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Teses / dissertações sobre o tema "Materiality matrices"

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Flores, Emmanuelle. "Les matrices de matérialité extra-financière : un artefact du pilotage de la stratégie : le cas de la Banque Populaire Alsace Lorraine Champagne". Electronic Thesis or Diss., Bourgogne Franche-Comté, 2024. http://www.theses.fr/2024UBFCG007.

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Resumo:
Cette thèse approfondit le concept de matérialité extra-financière, peu abordé dans la littérature académique, et l’artefact de matrices, socle des publications des informations extra-financières. Cette notion étant empreinte de définitions polysémiques et de référentiels aux lignes directrices nébuleuses, les pratiques actuelles des entreprises manquent de rigueur engendrant des problèmes de transparence et de comparabilité pour les parties prenantes.Aussi, à travers les cadres théoriques de la Théorie Néo-Institutionnelle et de Simons (1995) nous explorons ce concept. Les mécanismes de contrôles mobilisés dans une visée stratégique, en particulier l’interactif et le diagnostique, nous permettent de proposer un modèle de mesure tridimensionnel d’analyse. Il apporte un aspect dynamique à l’évaluation de matérialité en prenant en compte certes les attentes, mais aussi les perceptions et la tendance des parties prenantes. Ce dernier est testé auprès de 10 000 parties prenantes internes et externes dans un contexte de banque coopérative, en particulier la Banque Populaire Alsace Lorraine Champagne. La spécificité de ce terrain de recherche nous amène également à approfondir la notion d’ubiquité et à inclure d’autres parties prenantes que les sociétaires historiquement considérées en tant que tel. Nos résultats mettent en lumière plusieurs apports majeurs comme une innovation processuelle rigoureuse avec des étapes permettant d’élaborer l’artefact des matrices, l’analyse des données statistiques créatrices et porteuses de sens afin de piloter la stratégie de Responsabilité Globale d’une organisation, une typologie des pratiques de matérialité dans les banques coopératives et actionnariales, une typologie des enjeux et le dévoiement des échelles sur l’outil produisant des illusions de consensus
This thesis takes a closer look at the concept of extra-financial materiality, which has received little attention in the academic literature, and the artefact of matrices, the basis for the publication of extra-financial information. As this concept is marked by polysemous definitions and nebulous guidelines, companies' current practices lack rigour, leading to problems of transparency and comparability for stakeholders.Using the theoretical frameworks of Neo-Institutional Theory and Simons (1995), we explore this concept. The control mechanisms mobilised for strategic purposes, in particular the interactive and diagnostic ones, enable us to propose a three-dimensional measurement model for analysis. It adds a dynamic aspect to the assessment of materiality by taking into account not only expectations, but also the perceptions and trends of stakeholders. The model is being tested with 10,000 internal and external stakeholders in the context of a cooperative bank, in particular Banque Populaire Alsace Lorraine The specific nature of this field of research has also led us to explore the notion of ubiquity in greater depth and to include stakeholders other than the members historically considered as such. Our results highlight a number of major contributions, including a rigorous process innovation with stages enabling the matrices artefact to be developed, the analysis of statistical data that creates and conveys meaning in order to steer an organisation's Global Responsibility strategy, a typology of materiality practices in cooperative and shareholder banks, a typology of issues and the misuse of scales on the tool producing illusions of consensus
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RUSCITO, GIOVANNI. "Materiali compositi a matrice polimerica autodiagnosticanti". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1226.

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Resumo:
L’attività di ricerca svolta è stata focalizzata sullo studio e la realizzazione di Materiali Autodiagnosticanti: ovvero materiali con la duplice funzione strutturale e di sensore. I materiali scelti per questo scopo sono compositi a matrice polimerica, dato il loro vasto campo applicativo e la loro grande versatilità. Il materiale realizzato consta di due parti fondamentali: il rinforzo strutturale costituito da fibre di vetro in resina epossidica e l’elemento sensibile costituito da una fase elettricamente conduttrice in carbonio in forma di fibre lunghe unidirezionali o nanoparticelle o nanofibre disperse nella resina epossidica. I compositi ibridi, realizzati in forma di tondini mediante un processo di pultrusione manuale, sono costituiti dall’elemento sensibile interno coassialmente rivestito di vetroresina. In tutti i casi l’efficienza dell’autodiagnosi è stata valutata correlando la variazione di resistenza elettrica della fase conduttrice con il carico e/o la deformazione applicati all’intero composito. Per ciascun tipo di elemento sensibile sono stati indagati aspetti precisi: 1. nel caso degli elementi sensibili in fibra di carbonio unidirezionali ci si è particolarmente soffermati sull’influenza della quantità di vetro esterna sulle proprietà di autodiagnosi; 2. nei provini con elementi sensibili realizzati con nano-particelle e nanofibre di carbonio in resina epossidica si è indagato l’effetto della tipologia di particelle impiegate (area superficiale, dimensione, aspect ratio, ecc.) sulle proprietà di conducibilità elettrica e di autodiagnosi. I risultati dei sensori con fibra di carbonio hanno evidenziato che questo tipo di materiale non è particolarmente adatto ad una funzione di monitoraggio continuo della sollecitazione, bensì ha interessanti applicazioni quale “sensore di guardia” con comportamento tipo “on-off”. Ciò a causa del particolare meccanismo di conduzione che consente sempre un cospicuo passaggio di corrente fino alla rottura delle fibre di carbonio. La ricerca ha evidenziato che tale comportamento di guardia può essere influenzato dalla quantità di vetro che riveste l’elemento sensibile. In particolare, l’attivazione del segnale di guardia (resistenza elettrica pari ad infinito) può essere anticipato rispetto alla rottura finale del composito aumentando la quantità di vetro. I sensori realizzati con nanoparticelle di carbonio hanno invece mostrato grande capacità di monitoraggio in continuo, e ciò a causa del fatto che in questi sistemi la conducibilità elettrica è associata ad un modello percolativo. All’aumentare del carico (e quindi della deformazione) del materiale, le particelle conduttrici vengono progressivamente allontanate le une dalle altre consentendo di registrare un graduale e continuo aumento della resistenza elettrica. In questi sistemi, tuttavia, la natura, morfologia, dimensione, area superficiale, ecc. delle nano-particelle influenzando notevolmente la formazione del network percolativo, influenzano conseguentemente anche le proprietà di autodiagnosi. Le particelle ad elevata area superficiale hanno mostrato le migliori proprietà di autodiagnosi. Nel passaggio dalle nanoparticelle alle nano-fibre di carbonio non ha portato i miglioramenti attesti. Questo particolare sistema è stato indagato in quanto consente teoricamente di ottenere buona conducibilità elettrica con minore quantitativo di carica grazie all’elevato aspect ratio delle nanofibre, tuttavia la manifattura degli elementi sensibili è risultata estremamente complessa. Le nanofibre commerciali, infatti, vengono fornite in forma di aggregati micrometrici e che necessitano lunghe manipolazioni con solventi per essere disaggregati. Tali operazioni, possibili con limitate quantità di materiale, sono invece molto difficoltose e delicate quando applicate a sistemi più grandi quali la pultrusione impiegata per realizzare i materiali di questa sperimentazione. I sensori ottenuti in nano fibra di carbonio, frutto di un compromesso tra il livello di dispersione delle nanofibre nella resina e la processabilità, hanno dimostrando proprietà di autodiagnosi molto simili a quelle delle particelle di carbonio con area superficiale bassa, assai poco soddisfacenti. I materiali risultati più idonei alle funzioni di autodiagnosi, ovvero quelli con elemento sensibile in nanoparticelle di carbonio ad elevata area superficiale, sono stati poi provati in condizioni pratiche di esercizio, quali rinforzi strutturali in travi di calcestruzzo. I risultati hanno mostrato che i materiali realizzati conservano le proprietà di autodiagnosi sotto carico anche se inseriti in sistemi massivi come il calcestruzzo e che, inoltre, grazie alla loro sensibilità è stato possibile monitorarne anche la fase di presa ed indurimento.
The research carried out was focused on the study and production of Composite Smart Material: materials with the dual function: structural and sensor. The materials chosen for this purpose are polymer matrix composites, due to their vast application field and their versatility. The material produced consists of two basic parts: the structural reinforcement consists of glass fibers in epoxy resin and the sensible element consists of a phase-sensitive electrically conductive carbon in the form of unidirectional long fibers or nanoparticles or nanofibers dispersed in epoxy resin. The hybrid composite, realized in the form of rods by a process of pultrusion manual, consisting of the element sensitive internal coaxially coated fiberglass. In all cases the efficiency of smart properties was assessed by correlating the change in electrical resistance of the phase conductor with the load and / or deformation applied to the entire composite. For each type of sensor element have been investigated specific aspects: 1. in the case of sensitive elements in carbon fiber unidirectional one is particularly dwelt on the influence of the amount of exterior glass on the properties of self-diagnosis; 2. in samples with sensitive elements made of nano-particles and carbon nanofibers in epoxy resin was investigated the effect of the type of particles used (surface area, size, aspect ratio, etc..) on the properties of electrical conductivity and self-diagnosis. The results of the sensors with carbon fiber have shown that this type of material is not particularly suitable for continuous monitoring function of the stress, but has interesting applications such as "Sensor Guard" behavior such as "on-off". This is because of the particular mechanism that allows always run a large current passing through rupture of carbon fibers. Research has shown that this behavior may be influenced guard by the amount of glass that covers the sensing element. In particular, the activation of the signal call (electrical resistance equal to infinity) may be faster than the final break of the composite by increasing the amount of glass. The sensors made of carbon nanoparticles have shown great ability but continuous monitoring owing to the fact that in these systems, the electrical conductivity is associated with a percolation model. Increasing load (ie deformation) of the material, the conductive particles are gradually removed from each other allowing you to record a gradual and continuous increase in electrical resistance. In these systems, however, the nature, morphology, size, surface area, etc.. of nano-particles significantly influence the formation of the percolation network, thus also affecting the properties of self-diagnosis. Particles with high surface area showed the best properties of self-diagnosis. In the transition from nanoparticles to nano-carbon fibers did not lead to improvements attests. This particular system has been investigated theoretically since it allows to obtain good electrical conductivity with less quantity of charge thanks to the high aspect ratio of nanofibers, but the manufacturing of the sensing elements was extremely complex. The nanofibers trade, in fact, is provided in the form of aggregated micro and requiring lengthy manipulations with solvents to be broken. Such operations, possibly with small amounts of material, are very difficult and sensitive when applied to larger systems such as pultrusion designed to produce the materials of this trial. The sensors obtained in nano carbon fiber, a compromise between the degree of dispersion of nanofibers in the resin and processability, showed properties very similar to the self of carbon particles with low surface area, not very satisfactory. The materials are more appropriate to the functions of self-diagnosis or those with sensitive element in nanoparticles of carbon with high surface area, were then tested in practical conditions of operation, such as structural reinforcement in concrete beams. The results showed that the materials remain the property of self-made load even if incorporated into systems such as the massive concrete and that, furthermore, due to their sensitivity has been possible to also monitor the stage setting and hardening.
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Cristina, Foss. "Matrices and strategies for complex tissue regeneration". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2012. https://hdl.handle.net/11572/368901.

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Resumo:
In the field of Tissue Engineering, a new concept has been developed in the last few years. The formation of new tissue induced by a tissue engineered system needs to be accompanied by the achievement of a complete tissue functionality and scaffold properties have to be designed following the principles of biomimetics, i.e. the complexity of the physiological environment has to be translated and reproduced in the cell-scaffold construct. This approach is especially challenging when the interface between two tissues has to be restored. In this case, the scaffold has not only to sustain the regeneration of two different tissues, but also to ensure the regeneration of a functional interfacial zone between them. Therefore, scaffold properties must reflect the complexity of tissue boundary structures, in terms of controlled gradients in morphological, chemical and mechanical properties. The aim of this research work was the application of these advanced principles to the regeneration of the osteochondral defect, which is a degenerative pathology involving both cartilage and bone tissue, whose current treatments are uneffective in the long term. In this work, a multiphasic scaffold for osteochondral Tissue Engineering was produced and characterized. Silk fibroin-based 3D sponges were employed for the chondral and subchondral components for cartilage and bone regeneration, respectively, to exploit the biocompatibility and versatility of silk fibroin in Tissue Engineering applications. For the restoration of a functional interface, a nanometric net was used to separate the two components, in order to allow a dialogue among cells between the two phases thanks to a physiological solute flow, while preventing cell migration towards the chondral site, especially of blood cells which may cause mineralization of the non-calcified cartilage. For the chondral component, two different strategies were explored. First, pure silk fibroin sponges produced by salt leaching were combined to static or dynamic culture conditions to evaluate the chondrogenic potential of adipose- derived stem cells (ASCs). These cells have indeed many advantages for cartilage Tissue Engineering applications, such as abundance, easy accessibility, ability of self-renewal and stability during in vitro culture. The best differentiation of ASCs towards chondrocytes was achieved after 28 days of culture in a static environment and chondrogenic media, in terms of higher chondrogenic gene expression, new cartilage extracellular matrix deposition and increase of compressive mechanical properties. ASC/scaffold constructs were then implanted in vivo in a rat xiphoid critical size defect for 8 weeks and also in this case, the best outcomes in terms of new tissue volume and quality were obtained when static conditions and chondrogenic medium were employed during pre-culture. The aim of the second strategy presented in this work was to modify silk fibroin (SF) sponges with the addition of hyaluronic acid (HA). Besides hyaluronic acid is a natural component of cartilage and contributes to its biomechanics thanks to its ability to retain a remarkable amount of water, it has been shown to modulate chondrocyte phenotype when employed in scaf- folds for cartilage regeneration. Therefore, we exploited its properties producing silk fibroin/hyaluronic acid scaffolds by salt leaching at different HA concentrations, eventually cross-linked by genipin to improve HA retention. SF/HA sponges were completely characterized in terms of physical, chemical and mechanical properties and then used to culture primary chondrocytes in vitro. Results demonstrated that the scaffolds with the highest amount of hyaluronic acid both with and without cross-linking elicited better responses in cartilage cells with respect to pure silk fibroin sponges, in terms of chondrogenic phenotype enhancement and new cartilage extracellular matrix deposition. The nanometric net of the multicomponent scaffold for osteochondral regeneration was produced by electrospinning of poly-d,l-lactid acid/polyethylene glycol (PdlLA/PEG) blends. PdlLA was employed since it is a well-known biocompatible polymer and it is easy to process with this technique, while PEG was added to avoid fiber shrinkage in an aqueous environment. Nets were characterized in terms of morphology and thermal properties, then assembled to a silk fibroin sponge without any modification to their geometry. To preliminarily evaluate the biological properties of PdlLA/PEG electrospun nets, a system to co-culture chondrocytes on scaffolds with net and osteoblasts was designed and validated, so that the biochemical communications between cells could take place through the net fibers. In the future, this system will be employed to evaluate how osteoblasts can improve chondrocyte response in terms of phenotype maintenance and new cartilage tissue deposition. The results reported in this research work will be the basis for the final design of a multicomponent scaffold which comprises the best outcomes obtained. Hence, SF/HA scaffolds which elicited the best responses on chondrocytes will be used in combination with ASCs, in order to verify their potential to sus- tain chondrogenesis in vitro. Then, they will be assembled to the nanometric net and, before moving to an appropriate in vivo study, the co-culture system will be employed to assess how the cellular dialogue with osteoblasts can have beneficial effects on the chondrogenic differentiation of adipose-derived stem cells.
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Cristina, Foss. "Matrices and strategies for complex tissue regeneration". Doctoral thesis, University of Trento, 2012. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/758/1/Cristina_Foss_-_PhD_thesis_-_Final.pdf.

