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Дисертації з теми "Arte novecento"

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1

Marullo, Anita <1989&gt. "Arte,esperienza e società. Un confronto tra prospettive critiche e continuistiche del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6639.

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Анотація:
La tesi si propone di ricostruire criticamente alcune delle principali prospettive del primo Novecento circa il ruolo dell’arte nell’esperienza quotidiana e della collettività. Le condizioni storiche che si sono verificate a partire dalla modernità (industrializzazione e parcellizzazione del lavoro, separazione delle opere d’arte rispetto agli spazi della vita collettiva e loro confinamento in luoghi specificamente adibiti, mondializzazione del commercio e della cultura) hanno infatti reso assai problematica la definizione di questo ruolo. In particolare, si intende prendere in esame le affinità e le divergenze di due prospettive apparentemente antitetiche, ovvero quella critico-negativa del filosofo francofortese Theodor W. Adorno, il quale ascrive all’opera d’arte un ruolo di discontinuità e antitesi rispetto alla società capitalistica, e quella del pragmatista americano John Dewey, che invece propende per una concezione dell’opera d’arte come compimento dell’esperienza, in continuità rispetto all’esistenza quotidiana. In una prima parte del lavoro vengono delineate in generale le posizioni di Georg Simmel, Walter Benjamin, Theodor W. Adorno e John Dewey circa il problema trattato, in un secondo momento ci si sofferma più nello specifico sulle considerazioni contenute nei testi Teoria Estetica di Adorno e Arte come esperienza di John Dewey. In conclusione ci si interroga circa l’attualità delle teorie analizzate e il ruolo dell’opera d’arte nella quotidianità odierna.
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2

Evangelista, Tommaso. "Arte in Molise nel Novecento. Indagine storico-critica sul contesto territoriale (artisti, luoghi, movimenti)." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2021. http://hdl.handle.net/11695/100602.

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Анотація:
Lo studio è un’indagine storico-critica sull’arte contemporanea in Molise. L’idea della ricerca, pur nelle difficoltà che derivano da ogni operazione di sintesi critica, è quella di voler fornire una lettura delle vicende artistiche in Molise nel Novecento, proponendo un’analisi divisa per decadi e tematiche, con approfondimenti sulle figure artistiche più significative, cercando per ogni decennio dei termini antitetici di confronto. Se l’obiettivo primario è la ricostruzione di una storia dell’arte contemporanea, obiettivo secondario è la realizzazione di una base teorica e di studio per l’attivazione di specifici percorsi culturali legati agli sviluppi territoriali, alla promozione turistica, all’approfondimento. Attraverso i vari capitoli si è ricostruita parte della storia dell’arte locale, attraverso influenze e relazioni con la storia dell’arte nazionale e i movimenti internazionali. Oltre a recuperare la memoria di figure artistiche minori, si è impostata una nuova lettura critica degli artisti maggiormente significativi sul piano locale. Il Molise è terra di contraddizioni in quanto luogo dell’assenza o, come recentemente comunicato, territorio della non esistenza. Nella strutturazione di una Storia dell’Arte del Novecento, impresa oggettivamente complessa perché gli studi sono ancora molto labili, si è cercato, capitolo dopo capitolo, di sottolineare i contrasti attraverso un gioco di opposizioni. Da confronti dialettici tra termini a volte contrapposti si è tentato di far emergere un racconto sfaccettato e complesso, per restituire profondità all’agire di artisti sovente celati nell’oblio. Ci si è dedicati con maggior attenzione alla pittura e alla scultura, con qualche sguardo anche alla fotografia e alla grafica. Infine, si è prestato particolare spazio alle esperienze espositive e a come queste abbiano inciso nella esplicitazione di pratiche condivise. Non da ultimo si è analizzata, con occhio critico, la pur non limitata bibliografia presente, attenti a cercare le voci e le testimonianze dirette dei protagonisti e gli spunti trasversali di riflessione. Importante, infine, la consultazione di diverse fonti d’archivio.
The study is a historical-critical investigation of contemporary art in Molise. The idea of the research, despite the difficulties that derive from each operation of critical synthesis, is to want to provide a reading of the artistic events in Molise in the twentieth century, proposing an analysis divided by decades and themes, with insights on the most significant artistic figures looking for antithetical terms of comparison for each decade. If the primary objective is the reconstruction of a history of contemporary art, the secondary objective is the creation of a theoretical and study basis for the activation of specific cultural paths linked to territorial developments, tourism promotion, in-depth study. Through the various chapters, part of the history of local art has been reconstructed, through influences and relationships with the history of national art and international movements. In addition to recovering the memory of minor artistic figures, a new critical reading of the most significant artists on the local level has been set up. Molise is a land of contradictions as a place of absence or, as recently communicated, a territory of non-existence. In structuring a History of Art of the Twentieth Century, an objectively complex undertaking because the studies are still very unstable, i tried, chapter after chapter, to underline the contrasts through a game of oppositions. From dialectical comparisons between sometimes opposing terms, an attempt was made to bring out a multifaceted and complex story, to restore depth to the actions of artists often hidden in oblivion. More attention was paid to painting and sculpture, with some attention also to photography and graphics. Finally, particular space was given to exhibition experiences and to how these influenced the explanation of shared practices. Last but not least, the present bibliography, albeit not limited, was analyzed with a critical eye, careful to look for the voices and direct testimonies of the protagonists and the transversal ideas for reflection. Finally, it was important to consult various archive sources.
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3

NICOLI, MARINA. "Non arte ma scarpe: il cinema italiano tra economia e cultura nel primo Novecento." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2009. https://hdl.handle.net/11565/4053890.

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4

Costa, Gaia <1991&gt. "Una città da conservare: Angelo Alessandri tra arte e copia nella Venezia di Otto-Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14203.

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Анотація:
L'elaborato mira a ricostruire, accanto alla figura e all’attività di Angelo Alessandri – pittore che visse e operò a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento – l’ambiente veneziano in cui egli si mosse e al quale, unitamente ad altre figure di spiccato rilievo – non solo cittadino – diede un contributo determinante sul piano dello sviluppo artistico, economico e culturale.
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5

DI, TRAPANI Maria Stella. "Declinazioni del rapporto tra le arti e l'architettura nella prima metà del Novecento: i Palazzi di Giustizia in Sicilia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2021. http://hdl.handle.net/10447/515343.

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Анотація:
La tesi affronta la tematica del rapporto tra le arti e l’architettura, ricorrente nei dibattiti culturali sin dalla primigenia antinomia téchne/ars ma di particolare importanza nella prima metà del Novecento. Dapprima la questione viene inquadrata a livello generale, tramite l’analisi di tre episodi peculiari dei primi decenni del ventesimo secolo, ossia: la quinta edizione della Triennale di Milano del 1933, consacrata alla pittura murale; il sesto Convegno Volta del 1936, dedicato al tema “Rapporti dell’architettura con le arti figurative”; la promulgazione della Legge del 2%, che prevedeva la destinazione di almeno la suddetta percentuale, rispetto al totale della spesa preventivata, per la realizzazione di decorazioni artistiche negli edifici pubblici da costruire. In seguito l’analisi si sofferma sulla particolare tipologia edilizia monumentale dei Palazzi di Giustizia: sono presentati brevemente tutti gli edifici costruiti in Italia dall’unificazione nazionale agli anni Cinquanta del Novecento, mentre un maggior approfondimento è riservato ai due casi che costituiscono i modelli di riferimento: il Palazzo di Giustizia di Roma, progettato alla fine del diciannovesimo secolo da Guglielmo Calderini, ed il Palazzo di Giustizia di Milano, progettato negli anni Trenta da Marcello Piacentini, uno dei principali protagonisti della ricerca. Successivamente il medesimo tema viene indagato affrontando l'analisi dei tre Palazzi di Giustizia costruiti in Sicilia, nell’arco temporale individuato, a Messina, a Catania ed a Palermo. Dal confronto dei tre casi emergono le peculiarità di ciascun edificio, le caratteristiche comuni e le diverse declinazioni della tematica in relazione al contesto, al periodo storico, alle esigenze funzionali ed ai mutamenti estetici ed architettonici avvenuti nel giro di pochi anni in Italia. L’analisi restituisce, quindi, una dettagliata descrizione degli aspetti architettonici ed artistici degli edifici e si prefigge di inquadrare le figure degli architetti che li progettarono – Marcello Piacentini, Francesco Fichera e Gaetano ed Ernesto Rapisardi – e dei numerosi artisti coinvolti nella realizzazione dell’apparato decorativo esterno ed interno dei Palazzi, tracciandone dei profili biografici e ricostruendone la produzione. Lo studio, perciò, non si limita alla messa in evidenza delle vicende e dei caratteri progettuali, costruttivi e decorativi dei tre casi ma individua le evoluzioni stilistiche avvenute a livello architettonico ed artistico. Inoltre intende tracciare i rapporti e le connessioni esistenti fra i protagonisti, individuandoli non soltanto tramite le consuete indagini bibliografiche ma anche attraverso le analisi archivistiche e lo spoglio di riviste specialistiche dell’epoca, come “Architettura e Arti Decorative”, “Architettura”, “Emporium” e molte altre, e di alcuni quotidiani coevi alle fasi realizzative dei Palazzi. I numerosi documenti individuati, infatti, costituiscono l'ossatura portante del racconto e vi sono inseriti con continuità allo scopo di restituire le dinamiche intercorse e taluni dettagli altrimenti trascurati dalle fonti bibliografiche esistenti.
The thesis addresses the theme of the relationship between arts and architecture, recurring in cultural debates for many centuries but of particular importance in the first decades of the twentieth century: first, it frames it at a general level, through the analysis of three peculiar episodes, namely the fifth edition of the “Triennale di Milano” in 1933, dedicated to mural painting, the sixth “Convegno Volta” in 1936, conference devoted to the theme “Relationships of Architecture with the Figurative Arts”, and the promulgation of the “2% Law”, which provided for the allocation of at least the aforementioned percentage to artistic decorations in relation to the total expenditure planned for public buildings to be constructed. The analysis then dwells on a particular type of monumental building, that of the Palace of Justice: all the buildings constructed from the unification of Italy to the 1950s are briefly presented, focusing on the two cases that constitute the reference models, namely the Palace of Justice in Rome, designed at the end of the nineteenth century by Guglielmo Calderini, and the Palace of Justice in Milan, designed in the 1930s by Marcello Piacentini, which is one of the main protagonists of research. Subsequently, the same theme is investigated in depth in three specific cases, namely the Palaces of Justice built in Sicily during the defined period, in Messina, Catania and Palermo. The comparison of the three cases reveals the peculiarities, the common characteristics and the different declinations of the theme in relation to the context, the historical period, the functional requirements and the aesthetic and architectural changes occurred in a few years. The analysis returns, therefore, a detailed description of the architectural and artistic aspects of the three Palaces and reconstructs the figures of the architects who designed them – Marcello Piacentini, Francesco Fichera and Gaetano and Ernesto Rapisardi respectively – and of the numerous artists involved in the realization of the external and internal decorative apparatus of the buildings, tracing their biographical profiles and reconstructing their production. The study, however, is not limited to highlight the individual characteristics of the three cases but identifies the stylistic evolutions that took place at an architectural and artistic level in those years. Moreover, it traces the relationships and connections between the protagonists, identified not only by means of bibliographical surveys but also through numerous archival analyses and the perusal of specialized magazines, such as "Architettura e Arti Decorative", "Architettura", "Emporium" and many others, and some newspapers of the period. The several documents identified, in fact, constitute the backbone of the story, with the aim of returning the dynamics that took place and certain details otherwise neglected by the existing bibliographic sources.
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6

Nuovo, Lorenzo. "La pagina d'arte de "Il Mondo" di Mario Pannunzio (1949-1966)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3633.

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Анотація:
2008/2009
Nel panorama degli studi di storia della critica figurativa del secondo dopoguerra, manca una disamina delle posizioni degli autori della pagina d’arte del periodico romano “Il Mondo” . Studi - raccolte di documenti, indagini sul rapporto tra arte e critica militante in Italia e affondi sulla trasformazione del vocabolario visivo tra anni Quaranta e Cinquanta - che, anche quando hanno centrato la propria attenzione su periodici o giornali non specialistici, hanno sempre finito per tenere fuori fuoco la definizione dei tratti propri della specola sulle arti costituita dal settimanale diretto da Mario Pannunzio. L'analisi delle pagine culturali de “Il Mondo” dimostra l'insufficienza di un ragionamento costruito sulla base di una mera contestualizzazione degli scritti figurativi comparsi nel settimanale nel dibattito critico del secondo Novecento. “Il Mondo” è stato espressione di un clan, della élite raccoltasi a partire dagli anni Trenta attorno a Mario Pannunzio; un gruppo che, in alcuni dei suoi protagonisti e in piena continuità politica e culturale, è poi confluito nell'avventura de “L’Espresso” di Benedetti e Scalfari. Sulla costituzione del gruppo vale la pena di indugiare, resistendo alla tentazione di una distinzione tra questioni prettamente storico-artistiche e culturali in senso generale, o addirittura tra scelte di campo in materia di arti visive e battaglie politiche e civili: sono gli stessi autori della pagina d’arte de “Il Mondo” ad indicare questa strada, in un dibattito che, negli anni dell’immediato dopoguerra, era giocoforza carico di ragioni ideologiche. Obiettivo del presente lavoro è quello di fare luce sulla sintesi operata nell’ambito della redazione del settimanale tra le due componenti salienti del gruppo gravitante attorno a Pannunzio. Serbatoi di uomini e di idee, essenzialmente cultura di fronda per quel che attiene agli autori delle pagine culturali, intellettualità liberaldemocratica per quanto attiene alla definizione della rotta politica, economica e civile del settimanale.
XXII Ciclo
1979
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7

Baldini, Elisa <1970&gt. "Arti decorative: Bologna e Faenza tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2175/1/baldini_elisa_tesi.pdf.

