Статті в журналах з теми "Cultura della Visione"

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La Delfa, Angela Maria. "Il significato della visione del Natale di santa Brigida di Svezia nel contesto della cultura tardo medievale." De Medio Aevo 10, no. 2 (July 25, 2021): 319–38. http://dx.doi.org/10.5209/dmae.76262.

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Анотація:
L’ampia e interessante letteratura sull’argomento ha coperto gran parte degli aspetti legati alla genesi della visione brigidina. Questo articolo si prefigge di indagare nel dettaglio alcune questioni che finora non sono state approfondite dalla critica. Ci si riferisce in particolare alle fattezze fisiche della Vergine Maria e alla rappresentazione del Bambino Gesù nudo e sospeso per aria o raffigurato già disteso in terra. Si tratta di dettagli di rilievo, anche in relazione al tema del corpo della Vergine e del Cristo che riveste grande importanza nella spiritualità tardomedievale. Si analizzano le differenze tra le prime tavole della Natività in Italia, ma anche quelle realizzate nella prima metà del XV secolo nel nord Europa. Si indaga tra quelle più fedeli alla visione e quelle che vi si ispirano liberamente pur essendo Brigida presente nella rappresentazione. Dal confronto con l’iconografia precedente, particolarmente con quella tramandata tramite i manoscritti delle Meditaciones Vitae Christi, è possibile stabilire cosa della visione del Natale di Brigida assume rilievo per l’arte figurativa, come e con quale scopo ciò viene recepito nell’immaginario collettivo e in che misura essa abbia rappresentato il vero punto di svolta di questo soggetto nell’arte occidentale.
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Chinazzi, Anna. "Homeschooling e cultura prefigurativa in Italia." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 2 (November 2020): 367–82. http://dx.doi.org/10.3280/ess2-2020oa9489.

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Анотація:
Nonostante la consistente ricerca condotta dagli studiosi all'estero, poco è stato detto della pratica di homeschooling in Italia, dove sta diventando una scelta contemplata da diverse famiglie. Attraverso un approccio di tipo etnografico, l'autrice ha investigato le principali motivazioni e le etnoteorie parentali che influenzano questa scelta. L'istruzione parentale è un movimento eterogeneo, ma punti di contatto fondamentali sono ravvisabili in una specifica visione della responsabilità genitoriale e in un atteggiamento critico e riflessivo. I genitori vogliono promuovere l'autostima, la creatività e la curiosità dei propri figli in qualità di strumenti utili per affrontare un futuro opaco. Inoltre, lo studio delle famiglie che in Italia hanno optato per l'homeschooling permette all'autrice di trattare cambiamenti più ampi in atto nella cultura genitoriale e nei modelli di trasmissione culturale nell'Italia contemporanea come l'affermazione della cultura prefigurativa. Molti sono gli interrogativi ancora inesplorati che richiedono un approccio empirico. È soprattutto lo sguardo pedagogico a essere sollecitato per fare luce sulle peculiari caratteristiche del fenomeno
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Malagrinò, Ilaria, and Maria Teresa Russo. "Dilemmi etici sulla “relazione a ultrasuono”: tecnologia e personificazione della gravidanza / Ethical dilemmas on “ultrasound bond”: technology and pregnant embodiment." Medicina e Morale 65, no. 4 (October 6, 2016): 433–58. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.442.

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Анотація:
Come afferma I. M. Young, alcune concettualizzazioni e pratiche odierne della medicina sembrano alienare la donna incinta dalla sua esperienza corporea. Oggigiorno, il sottoporre la gestante a ripetuti esami ecografici è diventata pratica routinaria. D’altra parte, sembra ormai assodato che una visione precoce delle immagini fetali possa facilitare il sorgere di una relazione emozionale della madre al bambino. Lo scopo di questo articolo è, pertanto, quello di fornire un’analisi dei principali studi presenti in letteratura sull’argomento al fine di chiarire se davvero il mezzo ecografico favorisce lo sviluppo di una relazione materna al feto, quali sono le caratteristiche di tale relazione e, infine, di discutere le implicazioni che tale processo di ridefinizione della gravidanza come evento biomedico ha sulla donna. Infatti, il boom ecografico sembra aver incoraggiato la diffusione di una visione della gestazione come appartenente soltanto al feto: il centro dello schermo diventa il solo fulcro del processo riproduttivo e “fetalità” diventa il sinonimo vero di procreazione. Da questo punto di vista, pertanto, l’uso di tale tecnica, fornendo un’immagine “separata” del bambino, colto nella sua autonomia, sembra aver incoraggiato la diffusione di una visione individualista del soggetto e delle sue caratteristiche, nonché di una cultura disincarnata della gestazione in cui la fragilità materna sembra essere completamente ignorata.----------As Young states, some conceptualizations and practices of medicine seem to alienate the pregnant subject from her bodily experience. Nowadays the use of the ultrasound technique in pregnancy has become a routine practice, especially because early fetal images encourage the maternal emotional relationship to the fetus. Thus, the aim of this paper is to survey the extant literature in order to clarify whether ultrasounds actually encourage the maternal bond to the fetus, to make explicit what kind of bond ultrasounds are really able to produce, and finally to discuss the repercussion on the position of women in the process of redefinition of pregnancy as a biomedical event. Indeed, the boom of ultrasound in obstetric practice seems to have encouraged the spread of a vision of gestation as an event belonging only to the fetus. Thus, the center of the screen becomes the only center of the reproductive process and “foetality” becomes the real synonymous of procreation. In this light, ultrasound technology seems to implement an individualistic vision of the subject and its future, as it separates the fetus from its mother and to cooperate to create a disembodied culture of gestation and procreation where the “maternal fragility” is completely ignored.
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Cattaneo, Stella. "Studi di fisiognomica amorale: istantanee di ibridazione." Altre Modernità, no. 26 (November 29, 2021): 181–98. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16804.

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Анотація:
Nell’ambito delle riflessioni sulla questione animale, l’arte contemporanea interviene apportando il proprio contributo. La ricerca di Karin Andersen è in questo senso esemplare. Artista e teorica, Andersen propone una visione del mondo rinnovata e lontana dall’antropocentrismo in cui l’uomo riconosca e accolga l’alterità, rintracciando anche tutti i debiti della nostra cultura nei confronti della biosfera. L’articolo procede mediante l’analisi di alcune opere a partire dalla serie Studi di fisiognomica amorale, caratterizzata da vere e proprie istantanee di ibridazione, chiave d’accesso per una relazione positiva e paritaria tra uomo e animale.
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Giacobello, Maria Laura. "Il paradigma dell’ecologia integrale e i fondamenti epistemologici della bioetica globale di Van Potter." Medicina e Morale 70, no. 4 (December 21, 2021): 433–45. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2021.950.

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L’ambiente è oggi gravemente ferito dalla crisi epocale in atto: tra le voci che si levano a tutela della Casa Comune emerge quella della Chiesa, attraverso lo sguardo di Papa Francesco che, con l’espressione ‘ecologia integrale’, fa esplicito riferimento alla consapevolezza che nella realtà tutto è connesso. A partire dall’urlo di ribellione della natura, l’ecologia integrale si assume, dunque, l’onere di promuovere un’istanza di rinnovamento radicale, che possa investire le categorie etiche ordinarie, fino a estendersi a quelle antropologiche e gnoseologiche poste alla base della prevalente cultura occidentale, fondata sul paradigma meccanicistico. Nell’ampia cornice di un ripensamento dei tradizionali confini dell’etica, l’ecologia integrale può rappresentare un paradigma culturale alternativo, reale espressione dello spirito del tempo. A tal proposito, si rivela particolarmente interessante e proficuo avviare una riflessione sulla straordinaria convergenza fra la prospettiva dell’ecologia integrale e quella della bioetica globale di Van Potter: già negli anni Settanta del Novecento, infatti, lo scienziato americano gettava i fondamenti epistemologici per una diversa visione etica. L’idea di un approccio sistemico volto a valorizzare la relazione delle singole parti tra di loro e col tutto, sia pure generata da presupposti evidentemente diversi, accomuna inequivocabilmente le due prospettive. E, in verità, la riflessione di Potter prende le mosse dalla stessa consapevolezza situata alla base dell’ecologia integrale, quella del profondo radicamento dell’uomo nell’ecosistema: mediante l’assunzione di una visione sistemica, che passa attraverso l’articolazione del concetto di biocibernetica, lo scienziato offre una valida rappresentazione del carattere interattivo dell’organizzazione strutturale che presiede al funzionamento dell’ambiente naturale.
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Rodriguez, Mario. "Elogio della extravaganza (bastard is beautiful)." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 36 (February 2022): 94–102. http://dx.doi.org/10.3280/eds2021-036009.

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Nella nostra società dominano le interdipendenze e la complessità. La crescita esponenziale della complessità legata indissolubilmente alla digitalizzazione trascina con sé quella delle specializzazioni. I saperi si frammentano e la loro articolazione da un lato impone la delimitazione dei singoli confini per avere consa-pevolezza di sé, dall'altro impone di sviluppare le interazioni con l'ambiente per non rischiare la sclerosi. Quindi, da un lato, è indispensabile una chiusura auto-referenziale, una verticalizzazione del sapere, una specializzazione settoriale che faccia prendere atto della logica del proprio sistema. Ma, dall'altro, è altrettanto indispensabile l'interazione, lo scambio, la competizione con altri sistemi che ri-spondono ad altre logiche e che costituiscono l'ambiente nel quale il sottosiste-ma disciplinare si evolve. Il generalismo come specializzazione, quindi. Generali-smo, non genericità. Generalismo come ricerca di una visione d'insieme, trasversale, non monocausale. Una visione di sistema. La conoscenza non può che essere attraversamento, extra vaganza. Seguire il patchwork del possibile dell'evoluzione. Per questo è essenziale intrecciare diversi ambiti di conoscenze, sviluppare una cultura ibrida orgogliosamente meticcia se non bastarda.
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Felici, Maria Serena. "Aspetti linguistici in Machado de Assis e nella traduzione italiana di Esaú e Jacó." Cadernos de Tradução 43, no. 1 (March 8, 2023): 1–29. http://dx.doi.org/10.5007/2175-7968.2023.e91226.

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Lo studio qui presentato nasce in seguito alla riflessione sul testo del romanzo di Joaquim Maria Machado de Assis (1839-1908) Esaú e Jacó (1904), in occasione del lavoro di traduzione da me realizzato per i tipi della Lorenzo de’ Medici Press e pubblicato nel 2022, con il titolo di Esaù e Giacobbe. Da una iniziale visione sinottica della lingua nella produzione letteraria di Machado, condotta alla luce di studi critici e delle dichiarazioni dello stesso autore sul valore politico-sociale della lingua stessa, e dopo uno sguardo sulle traduzioni dell’opera di Machado ad oggi edite in Italia, si scenderà nel particolare di Esaú e Jacó, analizzandone alcuni passaggi rappresentativi del profilo linguistico dell’autore; infine, si esamineranno alcune scelte traduttive da me intraprese. L’obiettivo è mostrare che il processo che ha portato al metatesto, che è la prima edizione italiana di quest’opera, si è svolto con una particolare attenzione al valore cruciale che la lingua assume in questo romanzo, in cui Machado riflette sul Brasile di fine Ottocento, sull’alta società della sua allora capitale, Rio de Janeiro, la sua cultura, la sua storia, la sua identità post-indipendenza.
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Doria, Marco. "La storia economica contemporanea in quaranta anni di "Società e storia"." SOCIETÀ E STORIA, no. 178 (January 2023): 783–817. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-178007.

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L'articolo si propone di analizzare i diversi saggi e interventi su temi di storia economica dell'età contemporanea pubblicati in oltre quaranta anni di vita di "Società e storia". In primo luogo si osserva quale sia, nella cultura e nella visione della storia dei componenti della prima direzione della rivista, il ruolo attribuito ai fatti e alle dinamiche economiche nei processi storici. A un'impostazione iniziale che spesso si richiamava, sebbene in maniera non dogmatica, al marxismo segue una visione della storia più eclettica e aperta a suggestioni molteplici. Si guarda poi alla evoluzione e agli orientamenti di ricerca affermatisi nella storiografia economica italiana dagli anni settanta del novecento a oggi. Infine si individuano le molte e diverse tematiche al centro dei contributi comparsi nella rivista.
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Magris, Aldo. "Filosofizzazione del cristianesimo." Verbum Vitae 39, no. 3 (September 30, 2021): 915–40. http://dx.doi.org/10.31743/vv.12162.