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In the field of Tissue Engineering, a new concept has been developed in the last few years. The formation of new tissue induced by a tissue engineered system needs to be accompanied by the achievement of a complete tissue functionality and scaffold properties have to be designed following the principles of biomimetics, i.e. the complexity of the physiological environment has to be translated and reproduced in the cell-scaffold construct. This approach is especially challenging when the interface between two tissues has to be restored. In this case, the scaffold has not only to sustain the regeneration of two different tissues, but also to ensure the regeneration of a functional interfacial zone between them. Therefore, scaffold properties must reflect the complexity of tissue boundary structures, in terms of controlled gradients in morphological, chemical and mechanical properties. The aim of this research work was the application of these advanced principles to the regeneration of the osteochondral defect, which is a degenerative pathology involving both cartilage and bone tissue, whose current treatments are uneffective in the long term. In this work, a multiphasic scaffold for osteochondral Tissue Engineering was produced and characterized. Silk fibroin-based 3D sponges were employed for the chondral and subchondral components for cartilage and bone regeneration, respectively, to exploit the biocompatibility and versatility of silk fibroin in Tissue Engineering applications. For the restoration of a functional interface, a nanometric net was used to separate the two components, in order to allow a dialogue among cells between the two phases thanks to a physiological solute flow, while preventing cell migration towards the chondral site, especially of blood cells which may cause mineralization of the non-calcified cartilage. For the chondral component, two different strategies were explored. First, pure silk fibroin sponges produced by salt leaching were combined to static or dynamic culture conditions to evaluate the chondrogenic potential of adipose- derived stem cells (ASCs). These cells have indeed many advantages for cartilage Tissue Engineering applications, such as abundance, easy accessibility, ability of self-renewal and stability during in vitro culture. The best differentiation of ASCs towards chondrocytes was achieved after 28 days of culture in a static environment and chondrogenic media, in terms of higher chondrogenic gene expression, new cartilage extracellular matrix deposition and increase of compressive mechanical properties. ASC/scaffold constructs were then implanted in vivo in a rat xiphoid critical size defect for 8 weeks and also in this case, the best outcomes in terms of new tissue volume and quality were obtained when static conditions and chondrogenic medium were employed during pre-culture. The aim of the second strategy presented in this work was to modify silk fibroin (SF) sponges with the addition of hyaluronic acid (HA). Besides hyaluronic acid is a natural component of cartilage and contributes to its biomechanics thanks to its ability to retain a remarkable amount of water, it has been shown to modulate chondrocyte phenotype when employed in scaf- folds for cartilage regeneration. Therefore, we exploited its properties producing silk fibroin/hyaluronic acid scaffolds by salt leaching at different HA concentrations, eventually cross-linked by genipin to improve HA retention. SF/HA sponges were completely characterized in terms of physical, chemical and mechanical properties and then used to culture primary chondrocytes in vitro. Results demonstrated that the scaffolds with the highest amount of hyaluronic acid both with and without cross-linking elicited better responses in cartilage cells with respect to pure silk fibroin sponges, in terms of chondrogenic phenotype enhancement and new cartilage extracellular matrix deposition. The nanometric net of the multicomponent scaffold for osteochondral regeneration was produced by electrospinning of poly-d,l-lactid acid/polyethylene glycol (PdlLA/PEG) blends. PdlLA was employed since it is a well-known biocompatible polymer and it is easy to process with this technique, while PEG was added to avoid fiber shrinkage in an aqueous environment. Nets were characterized in terms of morphology and thermal properties, then assembled to a silk fibroin sponge without any modification to their geometry. To preliminarily evaluate the biological properties of PdlLA/PEG electrospun nets, a system to co-culture chondrocytes on scaffolds with net and osteoblasts was designed and validated, so that the biochemical communications between cells could take place through the net fibers. In the future, this system will be employed to evaluate how osteoblasts can improve chondrocyte response in terms of phenotype maintenance and new cartilage tissue deposition. The results reported in this research work will be the basis for the final design of a multicomponent scaffold which comprises the best outcomes obtained. Hence, SF/HA scaffolds which elicited the best responses on chondrocytes will be used in combination with ASCs, in order to verify their potential to sus- tain chondrogenesis in vitro. Then, they will be assembled to the nanometric net and, before moving to an appropriate in vivo study, the co-culture system will be employed to assess how the cellular dialogue with osteoblasts can have beneficial effects on the chondrogenic differentiation of adipose-derived stem cells.
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Alvaro, Vincenzo. "Materiali Compositi a Matrice Cementizia per i Rinforzi Strutturali". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amslaurea.unibo.it/2/.

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Resumo:
L’utilizzo degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) nel campo dell’ingegneria civile riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico delle strutture edificate in zona sismica; in questi settori è evidente la difficoltà operativa alla quale si va in contro se si volessero utilizzare tecniche di intervento che sfruttano materiali tradizionali. I motivi per cui è opportuno intervenire con sistemi compositi fibrosi sono: • l’estrema leggerezza del rinforzo, da cui ne deriva un incremento pressoché nullo delle masse sismiche ed allo stesso tempo un considerevole aumento della duttilità strutturale; • messa in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature da un numero limitato di operatori, da cui un minore costo della mano d’opera; • posizionamento in tempi brevi e spesso senza interrompere l’esercizio della struttura. Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo fibroso non è la resistenza a trazione, che risulta essere ben al di sopra dei tassi di lavoro cui sono soggette le fibre, bensì il modulo elastico, di fatti, più tale valore è elevato maggiore sarà il contributo irrigidente che il rinforzo potrà fornire all’elemento strutturale sul quale è applicato. Generalmente per il rinforzo di strutture in c.a. si preferiscono fibre sia con resistenza a trazione medio-alta (>2000 MPa) che con modulo elastico medio-alto (E=170-250 GPa), mentre per il recupero degli edifici in muratura o con struttura in legno si scelgono fibre con modulo di elasticità più basso (E≤80 GPa) tipo quelle aramidiche che meglio si accordano con la rigidezza propria del supporto rinforzato. In questo contesto, ormai ampliamente ben disposto nei confronti dei compositi, si affacciano ora nuove generazioni di rinforzi. A gli ormai “classici” FRP, realizzati con fibre di carbonio o fibre di vetro accoppiate a matrici organiche (resine epossidiche), si affiancano gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), i TRM (Textile Reinforced Mortars) e gli SRG (Steel Reinforced Grout) che sfruttano sia le eccezionali proprietà di fibre di nuova concezione come quelle in PBO (Poliparafenilenbenzobisoxazolo), sia un materiale come l’acciaio, che, per quanto comune nel campo dell’edilizia, viene caratterizzato da lavorazioni innovative che ne migliorano le prestazioni meccaniche. Tutte queste nuove tipologie di compositi, nonostante siano state annoverate con nomenclature così differenti, sono però accomunate dell’elemento che ne permette il funzionamento e l’adesione al supporto: la matrice cementizia
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MERLONETTI, GLAUCO. "Studio di materiali avanzati a matrice cementizia per l’additive manufacturing". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2020. http://hdl.handle.net/11566/274594.

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Resumo:
L’additive manufacturing è uno dei temi principali della quarta rivoluzione industriale; definita come Industry 4.0. L'uso del calcestruzzo nelle tecnologie additive è molto promettente e consente lo sviluppo di applicazioni innovative nel settore delle costruzioni; per l’architettura; nel campo del design ed in quello industriale. Le tecniche di additive manufacturing of concrete offrono numerosi vantaggi: riduzione dei tempi e dei costi di produzione, maggiore personalizzazione e libertà nella progettazione, minore spreco di materiale e minori emissioni inquinanti, maggiore sicurezza sul lavoro. Nel presente lavoro è stata effettuata una revisione delle tecniche esistenti e dei vantaggi legati a questo tipo di produzione e sono state descritte le caratteristiche richieste al calcestruzzo affinché possa risultare estrudibile con lo scopo di sviluppare materiali innovativi a base cementizia estrudibili con proprietà funzionali avanzate. Sono state ottimizzate delle miscele a base cementizia stampabili con ottime proprietà meccaniche, contenenti aggregati di riciclo e resistenti alle alte temperature. Il processo di stampa del calcestruzzo utilizza una tecnica di produzione additiva, basata su strati per costruire forme geometriche complesse senza cassaforma e presenta quindi un vantaggio unico rispetto ai convenzionali metodi di costruzione. Le proprietà indurite delle formulazioni e gli effetti del processo di stratificazione su densità, resistenze meccaniche e ritiro igrometrico sono presentati insieme alle implicazioni relative alle proporzioni della miscela. Il lavoro sperimentale dimostrerà il potenziale della stampa del calcestruzzo come nuovo processo produttivo praticabile che può introdurre una maggiore libertà geometrica nel processo di progettazione, oltre a offrire un nuovo mezzo di produzione che potrebbe evitare la necessità di produrre in serie elementi identici in calcestruzzo con un numero limitato di varianti.
Additive manufacturing is one of the main topics of the fourth industrial revolution; defined as Industry 4.0. Usage of concrete in additive technologies allows the development of innovative applications in the construction sector; for architecture; in the design field and in the industrial one. Additive manufacturing of concrete techniques offer several advantages: reduction of production time and costs; greater customization and design freedom; less material waste and less polluting emissions, higher level of job security. In the present work, a rewiew of existing techniques, of vantages related to this kind of production has been done and the characteristics required to concrete to be extruded are described in order to develop innovative extrudable cement-based materials with advanced functional properties. Cement-based printing mixtures with outstanding mechanical properties, containing recycled aggregates and resistant to high temperatures have been developed. The concrete printing process uses an additive, layer-based, manufacturing technique to build complex geometrical shapes without formwork and thus has a unique advantage over conventional construction methods. The hardened properties of the formulations and the effects of the layering process on density, mechanical strengths and drying shrinkage are presented together with the implication for mix proportions. The experimental work will demonstrate the potential of concrete printing as a viable new production process that can introduce greater geometric freedom into the design process as well as offering a novel means of manufacture that could avoid the need to mass produce identical concrete parts with limited numbers of variants.
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IACOBONI, ILARIA. "Inclusione di materiali bidimensionali (2D) in matrici polimeriche". Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2021. http://hdl.handle.net/11697/182253.

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Resumo:
This work focuses on the inclusion of montmorillonite(MMT) and reduced graphene oxide (2D nanomaterials) in polyamide-imide(PAI) matrices. The challenge was to find specific methods to obtain a polymer nanocomposite with better and/or alternatives features compared to the standard polymer. PAI in general exhibits properties which can be attributed to the class of high-performance enamels. The effect of the nanomaterial inclusions on chemical resistance, thermal, mechanical and electric properties was investigated after a specific industrial application: magnet wire coating. For this purpose, nanocomposites were coated on the surface of copper wires and cured to form an electrical insulation film. In literature, several methods for a variety of polymer systems were widely investigated, except for PAI, on which there has been little research. Furthermore, the use of nanomaterials in polymeric matrices for copper wire applications still remains an unexplored field. In order to obtain polymer nanocomposite, two different methods have been used in this work: the solvent casting method and in situ polymerization. After the characterization of the 2D nanomaterials and the polymer, the first part of this thesis dealt with the nanocomposites synthesis of PAI-MMT modified with cationic surfactants of alkylammonium type [benzyl (hydrogenated tallow alkyl) dimethyl ammonium]. Surfactants provide an organophilic character to the silicates through a surface functionalization able to provide a good interaction with hydrophobic polymers. The introduction of groups characterized by a greater steric hindrance also has the advantage of spacing the platelets, facilitating the subsequent incorporation of the macromolecules. The physical separation of the silicate layers is an aspect of extreme importance, since only when completely exfoliated, nanocomposite can offer all its peculiar properties. In situ polymerization was performed by swelling MMT intergalleries with trimellitic anhydride (TMA) monomers followed by addition of MDI and subsequent polymerization to PAI within the intergalleries. The solvent casting method is based on swelling MMT intergalleries with solvent where the polymer is soluble (NMP in this case). Mixing of polymer and layered nanomaterial solutions results in intercalation of polymer chains and displacement of the solvent within the interlayers of silicates. With the approach of in situ polymerization, a new level of exfoliated particle concentration could be reached but in comparison, the solvent casting method turned out to be simpler and faster. In the second part of this work, reduced graphene oxide (rGO) was used instead of organoclay. The two methods previously described were also used for the synthesis of rGO-PAI nanocomposites. With in situ polymerization, a novel approach toward PAI-PE-rGO hybrid system (where PE indicates polyester) was developed. For this purpose, first rGO was covalently linked to the polyester (through the reaction with a dialcohol and a diacid in a 1:2 ratio, obtaining a polyester with terminal acid groups), then the PAI component was synthesized using these groups for the amide formation by reaction with MDI (methylenediphenyldiisocyanate). The success of covalent linking between rGO and polymer matrix was confirmed by the analysis of the acid number using the potentiometric method and FTIR. The MMT-PAI and rGO-PAI resins were then applied to the copper wire on which the control tests were performed. The last part of this dissertation focused on the synthesis of PAI-rGO nanocomposites (by solvent casting method) at different concentrations in order to obtain a light conductive resin. Even if a typical property of this kind of polymer is a good electrical insulation, it could be useful, for some applications, obtaining conductive properties. Subsequently, the varnishes were applied by means of a film applicator on tin-plate sheets and observed through an optical microscope and SEM.
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Franchini, Alessandro. "Studio di materiali compositi a matrice poliisocianurata resistenti in condizioni di incendio". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14404/.

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Il progetto alla base della presente tesi di laurea, sviluppato presso la Dow Italia di Correggio (RE), riguarda lo studio di formulazioni di materiali compositi con matrice polimerica a base di isocianurato, al fine di preparare manufatti con migliorato comportamento in condizioni d’incendio. In particolare si cerca di migliorare il parametro di tenuta isolamento nei test di resistenza al fuoco di serramenti. In bibliografia sono presenti numerosi esempi di matrici polimeriche usate per lo sviluppo di questi materiali, principalmente a base di silicio, mentre la matrice organica che è stata utilizzata in questo progetto è a base di poliisocianurato (PIR) rigido, scelto per la sua elevata stabilità termica. Sono stati analizzati nel dettaglio i vari approcci che sono stati affrontati al fine d’individuare la formulazione più adeguata per lo scopo che ci si è prefissati.
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Fusi, Francesco <1985&gt. "Sviluppo, ottimizzazione delle prestazioni e caratterizzazione di materiali compositi a matrice amorfa". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5291/1/Fusi_Francesco_Tesi_Compositi.pdf.

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Durante l'attività di ricerca sono stati sviluppati tre progetti legati allo sviluppo e ottimizzazione di materiali compositi. In particolare, il primo anno, siamo andati a produrre materiali ceramici ultrarefrattari tenacizzati con fibre di carburo di silicio, riuscendo a migliorare il ciclo produttivo e ottenendo un materiale ottimizzato. Durante il secondo anno di attività ci siamo concentrati nello sviluppo di resine epossidiche rinforzate con particelle di elastomeri florurati che rappresentano un nuovo materiale non presente nel mercato utile per applicazioni meccaniche e navali. L'ultimo anno di ricerca è stato svolto presso il laboratorio materiali di Ansaldo Energia dove è stato studiato il comportamenteo di materiali per turbine a gas.
During the PhD were developed three projects related to the development and optimization of composite materials. In particular, the first year, we went to produce ceramic materials for refractory application, toughened with fibers of silicon carbide, managing to improve the production cycle and to obtain an optimized material. During the second year of operation, we have focused in the development of epoxy resins reinforced with particles of Fluorinated elastomers, that represent a new material not found in the market useful for mechanical and naval application. The last year of research has been done in the Materials laboratory of Ansaldo Energia were has been studied materials for gas turbines and their application.
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Fusi, Francesco <1985&gt. "Sviluppo, ottimizzazione delle prestazioni e caratterizzazione di materiali compositi a matrice amorfa". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5291/.