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Анотація:
La ricerca approfondisce gli studi iniziati dalla dott.ssa Baldini in occasione della tesi di laurea e amplia le indagini critiche avviate per la mostra sull’Aemilia Ars, società attiva nel campo delle arti decorative bolognesi e romagnole tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Inizialmente si intendeva allargare questo tipo di ricerca a tutto il territorio regionale, ma data la complessità e l’estensione della materia, si è optato per una ridefinizione degli ambiti. La ricerca si è quindi interessata alle aree di Bologna e Faenza individuando le connessioni che, nel periodo indicato, intercorrono tra la cultura artistica locale e quella nazionale ed europea. Per quanto riguarda l’ambiente faentino ci si è concentrati sull’opera degli artisti del Cenacolo baccariniano e delle botteghe artigiane locali, che stabiliscono un apprezzabile contatto tra le due città. L’indagine si orienta soprattutto allo studio degli aspetti decorativi legati agli arredi urbani, agli allestimenti d’interni e alle arti applicate, considerando gli eventuali collegamenti con pittura, grafica e scultura. Nella prima parte del lavoro viene delineato sinteticamente il panorama artistico e culturale di Bologna e di Faenza nel periodo che va dall’ultimo decennio dell’Ottocento al primo decennio del secolo successivo. Le due città, connesse da una rete di collaborazioni tra artisti e laboratori artigianali, vivono un momento di particolare vivacità e grazie all’impegno di valenti personalità e alla congiunzione d’interessanti sinergie, sono in grado confrontarsi con importanti esempi nazionali ed internazionali. Il clima artistico faentino di questi anni risente ancora della significativa eredità neoclassica lasciata da Felice Giani, il quale oltre a fornire ad artisti e artigiani ineludibili esempi nei palazzi locali – tra cui primeggiano gli splendidi apparati decorativi di Palazzo Milzetti – si era fatto promotore insieme al Laderchi della locale Scuola di Disegno. La Scuola, che dal 1879 era divenuta Scuola d’Arti e Mestieri, viene diretta da Antonio Berti per un quarantennio, dal 1866 al 1906. Il Berti, formatosi in area fiorentina e sostanzialmente antiaccademico, si fa portatore a Faenza d’istanze macchiaiole. In questi anni la Scuola si proietta anche verso una concezione delle arti decorative che s’ispira al mondo inglese delle Arts and Crafts. L’artigianato bolognese nella seconda metà dell’Ottocento è ancora saldamente ancorato ad una tradizione che affonda le sue radici nei due secoli precedenti. La cultura figurativa della città è inoltre influenzata dalla Accademia Clementina, i cui insegnamenti non risentono particolarmente del clima internazionale. Nasce proprio in questo periodo Aemilia Ars, uno dei più innovativi movimenti del contesto nazionale nel campo delle arti decorative. I membri del gruppo, raccoltisi intorno alla carismatica figura di Alfonso Rubbiani nei primi anni Ottanta, sono attratti da influenze nordeuropee e sin dall’inizio si mostrano orientati a seguire precetti ruskiniani e preraffaelliti. Molto importante in entrambe le città, per l’evoluzione dello scenario artistico e artigianale – in questi anni più che mai unite in un rapporto di strettissima correlazione – è l’apporto e il sostegno offerto dai salotti, dai circoli, dai caffé e dai cenacoli locali. Queste realtà alimentano il processo di rinnovamento, fornendo valide occasioni d’incontro e confronto tra gli operatori culturali locali e ospiti italiani e stranieri; supportano inoltre le nuove esperienze tese allo svecchiamento del settore produttivo, attraverso quel fenomeno sociale così tipico di questi anni che è la filantropia di marca più o meno utopista e socialista. Solo per citare alcuni esempi si deve ricordare l’attività dei cenacoli che si raccolsero a Faenza intorno ad Angelo Marabini, a Pietro Conti e a Domenico Baccarini, ma anche il sostegno che le famiglie Cavazza e Pizzardi non fecero mancare alle iniziative del gruppo bolognese, o ancora l’attività di cenacoli artistici come l’Accademia della Lira e il Comitato per Bologna Storica ed Artistica. Nella seconda parte del lavoro l’attenzione si è focalizzata sull’attività degli artisti e artigiani legati ad Alfonso Rubbiani, uniti in un sodalizio che fin dalla metà degli anni Ottanta prende il nome di Gilda di San Francesco e successivamente si istituzionalizza in Aemilia Ars. Si è cercato di esaminare l’intero campo di interventi per settori produttivi, delineando le principali modalità e caratteristiche operative di Aemilia Ars, dando risalto ai maggiori operatori di ogni settore. Ha inoltre dato ampio spazio dal punto di vista documentario, iconografico e fenomenologico al raffronto tra il lavoro dei bolognesi e quello che si ritiene essere stato per questi artefici il più rilevante ambito di riferimento, cioè l’attività degli artisti e artigiani inglesi che si formarono ed operarono attorno alla figura di William Morris. In conformità ai dettami anglosassoni si avvia un rinnovamento della tradizione artigianale sensibile dal punto di vista formale al mondo della natura, da cui sono selezionate forme eccentriche, idonee a subire un processo di razionalizzazione sintetizzante. Per quanto riguarda le modalità di realizzazione, si assiste spesso all’adozione di metodiche ibride che risentono di una volontà di recupero di modi produttivi antichi congiunti a materiali nuovi o perlomeno inusuali. Questo slancio innovatore, che si avvale di elementi fitomorfi, si fonde a un gusto storicista rivolto in particolar modo al recupero di modelli tardogotici – assai diffuso in Europa – o del primo Rinascimento; in entrambi i casi si tratta di forme particolarmente adatte alla modalità lineare ed astrattiva a cui tendono i principali interpreti dell’ultimo ventennio dell’Ottocento. I settori produttivi che si sono indagati riguardano prevalentemente la ceramica, l’ebanisteria, i ferri battuti, l’oreficeria, le arti tessili e i cuoi. Gran parte di queste lavorazioni – che si erano attardate nella realizzazione di oggetti dalle forme pesanti, di ispirazione seicentesca, certamente poco adatte all’affermarsi di una produzione industriale – subiscono ora una decisa accelerazione verso forme più leggere e svelte che, adeguandosi alla possibilità di riproduzione seriale degli oggetti, si diffonderanno quasi capillarmente tra l’aristocrazia e la borghesia, faticando tuttavia a raggiungere le classi meno abbienti a causa degli elevati costi di produzione. Nell’ultima parte viene tracciato sinteticamente il quadro delle attività artistiche e artigianali faentine del periodo indicato, con una particolare attenzione all’opera delle personalità afferenti al Cenacolo baccariniano: Giovanni Guerrini (Faenza 1887 – Roma 1972), Francesco Nonni (Faenza 1885 – 1976), Domenico Rambelli (Faenza 1886 – Roma 1972), Orazio Toschi (Lugo 1887 – Firenze 1972) e Giuseppe Ugonia (Faenza 1881 – Brisighella 1944). Viene notato che i giovani artisti, riunitisi intorno alla figura di Domenico Baccarini, interessati all’area anglosassone ed impegnati nel rinnovamento dell’artigianato locale, si avvicinano marginalmente al gusto floreale nella fase iniziale di ispirazione simbolista, per approdare negli anni successivi ad esiti spesso più vicini all’Espressionismo o al gusto déco. Viene tracciato un panorama delle attività articolato per settori produttivi: ceramica, ebanisteria e ferri battuti, all’interno dei quali si è dato risalto a coloro che maggiormente hanno influito sull’innovazione e lo sviluppo dell’artigianato locale. Si è inteso ricercare quelle che furono le principali collaborazioni con gli artisti e le botteghe prese in esame nel capitolo precedente, mettendo in rilievo le affinità stilistiche con il contesto nazionale ed europeo. Oltre ai già citati artisti inglesi è stato messo in evidenza il riferimento all’area scozzese e mitteleuropea. Questa ricerca si propone lo studio delle relazioni che si stabiliscono tra l’estetica neomedievalista e l’aspirazione al rinnovamento delle arti decorative. Tale orientamento, che nasce e si sviluppa tra Francia e Inghilterra alla metà dell’Ottocento intorno agli scritti e alle opere di figure quali Eugène Viollet-le-Duc e John Ruskin, è prontamente recepito in Italia tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta dell’Ottocento dal gruppo di artisti e artigiani riunitosi nel capoluogo emiliano intorno ad Alfonso Rubbiani. In seguito questi artisti prenderanno strade diverse, portando con sé la propria cifra stilistica legata a quel gusto che in Italia si chiamerà “Stile Floreale”, che nel frattempo si diffonde anche attraverso importanti vetrine quali l’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa di Torino e le Biennali veneziane nonché sulle pagine di autorevoli riviste come Emporium e Arte Italiana Decorativa e Industriale. Il successo dell’esperienza bolognese unito alla collaborazione che sorse con la città di Faenza, si ritiene abbia offerto significativi stimoli per la formazione di alcuni tra i principali artisti faentini di fine secolo.
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Baldini, Elisa <1970&gt. "Arti decorative: Bologna e Faenza tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2175/.

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Анотація:
La ricerca approfondisce gli studi iniziati dalla dott.ssa Baldini in occasione della tesi di laurea e amplia le indagini critiche avviate per la mostra sull’Aemilia Ars, società attiva nel campo delle arti decorative bolognesi e romagnole tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Inizialmente si intendeva allargare questo tipo di ricerca a tutto il territorio regionale, ma data la complessità e l’estensione della materia, si è optato per una ridefinizione degli ambiti. La ricerca si è quindi interessata alle aree di Bologna e Faenza individuando le connessioni che, nel periodo indicato, intercorrono tra la cultura artistica locale e quella nazionale ed europea. Per quanto riguarda l’ambiente faentino ci si è concentrati sull’opera degli artisti del Cenacolo baccariniano e delle botteghe artigiane locali, che stabiliscono un apprezzabile contatto tra le due città. L’indagine si orienta soprattutto allo studio degli aspetti decorativi legati agli arredi urbani, agli allestimenti d’interni e alle arti applicate, considerando gli eventuali collegamenti con pittura, grafica e scultura. Nella prima parte del lavoro viene delineato sinteticamente il panorama artistico e culturale di Bologna e di Faenza nel periodo che va dall’ultimo decennio dell’Ottocento al primo decennio del secolo successivo. Le due città, connesse da una rete di collaborazioni tra artisti e laboratori artigianali, vivono un momento di particolare vivacità e grazie all’impegno di valenti personalità e alla congiunzione d’interessanti sinergie, sono in grado confrontarsi con importanti esempi nazionali ed internazionali. Il clima artistico faentino di questi anni risente ancora della significativa eredità neoclassica lasciata da Felice Giani, il quale oltre a fornire ad artisti e artigiani ineludibili esempi nei palazzi locali – tra cui primeggiano gli splendidi apparati decorativi di Palazzo Milzetti – si era fatto promotore insieme al Laderchi della locale Scuola di Disegno. La Scuola, che dal 1879 era divenuta Scuola d’Arti e Mestieri, viene diretta da Antonio Berti per un quarantennio, dal 1866 al 1906. Il Berti, formatosi in area fiorentina e sostanzialmente antiaccademico, si fa portatore a Faenza d’istanze macchiaiole. In questi anni la Scuola si proietta anche verso una concezione delle arti decorative che s’ispira al mondo inglese delle Arts and Crafts. L’artigianato bolognese nella seconda metà dell’Ottocento è ancora saldamente ancorato ad una tradizione che affonda le sue radici nei due secoli precedenti. La cultura figurativa della città è inoltre influenzata dalla Accademia Clementina, i cui insegnamenti non risentono particolarmente del clima internazionale. Nasce proprio in questo periodo Aemilia Ars, uno dei più innovativi movimenti del contesto nazionale nel campo delle arti decorative. I membri del gruppo, raccoltisi intorno alla carismatica figura di Alfonso Rubbiani nei primi anni Ottanta, sono attratti da influenze nordeuropee e sin dall’inizio si mostrano orientati a seguire precetti ruskiniani e preraffaelliti. Molto importante in entrambe le città, per l’evoluzione dello scenario artistico e artigianale – in questi anni più che mai unite in un rapporto di strettissima correlazione – è l’apporto e il sostegno offerto dai salotti, dai circoli, dai caffé e dai cenacoli locali. Queste realtà alimentano il processo di rinnovamento, fornendo valide occasioni d’incontro e confronto tra gli operatori culturali locali e ospiti italiani e stranieri; supportano inoltre le nuove esperienze tese allo svecchiamento del settore produttivo, attraverso quel fenomeno sociale così tipico di questi anni che è la filantropia di marca più o meno utopista e socialista. Solo per citare alcuni esempi si deve ricordare l’attività dei cenacoli che si raccolsero a Faenza intorno ad Angelo Marabini, a Pietro Conti e a Domenico Baccarini, ma anche il sostegno che le famiglie Cavazza e Pizzardi non fecero mancare alle iniziative del gruppo bolognese, o ancora l’attività di cenacoli artistici come l’Accademia della Lira e il Comitato per Bologna Storica ed Artistica. Nella seconda parte del lavoro l’attenzione si è focalizzata sull’attività degli artisti e artigiani legati ad Alfonso Rubbiani, uniti in un sodalizio che fin dalla metà degli anni Ottanta prende il nome di Gilda di San Francesco e successivamente si istituzionalizza in Aemilia Ars. Si è cercato di esaminare l’intero campo di interventi per settori produttivi, delineando le principali modalità e caratteristiche operative di Aemilia Ars, dando risalto ai maggiori operatori di ogni settore. Ha inoltre dato ampio spazio dal punto di vista documentario, iconografico e fenomenologico al raffronto tra il lavoro dei bolognesi e quello che si ritiene essere stato per questi artefici il più rilevante ambito di riferimento, cioè l’attività degli artisti e artigiani inglesi che si formarono ed operarono attorno alla figura di William Morris. In conformità ai dettami anglosassoni si avvia un rinnovamento della tradizione artigianale sensibile dal punto di vista formale al mondo della natura, da cui sono selezionate forme eccentriche, idonee a subire un processo di razionalizzazione sintetizzante. Per quanto riguarda le modalità di realizzazione, si assiste spesso all’adozione di metodiche ibride che risentono di una volontà di recupero di modi produttivi antichi congiunti a materiali nuovi o perlomeno inusuali. Questo slancio innovatore, che si avvale di elementi fitomorfi, si fonde a un gusto storicista rivolto in particolar modo al recupero di modelli tardogotici – assai diffuso in Europa – o del primo Rinascimento; in entrambi i casi si tratta di forme particolarmente adatte alla modalità lineare ed astrattiva a cui tendono i principali interpreti dell’ultimo ventennio dell’Ottocento. I settori produttivi che si sono indagati riguardano prevalentemente la ceramica, l’ebanisteria, i ferri battuti, l’oreficeria, le arti tessili e i cuoi. Gran parte di queste lavorazioni – che si erano attardate nella realizzazione di oggetti dalle forme pesanti, di ispirazione seicentesca, certamente poco adatte all’affermarsi di una produzione industriale – subiscono ora una decisa accelerazione verso forme più leggere e svelte che, adeguandosi alla possibilità di riproduzione seriale degli oggetti, si diffonderanno quasi capillarmente tra l’aristocrazia e la borghesia, faticando tuttavia a raggiungere le classi meno abbienti a causa degli elevati costi di produzione. Nell’ultima parte viene tracciato sinteticamente il quadro delle attività artistiche e artigianali faentine del periodo indicato, con una particolare attenzione all’opera delle personalità afferenti al Cenacolo baccariniano: Giovanni Guerrini (Faenza 1887 – Roma 1972), Francesco Nonni (Faenza 1885 – 1976), Domenico Rambelli (Faenza 1886 – Roma 1972), Orazio Toschi (Lugo 1887 – Firenze 1972) e Giuseppe Ugonia (Faenza 1881 – Brisighella 1944). Viene notato che i giovani artisti, riunitisi intorno alla figura di Domenico Baccarini, interessati all’area anglosassone ed impegnati nel rinnovamento dell’artigianato locale, si avvicinano marginalmente al gusto floreale nella fase iniziale di ispirazione simbolista, per approdare negli anni successivi ad esiti spesso più vicini all’Espressionismo o al gusto déco. Viene tracciato un panorama delle attività articolato per settori produttivi: ceramica, ebanisteria e ferri battuti, all’interno dei quali si è dato risalto a coloro che maggiormente hanno influito sull’innovazione e lo sviluppo dell’artigianato locale. Si è inteso ricercare quelle che furono le principali collaborazioni con gli artisti e le botteghe prese in esame nel capitolo precedente, mettendo in rilievo le affinità stilistiche con il contesto nazionale ed europeo. Oltre ai già citati artisti inglesi è stato messo in evidenza il riferimento all’area scozzese e mitteleuropea. Questa ricerca si propone lo studio delle relazioni che si stabiliscono tra l’estetica neomedievalista e l’aspirazione al rinnovamento delle arti decorative. Tale orientamento, che nasce e si sviluppa tra Francia e Inghilterra alla metà dell’Ottocento intorno agli scritti e alle opere di figure quali Eugène Viollet-le-Duc e John Ruskin, è prontamente recepito in Italia tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta dell’Ottocento dal gruppo di artisti e artigiani riunitosi nel capoluogo emiliano intorno ad Alfonso Rubbiani. In seguito questi artisti prenderanno strade diverse, portando con sé la propria cifra stilistica legata a quel gusto che in Italia si chiamerà “Stile Floreale”, che nel frattempo si diffonde anche attraverso importanti vetrine quali l’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa di Torino e le Biennali veneziane nonché sulle pagine di autorevoli riviste come Emporium e Arte Italiana Decorativa e Industriale. Il successo dell’esperienza bolognese unito alla collaborazione che sorse con la città di Faenza, si ritiene abbia offerto significativi stimoli per la formazione di alcuni tra i principali artisti faentini di fine secolo.
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Malatesta, C. "EARLY MUSIC NEL NOVECENTO ITALIANO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/543226.

