocalizzazione nel settore europeo degli elettrodomestici e forme di regolazione sociale." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 123 (September 2011): 82–96. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-123005.

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Анотація:
Negli ultimi anni, le aziende produttrici di elettrodomestici dei Paesi dell'Europa occidentale hanno subito importanti processi di ristrutturazione. La delocalizzazione delle attivitŕ produttive dai Paesi dell'Europa occidentale ai Paesi a basso costo del lavoro è diventato anche una questione importante nelle relazioni industriali di tutta Europa. Ll saggio esamina i modi e in che misura è possibile, attraverso pratiche di relazioni industriali, influenzare le decisioni di delocalizzazione e la loro attuazione. L'autore sostiene che la capacitŕ di sviluppare strategie che siano in grado di prendere in considerazione sia la necessitŕ di migliorare la competitivitŕ sia gli aspetti sociali della ristrutturazione aziendale, dipende in larga misura da un efficace sistema di regolazione sociale. Viene infine evidenziato l'influenza degli attori a livello europeo, quali la Federazione Europea dei Metalmeccanici e i Comitati Aziendali Europei, sui processi di ristrutturazione transnazionale.
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Bartholini, Ignazia, and Rafaela Pascoal. "Il cibo come mezzo per una convivenza ostipitale. Gli equilibri fragili del cotto e del crudo fra migranti e popolazione autoctona in un mercato di Palermo." MONDI MIGRANTI, no. 2 (August 2021): 55–71. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-002003.

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Анотація:
Questo articolo propone il concetto di ostipitalità (Derrida, 2000) per analizzare i collegamenti tra cibo, appartenenze e commensalità. L'osservazione partecipante e le interviste semi-strutturate permettono di individuare, nelle diverse aree e tra le tipologie di attività commerciali del mercato di Ballarò, le forme di "convivenza armata" fra autoctoni e migranti e di relativa prevalenza del "cotto" e/o del "crudo". Se il cibo cotto è ospitale a determinate condizioni, il cibo crudo ha maggiori probabilità di stabilire ostipitalità durevole oltre che condizionata. A Ballarò la prevalenza degli esercizi commerciali del crudo sembra costituire un freno rispetto alla delocalizzazione degli ipermercati e ai processi di disembedding tra economia e vita sociale urbana (Polanyi, 1944; Giddens, 1991).
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Orazi, Francesco. "I sistemi locali di sviluppo del Medio-Adriatico: i risultati di una ricerca." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 116 (April 2010): 204–19. http://dx.doi.org/10.3280/sl2009-116017.

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Анотація:
L'articolo, riprendendo i dati di una ricerca svolta su 5 distretti industriali nelle Regioni Marche e Abruzzo (area Medio-Adriatica), cerca di descrivere le profonde trasformazioni economiche e socio culturali che hanno investito negli ultimi anni queste comunitŕ e queste forme organizzate e diffuse della produzione. Sul piano della struttura industriale si notano due eventi cruciali: l'emergere di poche medio-grandi imprese leader distrettuali che ne guidano di fatto gli esiti, fino a mutare l'articolazione del distretto di specializzazione in post-distretto "ri-verticalizzato"; il processo di delocalizzazione produttiva delle filiere di Pmi in paesi di nuovo approdo industriale, con il conseguente processo di erosione dei legami sociali tra struttura produttiva endogena e comunitŕ locali (a es. disoccupazione industriale). Infine, il lavoro sostiene l'esigenza di un nuovo e moderno apporto istituzionale allo sviluppo, sia con il reale potenziamento delle strategie di governance che con un forte processo innovativo innescato dalle risorse locali, cognitive, umane e tecniche per traghettare le economie distrettuali verso sentieri innovativi della competitivitŕ globale.
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4

Caruso, Valerio. "Progetti di delocalizzazione industriale, strategie economiche e necessità ecologiche. L'area petroli di Napoli est nel secondo Novecento." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 292 (March 2020): 89–116. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-292004.

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5

Pratticò, Natina. "La mafia al nord. Dal negazionismo alla presa di coscienza dell'esistenza del fenomenonelle forme della colonizzazione e delocalizzazione." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 3 (January 2015): 207–21. http://dx.doi.org/10.3280/qg2014-003014.

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Tramma, Sergio. "Terrorismo e radicalizzazione: orientamenti pedagogici." EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, no. 1 (October 2021): 54–67. http://dx.doi.org/10.3280/erp1-special-2021oa12467.

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Анотація:
Il terrorismo è un fenomeno che deve essere considerato presente anche nelle fasi nelle quali non si manifesta in maniera tragica ed evidente. In questi ultimi decenni il terrorismo prevalente è stato quello che fa riferimento alla tradizione islamica, interessando gli scenari globali e manifestandosi anche nei paesi occidentali, intrecciandosi con altri processi quali la globalizzazione asimmetrica, l'aumento delle diseguaglianze, l'occidentalizzazione del mondo. È un fenomeno che deve essere analizzato anche pedagogicamente, ponendo particolare attenzione ai processi di radicalizzazione cioè a quell'insieme di esperienze che portano le persone coinvolte ad aderire alle ideologie e ai metodi terroristici. Un'analisi che deve collocarsi in particolare nei territori urbani caratterizzati da forte marginalità economica e sociale, dove possono svilupparsi simpatie e adesioni nei confronti del terrorismo, in particolare da parte di persone che hanno nella loro storia familiare migrazioni da paesi a religione islamica. Il territorio è considerato il luogo nel quale le dinamiche globali e i fenomeni generali trovano la loro espressione nel "qui ed ora" della loro materialità quotidiana e diventano vita vissuta: dalle migrazioni internazionali ai processi di delocalizzazione, dalla omologazione culturale ai moti di resistenza a tale omologazione. Il terrorismo si sviluppa anche in opposizione alla modernità, e in questo è associabile a ogni forma di integralismo che si richiama a un passato caratterizzato da una presunta dimensione comunitaria di unione materiale e spirituale. Questione pedagogica centrale diventa quella delle appartenenze, e dei processi educativi che possono rafforzare o indebolire il senso delle appartenenze. Ciò che si auspica è un'educazione che fornisca ai soggetti strumenti per disvelare e criticare le proprie appartenenze e ricercare modalità radicali e non terroristiche di critica al presente.
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7

Stabile, Silvia. "Il diritto di seguito nel mercato dell'arte contemporanea." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 1 (August 2017). http://dx.doi.org/10.3280/edt1-2017oa5148.