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Durante l'attività di ricerca sono stati sviluppati tre progetti legati allo sviluppo e ottimizzazione di materiali compositi. In particolare, il primo anno, siamo andati a produrre materiali ceramici ultrarefrattari tenacizzati con fibre di carburo di silicio, riuscendo a migliorare il ciclo produttivo e ottenendo un materiale ottimizzato. Durante il secondo anno di attività ci siamo concentrati nello sviluppo di resine epossidiche rinforzate con particelle di elastomeri florurati che rappresentano un nuovo materiale non presente nel mercato utile per applicazioni meccaniche e navali. L'ultimo anno di ricerca è stato svolto presso il laboratorio materiali di Ansaldo Energia dove è stato studiato il comportamenteo di materiali per turbine a gas.
During the PhD were developed three projects related to the development and optimization of composite materials. In particular, the first year, we went to produce ceramic materials for refractory application, toughened with fibers of silicon carbide, managing to improve the production cycle and to obtain an optimized material. During the second year of operation, we have focused in the development of epoxy resins reinforced with particles of Fluorinated elastomers, that represent a new material not found in the market useful for mechanical and naval application. The last year of research has been done in the Materials laboratory of Ansaldo Energia were has been studied materials for gas turbines and their application.
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Mazzotti, Riccardo. "Studio e caratterizzazione di materiali compositi a matrice polimerica e rinforzo in fibre naturali". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19453/.

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I materiali compositi CFRP possiedono proprietà funzionali e di resistenza sempre più performanti grazie alla natura dei rinforzanti in fibra di carbonio, i quali però sono caratterizzati da criticità relative al processo di trasformazione, altamente energivoro e dispendioso, all’inquinamento collegato alla produzione delle fibre e al trattamento di sizing, nonché alla difficoltà nello stadio di separazione dei costituenti del manufatto composito e del conseguente riciclo. A causa di queste problematiche sono stati introdotti in produzione materiali a matrice epossidica rinforzata con fibre di lino. A seguito di un'introduzione su lavorazione e vantaggi delle fibre naturali, con particolare attenzione alle applicazioni in ambito compositi, sono discusse diverse prove di caratterizzazione meccanica e fisica di un composito a matrice polimerica e rinforzo in fibra naturale. Sono state eseguite delle prove di resistenza meccanica a trazione, taglio, compressione e ILSS per la determinazione delle proprietà meccaniche necessarie in fase di progettazione. Alcune prove meccaniche sono state effettuate su materiale saturo d'acqua, per ottenere informazioni sullo scadimento delle proprietà meccaniche indotto dall'assorbimento d'acqua e umidità. Sono inoltre state eseguite prove di igroscopicità per ottenere una panoramica precisa sulle differenze nella struttura delle fibre in carbonio e lino, che le differenzia in modo apprezzabile. Sono stati laminati compositi reticolati secondo tecnologia in autoclave, le cui proprietà fisiche sono state definite mediante prove alla fiamma al conocalorimetro, prove di igroscopicità del composito, prove ottiche al SEM in seguito ad una rottura in trazione.
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Fiorentino, Simona Maria. "STRUCTURAL CHARACTERIZATION OF POLYMERIC MATRICES FOR BIOMEDICAL APPLICATIONS". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11118.

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2013/2014
L’obiettivo finale di questa tesi di dottorato è la determinazione di alcune importanti micro e nano caratteristiche strutturali di matrici polimeriche destinate ad applicazioni biomedicali. In particolare, la nostra attenzione si è focalizzata sull’applicazione della Risonanza Magnetica Nucleare a basso campo (LF-NMR), una metodica non distruttiva utilizzata, in particolar modo, nel campo alimentare per la caratterizzazione di sistemi porosi e non. La prima parte di questo lavoro è stata dedicata allo studio di un sistema omogeneo costituito da alginato e pluronico F127. In particolare, grazie alla combinazione della risonanza magnetica ad alto e basso campo, della reologia e del microscopio elettronico a trasmissione (TEM) è stato possibile capire le caratteristiche strutturali di queste matrici, utilizzate al fine di prevenire la restenosi coronarica. La seconda parte del lavoro è stata dedicata allo studio di sistemi porosi, principalmente utilizzati come scaffold per la medicina rigenerativa e l’ingegneria tissutale. Infatti, la risonanza magnetica nucleare a basso campo è in grado di fornire informazioni sulla dimensione media dei pori, un fattore chiave per la crescita cellulare. Infatti, affinchè le cellule possano crescere all’interno di una matrice polimerica, i pori devono avere delle opportune dimensioni (intorno ai 100 m in diametro). Al fine di verificare la robustezza e affidabilità di questa tecnica, sono stati considerati diversi sistemi: a) green coffee seads, b) gomme stirene/butadiene, c) gel di acido acrilico e cellulosa batterica. Una volta che l'affidabilità del metodo NMR a basso campo è stato definitivamente dimostrato, l'attenzione si è spostata sui sistemi, dal punto di vista biomedico, più interessanti. In particolare, sono state considerati due differenti tipologie di scaffold: a) alginato / idrossiapatite scaffold e b) Poly Left Lactide (PLLA) scaffold. Le prove effettuate sugli scaffold che hanno dato esito positivo sono l’ulteriore conferma della validità della tecnica. Lo studio della proliferazione cellulare all’interno della struttura sembra fattibile ed estremamente interessante, in quanto per la natura non distruttiva dell’analisi sarà probabilmente possibile seguire passo passo la crescita delle cellule nello stesso campione di scaffold a tempi crescenti. Pertanto a conclusione di questo lavoro si può ragionevolmente asserire che l’NMR è uno strumento molto affidabile e che le tecniche da noi riportate sono valide sia per i risultati ottenuti (coerenti a quelli ottenuti con altre tecniche analitiche), sia per la facilità di applicazione a molteplici materiali. Si auspica pertanto che la diffusione nel mondo scientifico e industriale della macchina NMR negli anni a venire sia celere e capillare.
XXVII Ciclo
1984
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Biondi, Riccardo. "Caratterizzazione di materiali nanostrutturati mediante spettrofotometro". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16750/.

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Nel presente elaborato è riportato uno studio sulle proprietà ottiche di meta-materiali nano-strutturati. In particolare, mediante l'uso di uno spettrofotometro, si è osservato il fenomeno di risonanza plasmonica di superficie di nanofili metallici in matrice di allumina. I nanofili esaminati sono stati cresciuti mediante elettrodeposizione all'interno di una matrice di allumina porosa, creata con specifici parametri geometrici attraverso un processo di anodizzazione. Sempre mediante uno spettrofotometro, attraverso cui sono stati acquisiti gli spettri di assorbimento e riflessione dei materiali, è stato possibile osservare la variazione della risonanza plasmonica al cambiare dei parametri del fascio di luce, come l'angolo di incidenza o l'asse di polarizzazione, oppure delle caratteristiche del campione stesso, come l'altezza dei nanofili. È stata osservata anche l'influenza che i nanofili hanno sul fenomeno delle frange di interferenza da lamina sottile. confrontando gli spessori ricavati dagli spettri di riflessione di nanofili a diversa altezza con quello dell'allumina vuota.
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Maceratesi, Vittorio. "Studio di acceleranti e indurenti per migliorare le proprietà di materiali compositi a matrice epossidica". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13864/.

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In questo lavoro di tesi sono state preparate diverse formulazioni di resine epossidiche da utilizzare in preimpregnati (pre-pregs) per la produzione di compositi rinforzati in fibra di carbonio. Le modifiche della formulazione prese in esame durante il presente lavoro si sono incentrate sulla variazione del sistema indurente utilizzato, modificando l’indurente e/o aggiungendo accelerante al formulato. L’obiettivo di tali modifiche è stato quello di ottenere resine epossidiche che curassero più velocemente e/o che potessero raggiungere temperature di transizione vetrosa maggiori rispetto alla formulazione industriale attualmente utilizzata.
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AMENTA, FEDERICA. "Caratterizzazione tribologica di materiali compositi a matrice di PTFE: parametri più influenti e stabilità del tribofilm". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1270086.

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Il PTFE ha proprietà autolubrificanti che forniscono eccellenti proprietà tribologiche in molte applicazioni in cui è richiesto un basso attrito. Durante un processo di usura per strisciamento, infatti, avviene un trasferimento di materiale polimerico sulla superficie antagonista, con conseguente creazione di un film sottile (detto anche tribofilm) in cui le macromolecole si allungano lungo la direzione di scorrimento. Nella zona di contatto si crea un'interazione polimero-polimero e non più polimero-ceramica/metallo, che comporta un lavoro di adesione molto basso e un basso coefficiente di attrito. L'approccio in questa tesi di dottorato è stato la ricerca e l'analisi dei parametri funzionali che determinano le caratteristiche tribologiche dei sistemi di accoppiamento. Questi parametri devono quindi essere correlati al processo di formazione del tribofilm e allo scambio termico nelle aree di contatto. L'obiettivo di questo progetto sarà la progettazione e lo sviluppo di un modello in grado di fornire dati indicativi sulla vita utile dei componenti realizzati con materiali a matrice PTFE, in condizione di contatto dinamico (tribologico) con una contro-superficie. Tale modello si basa su un'equazione che identifica la relazione tra le variabili indipendenti del processo e il risultato desiderato (variabile dipendente). Il passo successivo è la correlazione tra i risultati ottenuti da test effettuati su piccola scala (test "pin on disk") e i risultati ottenuti sul banco prova, in modo che questa equazione possa essere applicata anche su componenti reali. La previsione della vita utile dei polimeri fluorurati e dei compositi a matrice polimerica in applicazioni tribologiche comporterebbe un miglioramento significativo rispetto al semplice approccio "trial and error". I materiali a base PTFE, nominati “compounds”, sono stati forniti da ATP S.p.A, società con sede a Modena (Italia) che si occupa della progettazione e produzione di sistemi di tenuta in materiale polimerico. Per simulare le condizioni di strisciamento, sono stati eseguiti test tribologici “pin on disk”. Il metodo statistico Design of Experiment (DOE) è stato applicato per progettare le prove tribologiche e studiarne l'influenza delle variabili di input (velocità, carico, distanza), come fattori singoli o interagenti, sul tasso di usura del pin in PTFE. E’ stato utilizzato il software Minitab per elaborare i dati raccolti applicando algoritmi DOE. Nella prima parte del periodo di dottorato sono stati effettuati test tribologici su campioni di PTFE non rinforzato al fine di studiare il meccanismo di usura del materiale a contatto dinamico con contro-superfici in acciaio inox AISI 304, non rivestito o rivestito con Cr2O3 depositato con termo-spruzzatura al plasma; con il DOE sono stati successivamente valutati i fattori significativi sull’andamento del coefficiente d’attrito e del tasso d’usura. Nella seconda parte del periodo di dottorato sono state analizzate l'influenza della conducibilità termica sul comportamento tribologico dei compositi a matrice PTFE e la stabilità del tribofilm generato. Questo fenomeno è stato indagato eseguendo test tribologici con l’ausilio di una termocamera ad infrarossi per la rilevazione della temperatura di contatto e valutando il coefficiente di scambio termico attraverso specifiche misure di conducibilità sui campioni polimerici e sulle contro-superfici. La conducibilità termica dei compositi a matrice PTFE e il loro comportamento tribologico sono influenzati anche dalla quantità di filler aggiunti alla matrice fluoropolimerica; in questo lavoro sono state studiati filler di diversa famiglia e forma: fibre di vetro, fibre di carbonio, PEEK, bronzo (forma sferoidale e lamellare). Dopo questa fase sperimentale, è stata studiata l'elaborazione analitica di un "modello predittivo" per il materiale più impiegato in ambito Food & Beverage attraverso test effettuati su componenti di guida reali.
PTFE has self-lubricating properties providing excellent tribological properties in many applications where low friction is sought for. During a sliding wear process, in fact, a polymer transfer is carried out on the surface of the antagonist, which can be metallic or ceramic, with the creation of a thin film (also called transfer-film) where the macromolecules stretch along the sliding direction. In the contact zone, a polymer-polymer interaction and no longer polymer-ceramic / metal one is created, resulting in a very low adhesion work that means a low coefficient of friction (normally between 0.05 and 0.15). The approach in this Ph.D. thesis has been the research and analysis of functional parameters that determine the tribological characteristics of coupling systems. These parameters must be then correlated to the transfer-film formation process and heat exchange in the tribological contact areas. The aim of this project is going to be the design and development of a model able to provide indicative data on the useful life of PTFE based material components, in condition of dynamic (tribological) contact with a counter-surface. This model is based on an equation that identifies the relationship between the independent variables of the process and the desired result (dependent variable). The next step is the correlation between the results obtained from tests carried out on a small scale (“pin on disk” tests) and the results obtained on the test rig, so that this equation can also be used on real components The prediction of the useful life of fluorinated polymers and polymer matrix composites in tribological applications would be a significant improvement compared to the simple “try and error” approach. The PTFE based materials, also called PTFE compounds, were provided by ATP S.p.A, a company based in Modena (Italy) that deals with the design and production of sealing systems in polymeric material. To simulate the sliding conditions, tribological pin on disk tests were carried out. The Design of Experiment (DOE) statistical method was applied to design the experiments and investigate the influence of the tribological testing variables (speed, load, distance), as single or interacting factors, on the wear rate of the PTFE pin. Minitab was used as software to elaborate the collected data applying DOE algorithms. In the first part of the Ph.D. period, tribological tests were carried out on unreinforced PTFE samples in order to investigate the wear mechanism of the material in dynamic contact with AISI 304 stainless steel countersurfaces, either uncoated or coated with plasma sprayed Cr2O3; the significant factors on the trend of the wear rate and of the coefficient of friction has been subsequently evaluated with the DoE statistical method. In the second part of the Ph.D. period, the influence of the thermal conductivity of PTFE composites on their tribological behaviour and the stability of transfer film created in a tribological coupling were studied. This phenomenon was investigated by performing tribological tests measuring the contact temperature with an infrared thermographic camera and by the evaluation of the heat transfer coefficient through specific conductivity measurements on the polymer samples and on the surfaces of the tribological counterparts. The thermal conductivity of PTFE composites and their tribological behaviour are also affected by the amount of fillers added to the PTFE matrix; in this work different families and shapes of filler were studied: glass fibres, carbon fibres, PEEK, bronze (spheroidal and lamellar shape). After this experimental stage, the analytical elaboration of a “predictive model” for the most used material in Food & Beverage field was studied through tests carried out on real guiding components, taking advantage of a complex test rig installed in ATP group laboratory.
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Dinelli, Giulia <1993&gt. "Matrici Naturali e Sintetiche per colture 3D di Organoidi". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15246.

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Gli Organs-on-chips (OOCs) sono modelli 3D in vitro di organi umani miniaturizzati, progettati per riprodurre la biologia e fisiologia degli omologhi in vivo. I sistemi OOCs integrano: microingegneria, tecnologie di microfluidica e principi di biomimesi per ricreare gli aspetti chiave di un organo, includendo anche criticità dell’architettura tissutale, interazioni cellula-cellula e ambiente extracellulare. In sostanza, sono costituiti da un chip multifluidico in cui le cellule d’interesse vengono coltivate in 3D; è possibile realizzare questi sistemi a partire da cellula staminali da cui vengono ottenuti organoidi che messi in coltura su una matrice di supporto all’intero del sistema microfluidico mimano l’organo. Nel presente studio si è voluto testare la capacità di una serie di matrici di supporto, naturali e sintetiche, a sostenere la proliferazione e il differenziamento di organoidi di fegato murino, con applicazione futura all’interno di un sistema OOCs. Queste piattaforme creative, e la loro ulteriore integrazione in Multi-Organs-on-chips, possono portare nuovi benefici a diverse applicazioni come: lo sviluppo in vitro di modelli umani di organi sani e malati, l’indagine dei meccanismi fondamentali di eziologia delle patologie e organogenesi, valida alternativa alla sperimentazione animale per quanto riguarda la tossicità dei farmaci e lo studio di target farmacologici ed infine ideale piattaforma per lo sviluppo di nuove terapie.
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LUCIGNANO, CARMINE. "Tecnologie dei nanocompositi a matrice polimerica". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1202.

