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Дисертації з теми "Cooperazione europea"

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FIDELBO, MIRANDA. "LA COOPERAZIONE RAFFORZATA COME MODALITA' D'ISTITUZIONE DELLA PROCURA EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/11374.

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Анотація:
Il Trattato di Lisbona contiene la base giuridica per l’istituzione della Procura europea, tramite regolamento da adottare con il voto unanime in seno al Consiglio. Essa avrà il compito di «individuare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione» (art. 86 TFUE). Il 17 luglio 2013 la Commissione ha adottato una proposta di regolamento a riguardo. Tuttavia, i negoziati fino ad ora condotti fanno ritenere che sarà difficile adottarlo all’unanimità, motivo per cui si è deciso di indagare il tema dalla prospettiva della cooperazione rafforzata. L’obiettivo della tesi consiste nel dimostrare la concreta esistenza di un valore aggiunto dell’istituzione della Procura europea da parte di un numero ristretto di Stati rispetto all’abbandono di un tale progetto per assenza di unanimità. La tesi mira a dimostrare la sua fattibilità, costruendo un sistema capace di funzionare in un contesto d’integrazione diseguale. L’elemento di novità consiste nella riscrittura della proposta di regolamento per adattarla al diverso contenuto (non più l’istituzione della Procura europea, ma l’attuazione di una cooperazione rafforzata ai fini di una tale istituzione) e nella predisposizione di modelli degli accordi disciplinanti la cooperazione tra gli Stati membri non partecipanti e l’organo di accusa europeo.
The Treaty of Lisbon contains the legal basis for the institution - by means of a regulation to be adopted by the Council acting unanimously - of the European Public Prosecutor’s Office (EPPO), which shall be «responsible for investigating, prosecuting and bringing to judgment the perpetrators of offences against the Union's financial interests» (art. 86 TFEU). In July 2013 the Commission adopted a proposal for a regulation on this matter. However, the ongoing negotiations lead to retain that it will be difficult to reach unanimity. This is the reason why this dissertation analyses the theme from the perspective of enhanced cooperation. The purpose of this thesis consists in demonstrating the concrete existence of an added value deriving from the institution of the EPPO by only some States rather than neglecting this project. Thus, it aims at proving the feasibility of this project, by constructing a functioning system, even in a context of unequal integration. The redrafting of the regulation in order to adapt it to the new object (the implementation of the enhanced cooperation for the institution of the EPPO) and the provision of the text of the agreements between non participating States and the EPPO constitute its originality.
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FIDELBO, MIRANDA. "LA COOPERAZIONE RAFFORZATA COME MODALITA' D'ISTITUZIONE DELLA PROCURA EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/11374.

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Анотація:
Il Trattato di Lisbona contiene la base giuridica per l’istituzione della Procura europea, tramite regolamento da adottare con il voto unanime in seno al Consiglio. Essa avrà il compito di «individuare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione» (art. 86 TFUE). Il 17 luglio 2013 la Commissione ha adottato una proposta di regolamento a riguardo. Tuttavia, i negoziati fino ad ora condotti fanno ritenere che sarà difficile adottarlo all’unanimità, motivo per cui si è deciso di indagare il tema dalla prospettiva della cooperazione rafforzata. L’obiettivo della tesi consiste nel dimostrare la concreta esistenza di un valore aggiunto dell’istituzione della Procura europea da parte di un numero ristretto di Stati rispetto all’abbandono di un tale progetto per assenza di unanimità. La tesi mira a dimostrare la sua fattibilità, costruendo un sistema capace di funzionare in un contesto d’integrazione diseguale. L’elemento di novità consiste nella riscrittura della proposta di regolamento per adattarla al diverso contenuto (non più l’istituzione della Procura europea, ma l’attuazione di una cooperazione rafforzata ai fini di una tale istituzione) e nella predisposizione di modelli degli accordi disciplinanti la cooperazione tra gli Stati membri non partecipanti e l’organo di accusa europeo.
The Treaty of Lisbon contains the legal basis for the institution - by means of a regulation to be adopted by the Council acting unanimously - of the European Public Prosecutor’s Office (EPPO), which shall be «responsible for investigating, prosecuting and bringing to judgment the perpetrators of offences against the Union's financial interests» (art. 86 TFEU). In July 2013 the Commission adopted a proposal for a regulation on this matter. However, the ongoing negotiations lead to retain that it will be difficult to reach unanimity. This is the reason why this dissertation analyses the theme from the perspective of enhanced cooperation. The purpose of this thesis consists in demonstrating the concrete existence of an added value deriving from the institution of the EPPO by only some States rather than neglecting this project. Thus, it aims at proving the feasibility of this project, by constructing a functioning system, even in a context of unequal integration. The redrafting of the regulation in order to adapt it to the new object (the implementation of the enhanced cooperation for the institution of the EPPO) and the provision of the text of the agreements between non participating States and the EPPO constitute its originality.
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GELMINI, FRANCESCA. "IL PRINCIPIO DI LEALE COOPERAZIONE NEL DIRITTO DELLA CONCORRENZA DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/706995.

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Анотація:
Il presente studio ha come oggetto lo studio del principio di leale cooperazione nell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE (“norme antitrust”). In particolare, intende esaminare la sua concreta applicazione nei rapporti intercorrenti tra i diversi soggetti competenti ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE, quali la Commissione, le autorità nazionali garanti della concorrenza e i giudici nazionali. La ricerca si sviluppa lungo tre linee di ricerca. La prima parte è dedicata ad una ricostruzione delle origini e dell’evoluzione del principio di leale cooperazione nell’ordinamento dell’Unione europea: viene dapprima analizzato l’apporto della giurisprudenza, poi la consacrazione del principio nel Trattato di Lisbona, e infine il suo rapporto con il principio del primato, dell’effetto diretto e dell’autonomia istituzionale e procedurale degli Stati membri. L’affermazione del principio del primato del diritto dell’Unione è da sempre stata accompagnata, nella giurisprudenza della Corte di giustizia, dal riconoscimento dell’autonomia istituzionale e procedurale degli Stati membri, conducendo ad un conflitto continuo tra esigenze contrapposte: da un lato la necessità di garantire un’applicazione piena ed efficace del diritto dell’Unione, dall’altro lato la volontà degli Stati di mantenere intatta la propria sfera di autonomia. Il ricorso alle strutture proprie degli Stati membri rischia tuttavia di compromettere l’attuazione uniforme ed efficace del diritto dell’Unione, a causa dell’eterogeneità delle soluzioni nazionali. Il tale contesto, il principio di leale cooperazione svolge un ruolo centrale, imponendo agli Stati membri di utilizzare le proprie strutture e procedure per perseguire l’impegno comune, non potendo la conservazione dell’autonomia istituzionale e procedurale condurre ad una compromissione degli impegni assunti dagli Stati membri. L’autonomia degli Stati membri è stata così gradualmente compressa, in nome della necessità di convivere con altri principi di matrice europea, quali il principio del primato, dell’effetto diretto e dell’effetto utile. Tale ricostruzione è finalizzata a delineare i confini e la portata del principio di leale cooperazione, per poterlo poi declinare nel diritto della concorrenza in cui è chiamato a svolgere un ruolo centrale. La seconda parte dello studio si concentra sull’analisi del principio di leale cooperazione nell’applicazione pubblicistica degli articoli 101 e 102 TFUE (“norme antitrust”). Dapprima, sono esaminate le relazioni tra le autorità nazionali garanti della concorrenza e la Commissione europea, analizzando gli strumenti di cooperazione verticali ed orizzontali. Successivamente, è posta l’attenzione sulla tensione tra l’esigenza di garantire l’applicazione efficace delle norme della concorrenza dell’Unione e l’esigenza di avvalersi di strumenti giuridici propri degli ordinamenti nazionali per darvi attuazione. Le autorità nazionali sono chiamate ad applicare le stesse regole sostanziali, ma il loro assetto istituzionale e procedurale si differenzia da Stato a Stato. In tale ottica, lo studio procede ad un esame in chiave comparatistica dell’ordinamento francese e di quello italiano, in tema di poteri di indagine delle autorità nazionali garanti della concorrenza, di modalità di calcolo delle sanzioni e di programmi di trattamento favorevole, facendo emergere i principali punti di divergenza tra i sistemi. La terza parte dello studio, partendo dall’analisi dei meccanismi di cooperazione tra le autorità garanti della concorrenza (autorità nazionali garanti della concorrenza e Commissione) e gli organi giurisdizionali, conclude con una discussione sulle problematiche che emergono dall’interazione tra l’applicazione pubblicistica e quella privatistica degli articoli 101 e 102 TFUE. L’elaborato, analizzando gli istituti, i principi e comparando le regole procedurali del sistema francese e di quello italiano, mira a fare emergere le problematiche legate al ricorso di strumenti giuridici propri degli ordinamenti nazionali per l’applicazione delle medesime norme sostanziali, gli articoli 101 e 102 TFUE.
The aim of the research is to analyse the principle of loyal cooperation in the application of articles 101 and 102 TFEU (“antitrust rules”). The study is carried out along three different lines of research. The first part examines the origin and development of the principle of loyal cooperation in the European Union: first, the contribution of the relevant case law is analysed, then the consolidation of the principle in the Lisbon Treaty, and finally, its relationship with the principle of primacy, direct effect and institutional and procedural autonomy of the Members States. The affirmation of the principle of the primacy of EU law has always been accompanied, in the case law of the Court of Justice, by the recognition of the institutional and procedural autonomy of the Member States, leading to a continuous conflict between opposing needs; on the one hand, the need to ensure a full and effective application of EU law and, on the other hand, the willingness of the States to maintain their own sphere of autonomy intact. However, the use of Member States' own structures risks jeopardizing the uniform and effective implementation of EU law, due to the heterogeneity of national solutions. In this context, the principle of loyal cooperation plays a central role requiring Member States to use their structures and procedures to pursue the objectives of the Union. This reconstruction is aimed at outlining the boundaries and scope of the principle of loyal cooperation, so that it can then be analysed into competition law in which it has a central role to play. The second part of the study focuses on the principle of loyal cooperation in regard to the public application of Article 101 and 102 TFEU. First, it examines the relationship between national competition authorities and the European Commission, analysing vertical and horizontal cooperation tools. Secondly, it analyses the tension between the need to ensure effective enforcement of the antitrust rules and the need to use national legal mechanisms to implement those rules. National authorities must apply the same substantive rules, but their institutional and procedural structure differs from State to State. In this context, the study examines the French and Italian legal systems on a comparative basis, with regard to the powers of investigation of the national competition authorities, the methods for calculating penalties and leniency programmes, highlighting the main points of divergence between the systems. The third part of the study consists of starting with an analysis of mechanism for cooperation between the competition authorities (national competition authorities and the Commission) and the courts, and in conclusion with a discussion of the issues arising from the interaction between the public and private application of Articles 101 and 102 TFEU. The common thread of this thesis is the use of the principle of loyal cooperation as a keystone to achieve the balance between the need to create a level playing field and the need not to make the principle of autonomy of Member States a “lost paradise.”
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Sanna, Giangiuseppe <1980&gt. "I princìpi generali e i canoni interpretativi nella cooperazione giudiziaria comunitaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2742/1/sanna_giangiuseppe_tesi.pdf.

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Sanna, Giangiuseppe <1980&gt. "I princìpi generali e i canoni interpretativi nella cooperazione giudiziaria comunitaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2742/.

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Amato, Rosanna <1981&gt. "La cooperazione giudiziaria in rete nello spazio di liberta', sicurezza e giustizia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6596/1/Rosanna_Amato-La_cooperazione_giudiziaria_in_rete_nello_spazio_LSG.pdf.

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Анотація:
L’oggetto del lavoro si concentra sull’analisi in chiave giuridica del modello di cooperazione in rete tra le autorità nazionali degli Stati membri nel quadro dello Spazio LSG, allo scopo di valutarne il contributo, le prospettive e il potenziale. La trattazione si suddivide in due parti, precedute da una breve premessa teorica incentrata sull’analisi della nozione di rete e la sua valenza giuridica. La prima parte ricostruisce il percorso di maturazione della cooperazione in rete, dando risalto tanto ai fattori di ordine congiunturale quanto ai fattori giuridici e d’ordine strutturale che sono alla base del processo di retificazione dei settori giustizia e sicurezza. In particolare, vengono elaborati taluni rilievi critici, concernenti l’operatività degli strumenti giuridici che attuano il principio di mutuo riconoscimento e di quelli che danno applicazione al principio di disponibilità delle informazioni. Ciò allo scopo di evidenziare gli ostacoli che, di frequente, impediscono il buon esito delle procedure di cooperazione e di comprendere le potenzialità e le criticità derivanti dall’utilizzo della rete rispetto alla concreta applicazione di tali procedure. La seconda parte si focalizza sull’analisi delle principali reti attive in materia di giustizia e sicurezza, con particolare attenzione ai rispettivi meccanismi di funzionamento. La trattazione si suddivide in due distinte sezioni che si concentrano sulle a) reti che operano a supporto dell’applicazione delle procedure di assistenza giudiziaria e degli strumenti di mutuo riconoscimento e sulle b) reti che operano nel settore della cooperazione informativa e agevolano lo scambio di informazioni operative e tecniche nelle azioni di prevenzione e lotta alla criminalità - specialmente nel settore della protezione dell’economia lecita. La trattazione si conclude con la ricostruzione delle caratteristiche di un modello di rete europea e del ruolo che questo esercita rispetto all’esercizio delle competenze dell’Unione Europea in materia di giustizia e sicurezza.
This thesis deals with the legal analysis of the network-based model of cooperation between national authorities of the EU Member States within the Area of Freedom Security and Justice – AFSJ. The aim is to evaluate the contribution and the potential of such a model. The dissertation is divided into two parts, which are preceded by an introductory section dealing with the analysis of the notion of network and its legal value. With a view to provide a deeper understanding of this phenomenon, the first part intends to portray the emergence of networking between judicial and law enforcement authorities. In this part, also the driving factors (both legal and structure-related), which have triggered such a process are highlighted. In particular, attention is paid to both the legal instruments applying the principle of mutual recognition and those applying the principle of availability. The rationale is to identify the obstacles hindering the effective implementation of the cooperation procedures and to understand the role played by networks in this respect. The second part of the dissertation analyses the main networks operating in the justice and security fields, with a special focus on the features characterizing these flexible arrangements and their methods of operation. The dissertation is divided into two parts reviewing a) networks supporting the effective application of both the mutual assistance procedures and the legal instruments implementing the principle of mutual recognition and b) networks dealing with the informative cooperation, ensuring a faster exchange of law enforcement information across national borders. Special attention is paid to networks dealing with the economic dimension of crime. Finally, the main features of a “European network model of cooperation” are identified as well as the role played by such a model in respect to the exercise of the EU competences in the AFSJ.
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Amato, Rosanna <1981&gt. "La cooperazione giudiziaria in rete nello spazio di liberta', sicurezza e giustizia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6596/.

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L’oggetto del lavoro si concentra sull’analisi in chiave giuridica del modello di cooperazione in rete tra le autorità nazionali degli Stati membri nel quadro dello Spazio LSG, allo scopo di valutarne il contributo, le prospettive e il potenziale. La trattazione si suddivide in due parti, precedute da una breve premessa teorica incentrata sull’analisi della nozione di rete e la sua valenza giuridica. La prima parte ricostruisce il percorso di maturazione della cooperazione in rete, dando risalto tanto ai fattori di ordine congiunturale quanto ai fattori giuridici e d’ordine strutturale che sono alla base del processo di retificazione dei settori giustizia e sicurezza. In particolare, vengono elaborati taluni rilievi critici, concernenti l’operatività degli strumenti giuridici che attuano il principio di mutuo riconoscimento e di quelli che danno applicazione al principio di disponibilità delle informazioni. Ciò allo scopo di evidenziare gli ostacoli che, di frequente, impediscono il buon esito delle procedure di cooperazione e di comprendere le potenzialità e le criticità derivanti dall’utilizzo della rete rispetto alla concreta applicazione di tali procedure. La seconda parte si focalizza sull’analisi delle principali reti attive in materia di giustizia e sicurezza, con particolare attenzione ai rispettivi meccanismi di funzionamento. La trattazione si suddivide in due distinte sezioni che si concentrano sulle a) reti che operano a supporto dell’applicazione delle procedure di assistenza giudiziaria e degli strumenti di mutuo riconoscimento e sulle b) reti che operano nel settore della cooperazione informativa e agevolano lo scambio di informazioni operative e tecniche nelle azioni di prevenzione e lotta alla criminalità - specialmente nel settore della protezione dell’economia lecita. La trattazione si conclude con la ricostruzione delle caratteristiche di un modello di rete europea e del ruolo che questo esercita rispetto all’esercizio delle competenze dell’Unione Europea in materia di giustizia e sicurezza.
This thesis deals with the legal analysis of the network-based model of cooperation between national authorities of the EU Member States within the Area of Freedom Security and Justice – AFSJ. The aim is to evaluate the contribution and the potential of such a model. The dissertation is divided into two parts, which are preceded by an introductory section dealing with the analysis of the notion of network and its legal value. With a view to provide a deeper understanding of this phenomenon, the first part intends to portray the emergence of networking between judicial and law enforcement authorities. In this part, also the driving factors (both legal and structure-related), which have triggered such a process are highlighted. In particular, attention is paid to both the legal instruments applying the principle of mutual recognition and those applying the principle of availability. The rationale is to identify the obstacles hindering the effective implementation of the cooperation procedures and to understand the role played by networks in this respect. The second part of the dissertation analyses the main networks operating in the justice and security fields, with a special focus on the features characterizing these flexible arrangements and their methods of operation. The dissertation is divided into two parts reviewing a) networks supporting the effective application of both the mutual assistance procedures and the legal instruments implementing the principle of mutual recognition and b) networks dealing with the informative cooperation, ensuring a faster exchange of law enforcement information across national borders. Special attention is paid to networks dealing with the economic dimension of crime. Finally, the main features of a “European network model of cooperation” are identified as well as the role played by such a model in respect to the exercise of the EU competences in the AFSJ.
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PIOVESAN, VITTORIO. "Le istituzioni locali come fattore di sviluppo nelle politiche di cooperazione dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2003. http://hdl.handle.net/11578/278464.

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Giacomarro, Claudia <1987&gt. "Dialogo, integrazione, cooperazione: la strategia europea per lo sviluppo sostenibile in America Latina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4673.

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Анотація:
The aim of this study is to evaluate the relationships between European Union and Latin America through the analysis of two cooperation programmes – EUROSOCIAL and EUROCLIMA – which are promoted by EuropeAid, a new Directorate–General responsible for designing EU development policies and delivering aid through programmes across the world. The first part deals with the attempts to integration and the origins and evolutions of the regionalism process in Latin America. Secondly, the elaborate will provide a detailed analysis of EU and MERCOSUR relationships based on Interregional Framework Cooperation Agreement and the EU-CELAC action plan. The third and last part will focus on development and cooperation in Latin America countries and, in particular, on the impacts that EUROCLIMA and EUROSOCIAL programmes have being having in the area.
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Azzariti, Ilaria <1982&gt. "La cooperazione amministrativa tra stati membri in materia fiscale: verso una amministrazione finanziaria "europea"." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6600/1/Azzariti_Ilaria_Tesi.pdf.