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Анотація:
Oggi il mercato dell'arte contemporanea è sempre più globale e si assiste ad una crescente delocalizzazione delle vendite verso Paesi in cui il diritto di seguito non è previsto dalla legislazione nazionale. L'articolo affronta le origini del diritto di seguito (droit de suite) in Francia, alla fine del 1800, la sua introduzione, a livello internazionale, con la Convenzione di Berna e, infine, nei Paesi dell'Unione Europea con la Direttiva 2001/84/CE. L'articolo inoltre descrive, in sintesi, il quadro normativo relativo al diritto di seguito in Italia, distinguendo tra mercato dell'arte primario e secondario, per poi affrontare la proposta di riforma della legge sul diritto d'autore della Repubblica Popolare Cinese e i più recenti dibattiti all'interno della comunità dell'arte degli Stati Uniti d'America. In conclusione, è presentata una soluzione alternativa per gli artisti di quei Paesi che non riconoscono il diritto di seguito: la previsione contrattuale della royalty nell'accordo con l'artista per ogni rivendita delle sue opere d'arte.
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Coulouma, Sarah. "Dalla crescita turistica di un villaggio alla delocalizzazione della sua popolazione: fenomenologia di una relazione gerarchica tra lo stato cinese e la minoranza nazionale wa." Via Tourism Review, no. 16 (December 31, 2019). http://dx.doi.org/10.4000/viatourism.4412.

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Дисертації з теми "Delocalizzazioni"

1

paolo, Bernardo. "Misure di contrasto alle delocalizzazioni e tutela del lavoro." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2021. http://hdl.handle.net/11385/210499.

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Анотація:
Analisi del fenomeno della delocalizzazione e dei suoi profili lavoristici. I limiti alle delocalizzazioni nella normativa eurounitaria. Le misure di contrasto alle delocalizzazioni nella normativa nazionale.
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2

Stracci, Katia <1988&gt. "Le strategie di delocalizzazione in Cina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2523.

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Анотація:
L'elaborato delinea le strategie adottate dalle imprese, in particolare quelle italiane, nel processo di delocalizzazione delle attività di produzione, di vendita o di distribuzione sul mercato cinese. Nel primo capitolo, dopo aver contestualizzato il concetto di delocalizzazione, vengono messi in evidenza i fenomeni dell' Offshoring e Offshore - Outsourcing, sottolineandone i fattori determinanti. Viene posta l'attenzione sulla realtà italiana, quale regno delle piccole e medie imprese che vedono la Cina come la prima destinazione per il trasferimento delle proprie attività all'estero. Nel secondo capitolo viene descritto l'emergere della Cina nell'economia globale e i rapporti economici che legano questo Paese all'Italia. Viene analizzata la presenza delle imprese italiane in Cina, guardando alla modalità di presenza, alla dimensione delle imprese, alle scelte di investimento e di localizzazione. Infine, viene sottolineato il valore della delocalizzazione precisandone le opportunità, i vantaggi e i rischi che ne derivano. Nel terzo e ultimo capitolo si parla delle strategie adottate dalle imprese italiane in Cina, attraverso una analisi empirica. Ciò è stato realizzato attraverso un progetto di ricerca, cui ho partecipato, che consisteva nel sottoporre un questionario ad un campione di aziende italiane che hanno delocalizzato in Cina, al fine di studiare i vantaggi e le difficoltà incontrate da tali aziende nel loro percorso di internazionalizzazione in Cina. Sono stati presentati, quindi, una serie di casi aziendali che hanno evidenziato i concetti espressi nei capitolo precedenti.
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3

MOLISSO, LIDIA. "I processi di esternalizzazione e di delocalizzazione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1334.