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I nanocompositi sono una nuova classe di materiali che mostrano proprietà uniche tipicamente non condivise dai materiali convenzionali. La dispersione di particelle nanometriche, organiche o inorganiche, all’interno di una matrice polimerica può determinare l’incremento delle proprietà del composito e nel contempo può donare nuove proprietà funzionali. Il grosso interesse rivolto verso i nanocompositi dipende dalle potenzialità che tali materiali mostrano e dalle possibili applicazioni che essi possono trovare. Film rigidi o flessibili in nanocomposito, troverebbero applicazione nel packaging, vista la tendenza a conservare la trasparenza della matrice e le proprietà di impermeabilità all’ossigeno che l’utilizzo di nanocariche può determinare. Nel presente lavoro è stata messa a punto una rapida procedura di fabbricazione di film spessi in nanocomposito poliestere-montmorillonite per consentirne un’applicazione industriale. Le proprietà dinamo-meccaniche dei film sono state valutate tramite test al DMA, svolti nella particolare configurazione di trazione. I risultati ottenuti da tale prova hanno consentito di studiare la complessità dell’interazione tra nanocariche e matrice. I coatings sono spesso utili per diverse applicazioni ingegneristiche, da coating resistenti al graffio a coating che fungono da barriera termica. Poiché danni superficiali o all’interfaccia con il subtrato, possono influenzare le prestazioni finali, è importante adottare una buona tecnica di caratterizzazione per i coating. Le più recenti pubblicazioni scientifiche, a tal proposito, parlano di nanoindentazione di coating o bulk in nanocomposito. In questo lavoro viene utilizzata la tecnica di macro-indentazione strumentata per la caratterizzazione meccanica di coating, in nanocomposito poliestere-montmorillonite, depositati per spin coating su substrati in alluminio e polietilene ad alta densità. La macro-indentazione è meno sensibile alle intrinseche inomogeneità dei nanocompositi è da utili informazioni circa la resistenza dei coating. In più, in questo caso, la preparazione del campione può essere meno accurata rispetto al caso della nanoindentazione. Nell’appendice, è riportato un esempio di applicazione di macroindentazione per la caratterizzazione meccanica di materiale polimerico. In particolare il test consentiva di valutare l’effetto del contenuto locale di rinforzo in materiali polimerici caricati a gradiente. Dopo lo studio di film e coating in nanocomposito, è stato studiato il comportamento di nanocompositi nella forma di bulk. Provini bulk possono mostrare diverse proprietà rispetto ad i coating, in più, lo studio del comportamento del materiale di campioni bulk risulta più semplice e consente di approfondire alcuni aspetti. La combinazione di nanoparticelle e di una nuova tecnologia di schiumatura ha generato una nuova classe di materiali leggeri, ad alta resistenza e multifunzionali: le schiume in nanocomposito. Attualmente, risulta di grossa utilità trovare nuove, veloci ed economiche tecnologie che consentano di realizzare nanocompositi su larga scala. E’ stata sviluppata una nuova tecnologia di schiumatura per materiali termoindurenti che non richiede l’utilizzo di agenti esterni e che è stata chiamata di schiumatura allo stato solido. L’utilizzo di questa nuova tecnologia è stata utilizzata per la realizzazione di schiume nanocaricate. Lo sviluppo di materiali polimerici per applicazioni strutturali o tribolgiche, sta divenendo una domanda sempre più pressante. I compositi a matrice polimerica hanno le potenzialità per essere utilizzati per questo tipo di applicazioni; componenti in polimero, come camme, alberi e ruote dentate, sono tipicamente realizzati mediante la tecnologia dello stampaggio ad iniezione. Ciò è dovuto alla semplicità ed al basso costo di tale tecnologia che consente la realizzazione di componenti anche a geometria complessa. Tuttavia l’effetto del processo di stampaggio ad iniezione sulle proprietà di bulk di nanocompositi polimerici è ancora oggetto di studio. Nel presente lavoro, sono state studiate le proprietà tribologiche e meccaniche di di nanocompositi a matrice polimerica (PA6, PA66 and POM) , prodotti per stampaggio ad iniezione.
Nanocomposites are a relatively new class of materials with unique properties typically not shared by conventional microcomposites. The dispersion of nanometric organic or ingorganic particles in polymer matrix, may cause an increase in performances of composite materials and give new functional properties. The interest in polymer nanocomposites depends on the potential applications of these materials. Dealing with flexible or rigid films, packaging is a potential application because of the material transparency and the oxygen-barrier properties. In the present work, dynamic mechanical properties of polyester–montmorillonite nanocomposite thick films, prepared by the in situ intercalative polymerization method, were evaluated in a tensile mode. A fast fabrication procedure was chosen according to industrial applications and tensile DMA results permitted to study the interaction between nanofiller and matrix. Surface coatings are used in different engineering applications, from scratch-resisting coatings to thermal barriers. Nanocomposites have the potential for being high-performance coatings. As surface damage and interfacial failure may affect the final coating performances, the reliable characterisation of the coated film strength is critical. Recent scientific contributions mainly deal with the nanoindentation of nanocomposite coatings or bulk materials. In this work the use of instrumented macro-indentation is suggested for mechanical characterization of polyester–montmorillonite nanocomposite coatings deposited on aluminium and high-density polyethylene substrates by the spin coating method. Macro-indentation is less sensitive to material non-homogeneities and provides reliable information about the coating strength. Moreover, the sample preparation is less critical than for nanoindentation. In the appendix a particular instance of the use of macroindentation test is reported, instrumented macroindentation test was used to measure the effect of the local filler content in polymer functional graded materials . After the study of nanocomposite coatings and films, the study of bulk nunocomposites was performed to investigate the material beahviour. In fact, bulk samples exhibit different properties than coatings, moreover the study of bulk materials is easier and allow to deepen several scientific aspects. The combination of functional nanoparticles and foaming technology has generated a new class of lightweight, high strength, and multifunctional materials: the nanocomposite foams. Nowadays, the challenge is to find new fast and cheap production processes that are able to provide complex nanocomposite structures on a large scale. A new foaming technology called ‘solid-state foaming’ has recently been developed to foam thermosetting materials without using any external agent. This new technology is very easy and special equipments are not necessary. In the present work, this method was used for fabricating nanocomposite foams. Nowadays, the development of advanced materials for tribological purposes is becoming a pressing demand of manufacturing industries. Polymer-based composites have the capability of operating for a long time without lubrication in conditions of cryogenic and elevated temperatures. Components, such as gears and cams are typically produced by injection molding of thermoplastic matrix composites. In fact, the ease and economics of manufacturing complex parts by injection molding are well recognized, but the effect of the injection molding process on the bulk properties of nanocomposites is still under investigation. In this study, the author evaluated the tribological and mechanical behavior of neat and nanofilled functional polymers (PA6, PA66 and POM) produced by injectiono moulding.
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Donati, Davide. "Valutazione numerica del comportamento di materiali compositi sottoposti ad impatti "near edge"". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9773/.

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Simulazione numerica con software Abaqus di impatti a bassa energia su laminati di fibra di carbonio con matrice epossidica per la previsione della formazione di delaminazioni interne. Confronto tra impatti centrali al provino e in prossimità del bordo.
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Ravaioli, Paolo. "Valutazione degli effetti dei parametri operativi nel processo di laser ablation su materiali compositi CFRP a matrice epossidica". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6944/.

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L’attività sperimentale presentata in questo elaborato riguarda lo studio di una particolare applicazione che impiega la tecnologia laser per la lavorazione di materiali compositi ed è stata interamente svolta, in particolar modo nella sua parte operativa, presso i laboratori della Facoltà di Ingegneria a Bologna. Il lavoro di tesi ha come obiettivo fondamentale la valutazione degli effetti che i parametri di processo possono avere sulla qualità risultante nel procedimento di ablazione per i materiali compositi. Per questa indagine sono stati utilizzati campioni piani (tutti identici tra loro) con rinforzo in fibra di carbonio e matrice in resina epossidica, i quali sono stati lavorati con un laser Nd:YAG (λ = 1064 nm) funzionante in regime continuo. L’idea alla base dell’intera attività sperimentale è stata quella di realizzare una ablazione ottimale, rimuovendo dai campioni esclusivamente la resina (in maniera locale) e tentando, allo stesso tempo, di ottenere il minimo danneggiamento possibile per le fibre. Le prove effettuate non costituiscono naturalmente un punto di arrivo, bensì rappresentano piuttosto un punto di partenza per acquisire informazioni preliminari che potranno consentire, nel prossimo futuro, di proseguire con il perfezionamento del processo e la messa a punto dei parametri, al fine di conseguire una lavorazione che dia risultati effettivamente ottimali ed interessanti per l’eventuale applicazione industriale.
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SIGNORINI, CESARE. "Materiali compositi avanzati a matrice inorganica per applicazioni strutturali: studio sperimentale del miglioramento delle proprietà di adesione all'interfaccia". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1200387.

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Negli ultimi decenni, la ricerca nel campo dei materiali da costruzione è stata oggetto di uno sviluppo straordinariamente rapido, che ha avuto una ricaduta sostanziale nella concezione e nella progettazione di nuovi edifici, dal design audace, elevate prestazioni meccaniche e basso impatto ambientale. D’altro canto, anche materiali da costruzione tradizionali come cemento e calce, grazie a molteplici interessanti proprietà meccaniche e fisico-chimiche, risultano tuttora non solo di diffuso impiego nella pratica, ma anche oggetto di ricerca avanzata in campo scientifico. Nel contesto delle tecnologie per il consolidamento ed il miglioramento sismico di edifici esistenti, attualmente largo impiego è riservato ai materiali compositi a fibra continua detti FRP (Fibre-Reinforced Polymer), divenuti tecnologia affidabile e consolidata, grazie ad un ricco background scientifico. Tuttavia, gli FRP presentano limitazioni di utilizzo nei casi in cui siano richieste caratteristiche termiche e chimico-fisiche specifiche. Sono quindi emerse di recente all'interesse delle comunità scientifica e tecnica nuove tipologie di compositi, identificate con gli acronimi FRCM (Fibre-reinforced Cementitious Matrix) and TRM (Textile-reinforced Mortar), che sostituiscono nella matrice il legante polimerico con malte a base calce o cemento. La struttura porosa e la natura idraulica delle malte permette di disporre di materiali ad elevate stabilità termica e permeabilità al vapor d’acqua e spiccata compatibilità con i substrati murari. L’aspetto critico di queste tecnologie innovative risiede nella scarsa adesione a livello di interfaccia fibra-matrice e nella difficoltà di ottenere una corretta impregnazione dei tessuti, a causa della granulometria della matrice. Questo aspetto implica l’innesco di modalità di crisi non controllabili, come lo scivolamento all'interfaccia o il cosiddetto “telescopic failure”, che non permettono di definire valori di progetto affidabili. Nella prima parte del lavoro, si mettono a punto e si caratterizzano nel dettaglio alcuni rivestimenti, di natura organica e inorganica, depositati su fibre di rinforzo strutturale al fine di migliorare il legame tra le due fasi del composito, oltre che a solidarizzare le fibre interne del multi-filamento per evitare scorrimenti differenziali rispetto alle fibre esterne. Si affrontano inoltre studi sperimentali per determinare la durabilità di tali tecnologie, essendo ad oggi la letteratura tecnica incompleta per quanto concerne la risposta meccanica dei TRM/FRCM in condizioni di esposizione ad ambienti aggressivi. Le campagne sperimentali su TRM sono caratterizzate da prove a trazione del composito e prove a flessione sul laminato applicato su substrato. Nella seconda parte del lavoro, il ruolo dell’adesione è studiato per una diversa categoria di materiali compositi strutturali a matrice cementizia, ovvero i cosiddetti FRC (Fibre-reinforced Concrete) rinforzati con fibre discontinue in polipropilene (PP). Il PP è caratterizzato da una elevata inerzia chimica, che lo rende refrattario ad instaurare legami chimici con altri materiali, come ad esempio il cemento. Nel presente lavoro si studiano due diversi trattamenti sulle fibre per migliorare l’adesione con la matrice cementizia per via chimica e la risposta meccanica è studiata tramite prove di estrazione (pull-out) e flessione, queste ultime realizzate su diverse scale dimensionali. I due trattamenti proposti e analizzati nel dettaglio (ricoprimento con nano-silice amorfa e etching a mezzo di soluzione aggressiva) contribuiscono in modo sostanziale all'incremento di tenacità dei compositi fibrorinforzati, attivando gruppi funzionali idrofili sulla superficie delle fibre in grado di legarsi con le molecole d’acqua del conglomerato.
Building materials have experienced an extraordinarily fast development in the last decades, extending the possibilities for new innovative constructions, with outstanding properties such as high mechanical performance, audacious architecture and low energy consumption. On the other hand, also traditional materials, like cementitious and lime-based systems, are worthy of accurate investigation in order to take advantage of their benefits, which have been exploited for centuries and are still largely employed in contemporary structures. In the context of seismic retrofitting and structural rehabilitation, nowadays the techniques based on Fibre Reinforced Polymers (FRP) are firmly established and very reliable, and yet they present some critical issues, since some specific physical and thermal requirements are not fully accomplished. Therefore, Textile Reinforced Mortar (TRM) or Fibre Reinforced Cementitious Mortar (FRCM) composites have encountered increasing interest in the scientific community as well as in the technical one. The innovation is the partial or complete substitution of the organic binder with lime-based and/or cementitious mortars, which play the role of embedding medium. The porous texture and the hydraulic nature of these inorganic mortars result in high thermal stability, reversibility, high permeability to water vapour and good compatibility with masonry substrates. The main drawback associated with lime and cement matrices is their intrinsic poor adhesion at the fabric-to-matrix interphase. The poor impregnation quality of the fabrics yarns is responsible for triggering undesirable failure modes (i.e. telescopic failure or interphase sliding), which lead to unreliable design values. In the first part of the present work, several techniques based on the deposition of engineered coatings for multifilament fabrics are proposed and extensively described and tested in order to improve the interphase adhesion and, at the same time, to strengthen the core filaments bond. Both inorganic and organic coatings on synthetic fibres are discussed and optimized. Special attention is paid to alkali resistant (AR) glass fabrics, which are the prevalent reinforcement for masonry panels due to their good mechanical properties combined with relatively low cost, which make them preferable to carbon or PBO. Besides, some durability issues are investigated for polymer-coated TRM. In fact, although two guidelines have been recently released, no exhaustive indications have been provided about the potential consequences of the exposure to aggressive environments on the mechanical response of TRM. To the aim, tensile and bending tests are performed on TRM composites. In the second part of the work, the role of interphase adhesion is investigated in a different category of inorganic composite materials, namely in Fibre Reinforced Concrete (FRC), that is commonly employed in industrial pavements. Discontinuous polypropylene (PP) fibres are proposed as dispersed reinforcement. Since PP is characterized by an outstanding chemical inertness, no adhesion is possible with the conglomerate. Thus, the adhesion can be increased through mechanical gripping by using PP fibres with a high surface roughness. Additionally, this research proposes two experimental activities to enhance the interphase adhesion chemically. The mechanical behaviour of the FRC composites is assessed through three-point bending tests at different dimensional scales and through pull-out tests. The two proposed treatments, i.e. deposition of a silica coating and etching with piranha solution, notably improve the toughness of the composite by activating hydrophilic functional groups that are able to bond to the water molecules in the cementitious conglomerate.
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AKRAM, MUHAMMAD YASIR. "Giunzione di compositi a matrice ceramica a base ossidica". Doctoral thesis, Politecnico di Torino, 2019. http://hdl.handle.net/11583/2751274.

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Gambirasi, Arianna <1970&gt. "La diffrazione degli elettroni retrodiffusi nello studio di materiali micro- e nano-strutturati in matrici eterogenee". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3000.

