Дисертації з теми "Bilanci pubblici"

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STENTELLA, DANILO. "GLI EFFETTI DELLE PRIVATIZZAZIONI SULL’EQUILIBRIO DEI BILANCI E SULLA SOSTENIBILITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI." Doctoral thesis, Università di Siena, 2018. http://hdl.handle.net/11365/1057928.

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Анотація:
The first section of the research develops from the study of political and institutional dynamics and constraints affecting privatization, together to the regulatory reforms that accompany its evolution, its sectorial distribution and the methods of privatization processes. In a second part i analyze the interactions between public and private property and the control of companies, with particular reference to the influence that such interaction exerts on public budgets and, indirectly, on the well-being of the most direct stakeholders, individuals and families. In particular, in this part of the research, I analyzed the financial statements of those privatized companies. The companies that still allow us to make comparative calculations on the dynamics of reporting, in order to calculate ex post the actual economic and financial advantage of the divestments. In a third section, I examined the possibility of the development of a model of dynamic equilibrium between the properties of public assets and the objectives of the current budget, thus maintaining fiscal equilibrium.
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2

NARDINI, MASSIMO. "Il principio di "equilibrio" del bilancio nel quadro della governance europea dei conti pubblici." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2014. http://hdl.handle.net/11385/200956.

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Анотація:
La decisione di bilancio, tra teoria economica ed aspetti istituzionali: l'art. 81 della Costituzione. Il progressivo adattamento dell'ordinamento nazionale ai vincoli europei in materia di bilancio. La costituzionalizzazione del principio dell'"equilibrio" di bilancio: la Legge costituzionale n. 1/2012 e la Legge "rinforzata" n. 243/2012. Il nuovo diritto del bilancio: verso l'introduzione di vincoli contenutistici o una diversa conformazione dei procedimenti decisionali nazionali? Obbligo di copertura o “pareggio” di bilancio? Quale significato attribuire al principio di "equilibrio" nella nuova governance europea dei conti pubblici.
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3

Sala, Antonio. "Il giudice delle risorse pubbliche." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422982.

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Анотація:
This study intends to deal with the activity of the italian Court of Auditors as the guardian of public resources. The dissertation is divided into two sections: the first one deals with some important constitutional principles concerning public resources (public property and undertaking, cultural heritage, public budget), whereas the second one is more specific on the Court’s functions as auditor and judicial body. The essay aims to affirm that the role of the Court of Auditors in our legal system is essential, because monitoring the use of public goods and funds in order to prevent or sanction activities that, in different ways, cause damage to the public is a function with constitutional rank. The Court grants citizens-taxpayers the right to see the public money legitimately and efficiently employed for the public welfare. A special attention is drawn to recent reforms, such as the constitutional amendments of April 2012 concerning public budget and the various special forms of administrative liability with sanctionary purpose, which the legislator has introduced alongside the general regulation provided by law 20/1994.
La ricerca si propone di trattare il tema dell’attività della Corte dei conti come custode delle risorse pubbliche. La tesi si divide in due parti: la prima è dedicata ad alcuni importanti principi costituzionali in tema di risorse pubbliche (la proprietà e l’impresa pubbliche, il patrimonio culturale, il bilancio pubblico); la seconda, più specificamente, alle attribuzioni - di controllo e giurisdizionali – della Corte dei conti. L’idea sottesa a questo lavoro è che la presenza della Corte dei conti nell’ordinamento sia necessaria, in quanto la funzione di controllo nell’uso delle risorse e di repressione delle attività che, in vario modo, danneggiano il patrimonio collettivo ha carattere costituzionale. La Corte garantisce il diritto dei cittadini-contribuenti ad un impiego accurato ed alla custodia delle risorse pubbliche. Particolare attenzione è stata riservata alle novità normative, quali la riforma costituzionale del bilancio pubblico dell’aprile 2012 e le numerose ipotesi speciali di responsabilità amministrativa con finalità sanzionatoria che il legislatore ha affiancato alla disciplina generale di cui alla l. 20 del 1994.
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BARONE, Michele. "Le Autorità indipendenti nell’amministrazione pubblica dell’economia. Bilanci e prospettive nell’evoluzione del contesto italiano ed europeo." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2021. http://hdl.handle.net/11695/105599.