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Анотація:
L’esternalizzazione è ormai un modello organizzativo molto diffuso, incentrato su fasi, ciascuna affidata ad una diversa impresa. Cio’ consente alle imprese esternalizzanti di concentrarsi meglio sul proprio core business, affidando attività accessorie o marginali ad altre imprese specializzate, con - almeno in prospettiva - un miglioramento di efficienza ed una riduzione di costi. Questo dovrebbe essere lo scopo fisiologico di quell'ormai affermato fenomeno industriale e sociale, che fa sì che l'impresa alla ricerca di una sempre maggiore flessibilità in un mercato tanto più competitivo quanto più globalizzato, rompendo le sbarre della gabbia di regole e di garantismi talora eccessivi, possa dar vita ad una rete, che può peraltro diventare un labirinto di imprese funzionalmente coordinate. Ma, per converso questa aspirazione - che è spesso una vera necessità – a muoversi con più scioltezza e dinamismo sul mercato, può venir distorta al più o meno recondito fine di alleggerimento di personale, fuori dalle maglie strette di mobilità o di licenziamenti collettivi. Il mezzo più praticato per raggiungere tali scopi, leciti, ma talora surrettizi, è il ricorso al trasferimento d’azienda. La legislazione recente si è mossa in questa direzione, ma il diritto vivente, vale a dire la prevalente interpretazione che della complessiva normazione viene offerta da giudici e dottori, risente delle opposte spinte e controspinte cui si è fatto cenno. Il punto di equilibrio fra le opposte istanze e pulsioni risiede in una definizione di "ramo di azienda", il più possibile oggettiva, come "articolazione funzionalmente autonoma". Ma, quanto più tale autonomia funzionale - come tale identificabile dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento (secondo l'ultima versione del testo dell'art. 2112, comma 5, c.c., come introdotta dall'art. 32 della c.d. legge Biagi, il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276) - si attenui o sia equivalente tanto più si aggrava il rischio della creazione di articolazioni fittizie: ciò soprattutto dopo la soppressione del requisito della "preesistenza” del ramo trasferito, operata dal cit. art. 32. L’orientamento dell’interprete sulla qualificazione del trasferimento di azienda o di un suo ramo, dovrebbe comunque consistere da un lato nell'evitare la vanificazione della tutela dei lavoratori in ordine alla continuità del rapporto, e dall'altro nel non togliere all'imprenditore la libertà di articolare la sua azienda nella maniera più consona ad una sana concorrenzialità, senza stravolgere la originaria – ma tuttora persistente – ratio protettiva dell'art. 2112 nelle sue diacroniche versioni, e senza dunque avallare operazioni di esternalizzazione miranti solo ad espellere personale, con impropria applicazione dell'automatismo contenuto in detta norma. Il fenomeno oggi dibattuto può, nel quadro di semplici e chiare regole a tutela del lavoro, consentire alle imprese quella flessibilità e capacità di pronto adeguamento a nuove tecnologie e nuove esigenze, che potrà essere foriera di quello sviluppo industriale tanto necessario alla sospirata e non facile ripresa economica del nostro Paese, nella cornice di un'Europa unita e promotrice di lavoro e di benessere. Ora affrontare il tema delle esternalizzazioni significa addentrarsi nella più vasta problematica della riforma del mercato del lavoro, con cui da oltre un decennio i vari paesi della comunità europea, chi più chi meno, hanno dovuto misurarsi. Come è noto, il mercato globalizzazione del lavoro negli ultimi decenni ha subito, in tutto il mondo, una trasformazione storica, epocale, nel passaggio dalla società industriale alla società postindustriale. Trasformazione, indotta dall'evoluzione dei processi di innovazione tecnologica e dalla progressiva globalizzazione dei mercati. A fronte dell'incontestabile dato di fatto del radicale cambiamento del mondo economico e, di riflesso, del mondo del lavoro, caratterizzato da una crescente riduzione degli occupati in conseguenza dell'innovazione tecnologica, che porta a sostituire con ritmo sempre crescente i lavoratori con le macchine e con i robots, sarebbe del tutto illusorio pensare che il diritto del lavoro possa rimanere stabile ed immutabile. Il diritto del lavoro, infatti, proprio per la sua aderenza alla realtà sociale, ha bisogno di trasformazioni e di mutamenti, di adattamenti alla realtà e di costruzione di nuove categorie e istituti quando la realtà si trasforma . Nella riunione informale del Consiglio Europeo tenutasi il 27 ottobre 2006 ad Hampton Court il primo Ministro inglese Tony Blair (in sedédone del rapporto dal quale emerge, tra l'altro, come l'Europa continui a perdere quote di mercato mondiale, al contrario di paesi extraeuropei come Cina e India) ha sostenuto la necessità di modernizzare il modello sociale europeo. Tale necessità è imposta dall'esigenza di affrontare le sfide della globalizzazione ma anche dalla dura realtà di un tasso dì disoccupazione troppo elevato. Tutti i paesi dell'Unione Europea debbono, dunque, fare i conti, sia pure in misura differenziata, con il problema della modernizzazione, e questo tema –come è stato osservato – si gioca sulla labile linea di confine tra espansione del dominio del mercato e conservazione delle forme di protezione sociale, che rappresentano il cuore del modello sociale, specie in paesi quali la Germania e l'Italia. L'Italia da qualche anno-sembra essersi mossa su tale linea prospettica con un processo di riconoscimento legislativo delle forme di lavoro flessibile che, iniziato gia negli anni '90 con il c.d. pacchetto Treu, è sfociato nella riforma del mercato del lavoro introdotta, in attuazione della legge delega n. 30/2003, dal D.Lgs: n. 276 del 2003 e meglio conosciuta come "riforma Biagi" La riforma, come è noto, si è prefissa come principale obiettivo quello di dotare il mercato del lavoro di maggiori livelli dì flessibilità, senza tuttavia ignorare l'esigenza, ribadita dal Libro Bianco, secondo cui l'introduzione di massicce dosi di flessibilità non dovrà avvenire restringendo le tutele e le protezioni bensì spostandole dalla garanzia del posto di lavoro all'assicurazione di una piena occupabilità durante tutta la vita lavorativa. Tale obiettivo è stato perseguito procedendosi alla definizione di nuove tipologie contrattuali diverse dal modello costruito sull'art. 2094 c.c. ed ad un consistente restilyng di istituti esistenti nel tentativo di favorire l'occupazione, con la creazione di nuovi moduli normativi più consoni ai processi di trasformazione del mondo del lavoro. Maggiore flessibilità significa, fra l'altro, migliore possibilità per l'impresa di adeguare la propria organizzazione aziendale ed il proprio fabbisogno di manodopera, modellandolo alle specifiche esigenze produttive, ma significa anche incentivare l'emersione di una domanda di lavoro sufficiente ad assorbire sia le forze lavoro in uscita dai settori produttivi attanagliati dalla crisi, sia le nuove forze di lavoro che entrano sul mercato. In questo contesto, in cui le imprese sono spesso costrette, per sopravvivere e rimanere competitive sul mercato, ad andare incontro a modificazioni strutturali volte a conseguire risparmi ed ottimizzazioni organizzative, acquista indubbiamente un rilievo centrale il fenomeno del trasferimento di azienda: materia che in questi ultimi anni ha costituito uno dei temi sicuramente più tormentati del diritto del lavoro.
Outsourcing has become a widespread organizational model, focusing on phases, each assigned to a different company. This outsourcing allows companies to focus on their core business while entrusting incidental or marginal activities to other firms, obtaining - at least in perspective - an improvement of efficiency and a reduction of costs. This should be the physiological aim of that industrial and social phenomenon, which causes the that company, seeking more and more flexibility in a more competitive market, breaking the cage of sometimes excessive rules, may form a network, which can also become a labyrinth of functionally coordinated companies. But conversely this goal â that is often a necessity - to move with more fluency and dynamism in the market, can be distorted by the more or less hidden aim to reduce personnel, outside the rules of mobility or collective redundancies. The most practical way to achieve that objective, legitimate, but sometimes surreptitious, is the use of transfer business. Legislation recently has been moving in that direction, but the law in action, namely the prevailing interpretation of the overall standards which are given by judges and doctors, is affected by opposing forces and counter which we have referred. The balance between the conflicting demands and drives lies in a definition of "business unit" as objective as possible, as "articulation functionally independentâ . The spoken phenomenon can, in the context of simple and clear rules on employment protection, allow companies the flexibility and ability to ready adaptation to new technologies and new demands, which may be a harbinger of that awaited industrial development, so necessary for the economic recovery of our country, within the framework of a united Europe promoting work and well-being. Now, to address the issue of outsourcing means moving into the widest problem of reform of the labour market, with which, for over a decade, the countries of the European community had to cope. Given the fact of the radical change in the economic world and, consequently, in the world of work, characterized by an increasing reduction in the work as a result of technological innovation, leading to replacement by accelerating rate workers with machines and robots, would be totally illusory to think that labour law could remain stable and unchanging. Labour law, in fact, because of its adherence to social reality, needs change, to adapt to reality and to construct new categories and institutions when reality develops. At the informal meeting of the European Council held in 2006, October 27, at Hampton Court on British Prime Minister Tony Blair supported the need to modernize the European social model. This necessity is imposed by the need to address the challenges of globalization but also the harsh reality of unemployment is too high. All EU countries must therefore deal, albeit in different measure, with the problem of modernization, and this theme - as has been observed - plays on the blurred line between market expansion and preservation of social protection, which are the heart of the social model, especially in countries such as Germany and Italy. Italy seems to have moved on this perspective, with a legislative process of acknowledgment flexible forms of work, already started in the '90s with the so-called â Treu packageâ , resulted in the labour market reform introduced in the implementation of delegation Law No 30/2003, by Decree No 276, 2003 and known as "Biagi reform" The reform, as is known, has set as its main objective is to provide the labour market with the highest levels of flexibility, but without ignoring the need, reiterated the White Paper, that the introduction of massive doses of flexibility should not be restricting the protections and the protections, but moving them from job guarantee to full employability throughout their working lives. This objective was pursued, establishing new contractual arrangements, different from the model built on Article 2094 c.c. and restyling existing institutions in a bid to boost employment by creating new legislative processes, more appropriate to the transforming world of work.
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Alaimo, Angela. "Il territorio preso nella rete. La delocalizzazione veneta in Tunisia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3423212.

