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Teses / dissertações sobre o tema "Dep Studio"

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Migliorini, Alessandra. "Studio fisico dei piccoli corpi del sistema solare". Paris 7, 2007. http://www.theses.fr/2007PA077013.

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Resumo:
Ma recherche de doctorat est dédiée à l'étude physique des petits corps du Système Solaire et à la caractérisation de leurs compositions de surface. Les données des petits corps que j'ai analysé, ont été prises soit par des télescopes au sol, soit par des télescopes spatiaux. Celles-ci ont été analysées en les comparant à des données de laboratoire, et à des spectres synthétiques, obtenus selon la théorie de la diffusion de la lumière. J'ai contribué a l'interprétation des données spectroscopiques des satellites glacés de Saturne, Phoebus, lapetus, Encelade, Téthys et Hyperion, observés avec le spectromètre infrarouge à bord de la mission Cassini. Ces satellites semblent avoir une surface très poreuse. Des expériences de laboratoire ont aussi été menées afin de placer des contraintes plus strictes sur les propriétés des surfaces glacées. J'ai aussi analysé les données de deux Objets Trans Neptuniens et de 10 astéroïdes de la ceinture principale, de type spectral E. Pour les astéroïdes E, quelques comparaisons intéressantes avec des météorites ont été trouvées. De plus, j'ai participé à une recherche des astéroïdes troyens des planètes géantes. Ma recherche de thèse a couvert une grande gamme spectrale, du visible à l'infrarouge lointain, et a fourni une contribution utile pour la compréhension des petits corps. La possibilité d'analyser les données, prises avec les télescopes au sol et spatiaux a considérablement enrichi, grâce à de nouveaux résultats, la connaissance de notre système solaire
The topic of my PhD research is to study the surface composition of asteroids, Trans-Neptunian Objects, and planetary satellites. I analyzed and interpreted both data taken with ground-based telescopes and space instrument data. They have been analyzed with standard methods: the comparison of observed data with laboratory data, or with synthetical spectra, obtained by mixing end-members, according to the theory of light diffusion. I contributed in interpreting spectroscopical data of the icy satellites of Saturn, Phoebe, lapetus, Enceladus, Tethys and Hyperion, observed by the Cassini/CIRS spectrometer, on board the Cassini spacecraft, in the far infrared spectral range, Physical causes of the absence of features on these spectra have been studied. As a result, such satellites seem to have a very high porouse surface. Laboratory experiments have been conducted, in order to set more strict constrains on icy surfaces properties. Surfaces properties of some more small bodies of the outer Solar System, and a group of 10 E-type asteroids of the Main Belt were also derived, by analyzing ground-based telescopes data. For E-type asteroids, some interesting comparisons with meteorites were found. Moreover, I participated to an astrometrical research of Trojan asteroids of the giant planets. My PhD research has covered a wide spectral range, from visible to FIR: the whole spectral range has provided a useful contribution in the comprehension of the small bodies. Moreover, the possibility to analyze data, taken both with space instruments and ground-based telescopes has greatly enriched with new results the knowledge of our Solar System
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Ricci, Alessandro. "Studio della scelta del percorso da parte dei ciclisti". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4236/.

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Conti, Matteo. "Studio morfo-batimetrico dei canali distributori del delta del Po di Pila". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8247/.

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In questa tesi sono state analizzate, a partire da dati batimetrici ad alta risoluzione ottenuti tramite tecnologia multibeam, le morfologie caratteristiche dei tre canali tributari del Delta del Po di Pila: Busa di Dritta, Busa di Tramontana, Busa di Scirocco. Lo studio è stato effettuato col software Global Mapper, che ha permesso la mappatura e l’analisi morfometrica dei principali elementi morfologici osservati, ovvero aree depresse, zone con presenza di forme di fondo, zone a fondo piano e depositi da instabilità gravitativa sulle sponde dei canali. La loro distribuzione nei vari tratti dei canali è stata messa in relazione alle caratteristiche morfologiche e idrauliche del tratto fluviale e ai processi erosivi e deposizionali che interessano i tre canali ad intensità variabile, nell’ambito dell’evoluzione molto recente di questa porzione del delta. I risultati di questo studio indicano come l’utilizzo in ambito fluviale delle più recenti tecniche di acquisizione dei dati batimetrici multibeam possa costituire la base per un dettagliato studio delle morfologie fluviali e delle dinamiche ad esse associate.
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4

Senni, Filippo. "Studio dei minerali accessori del basamento Varisico delle Alpi Apuane". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14453/.