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Анотація:
L’armonizzazione fiscale è una importante sfida che l’Unione Europea si trova ad affrontare per la completa realizzazione del mercato interno. Le istituzioni comunitarie, tuttavia, non dispongono delle competenze legislative per intervenire direttamente negli ordinamenti tributari degli Stati membri. Svolgendo una analisi del contesto legislativo vigente, ed esaminando le prospettive de iure condendo della materia fiscale dell’Unione, il presente lavoro cerca di comprendere le prospettive di evoluzione del sistema, sia dal punto di vista della normativa fiscale sostanziale, che procedimentale. Mediante la disciplina elaborata a livello comunitario che regola la cooperazione amministrativa in materia fiscale, con particolare riferimento alle direttive relative allo scambio di informazioni e all’assistenza alla riscossione (dir. 2011/16/UE e dir. 2010/24/UE) si permette alle Amministrazioni degli Stati membri di avere accesso ai reciproci ordinamenti giuridici, e conoscerne i meccanismi. L’attuazione di tali norme fa sì che ciascun ordinamento abbia l’opportunità di importare le best practices implementate dagli altri Stati. L’obiettivo sarà quello di migliorare il proprio procedimento amministrativo tributario, da un lato, e di rendere più immediati gli scambi di informazione e la cooperazione alla riscossione, dall’altro. L’armonizzazione fiscale all’interno dell’Unione verrebbe perseguita, anziché mediante un intervento a livello europeo, attraverso un coordinamento “dal basso” degli ordinamenti fiscali, realizzato attraverso l’attività di cooperazione delle amministrazioni che opereranno su un substrato di regole condivise. La maggiore apertura delle amministrazioni fiscali dei Paesi membri e la maggiore spontaneità degli scambi di informazioni, ha una efficacia deterrente di fenomeni di evasione e di sottrazione di imposta posti in essere al fine di avvantaggiarsi delle differenze dei sistemi impositivi dei vari paesi. Nel lungo periodo ciò porterà verosimilmente, gli Stati membri a livellare i sistemi impositivi, dal momento che i medesimi non avranno più interesse ad utilizzare la leva fiscale per generare una concorrenza tra gli ordinamenti.
Fiscal harmonization is an important challenge European Union has to face for the complete fulfillment of the common internal market. European institutions do not have competences set forth under the Treaties to approach the tax matter. The main aim of the paper is to understand the perspective for the development of the fiscal system among the EU, starting from the analysis of the Eu Directives in force affecting the tax administrative proceedings of the member States. Through the EU Directive on the exchange of information (dir. 2011/16/EU) and the EU Directive on the assistance for the recovery of taxes (dir. 2010/24/EU), the fiscal authorities of member States have the chance to know each other's administrative systems. In this framework, the more tax authorities will be open to exchange information, assist each other, and to cooperate on a common legal basis, the more effective will be the response against cross-border tax fraud and evasion. On the other side, the effectiveness of the exchange of information among States will prevent harmful tax competition and distortions in the tax systems. The result will be a shift in emphasis from attempting to harmonize taxes at EU level towards improving coordination between existing national tax systems, and in particular, tax authorities.
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Azzariti, Ilaria <1982&gt. "La cooperazione amministrativa tra stati membri in materia fiscale: verso una amministrazione finanziaria "europea"." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6600/.

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L’armonizzazione fiscale è una importante sfida che l’Unione Europea si trova ad affrontare per la completa realizzazione del mercato interno. Le istituzioni comunitarie, tuttavia, non dispongono delle competenze legislative per intervenire direttamente negli ordinamenti tributari degli Stati membri. Svolgendo una analisi del contesto legislativo vigente, ed esaminando le prospettive de iure condendo della materia fiscale dell’Unione, il presente lavoro cerca di comprendere le prospettive di evoluzione del sistema, sia dal punto di vista della normativa fiscale sostanziale, che procedimentale. Mediante la disciplina elaborata a livello comunitario che regola la cooperazione amministrativa in materia fiscale, con particolare riferimento alle direttive relative allo scambio di informazioni e all’assistenza alla riscossione (dir. 2011/16/UE e dir. 2010/24/UE) si permette alle Amministrazioni degli Stati membri di avere accesso ai reciproci ordinamenti giuridici, e conoscerne i meccanismi. L’attuazione di tali norme fa sì che ciascun ordinamento abbia l’opportunità di importare le best practices implementate dagli altri Stati. L’obiettivo sarà quello di migliorare il proprio procedimento amministrativo tributario, da un lato, e di rendere più immediati gli scambi di informazione e la cooperazione alla riscossione, dall’altro. L’armonizzazione fiscale all’interno dell’Unione verrebbe perseguita, anziché mediante un intervento a livello europeo, attraverso un coordinamento “dal basso” degli ordinamenti fiscali, realizzato attraverso l’attività di cooperazione delle amministrazioni che opereranno su un substrato di regole condivise. La maggiore apertura delle amministrazioni fiscali dei Paesi membri e la maggiore spontaneità degli scambi di informazioni, ha una efficacia deterrente di fenomeni di evasione e di sottrazione di imposta posti in essere al fine di avvantaggiarsi delle differenze dei sistemi impositivi dei vari paesi. Nel lungo periodo ciò porterà verosimilmente, gli Stati membri a livellare i sistemi impositivi, dal momento che i medesimi non avranno più interesse ad utilizzare la leva fiscale per generare una concorrenza tra gli ordinamenti.
Fiscal harmonization is an important challenge European Union has to face for the complete fulfillment of the common internal market. European institutions do not have competences set forth under the Treaties to approach the tax matter. The main aim of the paper is to understand the perspective for the development of the fiscal system among the EU, starting from the analysis of the Eu Directives in force affecting the tax administrative proceedings of the member States. Through the EU Directive on the exchange of information (dir. 2011/16/EU) and the EU Directive on the assistance for the recovery of taxes (dir. 2010/24/EU), the fiscal authorities of member States have the chance to know each other's administrative systems. In this framework, the more tax authorities will be open to exchange information, assist each other, and to cooperate on a common legal basis, the more effective will be the response against cross-border tax fraud and evasion. On the other side, the effectiveness of the exchange of information among States will prevent harmful tax competition and distortions in the tax systems. The result will be a shift in emphasis from attempting to harmonize taxes at EU level towards improving coordination between existing national tax systems, and in particular, tax authorities.
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Cassin, Matilde <1978&gt. "L'integrazione della componente ambientale nei programmi di cooperazione territoriale europea: alcuni casi di studio." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2009. http://hdl.handle.net/10579/554.

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LOMBARDO, Emilia. "Diritti processuali e garanzie della persona nella cooperazione giudiziaria penale: tra mutuo riconoscimento e armonizzazione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90927.

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Анотація:
La tesi di dottorato affronta le linee evolutive della cooperazione giudiziaria in materia penale onde cogliere un percorso che, dalla nascita del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale, porta all’affermazione di un rapporto di cointeressenza tra il menzionato principio e il ravvicinamento delle discipline nazionali relative alle garanzie e ai diritti del soggetto coinvolto, quale imputato o indagato, nel procedimento penale. Nella menzionata tesi, infatti, si evidenzia l’emersione di una crescente attenzione delle istituzioni europee nei confronti dei diritti della persona nel processo penale; un’attenzione che, invero, affonda le sue radici nei limiti dei primi interventi normativi dell’Unione europea nel settore della cooperazione giudiziaria penale. In un primo momento, infatti, all’indomani del noto vertice di Tampere del 1999, l’azione delle istituzioni europee si dirige verso l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie: il citato principio, divenuto- proprio in occasione del menzionato Consiglio europeo- il fondamento della cooperazione giudiziaria penale, si basa sulla reciproca fiducia tra gli Stati membri nei rispettivi ordinamenti; l’esistenza di una reciproca fiducia tra i paesi europei avrebbe dovuto permettere la libera circolazione delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri dell’Unione. In realtà l’esperienza della prima, oltreché più nota, applicazione del principio del reciproco riconoscimento dimostra come la menzionata fiducia reciproca tra gli Stati membri non possa essere puramente e semplicemente proclamata, quasi come un dogma: la possibilità che gli ordinamenti nazionali considerino le decisioni giudiziarie degli altri Stati membri come equivalenti alle proprie impone un certo ravvicinamento delle legislazioni nazionali. La vicenda della “decisione quadro del Consiglio sul mandato d’arresto europeo e sulle procedure di consegna tra gli Stati membri” e del relativo recepimento sul piano interno, rappresenta un esempio emblematico di come la reciproca fiducia non possa essere presunta, ma debba essere costruita e di come l’assenza di un armonizzazione delle legislazioni nazionali possa, talvolta, tradursi in un ostacolo al funzionamento del reciproco riconoscimento. Nella tesi di dottorato vengono esaminate, pertanto, le forti resistenze manifestate dal nostro legislatore nei confronti della decisione quadro 2002/584/GAI. La legge 69/2005 e i suoi numerosi esempi di scollamento rispetto ai contenuti della decisione quadro lasciano trasparire chiaramente - nonostante i successivi interventi correttivi operati dalla giurisprudenza di legittimità- il timore, che mediante il riconoscimento delle decisioni giudiziarie le garanzie e i diritti dell’individuo, previsti dal sistema processuale interno, possano essere sacrificati. La vicenda del MAE mette in discussione il funzionamento del principio del reciproco riconoscimento e l’esistenza di una dogmatica fiducia reciproca tra gli Stati membri. Probabilmente, sono proprio le valutazioni a consuntivo di tale esperienza a determinare un mutamento di prospettiva nell’attività delle istituzioni europee. In un contesto istituzionale riformato dal trattato di Lisbona, vedono la luce il Programma di Stoccolma e la tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti processuali di indagati o imputati in procedimenti penali. Tali documenti programmatici sono la chiara manifestazione di una nuova acquisita consapevolezza in capo alle istituzioni eurounitarie: viene chiaramente affermata la necessità di dar vita a un processo di armonizzazione delle legislazioni processuali nazionali, volto a rafforzare quella reciproca fiducia necessaria al funzionamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie; una reciproca fiducia che non può presumersi ma che deve essere costruita. Sulla base dei menzionati documenti vengono adottate le prime direttive in materia di diritti processuali. Le direttive, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione e sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, oggetto di indagine nella seconda parte della presente tesi di dottorato, contribuiscono a rafforzare, attraverso la predisposizione di norme minime comuni, la fiducia reciproca tra gli Stati membri. Ancorchè connessa al più volte citato rafforzamento del principio del reciproco riconoscimento, l’adozione delle direttive citate rivela anche una rinnovata attenzione dell’Unione nei confronti dei diritti processuali della persona. Le direttive contengono norme minime comuni in materia di diritti e garanzie processuali nel procedimento penale, alle quali deve conformarsi il legislatore nazionale. La seconda parte della tesi di dottorato affronta, pertanto, i contenuti delle due direttive sul diritto all’interpretazione e alla traduzione e sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nel tentativo di cogliere le possibili ripercussioni delle norme europee sulla disciplina interna.
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Mettica, V. F. "LA COOPERAZIONE INVESTIGATIVA NELL'UE E LE GARANZIE DIFENSIVE DELL'ACCUSATO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/371602.

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Анотація:
Ricostruite le forme della cooperazione investigativa in materia penale nel panorama europeo, anche alla luce dei più recenti sviluppi, sembra potersi concludere che, sebbene gli indicatori normativi testimonino una volontà di integrazione di strutture e apparati al fine di imporre regole giuridiche tendenzialmente uniformi, la dimensione applicativa registra ancora un limitato intervento del diritto dell'Unione Europea sul piano processuale, confinandolo negli ambiti della cooperazione su base volontaria e del principio del mutuo riconoscimento, così di fatto esasperando le difficoltà operative del coordinamento investigativo e dello scambio di dati a contenuto probatorio.
Completed the picture of the attitudes of European investigative cooperation in criminal matters, especially in light of recent developments, it seems possible to conclude that, although the regulatory indicators testify the volition to come to an integration of structures and systems in order to acquire uniform legal rules, the application still faces a limited intervention of the European law on the criminal procedural level, which is confined in the areas of voluntary cooperation and mutual recognition, exacerbating the operational difficulties of investigative coordination and exchange of evidential records.
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PINARDI, CHIARA. "Evoluzione e trasformazione della cooperazione UE-NATO, una prospettiva multilivello." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/40677.

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Анотація:
La ricerca fornisce un’indagine diacronica dell’evoluzione della cooperazione UE-NATO. Lo studio permette di andare oltre le dicotomie “formale/informale” e “stato/burocrazia” che hanno contraddistinto gli studi sulla relazione tra le due organizzazioni. Arricchendo il quadro analitico multilivello con proposizioni teoriche tratte dall'istituzionalismo storico, la ricerca considera la cooperazione formale e informale come istituzioni che si influenzano reciprocamente e dimostra come la complessa interazione tra fattori materiali, istituzionali e l’azione di attori statali e non statali influenzi la cooperazione tra le due organizzazioni. Evidenze empiriche rivelano un andamento ricorrente nel cambiamento della cooperazione formale UE-NATO, in quanto minacce alla sicurezza e integrità territoriale Europea innescano una giuntura critica che facilita una convergenza di preferenze tra gli stati che segnalano interesse per una nuova politica di cooperazione e individui nelle organizzazioni che agiscono come negoziatori. Nonostante tale processo accomuni l’accordo Berlin Plus con la Dichiarazione congiunta UE-NATO, il recente ritorno alla cooperazione formale avanza ambizioni con maggiori sfumature costruttiviste e segnala un ruolo crescente della burocrazia come policy-maker. Lo staff delle due organizzazioni ha sviluppato pratiche di cooperazione informale, che non solo hanno parzialmente compensato gli anni di stallo tra UE e NATO, ma hanno anche influenzato la finalità e il contenuto della recente ripresa della cooperazione formale tra le due organizzazioni.
The research provides a diachronic investigation of the evolution of EU-NATO cooperation. In so doing, the study allows for going past the “formal/informal” and “state/bureaucratic” dichotomies that have characterized EU-NATO studies. Combining the “multilevel framework” of analysis with theoretical insights from historical institutionalism, the research considers formal and informal cooperation as intersecting and mutually influencing institutions and reveals how the complex interplay among material, institutional factors and state and no-state actors’ agency affect inter-organizational cooperation. Our empirical findings reveal a recurring pattern of change in EU-NATO formal cooperation, as threats to European security and territorial integrity trigger a critical juncture facilitating the convergence of actors’ preferences with states showing interest in a new policy of cooperation and individuals acting as policy-brokers. Notwithstanding this commonality between the adoption of the Berlin Plus agreement and the EU-NATO Joint Declaration, the recent upsurge of formal cooperation shows more constructivist nuanced ambitions and a growing role of bureaucrats as policy-makers. Staff have displayed inter-organizational agency by developing informal practices of cooperation that did not only partially counterbalance lack of cooperation in the years of the EU-NATO stalemate, but have also shaped the ratio and content of the recent comeback to formal cooperation.
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PINARDI, CHIARA. "Evoluzione e trasformazione della cooperazione UE-NATO, una prospettiva multilivello." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/40677.

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La ricerca fornisce un’indagine diacronica dell’evoluzione della cooperazione UE-NATO. Lo studio permette di andare oltre le dicotomie “formale/informale” e “stato/burocrazia” che hanno contraddistinto gli studi sulla relazione tra le due organizzazioni. Arricchendo il quadro analitico multilivello con proposizioni teoriche tratte dall'istituzionalismo storico, la ricerca considera la cooperazione formale e informale come istituzioni che si influenzano reciprocamente e dimostra come la complessa interazione tra fattori materiali, istituzionali e l’azione di attori statali e non statali influenzi la cooperazione tra le due organizzazioni. Evidenze empiriche rivelano un andamento ricorrente nel cambiamento della cooperazione formale UE-NATO, in quanto minacce alla sicurezza e integrità territoriale Europea innescano una giuntura critica che facilita una convergenza di preferenze tra gli stati che segnalano interesse per una nuova politica di cooperazione e individui nelle organizzazioni che agiscono come negoziatori. Nonostante tale processo accomuni l’accordo Berlin Plus con la Dichiarazione congiunta UE-NATO, il recente ritorno alla cooperazione formale avanza ambizioni con maggiori sfumature costruttiviste e segnala un ruolo crescente della burocrazia come policy-maker. Lo staff delle due organizzazioni ha sviluppato pratiche di cooperazione informale, che non solo hanno parzialmente compensato gli anni di stallo tra UE e NATO, ma hanno anche influenzato la finalità e il contenuto della recente ripresa della cooperazione formale tra le due organizzazioni.
The research provides a diachronic investigation of the evolution of EU-NATO cooperation. In so doing, the study allows for going past the “formal/informal” and “state/bureaucratic” dichotomies that have characterized EU-NATO studies. Combining the “multilevel framework” of analysis with theoretical insights from historical institutionalism, the research considers formal and informal cooperation as intersecting and mutually influencing institutions and reveals how the complex interplay among material, institutional factors and state and no-state actors’ agency affect inter-organizational cooperation. Our empirical findings reveal a recurring pattern of change in EU-NATO formal cooperation, as threats to European security and territorial integrity trigger a critical juncture facilitating the convergence of actors’ preferences with states showing interest in a new policy of cooperation and individuals acting as policy-brokers. Notwithstanding this commonality between the adoption of the Berlin Plus agreement and the EU-NATO Joint Declaration, the recent upsurge of formal cooperation shows more constructivist nuanced ambitions and a growing role of bureaucrats as policy-makers. Staff have displayed inter-organizational agency by developing informal practices of cooperation that did not only partially counterbalance lack of cooperation in the years of the EU-NATO stalemate, but have also shaped the ratio and content of the recent comeback to formal cooperation.
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MONTALDO, STEFANO. "Il ruolo della corte di giustizia nella cooperazione in materia penale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/29818.

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Анотація:
The thesis is focused on the role of the Court of justice of the EU in the development of the European cooperation in police and criminal matters (former Third Pillar of the EU). The first chapter analyses the novelties introduced by the Treaty of Lisbon and devotes a particular attention to the wording of articles 82 and 83 TFEU. The second chapter is centred on the functional aspects, that is to say the new shape and limits of the Court's jurisdiction after the entry into force of the Treaty of LIsbon. The analysis then moves to the role of the Court in safeguarding the correct exercise of EU competences. The final step relates to the interpretative role of the Court: stemming from the ordinary interprtative criteria used by the Court, the author investigates how the Court itself applies them in the field of cooperation in criminal matters. The European arrest warrant and the ne bis in idem principle are the main case-studies.
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SARDELLA, BARBARA. "LA COOPERAZIONE NEI SETTORI DELLA POLITICA ESTERA E DI SICUREZZA COMUNE E IN QUELLO DELLA GIUSTIZIA E DEGLI AFFARI INTERNI ANALISI DELLA PRASSI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2002. http://hdl.handle.net/10077/14652.

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BIANCHESSI, ANDREA. "COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO: IL RUOLO DELLA SOCIETA' CIVILE NELLE POLITICHE DELLA BANCA MONDIALE E DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/307.