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Laddove la cultura ellenica nei suoi aspetti più importanti scomparve all’avvento della religione cristiana, solo la filosofia greca sopravvisse, anzi trovò nella nuova situazione culturale forme di sviluppo originali. Perciò noi dovremmo parlare di filosofizzazione, piuttosto che di ellenizzazione del cristianesimo. Inizialmente gli autori cristiani erano avversi alla filosofia, ma poi prevalse la linea di Giustino, di Clemente e di Origine secondo cui essa poteva rappresentare una propedeutica a una comprensione colta della fede: certo non tutta la filosofia greca ma soltanto il filone platonico e aristotelico. Da queste specifiche fonti i Padri della Chiesa trassero concetti e argomentazioni utili per due scopi: il primo, la dimostrazione del libero arbitrio a supporto dell’etica, e della provvidenza divina in funzione della teodicea; il secondo, la critica dei miti e culti pagani e delle contemporanee sette eretiche. In particolare la confutazione del manicheismo impiegò su larga scale le strutture formali dell’ontologia aristotelica. La filosofizzazione divenne parte integrante dell’identità e della visione cristiana del mondo.
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F. Gómez Vozmediano, Miguel. "El impacto de la era digital en los archivos históricos estatales españoles. Una visión personal en la encrucijada del III milenio." SOCIETÀ E STORIA, no. 174 (January 2022): 797–823. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174009.

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Анотація:
«el uso o aplicación de las tecnologías digitales es absolutamente imprescindible pero no suficiente, pues, además, es necesario realizar las transformaciones culturales que implica la digitalización, ya que es una nueva forma de vivir, de trabajar y de relacionarse; es un cambio cultural consecuencia de la Revolución Digital en la que nos encontramos»1. Nel contesto di una società sempre più tecnologica, l'autore riflette sui significativi sviluppi e progressi di cui gli archivi spagnoli sono stati protagonisti lungo la loro storia, concentrando poi l'attenzione sull'attuale situazione della gestione dei patrimonio documentario custodiale per tali istituzioni pubbliche. Dopo aver affrontato i risultati ottenuti attraverso la piattaforma PARES 2.0, strutturata nella rete degli Archivi Statali dipendenti dal Ministero della Cultura e dello Sport, egli fornisce una visione personale dei risultati raggiunti fino a oggi, soffermandosi sulle principali sfide poste dall'immediato futuro.
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Ingarao, Giulia. "Javier Garcerá. L’insider del paesaggio." Boletín de Arte, no. 35 (October 31, 2014): 159–68. http://dx.doi.org/10.24310/bolarte.2014.v0i35.3375.

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Il testo analizza l’opera dell’artista Javier Garcerá dalla ne degli anni novanta ad oggi. Nella sua ricerca è centrale il tema «paesaggio», inteso come scenario del mondo in cui si consuma la diatriba tra natura e cultura. L’analisi delle diverse serie pittoriche realizzate a partire dal 1999 mostra come l’artista abbia condotto un’indagine parallela alla storia della rappresentazione del paesaggio, ripercorrendone ambiguità ed evoluzioni. Dalla natura sublime del romanticismo e la nascita delle scienze borghesi si passa all’a ermarsi della fotogra a come alternativa competitiva nella rappresen- tazione del mondo. Lo studio di Garcerá attraversa anche le avanguardie, attingendo alla velocità e mobilità di visione del Futurismo e al desiderio di contemplazione della pittura or ca o del più tardo Color Field. Javier Garcerá, metabolizza tutta questa informazione traducendola in immagine viva, cangiante e, attraverso il ricercato uso delle luci e di tessuti preziosi, raggiunge nelle sue opere una soluzione estetica che o re un’alternativa valida all’atro a del paesaggio del XX secolo: il fruitore cessa di essere spettatore passivo per diventare parte viva del paesaggio.
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Chiodi, Giovanni. "Oltre la sovranità nazionale: Filippo Vassalli in missione a Londra (1945)." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 22, 2022): 401–31. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19451.

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Nel novembre-dicembre 1945, il civilista Filippo Vassalli intraprese una missione a Londra, a capo di una delegazione di giuristi invitati dal British Council ad osservare il funzionamento delle istituzioni inglesi, attraverso un “legal sightseeing” fatto di “talks” e “meetings” con illustri esponenti della politica e della cultura giuridica britannica. Alcuni documenti dell’archivio Vassalli consentono ora di approfondire i risvolti di questo viaggio, di cui il giurista stilò un resoconto in alcuni suoi scritti. La ricerca, in particolare, intende dimostrare che Vassalli, durante la missione, maturò l’idea del superamento del mito della sovranità nazionale in ambito internazionale, visione successivamente estesa nel campo del diritto civile. Vassalli supportò l’orientamento favorevole alla creazione di un’organizzazione superiore ai singoli Stati, che assicurasse la pace nel mondo e offrisse una tutela sovranazionale dei diritti dell’uomo. La missione ebbe anche conseguenze sull’ordinamento della giustizia, della polizia e della vita economica italiana, alla vigilia della Costituente, di cui pure Vassalli non fu chiamato a prendere parte. Come capo della missione, infatti, egli portò in Italia a De Gasperi, titolare del dicastero degli Esteri, un messaggio del Ministro degli Esteri Bevin, personalità eminente della politica anglosassone, che aveva già influenzato Vassalli sul terreno del futuro assetto delle relazioni internazionali in tempo di pace. La missione a Londra, di conseguenza, rappresenta una vicenda centrale per comprendere il pensiero di Vassalli nel decennio repubblicano.
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Longo, Mario. "Il corso della storia come graduale "emancipazione" della ragione dal "grembo materno" della natura: L'alternativa kantiana a herder." Trans/Form/Ação 37, no. 3 (December 2014): 143–58. http://dx.doi.org/10.1590/s0101-31732014000300012.

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L'immagine del "grembo materno della natura" da cui la ragione umana si deve emancipare per guadagnare la libertà è usata da Kant in uno scritto polemico contro Herder, Mutmasslicher Anfang der Menschengeschichte (1786), che può essere considerato una risposta al libro decimo delle Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit, uscito nel 1785. Seguendo il racconto biblico, anche Kant pone la prima coppia umana in un "giardino", un luogo sicuro e ben fornito di alimenti; ma il vero inizio della storia è fatto consistere nella rottura di questo equilibrio ad opera della ragione che gradualmente si è sottratta alla tutela della natura, imparando un po' alla volta a dominarla. Kant dichiara di condividere l'ideale rousseauiano di una cultura che non neghi la natura dell'uomo ma la promuova in quella che dovrà diventare la sua condizione fondamentale di esistenza, che è la libertà. Pone tuttavia questo ideale come termine finale del processo storico, non come condizione da recuperare nella sua purezza iniziale, ritornando alle origini, come invece appariva nella visione della storia proposta da Herder, che avrebbe su questo punto frainteso il pensiero di Rousseau.
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Żurowski, Marian Al. "Refleksje w związku z przemówieniem Jana Pawła II do Roty Rzymskiej w dniu 5 lutego 1985 r." Prawo Kanoniczne 31, no. 3-4 (December 10, 1988): 99–107. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1988.31.3-4.07.

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Dalla dichiarazione del Papa deriva indirettamente, che ne la differenza delle lingua, a tanto meno della cultura possono ostacolare degli autentici valori dell’uomo. — I tribunali ecclesiastici tengano conto del grande progresso avutosi nel l’ambito della psichiatria e della psicologia contemporanea. Nessuno puô dubitare quando questi successi sono veri e ben documentati. Non si puo tuttavia basare soltanto su ipotesi o su teorie iniziali. Secondo i corenti nel campo della psicologia o della psichiatria contemporana, molti autori — basandosi infatti su scoperte scientifiche e ben documentate, s’incominciano a filosofare e creare una propria visione, che oltrepassa la competenza scientifica del autore. E proprio qui, sono insistite le principale cause e le difficoltà di dialogo con giudice ecclesiastico. Se il perito accanto alla spiegazione scientifica dei soli fatti morbosi, interpretera „a modo suo” lo stato delle persone. Se il giudice ecclesiastico accetasse acriticamente tali impostazioni del perito, le conclusioni del giudice saranno false. La valutazione di ogni tenzione sara diversa, e le teorie della rinuncia e del sacrificio sono per questi periti estranee. Soltanto l’incapacita a prendere una decisione constituisce pertanto la base per riconoscere la nullita del matrimonio, ma incapacita secondo i criterii antropologici cattolici quali rispettano la natura del l’uomo, nella luce della Rivelazione. Allora il pericolo non e nella vera scienza, ma nella integrazione della scienza „a modo suo”.
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Kita, Marek. "„Niebiańska filozofia”, czyli chrześcijaństwo jako umiłowanie Mądrości." Analecta Cracoviensia 40 (January 4, 2023): 179–90. http://dx.doi.org/10.15633/acr.4012.

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L’idea antica del cristianesimo come „filosofia celeste di Cristo” può apparire al giorno d’oggi ambigua e anacronistica. Nella cultura occidentale dopo un lungo periodo di riflessione sul rapporto tra cristianesimo e filosofia si assiste alla nascita del fenomeno della „filosofia cristiana” – una cosa diversa dalla teologia – che reca in sé l’affermazione che il cristianesimo stesso non si riduce alla filosofia. Eppure in tutta la storia della Chiesa troviamo alcuni pensa- tori che parlano del cristianesimo come una filosofia in senso estensivo. Anche Benedetto XVI nella enciclica Spe salvi ci ha ricordato una visione di Cristo come Filosofo, cioè una persona che sa insegnare l’arte della vita. Infatti potremo dire anche di piú: se pensiamo a Cristo come Sapienza incarnata, allora la nostra filosofia – l’amore della sapienza – diventa l’amore per Lui.Il cristianesimo come filosofia per estensione ci offre una visione integrale della realtà, in conformità alla frase di Pascal: „Chi conosce Cristo, conosce la ragione di tutte le cose”. In Gesù è stato incarnato un progetto divino dell’uomo e del mondo. L’insegnamento della Sapienza crocifissa ci apre gli occhi del cuore al senso vero dell’essere e dell’esistenza. Il suo sacrificio ci rivela una nuova ontologia, in cui l’essere significa dono. Nella luce di Cristo contempliamo il senso della storia e della cultura umana.Il cristianesimo come „amore della Sapienza eterna” realizza il compito della filosofia (nel suo concetto antico) e lo completa. Esso si presenta come una saggezza del cuore ma questo non significa irrazionalismo – nella saggezza così s’incontrano la ragione discorsiva, l’intuizione e la fede. Inoltre „filosofia celeste” corregge ogni filosofia della terra insegnandoci che l’amore vale più del pensiero. Alla scuola del Vangelo il frutto dell’amore della sapienza diventa sapienza dell’amore.
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van Meerhaeghe, M. A. G. "Culture and Economics." Journal of Public Finance and Public Choice 4, no. 3 (October 1, 1986): 157–63. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907117426.

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Abstract Sulla definizione di «cultura» vi è una completa mancanza di consensi. Eppure, è da essa che gli studiosi possono dedurre gli elementi necessari per fare proposte sulla politica culturale dei governi. A seconda, infatti, che si abbia una visione elistica della cultura, o invece una concezione più comprensiva, saranno diverse le proposte degli economisti circa le possibilità d’intervento pubblico.I sussidi sono lo strumento della politica culturale. La loro influenza è, tuttavia, incerta e non quantificabile. Inoltre, il loro uso è solitamente distorto, dato che tende a favorire alcune attività e scoraggiarne altre. Il solo caso in cui il sussidio dovrebbe essere sostenuto è quello in cui sia riposta maggiore fiducia nelle decisioni governative che nei meccanismi di mercato.
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Matiello, Suzana Terezinha. "Educare alla vita buona del vangelo negli ambiti della vita sociale. La scuola: laboratorio di cultura e di umanitá." Caminhos de Diálogo 7, no. 10 (August 31, 2019): 6. http://dx.doi.org/10.7213/cd.a7n10p6-20.

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Nella prima parte del lavoro troveranno spazio alcune riflessioni suggerite dallo studio del documento della Conferenza Episcopale Italiana Educare alla vita buona del vangelo. Nella seconda parte si osserverà come la Regola d’oro costituisca una valida opportunità educativa per una civiltà della fraternità e del rispetto reciproco. Si noterà anche secondo il docomento della Commissione Teologica Internazionale, alla ricerca di un’ética universale: nuovo sguardo sulla legge naturale, come uomini di diverse culture e religioni “hanno progressivamente elaborato e sviluppato tradizioni di sapienza nelle quali esprimono e trasmettono la loro visione del mondo, come pure la loro percezione riflessa del posto che l’essere umano occupa nella società e nel cosmo”, Infine nella terza parte verrà riportata un’esperienza di lavoro a livello scolastico condotta con spirito evangelico cercando di mettere in pratica proprio la regola d’oro - la scuola, vero laboratorio di cultura e di umanità.
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Guidantoni, Ilaria. "Chirurgia estetica e culto della bellezza nella società contemporanea." Medicina e Morale 44, no. 1 (February 28, 1995): 59–90. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.991.