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Анотація:
La ricerca affronta la questione, ancora controversa, della natura e delle funzioni delle autorità amministrative indipendenti. Attraverso l’analisi delle condizioni strutturali alla base dell’affermazione del modello di regolazione indipendente del mercato, l’obiettivo primario è di suggerire una chiave di lettura dei principali problemi che pone, a partire proprio da quelli relativi allo status di indipendenza delle autorità regolatorie. In secondo luogo, l’indagine ha lo scopo di individuare possibili orizzonti di riforma, alla luce dell’evoluzione dell’approccio al tema dell’intervento pubblico nell’economia assunto nel contesto nazionale e sovranazionale. Viene anzitutto esaminato il dibattito sui principi in materia di rapporti economici tenutosi in seno all’Assemblea costituente, da cui emerge chiaramente la critica, pressoché unanime, al laissez-faire, espressione del tradizionale Stato liberale. Era radicata la consapevolezza, fondata su evidenze storiche, che il mercato, lasciato a se stesso, non è in grado di generare utilità sociale, ma che anzi tende a favorire dinamiche di prevaricazione dei soggetti che si trovano in una situazione di fattuale debolezza da parte di quelli che ricoprono, invece, una posizione di forza. Gli obiettivi che la Costituzione assegna inderogabilmente alla politica economica – garanzia del pieno sviluppo della persona umana e della realizzazione dell’utilità sociale – possono dunque essere perseguiti alla sola condizione che il mercato sia sottoposto a rigorosi limiti e controlli (artt. 41 ss. Cost.). L’indagine si focalizza quindi sul paradigma regolatorio, che comincia ad affermarsi in Italia in coincidenza con l’ampliamento degli spazi del mercato, stimolato in particolare dal processo di integrazione europea. Tale paradigma, lungi dall’essere intrinsecamente connesso alla logica del laissez-faire, può potenzialmente rappresentare una forma di attuazione dei principi costituzionali persino più compiuta rispetto ad un modello di intervento pubblico nell’economia in cui lo Stato sia direttamente implicato nei processi produttivi. Infatti il paradigma regolatorio, in base al quale l’intervento statale consiste essenzialmente in un’attività di vigilanza sulle dinamiche economiche, sembra possa rientrare più propriamente nell’ambito dei «controlli» di cui parla l’art. 41 Cost. Vengono messi in luce, tuttavia, i problemi che caratterizzano la regolazione per come realizzatasi concretamente, che si riconducono proprio alla circostanza che essa è stata intesa, in effetti, non come una nuova forma di limitazione e controllo delle dinamiche economiche, ma, al contrario, come una via per “liberarle” dalle interferenze dei poteri pubblici. Questo approccio ha condotto ad una disciplina squilibrata dello status di indipendenza (talvolta eccessivo, talaltra difettoso), che presenta meccanismi di “protezione” del mercato nei confronti organi politici per certi aspetti ancora più intensi rispetto a quelli che la Costituzione riserva alle libertà e ai diritti inviolabili della persona. Tali forme di garanzia si fondano, però, su presupposti discutibili: una rinnovata “fede” nel mercato e un conseguente ritorno alla logica del laissez-faire. Non è dunque considerata condivisibile l’idea della regolazione come funzione di garanzia: essa è invece ritenuta una funzione amministrativa in senso pieno, finalizzata, cioè, alla cura di interessi pubblici nell’ambito del mercato. In tale ottica, si evidenzia come lo status di indipendenza delle autorità, anziché rappresentare un ausilio per la realizzazione del modello regolatorio, costituisca un ostacolo alla sua attuazione, minandone la piena compatibilità con i principi costituzionali. Vengono dunque indicate linee direttrici per possibili riforme tese a conferire una dimensione pienamente pubblicistica alla regolazione amministrativa del mercato, che la renda davvero in grado di porre rimedio ai suoi ineluttabili “fallimenti”.
The work addresses the still controversial question of the nature and functions of the Independent Regulatory Commissions. Through the analysis of the structural conditions underlying the affirmation of the independent regulation of the market, the primary aim is to suggest a key to understanding the main problems it poses, starting with those relating to the independent status of Regulatory Commissions. Secondly, the work aims to identify possible horizons for reform, in light of the evolution of the approach to the issue of public intervention in the economy assumed in the national and supranational context. First of all, the debate on the principles of economic relations, held in the Constituent Assembly, is examined, from which the almost unanimous critique of laissez-faire, expression of the traditional liberal state, clearly emerges. There was a deep-rooted awareness, based on historical evidence, that the market, left to itself, is not capable of generating social utility: on the contrary, it tends to favor dynamics of abuse of subjects who are in a position of factual weakness by subjects who are, instead, in a position of factual power. The purposes that the Constitution assigns to economic policy - guaranteeing the full development of the human person and the realization of social utility - can therefore be pursued on the sole condition that the market is subjected to strict limits and controls (clauses 41 and following of Italian Constitution). Therefore, the work focuses on the ‘regulatory paradigm’, which begins to rise in Italy to coincide with the expansion of market’s spaces, stimulated particularly by the process of European integration. This paradigm, far from being intrinsically connected to the logic of laissez-faire, can potentially represent an even more complete form of implementation of constitutional principles than a model of public intervention in the economy in which the state is directly involved in production processes. In fact, the regulatory paradigm, according to which state intervention essentially consists of a supervisory activity on economic dynamics, seems to fall more properly within the "controls" referred to in clause 41 of Italian Constitution. Nevertheless, the problems that characterize regulation in terms of how it actually developed in Italy are highlighted and attributed precisely to the fact that it was considered, in fact, not as a new form of limitation and control of economic dynamics, but, conversely, as a way to "free" them from the interference of the public powers. This approach has led to an unbalanced discipline of the status of independence (sometimes excessive, sometimes defective), which presents mechanisms of "protection" of market’s spaces towards political bodies in some respects even more intense than those that Constitution reserves for freedoms and inviolable rights of the person. Such guarantees, although, are based on questionable assumptions: a renewed "faith" in market’s virtues and a consequent return to the logic of laissez-faire. Therefore, the concept of regulation as a guarantee function is not considered acceptable: it is instead considered an administrative function in the full sense, namely aimed at the care of public interests within the market. In this perspective, it is highlighted that the independent status, rather than representing an aid for the implementation of the regulatory paradigm, constitutes an obstacle to it, undermining its full compliance with constitutional principles. Guidelines for possible reforms are therefore indicated, aimed at giving a fully “public-power attitude” to the market’s administrative regulation, in order that it is made truly capable of remedying its inevitable "failures".
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Paiuscato, Marco <1994&gt. "La rendicontazione sociale come rappresentazione del bene pubblico bilancio. Concetti, norme e prassi applicative." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16724.

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Анотація:
La tesi verte attorno ad un nuovo strumento che sta prendendo sempre più il largo nella pubblica amministrazione italiana: il Bilancio sociale. Dopo una breve introduzione sulla rendicontazione sociale e sulla stakeholder theory, lo scritto prova ad affrontare nello specifico il suddetto strumento sfruttando soprattutto il lavoro della Direttiva ministeriale del 2006 e dell'Osservatorio per la finanza e la contabilità negli enti locali. L'analisi ruota attorno sia ai concetti teorici che pratici, provando a fornire una spiegazione completa sulla realizzazione del bilancio sociale all'interno di un contesto pubblico locale. Il tutto si concluderà con un'analisi più specifica riguardante un caso particolare, ovvero il Comune di Este (in provincia di Padova) dove ho personalmente collaborato alla stesura del Bilancio sociale di metà mandato.
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Cavedagna, Stefano <1989&gt. "Le ricadute dei vincoli di bilancio europei sugli Enti territoriali. Nuove norme per la stabilità." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10380/1/Cavedagna_Stefano_tesi.pdf.