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La presente tesi di dottorato valuta i rapporti tra le organizzazioni della società civile e le istituzioni internazionali nel sistema della cooperazione per lo sviluppo, attraverso l'analisi delle politiche della Banca Mondiale e dell'Unione Europea, che risultano gli attori multilaterali più rilevanti nell'allocazione e gestione dei finanziamenti dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Nel quadro di relazioni cooperative-dialettiche, si verificano le funzioni degli interlocutori della società civile nel rapporto con le due organizzazioni internazionali e i livelli di partnership. Si analizzano alcuni nodi problematici come la valutazione della performance dei progetti delle organizzazioni della società civile (OSC), per verificarne il valore aggiunto; la dicotomia tra un approccio top-down e bottom-up nella pianificazione di processi di sviluppo locale; la rappresentatività e l'efficacia del contributo delle OSC alla global governance per lo sviluppo. Si presentano anche due casi empirici di progetti realizzati da una stessa OSC, finanziati dalle due istituzioni considerate, al fine di favorire, attraverso l'analisi “micro”, la comprensione di eventuali diversità rispetto al quadro teorico, alle procedure sul “ciclo di progetto” e ai rilevamenti quantitativi presentati. Complessivamente, emerge che la cooperazione tra OSC e le istituzioni internazionali ha maggiori benefici che costi e conduce ad una partnership win-win per entrambi.
The present PhD thesis considers the relationships between the organisations of civil society and the international institutions in development cooperation's system through the analysis of the World Bank's and the European Union's policies. In the frame of cooperative and dialectic relationships will be verified the functions of the interlocutors of the civil society in relationship with the two international organisations and levels of partnership. Some problematic knots will be analysed such as the evaluation of projects' performance of the organisations of the social society (OSC) in order to verify the added value; the dichotomy between a top-down and bottom-up approach in the process planning of the local development; the representation and effectiveness of the OSC's contribution to the global governance for development. Two empirical cases of projects realised by an OCE will be showed. These are financed by the two above considered institutions in order to favour, through a “micro” analysis, the comprehension of possible differences regard to the theoretical picture, to the procedures of the project cycle and to the quantitative showed survey. Altogether it appears that the cooperation between the OSC and the international institutions has more benefits than costs and leads to a win-win partnership.
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BIANCHESSI, ANDREA. "COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO: IL RUOLO DELLA SOCIETA' CIVILE NELLE POLITICHE DELLA BANCA MONDIALE E DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/307.

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La presente tesi di dottorato valuta i rapporti tra le organizzazioni della società civile e le istituzioni internazionali nel sistema della cooperazione per lo sviluppo, attraverso l'analisi delle politiche della Banca Mondiale e dell'Unione Europea, che risultano gli attori multilaterali più rilevanti nell'allocazione e gestione dei finanziamenti dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Nel quadro di relazioni cooperative-dialettiche, si verificano le funzioni degli interlocutori della società civile nel rapporto con le due organizzazioni internazionali e i livelli di partnership. Si analizzano alcuni nodi problematici come la valutazione della performance dei progetti delle organizzazioni della società civile (OSC), per verificarne il valore aggiunto; la dicotomia tra un approccio top-down e bottom-up nella pianificazione di processi di sviluppo locale; la rappresentatività e l'efficacia del contributo delle OSC alla global governance per lo sviluppo. Si presentano anche due casi empirici di progetti realizzati da una stessa OSC, finanziati dalle due istituzioni considerate, al fine di favorire, attraverso l'analisi “micro”, la comprensione di eventuali diversità rispetto al quadro teorico, alle procedure sul “ciclo di progetto” e ai rilevamenti quantitativi presentati. Complessivamente, emerge che la cooperazione tra OSC e le istituzioni internazionali ha maggiori benefici che costi e conduce ad una partnership win-win per entrambi.
The present PhD thesis considers the relationships between the organisations of civil society and the international institutions in development cooperation's system through the analysis of the World Bank's and the European Union's policies. In the frame of cooperative and dialectic relationships will be verified the functions of the interlocutors of the civil society in relationship with the two international organisations and levels of partnership. Some problematic knots will be analysed such as the evaluation of projects' performance of the organisations of the social society (OSC) in order to verify the added value; the dichotomy between a top-down and bottom-up approach in the process planning of the local development; the representation and effectiveness of the OSC's contribution to the global governance for development. Two empirical cases of projects realised by an OCE will be showed. These are financed by the two above considered institutions in order to favour, through a “micro” analysis, the comprehension of possible differences regard to the theoretical picture, to the procedures of the project cycle and to the quantitative showed survey. Altogether it appears that the cooperation between the OSC and the international institutions has more benefits than costs and leads to a win-win partnership.
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GALATERI, DI GENOLA E. SUNIGLIA ELENA. "La politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione Europea e il fenomeno del social dumping. La tutela dei diritti sociali fondamentali." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2010. http://hdl.handle.net/10446/587.

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Marchiol, Fernanda. "Europeizzare la scienza: la crisi del CCR di Ispra tra cooperazione e competizione." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2022. https://hdl.handle.net/11572/361522.

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Questa ricerca si propone di analizzare in prospettiva storica la cooperazione scientifica come fattore di integrazione dell’Europa. Si focalizza sulla storia della Comunità Europea dell’Energia Atomica nella seconda metà degli anni Sessanta, con particolare attenzione alla crisi che ha investito le attività avviate nel Centro Comune delle Ricerche (CCR) di Ispra, in Italia. Nonostante l’immobilismo cui furono costrette le attività di ricerca, la crisi fu un momento cruciale per lo sviluppo delle politiche europee della ricerca, non solo perché i primi passi in questo ambito risalgono a quegli stessi anni, ma anche perché in molti casi furono strettamente connessi a ciò che stava accadendo all’interno di Euratom. Da allora Euratom fu progressivamente considerata parte di un più ampio progetto di europeizzazione di scienza e tecnologia. E in questo senso agì anche la necessità di ridefinire il ruolo del CCR per modellarlo su una nuova situazione politica internazionale dove, a un decennio dalla sua creazione, aveva perso gran parte della sua potenziale competitività. In quest’ottica la crisi si configura come un momento di complessa elaborazione teorica e sintesi tra visioni contrastanti sul modello di governance della scienza. L’analisi degli avvenimenti segue tre prospettive di indagine, guardando alla circolazione delle idee e alle relazioni tra persone. La prima va in profondità sul pensiero e l’azione dei protagonisti delle vicende, politici e scienziati: da un lato, guarda all’attività svolta dai primi due commissari europei delegati a scienza e tecnologia, Fritz Hellwig e Altiero Spinelli, prendendo in analisi le proposte scientifiche che la Commissione a più riprese mise a punto per risolvere la crisi, comprese quelle scartate, con lo scopo di vedere chi fu coinvolto nel processo decisionale, oltreché le strategie e finalità che hanno orientato le decisioni; d’altro lato, vengono analizzate le proposte e le rivendicazioni provenienti dalla comunità scientifica, con attenzione alla dimensione sociale della scienza, al ruolo degli scienziati, al rapporto tra scienziati e politici e al dibattito pubblico sulla stampa. La seconda prospettiva di ricerca privilegia la dimensione italiana. La crisi di Euratom, infatti, colpì soprattutto il principale centro del CCR, ossia lo stabilimento italiano di Ispra. Al centro delle vicende ricostruite ci fu un continuo rimbalzo tra la dimensione europea e quella italiana perciò per restituire questa duplice dimensione, nazionale e sovranazionale, è bene considerare il CCR di Ispra come parte di entrambi i contesti geopolitici. Infine, come terza prospettiva, questo studio si interroga sulla valenza politica intrinseca alla tecnologia, considerando la scienza non solo come strumento di cooperazione, ma anche come fattore di tensione nelle relazioni transnazionali. La ricerca si fonda su un’estesa analisi di fonti documentarie conservate in archivi italiani ed europei di istituzioni e personalità o edite. Una prima tipologia riguarda quelle prodotte dalle istituzioni europee e dagli enti nazionali, come verbali, atti preparatori e documenti di policy; altre fonti riguardano le carte provenienti dagli archivi privati dei politici e degli scienziati, soprattutto italiani, oltre alle testimonianze da essi lasciate come scritti e diari, oltre alla ricca collezione di fonti di storia orale conservata negli Archivi Storici dell’Unione Europea; infine, per ricostruire il contesto culturale e intellettuale in cui avveniva la discussione sulla scienza, la ricerca analizza il dibattito pubblico svoltosi sulla stampa italiana ed europea, utilizzando fonti di tipo giornalistico reperite sia negli archivi sopra menzionati, sia negli archivi storici di quotidiani e riviste specialistiche nazionali e internazionali.
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Troisi, Roberta. "La cooperazione in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea per la prevenzione ed il contrasto della criminalità organizzata transnazionale." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/337.

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2010 - 2011
La tesi ha ad oggetto l’analisi e lo studio degli strumenti predisposti in ambito europeo per prevenire e, soprattutto, per contrastare e combattere la criminalità organizzata transnazionale, in una visione di cooperazione giudiziaria e di polizia tra gli Stati membri dell’Unione europea. Preliminarmente, analizza il fenomeno della criminalità organizzata sia in una prospettiva interna che in una prospettiva transnazionale. Da un lato mette in evidenza la difficoltà di enucleare nel nostro ordinamento una definizione normativa della categoria dei “reati di criminalità organizzata” e dall’altro pone l’accento sull’evoluzione, nell’ambito dell’Unione europea, dell’elaborazione del concetto di “criminalità organizzata transnazionale”. Si concentra, poi, sull’analisi dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia predisposto anche per garantire una più efficace prevenzione ed un migliore contrasto della criminalità organizzata transnazionale. Infine, analizza gli organi e gli strumenti di cooperazione giudiziaria e di polizia apprestati specificamente dall’Unione europea per contrastare la criminalità organizzata transfrontaliera. ****** The thesis concerns the analysis and study of the tools designed in Europe to prevent and, above all, to oppose and to fight against transnational organized crime, in a vision of judicial and police cooperation between Member States of the European Union. Preliminarily, it analyzes the phenomenon of organized crime from internal perspective as from a transnational perspective. On one hand, it highlights the difficulty of identifying in our legal system whit a normative definition of the category of “crimes of organized crime” and on the other, focuses on the development within the European Union, of the elaboration of the concept of “transnational organized crime”. It focuses then on the analysis of the area of freedom, security and justice also designed to ensure a more effective prevention and a better contrast of transnational organized crime. Finally, it analyzes the organs and the instruments of judicial and police cooperation and police disposed specifically by the European Union to combat transnational organized crime. [a cura dell'autore]
X n.s.
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MONICI, SOFIA. "LA PROCURA EUROPEA NEL CONTESTO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE IN MATERIA PENALE TRA VINCOLI NAZIONALI E SOVRANAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/565232.

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La tesi affronta il tema della realizzazione della Procura europea (European Public Prosecutor’s Office, acronimo EPPO), istituita con il regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, dopo quasi un ventennio di studi e proposte e non senza significative rinunce rispetto alle originarie aspirazioni. Tradizionalmente il tema è stato affrontato dagli studiosi attraverso l’impiego di categorie concettuali proprie dei settori disciplinari del diritto penale e del diritto processuale penale, con tutti i meriti, ma ovviamente anche i limiti, di un’indagine che comporta l’adozione di una prospettiva di diritto interno. La predilezione per un simile approccio si deve, sostanzialmente, alla genesi del progetto che si è sviluppato a partire da uno studio comparatistico, ma soprattutto alle sue implicazioni. Comprensibilmente, infatti, la dottrina italiana e straniera si è interessata principalmente della sua compatibilità con gli ordinamenti nazionali, misurando la fattibilità e realizzabilità del progetto con le eterogeneità proprie delle tradizioni giuridiche degli stessi. L’elaborato inquadra, invece, il tema trattato dal punto di osservazione del diritto dell’Unione europea sul presupposto l’Ufficio è destinato ad inserirsi nel contesto giuridico-istituzionale dell’UE, nel rispetto dei principi che fondano la competenza dell’UE in materia penale, ne regolamentano l’esercizio e, infine, stabiliscono la portata e l’intensità dell’azione dell’UE in tale “delicato” settore. Nella medesima ottica, merita altrettanta considerazione il fatto che EPPO si collocherà nel panorama degli attori ed organismi di cooperazione e coordinamento già esistenti, aventi specifiche competenze in materia penale ed attivi anche nel campo della protezione degli interessi finanziari dell’UE. In tale prospettiva, il primo capitolo intende costituire la premessa metodologica e la chiave di lettura dell’intero lavoro, inquadrando l’argomento trattato nel contesto delle specificità del processo di integrazione europea in materia penale, con particolare attenzione ai suoi principi ispiratori ed ai suoi connaturati limiti. Il secondo capitolo ripercorre gli studi, le proposte, i documenti (istituzionali e non) che hanno dato avvio al dibattito intorno alla figura di un’autorità inquirente europea e che hanno condotto all’introduzione di una base giuridica ad hoc per l’istituzione dell’ufficio - inserita dal trattato di Lisbona all’art. 86 TFUE – sul cui fondamento è stato intrapreso un lungo e complesso iter legislativo conclusosi, in data 12 ottobre 2017, con l’approvazione del regolamento. Il terzo, quarto e quinto capitolo sono dedicati, rispettivamente, ai profili istituzionali, alla competenza materiale e, da ultimo, agli aspetti operativi relativi al funzionamento dell’Ufficio ed ai rapporti con i “partners”. Le previsioni del testo di regolamento sono esaminate mettendone in evidenza i profili critici e potenzialmente problematici. Il lavoro indaga anche le specifiche implicazioni connesse al ricorso alla cooperazione rafforzata.
The thesis deals with the issue of the creation of the European Public Prosecutor's Office (EPPO), established by Council Regulation (EU) 2017/1939 of 12 October 2017, after almost two decades of studies and proposals. Traditionally, the subject has been studied in the disciplinary fields of criminal law and criminal procedure, with all the merits but also all the limits of a research that involves the adoption of a perspective of domestic law. The predilection for such an approach was essentially due to the genesis of the project that developed from a comparative study, but above all to its implications. Reasonably, in fact, the Italian and foreign doctrine was mainly concerned with its compatibility with national laws and national legal traditions. Unlike these studies, the paper examines the subject from the perspective of EU law. In fact, EPPO set-up regulation must respect the principles that base the competence of the EU in criminal matters, regulate the exercise and finally establish the scope and the intensity of EU action in this "sensitive" sector. Furthermore, the Office will place itself in the panorama of the already existing cooperation and coordination actors and bodies, having specific competences in criminal matters and active also in the field of the protection of the financial interests of the EU. From this perspective, the first chapter represents the methodological premise and the key to understanding the entire work. In this chapter the issue is framed in the context of the specificities of the process of European integration in criminal matters, with particular attention to its inspiring principles and its inherent limits. The second chapter examines the studies, proposals, documents (both institutional and non-institutional) that started the debate around the figure of a European investigating authority and which led to the introduction of an ad hoc legal basis for the establishment of the Office, inserted by the Treaty of Lisbon in the art. 86 TFEU. The chapter ends with the long and complex legislative process that led to the approval of the regulation even if with significant renunciations compared to the original aspirations. First of all, the use of enhanced cooperation. The third, fourth and fifth chapters are dedicated, respectively, to institutional profiles, material competence and, lastly, to the operational aspects related to the functioning of the Office and to relations with "partners". In this part, the provisions of the regulation text are examined by highlighting the critical and potentially problematic profiles. The work also investigates the specific implications related to the use of enhanced cooperation.
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ROMANOVA, PETYA PETKOVA. "Governo, gestione, tutela e valorizzazione delle risorse territoriali: la Bulgaria nel contesto della politica di sviluppo rurale dell'Unione Europea. Un caso di cooperazione transnazionale." Doctoral thesis, Università di Foggia, 2015. http://hdl.handle.net/11369/338324.

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ABSTRACT La politica di sviluppo rurale della Bulgaria cerca di sfruttare i punti di forza delle zone rurali per innescare uno sviluppo inclusivo che porti benessere e opportunità, potenziando competitività e diversificazione del settore agroalimentare e migliorando la qualità della vita. Dopo l’ingresso nell’Unione europea, tale strategia si è dovuta integrare nella politica di sviluppo rurale europea, che riconosce l’importanza delle aree rurali e il bisogno di affrontarne i problemi in maniera comprensiva. Suo tratto caratteristico è l’approccio LEADER, che vuole sviluppare le aree rurali anche creando Gruppi di Azione Locale (GAL), col compito di integrare misure settoriali distinte e di coinvolgere i diversi attori economici e sociali. La strategia di sviluppo rurale europea è stata una delle politiche che hanno avuto un maggiore impatto sulle condizioni di vita delle popolazioni rurali bulgare. Mentre le autorità centrali cercano di mantenerne il controllo e di utilizzare i fondi europei per legittimarsi, i GAL si sono dimostrati cpaci di aderire il più possibile alle caratteristiche e ai bisogni del territorio, anche tramite collaborazioni transazionali, che hanno rivelato affinità impensate, come nel progetto Cross Border for Rural Identities Development – Adriatic Sea/Black Sea. ABSTRACT in English The rural development policy in Bulgaria seeks to exploit the strengths of rural areas to trigger inclusive development that brings wealth and opportunity, enhancing competitiveness and diversification of the agriculture sector and improving the quality of life. After joining the European Union, this strategy has had to integrate into the European rural development policy, which recognizes the importance of rural areas and the need to tackle its problems in a comprehensive manner. Its characteristic feature is the LEADER approach, which wants to develop the rural areas also creating Local Action Groups (LAGs), with the task of integrating sectoral measures distinct and involve different economic and social actors. The rural development strategy in Europe was one of the policies that have had a greater impact on the living conditions of rural populations Bulgarian. While the central authorities are trying to maintain control and to use European funding to legitimize itself, the LAGs have proven cpaci to adhere as much as possible to the characteristics and needs of the territory, also through collaborations transactional, which revealed unexpected affinities, as in Cross Border Identities project for Rural Development - Adriatic Sea / Black Sea.
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AQUIRONI, Ilaria. "Il carattere integrale del diritto internazionale privato dell'Unione europea - L'interazione delle norme riguardanti la competenza giurisdizionale, i conflitti di leggi, l'efficacia delle decisioni e la cooperazione tra autorità." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2487871.

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Capozzolo, Michela. "La «libera circolazione» delle decisioni in materia civile e commerciale nello Spazio giudiziario europeo. Regime generale e settori specifici." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2017. http://hdl.handle.net/10556/3175.

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2015 - 2016
The doctoral thesis analyses the discipline of the “circulation” of judgments in civil and commercial matters within the European judicial area, comparing the evolution of the “general” regime - in the light of the amendments made by Regulation (EU) No. 1215/2012, which systematically reproduces and revises Regulation (EC) No 44/2001 (Brussels I) - with that of the sectoral regulations, which have to varying degrees been inspired by this regime. The work consists of two parts and has been structured in the form of a comparison between the general and sectoral regulations. The first part analyses the so-called Brussels I-bis system in order to highlight its innovations and its elements of continuity with the previous system, in particular by identifying the changes made to the system of recognition and enforcement of judgments. The second part is aimed at examining the rules governing the recognition and enforcement of judgments and extrajudicial decisions in specific areas of civil and commercial practice. Dealing with these pieces of legislation is far from easy, especially in relation to the sensitivity and transversality of the legislation at issue. Ultimately, the techniques of “automatic” recognition and enforcement, supported by the acquired equivalence between the procedural systems of the Member States and by a high degree of functional subsidiarity of their national law, are proving to be the most radical means to achieve the overriding objective of establishing and maintaining equivalent protection throughout the European judicial area. [edited by Author]
XXIX ciclo
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28

Marino, Silvia. "Metodi di tutela del contraente debole nel diritto internazionale privato comunitario." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2633.