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Анотація:
This research analyses the impact of the North-East Italian Small and Medium Enterprises (SMEs) internationalization onto Tunisian territory, considering local and external agents, relations at different scales, contradictory logics, as well as discourses and practices which are part of the process. Tunisia is considered as a privilege gate toward South Mediterranean countries. The starting point of this analysis is the North-East model based on the proximity of productive enterprises of the same sector and on close and embedded local nets. Thanks to delocalization these local nets grow longer towards exterior locations. The long nets, reaching new territories, trigger the multiplication of short-range relationships. In this way a real interconnected circular productive territory appears, and it’s possible to trace its new variable geometry. Entrepreneurs, moving from Veneto, have brought their own culture of production to the new territory. This had engendered a territorial change that has also affected entrepreneurs. In considering these interactions my research focuses on the reconstruction of these transnational nets. The long networks incoming are stronger: they bring money, machinery, know-how and ideas and they take finished products in return. The relations, in these exchanges, are most of the time between Italian economic partners. At the local level the short networks involve also Tunisian partners but, at this level, the investments are refunded with low cost labor and infrastructures, low cost locations and tax exemption. Analysing the networks at regional scale, we find out that relations with Veneto are essential to maintain a dynamic activity. This approach first identifies agents taking part in the process at different scales. Then it focuses on each location, considering the interactions as a complex system of power relationships where different territorialities struggle to impose their own vision and to realise their own projects. The price of this game is social, political and environmental and it’s paid at the local level where the process is going on. This case study also aims at a better understanding of localized globalities and of the way development models, grounded in well localized contexts, which can be exported to distant regions.
La ricerca analizza i territori produttivi creati in Tunisia, in seguito all’insediamento di piccole e medie imprese (PMI) venete dei settori tradizionali del made in Italy. La scelta di questo caso di studio è innovativa, sia perché si legge il fenomeno a partire dal contesto di arrivo, la Tunisia, un paese poco studiato, sia perché ci si concentra sulle imprese di piccola e media taglia. Il punto di partenza della riflessione è il modello sviluppatosi nel Nord Est. L’imprenditoria manifatturiera veneta si muove seguendo vantaggi comparativi che, nel caso della Tunisia, vengono costruiti su misura per attirare gli investimenti internazionali. Nei suoi spostamenti e nell’insediamento a breve o a lungo termine, l’imprenditoria veneta porta con sé un modello di riferimento, una cultura imprenditoriale, che modifica i territori che attraversa e si modifica nel contatto con essi. Considerando queste reciproche ibridazioni, la ricerca si concentra sulla territorialità, ovvero sulla specificità delle relazioni tra attori e territorio della produzione, tra attori e territori di contesto e sulle loro connessioni a territori “altri”, seguendo le rotte che si dispiegano lungo le reti globali. L’internazionalizzazione dell'economia modifica il quadro della produzione industriale, stimolando lo sviluppo di nuove ricomposizioni. Per leggere la realtà dei nuovi territori della produzione è necessario, quindi, allargare l'orizzonte e osservare i processi a scala globale. Infatti, gli attori produttivi muovendosi da un contesto territoriale all'altro, coinvolgono territori a distanza variabile, infrangendo le frontiere della scala locale. Analizzare i processi di trasformazione territoriale implica, quindi, la considerazione dell’intreccio del fenomeno alle diverse scale (locale, regionale, nazionale e internazionale). La natura di questi flussi e di questi scambi è asimmetrica e ineguale e contribuisce a produrre il differenziale di sviluppo e a determinarne le direzioni, attraverso la nascita di nuove reti e la cessazione di precedenti. Non tutti gli spostamenti sono ugualmente possibili all’interno di questo territorio reticolare. Dipende dalla posizione dell’attore nella relazione di potere che determina la sua possibilità di azione e reazione. Ogni movimento infine, lo ricordiamo, crea connessioni locali che si rendono visibili in territori dove già sono presenti territorialità specifiche. È in questa prospettiva che le imprese organizzano e gerarchizzano flussi transnazionali, all’interno di territori produttivi dai contorni diffusi e sfumati, inseguendo vantaggi comparativi. La geografia del potere ci aiuta a comprendere la natura di queste asimmetrie, perché ci permette di analizzare il sistema di produzione, considerato come un costrutto socio-culturale creato dalle rappresentazioni che i diversi attori in gioco costruiscono nell’interazione tra loro e con il territorio. Rappresentazioni che portano poi a costruire quadri dell’azione all’interno dei quali agire, secondo un sistema di regole frutto di imposizione, negoziazione e accordo. Si creano così meccanismi legislativi, regole politiche che diventano poi, nell’interazione, vere e proprie pratiche condivise. Il sistema produttivo così considerato non fa dunque circolare solo merci, lavoratori e beni di produzione, ma anche immagini e discorsi che contribuiscono a creare le rappresentazioni del fenomeno e quindi i fatti territoriali. La storia della progressiva apertura della Tunisia alle imprese straniere è emblematica della creazione di un contesto economicamente sempre più favorevole agli investimenti esteri. La Tunisia, non particolarmente ricca di risorse naturali, ha centrato il proprio sviluppo sulle attività industriali e sul turismo ed ha saputo costruire la propria attrattività attraverso un programma di riforme finalizzate alla liberalizzazione dell’economia. Il nostro caso di studio, dunque, va letto in una dimensione che attraversa trasversalmente i contesti. Al di fuori di questi, sarebbe difficile comprendere le ragioni di alcune scelte operate dallo Stato tunisino, che ne rivelano non solo l’importanza strategica dell’investimento internazionale per lo sviluppo produttivo del paese, ma anche la forte propensione ad entrare nell’area macro-regionale dell’Unione Europea. Analizzando le territorialità in azione, possiamo dire che la delocalizzazione produttiva ha destrutturato il territorio tunisino, avendo introdotto dinamiche di potere asimmetriche che impongono uno sviluppo del territorio che non tiene conto delle territorialità preesistenti. Si tratta di un processo di territorializzazione esogena che trasforma diffusamente il territorio, ignorando i quadri storici e temporali coesistenti e preesistenti. Questo processo innesca cambiamenti profondi a livello economico, politico e sociale in tutti i territori implicati, dando origine a nuove forme di territorialità che possiamo definire inter-locali.
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Salvador, Giovanni <1961&gt. "Le due Zeta dall'alba al tramonto : innovazione, profitto e delocalizzazione a Nordest." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17118.