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L’oggetto della relazione di laurea è lo studio dei minerali accessori dei campioni rappresentativi il basamento Paleozoico delle Alpi Apuane. I minerali accessori sono quei minerali presenti in basse proporzioni modali ovvero <1%. Lo scopo è di caratterizzare la petrografia delle associazioni mineralogiche presenti in quattro campioni: due filladi inferiori dell'Unità di Massa, uno scisto porfirico e un metaporfiroide provenienti dall'Unità delle Apuane. Gli strumenti usati per effettuare le analisi sono stati il microscopio ottico a luce trasmessa polarizzata e il microscopio elettronico a scansione dotato di spettrometro a raggi X a dispersione di energia. Monazite, zircone, rutilo e apatite sono molto frequenti nelle rocce analizzate. Le microstrutture osservate suggeriscono un’origine detritica per questi minerali accessori. Pseudomorfosi di monazite, quarzo, e clorite su un precedente cristallo di allanite sono state osservate in un campione di fillade, ad indicare la crescita di monazite metamorfica durante gli eventi tettono-metamorfici miocenici. Sulla base di diagrammi di fase presenti in letteratura si è stimato che le condizioni del metamorfismo in facies scisti verdi avvennero a pressioni inferiori a 7 kbar e temperature massime di 350-500 °C.
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5

Bulgarelli, Giorgia. "Studio dell’interazione strada-conducenti mediante la tecnica del Deep Learning". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Resumo:
La tesi è stata sviluppata presso l'IFSTTAR - Institut français des sciences et technologies des transports, de l'aménagement et des réseaux di Parigi, centro di fama internazionale nell’ambito dello studio della sicurezza stradale, ed ha previsto l’utilizzo di tecniche di Deep Learning per l’analisi dell’interazione strada-utenti. Partendo dai dati ottenuti in una precedente sperimentazione finalizzata allo studio dell’influenza del sistema Adaptive Cruise Control sul workload e sulla distrazione dei conducenti, è stata valutata l’affidabilità e l’efficacia di queste tecniche innovative nella gestione e nell’analisi di grandi quantità di dati provenienti da siti sperimentali. Numerose ricerche disponibili in letteratura hanno applicato positivamente queste metodologie all’analisi di dati cinematici, descrittori del comportamento del veicolo in moto, quali la sua velocità, la sua posizione, la sua accelerazione. In questa tesi, invece, è stato aggiunto all’analisi un dato fisiologico riguardante il conducente: il diametro della pupilla, monitorato in continuo utilizzando un Mobile Eye Tracker. La verifica delle potenzialità del Deep Learning è stata ottenuta confrontando i dati reali e le mappe ottenute dalla simulazione (Driving Colour Map) in termini di condotta di guida e workload dei conducenti.
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Bisacchi, Lorenzo. "Elettroriduzione selettiva del 5-idrossimetilfurfurale: studio dei parametri di reazione". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19231/.