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Анотація:
2006/2007
La tesi di dottorato ha ad oggetto un tema ormai classico nel diritto internazionale privato, ovvero la tutela del contraente debole. Tuttavia, l’approccio vuole diversificarsi. Infatti, oggetto dello studio è l’analisi dei metodi che sono utilizzati al fine di tutelare la parte debole, e non solo l’esame dei testi normativi, della giurisprudenza e delle sue ripercussioni. L’ambito della ricerca è limitato al settore della cooperazione giudiziaria comunitaria in materia civile: infatti, lo scopo è quello di verificare se i tradizionali strumenti del diritto internazionale privato classico siano stati recepiti anche in tale settore o se il diritto comunitario presenti degli aspetti di originalità. Successivamente, si vuole verificare se i metodi utilizzati siano idonei allo scopo. La tesi è composta di cinque capitoli, di cui uno introduttivo e gli altri di analisi dei metodi di coordinamento fra ordinamenti. Un capitolo introduttivo si è reso necessario in primo luogo per rilevare le specificità della cooperazione giudiziaria in materia civile rispetto al diritto internazionale privato in senso classico. Così, si vuole dar conto delle evoluzioni storiche dello specifico settore, con particolare rilievo alla sua “comunitarizzazione”, che ha portato alla trasformazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 nel regolamento n. 44/2001 e che condurrà entro breve termine all’approvazione del regolamento “Roma I”, sostitutivo della Convenzione di Roma del 1980. Proprio in quest’ottica si vuole notare come diversi problemi tipici del diritto internazionale privato non si pongano a livello comunitario. Ci si riferisce, in particolare, al problema della qualificazione, che trova una soluzione univoca grazie alle competenze pregiudiziali attribuite alla Corte di giustizia, perdendo così, in questo settore, interesse le discussioni dottrinali e le diverse soluzioni giurisprudenziali circa le modalità di risoluzione della questione. Inoltre, sempre nel capitolo introduttivo, ci si chiederà cosa debba intendersi per tutela della parte contrattuale debole nel sistema internazionalprivatistico. Si prendono in esame due diverse possibilità, discusse dalla dottrina: la prima, secondo la quale deve essere garantita l’applicazione della legge sostanzialmente più favorevole possibile al contraente debole; la seconda, che ritiene che solo debbano essere assicurate delle garanzie minime, in particolare quelle previste dalle legge di residenza abituale del consumatore, in quanto legge da questi meglio conosciuta. Dopo una breve discussione, si motiva la scelta, che ricade su quest’ultima concezione. I quattro capitoli centrali sono dedicati all’analisi dei metodi di conflitto, quindi il primo al metodo classico, il secondo al rinvio all’ordinamento competente, il terzo alle norme di conflitto a finalità materiale, il quarto all’autonomia nella scelta del foro e della legge applicabile. Ogni capitolo si inizia con un’indagine, anche di carattere storico, sulle caratteristiche principali dei singoli metodi e le loro peculiarità; quindi, nel limitato ambito del rapporto contrattuale, si verifica se il diritto comunitario ne sia tributario, se abbia solamente recepito il metodo tradizionale o abbia apportato degli elementi di novità; in ogni caso, si verifica se le scelte compiute in sede comunitaria possano effettivamente garantire una tutela sufficientemente significativa alla parte debole. La dottrina italiana ha distinto un ulteriore metodo di diritto internazionale privato, il cd. jurisdictional approach. Come osservato anche nel corso del lavoro, non si è scientemente proposta un’analisi di questo metodo, perché non è parso utilizzato nel diritto internazionale privato comunitario in materia contrattuale. Pertanto, un suo esame avrebbe avuto una valenza meramente teorica, senza alcun fondamento normativo nel nostro ambito di ricerca. Accanto all’esame dei singoli metodi, alcuni strumenti e istituti tipici del diritto internazionale privato vengono presi in esame. Tipico è il caso del rinvio, la cui analisi assume un particolare rilievo proprio nel capitolo terzo allo scopo di verificare se possa essere ammesso un rinvio in favorem. Il problema, certo, non si pone nel campo di applicazione della Convenzione di Roma, che esclude l’operatività del rinvio, ma diventa interessante per quanto attiene il contratto di assicurazione, dal momento che le direttive sui servizi assicurativi non contengono una disciplina completa di diritto internazionale privato e non forniscono alcuna soluzione al problema. Inoltre, una particolare attenzione è prestata a tre strumenti classici, che possono essere utilizzati e che sono in effetti stati utilizzati al fine di tutelare una delle parti del rapporto, ovvero le norme di applicazione necessaria, le disposizioni imperative e l’ordine pubblico. Delineata la loro nozione nel primo capitolo, successivamente si verifica il loro ruolo all’interno dei diversi metodi. Così, si noterà che essi risultano indispensabili nel metodo classico, che, essendo caratterizzato dall’astrattezza, non prende in considerazione il contenuto sostanziale della legge applicabile, potendo lasciare la parte debole sprovvista di ogni tutela. Un’analoga conclusione può essere raggiunta per quanto attiene il metodo del rinvio all’ordinamento competente – con alcune peculiarità per quanto riguarda l’applicazione dei principi di ordine pubblico dell’ordinamento competente nello Stato del foro - ; questi limiti all’applicazione del diritto straniero, pur non essendo meno rilevanti, trovano una diversa giustificazione qualora la legge applicabile e il giudice competente siano stati scelti dalle parti: in tal caso, infatti, si tratta di tutelare la parte debole contro pressioni derivanti dall’altro contraente e dovute dal disequilibrio del potere negoziale dei due. All’opposto, quando la norma di conflitto ha carattere materiale, l’ordine pubblico pare avere invero scarsa rilevanza e il ruolo delle norme di applicazione necessaria e le disposizioni imperative è modesto, proprio perché la legge applicabile già risponde alle esigenze minime di tutela della parte debole richieste dalla lex fori. Un ulteriore aspetto di particolare interesse è relativo alla tendenziale coincidenza fra forum e ius. L’ultima parte del terzo capitolo è dedicata a questo problema; dopo un esame delle disposizioni rilevanti, si verifica se già questa coincidenza sia idonea a tutelare la parte contrattuale debole – fornendosi una risposta positiva e illustrandone le ragioni. Inoltre, proprio questa coincidenza può comportare delle soluzioni peculiari quanto al rilievo delle norme di applicazione necessaria della lex fori, appunto perché avente anche il ruolo di lex causae. Ogni capitolo presenta una conclusione parziale, che illustra gli elementi di continuità e di novità del diritto comunitario rispetto al diritto internazionale privato classico. Inoltre, si verifica se tali soluzioni siano effettivamente idonee a garantire una tutela minima alla parte contrattuale debole. Lo scopo è quello di rilevare, soprattutto, l’originalità di certe scelte del sistema di cooperazione giudiziaria in materia civile. .Questo elemento è messo in particolare rilievo nelle Conclusioni. In primo luogo si vuole mettere in luce come la cooperazione giudiziaria in materia civile parta da basi molto diverse rispetto ai sistemi convenzionali di diritto internazionale privato. Infatti, nel diritto comunitario è richiesto un coordinamento fra ordinamenti molto più forte, che non si limita ad alcuni contatti estemporanei ed occasionali. Anche nell’elaborazione di un sistema comune di diritto internazionale privato e processuale deve tenersi conto delle finalità essenziali del diritto comunitario – il funzionamento del mercato interno e lo sviluppo della libera circolazione intracomunitaria. La cooperazione giudiziaria non può prescindere da questi aspetti. Pertanto, anche la tutela della parte contrattuale debole deve essere contemperata con altre esigenze, quelle della produzione, e soprattutto la Convenzione di Roma costituisce un esempio della ricerca di questo difficile bilanciamento. In secondo luogo, tornando, conclusivamente, ai metodi di coordinamento e a riflessioni sottostanti a tutto il lavoro, si vuole notare come la struttura degli articoli 5, par. 3 e 6, par. 2 della Convenzione di Roma paia quella maggiormente idonea ad assicurare la tutela della parte debole, almeno nel senso che si è inteso nel nostro lavoro. Si sottolineano i vantaggi di chiarezza e di certezza del diritto che una tale soluzione consente – caratteristiche che rendono la contrattazione internazionale più sicura e interessante anche per l’altra parte; la semplicità dell’accertamento giudiziale circa la legge applicabile; la più facile conoscibilità dei diritti della parte debole. Inoltre, in queste ipotesi è modesto il rilievo delle norme di applicazione necessaria, delle disposizioni imperative e dell’ordine pubblico, a meno che non sia richiamata la legge di uno Stato non comunitario, elemento che risalta ancora la semplicità e l’idoneità di una tale soluzione e che distingue profondamente questo metodo dalla scelta di legge applicabile che, in molte ipotesi, ha bisogno almeno del correttivo delle disposizioni imperative. La tendenziale semplicità nell’applicazione di queste norme risulta, infine, rafforzata dal coordinamento che si è effettuato fra la Convenzione di Roma – e il prossimo regolamento “Roma I” - e il reg. n. 44/2001, il quale consente, in molteplici casi, l’applicazione da parte del giudice della lex fori. L’immediatezza di una tale soluzione alle problematiche del conflitto di leggi e di competenza giurisdizionale garantisce una tutela minima alla parte debole e, contemporaneamente, assicura una sufficiente certezza del diritto alla controparte, operatore economico.
XX CICLO
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29

Tondi, Veronica. "Reati ambientali e coordinamento investigativo." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2021. http://hdl.handle.net/11385/210524.

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Reati ambientali ed esigenze di coordinamento delle indagini. Il coordinamento delle indagini in ambito nazionale. Il coordinamento delle indagini nel contesto dell’Unione europea: il ruolo di Eurojust.
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MANFREDI, MATTEO. "GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI NEL SETTORE AGRICOLO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E IL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19080.

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Il presente lavoro esamina le politiche e gli strumenti giuridici di promozione e di tutela degli investimenti internazionali nel settore agricolo di uno dei principali attori coinvolti nella nuova corsa alla terra: l’Unione europea. Il primo capitolo analizza la competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali, al fine di comprendere la portata innovativa dei trattati di libero scambio di nuova generazione dell’Unione. Il secondo e il terzo capitolo individuano delle possibili soluzioni alle due principali esigenze legate agli investimenti in terre agricole, quali la stabilità e la protezione dell’investimento, da una parte, e la tutela delle popolazioni locali, dall’altra, attraverso un’analisi critica della politica commerciale comune e della politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE. La tesi intende dimostrare che i trattati di libero scambio negoziati dall’Unione europea e la politica di cooperazione allo sviluppo dell’Unione possono contribuire a promuovere una maggiore certezza giuridica dell’ordinamento dei Paesi in via di sviluppo, punto fondamentale per qualsiasi riforma del settore agricolo, e conseguentemente garantire una maggior protezione non solo per chi investe, ma anche per le popolazioni locali.
The dissertation investigates the policies and the legal instruments for the international investments' promotion and protection in agriculture of one of the main actors involved in the new land rush: the European Union. The first chapter analyses the EU’s competence over the conclusion of international treaties in order to understand the main innovations of the new generation of EU trade agreements. The second and third chapters focus on possible solutions of the two main agricultural lands investments’ requirements: investment protection and certainty, on the one hand, and protection of local populations, on the other, through a critical analysis of the EU common commercial policy and of the EU development cooperation policy. The thesis aims to provide that the EU free trade agreements and the EU development policy may promote a major legal certainty for developing countries, a key point for any agrarian reform, and consequently guarantee more protection not only for investors but also for local populations.
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MANFREDI, MATTEO. "GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI NEL SETTORE AGRICOLO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E IL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19080.

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Il presente lavoro esamina le politiche e gli strumenti giuridici di promozione e di tutela degli investimenti internazionali nel settore agricolo di uno dei principali attori coinvolti nella nuova corsa alla terra: l’Unione europea. Il primo capitolo analizza la competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali, al fine di comprendere la portata innovativa dei trattati di libero scambio di nuova generazione dell’Unione. Il secondo e il terzo capitolo individuano delle possibili soluzioni alle due principali esigenze legate agli investimenti in terre agricole, quali la stabilità e la protezione dell’investimento, da una parte, e la tutela delle popolazioni locali, dall’altra, attraverso un’analisi critica della politica commerciale comune e della politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE. La tesi intende dimostrare che i trattati di libero scambio negoziati dall’Unione europea e la politica di cooperazione allo sviluppo dell’Unione possono contribuire a promuovere una maggiore certezza giuridica dell’ordinamento dei Paesi in via di sviluppo, punto fondamentale per qualsiasi riforma del settore agricolo, e conseguentemente garantire una maggior protezione non solo per chi investe, ma anche per le popolazioni locali.
The dissertation investigates the policies and the legal instruments for the international investments' promotion and protection in agriculture of one of the main actors involved in the new land rush: the European Union. The first chapter analyses the EU’s competence over the conclusion of international treaties in order to understand the main innovations of the new generation of EU trade agreements. The second and third chapters focus on possible solutions of the two main agricultural lands investments’ requirements: investment protection and certainty, on the one hand, and protection of local populations, on the other, through a critical analysis of the EU common commercial policy and of the EU development cooperation policy. The thesis aims to provide that the EU free trade agreements and the EU development policy may promote a major legal certainty for developing countries, a key point for any agrarian reform, and consequently guarantee more protection not only for investors but also for local populations.
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DE, LUCA CARLOTTA. "L'ORDINE EUROPEO D'INDAGINE PENALE: DISCIPLINA NORMATIVA E PRIME ESPERIENZE APPLICATIVE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/919437.

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L’ordine europeo di indagine penale, introdotto dalla direttiva 2014/41/UE, è uno strumento di cooperazione giudiziaria nel settore delle prove divenuto imprescindibile a fronte della crescente dimensione transnazionale assunta dalla criminalità, quale conseguenza dell’evaporazione dei confini geografici nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione europea. La direttiva sovranazionale, recepita nell’ordinamento italiano attraverso il d.lgs. n. 108 del 2017, ha dato vita a un istituto avente natura ibrida, animato dal principio del reciproco riconoscimento, che conserva, al contempo, alcuni tratti tipici della mutua assistenza giudiziaria tradizionale, nel tentativo di coniugare l’efficienza investigativa e la tutela delle garanzie fondamentali. Sullo sfondo di un contesto caratterizzato dall’assenza di armonizzazione tra le regole processuali e probatorie nazionali, il meccanismo di acquisizione della prova all’estero ruota attorno al principio di proporzionalità, che prende forma nel giudizio di bilanciamento, da condursi in concreto tenendo conto delle peculiarità del caso, tra le esigenze connesse all’accertamento del reato e il sacrificio imposto ai diritti delle persone a vario titolo coinvolte nelle procedure di emissione ed esecuzione dell’ordine. La presente tesi di dottorato intende fornire un’analisi a trecentosessanta gradi dell’ordine europeo d’indagine, prendendo le mosse dalla disciplina normativa, con l’obiettivo di mettere in luce le principali problematiche emerse nelle sue prime esperienze applicative e individuare soluzioni in grado di accorciare le distanze che separano teoria e prassi. A tal fine, ampio spazio è dedicato alla ricostruzione delle prime pronunce giurisprudenziali rese sul tema dalla Corte di giustizia e dalla Corte di cassazione, che rivelano complessivamente la tendenza a prediligere le istanze di efficienza investigativa a scapito dei diritti della difesa, per poi esporre, in chiave critica, alcuni casi pratici selezionati presso le Procura della Repubblica di Milano e di Monza
The European criminal investigation order, introduced by Directive 2014/41/EU, is an instrument of judicial cooperation in the field of evidence, which has become necessary, given the growing transnational dimension of crime as a result of the sublimation of geographical boundaries in the European Union's Area of Freedom, Security and Justice. The supranational directive, implemented by Italian Legislative Decree no. 108 of 2017, has given rise to a construct of hybrid nature, inspired by the principle of mutual recognition, which maintains, at the same time, certain features typical of traditional mutual legal assistance, in an attempt to combine investigative efficiency and protection of fundamental guarantees. In an underlying backdrop still characterized by the absence of harmonization of national procedural and evidentiary rules, the mechanism for adducing evidence in a foreign country revolves around the principle of proportionality, which in turn takes shape in the context of a balancing judgement - to be conducted in the actual case and taking into consideration the specificities of such case - between the needs related to the detection of crime and the sacrifices imposed on the rights of the persons involved, for various reasons, in the procedures aimed at issuing and executing the relevant order. This doctoral thesis intends to provide a comprehensive analysis of the European Investigation Order, beginning with its legal framework, for the purposes of highlighting the main problems that have emerged in its early-stage enforcement and of identifying solutions capable of shorten the gap between theory and practice. To this end, a large space is firstly dedicated to the analysis of the early case-law rendered by the Court of Justice and by the Italian Court of Cassation on this theme, which reveals the overall tendency to prefer purposes of investigatory efficiency to the detriment of defense rights; secondly, this thesis critically evaluates some practical cases selected at the Public Prosecutor's Office of Milan and Monza.
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Milanesi, Francesco Carlo <1979&gt. "Cooperazione giudiziaria in materia penale: il mandato d'arresto europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1587/1/Tesi_Milanesi_FrancescoCarlo.pdf.

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Milanesi, Francesco Carlo <1979&gt. "Cooperazione giudiziaria in materia penale: il mandato d'arresto europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1587/.

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Paggi, Eleonora. "Acquis, integrazione differenziata, unita' dell'ordinamento dell'unione: verso nuovi modelli di integrazione in Europa? Spunti di una riflessione teorica a valle dell'introduzione del c.d. pacchetto sul brevetto europeo con effetto unitario." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426326.

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In the wake of the numerous institutional questions raised by the so-called Unitary Patent Package, the thesis aims to analyze the limits of the legitimate resort to differentiated integration techniques (or differentiation) within the EU legal order. In particular, the thesis focuses on the tools of enhanced cooperation, regulated by Article 20 TFEU, and international agreements concluded between Member States (the so-called inter se agreements) to exercise their shared competences. To these ends, the author defines the phenomenon of differentiated integration on the basis of Gaetano Arangio Ruiz's theory of legal pluralism and argues that it constitutes an essential feature of the European integration process. On the contrary, also in light of the enhanced role of the principle of subsidiarity in the Treaty of Lisbon, the thesis criticizes the legal doctrine maintaining the existence of the so-called principle of unity of EU law and the obligation of Member States to resort to EU legal instruments when they collectively exercise their shared competences. Finally, the thesis examines the limits imposed to differentiated integration by the structural features of EU law, as developed by the European Court of Justice throughout the process of self-constitution (in French, autoconstitution) of the European legal order. In particular, the analysis focuses on the principle of autonomy of the EU judicial system, as the necessary safeguard of the interindividual carachter of the EU legal order, and on the procedure of preliminary ruling as its keystone.
Prendendo spunto dalle questioni di natura istituzionale inerenti il legittimo esercizio delle tecniche di integrazione differenziata (o differenziazione) sollevate dal c.d. Pacchetto sul brevetto europeo con effetto unitario, la tesi affronta il tema dei limiti giuridici che l’ordinamento dell’Unione europea impone al fenomeno della differenziazione, con particolare riferimento agli istituti della cooperazione rafforzata, ex art. 20 TUE, ed allo strumento degli accordi internazionali inter se conclusi soltanto da alcuni Stati membri al fine di esercitare le competenze comunita rie non esclusive. A tal fine, l’analisi prende le mosse dalla nozione di integrazione differenziata, elaborata sulla bas e dei presupposti teorici accolti dalla dottrina pluralista, e ne evidenzia il carattere essenziale al processo di integrazione europea. Al contrario, anche alla luce del ruolo sempre più significativo riconosciuto dall’ordinamento comunitario al principio di sussidiarietà, l’analisi afferma l’insussistenza di un principio di c.d. unità dell’azione comunitaria ed esclude che possa argomentarsi la priorità giuridica degli strumenti comunitari su quelli internazionalistici nell’esercizio delle competenze non esclusive dell’UE. Infine l’elaborato si concentra sull’esame delle limitazioni imposte alla differenziazione dai principi strutturali inerenti il modo d’essere del diritto UE, così come sino ad ora effettivamente affermatosi ed autocostituitosi, concentrandosi sul ruolo necessario per la preservazione del carattere interindividuale dell’ordinamento rivestito dal principio di autonomia della tutela giurisdizionale comunitaria e, in quest’ottica, dall’istituto del rinvio pregiudiziale.
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Pollice, Alessia. "Portare la tecnologia in cabina: le nuove tecnologie a servizio dell'interprete e il caso della simultanea con testo." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9840/.