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Анотація:
My Ph.D. dissertation focuses on the Early Music movement in Italy between the second post-war period and the end of the seventies in a historic-cultural point of view, limited to the revival of the Medieval repertoire. It is an initial inquiry of a complex and international phenomenon, whose Italian manifestation has still not been an object of research. In this work the phenomenon Early Music – analysed through historical, historiographic and ethnographic criteria – is settled into the broader Italian political, social and cultural context in order to underline the peculiarities, to detect the ideological, esthetical and political reasons which nourished it and to set up connections with other Italian experiences in the second half of the 20th Century, not only what music concern. The work is articulated in two sections. The first part focuses on the early music activity from the period of the post-war reconstruction to the early sixties, through the revival of the lauda and of the liturgical drama repertoire, particularly rich in those years. The first chapter deals with the presence of Medieval music in the cultural life of the post-war period, both what discography and live performance concern, with a particular attention on the attitude of the musical criticism. The second chapter broadens the chronologic span researching the origins of the lauda’s fortune during the Fascist era, aiming to a better comprehension of the phenomenon in the following decades. The third chapter focuses on Milan and on the activity of the choral ensemble Polifonica Ambrosiana in order to underline the revival of the ancient Italian repertoire and the choral practise as moment not only of musical, but also of moral reconstruction for the catholic communities before and during the Vatican Council. The second part examines the decade following the sixty-eight. The first chapter inserts the Italian experience into the international Early Music movement’s frame in the period of the socio-political revolutions, so as to highlight the consonances between the performance and use of early music and the sixty-eight ideals. The second chapter underlines the role of the pre-baroque music as a stimulus to the creation of an alternative musical education towards the academic one, while the third offers a bird’s eye view on the activity of the Italian groups specialised in Medieval music, pointing out some fundamental elements for the construction their identity and self-legitimation. The fourth chapter delves into the Italian Communist Party’s position about cultural politics and its activity within the recreational clubs. The objects of the last chapter are the musical, ideological and political synergies with experiences such as folk-revival and, more generally, with the performance of the folk repertoire and oral tradition.
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Leonardi, Miriam Giovanna. "Ottocento Novecento : studi sull'arte contemporanea di Anna Maria Brizio." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2011. http://hdl.handle.net/11384/85747.

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Camporeale, Elisa. "Primitivi in mostra : eventi, studi e percorsi all'inizio del Novecento." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2005. http://hdl.handle.net/11384/85758.

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Ossicini, Charlotte <1980&gt. "Chortheater. Genesi di un modello Tipologie corali nel Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2001/1/Chortheater._Genesi_di_un_modello.pdf.

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Анотація:
In the Nineties year in the German Studies’ area appears a new reflection around the theatrical chorus thank to the activity of theatrical personalities as Heiner Müller, Einar Schleef, Elfriede Jelinek or Christoph Marthaler. So Hans Thies Lehmann, in his compendium about the Postdramatic Theater (Hans-Thies Lehmann, Postdramatisches Theater, Verlag der Autoren, Frankfurt am Main 1999) advances the new category of the Chortheater (Chor Theatre) to explain e new form of drama and performative event; again in 1999 appear the important essay of Detlev Baur (Detlev Baur, Der Chor im Theater des 20. Jahrhunderts. Typologie des theatralen Mittels Chor, Niemeyer, Tübingen 1999), that gives an important device about this instrument but without giving the reasons of the its modifications in such different historical times. Then in 2004, Erika Fischer-Lichte, (Theatre, Sacrifice, Ritual. Exploring Forms of Political Theatre, Routledge, London-New York 2005), reflects about the connection between ritual and theatre in the 20th Century. Thank to this studies the search aim was to give a new story of the chorus as theatrical and performative tool, in his liminal essence in creating immersive or alienating theatrical relation with the audience and to give specific features to distinguish it from general categories such as choral theatre o ensemble theatre.
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Ossicini, Charlotte <1980&gt. "Chortheater. Genesi di un modello Tipologie corali nel Novecento." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2001/.

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Анотація:
In the Nineties year in the German Studies’ area appears a new reflection around the theatrical chorus thank to the activity of theatrical personalities as Heiner Müller, Einar Schleef, Elfriede Jelinek or Christoph Marthaler. So Hans Thies Lehmann, in his compendium about the Postdramatic Theater (Hans-Thies Lehmann, Postdramatisches Theater, Verlag der Autoren, Frankfurt am Main 1999) advances the new category of the Chortheater (Chor Theatre) to explain e new form of drama and performative event; again in 1999 appear the important essay of Detlev Baur (Detlev Baur, Der Chor im Theater des 20. Jahrhunderts. Typologie des theatralen Mittels Chor, Niemeyer, Tübingen 1999), that gives an important device about this instrument but without giving the reasons of the its modifications in such different historical times. Then in 2004, Erika Fischer-Lichte, (Theatre, Sacrifice, Ritual. Exploring Forms of Political Theatre, Routledge, London-New York 2005), reflects about the connection between ritual and theatre in the 20th Century. Thank to this studies the search aim was to give a new story of the chorus as theatrical and performative tool, in his liminal essence in creating immersive or alienating theatrical relation with the audience and to give specific features to distinguish it from general categories such as choral theatre o ensemble theatre.
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DAZZI, ILARIA. "Elettra nel Novecento: frammenti di riscritture possibili." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/266.

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Анотація:
La tesi di dottorato indaga l'evoluzione del mito di Elettra dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri, attraverso una prospettiva prevalentemente drammaturgica, ma con attenzione anche verso la letteratura e il cinema: l'idea che domina la ricerca è quella di osservare le relazioni fra questa vicenda e, in particolare, questo personaggio, e il periodo storico in cui vengono rielaborate le sue riscritture, al fine di porre in rilievo la metastoricità del mito e le sue relazioni con l'antropologia e la psicologia. Il percorso prende in esame, complessivamente, trentacinque testi, tre pellicole cinematografiche e vari riferimenti culturali tesi a scoprire, almeno in parte, la funzione del mito nella contemporaneità.
The doctor degree thesis investigates the Elektra's myth evolution from the last years of the nineteenth century to our times, through a dramatic perspective, but also taking heed of literature and cinema: the prevailing idea of the research is observing the relationships between this myth and, above all, Elektra's character, and the historical period of re-writing. The analysis is on 35 texts, 3 films and many others cultural references to discover Elektra in the contemporaneity.
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DAZZI, ILARIA. "Elettra nel Novecento: frammenti di riscritture possibili." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/266.

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Анотація:
La tesi di dottorato indaga l'evoluzione del mito di Elettra dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri, attraverso una prospettiva prevalentemente drammaturgica, ma con attenzione anche verso la letteratura e il cinema: l'idea che domina la ricerca è quella di osservare le relazioni fra questa vicenda e, in particolare, questo personaggio, e il periodo storico in cui vengono rielaborate le sue riscritture, al fine di porre in rilievo la metastoricità del mito e le sue relazioni con l'antropologia e la psicologia. Il percorso prende in esame, complessivamente, trentacinque testi, tre pellicole cinematografiche e vari riferimenti culturali tesi a scoprire, almeno in parte, la funzione del mito nella contemporaneità.
The doctor degree thesis investigates the Elektra's myth evolution from the last years of the nineteenth century to our times, through a dramatic perspective, but also taking heed of literature and cinema: the prevailing idea of the research is observing the relationships between this myth and, above all, Elektra's character, and the historical period of re-writing. The analysis is on 35 texts, 3 films and many others cultural references to discover Elektra in the contemporaneity.
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Fontana, Federica <1984&gt. "Valorizzazione del patrimonio medievale attraverso interventi artistici contemporanei nel Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4986.

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Анотація:
Collegandosi al concetto di valorizzazione, intesa come una modalità di conservazione dinamica volta a reimmettere il bene culturale in un circuito vitale, si traccia una storiografia del rapporto tra l'artista contemporaneo e le testimonianze tangibili della storia attraverso un'analisi degli interventi sul patrimonio medievale costruito. Lo studio considera il problema sia dal punto di vista architettonico, approfondendo questioni come l'inserimento delle nuove architetture nei centri storici e la pratica gli inserti, sia da quello delle arti visive, presentando una serie di casi di dialogo tra i due linguaggi. Si prende poi in esame la situazione italiana focalizzandosi sul caso specifico di Venezia, tra progetti irrealizzati ed esempi di interazione riuscita.
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PICCENI, STEFANO. "Evoluzione del Divisionismo nel Novecento. Vicende, protagonisti e ricezione critica." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1057816.

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Анотація:
This research work is focuses on the evolution of the Italian Divisionism during the early years of the Twentieth century through the analysis of paintings, artists’ writings and different types of ancient sources. Starting from the analysis of the critical fortune of this pictorial current, from Twenties to present day, attention is placed on critical writings contemporary to the works, and few significant events like divisionist’s exhibition in Paris in 1907, and the first Venice biennales. The central chapters are about the handwork of the artists included in the “second generation” of divisionist through the reconstruction of unpublished correspondence between Matteo Olivero and Giuseppe Pellizza. Olivero’s paintings with his personal interpretation of separated colors and his occasional approach to the Futurism. Cesare Maggi’s career as a young and gifted artist who was called “the master of the snow”. The modern grey painting of Eugenio Olivari developed into the artistic environment of Genoa in the early 20th century, and the almost unknown figure of Edoardo Berta, appreciable Swiss divisionist artist, fascinated by Italian symbolism. A particular attention is dedicated also to the youth activity of Giacomo Balla during the years preceding his adherence to Futurism, an argument that needs a revision, if compared with previous studies. Lastly an in-depth study to the depiction of mountains in divisionist’s landscapes, still considered today, mistakenly, their privileged theme.
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Ferraresi, Roberta <1983&gt. "La nuovissima Teatrologia. Gli studi teatrali in Italia fra Novecento e Duemila." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6369/1/Ferraresi_Roberta_Tesi.pdf.

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Анотація:
Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.
The purpose of this project is to investigate Italian Theater Studies in the Nineties and in the Two Thousand. The thesis, however, set up broader plans of research, both temporally and geographically: taking into account the relationship between Italian post-twentieth century Theatrology and its disciplinary tradition and, on the other side, with other Western experiences in the same field. The dissertation is divided into three parts: the first discusses the Italian Theatrology's “re-founding” process (in the Sixties and Seventies) and its following consolidation (between the Seventies and the Eighties), while the second one presents Italian post-twentieth century Theatrology's characters (in the 1990s and 2000s); in the third part, they are investigated through a specific point of view, taken to describe the disciplinary paradigm at this time: the “recomposition” project that seems to occur in Italian Theatre Studies since the mid-1980s, as putting in relationship some of important traditionally couples of opposing polarities (theory/history, theory/practice, etc.). Each part is developed both through reconstruction of the history of the discipline (including its relationship with other artistic, humanistic and socio-cultural events) and the analysis of the scholarly production of the time (theoretical approaches, historical practice, methodological debates, etc.). In each chapter, finally, those items are studied together with broader international theatrological trends, and the Italian disciplinary tradition. The research was developed through the investigation of the scholarly production of Theatre Studies, with a particular attention to the role of those working environments clustered around the major theatrological journals; it has also been supported by an intensive fieldwork program, which consisted of a series of meeting with some of the protagonists of the foundation and the developing of Italian new Theatrology.
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Ferraresi, Roberta <1983&gt. "La nuovissima Teatrologia. Gli studi teatrali in Italia fra Novecento e Duemila." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6369/.

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Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.
The purpose of this project is to investigate Italian Theater Studies in the Nineties and in the Two Thousand. The thesis, however, set up broader plans of research, both temporally and geographically: taking into account the relationship between Italian post-twentieth century Theatrology and its disciplinary tradition and, on the other side, with other Western experiences in the same field. The dissertation is divided into three parts: the first discusses the Italian Theatrology's “re-founding” process (in the Sixties and Seventies) and its following consolidation (between the Seventies and the Eighties), while the second one presents Italian post-twentieth century Theatrology's characters (in the 1990s and 2000s); in the third part, they are investigated through a specific point of view, taken to describe the disciplinary paradigm at this time: the “recomposition” project that seems to occur in Italian Theatre Studies since the mid-1980s, as putting in relationship some of important traditionally couples of opposing polarities (theory/history, theory/practice, etc.). Each part is developed both through reconstruction of the history of the discipline (including its relationship with other artistic, humanistic and socio-cultural events) and the analysis of the scholarly production of the time (theoretical approaches, historical practice, methodological debates, etc.). In each chapter, finally, those items are studied together with broader international theatrological trends, and the Italian disciplinary tradition. The research was developed through the investigation of the scholarly production of Theatre Studies, with a particular attention to the role of those working environments clustered around the major theatrological journals; it has also been supported by an intensive fieldwork program, which consisted of a series of meeting with some of the protagonists of the foundation and the developing of Italian new Theatrology.
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Andreoni, Fulvia <1992&gt. "Autoritratti del Novecento. La collezione di Raimondo Rezzonico alle Gallerie degli Uffizi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14649.