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Анотація:
In questa mia tesi dimostro come le scelte di delocalizzare le produzioni siano una sorta di sfruttamento delle persone e come esse comportino una mutazione, spesso negativa, del paesaggio. Questa mia ricerca si struttura in quattro capitoli che ricostruiscono la storia delle due più grandi industrie dell'elettrodomestico italiane: Zoppas e Zanussi. Un percorso cronologico che, dagli inizi del secolo scorso, arriva fino ad oggi e si proietta verso un futuro pieno di cambiamenti.
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Benetti, Martina <1989&gt. "I processi di delocalizzazione come motore per la crescita: l'esperienza di FIAMM in Cina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3680.

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Анотація:
Analizzando il percorso evolutivo dell’economia cinese, con riferimento al periodo dall’avvento del maoismo (1949) ad oggi, si esamina il fenomeno che spinge le imprese estere ad avviare una politica di outsourcing nel territorio cinese, con particolare attenzione all’impact sourcing, ovvero gli effetti che tale processo ha sull’ambiente in cui l’impresa estera si insedia. Infine, questo studio sarà esemplificato attraverso l’analisi di un caso aziendale del vicentino, l’impresa FIAMM.
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Scandiuzzi, Daniela <1982&gt. "Controlled foreign companies (CFC) e delocalizzazione delle attività economiche nel diritto interno e nell'ordinamento europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5117/1/scandiuzzi_daniela_tesi.pdf.