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Анотація:
La disciplina del pareggio di bilancio è in continua evoluzione, soprattutto a fronte delle nuove esigenze finanziarie per contrastare la pandemia. Questo elaborato, studiando la governance economica strutturata dopo la crisi dei debiti, le derivanti scelte italiane in materia di costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e le conseguenze sulle autonomie locali, dimostra come il sistema di gestione delle finanze pubbliche a livello comunitario si stia completando, generando un rapporto normativo ciclico tra il livello europeo e quello locale. Ne è emersa una conflittualità tra le Regioni e lo Stato, che è analizzata al fine di comprendere la giustiziabilità costituzionale del pareggio di bilancio, osservando le esigenze di bilanciamento tra l’equilibrio finanziario e la tutela dei diritti sociali. La Corte Costituzionale ha recentemente conferito, in via giurisprudenziale, alla Corte dei Conti la potestà di svolgere un controllo diretto di costituzionalità del rispetto dell’equilibrio di bilancio degli enti nazionali e territoriali. Particolare attenzione viene data, poi, a seguito degli effetti della pandemia da Covid-19 sui bilanci degli Stati. A fronte della crisi pandemica, per la prima volta dall’approvazione del TSCG, la Commissione ha attivato la clausola di salvaguardia generale per sospendere il Patto di Stabilità (c.d. escape clause). Questa clausola ha permesso ai Paesi di ricorrere agli scostamenti di bilancio. Viene infine analizzato il piano “Next Generation EU”, che centralizza i prestiti verso gli Stati membri nel bilancio dell’Unione ed attinge dal mercato dei capitali le risorse necessarie per finanziare un totale di 750 miliardi, attraverso l’emissione di obbligazioni “Eu Bills”. Per la prima volta nella storia, l’Unione, nelle parole della Commissione, agisce sui mercati come se fosse uno Stato. La portata straordinaria del NGEU, con l’emissione di titoli europei, porta ad una sostanziale mutualizzazione dei debiti ed appare come un passo fondamentale verso il completamento dell’UEM e di un sistema federale.
The discipline of the balanced budget is constantly evolving, especially in the face of the new financial needs to combat the pandemic. This paper, studying the structured economic governance after the debt crisis, the resulting Italian choices regarding the constitutionalisation of the balanced budget and the consequences on local autonomies, demonstrates how the public finance management system at EU level is being completed, generating a cyclical regulatory relationship between the European and local levels. A conflict emerged between the Regions and the State, which is analyzed in order to understand the constitutional justice of a balanced budget, observing the need for balancing the financial balance and the protection of social rights. The Constitutional Court has recently conferred on the Italian Court of Auditors, the power to carry out a direct control of the budget balance of national and territorial bodies. Particular attention is given following the effects of the Covid-19 pandemic on the budgets of the States. In the face of the pandemic crisis, for the first time since the approval of the TSCG, the Commission activated the general safeguard clause to suspend the Stability Pact (so-called escape clause). This clause allowed countries to resort to budget variances. Finally, the "Next Generation EU" plan is analyzed, which centralizes loans to Member States in the Union budget and draws the necessary resources from the capital market to finance a total of 750 billion, through the issue of "Eu Bills" ". For the first time in history, the Union, in the words of the Commission, acts on the markets as if it were a state. The extraordinary scope of the NGEU, with the issuance of European bonds, leads to a substantial mutualisation of debts and appears as a fundamental step towards an europeam federal system.
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Macias, Alzola Pastora <1975&gt. "La materialità nel bilancio di sostenibilità: best practices di un'azienda pubblica applicate a una PMI." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17206.

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Анотація:
Il lavoro percorre l'analisi del processo di individuazione dei temi materiali in un'azienda a capitale pubblico per definire le best practices ed applicarle all'individuazione della materialità di una piccola impresa privata che vuole predisporre per prima volta il bilancio di sostenibilità. Il lavoro ha richiesto preliminarmente un'analisi bibliografica specifica per individuare i filoni di pensiero di ricerca relativamente al tema della materialità. Successivamente è stata condotta un'analisi dettagliata del bilancio di sostenibilità dell'azienda ETRA S.p.A., una multiutility del bacino del fiume Brenta. Sulla base delle analisi svolte e in funzione dei parametri individuati nell'analisi di letteratura, è stata proposta una procedura per la definizione delle materialità applicabili all'azienda ENEREN S.r.l. attiva nel settore dell'impiantistica ai fini dell'efficienza energetica. A tal fine sono stati individuati gli stakeholder ed è stato proposta un'indagine comprensiva di incontri e questionari nonché l'analisi dei contenuti dei documenti emanati dall'azienda. Tale lavoro costituisce la base per un ulteriore sviluppo del bilancio di sostenibilità.
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Guercio, Salvatore. "La rendicontazione sociale: Aziende Private e Amministrazione Pubblica a confronto. Cos'è e come si redige un Bilancio Ambientale per un Ente Locale: la sostenibilità dei Comuni dell'Unione Terre di Castelli." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Анотація:
La presente tesi è stata incentrata sulla rendicontazione sociale e sulle tipologie di rendicontazione sociale esistenti oltre che sulla redazione del Bilancio di Sostenibilità dell'Unione Terre di Castelli. Nel Libro Verde della Commissione, l'Unione Europea nel 2001 ha definito il Bilancio Sociale come:"Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate". Dal primo gennaio 2017 data la Direttiva n.95 del 2014 del Parlamento e del Consiglio dell'Unione Europea, redigere il Bilancio Sociale è divenuto obbligatorio per tutte le "imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico egli enti di interesse pubblico che sono imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni, le cui caratteristiche sono deninite nella Direttiva n.95 del 2014 del Parlamento e del Consiglio dell'Unione Europea. Scorrendo l'elaborato si troverà il confronto tra cinque bilanci di sostenibilità redatti da altrettanti multinazionali, per poi passare a focalizzarsi sul significato che ha la rendicontazione sociale nella Pubblica Amministrazione, anche qui non mancano dei confronti tra Bilanci di Sostenibilità redatti da alcuni Comuni italiani di varie dimensione. Si passerà poi sul core della tesi ovvero la redazione del Bilancio di Sostenibilità Ambientale dell'Unione Terre di Castelli, un'Unione di otto Comuni della Provincia di Modena che conta circa 90000 abitanti. Per redigere il Bilancio si è fatto uso del metodo CLEAR, metodo che è frutto di un progetto Life; come prima redazione del Bilancio, di concerto con le Amministrazioni dell'Unione, si è deciso di rendicontare su solo due aree di competenza previste dal CLEAR, Rifiuti e Risorse Energetiche. La tesi arriva a conclusione presentando i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell'Agenda 2030 dell'ONU e calcolando la Sostenibilità dei Comuni dell'Unione in accordo a essi.
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CHIAF, ELISA. "LE IMPRESE SOCIALI DI INSERIMENTO LAVORATIVO E LA CREAZIONE DI VALORE: MODELLI DI VALUTAZIONE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/752.

