Добірка наукової літератури з теми "Apprendimento istituzionale"

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Статті в журналах з теми "Apprendimento istituzionale"

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Castro de la Mata, Gonzalo, Zeinab El-Bakri, Jan Mattsson, Dilek Barlas, and Jordan Burns. "THE WORLD BANK INSPECTION PANEL: ACCOUNTABILITY AND LEARNING." Il Politico 84, no. 1 (June 25, 2019): 70–82. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.53.

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Анотація:
L’Inspection Panel della Banca Mondiale è stato il primo meccanismo indipendente (IAM) finalizzato a ricevere denunce da parte di persone che lamentavano un danno derivante dalla potenziale mancanza di sostegno alle politiche e alle procedure delle istituzioni finanziarie internazionali. Dal 1993 il Panel ha trattato denunce riguardanti i progetti della Banca Mondiale su richiesta delle comunità interessate e ha contribuito a porre rimedio ai relativi danni. L’articolo descrive dettagliatamente questi risultati, con particolare riguardo all’ “apprendimento istituzionale”, soffermandosi inoltre sulla collana Emerging Lessons Series del Panel stesso, una serie di pubblicazioni recenti che riassumono le esperienze derivanti da casi relativi a: reinsediamento involontario, popolazioni indigene, valutazione ambientale, consultazione e divulgazione. L’articolo si conclude con una discussione dei recenti miglioramenti apportati all’attività del Panel, sottolineando il suo ruolo nel promuovere comportamenti responsabili attraverso le procedure operative adottate e il successivo “apprendimento istituzionale”.
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2

Sahlfeld, Wolfgang, and Francesca Antonini. "Formazione e profilo dell’insegnante elementare come docente (quasi) generalista in Ticino: una storia lunga." Swiss Journal of Educational Research 44, no. 1 (April 29, 2022): 61–77. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.44.1.5.

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Анотація:
L’articolo intende contribuire alla discussione sul senso di una formazione di docenti con profilo di generalista in un contesto istituzionale, quello dell’insegnamento elementare in Ticino, che permetterebbe anche altre strade quali la formazione di pluridisciplinaristi o semigeneralisti. Dopo un’introduzione sulla storia delle formazioni per docenti di scuola elementare in Ticino con particolare riguardo alla distribuzione delle discipline nei vari curricoli, il contributo descrive l’attuale Bachelor in primary education del Dipartimento formazione e apprendimento (DFA) della SUPSI ed espone le ragioni che spiegano perché in esso si formano docenti aventi un profilo di generalista.
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3

Pappalardo, Giusy, and Laura Saija. "Per una SNAI 2.0 come occasione di apprendimento istituzionale. Riflessioni a margine di un processo di ricerca-azione." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 129 (December 2020): 47–70. http://dx.doi.org/10.3280/asur2020-129003.

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4

Cartocci, Roberto. "INDIZI DI UN INVERNO PRECOCE: IL VOTO PROPORZIONALE TRA EQUILIBRIO E CONTINUITÀ." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, no. 3 (December 1996): 609–53. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024527.

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Анотація:
Non solo un correttivoLa riforma elettorale del 1993, pur nella sua architettura bifronte e ambigua1, modifica in maniera decisiva il sistema elettorale in senso maggioritario. La quota di seggi assegnata con il sistema proporzionale, pensata per attutire i verdetti, prevedibilmente perentori, della competizione maggioritaria a turno unico, rispetto a quest'ultima assume un peso numericamente subordinato.In conformità allo spirito e alla lettera della legge sia nel 1994 sia nel 1996 il confronto elettorale è stato centrato sulla competizione maggioritaria, in cui le coalizioni e i candidati nei collegi uninominali hanno giocato il ruolo degli attori principali. Nel 1996, poi, il rilievo della competizione maggioritaria è stato ulteriormente accresciuto in virtù del processo di apprendimento istituzionale degli attori2. In particolare, nel 1996 un adeguamento decisivo al formato maggioritario è passato attraverso la contrapposizione di due leader di coalizione, designati come capi del futuro esecutivo. Questa personalizzazione dello scontro, così congeniale alle esigenze di semplificazione e drammatizzazione dei media, ha di conseguenza accentuato il rilievo delle due coalizioni principali, che hanno allargato la loro ombra sugli altri attori (la Lega, i candidati di collegio, ecc.), e soprattutto a danno dei contendenti dell'arena proporzionale.
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5

Miotto Altomare, Gianni, and Martino Beltrani. "La scuola dell’infanzia nel canton Ticino: sviluppi storici et modelli pedagogici." Swiss Journal of Educational Research 25, no. 2 (September 1, 2003): 211–34. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.25.2.4661.