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Анотація:
Le ragioni della delocalizzazione sono molteplici e di differente natura. Si delocalizza, in primo luogo, per ragioni di stampo economico, finanziario eccetera, ma questa spinta naturale alla delocalizzazione è controbilanciata, sul piano strettamente tributario, dall’esigenza di preservare il gettito e da quella di controllare la genuinità della delocalizzazione medesima. E’ dunque sul rapporto tra “spinte delocalizzative” dell’impresa, da un lato, ed esigenze “conservative” del gettito pubblico, dall’altro, che si intende incentrare il presente lavoro. Ciò alla luce del fatto che gli strumenti messi in campo dallo Stato al fine di contrastare la delocalizzazione (più o meno) artificiosa delle attività economiche devono fare i conti con i principi comunitari introdotti con il Trattato di Roma e tratteggiati negli anni dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. In quest’ottica, la disciplina delle CFC costituisce un ottimo punto di partenza per guardare ai fenomeni di produzione transnazionale della ricchezza e agli schemi di ordine normativo preposti alla tassazione di codesta ricchezza. Ed infatti, le norme sulle CFC non fanno altro che omogeneizzare un sistema che, altrimenti, sarebbe lasciato alla libera iniziativa degli uffici fiscali. Tale “normalizzazione”, peraltro, giustifica le esigenze di apertura che sono incanalate nella disciplina degli interpelli disapplicativi. Con specifico riferimento alla normativa CFC, assumono particolare rilievo la libertà di stabilimento ed il principio di proporzionalità anche nella prospettiva del divieto di abuso del diritto. L’analisi dunque verterà sulla normativa CFC italiana con l’intento di comprendere se codesta normativa, nelle sue diverse sfaccettature, possa determinare situazioni di contrasto con i principi comunitari. Ciò anche alla luce delle recenti modifiche introdotte dal legislatore con il d.l. 78/2009 in un quadro normativo sempre più orientato a combattere le delocalizzazioni meramente fittizie.
The reasons for a relocation to take place are numerous and of heterogeneous nature. Business entities are naturally inclined to restructure their geographical presence, first of all, for economic, financial or strategic reasons. These “phisiological” reasons are counterbalanced, from the fiscal point of view, by the need of the National administrations to safeguard tax revenues and to verify the genuinity of the relocation itself. It is therefore on the relationship between “relocation forces” of the firms, on one hand, and the needs to avoid fiscal erosion of National taxable bases, on the other, that the present thesis work finds its theorical focus. National legal instrumentations enacted by domestic legislators in order to avoid fictitious relocation have to deal with the EU principles that were introduced originally with the Treaty of Rome and that were time after time developed by the case law of the European Court of Justice. Under this perspective, CFC legislation offers an ideal starting point for examining cross-border production relocation processes in different countries and legal frameworks that are conceived in order to tax income arising therein. Notably, CFC legislation create a common legal basis for the administrative action of Tax Authorities, whose need for consistent action finds another answer in the legal discipline of ruling. Putting again reference to CFC legislation, the freedom of establishment and the principle of proportionality (also in the perspective of the prohibition of abuse of law) come into play. Analysis will be carried, therefore, on Italian CFC legislation in order to understand if such legal discipline, in its different aspects, could eventually result in an infringement of EU Law principles. Recent modifications enacted by the Law Decree 78/2009 will be examined, in a legal context that is more and more devoted to combat merely fictitious and abusive transfers and relocations.
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Scandiuzzi, Daniela <1982&gt. "Controlled foreign companies (CFC) e delocalizzazione delle attività economiche nel diritto interno e nell'ordinamento europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5117/.