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L'Autrice dell'articolo, dopo aver sottolineato le questioni etiche del ricorso alla Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, argomenta la tesi secondo la quale l'ossessione per la bellezza muoverebbe da un disagio affettivo legato ad una cultura violenta ed artificiale dell'eros, che spinge l'individuo a mutare la propria fisicità perché teme una comunicazione autentica oltre lo scambio delle immagini. Lo studio, che si muove nell'ambito di una ricerca etico-sociale e psicologica, evidenzia l'universalità del mito della bellezza nella cultura umana e l'emergenza attuale della Chirurgia plastica estetica (CPE). Questa viene analizzata dal punto di vista dell'impatto sociale e tecnico-scientifico, con particolare attenzione al rapporto specialista-paziente. L'Autrice, dopo aver fatto cenno alle problematiche medico-legali specifiche ed aver illustrato la odierna visione della corporeità - fortemente basata sull'ideale di salute e di eros -, affronta la discussione etica sulla liceità ed i limiti della CPE. Questa, secondo l'articolo, sconterebbe una crisi di valori affettivi, soprattutto all'interno della vita di coppia, crisi che ha promosso l'idolatria del corpo, a tal punto da divenire un'ossessione e la conditio sine qua non per essere amati. Eticamente illeciti, poi, vengono definiti gli interventi di chirurgia plastica in ordine alla riassegnazione del sesso, alla modificazione dei tratti del viso per persone ricercate dalla legge o l'alterazione dei tratti somatici tipici di una razza. L'articolo si conclude riaffermando la necessità di un recupero dell'unitotalità dell'essere persona in relazione alla corporeità ed al concetto di bellezza.
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Galli de' Paratesi, Nora. "Il giudeo-italiano e i problemi della sua definizione: un capitolo di storia della linguistica." Linguistica 32, no. 2 (December 1, 1992): 107–32. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.32.2.107-132.

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Lo scopo di questo articolo è di portare all'attenzione dei linguisti che lavorano sull'italiano un argomento poco noto perché è stato trattato per lo più, per le caratteri­ stiche del suo materiale, al di fuori dell'italianistica: il cosiddetto giudeo-italiano. II termine si riferisce alle varieta dialettali usate in ima serie di documenti che sono stati oggetto di studio, con poche eccezioni, da parte di specialisti di ebraico. I testi hanno, aldilà del loro immediato valore come documenti della cultura ebraica italiana, anche un interesse linguistico: è questa appunto l'angolatura di questo lavoro, perché il ten­ tativo di definire tali parlate all'intemo delle varietà di italiano ha avuto varie soluzio­ ni da parte di studiosi diversi, che costituiscono un itinerario teorico molto interessante. Si tratta di uno spezzone di storia della linguistica italiana e romanza in cui si ripercorre un itinerario simile a quello della de:finizione di italiano standard. Si tratta di un percorso che è parallelo all'evoluzione della linguistica stessa e che è stato fino a non molto tempo fa, come si cercherà di dimostrare, dominato in larga parte dalla visione delle varietà linguistiche come sistemi discreti, unitari ed omogenei, propria della descrizione linguistica fino alla messa a punto dei modelli macrosocio­ linguistici che hanno incorporato sistematicamente la variazione e ii continuo lingui­ stico. In particolare nel nostro caso l'immagine del giudeo-italiano risentiva della concezione di un'entità quanto mai elusiva, che ha dominato la linguistica italiana, quella dell'italiano standard.
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Sapienza, Annamaria. "Oltre il testo. La sperimentazione teatrale napoletana negli anni Sessanta e Settanta." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, no. 2 (April 22, 2018): 631–47. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757476.

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Negli anni ’60 e ’70 un aspetto particolarmente incisivo del teatro a Napoli è costituito dalle esperienze di ricerca condotte da alcune formazioni che, con diverse modalità, lanciano un chiaro segnale di rinnovamento. In nome di un più libero legame con la tradizione e rifiutando come unico il modello eduardiano, i gruppi sperimentali di questi anni generano un’autentica spinta vitale che, per la presenza di un patrimonio artistico stratificatosi nei secoli, assume particolari connotazioni all’interno del generale clima di rinnovamento del teatro italiano. Il rapporto acentrico con il testo drammatico costituisce una delle caratteristiche principali di questo processo nel quale, attraverso l’integrazione di espressioni proprie delle varie arti, la scrittura scenica è spostata sulla sfera del visivo. Il sTeatro, Napoli, Recitazione, Avanguardia, Sperimentazioneaggio intende tracciare la parabola dellã avanguardia teatrale napoletana nei due decenni che precedono la nascita della nuova drammaturgia (Moscato, Ruccello, Santanelli), ovvero, identificare i protagonisti di una generazione di artisti che si nega alla visione folklorica della cultura partenopea volgendo l’attenzione ai testi teorici (ad esempio le prime traduzioni degli scritti di Brecht e Artaud), alla drammaturgia straniera (Genet, De Ghelderode, Lorca, Ionesco, Beckett) e ai padri del Nuovo Teatro (Living Theatre, Grotowski), preparando l’humus germinale di una più serena relazione con il passato che consente la produzione testuale degli anni a venire.
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Ducci, Giuseppe. "Bambini orchidea e bambini soffione, ovvero la teoria della suscettibilitŕ genetica differenziale. Implicazioni per il modello ericksoniano." IPNOSI, no. 1 (July 2010): 21–43. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2010-001002.

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Il modello della vulnerabilitŕ ha modificato la nostra visione di molti disturbi psichici che vengono spiegati oggi non come un prodotto o della natura o della cultura, ma come il risultato di una complessa serie di interazioni tra gene ed ambiente. Di recente, numerosi studi di genetica comportamentale hanno dimostrato che č un errore considerare i geni rischiosi solo come uno svantaggio. La sensibilitŕ genetica alle esperienze negative, individuata grazie al modello della vulnerabilitŕ, č solo il lato negativo di un fenomeno piů generale: una maggiore sensibilitŕ genetica a tutte le esperienze. Questa ipotesi, che chiameremo teoria dell'orchidea, verrŕ illustrata nel dettaglio. Successivamente saranno analizzate le possibili implicazioni per la psicoterapia in generale e per il modello ericksoniano di trattamento ipnotico dei disturbi psichici.
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Cerkvenik, Mojca. "LETTERATURA E CINEMA: L’UTILIZZO DEL FILM NELLA DIDATTICA DELLA LETTERATURA ITALIANA." Folia linguistica et litteraria XI, no. 30 (2020): 355–73. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.20.

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Il cinema rappresenta una delle forme narrative più coinvolgenti, soprattutto per lo studente formatosi in costante contatto con una cultura prevalentemente visiva. Sfruttare l’esperienza e le capacità dello studente relative alla fruizione di messaggi audiovisivi per fare leva sulla motivazione è un passaggio decisivo nella predisposizione e nell’applicazione di percorsi didattici nell’ambito dell’educazione letteraria. Il presente articolo si propone pertanto di illustrare la rilevanza, i motivi e l’utilità dell’utilizzo del cinema nell’insegnamento della letteratura, proponendo percorsi e metodi alternativi rispetto alla didattica tradizionale, che prevedono l’accostamento di testi letterari e filmici afferenti al panorama culturale italiano ed esplorano le rappresentazioni e gli immaginari che ne scaturiscono, incoraggiando l’avvicinamento a testi e mezzi espressivi in forme diverse, sia come oggetto di studio sia come opere di piacevole lettura e visione.Le proposte didattiche formulate sono incentrate sulla scoperta congiunta dei tratti formali ed estetici di opere letterarie e cinematografiche con l’intento di individuare ed evidenziare elementi comuni, variazioni e scambi. A una visione passiva del testo filmico si sostituisce una fruizione attiva ed è in questa prospettiva che si delinea la finalità primaria dello studio di testi letterari e cinematografici: accrescere la consapevolezza critica e la capacità di decodificazione linguistica nonché il livello del gusto estetico, affinché lo studente, lettore ma anche spettatore, sia capace di scelte libere e autonome nell’universo dei messaggi audiovisivi in cui si trova immerso nella società contemporanea.
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Pantano, Fabio. "Il lavoro a distanza dopo la pandemia: problemi organizzativi e soluzioni giuridiche." QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no. 113 (July 2022): 167–82. http://dx.doi.org/10.3280/qua2021-113008.

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La diffusione "forzata" del lavoro a distanza durante la crisi pandemica ha consentito di sperimentare le principali problematiche organizzative che questa forma di lavoro solleva in relazione al benessere psico-fisico dei lavoratori, al loro rendimento e al loro senso di soddisfazione rispetto all'attività svolta. Gli studi di-sponibili evidenziano come una risoluzione razionale di questi problemi richiederebbe una modifica radicale dei modelli organizzativi, con un passaggio dai sistemi gestionali fondati sul controllo a una nuova impostazione incentrata sull'esaltazione della fiducia, dell'autonomia e della collaborazione. La cultura giuridica dimostra di trovarsi impreparata rispetto a questa prospettiva. In partico-lare, le scelte poste in essere dal legislatore si rivelano improntate a una visione tradizionale, fondata sull'idea che il lavoro sia quello svolto nell'impresa in senso fisi-co. In Italia, la legge n. 81/2017 rimette la definizione delle modalità di svolgimen-to del «lavoro agile» ad un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, tralasciando il ruolo che potrebbe essere svolto dalla contrattazione collettiva. Al contrario, nell'esperienza europea, proprio negli accordi sindacali dimostrano enormi potenzialità - benché ancora non del tutto esplorate - nell'adattamento dei problemi organizzativi del lavoro a distanza alle specificità dei diversi settori produttivi e delle singole aziende.
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Skalle, Camilla. "Il futuro cannibale: Riflessioni intempestive su Free Karma Food di Wu Ming 5 e Sirene di Laura Pugno." Quaderni d'italianistica 39, no. 1 (May 9, 2019): 95–110. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v39i1.32635.

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I due romanzi analizzati nel presente articolo, Free Karma Food (Wu Ming 5 2006) e Sirene (Pugno 2007), sono ambedue ambientati in un futuro distopico molto vicino al tempo contemporaneo. Nel romanzo di Laura Pugno sono state scoperte delle sirene nell’oceano, e le mitologiche cantatrici sono catturate, allevate e mangiate come sushi dalla classe dirigente della società, la mafia yakuza. Il romanzo di Wu Ming 5, ambientato nel 2025, offre una visione distopica simile a quella del futuro rappresentato in Sirene. In Free Karma Food, dopo la cosiddetta grande Morìa, con l’estinzione delle vacche, dei maiali e animali simili, la gente si nutre di carne di gatto, di cane e di carne umana. Come nel romanzo di Pugno, la carne uman(oide) è ammessa soltanto agli uomini ricchi e potenti. Perché l’antropofagia diventa un tema nella letteratura e nella cultura contemporanee? È possibile leggere le interpretazioni dell’avvenire dei due romanzi come una critica alla società odierna e una riflessione sulla nostra crisi ecologica? Quali legami (simbolici) tra carne, genere e potere sono rappresentati nei romanzi? Attraverso studi sul cannibalismo nella letteratura, teoria della carne e la filosofia ecofemminista di Val Plumwood, il presente articolo propone delle risposte a queste domande, mostrando alla fine in che modo l’antropocentrismo cannibalistico dei due universi letterari, attraverso il cannibalismo propriamente detto e quello del nostro simile, diventa critica dell’antropocentrismo stesso.
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Acocella, Silvia. "Una trincea fatta di libri: La Nuova Biblioteca editrice di Carlo Bernari." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, no. 2 (February 26, 2018): 347–66. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818755360.