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Анотація:
La ricerca considera il tema della valutazione del risultato delle imprese - in termini di impatto economico-sociale dell’attività svolta - e il settore delle imprese sociali di inserimento lavorativo (WISE), analizzandolo dal punto di vista degli strumenti di valutazione e rendicontazione. Obiettivo del lavoro è presentare la realtà delle WISE, per proporre un modello di valutazione che consenta di misurare il valore creato e distribuito alla Pubblica Amministrazione e quindi, indirettamente, alla collettività. Questo valore deriva dall’inserimento di soggetti che sono normalmente esclusi dal mercato del lavoro e che sarebbero supportati da interventi pubblici di tipo oneroso. Il lavoro offerto diventa quindi un mezzo di integrazione sociale e di riduzione delle diversità, ma anche una garanzia di risparmio per la Pubblica Amministrazione, che riduce gli interventi di tipo socio-assistenziale e sanitario. Una volta definiti gli obiettivi di valutazione e i metodi utilizzabili, è stato sviluppato uno strumento che consente una migliore accountability esterna. Per giungere a questo risultato, sono state coinvolte alcune cooperative sociali e soggetti impegnati nell’inserimento lavorativo. È stato creato uno strumento che permette alle imprese di mostrare in maniera completa il valore economico creato e distribuito sul territorio, e lo si è fatto in maniera condivisa e partecipata.
Work Integration Social Enterprises (WISEs) are very well known in Europe and they are recognized as important actors to promote the active inclusion of disadvantaged people, disabled, homeless, migrants, unemployed, people with disadvantages and minorities, to avoid their discrimination both in work labour and in the society. Work Integration issue is nowadays a relevant theme that considers social matters together with human rights’ respect, equality, freedom and self-determination. There is the lack of a complete evaluation scheme that could give a whole perspective of WISEs' results. For them there are features and management ties that require methods wider than the economic ones disclosed in the financial report, in order to measure the created value for the Public Administration and community. The PhD work focuses on the creation of a possible evaluation model to apply to WISE. A WISEs’ sample has been selected to understand which elements were difficult to measure and, after the definition of the model it has been directly tested. Local WISEs and institutions have been actively involved in the executions. The main result is the participative creation process of an instrument that evaluates WISEs’ value for the community, through the analysis of their external effect on public budget.
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CHIAF, ELISA. "LE IMPRESE SOCIALI DI INSERIMENTO LAVORATIVO E LA CREAZIONE DI VALORE: MODELLI DI VALUTAZIONE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/752.

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La ricerca considera il tema della valutazione del risultato delle imprese - in termini di impatto economico-sociale dell’attività svolta - e il settore delle imprese sociali di inserimento lavorativo (WISE), analizzandolo dal punto di vista degli strumenti di valutazione e rendicontazione. Obiettivo del lavoro è presentare la realtà delle WISE, per proporre un modello di valutazione che consenta di misurare il valore creato e distribuito alla Pubblica Amministrazione e quindi, indirettamente, alla collettività. Questo valore deriva dall’inserimento di soggetti che sono normalmente esclusi dal mercato del lavoro e che sarebbero supportati da interventi pubblici di tipo oneroso. Il lavoro offerto diventa quindi un mezzo di integrazione sociale e di riduzione delle diversità, ma anche una garanzia di risparmio per la Pubblica Amministrazione, che riduce gli interventi di tipo socio-assistenziale e sanitario. Una volta definiti gli obiettivi di valutazione e i metodi utilizzabili, è stato sviluppato uno strumento che consente una migliore accountability esterna. Per giungere a questo risultato, sono state coinvolte alcune cooperative sociali e soggetti impegnati nell’inserimento lavorativo. È stato creato uno strumento che permette alle imprese di mostrare in maniera completa il valore economico creato e distribuito sul territorio, e lo si è fatto in maniera condivisa e partecipata.
Work Integration Social Enterprises (WISEs) are very well known in Europe and they are recognized as important actors to promote the active inclusion of disadvantaged people, disabled, homeless, migrants, unemployed, people with disadvantages and minorities, to avoid their discrimination both in work labour and in the society. Work Integration issue is nowadays a relevant theme that considers social matters together with human rights’ respect, equality, freedom and self-determination. There is the lack of a complete evaluation scheme that could give a whole perspective of WISEs' results. For them there are features and management ties that require methods wider than the economic ones disclosed in the financial report, in order to measure the created value for the Public Administration and community. The PhD work focuses on the creation of a possible evaluation model to apply to WISE. A WISEs’ sample has been selected to understand which elements were difficult to measure and, after the definition of the model it has been directly tested. Local WISEs and institutions have been actively involved in the executions. The main result is the participative creation process of an instrument that evaluates WISEs’ value for the community, through the analysis of their external effect on public budget.
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BILLERI, MARGHERITA. "Istituzioni e dinamica dei bilanci pubblici regionali: un'analisi panel." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3104678.