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Анотація:
Dopo aver attraversato nel suo sviluppo storico tutti i diversi modelli che hanno accompagnato l’evoluzione delle strutture pedagogiche destinate alla seconda infanzia (l’asilo infantile, il Kindergarten, la Casa dei bambini montessoriana, la scuola materna), l’educazione prescolastica del Cantone Ticino, negli ultimi decenni, si è progressivamente avvicinata a una nuova visione del proprio compito educativo che ha poi assunto forma compiuta negli Orientamenti programmatici del 2000 che dettano i principi generali di quella che si è voluta denominare Scuola dell’infanzia.Si tratta di una visione dell’educazione del bambino contrassegnata da un organico itinerario di apprendimento che tenta di armonizzare i tratti caratterizzanti più positivi dei precedenti modelli per fornire risposte idonee ai bisogni di crescita del bambino nei diversi ambiti educativi della corporeità, della comunicazione verbale e non verbale, della vita affettiva e della sfera cognitiva. Partendo da alcune domande-chiave l’articolo ricostruisce i diversi passaggi attraverso i quali ha preso forma l’attuale struttura dell’educazione infantile per la fa-scia di età dai tre ai sei anni. Vengono pertanto esaminati i punti di forza e i meriti, mettendone, nel contempo, in evidenza i risvolti problematici su cui, alla ricerca di un migliore assetto, vale la pena di chinarsi ancora a riflettere. I punti specifici di osservazione qui assunti concernono la capacità di rispondere ai bisogni del bambino, il rapporto in cui la scuola dell’infanzia sa porsi rispetto alle richieste sociali, le coordinate pedagogiche di riferimento, la capacità istituzionale di porre il corpo docente in sintonia con i traguardi educativi che esso è chiamato a realizzare, la continuità educativa tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare.
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Cuccaroni, Valerio. "Didattica pandemica. La digitalizzazione forzata della scuola italiana durante l'epidemia da Covid-19." PRISMA Economia - Società - Lavoro, no. 1 (August 2021): 59–76. http://dx.doi.org/10.3280/pri2020-001005.

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Анотація:
La pandemia da Covid-19 ha indotto le istituzioni scolastiche italiane a sostituire la didattica in presenza con una varietà di forme di apprendimento online. Per indicare queste forme di e-learning, il governo italiano ha fatto ricorso al termine Didattica a Distanza (DaD) creando un neologismo semantico che denuncia la mancanza di inquadramento storico-pedagogico e di un piano già predisposto, con la conseguente necessità di improvvisare. Come nel resto d'Europa, la maggior parte dei docenti ha insegnato online per la prima volta e ha trasposto a distanza le pratiche tipiche della presenza. Criticata dal movimento nazionale Priorità alla Scuola, con occupazioni di scuole e decine di manifestazioni in oltre 60 città ita-liane, alla fine del primo lockdown la DaD è stata subordinata dal Ministero dell'Istruzione alla necessità di garantire l'insegnamento in presenza, tranne che in situazioni di rinnovata emergenza sanitaria per le quali ogni scuola è stata chiama-ta a elaborare un Piano scolastico per la didattica digitale integrata. In assenza degli spazi necessari, del personale idoneo e dei trasporti sufficienti a garantire la didattica in presenza e in sicurezza, a causa dell'aumento autunnale dei contagi la DaD è tornata al 100% nelle scuole superiori da novembre 2020. In seguito alle denunce degli psichiatri sull'aumento dei ricoveri e del disagio psichico tra gli ado-lescenti, iniziate a gennaio 2021, a cui si sono aggiunti gli allarmi sull'aumento dell'abbandono scolastico, ad aprile 2021 la DaD è stata limitata al 50% in zona rossa e al 70% in zona gialla e arancione, dal nuovo Governo Draghi, dimostrando il fallimento dell'integrazione forzata della didattica digitale ma non rinunciando-vi. Stando ai dati forniti dall'osservatorio Eduscopio della Fondazione Agnelli, chi dovrebbe guidare il delicato percorso di integrazione della didattica digitale nelle pratiche educative abituali, ovvero le ventidue scuole fondatrici del movimento istituzionale delle Avanguardie Educative, promosso dall'Indire, raggiunge me-diamente ottimi risultati soltanto in ambito professionale e tecnico, mentre su 27 indirizzi che preparano all'università solo 13 figurano tra i primi posti della classifi-ca che misura i risultati dei diplomati all'esame di maturità e al primo anno di uni-versità. A fronte di questi scarsi risultati, occorre interrogarsi sullo stretto legame tra INDIRE e imprese private come le multinazionali dell'informatica e C2Group, azienda di riferimento in Italia nel settore, che fornisce ambienti digitali integrati alle scuole ed è sponsor della fiera Didacta, inserita dal MIUR tra gli eventi previsti dal piano pluriennale di formazione dei docenti.
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Luca Fanelli and Antonella Di Bartolo. "Condizioni per collaborare. Scuole e terzo settore nella costruzione della comunità educante." IUL Research 3, no. 5 (June 20, 2022): 240–51. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v3i5.296.