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Le ragioni della delocalizzazione sono molteplici e di differente natura. Si delocalizza, in primo luogo, per ragioni di stampo economico, finanziario eccetera, ma questa spinta naturale alla delocalizzazione è controbilanciata, sul piano strettamente tributario, dall’esigenza di preservare il gettito e da quella di controllare la genuinità della delocalizzazione medesima. E’ dunque sul rapporto tra “spinte delocalizzative” dell’impresa, da un lato, ed esigenze “conservative” del gettito pubblico, dall’altro, che si intende incentrare il presente lavoro. Ciò alla luce del fatto che gli strumenti messi in campo dallo Stato al fine di contrastare la delocalizzazione (più o meno) artificiosa delle attività economiche devono fare i conti con i principi comunitari introdotti con il Trattato di Roma e tratteggiati negli anni dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. In quest’ottica, la disciplina delle CFC costituisce un ottimo punto di partenza per guardare ai fenomeni di produzione transnazionale della ricchezza e agli schemi di ordine normativo preposti alla tassazione di codesta ricchezza. Ed infatti, le norme sulle CFC non fanno altro che omogeneizzare un sistema che, altrimenti, sarebbe lasciato alla libera iniziativa degli uffici fiscali. Tale “normalizzazione”, peraltro, giustifica le esigenze di apertura che sono incanalate nella disciplina degli interpelli disapplicativi. Con specifico riferimento alla normativa CFC, assumono particolare rilievo la libertà di stabilimento ed il principio di proporzionalità anche nella prospettiva del divieto di abuso del diritto. L’analisi dunque verterà sulla normativa CFC italiana con l’intento di comprendere se codesta normativa, nelle sue diverse sfaccettature, possa determinare situazioni di contrasto con i principi comunitari. Ciò anche alla luce delle recenti modifiche introdotte dal legislatore con il d.l. 78/2009 in un quadro normativo sempre più orientato a combattere le delocalizzazioni meramente fittizie.
The reasons for a relocation to take place are numerous and of heterogeneous nature. Business entities are naturally inclined to restructure their geographical presence, first of all, for economic, financial or strategic reasons. These “phisiological” reasons are counterbalanced, from the fiscal point of view, by the need of the National administrations to safeguard tax revenues and to verify the genuinity of the relocation itself. It is therefore on the relationship between “relocation forces” of the firms, on one hand, and the needs to avoid fiscal erosion of National taxable bases, on the other, that the present thesis work finds its theorical focus. National legal instrumentations enacted by domestic legislators in order to avoid fictitious relocation have to deal with the EU principles that were introduced originally with the Treaty of Rome and that were time after time developed by the case law of the European Court of Justice. Under this perspective, CFC legislation offers an ideal starting point for examining cross-border production relocation processes in different countries and legal frameworks that are conceived in order to tax income arising therein. Notably, CFC legislation create a common legal basis for the administrative action of Tax Authorities, whose need for consistent action finds another answer in the legal discipline of ruling. Putting again reference to CFC legislation, the freedom of establishment and the principle of proportionality (also in the perspective of the prohibition of abuse of law) come into play. Analysis will be carried, therefore, on Italian CFC legislation in order to understand if such legal discipline, in its different aspects, could eventually result in an infringement of EU Law principles. Recent modifications enacted by the Law Decree 78/2009 will be examined, in a legal context that is more and more devoted to combat merely fictitious and abusive transfers and relocations.
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Summa, Federica. "Reshoring: analisi del fenomeno e impatto territoriale, il progetto "Welcome back"." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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La globalizzazione ha determinato, negli ultimi trent’anni, l’affermazione progressiva dell’internazionalizzazione economica, rendendo, soprattutto per le imprese manifatturiere, le operazioni sempre più frammentate a livello mondiale. Lo scenario delineatosi e la conseguente necessità di coordinamento hanno così portato alla nascita della Global Value Chain. Negli ultimi anni, però, la crisi economica e la conseguente erosione dei vantaggi di costo offerti dai Paesi emergenti, congiuntamente all’avanzamento tecnologico, hanno consentito la genesi di un nuovo fenomeno: il Reshoring, ovvero, il rientro di attività precedentemente delocalizzate nei Paesi d’origine. Nell’ambito di questa trattazione si analizzerà il fenomeno nella sua interezza, partendo dalle caratteristiche internazionali, giungendo all’analisi del contesto italiano e, infine, ponendo il focus sul contesto emiliano-romagnolo. L’obiettivo dell’elaborato è duplice: comprendere, attraverso tecniche user-centred, quali sono gli incentivi che spingono le imprese a rilocalizzare, nello specifico in Emilia-Romagna, e delineare il profilo ideale di un’ipotetica azienda rientrante, che concili gli interessi di tutti gli stakeholders del territorio.
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Pasquato, Chiara. "Tra radicamento locale e tensioni globali: territorio e territorialità del distretto dello Sportsystem di Montebelluna." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3421564.