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Questo studio si concentra sulle regioni italiane, le quali diventano oggetto di un caso studio di particolare interesse dato l'elevato livello del debito pubblico nazionale al quale si somma il valore del debito pubblico regionale. Bisogna sottolineare che le regioni italiane sono caratterizzate da un ampio grado di eterogeneità nelle variabili di interesse, come il reddito pro capite e il tasso di disoccupazione. Inoltre, le regioni italiane sono tutte soggette alla stessa costituzione e legge ordinaria, anche se vi è una certa eterogeneità e autonomia tra le regioni . In particolare, un gruppo di regioni (a statuto speciale) ha diritto ad un numero maggiore di poteri rispetto alle altre regioni (a statuto ordinario). Tutti questi fattori giocano a favore di una migliore comprensione nella strategia empirica. Nella prima parte del lavoro si esaminano un certo numero di questioni teoriche riguardanti i fattori determinanti del deficit primario regionale. Tradizionalmente, questa teoria si è sviluppata su diversi filoni nella letteratura sui cicli elettorali. Il filone di ricerca che si segue in questo lavoro è quello che spiega il ciclo economico-elettorale in relazione alle politiche di gestione del bilancio pubblico poste in essere dai governi uscenti in periodo pre-elettorale per vincere le elezioni. Ad esempio i governi regionali in periodo pre-elettorale potrebbero indirizzare sistematicamente la politica fiscale verso quelle spese in beni e servizi che hanno un impatto immediato nella creazione di posti di lavoro e di reddito cercando così di influenzare l’esito delle elezioni. La maggior parte degli studi empirici rivolti alla verifica delle implicazioni teoriche dei modelli del ciclo politico di bilancio si è soffermata ad esaminare il comportamento dei governi nazionali trascurando invece l’analisi del ciclo politico a livello regionale, che sarà presa in esame in questo lavoro. Nella seconda parte del lavoro si analizzano i bilanci europei, concentrando l’analisi su una voce della spesa dei fondi strutturali da parte dell’Unione europea. Secondo quanto emerge dalla letteratura economica sul tema, la scarsa capacità di attrarre fondi strutturali può considerarsi un fattore rilevante per spiegare i divari tre le regioni. Non a caso il dibattito sulla politica da seguire per l’aumento del livello delle dotazioni di fondi europei converge verso le azioni che aumentano la capacità di attrarre i fondi provenienti dall’Unione europea. A tal proposito, una qualità istituzionale maggiore è annoverata tra le caratteristiche che condizionano e favoriscono l’attrazione dei fondi nell’ambito regionale. Per valutare la validità di questa ipotesi, il presente studio considera un insieme di variabili che spiegano la qualità istituzionale, tra queste la variabile corruzione, affermando che un tasso maggiore di corruzione all’interno della regione aumenta il livello di trasferimenti dall’Unione europea. Questo lavoro, quindi, intende studiare la capacità di attrazione dei fondi da parte delle regioni italiane, attraverso la relazione che intercorre tra fondi strutturali europei e qualità istituzionale. In particolare l’analisi si concentra sull’eventuale associazione tra corruzione e livello dei fondi strutturali. Questo studio contribuisce alla letteratura esistente in vari modi. Innanzitutto, questo è il primo tentativo di stimare il ruolo del ciclo politico di bilancio per spiegare il bilancio delle regioni italiane. In secondo luogo, per la prima volta si analizza la capacità che hanno le regioni italiane di attrarre fondi strutturali. In terzo luogo, questo lavoro contribuisce a mettere in luce l'importanza di una serie di fattori politici per i quali gli studi empirici hanno riportato risultati contrastanti finora. Quarto, utilizzando un panel di dati e uno stimatore GMM, questo lavoro contribuisce ad un miglioramento metodologico rispetto alla maggior parte degli studi precedenti.
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Puzzo, Maria. "Il bilancio dei gruppi comunali." Thesis, 2006. http://hdl.handle.net/10955/225.

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Cantisano, Giuseppe. "Bilancio e contabilità pubblica: analisi evolutiva ed esigenze di cambiamento nel contesto internazionale." Tesi di dottorato, 2007. http://www.fedoa.unina.it/1529/1/Cantisano_Scienze_Aziendali.pdf.

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CORONIDI, FRANCESCO. "Il principio dell'equilibrio di bilancio in Italia, Spagna e Francia tra spinta europea e scelte nazionali." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1052409.