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Nei canali sommersi della clandestinità, la Resistenza passò anche attraverso una cultura che si conservava ostinatamente di respiro europeo, attraverso i vasti orizzonti dei progetti editoriali: come quello de La Nuova Biblioteca editrice, di Carlo Bernari, che portò avanti lo sperimentalismo degli anni Trenta (e di una Napoli in contatto con la Parigi di Breton e con il secondo surrealismo al servizio della rivoluzione), aprendosi alle nuove correnti artistiche d'Europa, non solo anticipando la visione del mondo del dopoguerra e le domande su una nuova definizione di uomo, ma anche mantenendo ampi i confini di una stagione che fu definita neorealistica quando ormai il termine, almeno in letteratura, aveva perso molto del suo significato originario. Si dovrebbe parlare, piuttosto, per gli anni dell’immediato dopoguerra, di neo-espressionismo, come le scelte editoriali de La Nuova Biblioteca confermano, orientate verso quella “seconda ondata dell'espressionismo” che Contini individua nella Germania Weimar. Solo dopo il ritrovamento dell'intero catalogo delle edizioni de La Nuova Biblioteca, pubblicato il 7 giugno 1944 nella Roma appena liberata, si è potuta ricostruire la portata di questo progetto e il vasto orizzonte che ne orientava il disegno. A rendere prezioso il catalogo de La Nuova Biblioteca non è solo la preparazione di testi che sarebbero stati fondamentali per la nuova cultura del dopoguerra (come, per la prima volta in Italia, l’ opera omnia di Antonio Gramsci, in un'edizione priva di tagli e perciò anticipatrice dell'edizione critica di Gerratana del 1975) o la presenza di nomi come Delio Cantimori, Umberto Barbaro, Franco Calamandrei, Ettore Lo Gatto, Lombardo Radice, Alicata e Sapegno, ma è anche la particolare fase cronologica in cui questo progetto prende forma: si tratta di un lasso di tempo breve, apertosi a ridosso della guerra e destinato a chiudersi rapidamente: è come uno squarcio, in cui il magma di materiali diversi accumulatosi nei canali della clandestinità affiora per un’ultima volta prima che intorno si irrigidiscano gli schemi di nuove culture sempre più dominanti. Torneranno a inabissarsi, queste narrazioni aperte alla deformazione, alla menzogna romanzesca e alla commistione tra le arti; tuttavia come un fiume carsico continueranno a scorrere, andando a unirsi a tutte quelle correnti che procedendo parallele, tra inversioni, stalli e rivolgimenti, attraverseranno l'intero secolo.
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Barbalato, Beatrice. "Rita Levi Montalcini." Mnemosyne, no. 7 (October 15, 2018): 20. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i7.13813.

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Tre tratti principalmente si rilevano negli scritti autobiografici di Rita Levi Montalcini : a) Il rapporto con la cultura umanistica : RLM impiega un vocabolario ricco di metafore letterarie e riferimenti pittorici quando spiega il suo lavoro scientifico ; b) la concezione di un temporalità differente per le humanitas e per il lavoro nelle scienze neurobiologiche : per la ricerca scientifica tesse l’elogio dell’imperfezione : la scienza è porosa, permeabile, contrariamente all’etica che è necessaria, non arbitraria ; c) all’etica RLM attribuisce un respiro lungo e duraturo, alla scienza una temporalità più breve, legata alla sperimentazione, e segnata dal fato. Encomiando i compagni di percorso - tra cui Primo Levi - il loro impegno politico (in senso ampio), mai differito, il loro essere di roccia RLM li associa alla bellezza e cristallinità della poesia, evocando in Sott’olio contro vento Yeats, Rilke, e le composizioni poetiche degli stessi protagonisti di cui scrive. Il dialogo fra scienza e humanitas è il nucleo fondativo della visione che offre anche di se stessa.
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Ghezzi, Morris L. "Bioetica tra scienza e superstizione." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (November 2010): 7–23. http://dx.doi.org/10.3280/sd2010-002001.

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Questo articolo tratta dei limiti che la bioetica deve imporre alle normative statali nella regolamentazione dei comportamenti da tenere in situazioni riguardanti il tema della vita e della morte dell'essere umano. Ovviamente per individuare tali limiti č necessario in via preliminare procedere alla definizione dei concetti di vita e di morte da un punto di vista sia filosofico, sia giuridico. Negli Stati democratici e laici la legge deve rispettare le libere scelte dei cittadini in materie che coinvolgono esclusivamente la dimensione individuale dell'essere umano. Pertanto, poiché la vita e la morte sono proprio dimensioni specificatamente soggettive ed individuali, di fronte alle quali la collettivitŕ deve fermarsi ad ascoltare l'opinione del diretto interessato, la legge piů che formulare imperativi, deve tracciare spazi di libera scelta entro i quali il singolo individuo possa trovare difesa per la realizzazione delle proprie ultime volontŕ. Nella cultura umana la distinzione tra naturale ed artificiale č priva di significato, poiché la creativitŕ culturale produce artificialitŕ, ma č naturale per l'essere umano. Dunque, non esistono parametri oggettivi per indicare scelte naturali in bioetica, ma ogni visione č possibile, ogni posizione etica č rispettabile. In materia bioetica non puň esistere eteronomia, ma solo autonomia del singolo individuo e ciň impone anche che la ricerca scientifica resti libera da qualsiasi vincolo di natura superstiziosa, religiosa o politica e trovi limiti esclusivamente nell'eguale libertŕ di scelta di tutti gli esseri umani.
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Inaudi, Silvia. "Welfare und Ernährungssicherheit: Die Unterstützungsprogramme der Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai) von der Nachkriegszeit bis in die 60er Jahre." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no. 1 (December 20, 2017): 63–80. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0006.

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Riassunto :L’articolo propone una panoramica critica degli interventi socio-assistenziali posti in essere dal dopoguerra alla prima meta degli anni Sessanta dall’Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai): organismo singolare nel panorama assistenziale italiano per le sue caratteristiche di autonomia all’interno del complesso statuale e per la fitta rete di rapporti intessuti a livello internazionale. Sotto la guida del democristiano Lodovico Montini, l’Aai si fece portatrice di istanze di modernizzazione nell’ambito di una visione che intendeva coniugare la tradizione del cattolicesimo sociale con la moderna cultura anglosassone dell’auto-aiuto, e di un modello di Welfare promanante dallo Stato ma rispettoso dell’iniziativa privata. L’attuazione dei suoi programmi, nei quali rilevante fu la focalizzazione sull’infanzia e la gioventu e l’enfasi sull’aspetto pedagogico-formativo, si accompagno al costante supporto della professionalizzazione del personale preposto ai servizi socio-assistenziali. Per il ruolo del tutto peculiare che l’Aai ebbe nel panorama dell’assistenza pubblica italiana, analizzarne la genesi e l’operato significa anche riflettere sulle contraddittorie scelte in materia di intervento sociale da parte del governo italiano nel piu ampio contesto delle intersezioni fra welfare e guerra fredda.
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Inaudi, Silvia. "Welfare und Ernährungssicherheit: Die Unterstützungsprogramme der Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai) von der Nachkriegszeit bis in die 60er Jahre." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no. 1 (March 5, 2018): 63–80. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0006.

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Анотація:
Riassunto L’articolo propone una panoramica critica degli interventi socio-assistenziali posti in essere dal dopoguerra alla prima metà degli anni Sessanta dall’Amministrazione per gli aiuti internazionali (Aai): organismo singolare nel panorama assistenziale italiano per le sue caratteristiche di autonomia all’interno del complesso statuale e per la fitta rete di rapporti intessuti a livello internazionale. Sotto la guida del democristiano Lodovico Montini, l’Aai si fece portatrice di istanze di modernizzazione nell’ambito di una visione che intendeva coniugare la tradizione del cattolicesimo sociale con la moderna cultura anglosassone dell’auto-aiuto, e di un modello di Welfare promanante dallo Stato ma rispettoso dell’iniziativa privata. L’attuazione dei suoi programmi, nei quali rilevante fu la focalizzazione sull’infanzia e la gioventù e l’enfasi sull’aspetto pedagogico-formativo, si accompagnò al costante supporto della professionalizzazione del personale preposto ai servizi socio-assistenziali. Per il ruolo del tutto peculiare che l’Aai ebbe nel panorama dell’assistenza pubblica italiana, analizzarne la genesi e l’operato significa anche riflettere sulle contraddittorie scelte in materia di intervento sociale da parte del governo italiano nel più ampio contesto delle intersezioni fra welfare e guerra fredda.
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Angelo Paletta, Serena Greco, and Enrique Martín Santolaya. "Leadership, innovazione e cambiamento organizzativo. Promuovere comunità di apprendimento professionale." IUL Research 3, no. 5 (June 15, 2022): 1–5. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v3i5.361.

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Il concetto di Professional Learning Community (PLC) riconosce l’importanza di un processo di apprendimento continuo per tutti i suoi membri, promuovendo una cultura della ricerca, della sperimentazione e dell’innovazione come condizione necessaria in un ambiente complesso e dinamico per rispondere ai bisogni degli studenti. Le sfide educative del ventunesimo secolo sono spesso adattive e, dal punto di vista organizzativo, non possono essere affrontate seguendo una gerarchia verticale di decisioni-azioni e normali procedure operative. Weick e Sutcliffe hanno definito le organizzazioni capaci di affrontare le crisi con successo (High Reliability Organizations – HRO) come pienamente consapevoli e capaci di anticipare e contenere l’inatteso, sviluppando alte competenze e capacità decisionali, conoscenza trasformativa e responsabilità condivise. Applicata al contesto scolastico, la creazione di HRO si traduce nell’attenzione verso tutti quegli elementi che caratterizzano la scuola come definizione di una visione condivisa, investimento sulla formazione del personale, promozione di pratiche collaborative, ricerca, sperimentazione e innovazione, creazione di sistemi efficaci di knowledge management, apertura e interazioni con il territorio, sostegno a pratiche di leadership condivisa.
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Lopez, Giulia, Giulia Marabelli, Rosa Rosnati, and Raffaella Iafrate. "L'adozione e le sue rappresentazioni nel contesto sociale." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 2 (September 2020): 635–50. http://dx.doi.org/10.3280/rip2020-002008.

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Le rappresentazioni dell'adozione ad oggi sono state scarsamente indagate. L'approfondimento di questo tema è rilevante in quanto potrebbe fornire utili indicazioni per l'attuazione di progetti di sensibilizzazione sulle tematiche dell'adozione. Esplorare quindi come l'adozione sia vista e percepita dalla popolazione adulta risulta un passo importante nell'ottica di promuovere una cultura dell'accoglienza nei confronti dei minori adottati e delle loro famiglie. A tal fine sono stati coinvolti 265 soggetti, ai quali è stato somministrato un questionario self-report contenente lo strumento del differenziale semantico che ha permesso di indagare la componente "atteggiamento" della rappresentazione relativamente all'adozione. In particolare, sono state indagate le emozioni relati-ve all'adozione e si è effettuato un confronto tra la rappresentazione di genitore e di genitore adottivo e quella di figlio e di figlio adottivo. I risultati mostrano un atteggiamento positivo che si esprime nella tendenza dei partecipanti ad associare al termine adozione emozioni positive. È risultata inoltre una significativa discrepanza tra l'immagine di "figlio" e di "figlio adottivo", più negativa per il secondo, mentre è emersa una visione tendenzialmente positiva dei genitori adottivi, visti come più concilianti e aperti al sociale rispetto ai genitori naturali. I risultati sono discussi in termini operativi.
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Ragusa, Gaetana Concetta. "SUPERSTIZIONE, MALOCCHIO E SCARAMANZIA DIFFERENZA DI PERCEZIONE DA PARTE DEI GIOVANI E DEGLI ANZIANI DELLA SICILIA." International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 1, no. 2 (October 28, 2016): 317. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2016.n2.v1.676.

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Abstract.Superstition is a set of beliefs and ritual practices of irrational nature, typical of the underdeveloped background. It found its own space and its followers in every age and culture by meddling on thought and people’s behaviours in decisive way. Christianity, for instance, ended up by assimilating all the things remaining from the ancient pagan worships in the first centuries of life. Also in the sphere of laical culture, the term superstition housed in all the beliefs contrasting with rationality and belonging to the imagery universe: from astrology to various forms of divination. Even today, superstition survives by all the people and settles in different social classes, from the lowest to the highest. The primitive man, searching for answers to events such as thunder and lightning, eclipses, birth and death, knowing not the law of nature and having not acquired sufficient scientific knowledge yet, began to ascribe the reasons of those events to invisible spirits. Different are the forms through which superstition reveals itself. Among these, we will mention touching wood, four-leaf clover, thirteen people. To these forms it is associated the belief very common of the existence of months and lucky and unlucky days. The evil eye is one of the most rooted popular belief in humankind; it gives to the gaze of certain men and women the power to produce some effects on the observed person. The traditional “it’s not true, but I’ll believe”, is genuinely logic: maybe it does not work, but avoiding a specific behaviour costs nothing so it is better to be on the safe side and be relaxed.Keywords: Superstition – Evil eye - Luck – Amulets – TalismansRiassunto.La superstizione è un insieme di credenze e di pratiche rituali di natura irrazionale, tipiche degli ambienti arretrati. La sua influenza sulla vita quotidiana si è modificata ed adattata man mano che mutavano i tempi e i costumi. Il Cristianesimo, ad esempio, nei primi secoli di vita finì con l’assorbire tutto ciò che restava degli antichi culti pagani. Anche nell’ambito della cultura laica, la superstizione racchiudeva in se tutte le credenze che contrastavano con la razionalità e che appartenevano all’universo dell’immaginario: dall’astrologia alle varie forme di divinazione. Ancora oggi la superstizione sopravvive presso tutti i popoli e si annida nei ceti più disparati, dai più bassi ai più elevati. L’uomo primitivo, alla ricerca di risposte a fenomeni quali il lampo, il tuono, le eclissi, la nascita e la morte, non conoscendo le leggi della natura e non avendo ancora acquisito sufficienti conoscenze scientifiche, cominciò ad attribuire le cause di questi fenomeni a spiriti invisibili. Diverse sono le forme con cui si manifesta la superstizione. Tra queste ricordiamo toccare ferro, il quadrifoglio, essere tredici a tavola ecc. Ad essi si associa la credenza che esistano mesi e giorni fausti e infausti. Il malocchio è una delle convinzioni popolari più radicate nel genere umano; esso attribuisce allo sguardo di certi uomini e di certe donne il potere di produrre effetti sulla persona osservata. Ogni tempo e ogni cultura hanno avuto una propria visione della superstizione, che si è via via adattata con il mutare dei tempi. Oggi, ogni tema superstizioso proviene da lontano e rievoca distanti visioni del mondo e immagini seppellite.Parole Chiave: Superstizione - Malocchio – Scaramanzia – Amuleti - Talismani
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D’Ambrosio, Maria, and Giovanni Laino. "Educatori come designer degli spazi perFormativi. Asili nido come ‘fabbriche' di cittadinanza e innovazione sociale." WELFARE E ERGONOMIA, no. 1 (June 2020): 39–57. http://dx.doi.org/10.3280/we2020-001005.