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Nella presente tesi la tecnica di diffrazione degli elettroni retrodiffusi (EBSD) è stata impiegata per lo studio di materiali cristallini di dimensioni sub-micrometriche in campioni complessi sia per il tipo di matrice sia per la morfologia del materiale, per i quali le tecniche analitiche convenzionali risultano inadeguate. Al fine di evidenziare potenzialità e limiti dell’EBSD sono stati scelti due campi di applicazione: lo studio dei materiali nel campo dei Beni Culturali e la caratterizzazione dei materiali nanostrutturati ottenuti con tecniche diverse di sintesi (metal organic chemical vapor deposition, MOCVD; sol-gel; elettrodeposizioni su superfici elettrodiche, ecc.). I risultati ottenuti hanno dimostrato che la tecnica EBSD rappresenta un valido strumento sia per lo studio di fasi cristalline in matrici eterogenee che per la caratterizzazione di materiali innovativi con morfologia complessa. La tecnica EBSD potrà sicuramente contribuire allo sviluppo di nuovi materiali nanostrutturati per i quali è fondamentale disporre di tecniche analitiche adeguate che consentano di caratterizzare con altissima risoluzione materiali sempre più ridotti dimensionalmente e al contempo sempre più complessi.
In this PhD dissertation the electron backscatter diffraction (EBSD) was used to study complex sub-micron sized crystalline materials with peculiar composition and/or morphology, for which the usual analytical techniques result unsuitable. To highlight potential and limitations of EBSD two application fields were explored: the study of Cultural Heritage's materials and the characterization of nanosctructured materials obtained by different synthesis techniques (metal organic chemical vapor deposition, MOCVD; sol-gel, electrodeposition on electrodes' surface; etc.). The results obtained by using EBSD both in the field of Cultural Heritage and Nanomaterials proved that it is a useful tool for the study of crystalline materials in heterogeneous matrices and for the characterization of innovative materials with complex morphology. In the next future the EBSD will contribute to the development and production of nanostructured materials for which it is essential to have suitable analytical techniques with high resolution, thus able to characterize materials with increasingly reduced size and more and more complex morphology.
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Paganini, Paganelli Umberto. "Rinforzo di resine epossidiche con grafene ed ossido di grafene come matrici per compositi". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/4952/.

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I materiali compositi a base di fibra di carbonio svolgono un ruolo fondamentale fra i materiali avanzati ad alte prestazioni. Nell’ottica di migliorare le proprietà di resine epossidiche impiegate come matrice per tali compositi, è stato studiato l’effetto che nanocariche come il grafene e l’ossido di grafene hanno sulle prestazioni di una resina commerciale.
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BADAGLIACCO, Dionisio. "ANALISI NUMERICA E SPERIMENTALE DELL’INFLUENZA DELLA QUALITA’ INTERFACCIALE SULLE PROPRIETA’ MECCANICHE DI MATERIALI COMPOSITI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/395126.

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L’analisi dell’interfaccia tra fibra e matrice è di fondamentale importanza per lo studio delle proprietà di materiali compositi innovativi e sostenibili per l’Ingegneria Civile. Il tema della ricerca ha previsto lo studio di compositi innovativi da impiegare nel settore industriale o dell’edilizia sostenibile ottenuti da materiali di scarto e/o naturali specialmente in termini di performance meccaniche (resistenza a flessione e compressione), fisiche (densità, porosità, assorbimento d’acqua per capillarità) e termiche (conducibilità termica, diffusività termica). Tali proprietà dipendono fortemente dall’interazione che si instaura tra i costituenti, intesi come fase dispersa (fibre o particelle) e fase continua (matrici organiche o inorganiche), nonché dalla percentuale, dalla distribuzione, dall’orientamento e dal grado di adesione. La ricerca ha in particolare riguardato lo studio di malte ottenute sfruttando risorse naturali e locali, come la canna comune (Arundo donax L.), la Disa (Ampelodesmos Mauritanicus), il Penniseto Allungato (Pennisetum Setaceum), e di scarto, come il fango di segagione che si produce a seguito del taglio e la lucidatura del marmo ed il vetro riciclato proveniente dalla raccolta differenziata. I risultati hanno dimostrato la forte influenza della percentuale e dell’aspect ratio della fibra di canna comune sulla tenacità post-frattura delle malte dalla percentuale e dalla lunghezza. In particolare la percentuale ottimale si colloca tra l’1 ed il 2% di fibra di lunghezza 12cm. La caratterizzazione sperimentale chimica e fisica dei materiali di scarto: fango di segagione, proveniente dagli impianti di taglio e lucidatura del marmo, e vetro, proveniente dalla raccolta differenziata, ha confermato la fattibilità di un loro utilizzo come materie prime per la formulazione di sistemi leganti moderatamente idraulici per uso non strutturale. Le fibre di Disa sono certamente da preferire rispetto alle fibre di Pennisetum come additivo di malte per la migliore compatibilità con la matrice inorganica dovuta sia alla migliore composizione chimica che soprattutto alle migliori caratteristiche morfologiche. Sulla base di queste evidenze sperimentali, in collaborazione con la Northumbria University di Newcastle (UK) si è approfondito lo studio di sistemi leganti ecosostenibili rinforzati con fibre di Disa con particolare riferimento verso gli aspetti morfologici e l’interazione tra i costituenti che ne influenzano i processi di presa ed indurimento. In particolare, si sono elaborate nuove tecniche per la caratterizzazione delle malte quali: l’analisi quantitativa XRD, che ha permesso di monitorare l’avanzamento della reazione di carbonatazione delle malte in funzione del contenuto di fibra mediante la quantificazione della corrispondente percentuale di portlandite e calcite; e la tecnica di osservazione delle superfici di frattura mediante allineamento e sovrapposizione di immagini (Stacking Images Technique), che permette di ottenere un’unica immagine interamente a fuoco e nitida della irregolare superficie di frattura del campione tramite elaborazione via software di diverse immagini parzialmente a fuoco. In questo modo, è possibile identificare l’effettiva distribuzione delle fibre nella matrice e calcolare il coefficiente di dispersione che può essere correlato alle proprietà fisiche e meccaniche delle malte. Per lo studio dell’influenza dell’interfaccia fibra-matrice sulle proprietà fisiche e meccaniche dei compositi, si sono valutate le proprietà fisiche e morfologiche della fibra in funzione dell’aspect ratio e valutandone anche l’effetto di opportuni trattamenti fisici e chimici. I risultati hanno evidenziato che l’aspect ratio influenza maggiormente le proprietà meccaniche dei compositi mentre i trattamenti modificano la compatibilità con la matrice. Di seguito è infine riportata una breve descrizione di ogni capitolo sviluppato nella tesi. • Capitolo 1: Descrizione della letteratura esistente, riguardante il ruolo delle fibre naturali in compositi a matrice organica ed inorganica, che ha motivato e spinto lo svolgimento dell’attività di ricerca che ha interessato il corso di Dottorato: • Capitolo 2: Analisi numerica e sperimentale dell’influenza dell’aggiunta di fibre di canna comune (Arundo donax) sulle proprietà a flessione di malte di biocalce; • Capitolo 3: Caratterizzazione fisica chimica e meccanica di un sistema legante moderatamente idraulico sostenibile ottenuto dal riutilizzo di materiali di scarto: fango di segagione e polvere di vetro riciclato; • Capitolo 4: Valutazione delle proprietà fisiche meccaniche e termiche di malte sostenibili da materiali di scarto e rinforzate con fibra naturale di Disa (Ampelodesmos Mauritanicus) per l’edilizia sostenibile; • Capitolo 5: Confronto tra 2 specie di piante locali: la Disa ed il più invasivo Penniseto Allungato come possibili aggregati per malte a base di cemento; • Capitolo 6: Conclusioni e sviluppi futuri.
The analysis of the interface between fiber and matrix is ​​of fundamental importance for the study of the properties of innovative and sustainable composite materials for Civil Engineering. The research topic involved the study of innovative composites to be used in the industrial or sustainable construction sector obtained from waste and/or natural materials especially in terms of mechanical performance (flexural strength and compression), physical (density, porosity, water absorption by capillarity) and thermal (thermal conductivity, thermal diffusivity). These properties depend on the interaction that occurs between the constituents, intended as the dispersed phase (fibers or particles) and continuous phase (organic or inorganic matrices), as well as the percentage, distribution, orientation and degree of adhesion. The research in particular concerned the study of mortars obtained by exploiting natural and local resources, such as the common reed (Arundo donax L.), the diss (Ampelodesmos Mauritanicus), the crimsonn fountaingrass (Pennisetum Setaceum), and waste, such as the sawing mud that is produced by the cutting and polishing of marble and recycled glass from separate collection. The results demonstrated the strong influence of the percentage and the aspect ratio of the common reed fiber on the post-fracture toughness of the mortars by percentage and length. In particular, the optimal percentage is between 1 and 2% of fiber length 12cm. The experimental chemical and physical characterization of waste materials: sawing mud, coming from marble cutting and polishing plants, and glass, coming from separate collection, confirmed the feasibility of using them as raw materials for the formulation of binding systems moderately hydraulic for non-structural use. Diss fibers are certainly to be preferred over crimsonn fountaingrass fibers as a mortar additive for the best compatibility with the inorganic matrix due to both the best chemical composition and above all the best morphological characteristics. On the basis of these experimental evidences, in collaboration with the Northumbria University of Newcastle (UK), the study of eco-sustainable binding systems reinforced with diss fibers has been deepened with particular reference to the morphological aspects and the interaction between the constituents that influence the setting and hardening processes. In particular, new techniques were developed for the characterization of the mortars such as: the XRD quantitative analysis, which made it possible to monitor the progress of the carbonation reaction of the mortars according to the fiber content by quantifying the corresponding percentage of portlandite and calcite; and the technique of observation of fracture surfaces by aligning and superimposing images (Stacking Images Technique), which allows to obtain a single fully focused and sharp image of the irregular fracture surface of the sample through software processing of several images partially in focus. In this way, it is possible to identify the effective distribution of the fibers in the matrix and calculate the dispersion coefficient that can be related to the physical and mechanical properties of the mortars. For the study of the influence of the fiber-matrix interface on the physical and mechanical properties of composites, the physical and morphological properties of the fiber were assessed according to the aspect ratio and also assessed the effect of appropriate physical and chemical treatments. The results showed that the aspect ratio most influences the mechanical properties of the composites while the treatments modify the compatibility with the matrix. Finally, a brief description of each developed chapter is given below in the thesis. • Chapter 1: Description of the existing literature, concerning the role of natural fibers in organic and inorganic matrix composites, which motivated and encouraged the research activity that involved the Doctoral course: • Chapter 2: Numerical and experimental analysis of the influence of the addition of common reed fibers (Arundo donax) on the flexural properties of biolime mortars; • Chapter 3: Physical, chemical and mechanical characterization of a moderately hydraulic sustainable binder system obtained from the reuse of waste materials: sawing mud and recycled glass powder; • Chapter 4: Evaluation of the physical, mechanical and thermal properties of mortars sustainable from waste materials and reinforced with natural diss fiber (Ampelodesmos Mauritanicus) for sustainable construction; • Chapter 5: Comparison between 2 species of local plants: the diss and the more invasive crimsonn fountaingrass as possible aggregates for cement-based mortars; • Chapter 6: Conclusions and future developments
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Favazza, Emilio Simone. "Studio di compositi per stampa 3D a matrice termoplastica rinforzati con fibre di carbonio riciclate". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23232/.

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In questo lavoro di tirocinio si sono caratterizzati compositi a matrice termoplastica rinforzati con fibre di carbonio. Le fibre di carbonio impiegate per le differenti formulazioni sono fibre vergini e fibre ottenute tramite un processo di piro-gassificazione di compositi di scarto, quindi riciclate. Questo progetto di ricerca ha come obiettivo quello di validare l’utilizzo delle fibre di carbonio riciclate, per l’ottenimento di compositi per stampa 3D, andando a confrontare le proprietà dei compositi con fibre vergini. Come matrici termoplastiche si è scelto di utilizzare l’acido polilattico (PLA) che è uno dei materiali più comunemente impiegati per la stampa 3D, e polipropilene (PP) che essendo facilmente riciclabile potrebbe portare alla formulazione di un materiale composito interamente da riciclo. Le proprietà termiche sono state determinate mediante analisi DSC e TGA ed è stato determinato il CTE dei materiali. Le proprietà meccaniche sono state analizzate attraverso DMA e prove di trazione.
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Mameli, Pier Luca <1969&gt. "Problemi di consolidamento di matrici lapidee di differente microstruttura esposte a sollecitazioni ambientali e microclimatiche di varia origine". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4824/1/Mameli_PierLuca_tesi.pdf.

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Questa ricerca presenta i risultati di una indagine volta a verificare la reale efficacia di rinforzo corticale su rocce carbonatiche di differenti caratteristiche mineralogiche, utilizzando consolidanti inorganici in soluzione acquosa quali l’Ossalato Ammonico (AmOX) e il Diammonio Fosfato Acido (DAHP). Le matrici carbonatiche scelte sono quelle del marmo invecchiato e una biomicrite. Sui campioni sono state effettuate indagini (SEM,MIP,XRD,MO,TG-DTA) di caratterizzazione prima e dopo i trattamenti volte a valutare eventuali effetti di rinforzo e misure fisiche di suscettività all’acqua. L’efficacia dei consolidanti inorganici è stata comparata con diversi consolidanti organici e ibridi presenti in commercio ed utilizzati in ambito conservativo. L'efficacia si è mostrata fortemente legata al fabric del materiale e alle modalità di strutturazione del prodotto di neomineralizzazione all’interno della compagine deteriorata. Nel caso del trattamento con AmOx il soluzione acquosa al 4%, la whewellite è l’unica fase di neoformazione riscontrata; la sua crescita avviene con un meccanismo essenzialmente topochimico. Nei materiali carbonatici compatti si possono ottenere solo modesti spessori di coating di neoformazione; per le rocce porose, contenenti difetti come lesioni, pori o micro-fratture, l’efficacia del trattamento può risultare più incisiva. Questo trattamento presenta lo svantaggio legato alla rapidissima formazione dei cristalli di whewellite che tendono a passivare le superfici impedendo la progressione della reazione; il vantaggio è connesso alla facile applicazione in cantiere. Nel caso del DAHP sulla matrice carbonatica trattata, si formano cluster cristallini contenenti specie più o meno stabili alcune riconducibili all’idrossiapatite. La quantità e qualità delle fasi, varia fortemente in funzione della temperatura, pH, pressione con conseguenze interferenza nelle modalità di accrescimento dei cristalli. Il trattamento alla stato attuale appare comunque di notevole interesse ma allo stesso tempo difficilmente applicabile e controllabile nelle reali condizioni operative di un cantiere di restauro.
We present the results of a survey aimed at assessing the actual effectiveness of a cortical reinforcement over carbonate rock, using as inorganic consolidants in an aqueous solution the ammonium oxalate (AmOx) and diammonium phosphate acid (DAHP). We chose the carbonate matrix of a marble naturally degraded, and a biomicritic stone with poor physical and mechanical qualities. We carried out over the samples several characterisation exams (SEM,MIP,XRD,MO,TG-DTA) before and after the treatments, aimed at evaluating possible reinforcement effects and physical measures of susceptibility to water. We compared the effectiveness of inorganic consolidants against several organic and hybrid consolidants sold on the market. The relative effectiveness of these treatments is strongly bounded both to the structure of the material and to the structuring of the neomineralisation in the deteriorated structure. Regarding the treatment with AmOx (aq) of weight 4%, the whewellite was the only new formation phase found, and its growth takes part in a topochemical process. In compact materials, it is only possible to obtain small depths of new formation coating, while in porous and deteriorated rock with ruptures and micro-fractures, the treatment results in a more effective reinforcement. This treatment has its disadvantages in the extremely quick formation of whewellite crystals tending to passivate the surfaces and to impede the reaction progression. As an advantage it can be easily used on the working site. Regarding the DAHP, crystalline clusters are formed over the carbonate matrix, and they contain species referable to the hydroxiapatite. The quantity and quality of the phases changes greatly depending on temperature, pH, pressure, and, as a result, the phase of crystal-increase is modified. At this stage the treatment appears to be of great interest but at the same time it is hard to use it and control it in a real working site.
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Mameli, Pier Luca <1969&gt. "Problemi di consolidamento di matrici lapidee di differente microstruttura esposte a sollecitazioni ambientali e microclimatiche di varia origine". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4824/.