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Анотація:
Questa tesi nasce dalla mia passione per l’arte contemporanea e da una lunga esperienza personale che ho avuto l’occasione di svolgere presso le Gallerie degli Uffizi. La mia volontà è stata quella di unire i due fattori e cercare un caso studio originale e interessante; l’occasione si è presentata venendo a conoscenza della collezione di Autoritratti di Raimondo Rezzonico, che è entrata a far parte delle collezioni degli Uffizi nel 2005. Questa raccolta conta circa 300 autoritratti, eseguiti per la quasi totalità da grandissimi maestri del Novecento. Dal momento dell’acquisizione, soltanto una cinquantina di queste opere sono state esposte nella mostra realizzata nel 2005 da Antonio Natali, “I modelli di Narciso, Autoritratti dalla collezione Rezzonico”. Le altre opere rimangono inedite e perciò questo elaborato si pone l’obiettivo di dare una nuova lettura approfondita sulla collezione delle opere appartenute a Rezzonico. Il lavoro si è suddiviso in tre parti: la prima, introduttiva, che tratta della storia del genere dell’autoritratto nel Novecento e della storia della collezione di Autoritratti degli Uffizi. La seconda parte è invece basata su una vera e propria ricerca archivistica e documentaria effettuata all’interno dell’Archivio Arte delle Gallerie degli Uffizi, volta ad approfondire la figura di Raimondo Rezzonico come collezionista, a ripercorrere la storia della collezione tramite un’analisi dettagliata dei canali di acquisizione e della loro cronologia d’ingresso nella raccolta. Infine l’ultima parte propone una catalogazione di cinquanta opere inedite, scelte attraverso una selezione eterogenea basata sulla rilevanza degli autori, sulla loro provenienza e sulle varie tecniche artistiche impiegate.
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Zannoni, Marianna <1982&gt. "Il teatro in fotografia : l'immagine della prima attrice italiana fra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5649.

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Анотація:
Con questa ricerca si è inteso raccogliere e studiare i documenti iconografici relativi all'immagine della prima attrice nel teatro italiano tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. L'obiettivo è quello di comprendere l'evoluzione nel modo di ritrarre l'attrice, nel sistema di diffusione della sua immagine e nella creazione del "mito" che influenza i costumi della società contemporanea. - NOTA 2018: Le ricerche confluite nella tesi di dottorato sono state pubblicate nel volume "Il teatro in fotografia: l''immagine della prima attrice italiana tra Otto e Novecento", Corazzano, Titivillus 2018.
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D'Ayala, Valva Margherita. "I Precetti ai pittori di Ugo Bernasconi e l’‘aforisma d’artista’ nel primo Novecento." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2006. http://hdl.handle.net/11384/85754.

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ottomano, Vincenzina caterina. "La ricezione dell’opera russa tra Ottocento e Novecento in Francia e Italia." Doctoral thesis, Universität Bern, 2020. http://hdl.handle.net/10278/3752737.

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Анотація:
The thesis examines the impact of the early dissemination of Russian operas in the cultural life and the musical thought of Italy and France between the second half of the 19th century and the beginning of the 20th century. During this period, both in Italy and France, debates about musical theatre were deeply shaped by the influence of Russian music, especially its opera. After the first performance of A Life for the Tsar in Prague (1866), which is the first opera by a Russian composer to have been performed abroad, Italy and France were the first countries to show a lively interest for Russian music. The decision to limit the field of research to Italy and France is due to the special connections, both from the political and cultural point of view, between the two. Considered, in the second half of the 19th century, as the leading lights of opera culture, Italy and France were the first countries to stage works such as A Life for the Tsar, Boris Godunov and Yevgeny Onegin. Moreover, from a theoretical point of view, many Italian and French critics saw Russia and the Russian opera as a source of renewal for Western musical theatre, as well as an “alternative” canon to that of Wagner’s Musikdrama. Musical debates on the future of the opera in this period are indeed more orientated towards a revaluation of the Russian opera, which was no longer considered “barbarian”, “wild” or “exotic” but rather the starting point for new cultural attitudes. One of the key points of the thesis is also the very close relationship between musical thought and political interest in the relationships of Italy and France with Russia. After the Alliance franco-russe in 1893 and the Racconigi Agreement between Italy and Russia in 1909, Russian opera’s dissemination becomes the cultural path “par excellence” by which to cement political alliances and strategies before World War I. This thesis will be the first detailed treatment of the reception of the Russian Opera in Italy and France, and will offer some vital new information about the impact of Russian music on Western culture.
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Cappellazzo, Silvia <1989&gt. "Esposizioni d’arte umoristica e di caricatura tra fine Ottocento e primo Novecento in Italia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3915.

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L'oggetto della ricerca riguarda un periodo della storia artistica italiana poco studiato, ovvero le esposizioni d'arte umoristica e di caricatura che si sono svolte nelle maggiori città italiane, dal 1878 al 1919. Il lavoro viene suddiviso in una parte generale, relativa alla pratica caricaturale nel tempo, dopodiché si andranno ad approfondire i singoli eventi d'arte umoristica e di caricatura, fornendo non solo indicazioni pervenute dallo studio dei documenti scritti, ma anche corredando la tesi con un consistente corpus figurativo.
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Taufer, Michela <1988&gt. "Verona, oreficeria sacra nella chiesa parrocchiale dei Santi Fermo e Rustico dal Seicento al Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4928.

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Анотація:
La tesi si pone l'obbiettivo di ricostruire, quanto più precisamente possibile, una cronistoria dei pezzi di oreficeria sacra conservati nella chiesa parrocchiale dei Santi Fermo e Rustico, unita ad una loro dettagliata scheda descrittiva. Questo è stato possibile attraverso ricerche riguardanti sia la storia dell'intera struttura e quindi delle sue fasi (da monastero a chiesa parrocchiale), sia l'osservazione dei dettagli degli oggetti stessi, come punzoni o stemmi vescovili. Ciò aggiunto ad un confronto con pezzi di diversa collocazione geografica ma dalle caratteristiche comparabili.
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Simonetto, Silvia <1988&gt. "Le fotografie di Oliviero Toscani per Benetton. Un confronto con il panorama artistico del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2049.

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Анотація:
Questo lavoro si focalizza sull'analisi artistica del lavoro del fotografo Oliviero Toscani, in particolare sulle le campagne create per il marchio Benetton. Partendo dalla presentazione della carriera di Toscani si mostrano gli sviluppi del suo lavoro e le influenze con il panorama artistico internazionale del '900. Il lavoro si divide in tre parti: la prima sezione presenta la storia della fotografia in ambito pubblicitario. Nella seconda parte l'attenzione viene focalizzata sul lavoro di Oliviero Toscani, dal suo inizio alla collaborazione con Benetton, che sarà la base della successiva analisi; uno sguardo verrà dato alla storia di Benetton. La terza parte è una analisi critica e comparativa delle fotografie nel mondo dell'arte contemporanea. Si cerca di mostrare come Toscani si sia ispirato sia alla fotografia sia all'arte che lo circonda. Per fare questo si mettono a confronto celebri immagini da lui create per evidenziare i contrasti e le somiglianze sia visive che di significato.
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Giner, Cordero Ester. "Restauradores en Canton Ticino entre Ottocento y Novecento. Catalogación y gestión de datos." Doctoral thesis, Universitat Politècnica de València, 2009. http://hdl.handle.net/10251/4141.

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Анотація:
El objetivo de esta tesis doctoral titulada: "Restauradores en Canton Ticino entre Ottocento y Novecento. Catalogación y gestión de datos" es el de individualizar y clasificar los personajes más relevantes promotores de la revalorización del patrimonio histórico-artístico en su país, concretamente en el campo de la restauración de las pinturas murales, desde los pintores-restauradores más conocidos como Edoardo Berta, Emilio Ferrazzini y Tita Pozzi a otros menos distinguidos como Carlo Cotti, Ottorino Olgiati, Mario Moglia, Nino Facchinetti, Carlo Mazzi y Pompeo Maino. La información recogida entre la hetereogeneidad de documentos que componen archivos públicos, archivos privados y bibliotecas ha sido analizada y ordenada con la finalidad de caracterizar la praxis ejecutiva de cada uno de los personajes individualizados, así como para servir a futuras investigaciones, a restauradores profesionales, a historiadores y a conservadores entre otros. También por este último motivo han sido estudiados los más recientes programas de base de datos factibles a contener, relacionar y visualizar la documentación elaborada, atendiendo a requisitos indispensables como el uso de una terminología normalizada, permitir el libre acceso a los datos y la creación de una red amplia y "viva" que favorezca la difusión de la memoria.
Giner Cordero, E. (2009). Restauradores en Canton Ticino entre Ottocento y Novecento. Catalogación y gestión de datos [Tesis doctoral no publicada]. Universitat Politècnica de València. https://doi.org/10.4995/Thesis/10251/4141
Palancia
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Modde, Isabella <1992&gt. "L'attività espositiva, gestionale e finanziaria del Civico Museo Revoltella di Trieste. Nella seconda metà del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12323.

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Анотація:
L’elaborato analizza il caso del Civico Museo Revoltella, galleria d’arte moderna e contemporanea appartenente ai Musei Civici di Trieste, focalizzandosi sul ruolo culturale svolto e sulla situazione odierna in termini di stabilità finanziaria, assetto istituzionale ed organizzativo. La prima parte dell’elaborato verte sulla ricostruzione e sull’analisi dell’attività espositiva realizzata nell’arco temporale 1950 – 2017 mentre la seconda analizza gli organi di governace, la struttura del personale e il regolamento del museo, in termini di mission, obiettivi e funzioni. La terza parte riguarda la stabilità finanziaria dell’istituzione negli ultimi anni attraverso l’analisi degli ultimi bilanci d’esercizio, dei contributi pubblici e privati ricevuti, delle sponsorizzazioni e partnership realizzate senza dimenticare gli ultimi dati di performance. Nella parte conclusiva vengono individuati i punti di forza e di debolezza dell’ambiente interno e le minacce e le opportunità presenti nell’ambiente esterno in modo da fornire una chiara panoramica sulla situazione odierna del museo e verificarne il cambiamento avvenuto dalla sua fondazione, 1872, ad oggi.
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Nunes, Paulo Manuel Simões. "A construção moderna e a cultura arquitectónica no início do novecentos em Portugal." Master's thesis, Instituições portuguesas -- UL-Universidade de Lisboa -- -Faculdade de Belas Artes, 2000. http://dited.bn.pt:80/29366.

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Анотація:
1º Vol.: 242 f. ; 2º Vol.: Anexos . - 186 f., [115] f. il.
O 2º volume apenas existe em formato papel. Poderá ser consultado na Biblioteca da FBAUL - Cota: TES 11 (1)
It is the aim of the present work to study the published articles in the A Construção Moderna, the first Portuguese magazine, edited from the year 1900 to 1919, dedicated both to architecture and to building in general. In such an important period of time for the Portuguese history and culture, as the turning of the century was, this pioneer experience introduced the ideias, the concepts and the materials that sustained the architectural thought and production in the beginning of the modernism in Portugal. In the turn of the 19th to the 20th century, Portugal was an undeveloped country. With its fragile economy and an almost non-existent industry, no wonder that the urban development and the consequent architectural languages appeared rather late in this country. In a cultural atmosphere still very much influenced by the 19th romanticism, the characters of such trend, were mainly the educated people seduced by the positivist doctrine and by the realistic aesthetics. So the modernism question is introduced in Portugal through two different ways of both artistic and cultural influences: on the one hand the French context, through the Academy (where the national architects took their training), the racionalism, the beaux-arts references and the cosmopolitan «Haussmann city»; on the other hand, the 19th English scenery, through the Arts and Crafts, the gothic revival and the cultural tradicionalism. These educated men of the last decade of the 19th century got their inspiration in these two sources. They were engaged in the rebirth of the values of the national identity and in defending the traditional culture, the picturesque and the folklore, trying to define a national example of architecture. The magazine A Construção Moderna appeared under these circumstances through the will and effort of these three men: Nunes Colares, typographer and the project guide; Melo de Matos, engineer and skilful mathematician; and Rosendo Carvalheira, architect with a certain romantic spirit and extremely dedicated to the national cause.Throughout their careers, they fixed the great topics of the architectural culture of this period: the social and cultural importance of the architects; the art critics; the ‘Portuguese house’ model; the restore politics; the urban development; the ‘cheap houses’; the Portuguese ‘style’; and the introduction of the new technologies and new building materials in the civil construction, among many other problematics
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Nunes, Paulo Manuel Simões. "A construção moderna e a cultura arquitectónica no início do Novecentos em Portugal." Master's thesis, Instituições portuguesas -- UL-Universidade de Lisboa -- -Faculdade de Belas Artes, 2000. http://hdl.handle.net/10451/15784.

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Анотація:
1º Vol.: 242 f. ; 2º Vol.: Anexos . - 186 f., [115] f. il.
O 2º volume apenas existe em formato papel. Poderá ser consultado na Biblioteca da FBAUL - Cota: TES 11 (1)
It is the aim of the present work to study the published articles in the A Construção Moderna, the first Portuguese magazine, edited from the year 1900 to 1919, dedicated both to architecture and to building in general. In such an important period of time for the Portuguese history and culture, as the turning of the century was, this pioneer experience introduced the ideias, the concepts and the materials that sustained the architectural thought and production in the beginning of the modernism in Portugal. In the turn of the 19th to the 20th century, Portugal was an undeveloped country. With its fragile economy and an almost non-existent industry, no wonder that the urban development and the consequent architectural languages appeared rather late in this country. In a cultural atmosphere still very much influenced by the 19th romanticism, the characters of such trend, were mainly the educated people seduced by the positivist doctrine and by the realistic aesthetics. So the modernism question is introduced in Portugal through two different ways of both artistic and cultural influences: on the one hand the French context, through the Academy (where the national architects took their training), the racionalism, the beaux-arts references and the cosmopolitan «Haussmann city»; on the other hand, the 19th English scenery, through the Arts and Crafts, the gothic revival and the cultural tradicionalism. These educated men of the last decade of the 19th century got their inspiration in these two sources. They were engaged in the rebirth of the values of the national identity and in defending the traditional culture, the picturesque and the folklore, trying to define a national example of architecture. The magazine A Construção Moderna appeared under these circumstances through the will and effort of these three men: Nunes Colares, typographer and the project guide; Melo de Matos, engineer and skilful mathematician; and Rosendo Carvalheira, architect with a certain romantic spirit and extremely dedicated to the national cause.Throughout their careers, they fixed the great topics of the architectural culture of this period: the social and cultural importance of the architects; the art critics; the ‘Portuguese house’ model; the restore politics; the urban development; the ‘cheap houses’; the Portuguese ‘style’; and the introduction of the new technologies and new building materials in the civil construction, among many other problematics
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Sacchetto, Federica <1986&gt. "Gusto e collezionismo dei merletti a Venezia nella prima metà del Novecento. Una ricognizione nel fondo Correr." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3521.