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The digital revolution has affected all aspects of human life, and interpreting is no exception. This study will provide an overview of the technology tools available to the interpreter, but it will focus more on simultaneous interpretation, particularly on the “simultaneous interpretation with text” method. The decision to analyse this particular method arose after a two-day experience at the Court of Justice of the European Union (CJEU), during research for my previous Master’s dissertation. During those days, I noticed that interpreters were using "simultaneous interpretation with text" on a daily basis. Owing to the efforts and processes this method entails, this dissertation will aim at discovering whether technology can help interpreters, and if so, how. The first part of the study will describe the “simultaneous with text” approach, and how it is used at the CJEU; the data provided by a survey for professional interpreters will describe its use in other interpreting situations. The study will then describe Computer-Assisted Language Learning technologies (CALL) and technologies for interpreters. The second part of the study will focus on the interpreting booth, which represents the first application of the technology in the interpreting field, as well as on the technologies that can be used inside the booth: programs, tablets and apps. The dissertation will then analyse the programs which might best help the interpreter in "simultaneous with text" mode, before providing some proposals for further software upgrades. In order to give a practical description of the possible upgrades, the domain of “judicial cooperation in criminal matters” will be taken as an example. Finally, after a brief overview of other applications of technology in the interpreting field (i.e. videoconferencing, remote interpreting), the conclusions will summarize the results provided by the study and offer some final reflections on the teaching of interpreting.
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Chittano, Congedo Chiara Maria Elena <1991&gt. "GLI ACCORDI EUROPEI PER L’EMIGRAZIONE NEL MEDITERRANEO - LA COOPERAZIONE TRA ITALIA E MAROCCO." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10439.

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Lo scopo di questo lavoro è quello di analizzare lo sviluppo dei progetti dell'Unione europea per l'area del Mediterraneo e più in particolare la cooperazione tra Italia e Marocco. L'interesse per questo tema nasce dallo studio delle relazioni e la storia dei paesi del Mediterraneo durante il primo anno presso l'Università di Ca’Foscari di Venezia. Nel primo capitolo ho approfondito le politiche attuali sull'immigrazione. Questa politica è costruito sulle risoluzioni di Londra del 1992: di fronte a un numero crescente di richiedenti asilo, all'inizio degli anni 1990, gli Stati membri dell'Unione europea hanno ritenuto necessario stabilire alcuni principi comuni per facilitare le procedure di determinazione e di ridurre la onere per le autorità nazionali rappresentate dal numero considerevole di domande manifestamente infondate, che ha ritardato il riconoscimento dei rifugiati in vero bisogno di protezione. Per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, l'Associazione Euro-Mediterraneo ha avuto i seguenti obiettivi: la cooperazione in materia di politica e di sicurezza al fine di creare uno spazio comune di pace e stabilità; la cooperazione economica e finanziaria che mira a creare uno spazio comune di prosperità; la partecipazione congiunta in campo sociale e culturale per lo sviluppo delle risorse umane e la promozione della comprensione tra le culture e gli scambi tra società civili. Nel 1999, in occasione del Consiglio europeo di Tampere, la strategia di lotta con l'immigrazione clandestina ha migliorato i controlli ai confini e una più stretta collaborazione con le autorità dei paesi di origine aggiungendo il tema in ogni futuro accordo di associazione o di cooperazione. Uno dei progetti principali è il programma MEDA, che fornisce sostegno finanziario alla politica mediterranea dell'Unione definita nella dichiarazione di Barcellona del 1995. Gli obiettivi principali sono quelli di sostenere la crescita economica, di sviluppare un migliore equilibrio socio-economico, per favorire l'integrazione regionale e di gradualmente creare una zona di libero scambio euro-mediterranea.   Nel 1985 Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi hanno deciso di creare un territorio senza confini, il “spazio Schengen”, dal nome della città di Lussemburgo, dove sono stati firmati i primi accordi. Questo accordo descrive gli obiettivi da raggiungere. Nel secondo capitolo ho descritto le origini della politica europea per il Mediterraneo. Questa politica è il risultato di un insieme di sicurezza e di accordi economici, ma anche il risultato di una serie di misure volte a promuovere la democrazia e i diritti umani. Poi sono stati creati la politica mediterranea globale e la politica europea rinnovata. Al fine di raggiungere la pace, la stabilità e la prosperità della regione mediterranea l'Europa deve orientare le loro azioni nella regione verso questi obiettivi. L'obiettivo della Conferenza di Barcellona è quello di instaurare un dialogo politico e globale. A tal fine essi tendono a creare un dialogo politico più forte al fine di definire alcuni obiettivi comuni in materia di stabilità interno ed esterno. Dopo cinque anni dalla rilancio del partenariato euromediterraneo La Commissione ha dichiarato che la dichiarazione di Barcellona aveva tre difetti: la PEM non ha portato i benefici per l'instabilità del Medio Oriente; il principio del partenariato non ha portato ai risultati sperati nel campo dei diritti umani; nel campo della riforma economica e degli gli investimenti.L'Unione europea ha compiuto negli ultimi anni uno sforzo per istituire partenariati con gli attori della società civile nei paesi limitrofi e per facilitare i processi di transizioni sociali e politici.
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ANGELERI, ELENA. "L'evoluzione della cooperazione territoriale in Europa: Analisi delle strategie di alcune Regioni italiane." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/561.

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L’oggetto della ricerca è costituito dalla cooperazione territoriale tra regioni confinanti e geograficamente non contigue che appartengono a Stati diversi nell’ambito dell’Unione europea. La tematica è studiata come caso specifico dell’internazionalizzazione delle regioni attraverso alcuni approcci disciplinari tipici degli studi europei, la multi-level governance, i policy networks e l’europeizzazione. L’analisi ripercorre le tappe principali dell’evoluzione della cooperazione territoriale in Europa, evidenziando l’impatto sulla stessa dei contesti giuridico-costituzionali nazionali e delle politiche delle istituzioni sopranazionali (Consiglio d’Europa e Unione europea). Lo studio è particolarmente incentrato sul ruolo giocato dalle caratteristiche delle singole regioni nella determinazione delle scelte e delle strategie in materia di cooperazione territoriale. A livello empirico, viene effettuata una comparazione tra le quattro regioni italiane del nord a Statuto ordinario.
Object of the research is the territorial cooperation among regions belonging to different States in the context of the European Union. With the term “territorial cooperation”, we refer to both cross-border and interregional cooperation. We deal with the topic as a specific case of the internationalization of the regions from a European studies’ perspective (multi-level governance, policy networks, Europeanization). The analysis is focused on the main stages of the evolution of the territorial cooperation in Europe, highlighting the impact on the issue of the heterogeneous national constitutional contexts and the supranational institutions’ policies (Council of Europe and European Union). In particular, we concentrate on the role of the regions’ features on their choices and strategies about territorial cooperation. The case-study is the comparison of the four Italian regions with ordinary statues.
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ANGELERI, ELENA. "L'evoluzione della cooperazione territoriale in Europa: Analisi delle strategie di alcune Regioni italiane." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/561.

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L’oggetto della ricerca è costituito dalla cooperazione territoriale tra regioni confinanti e geograficamente non contigue che appartengono a Stati diversi nell’ambito dell’Unione europea. La tematica è studiata come caso specifico dell’internazionalizzazione delle regioni attraverso alcuni approcci disciplinari tipici degli studi europei, la multi-level governance, i policy networks e l’europeizzazione. L’analisi ripercorre le tappe principali dell’evoluzione della cooperazione territoriale in Europa, evidenziando l’impatto sulla stessa dei contesti giuridico-costituzionali nazionali e delle politiche delle istituzioni sopranazionali (Consiglio d’Europa e Unione europea). Lo studio è particolarmente incentrato sul ruolo giocato dalle caratteristiche delle singole regioni nella determinazione delle scelte e delle strategie in materia di cooperazione territoriale. A livello empirico, viene effettuata una comparazione tra le quattro regioni italiane del nord a Statuto ordinario.
Object of the research is the territorial cooperation among regions belonging to different States in the context of the European Union. With the term “territorial cooperation”, we refer to both cross-border and interregional cooperation. We deal with the topic as a specific case of the internationalization of the regions from a European studies’ perspective (multi-level governance, policy networks, Europeanization). The analysis is focused on the main stages of the evolution of the territorial cooperation in Europe, highlighting the impact on the issue of the heterogeneous national constitutional contexts and the supranational institutions’ policies (Council of Europe and European Union). In particular, we concentrate on the role of the regions’ features on their choices and strategies about territorial cooperation. The case-study is the comparison of the four Italian regions with ordinary statues.
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Palmieri, Luigi. "Il rafforzamento della cooperazione giudiziaria in materia penale: da Eurojust al pubblico ministero europeo." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/355.

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2010 - 2011
La necessità di una cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione europea si è manifestata fin dal conseguimento dei primi successi raggiunti nell’ambito della costruzione comunitaria, e più che mai continua a manifestarsi oggi atteso il dilagare del crimine transnazionale. Proprio la realizzazione del mercato unico – e cioè, di uno spazio senza frontiere interne, nel quale assicurare i quattro principi fondamentali quali la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali – ha, infatti, determinato una crescita esponenziale della criminalità ed una sua estensione non solo quantitativa ma soprattutto spaziale di essa. Se, in particolare, la cd. globalizzazione dei rapporti socioeconomici, la liberalizzazione delle regole relative agli spostamenti delle persone e, dei beni e, da ultimo, lo sviluppo delle relazioni umane, (anche grazie a strumenti tecnologici) ed informatici, hanno consentito un sempre più celere progresso sociale, al tempo stesso, hanno agevolato gli autori dei più svariati crimini, consentendo loro di estendere la propria attività delinquenziale oltre confine, in tal modo coinvolgendo interessi sia individuali sia collettivi riferibili a più ordinamenti nazionali. In tale contesto, un ruolo determinante ha assunto la differenza tra le legislazioni penali degli Stati membri, la quale, nel combinarsi con le singole libertà di circolazione, ha determinato una sorta di forum shopping criminoso, consentendo ai “soggetti criminali” di scegliere la giurisdizione e la legge penale più vantaggiose così sottraendo alla giustizia se stessi ed i proventi illeciti conseguiti.In questa nuova e complessa realtà sociale e criminologica, sono diventati obsoleti i principi della territorialità della legge e della giurisdizione, così come si sono dimostrati del tutto inadeguati ed inidonei gli strumenti tradizionalmente adottati nel campo della cooperazione giudiziaria internazionale (caratterizzata dal principio della richiesta, in base al quale uno Stato sovrano presenta una richiesta ad un altro Stato sovrano, che decide se darvi o meno seguito), sia per la loro lentezza, sia anche per la loro complessità rispetto allo sviluppo anche “criminale” dell’Unione europea. Questo percorso ha fatto si che progressivamente le autorità giudiziarie cominciassero ad avere un dialogo tra loro, e nel tempo, questa prospettiva si è modificata attraverso diversi fattori: l’efficacia riflessa delle norme comunitarie sugli ordinamenti nazionali; la individuazione di beni giuridici sovranazionali ( si pensi al tema dell’ambiente); le esigenze di cooperazione giudiziaria. Questi sono stati i tre grandi motori che hanno spinto verso la costruzione di uno spazio di libertà sicurezza e giustizia indicato da Amsterdam tra gli obiettivi fondanti dell’Unione europea. Il ventisette Paesi dell’UE hanno rappresentato lo spazio nel quale si è cercato, con una costruzione spesso faticosa, di creare una prospettiva di sicurezza, libertà e giustizia. In questo percorso di “metamorfosi dei diritti nazionali” si è inserito Eurojust, un organismo che ha facilitato la cooperazione giudiziaria e le indagini a carattere transnazionale. [a cura dell'autore]
X n.s.
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LIBERATOSCIOLI, SABRINA. "Le migrazioni nel diritto internazionale contemporaneo, tra diritti umani, sicurezza e governance." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/540.

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Le migrazioni internazionali sono un processo di mobilitazione e spostamento delle persone che comporta l’attraversamento delle frontiere. Nulla di nuovo nella storia dell’uomo, se non fosse per l’importanza e le dimensioni che il fenomeno ha assunto nell’ultimo decennio. Esso è stato determinato ed agevolato dalla globalizzazione del lavoro, dei servizi e dei capitali finanziari. Anche il progresso tecnico-scientifico e culturale ha offerto ulteriori e nuovi strumenti, incentivi e motivazioni all’immigrazione. Le migrazioni internazionali giocano un ruolo di estremo rilievo nell’attuale processo globale di cambiamento sociale, economico e politico. Esse sono, al tempo stesso, fattore trainante e conseguenza di tali trasformazioni globali. Per gli Stati destinatari dei flussi migratori ed economicamente più sviluppati, l’immigrazione costituisce una variabile decisiva per la gestione delle strette interconnessioni esistenti tra il mercato del lavoro, la produttività ed il governo di un’economia globale. Negli Stati ad elevato tasso invecchiamento della popolazione l’iniezione di giovani lavoratori, gioca un potenziale ruolo di supplenza al declino della forza lavoro, favorendo ed incrementando il dinamismo, l’innovazione e la mobilità economica, ma anche culturale e sociale. Per contro, le restrizioni alla mobilità del lavoro risultano favorire inefficienze ed grandi ineguaglianze. La duplice pressione della globalizzazione e dello squilibrio demografico pongono in seria questione l’urgenza di una regolamentazione giuridica efficace diretta alla gestione delle migrazioni economiche e forzate. Nella Comunità internazionale contemporanea, oggi, prevale, da parte degli Stati, una diffidente considerazione del diritto internazionale, quale disciplina di regolamentazione dei rapporti tra gli Stati, nello svolgimento delle reciproche concessioni di porzioni della loro sovranità. Le regolamentazioni giuridiche nazionali e regionali, ad oggi, sono riuscite a fissare delle norme di restrizione e contenimento dei flussi migratori, senza, tuttavia, edificare un sistema strutturalmente capace di governare il fenomeno. Mentre la società economica globale è riuscita ad imporre una regolamentazione giuridica diretta a favorire la libera circolazione, tra le frontiere degli Stati, di beni, servizi e capitali, rimarchevole è l’insufficienza e la scarsità del diritto internazionale e statuale in ordine all’incoraggiamento o disciplina della libera circolazione delle persone e forza lavoro. Anzi, è dato rilevare una tendenza di segno totalmente contrario, variamente giustificato da ragioni di sicurezza nazionale ed internazionale. Lo studio è stato suddiviso in tre parti corrispondenti a distinti argomenti quali: il fenomeno migratorio storicamente contestualizzato ed esaminato nell’ambito del processo di globalizzazione; i diritti dei migranti rinvenibili nel diritto internazionale generale e regionale e nel diritto sulle migrazioni forzate ed in ultimo la questione della sicurezza e dell’emergente esigenza e disponibilità espressa dagli Stati a soluzioni collettive, universali o regionali di governo del fenomeno migratorio. In particolare, la prima parte dello studio, descrive lo sviluppo storico del fenomeno a partire dal XX° secolo, la sua relazione con il processo di globalizzazione in corso, con un attenzione speciale alle determinanti, alla dimensione economica del fenomeno ed all’evoluzione della dibattuta questione dell’immigrazione clandestina. Nella seconda parte dell’indagine si procede al resoconto analitico della frammentata e copiosa regolamentazione giuridica di livello internazionale e regionale del fenomeno migratorio, prodotto, prevalentemente, nell’ambito delle Nazioni Unite e delle organizzazioni regionali, come il Consiglio d’Europa, con una specifica considerazione del contesto dell’Unione europea, a cui è dedicato un apposito capitolo. La parte terza dello studio è dedicata all’esame della nozione di sicurezza ed all’impatto sulla legislazione di gestione del fenomeno migratorio e di tutela dei diritti dei migranti, delle correlative normative internazionali di sicurezza e contrasto al terrorismo internazionale. Sotto questo profilo, particolare attenzione viene data alla questione dell’immigrazione clandestina. L’ultimo capitolo della terza parte è dedicato al tema della governance del fenomeno migratorio. L’analisi delle prospettive future, sia in termini di diritto sostanziale che di carattere istituzionale, diretti a favorire una più efficace ed equa gestione del fenomeno delle migrazioni internazionali, conclude lo studio.
The international migrations are a process of movement of persons crossing borders of States. It is not a new phenomenon in the history of the man. What is different now is the magnitude and complexity of the phenomenon. This process has been both driven and facilitated by the globalisation of labour, commodity, and financial markets that has offered new incentives and new means for the international migration of people. The technical and cultural changes also help create both the means and the motivation to migrate. Migration plays a central role in current global processes of social, economic and political change; it is both moulded by and helps to mould these global transformations. For the destination countries immigration is key factor to managing the interconnections existing between the labour market, the efficiency and governance of globalised economy. With the decline in fertility, migration has taken on increased significance, becoming an important component of population growth in a number of countries and increasing the economical, social and cultural dynamism and innovation. States recognise the importance of managing the process in order to maintain their competitiveness in the global economy. For the most part, this involves distinguishing between highly skilled and low-skilled migrants. The former are seen as desirable and policies are designed to facilitate their movement, while the vast majority of the latter are excluded through legal obstacles that paradoxically try to go against the ‘globalising’ trends. The world pressure of the globalization and the demographic imbalance places in serious issue the urgency of an efficient legal regulation to manage the economic and forced migration. In the contemporary international community, it prevails, from the States, a suspicious idea of the International Law, as law of relationships between the States. Actually, the migration national and regional legal frameworks have succeeded only to fix restrictions on the movement of people across borders, without, however, building up a structure able to manage the phenomenon. While the global economy has succeeded to impose rules supporting the free circulation of goods and services, between the borders of the States, remarkable it is the deficit of the International Law carrying or regulates the free movement of the persons. Definitely, trend is totally contrary, with different justifications, as national and international security. In fact, the majority of developed countries adopted restrictive immigration policies that leading not to a reduction in migration, but rather to unintended and undesired outcomes, notably increase in people smuggling, trafficking and undocumented migration, at a significant and rising human cost. Failure to find mutual ways regulating migrations and protecting migrants leads to exploitation, social divisions and the weakening of the rule of law. While different States across the world have attempted to put measures in place to control the migration of people, these policies are based on a very limited understanding of migrants’ rights. The research is composed of three parts: it starts with the historical analysis of the international migrations from the XX° century, its relationship with the globalization process, the current state and highlights some of its emerging trends. The second part of research carry on analytical survey of the fragmented and copious migration international and regional laws, as result, principally, from the United Nations and regional organizations, like Council of Europe and European Union, to which an appropriate chapter is dedicated. The third part of study examine the security notion and it highlights the complexity of the issues, perspectives and requirements that have to be taken into account when dealing with the nexus of security and migration. The heightened concerns with foreigners and security in the post-9/11 era and its impact on the international migration laws are also investigated. The analysis of the emerging issue of the international and regional and global Inter-State consultation mechanisms in management of migrations phenomenon end the research.
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ERTOLA, FRANCESCA. "RICERCA E ACQUISIZIONE DELLA PROVA ALL'ESTERO: L'ORDINE EUROPEO DI INDAGINE PENALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/122447.