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Questa ricerca presenta i risultati di una indagine volta a verificare la reale efficacia di rinforzo corticale su rocce carbonatiche di differenti caratteristiche mineralogiche, utilizzando consolidanti inorganici in soluzione acquosa quali l’Ossalato Ammonico (AmOX) e il Diammonio Fosfato Acido (DAHP). Le matrici carbonatiche scelte sono quelle del marmo invecchiato e una biomicrite. Sui campioni sono state effettuate indagini (SEM,MIP,XRD,MO,TG-DTA) di caratterizzazione prima e dopo i trattamenti volte a valutare eventuali effetti di rinforzo e misure fisiche di suscettività all’acqua. L’efficacia dei consolidanti inorganici è stata comparata con diversi consolidanti organici e ibridi presenti in commercio ed utilizzati in ambito conservativo. L'efficacia si è mostrata fortemente legata al fabric del materiale e alle modalità di strutturazione del prodotto di neomineralizzazione all’interno della compagine deteriorata. Nel caso del trattamento con AmOx il soluzione acquosa al 4%, la whewellite è l’unica fase di neoformazione riscontrata; la sua crescita avviene con un meccanismo essenzialmente topochimico. Nei materiali carbonatici compatti si possono ottenere solo modesti spessori di coating di neoformazione; per le rocce porose, contenenti difetti come lesioni, pori o micro-fratture, l’efficacia del trattamento può risultare più incisiva. Questo trattamento presenta lo svantaggio legato alla rapidissima formazione dei cristalli di whewellite che tendono a passivare le superfici impedendo la progressione della reazione; il vantaggio è connesso alla facile applicazione in cantiere. Nel caso del DAHP sulla matrice carbonatica trattata, si formano cluster cristallini contenenti specie più o meno stabili alcune riconducibili all’idrossiapatite. La quantità e qualità delle fasi, varia fortemente in funzione della temperatura, pH, pressione con conseguenze interferenza nelle modalità di accrescimento dei cristalli. Il trattamento alla stato attuale appare comunque di notevole interesse ma allo stesso tempo difficilmente applicabile e controllabile nelle reali condizioni operative di un cantiere di restauro.
We present the results of a survey aimed at assessing the actual effectiveness of a cortical reinforcement over carbonate rock, using as inorganic consolidants in an aqueous solution the ammonium oxalate (AmOx) and diammonium phosphate acid (DAHP). We chose the carbonate matrix of a marble naturally degraded, and a biomicritic stone with poor physical and mechanical qualities. We carried out over the samples several characterisation exams (SEM,MIP,XRD,MO,TG-DTA) before and after the treatments, aimed at evaluating possible reinforcement effects and physical measures of susceptibility to water. We compared the effectiveness of inorganic consolidants against several organic and hybrid consolidants sold on the market. The relative effectiveness of these treatments is strongly bounded both to the structure of the material and to the structuring of the neomineralisation in the deteriorated structure. Regarding the treatment with AmOx (aq) of weight 4%, the whewellite was the only new formation phase found, and its growth takes part in a topochemical process. In compact materials, it is only possible to obtain small depths of new formation coating, while in porous and deteriorated rock with ruptures and micro-fractures, the treatment results in a more effective reinforcement. This treatment has its disadvantages in the extremely quick formation of whewellite crystals tending to passivate the surfaces and to impede the reaction progression. As an advantage it can be easily used on the working site. Regarding the DAHP, crystalline clusters are formed over the carbonate matrix, and they contain species referable to the hydroxiapatite. The quantity and quality of the phases changes greatly depending on temperature, pH, pressure, and, as a result, the phase of crystal-increase is modified. At this stage the treatment appears to be of great interest but at the same time it is hard to use it and control it in a real working site.
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Prokofyeva, Evgeniya. "The application of diffusion gradient method (DGT) for ecological risk assessment of natural and artificial matrixes". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2015. http://hdl.handle.net/11566/243013.

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Il lavoro presenta le attività condotte per studiare, nell'ambito della valutazione di rischio ambientale, un metodo che descriva quantitativamente la mobilità di inquinanti organici persistenti nella fase solida del suolo e dei sedimenti. Il lavoro ha implicato la progettazione e la realizzazione di una sonda passiva in grado di campionare per diffusione le molecole organiche (Organic Diffusive Probe, ODP). La sonda ODP riproduce le condizioni necessarie per attuare la tecnica del gradiente diffusivo su strato sottile (Diffusion Gradients in Thin-film, DGT) ed è stata progettata adattando lo schema della sonda DGT, originarialmente pensata per il campionamento dei metalli pesanti. Le principali modifiche sono quelle relative ai materiali utilizzabili, come recettori dei contaminanti e come riempimento dello strato diffusivo, e all'aspetto esteriore della sonda. La sonda è stata calibrata usando carbone attivo come materiale recettore. Quindi, sono stati studiati sia l'influenza della geometria della sonda (rapporto superficie/spessore diffusivo) che quella dei parametri chimicofisici del suolo sull'adsorbimento degli inquinanti organici. È stata anche presa in esame l'influenza delle diverse concentrazioni di inquinante a parità di suolo e di suoli con diverse proprietà chimicofisiche a parità di concentrazione inquinante. I risultati mostrano la fattibilità dell'applicazione della tecnica DGT alla valutazione del rischio ambientale da inquinanti organici persistenti. La ricerca ha infine preso in considerazione l'applicazione della sonda su due casi studio di suolo e sedimento. Il primo ha esaminato campioni di suolo provenienti dal sito contaminato dell'impianto di coke della Novolipetsk Steel. Nel secondo la tecnica DGT è stata applicata all'analisi di Idrocarburi Policiclici Aromatici su sedimenti marini dell'Adriatico. I risultati confermano la possiblità di applicare la sonda per la misura della frazione organica labile nel suolo e nel sedimento.
This work is devoted to describing the activities performed to test a method for measuring the mobility of persistent organic pollutants in the solid phase of soils or sediments within the context of environmental pollution risk assessment. The method is based on the design of a new probe for the passive sampling of organic pollutant in soils. The probe, namely an organic diffusive probe (ODP), was prepared to reproduce diffusion gradients in thin-films (DGT). The new probe is designed by adapting DGT, originally meant for heavy metals, to organic molecules. The main modifications relate to: the material suitable as organic pollutant receptor; the shape of the overall testing device and the materials filling the probe. The ODP was calibrated with activated carbon as a receptor material. Moreover, the influence of geometric characteristics of the probe and the influence of different physicochemical soil parameters on adsorption of organic pollutants were studied. Furthermore, were investigated influences of different concentration of pollutant in samples from one type of soil and the same concentration of the pollutant in samples with different physiochemical properties. Results from ODP experiments showed the feasibility of application of the diffusion gradient for environmental risk assessment of pollution by organic compounds. Further research has been focused on practical applications of the diffusion gradient method. The study included the testing of the principle of diffusion gradient on soil samples from coke production site, Novolipetsk Steel company. The latest work has been concentrated on analysing diffusion processes of polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) in sediments of the Adriatic Sea. These results confirm the possibility of applying such adopted configurations of the passive probe that is able to measure the labile fraction of organic pollutants in soils and sediments.
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Mantovani, Federica. "Studio di nanocomposti a matrice epossidica per impieghi industriali nel settore di Coating. Analisi delle relazioni tra caratteristiche morfologiche, proprietà reologiche e prestazioni". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425512.

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The PhD work was focused on epoxy matrices nanocomposite systems. Their preparation methods were optimised according to the matrix, filler and organic modifier characteristics. The nanocomposites were studied on the rheological and morphological point of view, with the aim of looking for the relationships correlating structural characteristics of the materials in their fluid phase before crosslinking and their behaviour under flow and small deformation as well. A variety of rheological behaviours was observed, according to the dispersion and intercalation/exfoliation features of the polymer hosted inside the nanofiller lamellae, for both phyllosilicates and metal hydroxides. In more detail, prepolymer nanocomposites containing high aspect ratio lamellae exhibit strong deviations from Newtonian behaviour: such a kind of rheological response was typically observed in the case of structures either exfoliated or intercalated with large interplanar distances and few layers per tactoid. Such deviations occur for sufficiently high dispersed phase concentrations, exceeding a critical value that can be interpreted as the achievement of the percolation threshold. It moves to progressively smaller concentration values with increasing aspect ratio of the lamellar particles dispersed throughout the polymeric matrix. These systems become more and more structured with increasing disperse phase concentration tending to exhibit a solid-like behaviour, as it was highlighted by the oscillatory tests carried out under linear conditions. In particular, the storage modulus G' tends to becomes almost independent of frequency in the low frequency region, as it happens for some thermoplastic nanocomposites described in literature. Moreover, these structured systems exhibit complex rheological properties which are strongly dependent on the previous mechanical history. Indeed, high shear conditions can lead to substantial orientation and/or alignment of nanofiller lamellae in the flow direction, and such shear-induced structural effects result into partially reversible responses. The dependence of the viscosity on the shear stress or, equivalently, on the shear rate, were compared with different models, having different complexity and fitting capability. They were also used for implementing the duct flow simulations and for estimating the relevant macroscopic parameters, in view of possible technological applications. As it happens for the rheological responses, also the dielectrical performances of nanocomposites are related to their morphology, as well as to the individual characteristics of the components. In some cases neat transitions are noticed in correspondence of the percolation threshold. The characterisation carried out on intercalated nanocomposites prepared with mica nanofillers in alternate current, with increasing voltage, demonstrated dielectrical losses reduction and, particularly, a minor occurrence of partial discharges. Conversely, the performances exhibited by exfoliated nanocomposites resulted poorer than those of the polymeric matrix, in terms of volumic and surface resistivities, dielectrical losses and polarization effects.
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HAMPAI, DARIUSH. "Metodologie per la rivelazione e il riconoscimento di impurezze solide mediante sorgenti X : caratterizzazione di materiali complessi con applicazione al caso della matrice solida dell'acqua". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/982.

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I ghiacciai sono un naturale sistema di immagazinamento di dati climatologici, che consente attraverso le precipitazioni di raccogliere in serie temporalmente ordinate le particelle provenienti dalla circolazione atmosferica. A questo proposito, l'identificazione di polvere mineralogia svolge un ruolo chiave. In questa tesi, partecipo ad un esperimento preliminare di spettroscopia di assorbimento X (XAS) di minerali di polvere estratte da carote di ghiaccio antartico e alpino sulla soglia del Fe. Nella tesi viene descritta una camera sperimentale da alto vuoto, progettata e realizzata per lo studio della fluorescenza e assorbimento X anche ad incidenza radente. Presso lo Stanford Synchrotron Radiation Lightsource (SSRL), sono state effettuate misure di fluorescenza e assorbimento X di materiali a bassissime concentrazioni. I risultati mostrano che questa tecnica sperimentale permette il riconoscendo di inclusioni di ferro (dell'ordine di 1-10 ug) nel particolato insolubile . Inoltre, presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN, con il mio contributo è stato progettato, sviluppato e realizzato, un sistema di micro-spettroscopia, discusso nella tesi, al fine di raggiungere una mappatura di micro-fluorescente X (uXRF) con una risoluzione spaziale di chi 100x100 um. Questo apparecchio permette anche di effettuare "Imaging" (con radiazione non coerente), per mezzo di un ingrandimento del settore in analisi mediante lenti rifrazione (CRL).
Aeolian mineral dust archived in polar and mid latitude ice cores represents a precious proxy for assessing environmental and climatic variations at different timescales. In this respect, the identification of dust mineralogy plays a key role. In this thesis, I partecipate in preliminary X-ray absorption spectroscopy (XAS) experiments on mineral dust particles extracted from Antarctic and from Alpine firn cores at the Fe K-edge. A dedicated high vacuum experimental chamber was set up for normal-incidence and X-Ray Fluorescence (normal and total-reflection configuration) and Absorption Spectroscopy analyses on minor amounts of mineral materials at the Stanford Synchrotron Radiation Lightsource. Results show that this experimental technique and protocol allows recognizing iron inclusion mineral fraction on insoluble dust in the 1-10 ug range. Moreover, at the "Laboratori Nazionali di Frascati" of INFN, with my contribution has been designed, developed and done, a system of micro-spectroscopy, discussed in the thesis, in order to achieve a mapping in micro-fluorescent X (uXRF) with a spatial resolution of about 100x100 um. This apparatus allows also to carry "imaging" (with radiation not coherent), by means of a magnification of the area in analysis by means of lenses refractive (CRL).
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Montanari, Federico. "Ricerca di un diluente reattivo alternativo allo stirene in resine uretano-acrilato per la fabbricazione di materiali compositi". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14397/.

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In questo elaborato è presentato uno studio che riguarda lo sviluppo di nuovi materiali compositi fibro-rinforzati a matrice uretano-acrilato termoindurente. Lo studio è basato sulla ricerca di un diluente reattivo alternativo a stirene e vinil toluene, attualmente utilizzati in industria, in grado di migliorare l’aspetto di sicurezza e pericolosità legato alla manipolazione e all’utilizzo dei diluenti, mantenendo o migliorando le proprietà finali della resina. I diluenti selezionati sono circa 30, in base a indicazioni di pericolo EH&S, proprietà chimico fisiche, funzionalità e odore. Sono stati caratterizzati sia i diluenti reattivi puri che i rispettivi formulati uretano acrilato formati da resina addizionata di diluente reattivo. Le proprietà studiate sono state: reattività e comportamento reologico (viscosità e gel time), temperatura di transizione vetrosa (Tg), assorbimento d’acqua, ritiro volumetrico e proprietà meccaniche di resistenza a flessione (3-point bending) e impatto (Charpy). Sulla base dei risultati di screening, sono stati selezionati i diluenti reattivi più performanti e sono stati utilizzati per creare materiali compositi a matrice uretan acrilato rinforzati con fibra di vetro unidirezionale, ottenuti con tecnica di infusione sotto vuoto. Infine sono state caratterizzate le proprietà dei materiali compositi per valutarne la resistenza a flessione, a trazione, all’impatto, l’interlaminar shear strenght (ILSS) e l’assorbimento d’acqua.
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DEL, GAUDIO COSTANTINO. "Sviluppo di substrati elettrofilati per la rigenerazione di valvole cardiache e studio preliminare di matrici nanoibride per l'ingegneria del tessuto nervoso". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/510.