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Анотація:
Attraverso un'indagine di tipo documentario si analizza la formazione della collezione storica di merletti Correr appartenente alla Fondazione Musei Civici di Venezia. Acquisti, donazioni e legati permettono di ricostruire un quadro del gusto e del collezionismo nella Venezia della prima metà del Novecento.
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Marconi, Greta <1993&gt. "Edward Gordon Craig e il Convegno Volta sul teatro drammatico. Le idee dell’artista e l’Italia del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14549.

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Анотація:
Il Convegno Volta del 1934 fu un evento volto a celebrare il teatro drammatico italiano grazie alla presenza dei più grandi intellettuali del tempo, i quali vi presero parte accendendo un importante dibattito relativo alla crisi che esso stava subendo e alle possibili innovazioni. Questo evento fece molto clamore all’epoca, fu organizzato dalla Reale Accademia d’Italia, la quale ricopriva un ruolo fondamentale per la cultura italiana. Questo elaborato ha l’intento di analizzare le dinamiche tra potere politico e arte, più in particolare le modalità con cui gli intellettuali dell’epoca, tentati da successo, fama, protezione politica e un ritorno economico, abbiano cercato la mediazione con il potere politico a discapito della ricerca per un rinnovamento della loro arte. Una figura interessante in questo panorama culturale è sicuramente Edward Gordon Craig, un invitato inglese all’evento, molto atteso, che tenta di far luce sulle scelte attuate dal regime fascista di negare il finanziamento ai teatri dialettali italiani. Attraverso l’analisi delle riflessioni di Gordon Craig, che nascono dalla sua conoscenza del teatro italiano e dalla sua capacità innovativa e riformatrice, si vuole creare un disegno generale che rifletta le difficoltà e gli sviluppi del teatro negli anni Trenta.
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Collavo, Jennifer Marie <1996&gt. "La collezione della Peau de l'Ours (1904-1914). La domanda speculativa nel mercato dell'arte del primo Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17554.

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Анотація:
Questa tesi si occupa dei ruoli e delle funzioni che assumono i vari componenti del sistema dell'arte, e in particolare dei meccanismi delle vendite all'asta, ricostruendo il contesto storico in cui si è sviluppato il mercato artistico contemporaneo. Dall'istituzione del Salon al primo momento di rottura rappresentato dal Salon des Refusés, l'elaborato prende in esame le svolte vissute dal mondo dell'arte nel secondo Ottocento: si tratta infatti di trasformazioni che si sono concretizzate non solo sul piano espressivo, ma anche grazie a un sistema di promozione degli artisti fondato su una sorta di "triplice intesa" tra le figure del mercante, del critico e del collezionista. In particolare la ricerca si è concentrata sulla creazione dei fondi di investimento in arte, esaminando un particolare caso di studio: quello della formazione della collezione della Peau de l'Ours (1904-1914) e la vendita all'asta della stessa nel 1914, ritenuta il primo banco di prova per la valorizzazione di noti artisti di inizio Novecento. Attraverso l'analisi delle opere che erano parte della raccolta e dei risultati d'asta, la tesi fornisce nuove interpretazioni dei principi sottesi all'istituzione di quel fondo di investimento, originando un percorso in cui arte ed economia si intersecano al fine di narrare una delle pagine più originali della storia dell'arte contemporanea.
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Caverzan, Elena <1997&gt. "AURELIO AMENDOLA: STORIA DEL NOVECENTO PER IMMAGINI. Marino Marini, Alberto Burri e Andy Warhol incontrati da Amendola." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21322.

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Анотація:
La mia tesi vuole approfondire il mito del fotografo Aurelio Amendola e gli avvenimenti che lo hanno reso così acclamato in giro per il mondo. Partendo da una breve analisi attorno al genere fotografico del ritratto e ricostruendo gli sviluppi che lo hanno reso così rinomato tra gli artisti, e non, degli ultimi due secoli, si giunge alla presentazione del contesto fotografico italiano che ha anticipato e cooperato assieme ad Amendola a partire dalla metà del XX secolo, nello specifico affrontando le esperienze di Ugo Mulas, il fotografo della Biennale, Elisabetta Catalano, attrice ma soprattutto fotografa di moltissime personalità internazionali e Mario De Biasi, il più versatile fra i colleghi ma altrettanto abile nella ritrattistica. Successivamente ci si addentra nella carriera di Amendola, a cominciare dagli esordi come “fotografo degli artisti” e approfondendo, attraverso la sua testimonianza diretta riportata all’interno dell’elaborato, le differenze e le affinità tra i due generi che lo hanno impegnato, ovvero fotografare da una parte la storia dell’arte e dall’altra i suoi contemporanei. Nel terzo e ultimo capitolo si prendono in esame nello specifico i tre incontri che hanno cambiato la sua vita, ovvero le personalità dello scultore Marino Marini, Alberto Burri e il suo informale, per concludere con l’eccentrico Andy Warhol.
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PAIATO, Maria Letizia. "Il linguaggio della satira a Modena Materiali per una storia dell’illustrazione umoristica tra Otto e Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2015. http://hdl.handle.net/11392/2389075.

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Анотація:
The node’s specific test of Modena’s illustrated comics, in the late nineteenth century and the first two decades of the twentieth century, made it possible to add new tiles of knowledge in an already existing historiography on the subject, drawing a historical framework in which the Modena’s illustration developed itself, both in reference to an urban context and beyond this. The complete photographic campaign has offered the opportunity to enhance documents with the result of new assignments. This led to the reorganization of the acquired data, as well as the deepening of the individual personality, highlighting aspects so far remained in the shadows. By the analysis performed, signs of major innovations emerged from the "Marchese Colombi" of 1893 and "La Sciarpa d’Iride" in 1897, so that they can be considered essential in Modena’s publishing publications in the specific field of illustrated comics. The first new feature is the collaboration of Umberto Tirelli to "Marchese Colombi" which, starting from 1895, brings the cartoon image to become the central node of the journal despite the text, this prerogative recognized by most critics as the the exclusive "Duca Borso" since 1900. In the assignment test has been recognized Umberto Tirelli as the author of cartoons traced in several sheets appeared between 1900 and 1903; in some cases, these partnerships were simply reordered, in others, we can talk of new assignments. Furthermore, from the analysis of fifteen years of "Duca Borso," it was possible to reconsider the common opinion of the critics, on the basis that the most prosperous period and lush of the magazine coincides with the direction of Umberto Tirelli. Between 1908 and 1912, in fact, on "Duca Borso" interesting illustrations of artists no less valid Tirelli are alternated, and yet, in the last two years of life, very young designers collaborate and such practice will herald them painting experience. It is found in these pages the figure of sixteen years old Mario Vellani Marchi identified under the pseudonym of Marius, in which has been tried to reconstruct a biographical profile as update as possible. Special attention has also been devoted to the Unique Numbers and to periodicals discontinuously issued, among which we remember "Il Navicello” on 8 May 1910, whose illustrations were attributed to the illustrator Aguini, who stole them from Umberto Tirelli. The catalog of Aguini has been enriched also by illustrations of other Unique Numbers appeared in Modena until 1913. After the break imposed by the war, the humorous illustration will be entrusted in its results in particular to Mario Vellani Marchi which, in 1921, along with Casimiro Jodi will establish "Il Gatto Bigio." Mario Vellani Marchi is the first artist that contributed to the developments of Modena’s illustrated comics during the twenties.
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Regis, Margherita <1994&gt. "Danza, politica, identità. La cultura delle Ball e il Voguing dagli anni ’20 del Novecento ai giorni nostri." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17400.

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Анотація:
Questa tesi prende in esame il Voguing, uno stile di danza nato a New York e che rientra nel complesso delle danze sociali inventate negli anni ’70 del Novecento in seno alla comunità nera e latina. In particolare questo stile è stato inventato dalla minoranza razzializzata omosessuale e transessuale di Harlem, che dagli anni ’20 ha fatto parte di una fiorente scena artistica. In questo ambiente si è costituita la subcultura delle Ball. Nel descrivere questo contesto e i suoi partecipanti, mi soffermerò sulla condivisione di esperienze di discriminazione e sulla condizione di indigenza, ma soprattutto mi concentrerò sul come la condivisione di pratiche artistiche e corporee possa diventare una risposta agli abusi e un modo di ricostruire il senso di appartenenza a una comunità. In questa tesi analizzo il processo di mediatizzazione di una parte di questa subcultura, legata inizialmente al Voguing come stile di danza, non solo per la sua dimensione estetica, ma anche per il suo legame con la comunità gay. Mi concentro, inoltre, su come la diffusione mediatica abbia aumentato l’interessamento nei confronti della subcultura delle Ball anche da parte di studiosi e accademici. Facendo riferimento alle teorie queer e ai Black Studies, che hanno guardato alle rappresentazioni mediatiche per affrontare temi come l’etnocentrismo e le discriminazioni razziali e di genere, metto in luce alcuni aspetti centrali della subcultura delle Ball. In particolare, analizzando l’esposizione allestita nel 2018 presso il CA2M di Madrid sulla subcultura delle Ball, indago come, ponendo in relazione le teorie queer con le pratiche artistiche delle Ball, emergano interessanti spunti di riflessione sulle pratiche politiche e sociali messe in atto dalle minoranze che, chiedendo di essere riconosciute, arrivano a mettere in discussione le logiche espositive e istituzionali in un contesto museale.
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Pinotti, A. "Stile a priori. Estetica trascendentale e storia del'arte nella cultura tedesca tra Ottocento e Novecento." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 1998. http://hdl.handle.net/2434/237879.

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Анотація:
Heinrich Wölfflin wrote that research in art history should always also include a concern with aesthetics. The present study takes such contention literally, since it argues that the most representative and influential historical-theoretical models in art history which were developed within the context of German culture between the second half of the 19th and the first decades of the 20th century (i.e. the "Stilllehre" proposed by Gottfried Semper, Alois Riegl and Wölfflin himself), are grounded in an aesthetic perspective. The term "aesthetic" here does not refer to a philosophy of art or of the beautiful, but rather to the original meaning of the word, to the theory of "aisthesis". By radically historicising Kant's transcendental aesthetics in light of the "reine Sichtbarkeit" and the "Einfühlungstheorie", the history of art emerges as history of aesthetics, as the history of the conditions that make sense experiences possible. The meaning of the famous "Kunstgeschichte ohne Namen" can therefore be understood not solely by invoking the superpersonal forces of Hegel's philosophy of art history (as has often been attempted), but rather by reference to the anonymous praxis of the hand and the eye, of gestures and bodies. The history of styles thus becomes the history of perception and of the living body. The present study focusses on the development of this approach, showing both how it is rooted in a typological tradition that can be traced back to Goethe, and also how it has influenced 20th century French thought 8e.g. Maldiney, Dufrenne, Deleuze) in its effort to conceptualize art history as the history of sensations.
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Mogorovich, Eliana. "Dalla realtà alla coscienza: il percorso della ritrattistica tra fine Ottocento e inizio Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4516.

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Анотація:
2009/2010
Il recente e diffuso interesse suscitato dalla ritrattistica nell’ambito di esposizioni di carattere nazionale ha sollecitato una riflessione sull’accoglienza ad essa riservata in un periodo cruciale della sua evoluzione, quello situato a cavallo fra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo. Si tratta di un momento che – data l’ascesa di una classe bisognosa di conferme dello status appena acquisito come la borghesia – ha visto il proliferare di immagini destinate all’autocelebrazione e che proprio per rispondere a tale necessità imponevano l’adozione di uno stile strettamente realistico. Tuttavia il medesimo torno d’anni coincide anche con la nascita della psicoanalisi freudiana (al 1895 risale la pubblicazione degli Studi sull’isteria, al 1899 L’interpretazione dei sogni mentre risale al 1901 la prima edizione della Psicopatologia della vita quotidiana), una rivoluzione che finì col riguardare anche le discipline artistiche e che, potenzialmente, poteva condurre a uno stravolgimento dell’approccio fotografico fino allora imposto dai committenti per le loro effigi. Il presente progetto si propone dunque l’obiettivo di individuare eventuali punti di contatto fra due filoni di ricerca finora affrontati come binari paralleli, il primo coincidente con le richieste maturate dalla situazione sociale dell’epoca e, il secondo riguardante le possibili ripercussioni connesse all’apertura di un nuovo orizzonte culturale. La ritrattistica ha conosciuto nel periodo preso in esame il passaggio da forme ufficiali e borghesi, centrate solo sulla verosimiglianza fisica e su blandi accenni al carattere dell’effigiato, a una concezione rivolta principalmente allo scavo psicologico del personaggio. Tale premessa, che può essere confermata dall’esame del catalogo di singoli autori, non trova però alcun riscontro nella stampa esaminata; gli articoli monografici e le recensioni di mostre rintracciate in “Emporium”, “L’illustrazione Italiana”, “The Studio” e “Die Künst für Alle” hanno infatti portato alla luce un panorama completamente diverso evidenziando continue e mai sanate discrepanze fra l’effettiva produzione degli artisti e quanto veniva poi riportato dalla stampa tanto in termini iconografici che di semplice citazione o descrizione. Nonostante le continue lagnanze sull’arretratezza dell’arte italiana e la proclamata intenzione di aggiornare il gusto artistico del pubblico, i quattro periodici esaminati continuano infatti a propagandare e diffondere quello che si può definire un “tono medio” della pittura, che esclude da recensioni e interventi di vario tipo tanto movimenti come l’impressionismo, il cubismo e il futurismo quanto gli autori europei più aggiornati cui talvolta si accenna solo una volta tramontata l’ondata rivoluzionaria della loro arte e sempre limitatamente alle opere meno eversive. Dal punto di vista della ritrattistica si assiste dunque a una sorta di silenzioso passaggio dal solido realismo ottocentesco alle forme pacate e immobili di Novecento, tendenza cui sembrano uniformarsi tutti i pittori italiani del nuovo secolo. La ripresa di interesse verso la rappresentazione della figura umana che contraddistingue il gruppo milanese non ha comportato, purtroppo, un effettivo aumento di ritratti riproponendo anzi le problematiche già osservate per i decenni precedenti poiché alla labilità del confine fra ritratto e pittura di genere viene a sostituirsi quella fra ritratto e semplice rappresentazione di figure per le quali non è sempre possibile stabilire il riferimento a fisionomie e caratteri individuali. Quanto fin qui osservato ha avuto come conseguenza la revisione nell’impostazione del presente lavoro in cui il mancato sviluppo di alcune parti è compensato dall’ampliamento dell’orizzonte geografico di riferimento dal momento che tanto nelle appendici poste a margine della tesi quanto nella sua prima parte sono stati inseriti autori dell’intera Penisola e stranieri allo scopo di ricostruire il panorama storico-artistico e critico del periodo considerato. Dal punto di vista operativo, dunque, i capitoli seguono una scansione temporale su base quinquennale: all’interno di ognuno è stato analizzato ogni singolo anno partendo dall’iniziale confronto fra i periodici italiani e ampliando poi la visuale su quanto pubblicato dalle riviste straniere, fonte utilizzata soprattutto dal punto di vista dell’apparato iconografico presente. La sporadica presenza di monografie dedicate ad artisti che hanno svolto principalmente l’attività di ritrattisti (presenti per lo più su “Emporium”) ha fatto sì che l’attenzione si concentrasse sulla posizione assunta dai vari critici rispetto alle mostre recensite, messe fra l’altro a confronto con i cataloghi delle esposizioni stesse nel caso delle biennali veneziane e di eventi come la mostra del ritratto di Firenze del 1911, quella dell’Autoritratto organizzata dalla Famiglia Artistica di Milano nel 1916 e quella del Ritratto femminile contemporaneo ospitata nella villa Reale di Monza nel 1924. La marginalità di cui ha costantemente sofferto il filone pittorico cui ci si è dedicati si riverbera, naturalmente, su una presenza sporadica e poco significativa degli artisti veneto-giuliani ai quali, comunque, è interamente dedicato il catalogo in cui è organizzata la seconda parte della tesi. Basato sulle ricorrenze dei pittori nelle riviste esaminate, il catalogo segue la scansione in sezioni distribuite a seconda della tipologia di ritratto cui appartengono, cominciando da quelli di singoli personaggi (a loro volta distinti fra ritratti muliebri, virili e effigi di critici d’arte), ritratti di gruppo, ritratti di artisti e autoritratti, sezione quest’ultima che vede l’inclusione delle opere facenti parte della collezione di autoritratti della Galleria degli Uffizi, assunta come evidente certificato di importanza dell’autore cui l’opera è stata richiesta o da cui è stata donata. Ogni sezione è aperta da una breve introduzione che prevede, per la parte degli autoritratti, il riferimento ai più recenti studi inerenti la relazione fra arte e psicanalisi, anche in virtù del fatto che la destinazione eminentemente privata di questi lavori consentiva all’autore una maggiore libertà stilistica e un più sincero dialogo con il proprio modello. Il lavoro di tesi è completato dal catalogo delle opere ritenute più significative per ciascuna sezione e dalle appendici critiche tratte da “Emporium” e “L’Illustrazione Italiana”.
XXIII Ciclo
1978
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39