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Анотація:
Il presente contributo parte dalle specifiche esperienze dei progetti OpenSpace e FA.C.E. e dal processo Lab Sperone Children per esplorare i caratteri del rapporto tra scuola e terzo settore a livello territoriale, contestualizzandolo nelle vicende che configurano l’attuale scenario. Procede quindi puntualizzando alcuni apprendimenti e proposte riguardanti, da un lato, la creazione di figure dedicate al lavoro di rete e, dall’altro, alla configurazione istituzionale nella quale le alleanze educative territoriali possono prosperare. Nelle conclusioni si tratteggiano brevemente alcune ulteriori condizioni necessarie affinché ciò possa verificarsi.
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8

Serafina, Pastore. "Valutazione e formazione alla ricerca: la via della riflessivitŕ." RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no. 48 (January 2012): 79–86. http://dx.doi.org/10.3280/riv2010-048006.

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La diffusione di nuove pratiche di valutazione, strettamente correlate alle recenti riforme istituzionali, sembra caratterizzare l'attuale sistema universitario italiano. L'effetto di privatizzazione dell'istruzione e della ricerca, indotto da una distorta interpretazione del principio della libertŕ accademica, ha incentivato la produzione di modelli e di approcci valutativi che non sempre paiono pertinenti. A partire da tale presupposto l'articolo si sofferma sulle forme di valutazione previste per la valutazione del dottorato di ricerca. Dall'analisi emerge come in questo caso la valutazione finisca, e spesso, con l'apparire una mera pratica burocratica; una valutazione apparente, incapace di produrre alcun effetto di apprendimento e di cambiamento.
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Ruffino, Marco. "Individualizzazione della diseguaglianza sociale e politiche delle capacitazioni." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 120 (February 2011): 34–49. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-120003.

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Анотація:
L'articolo analizza in modo critico l'approccio dellenelle politiche di welfare attivo, viste in rapporto al "paradigma debole" della. Focalizzando l'attenzione sul rapporto fra capacitazione ed apprendimento, sonoevidenziati due tipi di rischi:) una maggiore individualizzazione della diseguaglianza, se le capacitazioni divengono un terreno di conflitto sociale, che riproduce, invece di correggere, iiniziali;) la riduzione della libertŕ sostantiva, se il diritto ad apprendere si trasforma nell'obbligo di adattamento. L'approccio delle capacitazioni resta indubbiamente essenziale, ma richiede di trovare un equilibrio fra responsabilitŕ personali e responsabilitŕ istituzionali. Alcune evidenze relative all'Europa ed all'Italia mostrano la necessitŕ di andare verso "istituzioni capacitanti", come condizione per utilizzare l'approccio per lo sviluppo di una effettiva libertŕ individuale di scelta.
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Busacca, Maurizio. "Università imprenditoriale e innovazione sociale a Milano e Venezia." ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, no. 3 (December 2018): 109–31. http://dx.doi.org/10.3280/es2018-003010.

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L'obiettivo di questo saggio è indagare il rapporto tra innovazione sociale, università e città. Per fare ciò vengono presentati alcuni studi di caso costruiti a ridosso di pratiche innovative promosse a Milano e Venezia. Dopo aver evidenziato che il rapporto tra università e innovazione sociale è un tema emergente del campo di studi e che l'approccio prevalentemente adottato fino ad oggi è riconducibile all'elica a tre pale, viene messa in evidenza la necessità di sviluppare un differente approccio analitico, che aiuti ad indagare anche la qualità dei processi e degli attori. L'articolo adotta la prospettiva della città come gruppo di regolazione dell'economia, sviluppata a partire dal lavoro da Arnaldo Bagnasco e Patrick Le Galès sulla new political economy delle città. Così osservata la relazione tra università e pratiche di innovazione sociale assume un differente spessore, che ci permette di delineare alcuni apprendimenti e di portare alla luce delle contraddizioni. Il saggio ridimensiona il ruolo dell'università come attore istituzionale ed enfatizza il ruolo degli accademici, che fungono da "agente lievitante" del pluralismo nella governance urbana.
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Дисертації з теми "Apprendimento istituzionale"

1

Giacomazzi, Federica <1993&gt. "L’integrazione tra mandato istituzionale e mandato etico-professionale nell’accoglienza dei richiedenti asilo: storie di policy, apprendimenti e sconfinamenti Il caso della Provincia di Mantova." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12530.