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La ricerca è volta ad individuare il contenuto e la portata della normativa italiana in materia di equilibrio dei bilanci pubblici, introdotta nel 2012, indagando i suoi rapporti sia con il contesto normativo dell’Unione europea sia con le ulteriori riforme che, sul medesimo tema, sono state introdotte nei principali Paesi dell’area euro. A tal fine, il primo capitolo è dedicato ad individuare il contesto nel quale è intervenuta la precitata riforma, sia per quanto concerne la normativa europea e sovranazionale in materia di equilibrio dei bilanci pubblici (Cap. 2.1) – con particolare attenzione al Fiscal Compact – sia per ciò che riguarda i precedenti europei in materia, ovvero la riforma svizzera del 2000/2001 e la riforma tedesca del 2009, la cosiddetta Föderalismusreform II (Cap. 2.2). Il secondo capitolo è dedicato all'esame della riforma italiana sul pareggio di bilancio del 2012 con particolare attenzione non soltanto alla riforma costituzionale di cui alla legge cost. n. 1 del 2012 (Cap. 3.2) ma anche al contesto storico-giuridico da cui quest'ultima ha tratto origine (Cap. 3.1), alla sua successiva attuazione avvenuta principalmente per il tramite della legge “rinforzata” n. 243 del 24 dicembre 2012 (Cap. 3.3) e ai suoi effetti, con particolare riferimento ai rapporti tra centro e periferia (Cap. 3.4). Nel terzo capitolo sono state affrontate la riforma costituzionale spagnola del 2011, ivi compresa la relativa disciplina attuativa di rango organico (Cap. 4.1), il tentativo di riforma costituzionale francese del 2011 e la normativa organica in materia di finanze pubbliche che – a seguito del fallimento del tentativo di riforma propugnato da Sarkozy – è stata introdotta in Francia nel corso del 2012 (Cap. 4.2). Infine, nel quarto capitolo si è proceduto ad un esame sotto il profilo comparatistico delle normative europee in materia di equilibrio di bilancio (Cap. 5.1) per poi procedere ad una disamina degli effetti che le medesime riforme, ora valutate nell'ambito del complessivo sistema europeo, hanno prodotto a livello nazionale (Cap. 5.2), indagando infine gli effetti che l'insieme delle riforme in materia di pareggio di bilancio hanno prodotto a livello di Unione europea, con particolare attenzione all'incidenza di queste ultime sul federalizing process tuttora in atto (Cap. 5.3).
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VERNATA, ANDREA. "L'ufficio parlamentare di bilancio." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1341976.

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L’oggetto dell’elaborato concerne l’Ufficio parlamentare di bilancio e, cioè, l’organismo indipendente istituito – presso le Camere – dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, con funzioni di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio. Tale organismo si inserisce nell’alveo di quegli organismi noti come independent fiscal institution, ovvero come fiscal council o fiscal watchdog, i quali rappresentano una novità relativamente recente per il panorama istituzionale europeo. La loro diffusione ha trovato un sicuro impulso nella necessità delle istituzioni europee di assicurare quel raccordo delle politiche di bilancio che viene ritenuto indispensabile per salvaguardare tanto la stabilità finanziaria dell’eurozona, quanto l’efficacia della politica monetaria della Banca centrale europea. In tal senso, i fiscal conuncil sembrano essere stati concepiti in un’ottica strettamente funzionale alle crescenti esigenze di bilancio cui gli Stati, sempre con maggiore frequenza e intensità, sono chiamati a rispondere. Cionondimeno, la definizione strumentale di simili organismi non vale a dissipare le incertezze teoriche che risultano connotare gli stessi. E proprio in quest’ottica si rivela necessario ricostruire e analizzare le origini, le evoluzioni e alcune esperienze emblematiche che hanno caratterizzato tali organismi, pur sempre concentrandosi sulle vicende che hanno caratterizzato l’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio in Italia. Per quanto concerne l’Europa, nonostante le prime e limitate espressioni dei fiscal council possano riscontrarsi già agli inizi del secondo dopoguerra, va rilevato come sarà solo con la crisi economico-finanziaria del 2008 che essi acquisiranno una diffusione e un ruolo decisivo. La crisi, infatti, ha costituto l’occasione per convincere la governance economica europea a rinforzare il quadro istituzionale e normativo preposto alla salvaguardia del rispetto dei vincoli di bilancio, attraverso il consolidamento dei meccanismi di convergenza e raccordo. Si pensi al Meccanismo europeo di stabilità, al Six pack, al Two pack, ma anche al Fiscal compact, con il quale per la prima volta in ambito europeo si è richiesto agli Stati di traslare le regole di bilancio europee sul piano nazionale, con normativa «preferibilmente» di natura costituzionale. È proprio nel solco di tali interventi che è stato previsto l’obbligo di istituire in Italia il tipo di organismo di cui l’Ufficio parlamentare di bilancio è espressione. Quest’ultimo sembra, infatti, rappresentare un passaggio fondamentale nel complesso processo di federalizzazione delle politiche economiche dei paesi dell’eurozona, andando a integrare e comporre un network di derivazione europea e internazionale che possa, in qualche modo, rivelarsi strumentale ad anticipare a livello nazionale il controllo sul rispetto delle regole di bilancio esercitato dalla Commissione europea. Con la crisi economico-finanziaria e l’irrigidimento della governance e dei vincoli di bilancio europei sullo sfondo, dunque, il legislatore italiano ha optato per ottemperare all’obbligo di dotarsi di un fiscal council e di inserire a livello nazionale detti vincoli mediante una normativa di natura costituzionale (la legge costituzionale n. 1 del 2012, appunto). Si è trattato di una fase piuttosto concitata, nella quale diversi paesi dell’Unione europea (Francia, Portogallo, Spagna, per citarne alcuni) hanno anticipato o fatto eco alle scelte dell’Italia, sia pure con forme e intensità diverse. Ad ogni modo, l’avere istituito l’Ufficio parlamentare di bilancio mediante legge costituzionale sembra essere valso ad attribuire allo stesso un ruolo di primaria importanza anche sul versante nazionale e a prescindere dalla sua connotazione euronitaria(-mente necessaria). La sua natura costituzionale, infatti, pare consentire di attribuire allo stesso la qualifica di organismo di rilievo costituzionale, assimilabile a quelli “ausiliari” previsti dall’art. 100 Cost. (Consiglio di Stato e Corte dei conti), suscettibile di configurarsi quale potere dello Stato ai fini di un eventuale confitto di attribuzione tra poteri dinanzi alla Corte costituzionale. La particolare fisionomia attribuita allo stesso dal legislatore, inoltre, ha fatto sì che esso rappresenti un vero e proprio unicum rispetto agli omologhi degli altri paesi. L’Ufficio parlamentare di bilancio, infatti, è un fiscal council di tipo parlamentare – ossia istituito presso le Camere – con un vertice collegiale e non monocratico come si registra nelle analoghe esperienze di altri paesi. Tale circostanza appare tanto più rilevante se si considera che il modello di riferimento adottato dal legislatore italiano sembra essere stato il Congressional Budget Office statunitense, il quale nel panorama dei fiscal council rappresenta l’esperienza maggiormente riuscita e di successo (fatta eccezione per quello olandese, che, però, ha potuto beneficiare di un contesto storico-culturale assai più favorevole), ma che si contraddistingue per avere un vertice di tipo monocratico. La previsione di un board di tre membri al vertice dell’Ufficio parlamentare di bilancio, tuttavia, per quanto rilevante, non sembra essere la differenza più importante tra i due organismi. Quest’ultima, invero, potrebbe individuarsi nella diversa forma di governo che contraddistingue le due esperienze. Il Congressional Budget Office, infatti, ben si inserisce in un presidenzialismo che vede nella titolarità del power of the purse il più aspro e ampio terreno di scontro tra Presidente e Congresso. Al contrario, appaiono maggiormente esigui gli spazi dell’Ufficio parlamentare di bilancio in una forma di governo parlamentare, la quale si contraddistingue per la presenza di un governo che trova la propria ragion d’essere in una maggioranza parlamentare che difficilmente tenderà a esercitare sul primo un controllo tanto pervasivo nella gestione delle finanze pubbliche. Anche alla luce di simili considerazioni, pertanto, appare necessario analizzare le virtualità che possono riconoscersi all’Ufficio parlamentare di bilancio, sia sul versante interno – nei riguardi del Parlamento, del Governo, ma anche del Presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e dell’elettorato – che su quello esterno – rispetto alla Commissione europea, FMI, OCSE e operatori economici e finanziari in generale – per verificare se sia effettivamente da escludere l’eventualità che l’istituzione di un simile organismo possa rappresentare proprio l’occasione per rafforzare il continuum Parlamento-Governo, riequilibrano i rapporti tra di essi e responsabilizzando le politiche di spesa in un’ottica di razionalizzazione e sostenibilità del debito pubblico. È infatti in questa prospettiva che sembrerebbe possibile recuperare i margini di funzionalità – nazionale – dell’Ufficio parlamentare di bilancio: la neutralizzazione di un deficit informativo che, tradizionalmente, contraddistingue il Parlamento rispetto al Governo nella gestione della finanza pubblica, che si riveli strumentale tanto all’inveramento del principio della separazione tra poteri e delle prerogative di indirizzo e controllo dell’assemblea rappresentativa, quanto al recupero di una rappresentanza politica effettiva e responsabilizzata attraverso il pubblico dibattito. Un obiettivo certamente ambizioso, ma che appare d’altronde del tutto in linea con le sfide cui oggi il costituzionalismo moderno è chiamato a dare risposta.
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NARDI, FRANCESCO. "L'incidenza del Patto di stabilità e crescita sull'equilibrio costituzionale dei poteri." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/925126.