Giorio, Maria Beatrice. "Gli scultori italiani e la Francia. Influenze e modelli francesi nella prima metà del Novecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7419.

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Анотація:
2010/2011
Lo studio ha analizzato la presenza degli scultori italiani a Parigi dall'inizio del XX secolo alla fine degli anni Trenta, con l'obiettivo di ricostruire un capitolo importante della storia degli scambi artistici in Francia. Ci siamo serviti del metodo storico-filologico che è stato applicato agli scritti critici e alla stampa d'epoca. Per quel che riguarda l'inizio del secolo, abbiamo rilevato una partecipazione italiana considerevole ai principali eventi espositivi della capitale come i Salons ufficiali; il successo commerciale e di pubblico aveva consentito loro di ottenere un certo spazio tra gli artisti alla moda più conosciuti. Nel corso degli anni Venti abbiamo notato un numero meno significativo di scultori, interpretando questo fatto alla luce della situazione storica italiana, sottomessa a importanti cambiamenti, successivi all'ascesa del regime fascista. Gli italiani che si trovavano ancora in Francia in seguito alla Prima Guerra Mondiale non si inserivano pertanto all'interno delle ricerche artistiche italiane, dal momento che sostenevano degli indirizzi estetici ormai sorpassati. L'ultima parte del nostro studio si è concentrata sullo sviluppo del nuovo linguaggio artistico della penisola italiana, diffuso ormai anche all'estero. Gli scultori italiani potevano partecipare di conseguenza all'attività espositiva di Parigi, e mostrare il volto di una plastica finalmente cosciente delle proprie potenzialità. La Francia da parte sua acccoglieva di buon grado questo tipo di sperimentazioni al fine di creare un rapporto di amicizia duraturo con la nazione confinante.
This study has analyzed the presence of Italian sculptors in Paris from the beginning of the 20th Century to the end of the third decade, with the aim of reconstructing an important chapter of the history of artistic exchanges between Italy and France. We have favored an historical-philological method, based on critical publications and old French and Italian press. Concerning the beginning of the century, we have remarked a considerable participation of Italians in the main expositions in the French capital, such as official Salons; critical and market success allowed them to get a main role in the crew of the most popular artists. During the twenties, we have noted a less considerable participation of Italian sculptors; we have interpreted it in relation to historical context of fascist Italy, where the government was trying to develop a national cultural program. The Italian artists in France, after the First World War, didn't share the new Italian artistic orientation; they went on with outdated aesthetic choices. The last part of our research was interested in the development of the new Italian artistic language, finally known out of Italy. The Italian sculptors consequently could take part in arts activity in Paris, showing the face of a new sculpture, finally aware of its potentialities. France gave these experimentations a good welcome in the aim of constituting a longtime friendship with the Italian country.
Cet étude a analysé la présence des sculpteurs italiens à Paris du début du XX siècle à la fin des années Trente, afin de reconstituer un chapitre important de l'histoire des échanges artistiques en France. Nous nous sommes servis d'une méthode historique et philologique, qui a bien été appliquée aux écrits critiques et à la presse de l'époque. Pour ce qui concerne le début du siècle, nous avons remarqué une participation considérable de la part des italiens aux principaux événements expositifs de la capitale comme les Salons officiels; le succès de public et commercial leur avait permis d'obtenir une place parmi les artistes à la mode les plus connus. Pendant les années Vingt, nous avons constaté un nombre moins significatif de sculpteurs; nous avons lu ce fait en nous rapportant à la situation historique italienne, qui en ce temps subissait des importants changements dus à l'ascension du régime fasciste. Les italiens qui étaient encore présents en France après la Guerre ne s'inséraient guère dans le cadre des nouvelles recherches artistiques italiennes, ils poursuivaient, au contraire, des orientations esthétiques plutôt dépassées. La dernière partie de notre étude s'est intéressée à l'essor du nouveau langage artistique de la péninsule italienne qui pendant les années Trente se répandit enfin même à l'étranger. Les sculpteurs italiens pouvaient donc participer activement à la vie expositive parisienne, tout en montrant le visage d'une plastique qui avait enfin pris conscience de ses potentialités. La France de sa part accueillait volontiers ces expérimentations, dans le but d'instituer une relation d'amitié durable avec le pays voisin.
XXIV Ciclo
1982
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40

Piccioni, Lucia. "Peinture et politique durant le fascisme italien (1922-1943) : « italianités » en conflit." Paris, EHESS, 2015. http://www.theses.fr/2015EHES0017.

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L'un des principaux objectifs de cette thèse est de remettre en question le pluralisme esthétique qui caractérise la situation des arts figuratifs pendant le régime fasciste italien (1922-1943) comme garant d'une autonomie de l'art. Plutôt que de réduire les œuvres et les artistes à de simples rouages de l'appareil de propagande, cette étude veut démontrer que la peinture en particulier, façonne et parfois anticipe même l'idéologie fasciste. La notion d'« italianité » ainsi que ses déclinaisons en « latinité », « romanité » etc. Se sont dégagées comme des notions opératoires du fait de leur récurrence dans les sources textuelles artistiques et politiques. Étudiés à la lumière des études post-coloniales, ces essentialismes permettent de reconstituer l'« horizon d'attente » des représentations analysées. Or, qu'il s'agisse des figures humaines du groupe Novecento érigées par Margherita Sarfatti en emblème d'un néo-classicisme de tradition romaine, du caractère synthétique des aéropaysages futuristes qui font l'apologie de l'Italie guerrière, ou encore des nus de l'École de Rome exaltés comme des archétypes italiques, on s'aperçoit que l’« italianité » sert systématiquement à légitimer une « civilisation » renouvelée par le fascisme, autoritaire, anticosmopolite et antidémocratique. Ces recherches ont finalement pour ambition d'étudier l'« italianité » comme le fondement idéologique d'une radicalisation du discours, et d'observer comment l'art contribue au fil du temps à légitimer la suprématie de la « race » italienne sur le plan spirituel autant que biologique
One of the main purposes of this thesis is to challenge the aesthetic pluralism characterising the situation of figurative arts during the Italian fascist regime (1922-1943) as a warranty of art autonomy. Rather than reducing the artworks and the artists to simple cogs of the propaganda machine, this study wishes to demonstrate that painting in particular, shapes and even anticipates the fascist ideology. The concept of "italianity" and its variants such as "latinity", "romanity" etc. Has emerged as operative notions because of their recurrence in political and artistic textual sources. Those essentialisms carefully observed in the light of post-colonial studies, allow to rebuild the "horizon of expectations" of chosen representations. Therefore, from the human figures of Novecento described by Margherita Sarfatti as the emblem of a neo-classicism of Roman tradition, to the synthetic dimension typical of the aerial futurist landscapes celebrating an Italy ready for war, or even the naked figures of the School of Rome exalting italic archetypes, "italianity" is systematically used to legitimate a "civilization" regenerated by fascism, authoritarian, anticosmopolitan and antidemocratic. This research attempts to study "italianity" as the ideological foundation of a radicalization and to observe how art contributes over time to legitimate the supremacy of Italian "race" in both spiritual and biological terms
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Gobbetto, Marco <1986&gt. "Dall’espressionismo di Oskar Kokoschka alle sperimentazioni del laboratorio teatrale del Bauhaus. Rivoluzione ed evoluzione del teatro tedesco nei primi anni del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13042.

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Dagli ultimi anni del Ventesimo secolo il teatro tedesco è attraversato da un profondo mutamento che continuerà lungo tutto il Novecento. I protagonisti del mondo teatrale in Germania intraprendono un percorso che li porterà a variare sia il modo di concepire lo spazio teatrale sia la funzione stessa dello spettacolo che viene portato in scena, concentrandosi sull’allestimento scenico e introducendo un nuovo tipo di rapporto con lo spettatore. L’obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare gli esempi più importanti di questa rivoluzione, soprattutto per quanto riguarda gli allestimenti scenici. Vengono studiati i casi di autori che sono entrati nella memoria collettiva non tanto per il loro lavoro in ambito teatrale ma per essersi imposti in altri campi della creazione artistica, soprattutto pittorica e fotografica; grazie alle loro messinscene, hanno gettato le fondamenta per un nuovo modo di concepire il teatro. Nel primo capitolo vengono esposti e analizzati i lavori teatrali di Oskar Kokoschka, autore che rompe definitivamente con la tradizionale concezione naturalistica del dramma. Grazie alle sue opere per il teatro e l’apparato grafico correlato ad esse (ad esempio disegni e bozzetti per la messinscena) irrompe, sul palcoscenico, la poetica espressionista già indagata, contemporaneamente, nelle sue opere pittoriche. Argomento del secondo capitolo è l’attività teatrale di Vasilij Kandinksij. Le sue composizioni sceniche introducono un nuovo modo di concepire lo spettacolo teatrale, basato su un concetto di ‘astrazione’ e allontanamento dalla realtà oggettiva, due aspetti che già Kandinskij aveva cominciato ad approfondire sia nei suoi testi teorici che nei suoi quadri. Con Kandinskij il dramma teatrale viene liberato dalle catene che lo legano al testo scritto, esso esplode in uno spettacolo basato su forme, colori, movimento e musica, il suo fine ultimo è quello di risvegliare le emozioni più profonde dello spettatore. Oggetto di studio del terzo capitolo è la ricerca del laboratorio teatrale del Bauhaus. Oskar Schlemmer, direttore del laboratorio dal 1923, porta sul palcoscenico la meccanizzazione dell’evento teatrale. Nei suoi spettacoli la figura umana è essenziale, essa viene inserita in uno spazio geometrico dove il suo movimento diventa fondamentale per creare lo spazio teatrale. Il concetto di astrazione geometrica dell’ambiente scenico è alla base dei progetti per il teatro di Arnold Weininger, allievo del laboratorio del Bauhaus, i cui progetti per allestimenti teatrali possono ritenersi rilevanti per l’evoluzione del modo di concepire le rappresentazioni all’interno della scuola di Dessau. Un altro protagonista del teatro del Bauahus è Laszlo Moholy-Nagy. Egli, oltre a progettare numerose scenografie, teorizza il ‘teatro della totalità’ in cui, in polemica con le idee di Schlemmer, elimina totalmente la figura umana. Nel quarto e ultimo capitolo è parso utile inserire alcuni esempi significativi dei profondi cambiamenti a cui è sottoposto anche l’edificio stesso del teatro. Il flusso di cambiamenti che travolge il teatro tedesco dalla fine dell’Ottocento non investe esclusivamente il testo teatrale e la sua messinscena ma, con il Festpielhaus voluto da Richard Wagner, comincia a mutare anche il luogo stesso dove vengono rappresentati gli spettacoli. Sintomatici di questi cambiamenti sono i progetti per il Grosses Schauspielhaus ideato da Hans Poelzig e Max Reinhardt e il Totaltheater di Walter Groupius e Erwin Piscator. L’elaborato vuole, quindi, studiare il lavoro di individui la cui attività diventa un punto di partenza fondamentale per il mutamento e lo sviluppo del teatro tedesco del Novecento; essi gettano le basi di un cambiamento che sconvolge sia lo spettacolo rappresentato, sia il luogo in cui esso viene messo in scena.
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Giorio, Maria-Beatrice. "Gli scultori italiani e la Francia : influenze e modelli francesi nella prima metà del novecento." Thesis, Paris 10, 2012. http://www.theses.fr/2012PA100053/document.