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Il presente studio ha come oggetto il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in Provincia di Mantova. L’obiettivo principale è quello di analizzare come i diversi soggetti del pubblico e del provato sociale, coinvolti nell’accoglienza, hanno interpretato il mandato istituzionale alla luce del proprio mandato etico-professionale, della propria mission. Al capitolo1 si dimostra come l’approccio reattivo-emergenziale delle politiche italiane in materia di asilo abbia contribuito a costruire un sistema di accoglienza frammentato e precario. Il privato sociale è chiamato a gestire l’accoglienza secondi i principi di urgenza, temporaneità e assistenzialismo che poco di conciliano con il proprio mandato etico. Gli enti gestori dei centri gli operatori sociali sono, quindi, impegnati quotidianamente in una complessa attività d’integrazione tra i mandati, i cui risultati, ancora poco studiati, costituiscono la base per la tenuta dell’intero sistema. La ricerca sul caso mantovano, propone, un’analisi di questa ricomposizione dei mandati secondo tre livelli: macro-istituzionale; meso-organizzativo; micro-operativo. Il capitolo 2 si focalizza sull'istituzione prefettizia e su come ha interpretato nel tempo il mandato istituzionale proveniente dal Ministero dell’Interno, vedremo come ciò ha inciso sull'organizzazione del sistema di accoglienza. Il capitolo 3 si concentra sugli Eni Gestori dei centri di accoglienza e su come hanno risposto alle pressioni emergenziali del mandato istituzionale mantenendosi in linea con la proprio mission. Infine, nel capitolo 4 viene data voce agli operatori sociali, impegnati costantemente nell'integrare i diversi mandati nelle proprie pratiche e nel rapporto con l’utenza.
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Francalanci, Lucia. "Proposta di un metodo di valutazione automatica della leggibilità di pagine web in lingua italiana." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1218395.

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Lo scopo di questa ricerca era la costruzione di un metodo per la valutazione della leggibilità dei testi presenti nei siti web in lingua italiana. La prima parte del mio lavoro è rivolta alla ricostruzione dello stato della ricerca sulle formule di leggibilità; tale rassegna critica ha consentito di effettuare un’analisi comparativa dei criteri che hanno portato alla definizione degli indici di leggibilità, al fine di trovare i parametri statistici maggiormente collegati alla difficoltà dei testi e i migliori strumenti per la misurazione di tali variabili. In particolare, ci siamo concentrati sui metodi più recenti di valutazione della leggibilità, che prevedono lo sviluppo di strumenti avanzati basati sull'apprendimento automatico. La seconda parte della tesi è dedicata alla presentazione della metodologia proposta. In base ai risultati emersi dalla ricostruzione dello stato dell’arte delle ricerche sulla misurazione della leggibilità, abbiamo abbandonato il metodo tradizionale a favore dell’approccio della valutazione automatica. Tale approccio prevede la costruzione di un modello che permetta di classificare in modo automatico un insieme di documenti testuali in base al loro livello di leggibilità. Lo sviluppo di un tale metodo di valutazione, oltre ad essere specificamente tarato sulla lingua presente nei siti web, presenta il vantaggio di potersi riadattare in base a nuovi dati di input, come corpora appartenenti ad altre varietà testuali ed eventualmente a nuove classi di riferimento. Tale tipo di strumento presenta, inoltre, numerosi campi di applicazione: potrebbe costituire un supporto alla produzione di testi in tutti gli ambiti cruciali per la comunicazione (istituzionale, sanitario, giornalistico, aziendale, educativo); potrebbe essere incorporato direttamente nei sistemi di recupero delle informazioni per personalizzare le ricerche degli utenti in base ai loro livelli di lettura o alla difficoltà dei testi. Potrebbe, infine, essere impiegato come ausilio per la semplificazione dei testi e, in particolare, nei sistemi di semplificazione automatica.
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3

SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Анотація:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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