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L’ingegneria dei tessuti rappresenta un fertile campo di ricerca per lo sviluppo di dispositivi innovativi in grado di andare oltre i limiti associati alle protesi convenzionali e in grado di fornire specifiche caratteristiche che favoriscano una positiva integrazione con l’organismo, adattandosi alle modificazioni fisiologiche di quest’ultimo. Diversi sono i biomateriali e le tecniche di produzione attualmente in studio; in questo contesto l’impiego di polimeri bioriassorbibili, processabili mediante elettrofilatura, sembra rappresentare un approccio di sicuro interesse. La caratteristica struttura di network fibroso, risultato di tale metodica, fornisce una promettente prospettiva applicativa per l’ingegneria dei tessuti. Tale architettura replica infatti la naturale struttura tridimensionale della matrice extracellulare, elemento altamente dinamico necessario per l’integrità e le funzioni metaboliche dei tessuti. Lo studio evidenzia l’importanza di una specifica architettura dei supporti prodotti sulla risposta cellulare, in particolare il confronto di matrici elettrofilate di policaprolattone con proprietà meccaniche e strutturali simili, ma con diversa dimensione delle fibre e dei pori ha permesso di osservare come fibre micrometriche favoriscano l’attività di cellule endoteliali umane da vena di cordone ombelicale, rispetto al caso di fibre sub-micrometriche. Una simile architettura è stata quindi riprodotta per la realizzazione di protesi di valvole cardiache bioriassorbibili. La funzionalità dei dispositivi proposti è stata valutata mediante duplicatore di impulsi e indagine cinematografica; le differenze nelle condizioni sperimentali di deposizione sono state quindi discusse alla luce dei risultati acquisti. Sono state inoltre realizzate matrici nanoibride elettrofilate impiegando sia nanofibre che nanotoubi di carbonio e valutandone le caratteristiche morfologiche risultanti e le proprietà meccaniche. Data la particolare natura del filler considerato, è stata condotta anche una caratterizzazione elettromagnetica con lo scopo di mettere in luce le variazioni delle proprietà di conducibilità dei nanoibridi in funzione della concentrazione del filler stesso. Come ulteriore risultato, per ora preliminare, è stata infine valutata la possibilità di proporre un modello in vitro di barriera emato-encefalica seminando su entrambi i lati della matrice elettrofilata cellule endoteliali da microcircolo cerebrale di ratto e astrociti. Tale studio si inquadra come naturale prosecuzione del presente lavoro, essendo ampiamente discussa la variazione di permeabilità della barriera emato-encefalica quando esposta a determinati campi elettromagnetici.
Tissue engineering can be regarded as a promising approach for the development of novel prosthetic devices able to overcome the intrinsic limitations of currently implanted prostheses. Moreover, a positive response can be promoted, showing a potential adaptation of the device to the host modifications. Several biomaterials and production techniques are considered, although the optimal strategy to address this issue is still lacking. In this scenario bioresorbable polymers processed by electrospinning seem to furnish valuable results. The typical non-woven structure, as resulted of the above mentioned process, can lead to an applicative perspective for tissue engineering, resembling the natural three-dimensional structure of the extra-cellular matrix, necessary for the integrity and metabolic functions of tissues. This study shows the influence of scaffold architecture on cell response; the comparison of electrospun poly(ε-caprolactone) membranes with similar mechanical and structural properties, but different fiber and pore sizes highlighted micrometric fibers as a better environment for human umbilical vein endothelial cells with respect to sub-micrometric ones. A similar architecture was reproduced for bioresorbable heart valve prostheses. The functional assessment of the proposed devices was investigated by means of pulse duplicator and cinematographic analysis; different experimental electrospinning conditions were discussed starting from the acquired results. Electrospun nanohybrids were also produced and characterized using carbon structures (carbon nanofibers or carbon nanotubes) as fillers. Due to the electrical properties of the filler, an electromagnetic characterization was also addressed in order to investigate the relationship between conductivity and filler concentration. Finally, electrospun mats were evaluated as an in vitro model of the blood brain barrier seeding rat cerebro-microvascular endothelial cells and hyppocampal astrocytes on both sides of the mats. These topics represent the future development of this work, being the modification of permeability of the blood brain barrier exposed to electromagnetic fields still debated.
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BARBIERI, VIRGINIA. "Scarti cerealicoli: una risorsa rinnovabile e sostenibile per il settore edilizio". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1200735.

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Il grano è il più comune cereale impiegato in tutto il mondo. In Unione Europea, la quantità di scarto ottenuto dalla sua lavorazione è stimata a circa 10 milioni di tonnellate nel 2020. Attualmente non esiste una precisa strategia che preveda il recupero di questo sottoprodotto, il cui smaltimento, spesso incontrollato, provoca forti problemi ambientali. Recentemente, numerosi progetti finanziati dalla UE hanno evidenziato le possibilità di impiegare scarti agricoli nel settore edilizio, senza tuttavia prendere in considerazione uno dei principali sottoprodotti dalla lavorazione del grano: la lolla. Sebbene i materiali attualmente impiegati per l'isolamento termico dell'involucro edilizio abbiano prestazioni eccellenti, essi sono sintetici (polistirene estruso, polistirene espanso, schiuma di poliuretano, ecc.). Al contrario, i cosiddetti biocompositi sono eco-sostenibili. Tra questi, il più comune sul mercato è il calce-canapulo, ottenuto dalla combinazione della parte legnosa dello stelo di canapa e un legante a base di calce idrata e/o idraulica. Tale materiale ha buone proprietà di isolamento termico (0,05-0,12 W/(m*K)), eccellenti valori di Moisture Buffer e proprietà acustiche. Un'alternativa, ai leganti a base di calce calcica, sono i cementi magnesiaci. Il presente lavoro è finalizzato all'impiego della lolla di grano per lo sviluppo di un materiale isolante in alternativa al calce-canapulo. In tale contesto, sono state combinate le esigenze di due settori produttivi trasformando un materiale di scarto agro-industraiale in risorsa per l’edilizia. I risultati delle caratterizzazioni iniziali degli scarti di grano hanno mostrato valori di conducibilità termica (0,05 W / (mK)) e Moisture Buffer Value (2,06 g / (m2.% RH )) paragonabili al canapulo. Dunque, tale scarto è stato considerato una valida alternativa come riempitivo leggero per realizzare biocompositi. In successive indagini, il biocomposito a base di lolla e calce è stato preparato e confrontato con il canapulo-calce. Nonostante la maggiore densità apparente del primo, la porosità totale (circa 80%) e la conducibilità termica (0,09 W /(m.K)) sono simili per entrambi i biocompositi. Prestazioni meccaniche leggermente inferiori sono state riscontrate per il composito contente la lolla (~ 0,20 MPa) rispetto all’equivalente con canapulo (0,24 MPa), ciò è stato attribuito alla minore adesione riempitivo-legante. Al fine di ottenere un materiale con migliori prestazioni meccaniche, il lavoro successivo è stato dedicato allo studio di un legante alternativo caratterizzato da una migliore compatibilità con il nuovo riempitivo vegetale. In particolare, è stato studiato un cemento magnesiaco, la cui presa e indurimento si basa sull'idratazione del MgO reattivo in presenza di MgSO4 e una farina vegetale. Il risultato è una microstruttura porosa complessa composta da fasi di magnesio ossisolfato a forma di ago e idrossido di magnesio. I biocompositi lolla-matrice magnesiaca e canapulo-matrice magnesiaca sono stati preparati e confrontati con i corrispondenti biocompositi a base di calce precedentemente studiati. Migliori prestazioni meccaniche sono state riscontrate per i compositi preparati con legante magnesiaco. Nel particolare, sono state osservate le più alte resistenze a compressione per i compositi preparati con la lolla. Indagini microstrutturali hanno dimostrato che sia la minore porosità che la maggiore adesione dello riempitivo con la fase legante sono responsabili delle migliori prestazioni meccaniche. Concludendo, questa ricerca di dottorato ha evidenziato la possibilità di utilizzare scarti di lavorazione del grano, senza pretrattamenti energivori, per lo sviluppo di materiali destinati all’isolamento termico in alternativa ai materiali isolanti tradizionali più inquinanti.
Wheat is the most common type of cereal used worldwide and the production of wheat husk waste from the refinement process is estimated to ca. 10 million tons in 2020 only in the EU. Since now, no well-defined recycling strategy exists and natural decomposition with the consequent production of polluting greenhouse gases is often the final destination of these materials. Recycling of agricultural by-products, in particular in the building sector, have recently been in focus through many EU-funded project. However, wheat husk has not yet been investigated. Although current thermal insulation materials have excellent performances, they are generally based on petroleum-derived raw materials (e.g. extruded polystyrene, expanded polystyrene, polyurethane foam, etc.). So-called bio based building material are more environmental-friendly alternatives, the most common one available on the market being lime hemp concrete. This material contains hemp hurds as filler and hydrated and/or hydraulic lime as binder. The material has good thermal insulation properties (0.05-0.12 W/m*K) and excellent moisture buffering and acoustic properties. An alternative to lime-based binders, having the same or even better green value, are magnesia-based ones. The present work was aimed to the design of wheat husk insulating material as potential alternative to hemp lime concrete. The idea was to combine the necessity of finding valid recycling alternative for wheat husk with the need of the building sector for environmental-friendly insulation materials. The results from initial physical characterizations of wheat husk showed a low dry thermal conductivity (ca. 0.05 W/(m.K)), comparable to hemp hurd, as well as good hygric regulation performances (MBV equal to 2.06 g/(m2.%RH)). Hence, the material was considered a viable alternative as filler in biocomposites. In subsequent investigations, lime wheat husk concrete was prepared and compared to a lime hemp concrete. Despite the higher dry apparent density of the former, the total porosity (around 80%) and dry thermal conductivity (ca. 0.09 W/(m.K)) were similar for both types of concrete. The somewhat lower mechanical performance of lime wheat concrete (~0.20 MPa) with respect to lime hemp concrete (0.24 MPa), although in line with those expected for infilling walls without load bearing requirements, was found to be due to lower adherence of wheat husk to the lime-based binder. In order to obtain a material with improved mechanical performance, subsequent work was dedicated to investigated an alternative binder with better compatibility with the novel vegetal filler. In particular, a magnesia-based cementitious materials was investigated. Setting and hardening of the investigated system relied on hydration of reactive MgO in the presence of MgSO4 and a vegetal flour leading to a complex porous microstructure composed of needle-shaped magnesium oxy sulfate cement phases as well as magnesium hydroxide with carbon uptake potential. Wheat husk magnesia concrete and hemp hurd magnesia concrete were prepared and compared to the corresponding lime-based materials previously investigated. Mechanically stronger composites were obtained with magnesia-based binder. In addition, the best mechanical performance was observed for composites containing wheat husk as filler. Microstructural investigations showed that both lower porosity and stronger adhesion of wheat husk aggregate with the binder phase are responsible for the improved mechanical performance. Concluding, the results obtained during this PhD research showed that direct utilization, i.e. without any energy-consuming pre-treatments, of wheat husk for the production of bio based building materials intended for thermal insulation purposes is a viable recycling option and a valid alternative/substitute for less environmental-friendly traditional insulation materials.
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Foschini, Lorenzo. "Studio della produzione di provini laminati manualmente per prove di caratterizzazione meccanica". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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I materiali compositi nascono dall'unione di due o più materiali differenti, che conferisce al prodotto finale proprietà superiori rispetto a quelle dei singoli. Grazie alle qualità dimostrate e all’intercambiabilità degli elementi costituenti, è stato possibile allargare il campo di utilizzo dei materiali compositi alla maggior parte dei settori dell’industria moderna; uno dei settori che maggiormente risente dell’influenza di questi materiali è il settore aereonautico, che, grazie all’implementazione di tecnologie, è riuscito ridurre drasticamente la presenza dei materiali convenzionali, ottimizzando le caratteristiche del velivolo stesso. In questo elaborato sono stati presi in considerazione i CFRP (carbon/epoxy) in configurazione cross-ply, approfondendone le procedure di corretta laminazione tramite una campagna sperimentale. L’obiettivo è stato produrre una serie di provini da sottoporre a verifiche di resistenza meccanica a compressione, sia in condizioni ottimali, sia simulando condizioni di service per mezzo di una serie d’impatti a basse velocità (BVID – Barely Visible Impact Damages). La laminazione e le procedure d’impatto si sono svolte presso il laboratorio hangar dell’università di Ingegneria e Architettura con sede a Forlì, nel quale è stato possibile effettuare un processo di laminazione in autoclave e compiere impatti centrali al provino e nelle prossimità del bordo. La caratterizzazione del materiale, sottoposto a prove di compressione, è stata effettuato tramite l’impiego di attrezzature all’avanguardia presso il centro di ricerca ENEA, Unità Tecnica Tecnologie dei Materiali di Faenza. Il seguente elaborato descrive i mezzi e le considerazioni necessarie per portare a termine l’attività sperimentale.
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PANTINI, SARA. "Analysis and modelling of leachate and gas generation at landfill sites focused on mechanically-biologically treated waste". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/203393.

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Despite significant efforts have been directed toward reducing waste generation and encouraging alternative waste management strategies, landfills still remain the main option for Municipal Solid Waste (MSW) disposal in many countries. Hence, landfills and related impacts on the surroundings are still current issues throughout the world. Actually, the major concerns are related to the potential emissions of leachate and landfill gas into the environment, that pose a threat to public health, surface and groundwater pollution, soil contamination and global warming effects. To ensure environmental protection and enhance landfill sustainability, modern sanitary landfills are equipped with several engineered systems with different functions. For instance, the installation of containment systems, such as bottom liner and multi-layers capping systems, is aimed at reducing leachate seepage and water infiltration into the landfill body as well as gas migration, while eventually mitigating methane emissions through the placement of active oxidation layers (biocovers). Leachate collection and removal systems are designed to minimize water head forming on the bottom section of the landfill and consequent seepages through the liner system. Finally, gas extraction and utilization systems, allow to recover energy from landfill gas while reducing explosion and fire risks associated with methane accumulation, even though much depends on gas collection efficiency achieved in the field (range: 60-90% Spokas et al., 2006; Huitric and Kong, 2006). Hence, impacts on the surrounding environment caused by the polluting substances released from the deposited waste through liquid and gas emissions can be potentially mitigated by a proper design of technical barriers and collection/extraction systems at the landfill site. Nevertheless, the long-term performance of containment systems to limit the landfill emissions is highly uncertain and is strongly dependent on site-specific conditions such as climate, vegetative covers, containment systems, leachate quality and applied stress. Furthermore, the design and operation of leachate collection and treatment systems, of landfill gas extraction and utilization projects, as well as the assessment of appropriate methane reduction strategies (biocovers), require reliable emission forecasts for the assessment of system feasibility and to ensure environmental compliance. To this end, landfill simulation models can represent an useful supporting tool for a better design of leachate/gas collection and treatment systems and can provide valuable information for the evaluation of best options for containment systems depending on their performances under the site-specific conditions. The capability in predicting future emissions levels at a landfill site can also be improved by combining simulation models with field observations at full-scale landfills and/or with experimental studies resembling landfill conditions. Indeed, this kind of data may allow to identify the main parameters and processes governing leachate and gas generation and can provide useful information for model refinement. In view of such need, the present research study was initially addressed to develop a new landfill screening model that, based on simplified mathematical and empirical equations, provides quantitative estimation of leachate and gas production over time, taking into account for site-specific conditions, waste properties and main landfill characteristics and processes. In order to evaluate the applicability of the developed model and the accuracy of emissions forecast, several simulations on four full-scale landfills, currently in operative management stage, were carried out. The results of these case studies showed a good correspondence of leachate estimations with monthly trend observed in the field and revealed that the reliability of model predictions is strongly influenced by the quality of input data. In particular, the initial waste moisture content and the waste compression index, which are usually data not available from a standard characterisation, were identified as the key unknown parameters affecting leachate production. Furthermore, the applicability of the model to closed landfills was evaluated by simulating different alternative capping systems and by comparing the results with those returned by the Hydrological Evaluation of Landfill Performance (HELP), which is the most worldwide used model for comparative analysis of composite liner systems. Despite the simplified approach of the developed model, simulated values of infiltration and leakage rates through the analysed cover systems were in line with those of HELP. However, it should be highlighted that the developed model provides an assessment of leachate and biogas production only from a quantitative point of view. The leachate and biogas composition was indeed not included in the forecast model, as strongly linked to the type of waste that makes the prediction in a screening phase poorly representative of what could be expected in the field. Hence, for a qualitative analysis of leachate and gas emissions over time, a laboratory methodology including different type of lab-scale tests was applied to a particular waste material. Specifically, the research was focused on mechanically biologically treated (MBT) wastes which, after the introduction of the European Landfill Directive 1999/31/EC (European Commission, 1999) that imposes member states to dispose of in landfills only wastes that have been preliminary subjected to treatment, are becoming the main flow waste landfilled in new Italian facilities. However, due to the relatively recent introduction of the MBT plants within the waste management system, very few data on leachate and gas emissions from MBT waste in landfills are available and, hence, the current knowledge mainly results from laboratory studies. Nevertheless, the assessment of the leaching characteristics of MBT materials and the evaluation of how the environmental conditions may affect the heavy metals mobility are still poorly investigated in literature. To gain deeper insight on the fundamental mechanisms governing the constituents release from MBT wastes, several leaching experiments were performed on MBT samples collected from an Italian MBT plant and the experimental results were modelled to obtain information on the long-term leachate emissions. Namely, a combination of experimental leaching tests were performed on fully-characterized MBT waste samples and the effect of different parameters, mainly pH and liquid to solid ratio (L/S,) on the compounds release was investigated by combining pH static-batch test, pH dependent tests and dynamic up-flow column percolation experiments. The obtained results showed that, even though MBT wastes were characterized by relatively high heavy metals content, only a limited amount was actually soluble and thus bioavailable. Furthermore, the information provided by the different tests highlighted the existence of a strong linear correlation between the release pattern of dissolved organic carbon (DOC) and several metals (Co, Cr, Cu, Ni, V, Zn), suggesting that complexation to DOC is the leaching controlling mechanism of these elements. Thus, combining the results of batch and up-flow column percolation tests, partition coefficients between DOC and metals concentration were derived. These data, coupled with a simplified screening model for DOC release, allowed to get a very good prediction of metal release during the experiments and may provide useful indications for the evaluation of long-term emissions from this type of waste in a landfill disposal scenario. In order to complete the study on the MBT waste environmental behaviour, gas emissions from MBT waste were examined by performing different anaerobic tests. The main purpose of this study was to evaluate the potential gas generation capacity of wastes and to assess possible implications on gas generation resulting from the different environmental conditions expected in the field. To this end, anaerobic batch tests were performed at a wide range of water contents (26-43 %w/w up to 75 %w/w on wet weight) and temperatures (from 20-25 °C up to 55 °C) in order to simulate different landfill management options (dry tomb or bioreactor landfills). In nearly all test conditions, a quite long lag-phase was observed (several months) due to the inhibition effects resulting from high concentrations of volatile fatty acids (VFAs) and ammonia that highlighted a poor stability degree of the analysed material. Furthermore, experimental results showed that the initial waste water content is the key factor limiting the anaerobic biological process. Indeed, when the waste moisture was lower than 32 %w/w the methanogenic microbial activity was completely inhibited. Overall, the obtained results indicated that the operative conditions drastically affect the gas generation from MBT waste, in terms of both gas yield and generation rate. This suggests that particular caution should be paid when using the results of lab-scale tests for the evaluation of long-term behaviour expected in the field, where the boundary conditions change continuously and vary significantly depending on the climate, the landfill operative management strategies in place (e.g. leachate recirculation, waste disposal methods), the hydraulic characteristics of buried waste, the presence and type of temporary and final cover systems.
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BROTZU, Andrea. "I materiali compositi a matrice di alluminio: struttura e comportamento alla frattura". Doctoral thesis, 1998. http://hdl.handle.net/11573/524785.