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Scopo della presente ricerca è quello di tracciare i confini entro cui si articola la (attuale e futura) cooperazione probatoria nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Premessa una breve ricostruzione storico-normativa, la Parte I è incentrata sulle novità introdotte dalla direttiva 2014/41/UE e sui possibili vulnus di tutela derivanti da un acritico operare del mutuo riconoscimento, in assenza di uno statuto europeo di mutual admissibility of evidence. La Parte II è invece focalizzata sulla trasposizione della direttiva OEI nell’ordinamento italiano, con particolare attenzione agli inediti diritti – informativi, partecipativi e di impugnazione – riconosciuti alla difesa. Da ultimo, la Parte III è dedicata alle ricadute dell’OEI sui sistemi nazionali e le possibili soluzioni de iure condendo in tema di armonizzazione. Anzitutto, la ricerca intende dimostrare il superamento del tradizionale principio di non-inquiry, verso un regime di equiparazione, in punto di utilizzabilità, tra la prova “allogena” e quella “domestica”. In secondo luogo, ci si interroga se, in forza del principio di proporzionalità sancito dall’art. 7 d.lgs. n. 108 del 2017, sia possibile individuare nuove forme di invalidità probatoria. Infine, mediante il costante confronto tra i vari ordinamenti nazionali, la giurisprudenza sovranazionale e le direttive di Stoccolma, vengono individuati gli ambiti di intervento della futura politica processual-penalistica dell’Unione, al fine di ottenere una law of evidence comune dotata di un sufficiente grado di precisione.
The research aims to investigate the EU cross-border gathering and use of evidence in criminal matters, focusing on the protection of fundamental rights in transnational proceedings. Given the current framework, Part I is dedicated to the critical examination of the Directive 2014/41/EU on the European investigation order and the problems connected with mutual recognition, in the absence of a prior harmonization. Part II focuses on the transposition of the EIO directive into the italian system, with particular attention to the defence rights. Finally, Part III examines the impact of the EIO on national systems and points out the possible solutions in order to introduce minimum rules of mutual admissibility of evidence.
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Lussi, Manoela. "The role of the Public Private Partnership (PPP) in Cross Border Cooperation (CBC) as strategic practice in the EU Policies and cooperation tools for 2014-2020." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10083.