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I processi di riduzione del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) sono generalmente condotti mediante processi che utilizzano calore e alte pressioni di H2. Una via alternativa prevede l’applicazione di processi elettrochimici, i quali richiedono condizioni più blande e non necessitano di H2. Il lavoro di tesi qui presentato si concentra sullo studio della elettoriduzione del 5-idrossimetilfurfurale a 2,5-bis(idrossimetil)furano, tramite l’utilizzo di catalizzatori basati su schiume 3D a cella aperta di Cu, sopra le quali viene depositato Ag tramite elettrodeposizione. La caratterizzazione elettrochimica è stata condotta tramite voltammetrie a scansione lineare fatte in tampone borato 0,5M e in HMF, seguite da cronoamperometrie (CA) e cronopotenziometrie (CP); inoltre sono stati valutati l’effetto dei parametri di reazione, quali concentrazione iniziale di reagente, potenziale applicato e densità di corrente applicata sulla conversione, selettività ed efficienza faradica. Le prove effettuate a due diverse concentrazioni di HMF (0,02M e 0,05M), con potenziale di -1,3V vs SCE, mostrano che all’aumentare della concentrazione di reagente si ha un calo della selettività in BHMF. Mantenendo la concentrazione a 0,05M e variando il potenziale applicato, si è osservato un aumento importante della selettività in BHMF a potenziali meno catodici e un calo della conversione a potenziali più catodici; la prova a -1,25V vs SCE fornisce i migliori risultati, tuttavia il tempo di reazione a questo potenziale è molto elevato, portando ad un netto calo della produttività. All’aumentare della densità di corrente si osserva un aumento della selettività in BHMF e una riduzione della conversione, mentre la FE è stabile.
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Marchesi, Barbara <1976&gt. "Endoparassiti del suino: zoonosi e studio dei fattori di rischio". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1857/1/MARCHESI_BARBARA_ENDOPARASSITI_DEL_SUINO_ZOONOSI_E_STUDIO_DEI_FATTORI_DI_RISCHIO.pdf.

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8

Marchesi, Barbara <1976&gt. "Endoparassiti del suino: zoonosi e studio dei fattori di rischio". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1857/.

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9

Pavanello, Fosca <1994&gt. "Reingegnerizzazione dei processi: il caso studio del Comune di Padova". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15487.

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Resumo:
Questa tesi ha lo scopo di creare un modello di analisi dei processi all'interno di un Ente pubblico utilizzando gli strumenti della Lean Office. Dopo aver dato le conoscenze che stanno alla base della Lean, la tesi verterà su quello che è stato fatto durante il tirocinio universitario: l'analisi dei processi di due settori del Comune di Padova "SUAP/Attività Economiche" e "Edilizia Privata". Alcuni segmenti dei processi del Comune di Padova sono poi stati confrontanti con altri scenari simili (Comune di Venezia, Ferrara e Bologna).
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Sinigaglia, Alessandro. "Studio del ruolo dei miRNA nella patogenesi dell'epatocarcinoma hcv-correlato". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425656.