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Il saggio apre uno spazio di riflessione sul tema della povertà educativa attraverso una pro-posta teorica e metodologica che investe le politiche e i servizi per l'infanzia di un ruolo stra-tegico nel ridisegno di un ecosistema territoriale in grado di qualificare in chiave pedagogica gli spazi e le attività rivolte ai minori e alla genitorialità. Una qualità pedagogica che passa per i professionisti dell'educazione, quindi per la loro formazione e per la loro postura da ricercatori in situazione, e anche per una pianificazione urbanistica strategica in grado di coniugarsi con una ‘visione' di città che contenga l'idea di spazio urbano e di relativa comu-nità educante, attenta alla complessità delle dinamiche che producono diseguaglianze, mar-ginalità e le molte forme di povertà. In questo senso, e recuperando una responsabilità istitu-zionale connessa alla responsabilità di ciascun professionista, il saggio fa emergere anche quanto pensato e sperimentato nell'attuazione del progetto IRIS (Interventi per Riqualificare e Innovare la Scuola) riferito agli asili nido e ai servizi per l'infanzia del Comune di Napoli. Politiche socio-educative e politiche urbane vengono lette come strumenti per connettere e articolare in chiave pedagogica, emancipativa, trasformativa, le azioni strutturali e integrate in grado di rispondere ai bisogni dell'infanzia e al ruolo dei professionisti dell'educazione, perché proprio a partire da questi professionisti si possa nutrire e potenziare la loro capacità/necessità di partecipazione alla vita e alla costruzione-rigenerazione dei legami sociali/territoriali, in chiave di contrasto alla povertà educativa. Si tratta cioè di recuperare per le professioni socio-educative e per i decisori istituzionali e i pianificatori delle politiche e dei servizi educativi, quella ‘sensibilità' e quella operosità, e quindi quella Vita Activa, rintraccia-ta dalla Arendt (1958) come specifica della condizione umana. Una condizione, quella sensi-bile e activa, quindi altamente interattiva e partecipativa, che ciascuno è chiamato a recupe-rare e a nutrire, proprio attraverso una qualità del gesto e della pratica educante che va ben oltre gli ‘spazi' destinati all'educazione. "L'educazione non è un'isola", sosteneva Jerome Bruner (1996), e in questo senso le politiche e i servizi educativi si devono riconnettere a una più estesa e complessa cultura dell'educazione che emerge proprio dalle dinamiche urbane, sociali, culturali, e trova nello spazio extra-quotidiano dell'educativo una possibilità concreta di innovazione e di nuova traiettoria. La qualità (pedagogica) dei servizi educativi in un qua-dro istituzionale di Welfare, è dunque quella possibilità della policy di tradursi in agency e di generare innovazione sociale ovvero variazioni sul piano della povertà educativa e dei feno-meni con cui si manifesta. La qualità (pedagogica) ha necessità di prendere corpo e di farsi spazio rigenerandosi in nuove pratiche che lavorino proprio sul nesso tra corpi e spazi, e sulla loro reciproca capacità di interazione. Lo scritto è dunque attraversato da un evidente sguardo epigenetico che tiene insieme rifles-sione epistemologica e sua istanza metodologica e qualifica le pratiche educative come ‘pale-stre' di cittadinanza e di coesione sociale in chiave trasformativa e rigenerativa, sia sul piano individuale che su quello politico e delle politiche, così da far emergere la metodologia ‘em-bodied' (Bongard-Pfeifer, 2007) come approccio bio-politico al governo ‘sensibile' del ‘vivente': perché l'educazione e la politica possono insieme ridisegnare un nuovo ecosistema per il process generativo della creatura vivente/living creature (Dewey, 1934).
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Carbone, Mauro. "La surface obscure." Chiasmi International 21 (2019): 103–15. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192114.

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Tout le trajet de la pensée de Merleau-Ponty est traversé – en certains cas de manière plus évidente que d’autres – par ce que je propose de définir comme une idée de la littérature et de la philosophie en tant que dispositifs de vision, pour utiliser une expression qui est née – et ce n’est pas un hasard – dans le domaine des études cinématographiques. Plus précisément, je voudrais montrer que Merleau-Ponty voit la littérature et la philosophie de son époque opérer comme des dispositifs de vision convergents, vision qui est à considérer, à son tour, comme une pratique corporelle et pas seulement oculaire. Cela dit, il faut souligner que de tels dispositifs visuels convergents ont la particularité de fonctionner avec les mots, et que Merleau-Ponty met l’accent sur leur différente efficacité à exprimer son époque. De plus, je pense que l’idée implicite de la philosophie en tant que dispositif de vision opérant par des mots « comme toute la littérature » a une place importante, mais pour l’instant pas assez développée, dans la dernière période de la pensée de Merleau-Ponty. En outre, je voudrais souligner qu’une telle perspective est cruciale aussi pour notre époque, bien que je crois qu’elle soit différente de celle de Merleau-Ponty. En effet, je pense que notre époque et celle de Merleau-Ponty sont toutes deux caractérisées par une tension entre l’importance croissante des images et la centralité traditionnelle du concept dans notre culture.The whole path of Merleau-Ponty’s thought is crossed – some times more evidently than others – by what I propose to qualify as the idea of literature and philosophy as visual apparatuses (dispositifs), to use an expression that was born – and not by chance – in the field of Film Studies. More precisely, I aim at asserting that Merleau-Ponty sees literature and philosophy working in his epoch as convergent apparatuses of vision, in turn understood as a bodily and not merely ocular practice. Immediately after that, I should specify that such convergent visual apparatuses peculiarly function by words, and that Merleau-Ponty stresses their different efficiency in expressing his epoch.Moreover, I think that the implicit idea of philosophy as a visual apparatus working by words “like all literature” has a particularly relevant but so far not consequently developed place in in the last period of Merleau-Ponty’s thought. Also, I would like to stress that such a perspective is crucial in our own time too, even though I consider it to be different from Merleau-Ponty’s. Indeed, I think that both our time and Merleau-Ponty’s are characterized by a tension between the increasing importance of images and the traditional centrality of the concept in our culture.L’intero percorso del pensiero di Merleau-Ponty è attraversato, in certi casi in modo più evidente, da quella che propongo di definire come un’idea di letteratura e di filosofia come dispositivi di visione, per usare un’espressione nata, non a caso, nell’ambito dei Film Studies. Più precisamente, vorrei mostrare come Merleau-Ponty concepisca la letteratura e la filosofia della sua epoca come dispositivi di visione convergenti, intesi come una pratica corporea e non già meramente ottica. Specificherò, poi, che tali dispositivi di visione convergenti operano attraverso la parola e che Merleau-Ponty sottolinea la loro diversa efficacia nell’esprimere la sua epoca. Ritengo inoltre che l’idea implicita di filosofia come dispositivo di visione che agisce tramite la parola, “come tutta la letteratura”, occupi un posto particolarmente decisivo, anche se non del tutto esplicitato, nell’ultimo periodo del pensiero di Merleau-Ponty. Vorrei poi mostrare come tale prospettiva si riveli cruciale anche nel nostro tempo, per quanto diverso rispetto a quello di Merleau-Ponty. Infatti, penso che tanto la nostra epoca quanto quella di Merleau-Ponty siano caratterizzate da una tensione tra l’importanza sempre crescente delle immagini e la tradizionale centralità riservata al concetto nella nostra cultura.
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Monaci, Massimiliano. "L'innovazione sostenibile d'impresa come integrazione di responsabilitŕ e opportunitŕ sociali." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (April 2013): 26–61. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002002.