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2012/2013
There is an increasingly widespread acknowledgement among all active actors in the development co-operation sector that the Public Private Partnership (PPP) can be a new important tool, not only to build important infrastructure (public works) but also to provide services to the citizens at central and local level as well as to have a strategic value in the Cross-Border Co-operation (CBC) in the next future. The European Commission defines PPPs in a rather broad and general way without giving a proper legal definition of this partnership. For the EU PPP is a form of cooperation between public authorities and economic operators concerning design, funding, execution, renovation or exploitation (operation and maintenance) of public infrastructure, or the provision of public utility service. However, there is not a uniform, common definition of this form of partnership. Considering the present global economic and financial crisis affecting almost all the regions of the world and bearing in mind that the public resources destined on development cooperation are decreasing more and more, building partnerships and synergies between these two ranges of actors is not only a great possibility but a compelling necessity in order to continue to sustain the development cooperation sector. This is also a good chance for both public and private sector, not only to mutually reinforce each other but also to learn lessons and best practices from one another. The PPPs, in fact, if applied correctly, enable a reduction in total costs, better distribution of risks, a more rapid execution of public services and activities, as well as a better quality of offered services and implemented activities. Not to mention the fact that the overcoming of the rigid distinction between public and private opens the possibility to find solutions and to respond to questions that the public administration itself is not able to answer independently. In international cooperation and in particular in the cross-border cooperation, more and more public administrations in beneficiary and donor countries are acknowledging the subsidiary role of civil society and private sector in the activities of general interest, and therefore, also in the delivery of public functions and services. Considering the extensive work experience in the international development cooperation sector with the Italian Ministry of Foreign Affairs and other International Organizations in different areas in the world, i.e. OSCE, believing on the utility and potentiality of this instrument and directly verified that it could be more utilized in the international cooperation, it was decided to analyse the use of PPPs in this sector with a special focus on IPA CBC Programme. In fact, the scope of the dissertation and of the implementation of its conclusions is steaming from the author interest and working ties. Indeed, the author is living and working in Albania and has a huge experience on it due to the fact that she was the Albania Desk Officer for the Italian Development Cooperation for several years. She is also studying the Albanian language and she is very fascinated from the history of this small country so close, not only geographically speaking, to Italy. The focus on Macedonia as neighbour country is due simply to the fact that to collect information on this IPA CBC Programme was easier than others similar financial instruments. Building on extensive field experience, this dissertation will try to answer the following question: ‘Which is the winner strategy to increase the effectiveness of the CBC projects through the use of PPP?’. The thesis overall objective is to identify a set of strategies that can enhance the effectiveness of cross-border cooperation through the use of the PPP instrument, beyond specific cross-border project interventions that until now have mainly been carried out though institutional channels and implemented through European projects and programs. The strategies that the conclusion of the dissertation draws are based on the SWOT analysis of five projects funded by the EU through the IPA CBC Albania – Macedonia during the 2007-2013 programming period and the consequent elaboration of the results. These strategies would hence open up new possibilities for the development of CBC’s activities applicable in the ambit of the EU’s regional policy 2014-2020, without necessarily relying upon more EU financial means. This is also in line, with the EU auspices for the CBC not to be just another way to access funding but rather to become a model of cross-border cooperation sustainable on its own devise. The dissertation is based on collection and analysis of data available within the existing legal-institutional framework and will make use of the investigative qualitative method with the aim of verifying the hypothesis mentioned above. The thesis envisages a number of working phases chronologically distinct and mutually supportive and it is based on the utilisation of a number of diverse theoretic constructs and methodologies. The dissertation makes use of different sources such as for instance existing literature, statistics, on line documentation available and its content is conducted on the various official documents and projects documentation obtainable. The results are cross referenced and presented based on a SWOT analysis and process of data/results interpretation. As far as the structure of the work is concerned, the first Chapter, after an analysis of the theoretical tools supporting PPP, presents a background and an overview of the PPP in Europe, and the way it is applied in the context of international cooperation and cross-border cooperation; this is to understand how it was established and what its original objectives were, and to explain its evolution up to now. In particular, the chapter after shows that PPP was born in ‘30s mostly linked to the energetic and mining sectors, it presents that PPPs are growing and are seen as an important instrument of economic and social development also in the international and cross-border cooperation. It is seen that an instrument which opens the way to potential PPPs is the Inter-Municipal Cooperation Instrument (IMC) which permits to bridge the gaps in the municipalities and make them stronger also in applying to donor funds. Through this instrument established by the Council of Europe (CoE) the municipalities can also sub-contract a private company or creating an IMC entity constitutes a viable market attracting private investors. PPP is also encouraged by United Nations (UN) since 1999 through the ‘Global Compact’ project and different are the example of PPP around the world established by various UN Agencies. It can be affirmed that PPP is considered useful in the public sector also because can contribute in solving difficulties caused from public balance cuts as well as to overcome the bureaucratic and the scarcity of technical and management competencies of the public administration. The PPP is therefore an actual, innovative and complementary instrument to promote development, reforms as well as investments, policies and good practises in different sectors including the development cooperation also at trans-border level. Therefore, thanks to PPP it can be affirmed that the private sector also has become at all its effects a privileged actor of the international development cooperation. The second Chapter of the dissertation analyses the European Policies interconnecting PPP and their related instruments, as well as more in detail how these policies have applied PPPs in the cross-border cooperation as well as how CBC became more explicit in the EU context and in particular in the context of the stabilisation and association processes. In fact, starting from the 1950 Schuman Declaration, the chapter introduces the founding EEC Treaty, examines the Single European Act and analyses the European Cohesion Policy (or Regional Policy). In addition the chapter views the European Enlargement Policy (Pre-accession Policy) analysing the three membership criteria established during the Copenhagen European Council in 1993, the various stages of the membership process and the reasons for further enlargement taking into consideration the historic enlargement of 2004, the different strategic objectives involved in it and its new approach in view of the so-called Arab Spring. In addition, the chapter analyses the European Neighbourhood Policy (Proximity Policy) as well as its related instruments, with regard to both its partner countries and candidate states. Moreover the chapter identifies the possibilities of PPP within the EU’s financial instruments that are currently being concluded. Even where those policies do not provide explicitly the adoption of PPP instrument, it is however not excluded. This means that the policies at issue give valuable support to the adoption and use of PPP. The dissertation is interested in to give evidence of the strong points of PPP application, and shows that, when there is a lack of applied PPP framework, as it is the case of the country cases (Albania and Macedonia) under analysed, the CBC component of IPA programme may be due not to give envisaged results to achieve the objectives. After having looked into the European policies intersecting PPPs and CBC, the third Chapter introduces a brief analysis of the concept of border, not only in the physical administrative sense, due to the fact that this concept is a key element to understand the cross-border co-operation processes existing in the EU and in general all over the world. With this aim in mind, after studying the main theoretical approaches on this domain, the analysis focuses on the cross-border co-operation not only in its theoretical dimension but also in its deriving pragmatic aspects. The analysis of the border concept and of the border and peripheral area, as well as the general theory of the system applied to the general theory of boundaries, is essential to anticipate the concept of the cross-border cooperation and its practical application. After this analysis, the chapter describes the legal institutional framework in order to analyse the effectiveness of the various legal instruments that have been put in place to encourage and facilitate forms of cooperative engagement across borders. Starting with the European Outline Convention of Transfrontier Co-operation between territorial communities or authorities (Madrid Convention 1980), a central instrument for the CBC that was born in the frame of CoE, the chapter introduces the three protocols of the Madrid Convention. The additional Protocol essentially gives the possibility to create an organism for cross-border cooperation; the second Protocol (no 2) provides above all a legal framework for the inter-territorial cooperation between the parties; and the third Protocol (no 3) concerns the possibility of forming the ECG by creating the legal status, the institution and the functioning of such Groups. In addition, in view of how cross-border cooperation has acquired more importance through time, the chapter explains the functioning of European Grouping of Territorial Cooperation (EGTC) institution, its modality of action and its fields of applications. The EGTC has come to be a new legal/financial instrument that integrates the Madrid Convention and the relevant Protocols. The chapter also touches upon the various aspects of cross-border co-operation and in particular some milestones from the EU experiences, and presents the European Macro-Regional Strategy and its related legislative framework as an example. In addition the chapter shows the Baltic, the Danube and the Adriatic – Ionian Macro-Region and describes the main differences between EGTs and Macro- Regions. In addition, the chapter considers appropriate to present the steps that have been taken from the EU with regard to the cross-border cooperation which, more particularly, have consisted of making available important financial instruments such as INTERREG that supports from the top to the bottom the Strategy of Macro-Regions. Following the fourth Chapter describes the 2014-2020 EU’s Regional Policy as the context of application of the PPP and its change with respect to the 2007-2013 EU’s Regional Policy. In particular after introducing the EU programming period 2007-2013 and the changes intervened in the following programming period also having a political/historical nature like the Arab spring and the interests to further develop economic interactions between the EU and the Middle Eastern partners, the chapter analyses the useful instruments for the realization of the cross-border cooperation; especially the European Regional Development Found (ERDF). In addition, this chapter, will identify the possibilities of PPP within the financial instruments that are about to be activated in the new European Programming Cycle. To this regard it is important to mention that, in general, all the EU policies must contribute to the implementation of the Europe 2020 Strategy that in order to fulfil its ambitious objectives identified as key instrument the instrument of partnership, among which that with the private sector. Here it is worth to emphasize that, generally, the overall objectives of the regional policy, both at national and European level, are all of an economic nature, i.e. increasing the national economy by attenuating and eliminating economic disparities between different development levels of the regions. In particular, the European Policies aim to improve the investment climate through public investment in the regions presenting some gaps and to manage the local regional resources in a more efficient way. The dissertation shows how in both cases, PPPs can help in the achievement of these important aims. In addition, the chapter observes that there are changes in various aspects and procedures of the implementation of the new regional policy as well as in the legal frame, and examines the IPA instrument and the ENPI instrument in the two seven-years programming periods because they are closely related to the European Territorial Cooperation (ETC). Between this two latter instruments IPA is a more relevant for this dissertation. For this reason, after on overview of the Albanian context considering some economic, demographic, social and political aspects, including the criteria Albania has to fulfil to receive the candidate status from the EU as well as a brief introduction to the Albanian Law on PPP, the fifth Chapter presents its relations in the region, especially with the Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM) and stresses the IPA CBC Albania – FYROM related to 2007-2013 and 2014-2020 programming periods. In addition, the chapter presents the main differences between these two programming periods focussing mainly on the Albanian part. With the aim to focus on the Albanian opportunities in the new programming period, it will be stressed what will change in the next future and which are the positive effects on PPP considering also the concept of Social Corporate Responsibility and the UN Global Compact initiative already mentioned in the first Chapter. All this to introduce the last Chapter which, through the analysis of the methodologies used during the various phases of this work, and especially through the explanation of the SWOT analysis, aims to identify a set of winning strategies to increase the effectiveness of the Cross-border cooperation through the use of the PPP instrument. The first part of the dissertation made use of several documentary sources, most notably and especially in the early stage the work will carry out what it is commonly defined as a secondary analysis, in particular this was articulated through: collection and review of existing literature and of the official documentation and statistics available mainly on-line but also with the Albanian Ministries and national institutes, i.e. the Albanian National Institute of Statistics, as well as with the various donors and international organisation in the Country, and especially with the Delegation of the European Commission to Albania. Instead, the second part of the dissertation focuses on the analysis of the IPA CBC program in general, and IPA CBC Albania - Macedonia in particular. To this end it was decided to proceed with the analysis of specific projects activated in the context of this program to highlight the role of actual or potential PPP projects in developing virtuous CBC. Although the PPP is not explicitly defined among the tools used in the implementation of these projects, it was decided to identify the prodromal factors present in some PPP projects with the end purpose of assessing their potentials, especially in view of the next programming period of the EU (2014-2020). The detailed information on the projects carried out or that are in progress are not publicly available as they are under the ‘ownership’ of the Delegation of the European Commission in Albania and of the Managing Authority of the program. In order to collect the necessary materials to identify the most relevant projects and, subsequently, to proceed to their analysis, it has proved necessary to proceed through in-depth interviews with qualified actors. Given that, interviews have been conducted with interlocutors, mainly from the European Commission in Albania, the Albanian Ministry of Integration and of Austrian Cooperation. Through these interviews, specific information relating to five concluded projects, in which the instrument of the PPP was present at least in embryonic form, has been added to the data relating to the context and to the program. The information gathered has been structured so as to proceed to a qualitative analysis of the data through the development of a SWOT analysis of these five projects funded by the IPA CBC Albania - FYROM - First Call for Project Proposals. Finally, this work presents the results of this analysis through a process of data interpretation. After this presentation, and before starting the SWOT analysis, the chapter presents the Annual Work Programme for Grants 2009 of the DG Enlargement related to the first Call for Proposals and the Guidelines related to the CBC Programme Albania - FYROM which aims is to facilitate the cooperation between the two countries to improve living conditions in the target area. The Programme in fact, already mentioned in the fifth Chapter, it aims to fostering cross-border economic, environmental and social development and includes three different measures and for each measure a list of potential activities for projects. Furthermore, the chapter analyses - through the SWOT analysis above mentioned - five projects funded by the EU within the IPA I CBC Albania – FYROM first call. In particular, in this dissertation, the SWOT analysis is the tool to identify the strengths (S), weakness (W), opportunities (O) and threats (T) that characterize projects which are analysed in relation to PPPs. In other words, it seeks to identify the strengths and internal resources of projects capably to push the development of PPPs (strengths), as well as the internal project limitations and weaknesses that impede PPP development in the relevant area (weaknesses), the external project opportunities that can be developed to overcome identified weaknesses (opportunities) and external factors that may hamper the future development of PPPs (threats). Considering that there is no project where the applicant is a PPP, although an analysis of the guidelines of the Call for Proposals relative to IPA Albania - FYROM CBC Programme found an explicit reference to PPPs, it has been choose to make a screening of projects in which the instrument of the PPP was present at least in embryonic form, in other words having the private sector as a direct or indirect beneficiary. As already mentioned, Macedonia was chosen as an example because of the availability of information related to projects. So, on these terms, 5 projects were selected out of 15 under review. The projects are the following: • Cross-border shared integrated alternative tourism, • Business without borders, • Cross-border Civil Society Forum, • Promoting business women enterprises in the cross-border area, • Borders without boundaries. The dimensions chosen for the analysis are: • related to the internal context to identify strengths and weaknesses: objectives, actors and target, • related to the external context to identify opportunities and threats: actors, target and expected results. After the SWOT analysis, the chapter finally presents the key results of the dissertation proposing some possible actions that could improve the CBC through the use of the PPP emerged from the initiatives analysed. The conclusion reviews the major points of the dissertation showing the main results such as the strategies, which may result from the conclusions, thus potentially establishing an alternative approach aiming at opening up new possibilities for the development of better, more effective and sustainable CBC project/programs/activities, without necessarily relying upon more EU funds. For what above mentioned and to answer to the question ‘Which are the winner strategies to increase the effectiveness of the CBC projects through the use of PPP?’, it is possible to affirm that to present more successful projects in the future increasing the effectiveness of the CBC projects through the use of PPP, the development strategies are essentially the enhancement strategy and the overcoming strategy. In particular, to reinforce the internal and external positive aspects and factors in the cross border area and to mitigate and/or dissipate internal negatives as well as to attenuate the external ones, the recommended actions referred to the public and private sectors are: • to organize jointly regular meetings in which they can know each-other, exchange information and best practices in either of the neighbouring countries, so that there can be discussions on the potentials of development and the new economic undertakings and new instruments to be employed, such as the PPP. Tourism can serve as a pilot sector in which it can be started with the actualization of gender policies facilitating in some way the inclusion of women in business activities, • jointly organize awareness campaigns on PPPs and training courses, which could serve to overcome the lack of ability to establish efficient PPPs for both public and private sector, • to organize, for the numerous actors present in the territory, specific courses and/or informative events related to the revision processes of normative policies that could facilitate and reinforce both the cooperation between different stakeholders and the capacity of doing business and create PPPs, • to enhance the existing networks and creates new ones through continuous meetings between different stakeholders with the aim of overcoming the threats considering that the improved and expanded relations between the various actors could bring an improvement in raising needed funds. Finally, it is important to mention that there are also some actions recommended only to the public sector. These are: • (especially at local level) institutions such as the municipalities can organize meetings, inviting the traditional and non-traditional private actors, in order to facilitate communication. Through this communication there could be achieved the introduction between various stakeholders interested in the PPP instrument, by at the same time laying the basis for the foundation of a network. This would be useful for increasing the credibility of each other and also to contributing to the overcoming of the lack of cooperation problem. These meetings could be used for an exchange of best practices in the sectors that are present in the certain areas. By employing a participatory methodology, these meetings could also serve to the construction of a sort of roadmap (lines of action during a defined time) that could enable the definition of the obstacles to be overcome in order to effectively and efficiently realize this type of partnership, • the authorities should first change their national optics and then transform their national policies into regional ones, starting from the cross-border policies with neighbouring countries, in which PPP should be promoted as a development instrument. In addition, when necessary, they should review the legal framework in order to facilitate the establishment of PPP. After this, they should organize meetings between the different stakeholders, and more generally between citizens living in the border areas of the neighbouring countries, with the end objective of promoting the necessary knowledge for overcoming the prejudices and for opening way to partnerships and cooperation activities, • to implement policies for purposes of facilitating investments in diversified sectors, taking an advantage of the actors from different sectors and directing them to training courses to gain knowledge in areas of investment that are different from their traditional ones.
Vi è un riconoscimento sempre più diffuso tra tutti gli attori attivi nel settore della cooperazione allo sviluppo che il partenariato pubblico privato (PPP) può essere un importante nuovo strumento, non solo per costruire grandi infrastrutture (quindi per il settore dei lavori pubblici), ma anche per offrire servizi ai cittadini sia a livello centrale, sia locale e avere, in un prossimo futuro, un valore strategico nella cooperazione transfrontaliera (CBC). E’ stato visto come la Commissione Europea definisca il PPP in un modo piuttosto ampio e generico, senza dare una definizione giuridica adeguata di questo partenariato. Infatti, per l’Unione Europea il PPP è una forma di cooperazione tra le autorità pubbliche e gli operatori economici riguardante la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento (funzionamento e manutenzione) delle infrastrutture pubbliche, così come la fornitura di un servizio di pubblica utilità (CIT). Tuttavia, non vi è un’uniforme, comune definizione di questa forma di partenariato. Considerando che l’attuale crisi economica e finanziaria globale ha colpito quasi tutte le regioni del mondo e tenendo presente che le risorse pubbliche stanno diminuendo sempre più, tra cui soprattutto quelle destinate alla cooperazione allo sviluppo, costruire partenariati e sinergie tra il settore pubblico e privato non è solo una grande possibilità ma una necessità che diventa impellente se si vuole continuare a sostenere gli interventi di cooperazione. Inoltre, questo tipo di partenariato è una buona occasione per entrambi i settori in quanto aiuta non solo a rafforzare i rapporti reciproci, ma anche a scambiare le reciproche esperienze e le migliori pratiche. Si è visto come se applicato correttamente, il PPP consenta una riduzione dei costi totali, una migliore distribuzione dei rischi, un’esecuzione più rapida dei servizi e delle attività pubbliche, nonché una migliore qualità dei servizi offerti e delle attività prodotte. Senza contare che il superamento della rigida distinzione tra pubblico e privato apre la possibilità di trovare soluzioni e di rispondere alle domande a cui la pubblica amministrazione non è in grado di rispondere autonomamente. Si sottolinea come nella cooperazione internazionale ed in particolare nella cooperazione transfrontaliera, sempre più spesso le amministrazioni locali dei paesi beneficiari e donatori stiano riconoscendo il ruolo sussidiario della società civile e del settore privato nelle attività d’interesse generale e quindi anche nell’erogazione di servizi e funzioni pubbliche. Considerando la vasta esperienza di lavoro nel settore della cooperazione allo sviluppo con il Ministero degli Affari Esteri italiano in diverse aree del mondo così come con altre organizzazioni internazionali, da ultimo con l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE), credendo sull'utilità e le potenzialità dello strumento del PPP e verificato direttamente che potrebbe essere utilizzato maggiormente nella cooperazione internazionale, l’autore ha deciso di analizzare l'uso di tale partenariato in questo settore focalizzandosi in particolare sul programma IPA I CBC Albania - Macedonia. Infatti, lo scopo di questa tesi e della potenziale applicazione delle sue conclusioni deriva dall'interesse personale e dall’attività lavorativa dell'autore. Infatti, vive e lavora in Albania e ha una grande esperienza del paese perché è stato per diversi anni responsabile per la Cooperazione Italiana dei progetti che questa ha realizzato nello stesso. Inoltre, sta anche studiando la lingua albanese ed è molto affascinato dalla storia di questo piccolo paese così vicino all’Italia, non solo geograficamente parlando. L'attenzione per la Macedonia come paese confinante, invece, è dovuta semplicemente al fatto che è stato più facile reperire informazioni sul programma IPA I CBC Albania - Macedonia rispetto agli strumenti finanziari simili. Sulla base di una ricca esperienza sul campo, questa tesi cercherà di rispondere alla seguente domanda: “Quali sono le strategie vincenti per aumentare l'efficacia dei progetti di cooperazione transfrontaliera attraverso l'uso del PPP?”. L'obiettivo generale della tesi è di individuare, infatti, le strategie che possono migliorare l'efficacia della cooperazione transfrontaliera attraverso l’uso di tale partenariato, al di là di specifici interventi che fino ad ora sono stati principalmente effettuati attraverso canali istituzionali e attuati attraverso progetti e programmi europei. Le strategie che la conclusione della tesi identifica si basano sull'analisi SWOT di cinque progetti e la conseguente elaborazione dei dati/risultati. Questi cinque progetti sono stati selezionati tra quelli finanziati dall’UE tramite l'IPA I CBC Albania/Macedonia durante il periodo di programmazione 2007 - 2013, in quanto presentanti il PPP almeno in fase embrionale. Tali strategie potrebbero aprire nuove possibilità per lo sviluppo di attività di CBC applicabili nell'ambito della politica regionale 2014 - 2020 dell'Unione Europea, senza necessariamente fare affidamento su ulteriori mezzi finanziari della stessa. Questo è anche in linea con gli auspici dell’UE che crede che la CBC non sia solo un altro modo per accedere ai finanziamenti, ma possa piuttosto diventare un modello di cooperazione sostenibile di per sé. La tesi si basa sulla raccolta e l'analisi dei dati disponibili nell'ambito del quadro giuridico-istituzionale esistente e fa uso del metodo qualitativo di ricerca con l'obiettivo di verificare l'ipotesi di cui sopra. La tesi prevede una serie di fasi di lavoro cronologicamente distinte e reciprocamente sostenibili e si basa sull'utilizzo di diversi costrutti teorici e varie metodologie avvalendosi di diverse fonti come ad esempio la letteratura esistente, le statistiche effettuate e più in generale la documentazione disponibile soprattutto in internet. Il suo contenuto deriva quindi dal reperimento e dall’analisi di varia documentazione ufficiale e di cinque documenti progettuali, così come verrà maggiormente esplicato qui di seguito. Seguendo la struttura della tesi, si può affermare che il primo capitolo presenta il quadro normativo e finanziario dei PPP in Europa, così come il modo in cui questo strumento viene utilizzato nel contesto della cooperazione internazionale e della cooperazione transfrontaliera, al fine di comprendere quando è nato questo tipo di partenariato e quali siano i suoi obiettivi e le evoluzioni che ha avuto fino ad oggi. Nello specifico, il capitolo mostra come il PPP sia nato negli anni ‘30 soprattutto collegato al settore energetico e minerario e come, pur non avendo ancora una comune definizione a livello europeo, oggi sia in crescita e venga visto come un importante strumento di sviluppo economico e sociale anche nel settore della cooperazione internazionale e transfrontaliera. Il capitolo, inoltre, presenta la cooperazione inter-municipale (IMC) come uno strumento che può aprire buone potenzialità all’applicazione del PPP in quanto permette di colmare le deficienze delle municipalità. Attraverso questo strumento, stabilito in seno al Consiglio d’Europa (CoE), le municipalità possono infatti anche sub-contrattare imprese private o creare un’entità nuova (IMC) per poter attrarre investitori e donatori. Il capitolo inoltre mostra come lo strumento del PPP venga incoraggiato anche dalle Nazioni Unite (UN) fin dal 1999 - anno in cui viene creato il progetto ‘Global Compact’ - e come vi siano diversi esempi di PPP nel mondo realizzati da Agenzie UN. E’ importante sottolineare che il PPP è considerato utile dal settore pubblico anche perché può contribuire a risolvere difficoltà causate dai tagli di bilancio così come dalla burocrazia e dall’insufficiente capacità tecnica e manageriale che spesso caratterizza la pubblica amministrazione. Il PPP è quindi uno strumento attuale, innovativo e anche complementare capace di promuovere sviluppo, riforme ed investimenti oltre a promuovere politiche e buone pratiche in diversi settori tra cui quello della cooperazione allo sviluppo anche a livello transfrontaliero. Grazie al PPP si può quindi affermare che il settore privato è diventato a tutti gli effetti un attore privilegiato della cooperazione allo sviluppo internazionale. Il secondo capitolo della tesi analizza le politiche dell’Unione Europea e i relativi strumenti che presentano una connessione con i PPP. Più nel dettaglio, viene visto come attraverso queste politiche sia stato applicato il partenariato in parola nella cooperazione transfrontaliera e come la stessa sia divenuta più esplicita a livello europeo, soprattutto nel contesto del processo di stabilizzazione ed associazione. Infatti, partendo dalla Dichiarazione di Schumann del 1950, il capitolo introduce il Trattato istitutivo della CEE del 1957, esamina l’Atto Unico Europeo, per poi prendere in considerazione la politica di coesione o regionale. Proseguendo, il capitolo analizza la politica di allargamento o pre-accessione inclusi i tre criteri necessari per l’adesione stabiliti durante il Consiglio Europeo di Copenaghen nel 1993, i vari stadi del processo di adesione e le ragioni per cui l’Unione Europea promuove l’allargamento, considerando le diverse tappe di tale processo tra cui quella storica del 2004 e le sue prossime sfide. Dopo aver inoltre analizzato il quadro delle negoziazioni e gli strumenti previsti in ambito della strategia di pre-adesione, si è finito per affrontare la politica di vicinato o prossimità prendendo in analisi i suoi relativi strumenti, i suoi diversi obiettivi strategici e il suo nuovo approccio in seguito alla primavera araba. Dopo aver identificato come queste politiche presentino un’intersezione con la cooperazione transfrontaliera, è stata analizzata la loro intersezione con il PPP con il risultato di sottolineare che anche laddove tali politiche non prevedono esplicitamente il ricorso a questo tipo di partenariato, non lo escludono. Questo significa quindi che esse forniscono validi supporti all’uso di tale strumento, elemento importante per la tesi che è infatti volta a mettere in evidenza i punti di forza di tali politiche per l’applicazione dei PPP e a mostrare al contempo che vi è una mancanza applicazione degli stessi. Questo verrà evidenziato nel corso della tesi dal caso preso in esame di IPA I CBC Albania - Macedonia. Il terzo capitolo presenta come prima cosa il concetto di confine. E’ importante sottolineare come questo concetto viene esplicitato non solo da un punto di vista fisico-amministrativo ma in un senso più ampio, tenendo conto di come il concetto di confine sia un elemento chiave per capire la cooperazione transfrontaliera. Infatti, è solo partendo dall’analisi di questo concetto e da questo a quello di frontiera e area periferica, passando anche alla teoria generale dei sistemi applicata alla teoria generale dei confini, che si può pervenire alla nascita del concetto di cooperazione transfrontaliera e della sua applicazione pratica. Per tale motivo si è ritenuto necessario esplicare i concetti sopra menzionati secondo le definizioni di vari studiosi di varie discipline, per poi presentare i principali strumenti legali che regolano e facilitano la cooperazione transfrontaliera a livello europeo così come i meccanismi ad hoc che la implementano. Si è partiti da quelli nati in seno al CoE e precisamente dalla Convenzione di Madrid del 1980, strumento quadro per il tipo di cooperazione oggetto di questa tesi in quanto introduce per la prima volta la possibilità di cooperare e concludere accordi ad enti di Paesi contigui geograficamente. Vengono poi presentati i suoi 3 Protocolli: il Protocollo aggiuntivo, che dà essenzialmente la possibilità di creare un organismo di cooperazione transfrontaliera ad essa preposto, il secondo Protocollo che fissa soprattutto un quadro giuridico della cooperazione interterritoriale tra le parti e il terzo Protocollo che concerne la possibilità di istituire i Gruppi Europei di Cooperazione (GEC) dotati di personalità giuridica. Inoltre, a dimostrazione di come la cooperazione transfrontaliera nel tempo abbia acquistato sempre più importanza, si è ritenuto opportuno illustrare l’istituzione dei Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale (GECT), le loro modalità di azione e i loro ambiti di applicazione. Tali Gruppi, che si rivelano quindi essere un nuovo strumento giuridico/finanziario che integra la Convenzione di Madrid ed i relativi Protocolli, sono stati creati al fine di facilitare la cooperazione transfrontaliera e superare gli ostacoli incontrati fino ad allora. Il capitolo continua focalizzandosi sui passi compiuti dall’UE in relazione a questo tipo di cooperazione che in particolare consistono nella messa a disposizione di importanti strumenti finanziari quali per esempio INTERREG. Il terzo capitolo si conclude quindi affrontando anche la Strategia delle Macroregioni che, pur non avendo una loro definizione ufficiale in ambito europeo, forse anche a causa della loro recente istituzione e pratica, si dimostra essere veramente utile nel contribuire a realizzare la politica di coesione e più nello specifico il suo obiettivo n. 3 (Cooperazione Territoriale Europea). Considerando che all’interno di questa politica vi è una programmazione settennale, nel quarto capitolo vengono presentate sia quella appena terminata 2007-2013, sia la nuova 2014 - 2020 per verificarne i cambiamenti nel contesto di applicazione dei PPP. Viene infatti introdotta la programmazione dell’UE 2007-2013 per comprendere maggiormente cosa sarebbe cambiato nel settennio successivo, anche a causa di avvenimenti storico/politici avvenuti durante gli ultimi anni come la cosiddetta primavera araba e l’interesse a sviluppare maggiormente l’integrazione economica tra l’Unione Europea e i partner orientali. Si prosegue con l’analisi più dettagliata degli strumenti utili per la realizzazione della cooperazione transfrontaliera (CBC) nel nuovo settennato e le possibilità di applicazione del PPP all’interno di questi. A tale riguardo è importante sottolineare come in generale tutte le politiche europee, tra cui quella regionale ha un ruolo centrale, dovrebbero contribuire al raggiungimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020. Si sottolinea come questa strategia, che ha portato alla definizione della nuova programmazione 2014-2020, sia molto ambiziosa e abbia individuato come uno degli strumenti chiave per la sua realizzazione quello del partenariato, tra cui anche il partenariato con il settore privato. Qui è importante evidenziare che gli obiettivi generali della politica regionale, sia a livello europeo, sia a livello nazionale, sono principalmente di natura socio-economica per es. orientati ad attenuare le disparità esistenti tra regioni aventi diverso livello di sviluppo. In particolare, le politiche europee hanno l’obiettivo di migliorare l’ambiente/contesto per attrarre investimenti al fine di incrementare investimenti in lavori pubblici nelle regioni che presentano maggiori necessità e migliorare la gestione delle risorse regionali locali in maniera più efficiente ed efficace. La tesi mostra come in entrambi i casi, lo strumento del PPP può essere di aiuto nel raggiungere questi importanti obiettivi. Inoltre, il capitolo in parola, dopo aver osservato che nella nuova programmazione settennale vi sono diversi cambiamenti dovuti al nuovo quadro legislativo e alle nuove modalità di attuazione della nuova politica regionale, esamina i due strumenti collegati alla CTE, IPA ed ENPI, nei due settenni di programmazione sopra menzionati. Il quinto capitolo invece, dopo una presentazione generale del contesto Albanese che prende in considerazione alcuni aspetti economici, demografici, sociali e politici del paese, includendo anche i criteri che questo deve soddisfare per poter ricevere lo status di candidato dall’Unione Europea, presenta brevemente la legge albanese sui PPP. In seguito, descrive le relazioni tra l’Albania e la Macedonia e il relativo Programma IPA CBC in relazione ai due periodi di programmazione suddetti 2007 - 2013 e 2014 - 2020 per presentarne le principali differenze. Concentrandosi sulle opportunità che l’Albania potrà avere nel prossimo futuro, viene sottolineato cosa cambia nel nuovo periodo di programmazione e con quali effetti positivi sul PPP, tenendo in considerazione anche il concetto di Responsabilità Sociale e l’iniziativa ‘Global Compact’ delle Nazioni Unite già menzionata precedentemente. Tutto questo per introdurre l’ultimo capitolo che, attraverso un’analisi della metodologia usata nelle varie fasi di preparazione della presente tesi, tra cui la SWOT analisi, identifica le strategie considerate vincenti per accrescere e migliorare l’efficacia della cooperazione transfrontaliera attraverso l’uso dello strumento di PPP. Nello specifico, la prima parte della tesi si è avvalsa di diverse fonti documentarie. Specialmente nella sua fase di inizio, il lavoro è stato definito attraverso ciò che è comunemente chiamata ‘analisi secondaria’. E’ stata effettuata infatti la ricerca e analisi della letteratura esistente e della documentazione ufficiale disponibile on-line e nei Ministeri albanesi così come nell’Istituto Nazionale di Statistica albanese. E’ stata inoltre reperita e analizzata la documentazione in possesso di diversi donatori e organismi internazionali presenti nel paese e in particolare della Delegazione della Commissione Europea in Albania. La seconda parte della tesi si è concentrata sull’analisi del programma IPA CBC in generale ed IPA CBC Albania - Macedonia in particolare. A tal fine si è voluto procedere con l’analisi di progetti specifici attivati e conclusi nel contesto di tale programma per evidenziare il ruolo effettivo o potenziale del PPP nello sviluppo virtuoso di progetti di CBC. Sebbene il PPP non venga esplicitamente definito tra gli strumenti utilizzati nell’attuazione di queste iniziative, si è scelto di individuare i fattori prodromici del PPP presenti in alcuni progetti al fine di valutarne le potenzialità soprattutto nell’ottica del prossimo periodo di programmazione europea (2014-2020). Le informazioni dettagliate relative ai progetti realizzati o in fieri non sono pubblicamente disponibili essendo ‘proprietà’ della Delegazione della Commissione Europea in Albania e dell’Autorità di Gestione del programma. Per raccogliere dunque il materiale necessario ad identificare i progetti più rilevanti e, successivamente, a procedere alla loro analisi si è dimostrato necessario procedere attraverso interviste in profondità con attori qualificati. Sono state così condotte interviste con interlocutori principalmente della Delegazione della Commissione Europea in Albania, del Ministero dell’Integrazione albanese e della Cooperazione Austriaca. Attraverso queste interviste, ai dati relativi al contesto ed al programma si sono quindi aggiunte informazioni specifiche relative a cinque progetti in cui lo strumento del PPP fosse presente almeno in forma embrionale. Le informazioni raccolte sono state strutturate in modo da procedere ad un’analisi qualitativa e ad un incrocio dei dati attraverso lo sviluppo di una SWOT analisi dei suddetti cinque progetti finanziati da IPA I CBC Albania - Macedonia al fine di presentare i risultati di tale analisi attraverso un processo di interpretazione dei dati. Prima di iniziare la SWOT analisi, il capitolo presenta anche il programma annuale per i fondi 2009 della Direzione Generale Allargamento dell’Unione Europea che specifica anche gli obiettivi della CBC tra i due paesi presi in esame che consistono essenzialmente nella promozione dell’economia transfrontaliera e dello sviluppo sociale e ambientale. Il quinto capitolo, così come sopra detto, analizza quindi attraverso una SWOT analisi, cinque progetti finanziati dall’UE all’interno del programma IPA I CBC Albania - Macedonia primo bando. In particolare, in questa tesi, la SWOT analisi, è lo strumento che permette di identificare i punti di forza (S), di debolezza (W), di opportunità (O) e di minacce (T) che caratterizzano i progetti che verranno analizzati in relazione al PPP. In altre parole quali sono i punti forza/risorse interne ai progetti che possono favorire lo sviluppo di tale partenariato e quali le loro limitazioni/punti di debolezza che lo possono ostacolare, così come le opportunità/fattori positivi esterni al progetto che possono, del caso, essere sviluppati per superare i punti di debolezza individuati e quali le minacce/fattori negativi esterni che derivano dal contesto locale e che impediscono lo sviluppo del PPP nell’area di interesse. Basandosi sulle informazioni ottenute non essendoci progetti in cui i candidati sono formati da un PPP, anche se da un’analisi delle linee guida del bando (‘Call for Proposal’) relative al Programma IPA I CBC Albania - Macedonia primo bando, è stato rilevato che non vi è un riferimento esplicito a questi, è stato scelto di fare uno screening dei progetti verificando quelli che nel loro interno presentavano almeno come beneficiari diretti e/o indiretti il settore privato. Così come sopra illustrato, tra i paesi confinanti l’Albania è stata scelta la Macedonia a titolo esemplificativo. Tra i 15 progetti presi in considerazione, i 5 progetti selezionati sono: 1. ‘Cross-border shared integrated alternative tourism’ (Turismo transfrontaliero alternativo integrato e condiviso), 2. ‘Business without borders’ (Impresa senza confini), 3. ‘Cross-border Civil Society Forum’ (Forum transfrontaliero della società civile), 4. ‘Promoting business women enterprises in the cross border area’ (Promozione dell’impresa femminile nell’area transfrontaliera), 5. ‘Borders without boundaries’ (Confini senza limiti). Queste le dimensioni scelte e di volta in volta da verificare per ogni progetto selezionato: • relativamente al contesto interno, al fine di identificare i punti di forza e di debolezza, sono obiettivi, attori e beneficiari, • relativamente al contesto esterno, al fine di identificare le opportunità e le minacce, sono attori, beneficiari e risultati attesi. Dopo la SWOT analisi, il capitolo da ultimo presenta i risultati chiave della tesi proponendo le strategie che potrebbero migliorare la cooperazione transfrontaliera attraverso l’uso del PPP. Le considerazioni conclusive della tesi riprenderanno tali strategie ripercorrendo inoltre i punti principali del lavoro svolto. Per rispondere alla domanda che sottende questa tesi, le strategie identificate come approcci alternativi che si possono applicare al fine di consentire ai programmi/progetti di cooperazione transfrontaliera di essere sviluppati in misura maggiore e in maniera più sostenibile, efficace ed efficiente utilizzando lo strumento del PPP e senza usare necessariamente ulteriori strumenti finanziari europei sono quelle cosiddette del ‘rafforzamento’ e del ‘superamento’. In particolare, per rafforzare gli aspetti e i fattori positivi nell’area transfrontaliera e per mitigare e/o dissipare quelli negativi emersi dall’analisi effettuata, le azioni raccomandate sia al settore pubblico, sia al settore privato, possono essere così riassunte: • organizzare congiuntamente degli incontri regolari nei quali i diversi attori possano conoscersi meglio reciprocamente così come scambiare informazioni e migliori pratiche relativamente ai paesi vicini in modo che la discussione possa vertere man mano sul potenziale sviluppo in particolare dell’economia attraverso l’impiego di nuovi strumenti come il PPP, iniziando magari da un settore pilota quale il turismo, • organizzare congiuntamente campagne di informazione sul PPP e corsi di formazione che potrebbero servire al superamento della comune mancanza di capacità di istituire efficienti PPP, • organizzare per i numerosi attori presenti sul territorio dei corsi o eventi finalizzati ad informare sui processi di revisione normativa utile a facilitare e rafforzare la cooperazione tra i diversi attori, la capacità di fare impresa e creare PPP, • rafforzare congiuntamente le reti esistenti e crearne delle nuove attraverso continui incontri capaci di mettere assieme i diversi attori aventi l’obiettivo di superare gli ostacoli/minacce e consideranti il rafforzamento delle relazioni un valore aggiunto atto a migliorare anche la capacità di reperire i fondi necessari. Le azioni invece che si raccomandano solo al settore pubblico sono: • (specialmente a livello locale) gli attori istituzionali quali le municipalità potrebbero organizzare delle riunioni invitando il settore privato, tradizionale e non, al fine di facilitare la comunicazione tra i partecipanti introducendo al contempo il PPP e facilitando l’istituzione di partenariati, • le autorità istituzionali dovrebbero cambiare la loro ottica trasformando le loro politiche nazionali, a partire da quelle transfrontaliere relative ai paesi confinanti, in modo da promuovere il PPP quale strumento di sviluppo agevolandone l’istituzione attraverso le modifiche del quadro normativo laddove necessarie, • realizzare delle politiche aventi l’obiettivo di facilitare gli investimenti diversificando i settori degli stessi e organizzando al contempo dei corsi di formazione professionale per dare l’opportunità alla popolazione in età attiva di diversificare le loro conoscenze e capacità.
XXIV Ciclo
1970
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44