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Cette étude a analysé la présence des sculpteurs italiens à Paris du début du XX siècle à la fin des années Trente, afin de reconstituer un chapitre important de l'histoire des échanges artistiques en France. Nous nous sommes servis d'une méthode historique et philologique, qui a bien été appliquée aux écrits critiques et à la presse de l'époque. Pour ce qui concerne le début du siècle, nous avons remarqué une participation considérable de la part des italiens aux principaux événements expositifs de la capitale comme les Salons officiels; le succès de public et commercial leur avait permis d'obtenir une place parmi les artistes à la mode les plus connus. Pendant les années Vingt, nous avons constaté un nombre moins significatif de sculpteurs; nous avons lu ce fait en nous rapportant à la situation historique italienne, qui en ce temps subissait des importants changements dus à l'ascension du régime fasciste. Les italiens qui étaient encore présents en France après la Guerre ne s'inséraient guère dans le cadre des nouvelles recherches artistiques italiennes, ils poursuivaient, au contraire, des orientations esthétiques plutôt dépassées. La dernière partie de notre étude s'est intéressée à l'essor du nouveau langage artistique de la péninsule italienne qui pendant les années Trente se répandit enfin même à l'étranger. Les sculpteurs italiens pouvaient donc participer activement à la vie expositive parisienne, tout en montrant le visage d'une plastique qui avait enfin pris conscience de ses potentialités. La France de sa part accueillait volontiers ces expérimentations, dans le but d'instituer une relation d'amitié durable avec le pays voisin
This study has analyzed the presence of Italian sculptors in Paris from the beginning of the 20th Century to the end of the third decade, with the aim of reconstructing an important chapter of the history of artistic exchanges between Italy and France. We have favored an historical-philological method, based on critical publications and old French and Italian press.Concerning the beginning of the century, we have remarked a considerable participation of Italians in the main expositions in the French capital, such as official Salons; critical and market success allowed them to get a main role in the crew of the most popular artists.During the twenties, we have noted a less considerable participation of Italian sculptors; we have interpreted it in relation to historical context of fascist Italy, where the government was trying to develop a national cultural program. The Italian artists in France, after the First World War, didn't share the new Italian artistic orientation; they went on with outdated aesthetic choices.The last part of our research was interested in the development of the new Italian artistic language, finally known out of Italy. The Italian sculptors consequently could take part in arts activity in Paris, showing the face of a new sculpture, finally aware of its potentialities. France gave these experimentations a good welcome in the aim of constituting a longtime friendship with the Italian country
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Corrent, Vinicio. "La riscoperta della poesia antica italiana nei compositori del primo Novecento in Italia. Dalla generazione dell'™Ottanta a Luigi Dallapiccola." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2017. https://hdl.handle.net/11572/367716.

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The main purpose of this research was to study the motivations and requirements of a group of Italian composers, born around 1880, and for this chronological coincidence defined by Massimo Mila, as the composers of « The generation of the eighties» to use the lyrics of ancient Italian poetries for some of their operas. It was a path of investigation taking into account many factors, in particular the interweaving of artistic and literary interests and the cultural historical complexity of the context of the late nineteenth and early twentieth centuries. Fundamental in the first place was the need to set up chronological indicative terms of the change, in fact of the real breakthrough determined at European level by the general crisis of positivism reflected in various ways in Italy in the form of a strong reaction to Verismo in literature and to Melodrama specifically within the music. One of the first important aspect that we focused on in the present work was the fact that there were composers creating not only pieces made for the theater, but also symphonic and instrumental compositions. We proceeded to emphasize the reaction to melodrama expressed by the two most innovative composers of the Generation of the 80s: Casella, Malipiero and Pizzetti and in the In the third part, a great emphasis was given to two composers, Malipiero and Dallapiccola, who strived strongly for musical renewal, whose fundamental part was the reintroducing of the ancient. In fact, initiating with the analysis of the dynamics of the cultural context of the late nineteenth and early twentieth centuries the brink of the Second World War has been reached. In conclusion, it was found that the desire to create something new even in the terms of music and its literary element has been conditioned by many factors, among which the strong willingness to depart from the nineteenth-century melodrama must be mentioned in the first place. The explanation of the revaluation of the texts of ancient Italian poetry by the composers of the early twentieth century is conditioned by numerous factors affected by the social, economic, cultural and historical aspects.
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Cometto, Chiara <1985&gt. "Il progetto: un teatro per il Veneto. La riscoperta e la messa in scena degli autori veneti della prima met`a del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5085.

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La tesi analizza gli spettacoli realizzati da tre soggetti regionali, precisamente: Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni, Teatri e Umanesimo Latino S.p.A e Arteven. In questo studio vengono prese in considerazione le fasi di progettazione, produzione e messa in opera di lavori teatrali scritti da autori veneti della prima metà del Novecento. L’analisi si è incentrata principalmente sulle dinamiche e i rapporti dei vari soggetti coinvolti che, con le loro risorse e competenze, hanno contribuito a rivalutare un repertorio teatrale apparentemente ‘minore’, ma fondamentale per la valorizzazione culturale del territorio veneto anche attraverso il teatro. Per dare maggiore completezza, nella prima parte del lavoro, viene presentato un sintetico excursus sulle modalità di produzione teatrale in Italia e, successivamente, una rapida panoramica sulla storia del teatro in Italia, ma soprattutto in Veneto.
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DEL, DOTTORE MARINA. "Viaggio, esplorazione, guerra nella fotografia e nei documenti di una casata borghese tra Ottocento e Novecento: catalogazione e studio del fondo fotografico Camperio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1433.

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Questo lavoro desidera presentare la catalogazione e lo studio del Fondo Fotografico Camperio, oggi conservato presso la Biblioteca Civica di Villasanta (MI) e parte del fondo archivistico familiare denominato Fondo Camperio. In particolare, la collezione fotografica della famiglia Camperio è analizzata evidenziando la specifica rilevanza della fotografia di viaggio in essa contenuta, in quanto chiave interpretativa della raccolta, ma anche manifesta espressione del gusto, dell’etica della visione, e della immediata continuità della trasmissione di valori ed idee da una generazione all’altra di questa famiglia dell’alta borghesia italo-francese, in un periodo che va dalla seconda metà dell’Ottocento alle soglie della Seconda Guerra Mondiale. Negli album fotografici dedicati al viaggio, che costituiscono il nucleo più consistente e rilevante del Fondo Fotografico Camperio, si riverbera l’andamento di un processo di trasmissione di valori culturali e princìpi ideologici che si riversano con formidabile coerenza, e senza soluzione di continuità, da una generazione all’altra, costruendo una solida tradizione familiare che trova proprio nella pratica del viaggio, e nella sua condivisione diretta o traslata grazie alla raccolta di documentazione fotografica e produzione diaristica, uno dei suoi elementi portanti. L’analisi degli atti dell’Archivio familiare coadiuva l’individuazione di questo percorso, arricchendo e confermando le ipotesi formulate con lo studio diretto dei fototipi. I materiali fotografici sono analizzati dai punti di vista formale, storico e stilistico, tenendo conto dell’insieme dei rapporti che accompagnano l’oggetto; dell’influenza della tradizione occidentale delle arti figurative sulle scelte degli autori; delle istanze del pubblico, di quelle della committenza, e dei condizionamenti imposti dalle aspettative di questi fruitori; del significato ideologico e simbolico, alla fine del XIX secolo, dell’uso di un medium moderno quale la fotografia, e del suo accoglimento da parte del pubblico; delle specifiche circostanze che condussero alla produzione e raccolta delle fotografie da parte dei Camperio. Sono infine illustrati metodo e strategie adottati per la catalogazione (realizzata per la Regione Lombardia ed il Comune di Villasanta) e la valorizzazione del Fondo Fotografico Camperio, con particolare riguardo alla pubblicazione online delle Schede F ed ai percorsi di navigazione da queste ultime alle schede descrittive dei documenti d’archivio ad esse correlati. Il catalogo completo del Fondo Fotografico Camperio è consultabile online, in quanto pubblicato nel portale internet della Regione Lombardia dedicato ai Beni Culturali www.lombardiabeniculturali.it .
This study is intended to present the Camperio Family Photographic Collection and to highlight the specific relevance of the travel photography it contains as a key both to the interpretation of the whole Collection and to the ethics of vision of the members of this 19-20th century upper middle class French-Italian family. To the members of this family, travel and travel photography had been primary tools both to frame the world and to relate themselves to their own time. The photographic eye, focusing on natural resources as well as on natural, technological and artistic wonders and on wartime, unveils the ethics of vision of the collectors, and paradigmately reflects the cultural climate of their age. The ideological transmission from parents to sons that emerges from the analysis of both photographic and related archival materials is also a fil rouge that goes through the collection, and gives it a coherence seldom met in other family funds.The Camperio Photographic Collection is housed in the Biblioteca Civica di Villasanta (Villasanta (MI), Italy). It has been catalogued by the author for the Cultural Heritage Information System of Cultural Department of Lombardy, and can be found online (Beta version): http://www.lombardiabeniculturali.it/percorsi/camperio/1/ _________________________ The Camperio Family Photographic Collection (Fondo Fotografico Camperio) is part of the Camperio Family Fund (Fondo Camperio), a 19-20th century family fund housed in the Biblioteca Civica di Villasanta (Villasanta Civic Library) that holds together the Family Archive, the Family Library, and the Photographic Collection itself. The Photographic Collection was gathered over one century by the members of the family who took, bought and ordered photographs to document their enterprises. The collection contains pictures made by renowned photographers, scholars, explorers and by the Camperios themselves. It hosts several photographic genres, but it is expecially devoted to travel photography as the greatest part of the pictures was made or acquired during the many journeys undertaken by the family members in Africa, Egypt, Far East, Australia, Russia. This relevant historical photographic collection came to us in exceptionally good conditions, as it is integrated in the undivided, original archival context which is in almost intact state and provides useful material to determine the collection’s stratigraphy. The family Archive holds a wide range of documents (travel diaries, letters, essays…) that give account of the interests and activities in which the Camperios were involved, among which travel held a front-rank position. Also, it often provides straightforward reference to picture taking and collecting. The family Library is mainly composed by geographical and military literature, thus reflecting the great interest of the family members in geographical exploration and travel, and giving further evidence (in the many illustrated magazines and books) to the importance of photographic image as a tool to classificate, reduce and take possession of the world. During the second half of the 19th century and until World war 2, travelling had been a fundamental activity for to the members of this family. They interpreted journey in all its nuances, from exploration to tourism to war campaigning, and travelled extensively all around the world with a sense of essential necessity and an effortless attitude, in times when such an activity was no ordinary matter. The relevance of travel as an experience by means of which the Camperios related themselves to the world and to their own time is highlighted not only by the prominence that this activity had in the education of all the family members, but also in the importance that it had in the pursuing of their goals and in the developement of their professional careers. Italian Unification patriots, explorers, colonial entrepreneurs, philanthropists, professional soldiers, amateur photographers, the Camperios, both men and women, were extremely active personalities permeated with positivist tought and committed to international promotion, modernization and progress of Italy. Following their father’s steps, the young Camperios travelled extensively, collected slices of world through photography, and pursued the accomplishment of projects in line with their parent’s ideals. Taken as a whole, the Camperio Fund goes beyond the boundaries of the local or strictly personal experience, providing visions of the social, economical and political international history of the times. It also shows how ideological transmission from generation to generation worked as a leitmotiv declined in various ways in the personal choiches and cultural orientation of the members of the family. This ideolgical continuum is mirrored in the Photographic Collection and represents its strongest unifying element, its coherence being not merely provided by the thematic element (the travel) or by the collectors family membership.
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GROSSI, Erica. "1914-1918. L'Album della Guerra: regime telescopico e montaggio fotografico della Storia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91281.