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The territorial analysis is a geographical approach that investigates the development and the transformations of the relationships between agents and territory. This perspective enables to follow the processes which have determined the territorial organization (the territorialization) and the structure of the relationships between agents throughout the territory (territoriality). It allows also to understand the reason of the problematic situations which can emerge (de-territorialization, unstable territoriality). The territorial approach is applied to the productive districts of the North-East Italy model, which have been invested by huge transformations due to delocalization and internationalization processes. The districts, shaped by a close and embedded local network of Small and Medium Enterprises (SMEs), have indeed opened their boundaries to the territories where firms have delocalized. Therefore, the consolidated organization of relations between agents and territory has been destructurized, with a rarefaction of the close networks. The Montebelluna Sportsystem district, located in the Treviso Province (Venetian Region), represents an interesting case-study for observing these processes, because it is characterized by a long entrepreneurial history in the traditional shoes sector called made in Italy. Today this district is characterized by strong delocalization processes especially to Romania and, at the same time, by the entry of multinational firms looking for proximity to the factors which created the district’s success. The study of the district territory history, of the networks that identify and modify during the time its structure, and of the representations which spread its current role, is carried out through the analyses of agents, territory and relations and also through investigations in the field. The research analyses the present reality of the district: in spite of its success and its innovation and research investments claimed continuously in the national and international press, we underline the presence of multiple territorialities, each one based on different logics, which derive from asymmetrical relations among agents (local and global), which impact problematically on the organization of the territory. We can identify two types of territorialities. On the one hand, there are the territorialities of the strongly internationalized big firms – which have delocalized their production by maintaining in the district the up and downstream phases of the productive process-, of the small and medium firms which have delocalized their entire business by following the movements of their major customers, and of the ones which produce through the activation of a global supply chain: this territoriality acts in a mesh that crosses the historical boundaries of the district involving all the territories where the firms extend their action. The network organizes hierarchically the connected territories by distinguishing among production, international supply and finished products commercialization places: a mobile organization, however, that follows the changes due to contextual and cyclical factors in the settlement countries. This particular territorial organization is clearly identifiable in the case of the connections created among the Venetian region, Romania and Tunisia, through the multilocated activities of the district entrepreneurship. On the other hand, we observe the territorialities of agents who continue to work inside the historical boundaries of the district: the firms which haven’t delocalized and must face the lack of skilled workers in the productive phases, whose competences have been lost following the external decentralization; the employees of the shoe’s production chain who, following the production lines closure and displacement, must place themselves again in the market; the institutional actors, who try to follow the entrepreneurship movements in order to settle the processes, but they are indeed blocked in action by the pertinence territorial boundaries. These multiple territorialities in the district territory are thus linked to the major or minor possibility of the agents to control and manage the rapid changes caused by the strong opening of the Sportsystem district to the international economic networks.
L'analisi territorialista è un approccio geografico attento allo sviluppo e alle trasformazioni delle relazioni tra attori e territorio. Questa prospettiva di studio permette di ricostruire i processi che hanno determinato le forme di organizzazione del territorio (la territorializzazione) e la struttura delle relazioni tra gli attori che si costruiscono attraverso il territorio (la territorialità), anche per comprendere il perché delle situazioni problematiche che si presentano in un dato momento (deterritorializzazioni, territorialità instabili). L'approccio territorialista è stato applicato ai distretti produttivi del modello nordest, investiti da grandi trasformazioni in seguito ai processi di delocalizzazione e internazionalizzazione. I distretti, formati da un fitto tessuto di piccole e medie imprese, hanno infatti aperto i loro confini ai territori dove le aziende hanno delocalizzato. Si è così destrutturata l'organizzazione consolidata delle relazioni tra attori e territorio. Il distretto dello Sportsystem di Montebelluna, in provincia di Treviso (regione Veneto), costituisce un caso interessante per osservare questi processi, perché caratterizzato da una lunga storia imprenditoriale nel settore della calzatura (tradizionale nel made in Italy) e, oggi, da forti processi delocalizzativi diretti principalmente verso la Romania, parallelamente all'ingresso nel distretto di aziende multinazionali, alla ricerca di prossimità rispetto a quei fattori che hanno creato il successo del distretto. Lo studio della storia del territorio distrettuale, delle reti che ne identificano e modificano nel tempo la struttura e delle rappresentazioni che veicolano il suo ruolo attuale, è stato condotto attraverso l'analisi degli attori, del territorio e delle relazioni, anche attraverso indagini sul campo. La ricerca ha portato ad una riflessione sulla realtà attuale del distretto: nonostante i richiami continui nella stampa nazionale e internazionale al suo successo e ai suoi investimenti in innovazione e ricerca, si evidenzia la presenza di molteplici territorialità, ognuna improntata a logiche differenti, che derivano da relazioni asimmetriche tra gli attori (locali e globali), ripercuotendosi problematicamente sull'organizzazione del territorio. Queste territorialità possono essere riassunte in due categorie principali. Da un lato ci sono le territorialità delle grandi imprese fortemente internazionalizzate -che hanno delocalizzato la produzione mantenendo nel distretto le fasi a monte e a valle del processo produttivo-, delle medie e piccole imprese che hanno delocalizzato l'intera attività seguendo i movimenti dei loro committenti maggiori, e di quelle che producono attraverso l'attivazione di una rete di subfornitura internazionale: questa territorialità insiste su una maglia che travalica i confini storici del distretto, interessando tutti i territori in cui le aziende estendono la loro azione. La rete organizza gerarchicamente i territori che connette distinguendo tra luoghi della produzione, della subfornitura internazionale e della commercializzazione dei prodotti finiti: un'organizzazione mobile, però, che segue i mutamenti dovuti a fattori contestuali e congiunturali nei Paesi di insediamento. Questa particolare organizzazione territoriale è chiaramente identificabile nel caso delle connessioni che si creano tra Veneto, Romania e Tunisia, attraverso le attività multisituate dell'imprenditoria distrettuale. Dall'altro lato osserviamo le territorialità di tutti quegli attori che continuano a insistere all'interno dei confini storici del distretto: le aziende che non hanno delocalizzato e che devono far fronte alla carenza di lavoratori specializzati nelle fasi produttive di cui si sono perse competenze in seguito al decentramento all'estero; gli addetti della catena di produzione della scarpa che, in seguito alla chiusura e allo spostamento delle linee produttive, devono ricollocarsi nel mercato; gli attori istituzionali, che cercano di seguire i movimenti dell'imprenditoria per regolare i processi, ma sono in realtà bloccati in ambiti d'azione delimitati dai confini territoriali di pertinenza. Le territorialità che si intersecano nel territorio distrettuale sono quindi legate alla maggiore o minore possibilità degli attori di controllare e gestire i rapidi mutamenti che intervengono a seguito della forte apertura del distretto dello Sportsystem alle reti economiche internazionali.
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Книги з теми "Delocalizzazioni"

1

1944-, Cammelli Marco, ed. Territorialità e delocalizzazione nel governo locale. Bologna: Il mulino, 2007.

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2

Marina, Bertoncin, Marini Daniele 1960-, and Pase Andrea 1964-, eds. Frontiere mobili: Delocalizzazione e internazionalizzazione dei territori produttivi veneti. Venezia: Marsilio, 2009.

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3

Lo sguardo esiliato: Cultura europea e cultura americana fra delocalizzazione e radicamento. [Napoli]: Loffredo editore, 2008.

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4

Rome, Italy) Forum internazionale "Testa a. testa: lavoro versus capitale" (2004. Lavoro contro capitale: Precarietà, sfruttamento, delocalizzazione : atti del Forum internazionale "Testa a testa: lavoro versus capitale," Roma, 16-17 aprile 2004, promosso dalla Rete dei comunisti. Milano: Jaca book, 2005.

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Частини книг з теми "Delocalizzazioni"

1

Algostino, Alessandra. "Delocalizzazione della tortura e ‘tortura di Stato’." In Sapere l’Europa, sapere d’Europa. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-358-8/004.

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Анотація:
The essay argues how to reject a person in Libya or close ports to migrants, as well as criminalize and obstruct the NGOs which are saving humans in the Mediterranean, violate the prohibition of torture and of inhuman or degrading treatments and constitute a crime against humanity. Responsibility lies with those who personally practice torture, but the European States’ governments or the EU executives are certainly not exempt from responsibility.
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