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Le concezioni e le prassi di responsabilitŕ sociale d'impresa (CSR, corporate social responsibility) che si sono affermate sino a tempi molto recenti riflettono prevalentemente una logica reattiva, incentrata sulla necessitŕ delle aziende di rilegittimarsi nei confronti dei loro stakeholder corrispondendo alla richiesta di riduzione e prevenzione dei costi sociali legati all'attivitŕ d'impresa (degrado ecologico, disoccupazione conseguente a ristrutturazioni, ecc.). Tuttavia l'attuale periodo, anche per le incertezze e questioni poste dalla crisi economica, rappresenta una fase singolarmente feconda per andare oltre questo approccio adattivo e raccogliere la sfida di una visione piů avanzata della dimensione sociale dell'agire d'impresa come innovazione sostenibile. Tale modello si basa sulla valorizzazione di beni, risorse ed esigenze di significato sociale ed č indirizzato alla creazione di valore integrato - economico, umano-sociale e ambientale - nel lungo termine. La caratteristica centrale di questo profilo d'impresa č la tendenza a operare in maniera socialmente proattiva, sviluppando un'attitudine a cogliere o persino anticipare le direzioni del cambiamento sociale con i suoi bisogni e problemi emergenti e facendo sě che l'integrazione di obiettivi economici e socio-ambientali nei processi strategico-produttivi si traduca in fattore di differenziazione dell'offerta di mercato e in una reale fonte di vantaggio competitivo. Nel presente lavoro si indica la praticabilitŕ di un simile modello riferendosi ai risultati di una recente indagine condotta su un campione di dieci imprese italiane, eterogenee per dimensioni, collocazione geografica, fase del ciclo di vita e settori di attivitŕ, che si estendono da comparti tradizionali (come quelli alimentare, edilizio, sanitario, dell'arredamento e della finanza) a campi di piů recente definizione e a piů elevato tasso di cambiamento tecnologico (quali l'ingegneria informatica, la comunicazione multimediale, il controllo dei processi industriali e il risanamento ambientale). La logica di azione di queste organizzazioni sembra ruotare intorno a una duplice dinamica di "valorizzazione del contesto": da un lato, l'internalizzazione nella strategia d'impresa di richieste e al contempo di risorse sociali orientate a una maggiore attenzione per l'ambiente naturale, per la qualitŕ della vita collettiva nei territori, per i diritti e lo sviluppo delle persone dentro e fuori gli ambienti di lavoro; dall'altro lato, la capacitŕ, a valle dell'attivitŕ di mercato, di produrre valore economico e profitti generando anche valore per la societŕ. Nei casi analizzati č presente la valorizzazione delle risorse ambientali, che si esprime mediante la riprogettazione di prodotti e processi e politiche di efficienza energetica di rifornimento da fonti di energia rinnovabile, raccordandosi con nuove aspettative sociali rispetto alla questione ecologica. Č coltivato il valore umano nel rapporto spesso personalizzato con i clienti e i partner di business ma anche nella vita interna d'impresa, attraverso dinamiche di ascolto e coinvolgimento che creano spazi per la soddisfazione di svariati bisogni e aspirazioni che gli individui riversano nella sfera lavorativa, aldilŕ di quelli retributivi. C'č empowerment del "capitale sociale" dentro e intorno all'organizzazione, ravvisabile specialmente quando le condotte d'impresa fanno leva su risorse relazionali e culturali del territorio e si legano a meccanismi di valorizzazione dello sviluppo locale. Troviamo inoltre il riconoscimento e la produzione di "valore etico" per il modo in cui una serie di principi morali (quali la trasparenza, il mantenimento degli impegni, il rispetto di diritti delle persone) costituiscono criteri ispiratori dell'attivitŕ di business e ne escono rafforzati come ingredienti primari del fare impresa. E c'č, naturalmente, produzione di valore competitivo, una capacitŕ di stare e avere successo nel mercato che si sostiene sull'intreccio di vari elementi. Uno di essi coincide con l'uso della leva economico-finanziaria come risorsa irrinunciabile per l'investimento in innovazione, piuttosto che in un'ottica di contenimento dei costi relativi a fattori di gestione - come la formazione - che possono anche rivelarsi non immediatamente produttivi. Altrettanto cruciali risultano una serie di componenti intangibili che, oltre alla gestione delle risorse umane, sono essenzialmente riconducibili a due aspetti. Il primo č lo sviluppo di know-how, in cui la conoscenza che confluisce nelle soluzioni di business č insieme tecnica e socio-culturale perché derivante dalla combinazione di cognizioni specializzate di settore, acquisite in virtů di una costante apertura alla sperimentazione, e insieme di mappe di riferimento e criteri di valutazione collegati alla cultura aziendale. L'altro fattore immateriale alla base del valore competitivo consiste nell'accentuato posizionamento di marchio, con la capacitŕ di fornire un'offerta di mercato caratterizzata da: a) forte specificitŕ rispetto ai concorrenti (distintivi contenuti tecnici di qualitŕ e professionalitŕ e soprattutto la corrispondenza alle esigenze dei clienti/consumatori e al loro cambiamento); b) bassa replicabilitŕ da parte di altri operatori, dovuta al fatto che le peculiaritŕ dell'offerta sono strettamente legate alla particolare "miscela" degli altri valori appena considerati (valore umano, risorse relazionali, know-how, ecc.). Ed č significativo notare come nelle imprese osservate questi tratti di marcata differenziazione siano stati prevalentemente costruiti attraverso pratiche di attenzione sociale non modellate su forme di CSR convenzionali o facilmente accessibili ad altri (p.es. quelle che si esauriscono nell'adozione di strumenti pur importanti quali il bilancio sociale e il codice etico); ciň che si tratti - per fare qualche esempio tratto dal campione - di offrire servizi sanitari di qualitŕ a tariffe accessibili, di supportare gli ex-dipendenti che avviano un'attivitŕ autonoma inserendoli nel proprio circuito di business o di promuovere politiche di sostenibilitŕ nel territorio offrendo alle aziende affiliate servizi tecnologici ad alta prestazione ambientale per l'edilizia. Le esperienze indagate confermano il ruolo di alcune condizioni dell'innovazione sostenibile d'impresa in vario modo giŕ indicate dalla ricerca piů recente: la precocitŕ e l'orientamento di lungo periodo degli investimenti in strategie di sostenibilitŕ, entrambi favoriti dal ruolo centrale ricoperto da istanze socio-ambientali nelle fasi iniziali dell'attivitŕ d'impresa; l'anticipazione, ovvero la possibilitŕ di collocarsi in una posizione di avanguardia e spesso di "conformitŕ preventiva" nei confronti di successive regolamentazioni pubbliche in grado di incidere seriamente sulle pratiche di settore; la disseminazione di consapevolezza interna, a partire dai livelli decisionali dell'organizzazione, intorno al significato per le strategie d'impresa di obiettivi e condotte operative riconducibili alla sostenibilitŕ; l'incorporamento strutturale degli strumenti e delle soluzioni di azione sostenibile nei core-processes organizzativi, dalla ricerca e sviluppo di prodotti/ servizi all'approvvigionamento, dall'infrastruttura produttiva al marketing. Inoltre, l'articolo individua e discute tre meccanismi che sembrano determinanti nei percorsi di innovazione sostenibile osservati e che presentano, per certi versi, alcuni aspetti di paradosso. Il primo č dato dalla coesistenza di una forte tradizione d'impresa, spesso orientata sin dall'inizio verso opzioni di significato sociale dai valori e dall'esperienza dell'imprenditore-fondatore, e di apertura alla novitŕ. Tale equilibrio č favorito da processi culturali di condivisione e di sviluppo interni della visione di business, da meccanismi di leadership dispersa, nonché da uno stile di apprendimento "incrementale" mediante cui le nuove esigenze e opportunitŕ proposte dalla concreta gestione d'impresa conducono all'adozione di valori e competenze integrabili con quelli tradizionali o addirittura in grado di potenziarli. In secondo luogo, si riscontra la tendenza a espandersi nel contesto, tipicamente tramite strategie di attraversamento di confini tra settori (p.es., alimentando sinergie pubblico-private) e forme di collaborazione "laterale" con gli interlocutori dell'ambiente di business e sociale; e al contempo la tendenza a includere il contesto, ricavandone stimoli e sollecitazioni, ma anche risorse e contributi, per la propria attivitŕ (p.es., nella co-progettazione dei servizi/prodotti). La terza dinamica, infine, tocca piů direttamente la gestione delle risorse umane. Le "persone dell'organizzazione" rappresentano non soltanto uno dei target destinatari delle azioni di sostenibilitŕ (nelle pratiche di selezione, formazione e sviluppo, welfare aziendale, ecc.) ma anche, piů profondamente, il veicolo fondamentale della realizzazione e del successo di tali azioni. Si tratta, cioč, di realtŕ organizzative in cui la valorizzazione delle persone muove dagli impatti sulle risorse umane, in sé cruciali in una prospettiva di sostenibilitŕ, agli impatti delle risorse umane attraverso il loro ruolo diretto e attivo nella gestione dei processi di business, nella costruzione di partnership con gli stakeholder e nei meccanismi di disseminazione interna di una cultura socialmente orientata. In tal senso, si distingue un rapporto circolare di rinforzo reciproco tra la "cittadinanza nell'impresa" e la "cittadinanza dell'impresa"; vale a dire, tra i processi interni di partecipazione/identificazione del personale nei riguardi delle prioritŕ dell'organizzazione e la capacitŕ di quest'ultima di generare valore molteplice e "condiviso" nel contesto (con i clienti, il tessuto imprenditoriale, le comunitŕ, gli interlocutori pubblici, ecc.). In conclusione, le imprese osservate appaiono innovative primariamente perché in grado di praticare la sostenibilitŕ in termini non solo di responsabilitŕ ma anche di opportunitŕ per la competitivitŕ organizzativa. Questa analisi suggerisce quindi uno sguardo piů ampio sulle implicazioni strategiche della CSR e invita a riflettere su come le questioni e i bisogni di rilievo sociale, a partire da quelli emergenti o acuiti dalla crisi economica (nel campo della salute, dei servizi alle famiglie, della salvaguardia ambientale, ecc.), possano e forse debbano oggi sempre piů situarsi al centro - e non alla periferia - del business e della prestazione di mercato delle imprese.
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Butera, Federico, and Fernando Alberti. "Il governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 1 (December 2012): 77–111. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001004.

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I policy maker sono costantemente alla ricerca delle forme e degli strumenti per contribuire ad aumentare la prosperitŕ economica e sociale del proprio territorio. Gli studi a livello internazionale ci dicono che la prosperitŕ di un territorio č direttamente riconducibile alla sua competitivitŕ, e quindi in primis al livello di produttivitŕ e innovazione del sistema delle imprese. Come verrŕ ampiamente illustrato in questo articolo, le reti inter-organizzative - nella varietŕ di forme che l'evidenza empirica ci suggerisce - attraverso una flessibilitŕ senza precedenti, una piů veloce circolazione delle informazioni, la condivisione di visioni, saperi e conoscenza, l'efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere, assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttivitŕ. La configurazione e la natura di tali reti č in via di continua ridefinizione ed espansione e l'uso del termine rete č spesso generico o inappropriato. Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking di varia natura. Noi ci concentreremo solo su quelle reti interorganizzative che rappresentano forme nuove di impresa, di quasi impresa, di sistemi di imprese che consentono una gestione competitiva e innovativa della catena del valore e dei processi fondamentali, conseguendo risultati economici e sociali, in una parola prosperitŕ. Ci occuperemo in particolare del fenomeno piů nuovo che caratterizza l'Italian way of doing industry, ossia lo sviluppo e i successi delle medie imprese, nodi di reti inter-organizzative che coinvolgono non solo imprese piccole, ma anche imprese grandi, in una proiezione spesso globale. Su queste nuove forme di reti inter-organizzative, si apre uno spazio di intervento straordinario per i policy maker in azioni di attivazione, incentivazione e supporto, capaci di condurre a superiori livelli di competitivitŕ le imprese componenti le reti, le reti stesse e i territori da cui esse muovono, ovvero capaci di favorire una maggiore prosperitŕ. Tali spazi di governo delle reti inter-organizzative possono avere natura infrastrutturale (trasporti, edilizia, tecnologie, credito, servizi, ecc.), relazionale (governo della catena del valore, dei processi, dei flussi, delle architetture d'impresa, dei sistemi informativi e di comunicazione, dei sistemi professionali ecc.) e cognitiva (capitale umano, capitale intellettuale, sistema di valori e norme, ecc.). Tutte e tre queste dimensioni sono importantissime e vanno gestite congiuntamente in nuove forme di management assicurate dalle imprese "pivotali" e nell'ambito di quello che nell'articolo č definito come meta-management, ovvero quelle posizioni di attori pubblici e privati - spesso in raccordo fra loro - che assicurano supporto e guida strategica alle reti. Nuovi modelli di management e di meta-management implicano una conoscenza profonda della rete e, di conseguenza, una visione d'insieme attuale e futura sicura e convincente e una capacitŕ di execution che sappia consolidare o riorientare la rete; valorizzare le risorse, materiali e personali, lě racchiuse e soprattutto perseguire obiettivi e misurare risultati. Meta-management non significa favorire il mero networking tra imprese, ma attivarsi come agenzie strategiche e provvedimenti concreti capaci di disegnare politiche di accompagnamento e sostegno alla creazione e alla valorizzazione di robusti network tra imprese e tra imprese e istituzioni, che trascendano le consuete filiere e agglomerazioni locali. Una economia e una societŕ fatta di reti inter-organizzative non č uguale a quella fatta prevalentemente di singole imprese "castello". Sulle reti di impresa e sull'impresa rete incombono alcune rilevanti questioni a cui il nostro lavoro tenta di dare alcune risposte Vediamole qui di seguito. 1. Diagnosi. L'organizzazione a rete č oggi scarsamente riconoscibile. Come diagnosticarla, come identificarne le caratteristiche strutturali e comprenderne i problemi critici? 2. Sviluppo e progettazione. L'organizzazione a rete si puň supportare con adeguati servizi, sviluppare intenzionalmente o addirittura progettare, come qui si sostiene? E se sě, in che modo? I metodi da adoperare per gestire questo sviluppo sono certo diversi da quelli adottati da strutture accentrate, sono meno top-down e meno razionalistici: ma quali possono essere? 3. Stabilitŕ e mutamento. Ogni nodo o soggetto della rete fa parte di reti diverse, in alcuni casi abbandona in rapida successione le une per legarsi ad altre. Come combinare l'estrema mutevolezza di queste multiple appartenenze con l'esigenza di stabilitŕ e crescita di ogni singolo nodo, come far sě che l'intera rete si comporti come un "attore collettivo" capace di un governo? 4. Risultati. Se e come definire obiettivi o ri-articolarli velocemente nel tempo? Come valutare i risultati delle diverse dimensioni economiche e sociali? 5. Decisioni e misura. L'organizzazione a rete - come e piů dell'impresa tradizionale - cambia per repentine innovazioni, per adattamento, per micro-decisioni, per miglioramento continuo, č il risultato di scelte su cosa fare dentro e cosa comprare, su quali funzioni accentrare e quali decentrare, su quando acquisire o vendere unitŕ aziendali e su quando fare accordi, dove allocare geograficamente le attivitŕ. Vi sono criteri e metodi da adottare, per operare in questi contesti di agilitŕ, velocitŕ e rapiditŕ di processi decisionali? 6. Sistemi. Quali tecniche o sistemi operativi adatti all'impresa rete dovranno essere sviluppati? Quali sistemi di pianificazione e controllo di gestione dell'impresa rete, if any? Č possibile stabilire standard di qualitŕ per la rete? Come sviluppare dimensioni quali linguaggi, culture, politiche di marchio e di visibilitŕ, come potenziare le comunitŕ, come promuovere formazione e apprendimenti? 7. Strutture. Le reti di impresa includono una grande varietŕ di forme, come vedremo. La rete di imprese puň includere una parte di gerarchia: quali modelli di organigrammi sono compatibili? Quali sistemi informativi, di telecomunicazioni, di social network sono adatti per la rete di imprese? Quali sistemi logistici? Quali regole e contratti formali? Quali flussi finanziari? Le risorse umane si possono gestire e sviluppare lungo la rete? E in che modo? E che dire dei sistemi di controllo della qualitŕ? 8. Nascita e morte. La rete di imprese e soprattutto i suoi "nodi" hanno un tasso di natalitŕ/ mortalitŕ piů elevato dell'impresa tradizionale. Gestire la nascita e la morte delle imprese diventerŕ ancora piů importante che gestire le imprese. Chi lo farŕ e come? 9. Vincoli e opportunitŕ. La legislazione, le relazioni industriali, la cultura manageriale sono oggi vincoli e opportunitŕ allo sviluppo di forme di rete di imprese. La globalizzazione dell'economia, lo sviluppo dei servizi, le nuove tecnologie, la cultura dei giovani, invece, sembrano operare piů come fattori facilitanti quando addirittura non cogenti. Come gestire (e non subire) vincoli e opportunitŕ? Cosa puň fare l'impresa, e cosa possono fare le istituzioni pubbliche? Vi sono nuovi programmi e regole nazionali e regionali per la costituzione delle reti di impresa: quale č la loro efficacia e impatto? In tale quadro, un'Agenzia Strategica (una grande impresa, una media impresa, un ente governativo, una Camera di commercio, un'associazione imprenditoriale, un istituto di credito) puň esercitare un ruolo centrale nella promozione e governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ dei territori, mettendo a fuoco i propri interventi di policy avendo come oggetto prioritario queste nuove forme di impresa, quasi-impresa, sistemi di impresa usando diverse leve: - innanzitutto, fornendo o favorendo l'accesso a risorse chiave, come credito, finanziamenti, sgravi fiscali, servizi per l'internazionalizzazione, conoscenze, marketing ecc.; - agendo da fluidificatore delle reti tra imprese, che sappia rimuovere ostacoli nelle strutture relazionali e irrobustire nodi, processi, strutture di governance laddove necessario; inserendosi direttamente nelle strutture relazionali come ponte per connettere nodi disconnessi; - esercitando a pieno il ruolo di meta-manager di reti inter-organizzative ossia imprimendo al sistema un indirizzo strategico di fondo, governando i processi "politici" interni alla rete ossia la distribuzione di potere e risorse e creando le condizioni culturali, strategiche organizzative e tecnologiche; - facendo leva sull'essere un policy maker cross-settoriale e multi-territoriale. Le reti di impresa hanno successo se si integrano entro "piattaforme industriali" (ad es. IT, Green economy, portualitŕ e logistica), entro cluster territoriali (es. distretti, economie regionali, etc.), sistemi eterogenei interistituzionali (che includono imprese pubbliche, amministrazioni, istituzioni e associazioni). La nostra tesi č che azioni di governo della rete attraverso nuove forme di management e di meta-management sono tanto piů efficaci quanto piů contribuiscono a supportare e strutturare reti organizzative robuste o che tendono a diventare tali, ossia imprese reti e reti di impresa governate; sono tanto meno efficaci o quanto meno misurabili quanto piů supportano solo processi di networking poco definiti destinati a rimanere tali. Nei termini di Axelsson, policy e management hanno effetto su reti che esprimono a) modelli di relazione fra diverse organizzazioni per raggiungere fini comuni. Hanno un effetto minore o nullo quando le reti di cui si parla sono solo b) "connessioni lasche fra organizzazioni legate da relazioni sociali" o c) un insieme di due o piů relazioni di scambio.
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Inghilleri, Paolo. "Una visione aperta: la psicologia transculturale." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 1 (May 2021): 217–26. http://dx.doi.org/10.3280/rip1-2021oa11631.