CASTAGNO, JEAN PAULE. "Il mandato europeo di ricerca delle prove. Presente e futuro del principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie penali." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/14743.

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L'elaborato si propone di richiamare la nozione di cooperazione giudiziaria in materia penale; analizzare il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni penali, svolgendo un excursus storico che mostri in quali contesti è nato il principio del mutuo riconoscimento e come ha ivi trovato applicazione; esaminare la decisione quadro relativa al mandato europeo di ricerca delle prove, evidenziando possibili criticità applicative; indagare le attuali difficoltà di attuazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, valutando il possibile suggerimento di soluzioni alternative.
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Akutina, Anna. "Russia - Europa e le asimmetrie geopolitiche." Thesis, Universita' degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/560.

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Negli ultimi trentà ¢ anni la situazione geopolitica nel mondo, e soprattutto nel continente euroasiatico, à à ¨ profondamente cambiata, con una velocità à   prima impensabile. Già à   a partire dagli anni à ¢ 60 il sistema internazionale andava modificandosi e il bipolarismo originario andava evolvendosi verso forme pià à ¹ complesse. Dapprima, là ¢ Europa, unificata volontariamente nei Trattati di Roma, e la Cina, della rivoluzione maoista, cominciavano a mettere in discussione le loro alleanze à ¢ naturalià ¢ à ¢ rispettivamente à ¢ con USA e URSS, le superpotenze della seconda metà à   à ¢ secolo breveà ¢ . Successivamente a questi quattro poli della politica mondiale se ne aggiungeva un altro, quello che Kennedy definisce il à ¢ resto del mondoà ¢ , organizzazioni, gruppi di Stati, macroregioni culturali (il mondo arabo ne à à ¨ là ¢ esempio pià à ¹ eclatante) che di volta in volta si alternavano sul palcoscenico globale. Il mondo bipolare si trasformà à ² in una pentarchia. In questo contesto, caduto il Muro, liquefatto il bipolarismo e messe in discussione le vecchie amicizie, là ¢ UE e la Federazione Russa cominciano a ripensare al loro rapporto. Di colpo, molte delle differenze che esistevano tra là ¢ Europa occidentale e la Russia ex-sovietica si appianano. Improvvisamente ci si rende conto che accordi, sillagmi, non sono solo possibili, ma addirittura vantaggiosi per entrambe le parti. La cooperazione nei vari settori, come quello energetico, della sicurezza e della difesa, dei diritti umani, della cultura e della scienza, lasciano intravedere nuovi orizzonti, tracciano nuovi spazi. Le nuove geografie non vengono perà à ² tracciate sic et sempliciter nel giro di pochi decenni. Le cicatrici della storia pesano come montagne sul presente, che cerca di volare affannosamente verso il futuro. Cosà à ¬ i rapporti tra Europa e Russia non sono liberi da vecchie ruggini, da malintesi irrisolti, dal peso della storia. E paradossalmente, oggi, queste diffidenze, questi rancori, la Russia li nutre maggiormente proprio nei confronti degli alleati di un tempo, oggi parte effettiva dellà ¢ Europa. Certo, Stalin non avrebbe mai potuto immaginare che nel giro di pochi decenni, addirittura la Germania (seguita dallà ¢ Italia) sarebbe diventata il miglior partner europeo della Russia, e che invece coi à ¢ fratelli polacchià ¢ e soprattutto con la Lettonia à ¢ un tempo parte dellà ¢ URSS à ¢ si sarebbero istaurati dei rapporti freddi e poco armoniosi. Vi à à ¨ indubbiamente una tendenza alla cooperazione, soprattutto in settori strategici dellà ¢ economia - il settore energetico e quello dei trasporti, in primis. à la globalizzazione che spinge là ¢ Europa e la Russia a cooperare. Gli obiettivi della Russia e dellà ¢ Europa sono simili, ma asimmetrici: la puntualità à   delle forniture di gas e di petrolio russo sul territorio dellà ¢ Unione Europea, là ¢ armonizzazione del settore dei trasporti, la cooperazione per lo scambio di informazioni, la riduzione delle sostanze nocive nellà ¢ atmosfera, la prevenzione dei conflitti, la garanzia della sicurezza e della difesa. Il dialogo russo-europeo nel settore dei trasporti rispecchia gli interessi geopolitici delle parti. Le strategie per lo sviluppo delle infrastrutture enfatizzano la diversità à   degli approcci: il modello russo, prevalentemente, à à ¨ basato sullà ¢ esportazione delle risorse energetiche; il modello europeo si ispira ai principi dello sviluppo sostenibile e punta con decisione sullà ¢ innovazione tecnologica. I corridoi paneuropei che collegano là ¢ Europa e la Russia, sono à ¢ strade trafficateà ¢ . Safety, logistica, trasparenza sono le parole maggiormente pronunciate. Il nuovo millennio ha portato delle nuove prospettive di cooperazione nel continente euroasiatico. La Federazione Russia e là ¢ Unione Europea programmano un nuovo quadro di cooperazione, in quanto i contratti ed i trattati precedenti richiedono una revisione totale. Là ¢ andamento dei rapporti russo-europei à à ¨ di interesse globale e riguarda e coinvolge anche altri à ¢ giocatorià ¢ come gli USA, la Cina e le organizzazioni internazionali come là ¢ ONU e la NATO. La cooperazione attuale necessita di sviluppare una progettualità à   comune. Quale sarà à   là ¢ architettura delle relazioni russo-europee del XXI secolo? Prevarrà à   la mancanza di fiducia reciproca, come nel secolo scorso? Riemergeranno le antiche divergenze nel modo di intendere la democrazia, la libertà à  , la politica o si instaurerà à   una stretta e amichevole cooperazione? Attualmente, la situazione sembra paradossale, entrambe le parti desiderano la stessa cosa: maggiore cooperazione con la maggiore trasparenza. Gli Stati dellà ¢ Europa occidentale guardano alla Russia con entusiasmo, ma là ¢ Unione la osserva con prudenza. Tale paradigma pone agli storici, ai geografi, ai politici due domande. La Russia e là ¢ Europa si sentono ancora due mondi antagonisti che convivono nello spazio euroasiatico? La risposta non à à ¨ univoca perchà à © sia in Russia che in Europa i sentimenti sono contrastanti. Ma il presente sta già à   scrivendo la Storia.
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SANGUINETTI, ANGELA FILOMENA. "La rappresentanza esterna dell’Unione europea e il principio di leale cooperazione." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11393/249000.

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Per rappresentanza esterna si intendono generalmente tre aspetti. I primi due aspetti riguardano l’esercizio del Treaty making power da parte dell’Unione e la manifestazione della posizione dell’Unione all’interno delle altre organizzazioni internazionali. Il terzo aspetto concerne il più generale coinvolgimento dell’Unione sulla scena internazionale attraverso sia dichiarazioni di natura politica sia la predisposizione di strumenti internazionali di natura essenzialmente amministrativa, diversi dagli accordi internazionali, come ad esempio i memoranda of understanding. Il Trattato di Lisbona ha notevolmente innovato l’assetto istituzionale della rappresentanza esterna dell’Unione modificando numerose disposizioni e introducendo l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), il Servizio europeo di azione esterna (SEAE), il Presidente del Consiglio europeo e le delegazioni dell’Unione. Le modifiche a livello istituzionale costituiscono il tentativo dei redattori dei Trattati di superare i problemi di coerenza dell’azione esterna dell’Unione, i quali hanno troppo spesso indebolito la posizione dell’Unione sulla scena internazionale. Tuttavia, la nuova disciplina è collocata in un contesto costituzionale che ancora conserva la principale causa della mancanza di coerenza dell’azione esterna: la dicotomia tra la PESC e le altre politiche esterne. In particolare, la figura dell’AR e il SEAE rappresentano un punto di raccordo tra le due persistenti anime dell’Unione: quella intergovernativa e quella sovranazionale. In questo contesto la formulazione delle disposizioni sulla rappresentanza esterna è spesso vaga e non permette una chiara delimitazione delle compiti spettanti alle istituzioni e agli organi dell’Unione. Al fine di ricostruire la disciplina in maniera organica è utile partire dall’analisi dell’art. 218 TFUE, quale criterio di coordinamento basato sulla competenza, e del principio di leale cooperazione applicato ai rapporti tra istituzioni previsto dall’art. 13.2 TUE. Il criterio contenuto nell’art. 218 TFUE richiama il test del centro di gravità elaborato dalla Corte di Giustizia per quanto riguarda la scelta della base giuridica. Nonostante la sempre più copiosa giurisprudenza della Corte a riguardo, la scelta della base giuridica, in particolare quando si tratta della PESC in combinato con altre politiche esterne, continua ad essere molto problematica. Nell’ambito della rappresentanza esterna questo aspetto è particolarmente visibile nel rapporto tra la Commissione e il SEAE o la Commissione e l’AR, in particolare all’interno delle delegazioni UE e per quanto concerne il nesso tra sicurezza e sviluppo. In questo senso è particolarmente esemplificativa la trattazione dell’attuazione degli strumenti dell’azione esterna. In una situazione di incertezza sulla delimitazione delle competenze assume un ruolo centrale la cooperazione. Obblighi di cooperazione in materia sono previsti in numerosi atti di diritto derivato, anche se non risulta chiaro di che tipo di cooperazione si tratti, quale sia il suo fondamento e quale sia la portata degli obblighi che incombono sulle istituzioni o sugli organi. Il principio di leale cooperazione ex art. 13.2 TUE è un’applicazione del più generale principio contenuto nell’art. 4.3 TUE. Nel contesto delle relazioni esterne l’art. 4.3 TUE è stato ampiamente elaborato dalla Corte di Giustizia principalmente per quanto riguarda la rappresentanza esterna dell’Unione nell’ambito degli accordi misti. Questa giurisprudenza ha portato all’individuazione degli obblighi in capo agli Stati e alle istituzioni nei differenti ambiti di competenza. Nel caso dei rapporti tra istituzioni il contenuto dell’art. 13.2 TUE è invece ancora incerto. L’analisi della prassi della rappresentanza esterna post-Lisbona mette in luce numerose tensioni inter-isituzionali, che si sono risolte o davanti alla Corte di Giustizia, spesso nell’ambito gli accordi internazionali, o in un sostanziale stallo della posizione dell’Unione all’interno delle altre organizzazioni internazionali. La prassi conferma quindi le problematiche legate alla incerta delimitazione delle competenze tra le varie istituzioni e presenta un quadro non soddisfacente o che comunque non soddisfa le alte aspettative delle riforme istituzionali. Sono tuttavia reperibili elementi utili alla ricostruzione del contenuto di strumenti giuridici potenzialmente idonei ad attenuare tali tensioni inter-istituzionali, in particolare il principio di leale cooperazione applicato ai rapporti tra istituzioni ex art. 13.2 TUE. In ultima analisi si possono inoltre svolgere alcune considerazioni sul fondamento e il contenuto della cooperazione prevista dagli strumenti di diritto derivato per ciò che concernono i rapporti tra l’AR e il SEAE, da una parte, e le istituzioni dell’Unione, in particolare la Commissione, dall’altra, alla luce del principio di leale cooperazione.
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Campus, Mauro. "L’effimera stabilizzazione europea nell’età della dissociazione (1924-1933)." Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/2158/978632.

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FRANCHINA, Cecilia. "La cooperazione giudiziaria penale nell'Unione europea e i suoi rapporti con l'ordinamento italiano." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/101786.

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Sorcale, Gaetano. "The judicial cooperation in criminal matters in the european union: the discipline of the european arrest warrant." Thesis, 2013. http://hdl.handle.net/10955/932.

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GRIO, ALESSANDRA. "Cooperazione internazionale e assunzione di prove all'estero in Europa." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11570/3146820.

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Анотація:
Il presente studio ha ad oggetto l'assistenza giudiziaria probatoria. L'esame della problematica ha da subito evidenziato la pluralità delle fonti che regolano la materia, che non rendono agevole il ruolo dell'interprete nell'individuazione della normativa di volta in volta applicabile. Concorrono, infatti, alla regolamentazione dell'istituto una molteplicità di fonti normative: interne, europee e di derivazione internazionale. E' a queste ultime - in particolare - che si deve il superamento del modo con cui, per molto tempo, è stata intesa l'assistenza giudiziaria, vista a lungo come "forma di cooperazione di tono minore". Il passaggio, in ambito penale, da una collaborazione tra Stati attuata a distanza a forme di cooperazione partecipata si deve ad alcune Convenzioni adottate a livello internazionale; tra tutte, riveste un ruolo di primaria importanza la Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea adottata a Bruxelles con atto del Consiglio del 29 maggio 2000, per le novità che essa apporta in tema di acquisizione della prova all'estero. Nell'ambito del diritto dell'Unione europea, la più significativa innovazione è rappresentata dalla scelta di orientare l'assistenza giudiziaria internazionale al principio del mutuo riconoscimento, posto a fondamento della cooperazione giudiziaria per la sua capacità di assicurare l'efficienza del sistema e di adeguare le istanze della collaborazione alle nuove esigenze. Il percorso volto a sostituire, nella materia della ricerca e della circolazione delle fonti di prova, gli strumenti tradizionali di assistenza giudiziaria con le forme del reciproco riconoscimento giunge a compimento - da ultimo - con la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale. Sebbene abbia rappresentato un passaggio importante nel processo di costruzione di un sistema europeo integrato di raccolta e circolazione delle fonti di prova, la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale ha evidenziato i limiti di un approccio all'assistenza probatoria internazionale basato sul principio del mutuo riconoscimento senza un'opera di armonizzazione a monte tra le legislazioni degli Stati membri. In questa cornice, per una corretta ricostruzione della problematica, non può essere ignorato il ruolo centrale che la Corte europea dei diritti dell'Uomo ha svolto nell'ambito del processo di armonizzazione del diritto delle prove, tramite l'elaborazione di una serie di criteri finalizzati ad assicurare, attraverso un attento bilanciamento degli interessi di volta in volta in gioco, adeguata tutela alle garanzie fondamentali dei tanti soggetti coinvolti. La Corte ha così stabilito - in occasione di alcune pronunce relative a casi transfrontalieri - un articolato sistema di norme minime sull'ammissione della prova volto a facilitare la comunicazione tra gli ordinamenti. Nel presente lavoro si è anche utilizzato il metodo comparatistico. La scelta della Spagna come Paese con il quale operare la comparazione era stata dettata dalla Ley 3/2018, di recente adottata per dare attuazione alla direttiva del Parlamento e del Consiglio sull'ordine europeo di indagine penale, e si pensava che il raffronto con esperienze diverse avrebbe magari potuto spiegare l'atteggiamento del legislatore italiano di non dare attuazione agli obblighi di carattere sovranazionale o la tendenza a ridurre la portata innovativa degli accordi con una disciplina anacronistica e in contrasto con gli obiettivi della cooperazione. Si è invece preso atto non solo di una normativa datata, anche se nel tempo, più volte, sottoposta a modifiche e integrazioni, ma anche del singolare atteggiamento della giurisprudenza spagnola non del tutto in linea con le istanze di tutela dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti.
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