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Negli archivi europei un cercatore di immagini può davvero diventare il pescatore del mare di cui Hannah Arendt parla a proposito di Walter Benjamin collezionista, cioè di Benjamin storico. In breve, di Benjamin filosofo della storia. In particolare, si tratta di sapersi immergere, saper andare al fondo di un patrimonio fotografico enorme che mostra fin dal primo sguardo – e di sguardo si tratterà in modo esteso – una straordinaria accumulazione di immagini di guerra. La relazione tra fotografia e guerra, infatti, è stata sottolineata da molti pensatori e filosofi – e dallo stesso Benjamin –, ma anche da artisti e sperimentatori di tecniche fotografiche del XX secolo, e in particolare, da una gran parte di teorici di quella che dagli anni '70 è stata definita Visual Culture. Questi studi hanno riconosciuto nella produzione iconografica della Prima Guerra mondiale il momento-zero, l'inizio effettivo della fascinazione della fotografia per la guerra. O viceversa. In effetti, la produzione fotografica dei Servizi preposti dagli Eserciti e la produzione privata – intima – di soldati amatori si realizzano come fenomeno del tutto nuovo dell'esperienza di guerra e si caratterizzano per due aspetti che in questa ricerca si riconoscono fondamentali proprio sul piano del metodo di lavoro e di studio con cui si procede all'analisi: una inedita volontà documentaria dell'esperienza della trincea e una straordinaria necessità di produzione e riproduzione di immagini ad uso delle masse. Definire nel mare di fonti per la Prima Guerra mondiale un oggetto preciso ed efficace di studio è stato per questi due motivi particolarmente difficile ma è su quell'oggetto che si concentra lo scavo archeologico – o la pesca miracolosa – alla ricerca dei caratteri peculiari e in qualche modo “originari” del fenomeno novecentesco di fascinazione per la guerra da parte dello sguardo e dunque del dispositivo fotografico, nodi centrali della riflessione. Dunque, la necessità di lavorare su un corpus il più coerente e riconoscibile possibile, il problema dei diritti di consultazione e riproduzione dei materiali fotografici – problema dovuto a questioni di fragilità materiale della fonte e a questioni di risorse economiche degli istituti di conservazione – e la difficoltà di poterli analizzare, tutto questo obbliga il ricercatore, e allo stesso tempo lo invita, a operare una scelta, a restringere il campo il più possibile. Qui si è trattato di fare i conti con un oggetto che fosse da un lato riconoscibile – le generalizzazioni non sono quasi mai permesse o giustificabili – ma dall'altro anche estendibile – la pratica fotografica nel corso del primo conflitto mondiale viene continuamente descritta come comune a tutti gli schieramenti, su tutti i fronti, sottoposta a dinamiche censorie e politiche propagandistiche pressoché identiche per tutti i Paesi coinvolti nel conflitto. A questi due criteri di scelta, ha risposto con maggiore aderenza un gruppo di circa sessanta album fotografici prodotti dalla Sezione Fotografica dell'Esercito italiano e conservati presso l'Archivio Centrale del Risorgimento di Roma, già a partire dalla fine del conflitto per volontà dell'allora Ministro di Unità Nazionale Paolo Boselli. L'attenzione di allora per questo tipo di pratiche e produzione in tempo di guerra, e l'attenzione di oggi per la loro conservazione e fruizione in vista del centenario della Grande Guerra, hanno aggiunto a questa ricerca almeno due nuovi aspetti da tenere in conto, sia sul piano del metodo sia su quello delle considerazioni generali. Da una parte infatti, questo corpus è al centro di un progetto di digitalizzazione degli archivi iconografici e dei documenti della Grande Guerra condiviso e portato avanti da diversi istituti e enti di conservazione in Italia – si veda il sito www.14-18.it – sul modello di una più ampia progettazione telematica di stampo europeo – si veda il sito www.europeana.eu. Dall'altra, il fatto di essere alle porte del centenario del conflitto rimette straordinariamente in funzione retoriche e contenuti di un discorso nazionale identitario che si vuole fondare proprio sull'accessibilità diffusa a mezzo internet di fonti considerate popolari e fruibili acriticamente, come le immagini dal fronte. Si tratta quindi, sul piano metodologico di un tentativo di “salvare” il patrimonio di fotografie al centro dello studio da una morte “etica”, dall'oblio dovuto a una fruizione troppo semplificata – l'interfaccia virtuale e l'infinita rete di link e connessioni possibili; emanciparlo da un uso semplicistico della fotografia come fonte per la storia – spesso decorazione della pagina o illustrazione di posizioni teoriche già stabilite; e in questo periodo, anche liberarlo dalle celebrazioni nazional-patriottiche, dalla riattivazione di ambigue e pericolose retoriche identitarie. Ma, allo stesso tempo, sul piano della Visual Culture di contribuire a rendere questi materiali un archivio aperto, un «archivio potenziale» e disponibile a una consultazione che vada al di là di una pretesa interpretazione ufficiale della Grande Guerra; indagare quindi i piani produttivi della ripetizione delle immagini, il montaggio stesso come dispositivo fotografico più o meno codificato nelle pagine dell'album, la possibilità stessa della loro riproduzione massificata per il tramite di altri strumenti di propaganda e d'informazione durante e dopo il conflitto. Nella prima parte della tesi quindi – la cui struttura generale si compone di quattro macro-sezioni di cui l'ultima è l'album-catalogo fotografico di materiali scelti – si è trattato di riflettere con attenzione sulla natura di questo archivio: una natura doppia, materiale e virtuale innanzitutto; ma anche rigida e ufficiale eppure aperta e passibile di manipolazioni, scomposizioni, connessioni virtuali. In questo senso, nel primo capitolo sono trattate anche le questioni relative alle caratteristiche proprie dell'album e delle singole immagini come oggetti-dispositivi fotografici a sé stanti; alle modalità e alle politiche coeve e recenti di accumulazione, conservazione e fruizione che li hanno prodotti e riprodotti. Tutto questo permette ci concepire il corpus degli album fotografici ufficiali come un archivio in se stesso – strutturalmente simile, come si è accennato prima, agli altri corpus dello stesso genere – nel quale cercare le caratteristiche di base di un materiale prodotto per documentare le attività dell'Esercito da una parte, e per essere diffuso attraverso la stampa di guerra e i giornali popolari, dall'altra. Questi aspetti che si iscrivono in un discorso sull'estetica della politica e della violenza di guerra – ovvero di una violenza legittimata dal monopolio del potere costituito e dalle pratiche stesse della sua circolazione propagandistica – nelle società europee coeve, sono elementi essenziali di una riflessione più ampia sulla visualità della guerra come esperienza percettiva e come espressione culturale – la Visual Culture in senso largo – dal suo debutto all'inizio del XIX secolo. Esiste infatti, una forte caratterizzazione della produzione fotografica nel milieu della guerra che sembra – ed è qui che si trova il nodo dell'analisi – influenzare la relazione tra fotografia e guerra e, di qui, tra esperienza della realtà novecentesca come di una «guerra totale» e la sua riproduzione tecnica che ne moltiplica le visioni fino a identificarla come fenomeno originario, matrice della storia contemporanea, esperienza collettiva e continuativa dell'individuo attore-spettatore del disastro. La seconda macro-sezione del lavoro si concentra quindi sul doppio binario di questo fenomeno spettatoriale nato nella trincea della Grande Guerra: doppio perché da un lato resta ancorato alla sua fonte – l'album fotografico e la fotografia come dispositivo – ma dall'altro, si eleva al livello teorico delle riflessioni e delle teorie sulla percezione, sui media nell'accezione benjaminiana di Apparatur, sull'antropologia della guerra seguendo una linea che parte proprio da Benjamin e da quanti – artisti e non – riflettono sul tema a partire già dagli anni '20 e '30. In modo particolare, il terzo capitolo della tesi cerca di fare il punto delle diverse prospettive e pratiche di manipolazione fotografica che prendono avvio proprio dall'esperienza e dal patrimonio iconografico della Grande Guerra per riflettere e riprodurre un sapere visuale sulla realtà, sul mondo e, in senso critico, sulle sue trasformazioni: naturalmente, il confronto sul dispositivo fotografico tra Benjamin e Kracauer e le opposte scuole di pensiero dell'avanguardia artistica tedesca, la più prolifica da queste punto di vista per quanto riguarda le pratiche e le tecniche di produzione, riproduzione e (foto)montaggio del materiale fotografico di guerra (Moholy-Nagy e Renger-Patzsch; Friedrich, Tucholsky e Heartfield). Questo capitolo si presenta infatti come un atlante dei maggiori fenomeni di produzione culturale in ambito visuale all'inizio del Novecento che sottolineano in modo esemplare – ed è questo ciò che s'intende di-mostrare – la stretta relazione tra cultura contemporanea e visualità e tra questa e l'esperienza della guerra moderna. Nelle trincee europee sembra prodursi infatti, una relazione ottica tra l'uomo e la realtà che dà luogo a una serie straordinaria di punti di vista sulla catastrofe, sulla rovina, sull'orizzonte (di senso), del tutto nuovi e sintomatici della condizione delle masse umane di fronte alla guerra totale di cui il primo conflitto mondiale rappresenta il vero esordio. Due elementi che si ritrovano nell'accostamento del lavoro sugli album fotografici della Grande Guerra e quello sull'atlante di immagini da Warburg a Jünger: da un lato, il profilo del ricercatore; dall'altro, la natura frammentata dell'oggetto che pure si tiene per l'intervento produttivo della disposizione delle immagini. Per quanto riguarda la figura del ricercatore, il pescatore di coralli nel mare della storia del XX secolo che all'inizio assomigliava a Benjamin, assume qui alcuni caratteri di un altro manipolatore di immagini interessato ai resti e ai fenomeni conflittuali della cultura e dell'antropologia visuale: Aby Warburg de «La guerra del 1914-1915. Rivista illustrata» e in parte, del Bilderatlas Mnemosyne; l'Ernst Jünger del «sillabario del mondo mutato» dalla «mobilitazione totale». L'esperienza della trincea rappresenta per questi due pensatori, il momento nel quale la percezione sensibile “omogenea” e pacificata – messa intanto in crisi già alla fine dell'800 – e, di conseguenza, la riproduzione tecnica dei suoi fenomeni sensibili – in particolare sul piano della visione – esplodono con lo scoppio della Grande Guerra e si dispiegano nello spazio terribile ma evidentemente prolifico di un'«urna» di terra. Nella terza sezione del lavoro, ci si impegna direttamente nello scavo metodologico dentro l'esperienza materiale della trincea, seguendo l'esempio del filosofo francese Paul Virilio di fronte ai bunker eretti sulle coste francesi nel corso della seconda guerra mondiale e i suoi studi sulla normalizzazione culturale delle pratiche e delle strategie militari della visibilità come regime che dura fino a noi, passando per alcuni aspetti centrali dell'antropologia fenomenologica di Hans Blumenberg e dell'antropologia delle immagini di Hans Belting e Georges Didi-Huberman. Questa parte del lavoro si presenta come quella più impegnativa sul piano dell'analisi dei concetti teorici di riferimento e della loro rielaborazione nel caso di studio. Un'intuizione porta direttamente dentro questo materiale prolificante di immagini – apparentemente omogenee e generalmente incapaci di sorprenderci: è possibile vedere dentro questo volume enorme di fotografie uno dei regimi scopici di cui si parla a proposito dello statuto dell'uomo come spettatore? Si può parlare dell'esperienza visuale della Prima Guerra mondiale e della sua riproduzione tecnica massmediatica come del momento-zero di una trasformazione antropologica che sposta – o meglio spiazza – l'uomo dalla sua posizione d'osservatore a distanza e pacificato del disastro – del naufragio di Blumenberg che diventa conflitto – in una posizione più complessa e problematica, allo stesso tempo di spettatore/attore, soggetto dello sguardo e della camera dentro il terreno stesso del disastro? È nel quinto capitolo di questa sezione del lavoro che si osserva appunto questo spiazzamento, questa dislocazione del soggetto insieme a quella delle immagini e dei punti di osservazione che nelle fotografie si individuano e da cui permettono di essere analizzate. Le fotografie infatti mostrano i meccanismi del montaggio originale – spesso dovuti a scelte casuali e a pratiche di mera accumulazione e catalogazione – e esse stesse si offrono alla possibilità di «emanciparsi» dal racconto stabilito sulla pagina che diventa terreno di lavoro e di ricerca ogni volta nuovo: un campo di stratificazioni archeologiche della Visual Culture del '900. Trattare album fotografici “aperti” allora, pagine nere per lo più sulle quali si dispongono centinaia di immagini di guerra disponibili ad essere manipolate, offre lo spazio e la possibilità appunto di analizzare i dettagli, di soffermarsi sugli intervalli dovuti alla sovrapposizione di riquadri e cornici – della trincea, della camera fotografica, dell'immagine, dell'ordine del montaggio –, di seguire così percorsi rizomatici e missing links – dovuti anche alla fruizione digitale in rete – che indicano le ripetizioni, le moltiplicazioni e le manipolazioni alle quali sono state sottoposte fin dall'inizio. Infine, dunque, la quarta sezione, costituita dall'album-catalogo fotografico prodotto nel corso dell'analisi dei materiali. Come momento nel quale l'album-archivio e l'archivio di album si aprono diventando materiale potenziale di ulteriori ridisposizioni, il lavoro sulle immagini trova alcuni richiami metodologici fondamentali – per quanto nella sostanza differenti e iscritti dentro pratiche e dispositivi con una propria natura e identità visuale – con l'atlante e il lavoro del montatore di immagini sulla placca nera del suo progetto. Nella visibilità frammentata, mutilata, eterogenea e ossimorica della guerra di trincea, si possono ritrovare dunque in nuce aspetti straordinariamente convincenti della natura visuale della Grande Guerra e quindi, della cesura causata da questa esperienza lunga, terrificante e collettiva, nella collocazione dello spettatore contemporaneo rispetto allo svolgersi del disastro, anche e soprattutto per il tramite del dispositivo fotografico prima, e della sua riproduzione tecnica poi. L'immagine della guerra, il paesaggio dell'assenza e del disastro, il vuoto delle rovine, le ferite delle trincee e dei corpi, lo sguardo mutilato e quasi vietato dello spettatore, la perdita di orizzonte e, allo stesso tempo, la conquista continua di nuovi spazi e punti di vista per una visione spesso caratterizzata dall'apparizione dell'invisibile, si emancipano dal limite dell'album per proporre nel sesto e ultimo capitolo una mise en abîme della geografia del taglio, della cesura, della ferita che vede la sovrapposizione dell'esperienza percettiva del disastro, della sua riproduzione e, infine, della sua accumulazione come patrimonio di una memoria visuale collettiva.
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CASTAGNA, DONATELLA. "IL TEMA DELLO SCONTRO CULTURALE E DELL'ESILIO NELLA RIPRESA CONTEMPORANEA DELLE MITOGRAFIE DELLA GRECIA CLASSICA: IL CASO DELLE TROIANE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/320.

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Анотація:
La tesi si concentra sull'analisi interpretativa e sul confronto culturale tra diverse riprese di un dramma antico sulla scena moderna. L'opera classica scelta è Troiane nella versione euripidea, soggetta a una notevole ripresa d'interesse da parte di registi e drammaturghi nel XX e XXI secolo. Si è inteso concentrare l'attenzione sui più significativi spettacoli e drammaturgie contemporanei (quindi apparsi sulle scene mondiali e, in particolare, italiane del secondo dopoguerra) che tematizzino a diversi livelli la questione del disagio, della violenza e delle forme dell'esclusione e dell'esodo dovuti a uno scontro fra culture antagoniste. Volutamente, sono stati studiati spettacoli poco noti alla critica e al grande pubblico. Il metodo di lavoro seguito è stato adattato alle caratteristiche di ogni allestimento e alla particolarità delle fonti. Infine, ho fornito una valutazione critica della riuscita artistica degli spettacoli e ho confrontato le diverse traduzioni impiegate dai registi.
The thesis deals with an interpretation and a cultural comparison among many different contemporary plays based on classic drama. In particular, I examined Trojan Women by Euripides, a tragedy that today is often present on the stage. The thesis presents an account on the most important present-day shows and writings from Italy and other countries about loneliness, violence and exile due to fights between different cultures. On purpose, I studied not generally known shows and plays. The study method has been adapted to every show features and to its evidences. Finally, I valued how and if a show succeeded and made a comparison among different translations of Euripides' trojan women.
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CASTAGNA, DONATELLA. "IL TEMA DELLO SCONTRO CULTURALE E DELL'ESILIO NELLA RIPRESA CONTEMPORANEA DELLE MITOGRAFIE DELLA GRECIA CLASSICA: IL CASO DELLE TROIANE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/320.

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Анотація:
La tesi si concentra sull'analisi interpretativa e sul confronto culturale tra diverse riprese di un dramma antico sulla scena moderna. L'opera classica scelta è Troiane nella versione euripidea, soggetta a una notevole ripresa d'interesse da parte di registi e drammaturghi nel XX e XXI secolo. Si è inteso concentrare l'attenzione sui più significativi spettacoli e drammaturgie contemporanei (quindi apparsi sulle scene mondiali e, in particolare, italiane del secondo dopoguerra) che tematizzino a diversi livelli la questione del disagio, della violenza e delle forme dell'esclusione e dell'esodo dovuti a uno scontro fra culture antagoniste. Volutamente, sono stati studiati spettacoli poco noti alla critica e al grande pubblico. Il metodo di lavoro seguito è stato adattato alle caratteristiche di ogni allestimento e alla particolarità delle fonti. Infine, ho fornito una valutazione critica della riuscita artistica degli spettacoli e ho confrontato le diverse traduzioni impiegate dai registi.
The thesis deals with an interpretation and a cultural comparison among many different contemporary plays based on classic drama. In particular, I examined Trojan Women by Euripides, a tragedy that today is often present on the stage. The thesis presents an account on the most important present-day shows and writings from Italy and other countries about loneliness, violence and exile due to fights between different cultures. On purpose, I studied not generally known shows and plays. The study method has been adapted to every show features and to its evidences. Finally, I valued how and if a show succeeded and made a comparison among different translations of Euripides' trojan women.
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Zorzi, Alberto Gerardo <1958&gt. "Quando il gioiello d'artista parla : uno studio selettivo, un'osservazione analitica degli esiti più rilevanti dell'oreficeria d'autore in Italia dal secondo novecento al primo decennio del terzo millennio : una scoperta, un'esperienza emblematica, Arturo Martini tra piccola scultura, medaglie e gioielli, gli ultimi anni 1940-1947." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10362.

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Анотація:
Ricostruzione storico critica degli avvenimenti che alcuni artisti e architetti rilevanti del secondo novecento hanno determinato in un ambito dell'arte contemporanea per certi versi considerato minore.Si tratta di una ricerca sull'oreficeria e gioielleria realizzata da alcune personalità che hanno individuato un nuovo linguaggio espressivo nell'ornamento.La ricerca ha evidenziato i limiti che ancora sussistono di una errata indicazione e divisione tra arti maggiori e arti minori.
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SARRI, Valentina. "Riviste e periodici d’arte a Catania tra Otto e Novecento: un progetto di catalogazione." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/95034.

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