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Il contributo evidenzia il ruolo di Marcello-Cesa Bianchi e dell'Istituto di Psicologia della Facoltà Medica dell'Università degli Studi di Milano nella nascita della moderna psicologia e psicoterapia transculturale in Italia. Attraverso ricerche sul campo in differenti culture, l'elaborazione teorica e il confronto con altre discipline come la psicologia evoluzionistica e l'antropologia, la scuola di Cesa-Bianchi apre nuove prospettive nei diversi campi della psicologia culturale. Di particolare interesse è la riflessione metodologica che integra l'approccio quantitativo della psicologia scientifica con i metodi di ricerca qualitativi delle scienze umane.
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Arpioni, Maria Pia. "Lo sguardo sul paesaggio nella fotografia di Giovanni Pasinato // The Look into Landscape in the Photography of Giovanni Pasinato // La mirada sobre el paisaje en la fotografia de Giovanni Pasinato." Ecozon@: European Journal of Literature, Culture and Environment 6, no. 1 (March 2, 2015): 73–96. http://dx.doi.org/10.37536/ecozona.2015.6.1.639.

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Il saggio presenta il lavoro di un giovane fotografo del Nord Est italiano, Giovanni Pasinato (Venezia 1974-), attraverso l’analisi della sua opera e un’intervista all’autore, impegnato in un’attività dalle consistenti valenze cognitive ed etiche, ascrivibile alla Scuola italiana di fotografia del paesaggio (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), ma dotata di tratti originali in forte sviluppo. Il contributo intende mostrare come la fotografia di Pasinato—dalle esplorazioni del “terzo paesaggio” lungo strade e autostrade, alla ricerca condotta sulle scene urbane di Treviso e Venezia Mestre, fino alla più recente perlustrazione dell’antico bosco del Montello (sulla cui esistenza minacciata si era levato altissimo anche il canto poetico di Andrea Zanzotto, scomparso nel 2011)—sia tutta incentrata sulla funzione fondamentale dello “sguardo,” grazie alla quale il suo lavoro si caratterizza come indagine e strumento di consapevolezza, in senso lato “politica,” sul rapporto fra l’essere umano e i luoghi. Le immagini di Pasinato, sommesse, limpide e allo stesso tempo avvolte da vaghezza, interrogano l’osservatore, proponendogli un dialogo con gli spazi fotografati ed evidenziando l’inscindibilità stilistica fra forma e contenuto; si distinguono per l’assenza di ogni compiacimento soggettivistico ed estetico, a favore della riscoperta, realizzata per mezzo di una essenziale valorizzazione della “visione,” dello stretto nesso fra cultura e natura, fra l’essere umano e gli altri viventi. Proprio mentre sollecitano il senso della nostra responsabilità collettiva, tralasciando ogni cedimento sentimentalistico e nostalgico, queste fotografie invitano ad avere coscienza e perciò, in ultima analisi, speranza. Pasinato rivendica così alla fotografia un’alta funzione artistica e civile, spesso misconosciuta proprio da quegli enti e istituzioni che dovrebbero avere a cuore il bene comune. Abstract The analysis and the interview of the author contained in this essay portray the work of a young Italian photographer, Giovanni Pasinato (Venice 1974-), who lives in the North East of Italy and who devotes himself to an activity encompassing important cognitive and ethical aspects. His work can be included within the Italian School of Landscape Photography (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), but has original features in robust development. This essay will show how Pasinato’s photography—from his explorations of the “third landscape” along roads and highways, through his research in the urban scenes of Treviso and Venice Mestre, up to the latest reconnaissance of the Montello’s ancient wood (on whose endangered existence, Andrea Zanzotto, who died in 2011, wrote wonderful poems)—is entirely focused on the fundamental function of the “look,” thanks to which his work characterizes itself as an investigation, an instrument of the awareness, in the broad sense “political,” of the relationship between human being and place. Pasinato’s whispered, limpid yet at the same time ambiguous images, question their beholders, offering them a dialogue with the photographed spaces, underlining the stylistic indivisibility between form and content. In comparison to other landscape photography experiences, Pasinato’s works stand out, thanks to the absence of any subjective and aesthetic self-gratification and by favouring, through an essential enhancement of the “vision,” the revival of the close relationship between culture and nature and between human beings and other living beings. Just as his photographs stress the importance of our collective responsibility, ignoring any sentimental or nostalgic concession, they are an exhortation to raise awareness and, ultimately, hope. Thus, Pasinato ascribes to photography a highly artistic and civil function, which is often disregarded by those organizations and those authorities that should really care for the common good. Resumen El análisis y la entrevista del autor en que se centra este ensayo presentan la obra de un joven fotógrafo del noreste de Italia, Giovanni Pasinato (Venecia, 1974-), que se dedica a un actividad que abarca importantes aspectos cognitivos y éticos. Su trabajo puede incluirse en la Escuela Italiana de Fotografía del paisaje (Luigi Ghirri, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte), pero tiene rasgos originales en fuerte desarrollo. Este ensayo mostrará como la fotografía de Pasinato—desde sus exploraciones del "tercer paisaje" en el camino de carreteras y autopistas, la investigación en las escenas urbanas de las ciudades de Treviso y Venecia Mestre, hasta la más reciente exploración del antiguo bosque de la colina llamada Montello (sobre el riesgo de su desaparición, también el poeta Andrea Zanzotto, fallecido en 2011, escribió algunas de sus mejores obras)—está completamente enfocada en la función fundamental de la observación, gracias al que su trabajo se caracteriza como una investigación, un instrumento de la concienciación, en el amplio sentido “político”, de la relación entre ser humano y lugar. Las imágenes de Pasinato, suaves, claras y al mismo tiempo envueltas en vaguedad, questionan a quien observa, le proponen un dialogo con los espacios fotografiados y subrayan la inseparabilidad estilística entre forma y contenido. En comparación con otras experiencias de fotografía del paisaje, las representaciones de Pasinato destacan gracias a la ausencia de autocomplacencia subjetivista y estética, tratando de descubrir nuevamente la estrecha interrelación entre naturaleza y cultura, entre los seres humanos y otros seres vivientes. En cuanto instan nuestro sentido de la responsabilidad colectiva, dejando de poner la atención en sentimentalismos y nostalgias, estas fotografías invitan a adquirir conciencia y, además, esperanza. Pasinato reclama para la fotografía una importante función artística y civil, muchas veces ignorada por las instituciones que deberían preocuparse por el bien común.
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Piccardi, Duccio. "TEACHING SOUND SYMBOLISM THROUGH JAPANESE POP CULTURE. A RESPONSE TO KAWAHARA (2018)." Italiano LinguaDue 14, no. 2 (January 17, 2023): 724–58. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19718.

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This article explains the integrated, complex, situated view of languages and language education that is gradually replacing the linear, ‘Cartesian’ view of languages as inert objects to be dissected, which has long dominated language education. It discusses the way mediation can act as a prism. Exactly as a prism decomposes white light into the spectrum of its constituting colours, mediation can help one grasp and handle the complexity of languages, itself augmented by the increasingly diverse nature of our classrooms. In discussing the plurilingual nature of mediation, the article introduces descriptors from the 2020 CEFR Companion Volume and explains the concepts of languaging and plurilanguaging(Piccardo, 2017, 2018), showing how mediation and the languaging involved in it can contribute to a new vision of an action-oriented, plurilingual language education. Finally, the article explains and illustrates the concept of action-oriented scenarios, giving a brief account of two implementation projects, one mainly in Canada and one in Lombardy, reporting the very positive effects on student motivation and engagement. La mediazione e la dimensione plurilingue/pluriculturale nell’educazione linguistica Questo contributo presenta la visione integrata, complessa e situata della lingua e del suo insegnamento che sta gradualmente sostituendo la visione lineare, ‘cartesiana’ delle lingue come oggetti inerti da sezionare, che per molto tempo ha dominato l’educazione linguistica. L’articolo propone una discussione sulla maniera in cui la mediazione agisca in modo simile ad un prisma ottico. Esattamente come un prisma scinde la luce bianca nei colori che la costituiscono, la mediazione può favorire la comprensione e la gestione della complessità delle lingue, essa stessa sempre più crescente per la natura via via più diversificata delle classi attuali. Nel discutere la natura plurilingue della mediazione l’articolo introduce i descrittori del Volume complementare del Quadro comune europeo di riferimento (QCER) e spiega i concetti di languaging e plurilanguaging (Piccardo, 2017, 2018), mostrando come la mediazione e il processo di languaging che essa comporta contribuisca ad una visione dell’insegnamento delle lingue orientata all’azione e plurilingue. Infine, l’articolo spiega ed illustra il concetto di scenario azionale, fornendo un breve resoconto di due progetti di utilizzo di tali scenari, uno in Canada e l’altro in Lombardia, riportandone gli effetti molto positivi sulla motivazione e sull’investimento personale degli allievi.
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Mohamed, Lamiaa Aly. "La lotta contro il tempo nel “Deserto dei Tartari” di Buzzati e “La gente della caverna” di Hakim." (Faculty of Arts Journal) مجلة كلية الآداب - جامعة مصراتة, no. 14 (July 21, 2019): 08–35. http://dx.doi.org/10.36602/faj.2019.n14.04.

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Dino Buzzati e Tawfiq al-Hakim si sono accorti di una delle sfide umane cioè la battaglia fatale contro il tempo. La sconfitta cui sono predestinati gli uomini, più che altro la gente della caverna e Drogo, i quali -grazie alla loro vita legata a momenti storici critici oppure a ruoli di maggiore importanza rispetto agli altri- indirizzano l’attenzione a questa lotta contro il tempo. Ogni autore ha scelto un genere e un metodo diverso per presentare la propria visione impiegando protagonisti di particolari caratteristiche, il suo bagaglio culturale, sociale e le sue esperienze private. Il mio metodo è basato su uno studio comparativo. La tesi cerca di specificare i punti che accomunano due culture, quella araba e italiana, e di mettere in rilievo le differenze alla pari. Il paragone fatto nella tesi è stato autenticato dalla lettura delle monografie e dei libri più importanti che riguardavano gli autori studiati. Inoltre ho analizzato le diverse idee delle opere in modo da evidenziare il concetto della lotta secondo gli scrittori, i quali impiegano quest’idea per trasmetterci le loro prospettive di vita e i loro pensieri.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa9896.