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Il presente lavoro trova come spunto i temi trattati nel convegno “Euro e Fiscal Compact: quali prospettive per l’Euro” ed in particolare le riflessioni suscitate dalle relazioni del Prof. Guarino e del Prof. Tosato. Il successivo approfondimento, svolto in coerenza con le attività di studio e di ricerca legate al dottorato , ha avuto ad oggetto le riforme apportate al Patto di stabilità e crescita durante il periodo 2011 e 2013. Tali riforme hanno inciso nella poltica economica europea, di coordinamento, di sorveglianza economica multiaterale e di controllo sui bilanci pubblici nazionali. Per tale via le decisioni europee si insinuano anche nella fase di preparazione, approvazione e controllo dei bilanci nazionali e inferiscono nella determinazione delle spese pubbliche parlamentarmente assentibili, manifestando un potere che non appare più contenibile nel quadro previgente di governance economica europea. In quanto la riserva di legge che affida l’approvazione del bilancio al Parlamento non è solo un elemento che caratterizza storicamente la forma dello Stato liberale e che trova indirizzo di sviluppo nello Stato sociale, ma misura anche concretamente l’indice di democraticità di uno Stato. Infatti, “i bilanci generali non sono solo materie di calcoli aritmetici, ma in mille modi vanno alla radice della prosperità delle persone, ai rapporti fra le classi sociali, e alla potenza” degli Stati . Il nuovo quadro europeo più che attuare il rafforzamento della disciplina prevista nei Trattati, manifeta l’emersione di un vero e proprio Potere (sia dal punto di vista soggettivo che procedurale) di governo dell’economia. Sebbene ciò la cooperazione economica verso obiettivi comuni quali crescita e sviluppo è e deve essere ancora il tratto fondante del progetto europeo, il suo valore economico ha ancora oggi bisogno di essere letto attraverso la lente di principi, quali ad esempio l’uguaglianza e la solidarietà, per permettere al processo di integrazione europeo di approfondirsi politicamente. Partendo da queste considerazioni, il presente lavoro approfondisce lo studio della poltica economica europea ancorando tale indagine “ai principi ed ai valori fondanti della costruzione europea” ritrovandoli nelle Costituzioni nazionali, che costituiscono l’architettura su cui si poggia l’equilibrio costituzionale dei poteri in un ordinamento composito. In quanto, sebbene la separazione dei poteri sia un principio originariamente “sconosciuto all’organizzazione istituzionale europea” , tale principio e il suo equilibrio istituzionale in ambito di politica di bilancio appartiene “alla struttura fondamentale, politica e costituzionale” degli Stati membri che le Istituzioni eurpee nel loro agire e nei loro atti devono rispettare ai sensi dell’art. 4, par. 2, TUE . L’inferenza della normativa europea su quella nazionale di bilanicio quindi investe il rapporto tra i poteri in un quadro istituzionale multi livello, che coinvolge oltre all’equilibrio istituzionale anche quello costituzionale nazionale. Rispetto a tale assunto, nel presente lavoro dopo un indagine storico ricostruttiva sulla normativa afferente la politica economica europea (Capitolo I), si approfondisce: il nuovo assetto di coordinamento economico rafforzato dalle riforme al Patto di stabilità e crescita (Capitolo II), l’inferenza di questo nel ruolo democratico di approvazione delle scelte di spesa e di bilancio affidate ai Parlamenti nazionali (Capitolo III), i nuovi equilibri emersi tra le prerogative governative europee e nazionali di governo dell’economia (Capitolo IV), la loro incidenza nell’equilibrio dei poteri e rispetto a questo equilibrio il ruolo assunto dalla Corte costituzionale tedesca nell’affermare la tutela delle prerogative democratiche nazionali sulle decisioni afferenti la spesa pubblica (Capitolo V). Concludendo il discorso con un ragionamento che riporta i difetti dell’attuale costrutto di politica economica europea all’imperfezione del modello originario di fusione a freddo delle competenze nazionali in ambito di politca economica europea, rispetto invece a quello di fusione a caldo adopertato in ambito di politica monetaria unica (Capitolo VI). Si premette che lo scrivente ritiene che tale compromesso raggiunto per fondare l’Unione economica e monetaria è stato inevitabile date le esigenze contrapposte di tutela della sovranità nazionale in ambito economico e di bilancio, rispetto a quella di devoluzione all’ordinamento europeo della politica monetaria. Mentre le successive implementazioni normative hanno dimenticato l’approfondimento dell’integrazione politica dal punto di vista democratico. Il presente lavoro ha quindi un tono critico rispetto alla politica economica europea, ma lo stesso non è un giudizio sul valore dell’Unione economica e monetaria. Tale critica è, invece, lo strumento attraverso il quale si è approfondito lo studio della normativa europea e si conclude sulla necessità di una novella al diritto primario europeo per continuare nel cammino di integrazione politica attraverso un modello Istituzionale e procedurale che legittimi democraticamente le decisioni economiche prese, che contempli un bilanciamento tra interessi economici parziali e tutela di diritti generali (ovvero, per tutti i cittadini europei), e che contemperi la politica di stabilità con gli indirizzi alla crescita.
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FORESI, Elisa. "A Multisectoral Analysis for economic policy: an application for healthcare systems and for labour market composition by skills." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251178.