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Sono state studiate le strutture e le caratteristiche meccaniche con particolare riferimento alla meccancia della frattura (propagazione della cricca di fatica e tenacità) di 4 composti a matrice di alluminio e rinforzo ceramico discontinuo
microstructures and mechanical properties (fatigue crack growth rate and toughness) of 4 different alluminium Matrix composites have been studied
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De, Tommaso Giuseppe. "Lo stampaggio dei materiali compositi a matrice termoplastica per applicazioni aeronautiche: analisi tecnico-economica". Tesi di dottorato, 2007. http://www.fedoa.unina.it/2181/1/De_Tommaso_Ingegneria_Chimica_Materiali_Produzione.pdf.

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Iorfida, Antonio, Salvatore Critelli, Sebastiano Candamano e Fazio Piero De. "Sistemi di rinforzo FRCM:analisi sperimentale del comportamento strutturale, valutazione della durabilità e sviluppo di matrici innovative". Thesis, 2019. http://hdl.handle.net/10955/1789.

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Dottorato di Ricerca in Scienze e Ingegneria dell’Ambiente, delle Costruzioni e dell’Energia. Ciclo XXXI
L’impiego di compositi fibrorinforzati per il rinforzo e l’adeguamento sismico di strutture esistenti risulta una tecnologia sempre più utilizzata. Recentemente, ai sistemi di rinforzo in FRP (Fiber Reinforced Polymers), si sono affiancati sistemi basati sull’impiego di matrici di tipo inorganico, generalmente a base minerale, cementizia o di calce, identificati come FRCM (Fabric Reinforced Cementitious Matrix). I motivi che hanno favorito il rapido diffondersi dei sistemi a matrice inorganica, rispetto agli FRP, sono: una maggiore resistenza alle alte temperature, possibilità di applicazione su superfici umide, la permeabilità al vapore, reversibilità e compatibilità con il supporto. Essi inoltre consentono il rispetto dei criteri di conservazione richiesti nelle applicazioni per il patrimonio culturale. In questo contesto inoltre, la possibilità di utilizzare matrici alternative a quelle disponibili risulta di notevole interesse. A dispetto però della loro ampia diffusione, esistono a tutt’oggi informazioni non esaustive sulle problematiche di interfaccia su substrato in muratura, loro caratterizzazione meccanica, durabilità e applicazioni per il confinamento di colonne murarie. Il presente lavoro è pertanto finalizzato a fornire un ulteriore contributo per la caratterizzazione dei compositi FRCM. In particolare le attività sono state finalizzate a: 1) valutare il comportamento meccanico di sistemi di rinforzo in fibra di basalto a bassa (B2-FRCM) e ad alta densità (B4-FRCM) mediante prove a trazione e di aderenza a taglio di tipo diretto; 2) valutare il degrado delle prestazioni meccaniche di sistemi di rinforzo in fibra di basalto (B-FRCM) di cui al punto 1), in fibra di carbonio (C-FRCM) e in fibra di acciaio (S-FRCM) per effetto di trattamenti termici ad alta temperatura; 3) valutare l’efficacia del confinamento di colonne in muratura mediante sistemi di rinforzo B4-FRCM, S-FRCM e PBO-FRCM; 4) progettare una matrice inorganica innovativa appartenente alla famiglia dei leganti ad attivazione alcalina e valutarne l’impiego in sistemi fibrorinforzati. Il comportamento a trazione del sistema di rinforzo in fibra di basalto (B4-FRCM) è di tipo trilineare con una significativa estensione della fase di fessurazione, in conseguenza della sua particolare tessitura. Ciò comporta, una traslazione nell’attivazione delle proprietà meccaniche del rinforzo. Le prove di aderenza a taglio diretto, eseguite su supporto in muratura, sono caratterizzate per il composito B2-FRCM dalla rottura dei fasci all’estremo caricato, con percentuale di sfruttamento delle proprietà meccaniche del rinforzo pari al 93%. Per il composito B4-FRCM la rottura risulta, invece, caratterizzata dalla progressiva delaminazione all’interfaccia rinforzo-matrice con percentuali di sfruttamento pari al 75% e con lunghezza efficace di aderenza pari a circa 200 mm. Per tale composito, infine, è stato possibile individuare il legame di aderenza, calibrato e validato sulle evidenze sperimentali, con l’obiettivo di poter fornire un utile contributo alla conduzione di simulazioni numeriche. L’analisi del degrado dovuto all’esposizione ad alte temperature è stato condotto mediante prove di aderenza a taglio diretto su supporto in muratura a seguito di trattamenti termici condotti a 100 °C, 300 °C e 500 °C. Si è proceduto analizzando la risposta carico-scorrimento e valutando in particolare la variazione delle tensioni di picco e le modalità di rottura. Test effettuati a temperatura ambiente sono stati utilizzati come riferimento. Il composito C-FRCM ha mostrato valori di tensione di picco, per ogni temperatura investigata, più elevati rispetto agli altri sistemi di rinforzo, seguito dal composito B2-FRCM mentre per il composito con rete ad alta densità (B4-FRCM) sono stati misurati valori della tensione più bassi fino alla temperatura di 300 °C. A seguito del trattamento a 500 °C entrambi i sistemi in basalto mostrano valori confrontabili delle tensioni di picco. Il composito S-FRCM ha mostrato, altresì, significative variazioni della tensione di picco a seguito dei trattamenti a 300 °C e a 500 °C. I valori della tensione di picco a 500 °C per i compositi B2-FRCM, B4-FRCM, C-FRCM e S-FRCM sono rispettivamente pari a 270 MPa, 240 MPa, 514 MPa e 180 MPa corrispondenti a un decadimento del 74%, 65%, 61% e 76%. I compositi C-FRCM e B4-FRCM fino alla temperatura di esposizione di 300 °C esibiscono scorrimenti globali elevati e paragonabili, ma dovuti a differenti modalità di rottura, per comportamento telescopico il primo e delaminazione e conseguente distacco all’interfaccia rinforzo-matrice per il secondo. A 500 °C il composito C-FRCM continua a presentare il medesimo comportamento, mentre il composito B4-FRCM mostra una rottura caratterizzata dal cedimento dei fasci di fibra con importante riduzione dello scorrimento globale. Il composito B2-FRCM mostra una rottura caratterizzata dal cedimento dei fasci per tutte le temperature testate e conseguentemente limitati scorrimenti. Per il composito S-FRCM, è stata riscontrata una variazione della modalità di crisi: distacco del rinforzo e dello strato di matrice esterno osservato a 20 °C e 100 °C e rottura all’interfaccia con il supporto e conseguente distacco del composito a 300 °C e 500 °C. Tale variazione incide significativamente sullo scorrimento globale di tale composito. L’efficacia del confinamento di colonne in muratura è stata valutata in termini di: influenza di diverse tipologie di rinforzi, variazioni di resistenza al variare del numero degli strati di rinforzo (1, 2 e 3 layer), influenza della disposizione degli strati in sovrapposizione, effetto di carichi eccentrici, modalità di rottura e duttilità. Dai risultati sperimentali ottenuti è emerso in generale un aumento della resistenza all’aumentare del grado di confinamento e disposizione continua dell’overlap. Tali incrementi risultano essere pari al 47%, 93% e 184% per i sistemi di rinforzo in acciaio (S-FRCM) e al 99%, 155% e 186% per i sistemi di rinforzo in fibra di PBO (PBO-FRCM). Le colonne confinate con sistema di rinforzo in basalto (B4-FRCM) hanno evidenziato un incremento di resistenza pari al 45% e al 30%, rispettivamente per 1 e 2 layer. La modalità di rottura del sistema in acciaio (S-FRCM) è caratterizzata dal distacco del rinforzo in corrispondenza degli strati in sovrapposizione. Le modalità di crisi riscontrate, per sistemi di rinforzo PBO-FRCM, avvengono, invece, per cedimento dei fasci di fibra con 1 layer di rinforzo e per apertura significativa della lesione localizzata in corrispondenza dello spigolo interessato dall’overlap per le configurazioni multilayer. La modalità di rottura, nel caso del sistema B4-FRCM avviene per cedimento dei fasci di fibra in corrispondenza degli spigoli in presenza di 1 layer e per distacco dello strato in sovrapposizione in presenza di 2 layer di rinforzo. Il distacco impedisce di sviluppare una maggiore pressione di confinamento. Poiché il confinamento con sistema S-FRCM è realizzato mediante accostamento di più fasce lungo l’altezza della colonna, è stato valutato l’effetto della disposizione alternata degli overlap su facce opposte con 1 layer di rinforzo anche in presenza di 25 mm e 50 mm di eccentricità di carico. Ciò ha determinato un incremento pari al 108% per carico centrato e incrementi pari a 28% e 25% per carichi eccentrici. La rigidezza risulta significativamente aumentata per il confinamento in acciaio con 2 e 3 layer di rinforzo e per 1 layer con disposizione alternata degli strati di sovrapposizione. Tale incremento risulta trascurabile per 1 layer con overlap continuo in acciaio e le colonne confinate con fibra di basalto e PBO. Dai risultati ottenuti si evince, inoltre, un incremento della capacità deformativa assiale e laterale maggiore per i sistemi confinati con rinforzo in fibra di basalto e PBO a parità di layer di rinforzo. La definizione della matrice ad attivazione alcalina ha previsto l’uso di sottoprodotti e scarti industriali quali loppa d’altoforno, fly ash e cenere da biomassa, e di origine naturale quali il metacaolino. L’utilizzo di sistemi ternari loppa, fly ash e cenere da biomassa ha permesso di ottenere buone caratteristiche allo stato fresco e meccaniche anche in presenza di soluzioni attivatrici a moderato contenuto di alcali, silicato e additivi. Sono stati ottenuti valori della resistenza a flessione e a compressione pari a 5.48 MPa e 32.4 MPa. I risultati delle prove a trazione e di aderenza a taglio diretto per la valutazione di un composito fibrorinforzato in basalto hanno evidenziato un comportamento confrontabile con quello esibito utilizzando la matrice commerciale
Università della Calabria
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STIPO, GIANFRANCO. "Analisi del comportamento meccanico dei materiali compositi a matrice cementizia nel rinforzo delle strutture murarie". Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/2158/867033.

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Resumo:
Negli ultimi dieci anni al fianco dei più diffusi e conosciuti FRP (fiber reinforced polymer), sta acquisendo un sempre maggiore interesse l’impiego dei materiali compositi fibro-rinforzati a matrice cementizia, (FRCM, fiber reinforced cementitious matrix), per il rinforzo strutturale. Nonostante il crescente numero di studi riguardante la sua applicazione su supporti murari e non, le indagini sperimentali sono ancora limitate e, a differenza dei compositi a matrice polimerica, non esistono raccomandazioni o linee guida per la loro applicazione; pertanto sono necessarie ulteriori sperimentazioni atte a descriverne il comportamento. A fronte di quanto detto, il presente lavoro ha come fine quello di aggiungere un ulteriore tassello nella comprensione del comportamento meccanico e dell’efficacia dei rinforzi strutturali a matrice cementizia applicati su supporti in muratura attraverso un’ampia sperimentazione effettuata in laboratorio. In particolare, gli obiettivi della ricerca hanno riguardato: la comprensione dei principali fenomeni resistivi che caratterizzano il sistema FRCM, l’interpretazione del comportamento d’interfaccia fibra/matrice, la valutazione dell’efficacia sia in termini di capacità deformativa che di resistenza su elementi strutturali, quali pannelli e archi, ed infine la calibrazione di modelli analitici per la determinazione della forza trasmissibile. Il presente lavoro si compone di una parte introduttiva in cui sono state affrontate le peculiarità degli edifici in muratura, evidenziandone le cause di vulnerabilità, e di come l’uso dei materiali compositi a matrice cementizia possa essere una soluzione ottimale come sistema di rinforzo. La parte più consistente del lavoro ha riguardato un’estesa indagine sperimentale in cui, oltre alle prove di caratterizzazione dei materiali utilizzati, sono state eseguite prove di adesione su supporto di laterizio e prove su modelli in scala di pannelli e di archi rinforzati. I risultati ottenuti sperimentalmente sono stati poi utilizzati per calibrare modellazioni analitiche che interpretano sia fenomeni di aderenza che il comportamento globale dei modelli rinforzati. In the last ten years, alongside the most common and popular FRP (Fiber Reinforced Polymer), is acquiring an ever greater interest the use of fiber-reinforced composite materials in the cement matrix (FRCM, Fiber Reinforced Cementitious matrix), for structural reinforcement. Despite the growing number of studies regarding its application on masonry and on concrete, experimental investigations are still limited and, unlike of FRP, there are no recommendations or guidelines for their application; therefore they are needed further experiments to describe the mechanical behavior. The present work has as its goal to add an additional step in the understanding of the mechanical behavior and the effectiveness of structural reinforcements in the cement matrix, applied to masonry substrates through extensive experimental testing. In particular, the aims of the research were: understanding of the main resistive phenomena that characterize system FRCM, the interpretation of the behavior of the interface fiber/matrix, the evaluation of the effectiveness in terms of both deformation and resistive capacity of structural elements, such as panels and arches, and finally the calibration of analytical models for the determination of the transmittable force. The present work consists of an introductory part on the peculiarities of masonry buildings, where the causes of vulnerability and the system of reinforcement based on the composite materials in the cement matrix were dealt. The bulk of the work has involved extensive experimental investigation in which, in addition to the characterization tests of the used materials, adhesion tests were performed on a brick support and tests on scale models of reinforced panels and arches. The results obtained experimentally were then used to calibrate the analytical modeling that interpret both phenomena of adhesion and the global behavior of the reinforced models.
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Casula, Gianluca. "Tecniche di processo e proprietà di materiali compositi a matrice termoplastica con applicazione nel settore aerospaziale". Tesi di dottorato, 2008. http://www.fedoa.unina.it/1926/1/Casula_Ingegneria_Chimica_Materiali_Produzione.pdf.

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PICONE, NICOLETTA. "Caratterizzazione di particolati fini e studio del loro effetto sulle proprietà fisiche e meccaniche di materiali a matrice cementizia". Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11573/918175.

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