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Анотація:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung può far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, così come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa9896.

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Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung può far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, così come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Viglianisi Ferraro, Angelo, André Gonçalo Dias Pereira, and Antonio Casciano. "I NUOVI ORIZZONTI DELLA SPERIMENTAZIONE SUGLI ESSERI UMANI E SUGLI EMBRIONI ED I MOLTI INTERROGATIVI ETICO-GIURIDICI ANCORA DA SCIOGLIERE." Revista Direitos Fundamentais & Democracia 26, no. 1 (April 29, 2021): 135–60. http://dx.doi.org/10.25192/issn.1982-0496.rdfd.v26i12193.

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La possibilità di manipolare il genoma umano non è mai stata così vicina, come lo è oggi grazie alla recente evoluzione della tecnologia CRISPR. Le opportunità di superare i problemi di salute o migliorare gli esseri umani sono in esponenziale aumento. Pertanto, il dibattito sulla terapia genica nelle persone umane e negli embrioni umani non è solo un tema rilevante discusso nel mondo accademico, ma un imperativo di urgenza in tutta la società. L’articolo muove dal considerare dapprima il quadro normativo offerto dalle diverse convenzioni internazionali esistenti in materia – con un particolare focus dedicato alla legislazione portoghese ed italiana – al fine di far emergere i principi, per lo più di carattere negativo, che ispirano la disciplina in tema di editing genetico. La riflessione si sposta poi sulla considerazione della tematica relativa alla sperimentazione sugli embrioni umani, i cui limiti, nei diversi Stati, risentono della diversità delle visioni morali con le quali si affronta la questione della dignità dell’embrione. Ma, nonostante la varietà di tali posizioni di partenza, è parso possibile fissare taluni divieti accolti in tutti gli ordinamenti. Infine, il tema della difficile individuazione di confini chiari utili a distinguere tra l’utilizzazione delle terapie geniche e il diffondersi di una cultura eugenetica vera e propria, il cui rischio pare palesarsi non tanto a livello di scelte pubbliche, quanto piuttosto a livello di opzioni che le moderne biotecnologie in tema di procreazione medicalmente assistita mettono a disposizione dei privati cittadini.
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Cociglio, Giovanni. "Culture laiche e religiose: quale visione della sessualità?" RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 1 (November 2016): 153–58. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2016-su1041.

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Panico, Angelo. "Un foro nella realtà. Dai circumvisionisti al neo realismo di Carlo Bernari." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, no. 2 (March 13, 2018): 377–86. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757423.

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Negli anni ‘30 del Novecento nasce nell’Italia Meridionale un movimento culturale ctonio che, operando al di sotto della censura fascista, tenta di restituire all’arte la libertà di espressione – e ispirazione – necessaria a rappresentare la nuova realtà delle cose. Così, nella clandestinità che il momento storico imponeva, si sviluppa una vera e propria avanguardia (testimoniata dal manifesto dell’U.D.A.) orientata verso una nuova forma di realismo ben distante dalle formule canonizzate della retorica naturalistica. Spinti dalla volontà di fondare una nuova arte che riacquisti il rapporto dialettico con il reale e affascinati dal pensiero materialistico, i circumvisionisti, collegandosi alla situazione sociale meridionale e ai grandi eventi della vita contemporanea, elaboravano, come un magma germinativo, gli studi sulla nuova “grammatica della visione” (Maria Corti Principi della comunicazione letteraria), volti a fornire una precisa descrizione della realtà emersa a ridosso della Liberazione. Quanto più profonde si fanno le ricerche nel terreno culturale della clandestinità e quanto più diventano aderenti i percorsi critici alla rete di passaggi sotterranei, tanto più risulta essere opportuno soffermarsi sulla mostra di Capri nel 1928 del primo circumvisionismo, sul manifesto Uda del 1929 di Carlo Bernari, Paolo Ricci e Guglielmo Pierce come punto di partenza del primo neorealismo napoletano, al fine di delineare una macrocategoria estetica (come preciserà Bernari) non ancora cristallizzata in una vera e propria etichetta, ma aperta alle sperimentazioni avanguardistiche europee.
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Sedda, Franciscu. "Nello specchio dell’antropologia: la natura, la cultura, il semiotico." Estudos Semióticos 17, no. 2 (August 13, 2021): 44–67. http://dx.doi.org/10.11606/issn.1980-4016.esse.2021.182112.

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Il saggio analizza una serie di prese di posizione antropologiche – quelle di Lévi-Strauss, Geertz, Clifford, Appadurai, Latour, Viveiros de Castro, Descola in particolare – che hanno al centro il rapporto natura/cultura. Esso mostra la ricchezza di visioni e strategie insite in queste posizioni, quanto le loro complesse e spesso inavvertite correlazioni. Il saggio mostra come i raddoppiamenti della natura e della cultura, così come i tentativi di trovare scappatoie all’opposizione, assumano significato in relazione alla semiotica e possano ispirare nuovi modelli per pensare la cultura. In particolare il lavoro antropologico ci darà modo di individuare nel semiotico quella dimensione relazionale che sta al fondo tanto della natura quanto della cultura, che attraversa l’umano e il non umano, che ci sfida come semiotici a ripensare il valore e la forma del nostro stesso relazionalismo.
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Vučenović, Natasa. "GRAMMATICALMENTE O IDEOLOGICAMENTE CORRETTO? L’IMPIEGO DEL MASCHILE GENERICO NEI MANUALI DI ITALIANO PER STRANIERI." Italiano LinguaDue 14, no. 1 (July 26, 2022): 229–41. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/18176.

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In questo studio si analizza la posizione assegnata al genere maschile nella rappresentazione della sfera professionale in quattro libri di testo di italiano come lingua straniera impiegati nel particolare contesto di insegnamento e apprendimento dell’italiano LS all’Università di Banja Luka, in Bosnia Erzegovina. L’uso del genere maschile per indicare le professioni viene interpretato come un’ideologia linguistica che riflette e perpetua il sessismo e i valori culturali patriarcali che sono in opposizione ai principi di democrazia e di uguaglianza di genere promossi dall’Unione Europea. In linea con gli sviluppi degli studi (socio)linguistici secondo i quali il linguaggio riflette ma anche modella la nostra visione del mondo, si sottolinea l’importanza dei materiali educativi nel processo di trasformazione o riproduzione dei rapporti di potere esistenti. Per decostruire le premesse ideologiche delle politiche linguistiche presenti nei materiali educativi, utilizziamo la CDA (analisi critica del discorso), che è l’approccio teorico e metodologico più adatto per l’analisi delle ideologie nascoste mascherate da norme universali e di senso comune. I risultati indicano che, contrariamente alle raccomandazioni di un uso non sessista della lingua, il genere maschile è regolarmente usato per indicare le professioni femminili, specialmente quelle che connotano il prestigio sociale. Si evidenzia così come i materiali educativi servano da strumenti ideologici che perpetuano relazioni di potere ineguali e legittimano la visione androcentrica del mondo. Grammatically or ideologically correct? The use of the masculine generic in Italian textbooks for foreigners In this study we analyze the position assigned to the masculine generics in the depiction of professional sphere in four textbooks of Italian as a foreign language employed in the particular context of teaching and learning Italian FL at the University of Banja Luka, Bosnia and Herzegovina. We interpret masculine generics as a language ideology that reflects and perpetuates sexism and patriarchal cultural values that are in opposition to the principles of democracy and gender equality promoted by the European Union. In line with the developments in (socio)linguistic studies according to which language reflects but also shapes our vision of the world, we emphasize the importance of the educational materials in the process of transforming or reproducing the existing power relations. In order to deconstruct the ideological premises of language policies incorporated in the educational materials we employ CDA (critical discourse analysis) which is the most suitable theoretical and methodological approach for the analysis of hidden ideologies masked as universal norms and common sense. The results indicate that, contrary to the recommendations of non-sexist language use, masculine generics are regularly used to indicate female professions, especially those that connote social prestige. In line with this we conclude that educational materials serve as ideological instruments that perpetuate unequal power relations and legitimize androcentric vision of the world.
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Greco, Francesco, and Roberta Rossi. "Mestruazioni e comportamento sessuale: il riflesso di una società intrisa di tabù." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 1 (June 2021): 67–79. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2021-001004.

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Анотація:
Tra i tabù esistenti sul ciclo mestruale, uno dei più radicati è quello del sesso du-rante le mestruazioni, il cosiddetto sesso mestruale. Il pregiudizio sul sesso me-struale ha un'origine biopsicosociale, di conseguenza solo un'analisi del fenomeno a 360° può aiutare a comprendere e combattere le origini di questo tabù. Inizialmente sono presi in considerazione gli aspetti psicologici della donna: come vive e concepisce le mestruazioni e di conseguenza se pratica il sesso me-struale. Successivamente si esaminano le modificazioni del profilo ormonale e quali caratteristiche fisiche si modificano nel corpo della donna durante il flusso mestruale, e come queste influenzano i rapporti sessuali in quei giorni. L'ultima parte offre una disamina di come differenti culture stigmatizzano il ciclo mestruale e il sesso mestruale e in definitiva ne ostacolano la pratica. In realtà, sotto tutti i punti di vista, non ci sono controindicazioni al sesso mestruale, anzi si hanno benefici che aumentano il benessere psicofisico della donna e rafforzano il legame di coppia. Accanto alla visione predominante di "protezione" secondo la quale la donna deve celare le mestruazioni, sta comparendo e diventando più emergente l'idea del flusso mestruale come un qualcosa di "naturale" che come tale non implica dei cambiamenti nella routine della vita della donna. Dunque, se il sangue mestruale può essere mostrato senza vergogna e in quei giorni possono essere compiute tutte le consuete attività, diventerà semplice con-cepire anche il sesso mestruale come semplice e spontaneo. In una più ampia prospettiva si comprende che eliminare questo tabù, non solo serve a restituire naturalità al fenomeno delle mestruazioni, ma costituisce un pas-so importante verso la parità di genere. In futuro, l'auspicio è che si sviluppi un di-battito più libero, che la ricerca scientifica e psicologica approfondisca questo am-bito e che si possano pertanto superare tabù e diseguaglianze legate al solo essere donna.
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Burrai, Francesco, Valentina Micheluzzi, and Luigi Apuzzo. "Umanizzazione delle cure: innovazione e modello assistenziale." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 32, no. 1 (April 27, 2020): 47–52. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2020.1984.

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Анотація:
The contemporary social context shows a profound need to bring healthcare back to a meeting between the technical-organizational needs of the system and the needs for global understanding of the patient. The passage from the “patient” vision to a “person” perspective is the radical request for paradigmatic and operational change to be implemented to respond to new needs, trends and socio-cultural changes. Recent literature shows that the Newtonian-Cartesian reduction of the human being to biomachine, which still resists the culture and unconscious of many health professionals, is no longer justified from a scientific point of view. The conceptual model, the framework of the most advanced sciences is the holistic one. This model lays the foundations for a better understanding of the functioning of the human being and consequently for a new epistemological and anthropological vision, that of the bio-psycho-socio-cultural network, where interaction with the environmental context influences the feedback of this system. It seems fundamental to start a structured path of synergy between the humanization of care and its gradual implementation, for the improvement of the quality of life of nephrological patients and for a new clinical-assistance background for the health workers who work daily in nephrology, dialysis and transplantation.
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Silvestri, Chiara. "Liminalità e confini dell’io ne Le stelle fredde: l’intermedio difficile di Guido Piovene." Quaderni d'italianistica 41, no. 2 (June 11, 2021): 93–113. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v41i2.36773.

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Анотація:
Dopo la fine di una relazione e le dimissioni dal lavoro “io” de Le stelle fredde sceglie di ritornare nella villa d’infanzia, dove le sue visioni e peregrinazioni straniate s’intrecceranno alla presenza inquisitiva di un poliziotto-filosofo e al racconto dell’aldilà di un Dostoevskij resuscitato. Il sostrato psicoanalitico del romanzo non porta tanto a una decostruzione formale quanto a una rielaborazione della soggettività secondo la teoria della percezione di Merleau-Ponty e altre suggestioni della cultura novecentesca. Rinnegati idealismo e intellettualismo “io” trova infine sollievo nella schedatura di oggetti in un difficile spazio liminale e purgatoriale che scambia e confonde coscienza e mondo, vita e morte.
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