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L’Agenda Digitale Europea stabilisce il ruolo chiave delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) grazie a un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili, al fine di ottenere vantaggi socioeconomici sostenibili COM(2010)245. Le TIC producono un'innovazione di prodotto e cambiamenti strutturali all'interno di tutto il sistema economico e possiamo affermare che dal punto di vista multisettoriale hanno un ruolo moltiplicativo sulla crescita economica, poiché l’aumento della domanda di TIC stimola a sua volta tutte le altre produzioni. Inoltre come riscontrato in letteratura economica, nelle istituzioni internazionali, nonché confermate dai dati periodici rilasciati dagli uffici statistici nazionali, una maggiore incidenza della popolazione attiva formalmente istruita in associazione con l'adozione delle TIC è altamente correlata ad una crescita robusta, sostenibile ed equa. In questo quadro è importante valutare il ruolo delle TIC nel sistema economico, in particolare verrà analizzato il ruolo delle TIC sia rispetto ad un particolare settore quello della sanità, che dal lato dei soggetti che dovrebbero essere parte attiva nella gestione delle TIC ovvero la situazione delle abilità digitali dei lavoratori dipendenti. Il primo articolo si focalizza sul ruolo delle TIC nella determinazione dell’output del settore sanitario, utilizzando il database WIOD (World Input Output Database), di 24 paesi nell’arco temporale 2000-2014, tenendo conto anche dei differenti sistemi sanitari nazionali. La produzione del settore “Sanità e Servizi Sociali” assume, almeno in alcuni paesi specifici, il ruolo di stimolo all’innovazione che compensa ampiamente quello di peso sul bilancio pubblico. Nel secondo articolo analizziamo come l’uso delle TIC stia progressivamente aumentando nel sistema sanitario italiano e in particolare come l'introduzione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), strumento di condivisione dei dati sanitari del singolo cittadino, potrebbe determinare cambiamenti nella produzione sui servizi sanitari. Verranno analizzati gli eventuali cambiamenti strutturali dei processi produttivi e della produzione totale applicando l'Analisi Strutturale di Decomposizione (SDA). La base dati di riferimento sarà la tavola di Input-Output riferita a due diversi periodi al fine di individuare i risultati sia degli effetti tecnologici sia della domanda finale a livello settoriale. Infine l’ultimo articolo ha l’obiettivo di valutare le conseguenze dei cambiamenti nella composizione dell'occupazione per competenza digitale all’interno del flusso di produzione e distribuzione del reddito. Verrà costruita una Matrice di Contabilità Sociale (SAM) che consente di rappresentare le relazioni tra i cambiamenti di produzione delle attività e i cambiamenti di compensazione dei dipendenti per competenze, grado di digitalizzazione e genere. LA SAM sviluppata nel documento è relativa all'Italia nel 2013; il lavoro è disaggregato in competenze formali / non formali / informali e, inoltre, competenze digitali / non digitali. Le abilità digitali del lavoro seguono la definizione di “competenza formale” della Commissione Europea (2000): i) competenza formale a seconda del livello di istruzione e formazione; ii) competenza non formale acquisita sul posto di lavoro e attraverso le attività delle organizzazioni e dei gruppi della società civile; iii) competenza informale non acquisita intenzionalmente durante la vita. In questo quadro è stata introdotta un'ulteriore classificazione di input di lavoro basata sull'uso / non utilizzo di computer collegati a Internet. Sulla base della SAM, è stato implementato un modello multisettoriale esteso. Infine, verrà individuata una struttura adeguata di domanda finale che consente di ottenere i migliori risultati in termini di valore aggiunto distribuiti a lavoratori più qualificati con una elevata competenza digitale.
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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