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Resumo:
BACKGROUND: MicroRNAs (miRNAs) are non-coding RNAs whose role in gene regulation has been discovered and gradually clarified in recent years. The action of miRNAs, like that of other types of non-coding RNA (commonly called RNA-interference), is based on their physical interaction with gene transcripts (mRNA), and the inhibition or decrease of protein production from them. The biological effect of miRNAs depends on the nature of their targets. Currently, there is not a precise map of the targets for each of about 700 human miRNAs, but some functional genomics studies have already shown for some of them a direct involvement in the pathogenetic mechanisms of many diseases including cancer. Hepatocellular carcinoma (HCC) is one of the most aggressive human tumors and both its early detection and even more its therapy remain somewhat problematic. On the other hand, factors that cause and promote its development (hepatitis viruses, alcohol abuse are the most common) are also constantly present and potentially increasing in the population. Many reasons can then advise the search for new strategies that, starting from scientific analysis, can result in midterm improvements in the health management of the disease. In the case of micro-RNA, several studies have already been carried out showing the existence of a clear pattern of specific miRNA expression in liver affected by HCC, though there currently lacks a clear consensus on the issue, as well as the link with the study of those in clinically distinct but biologically related conditions as chronic hepatitis, liver fibrosis, cirrhosis. Finally, many scientific evidences advice us to develop and implement quantitative and qualitative analysis on miRNA in tissues from patients with HCC, in order to gather data needed to better understand the pathogenesis of the tumor but also to better study its causes. Moreover, these studies can be exploited in the medium term for the generation of useful biological models for the development of new therapeutic approaches. OBJECTIVES: Starting from these assumptions and entering specifically in this study, the objectives are: - For the methodology point-of-view, the definition of a protocol for the analysis of miRNA in tissue samples, in view of the rapid spread of this kind of research in biomedicine. - For The scientific point-of-view, the monitoring of the panel of a specific miRNA liver potentially useful for identifying the stages of liver disease progression leading to HCC. This kind of analysis is performed in a comparative context (tumor tissue vs normal tissue) and can provide the basis for future studies focused on molecular and functional interactions between genes and specific miRNAs of interest. DESIGN of the STUDY 1.Investigation on the expression of a panel of liver-specific and cancer-associated miRNAs in a series of samples from liver cancer patients (mainly HCV-related HCC) by mean of RT-realtime PCR. 2. Analysis of the presence of HCV in tissue samples by PCR and analysis of genotype and subtype of HCV by automatic sequencing, with comparison of the expression profile of miRNAs with virological data. RESULTS The results of our studies on HCC, obtained by Real Time PCR with primers specific for a small panel of miRNA, have led us to identify differences in the expression of some of these genes between samples of tumor tissue and samples of adjacent normal tissue. In particular, we confirmed a significant down-regulation of mir-199a, present in almost 70% of the cases studied, while others (including: mir-195, mir-122a, mir-199b) have slightly less frequent but still significant deregulations ( 50-65%). One single miRNA in the selected panel, mir-222, presented a deregulation in the sense of a higher expression in tumor tissue than in normal, in over 40% cases. The other examined micro-RNAs do not show significant differences between the two types of tissue. Slightly different considerations can arise from the comparison of data from HCV positive and negative samples. These data are consistent with those reported in previous literature, demonstrating the reliability of techniques used. A parallel activity has focused on the search for HCV viral genomes, and the analysis of viral sequences. Combining the results of the study with the clinical data available, 20 patients out of 29 were HCV-positive. About the viral sequences amplified and analyzed, the alignement with bioinformatic databases gives us the result that 70% of HCV-positive patients belong to the group of subtype 1b, 15% to group 1a, and another 15% to Group 2. CONCLUSIONS In conclusion, this study allowed us both to test and develop protocols for analysis to be applied also in other scientific studies, and to collect data on the expression of miRNAs in hepatocellular carcinoma which, although requiring further investigation, appear to be interesting hints of a specific genetic de-regulation of this pathological condition.
INTRODUZIONE: I microRNA (miRNA) sono RNA non codificanti il cui ruolo di regolazione dell’espressione genica è stato scoperto e via via delucidato in anni recenti. L’azione dei miRNA, non dissimilmente da quella di altre tipologie di RNA non codificanti (comunemente chiamata RNA-interference), si esprime nell’interazione fisica specifica con trascritti genici (mRNA) e nell’impedimento o comunque nella riduzione quantitativa della produzione a partire da questi ultimi di proteine. L’effetto biologico del miRNA dipende pertanto dalla natura del suo bersaglio. Non è al momento disponibile una mappa precisa dei bersagli di ciascuno dei circa 700 miRNA umani, ma alcuni studi di genomica funzionale hanno già dimostrato per alcuni di essi un coinvolgimento diretto nei meccanismi patogenetici di numerose patologie fra cui il cancro. L’epatocarcinoma (HCC) è fra i tumori umani uno dei più aggressivi e tanto la sua diagnosi precoce quanto ancor più la sua terapia permangono alquanto problematiche. D’altro canto, i fattori che ne provocano e promuovono l’insorgenza (virus epatitici, abuso di alcool le più comuni) sono a loro volta costantemente presenti nella popolazione e potenzialmente in aumento. Molte ragioni quindi possono consigliare la ricerca di nuove linee strategiche che, partendo dall’analisi scientifica, possano sfociare nel medio periodo in miglioramenti nella gestione sanitaria della patologia. Nel caso dei micro-RNA, sono già stati effettuati numerosi studi miranti a mostrare l’esistenza di un preciso schema nell’espressione di specifici miRNA nei fegati affetti da HCC, tuttavia manca al momento un chiaro consenso sulla questione, nonché il quanto mai necessario raccordo con lo studio dei medesimi in ambiti clinicamente distinti ma biologicamente attinenti quali epatite cronica , fibrosi epatica, cirrosi. Concludendo, numerose evidenze scientifiche consigliano di sviluppare e mettere in atto analisi quantitative e qualitative sui miRNA nei tessuti di pazienti affetti da HCC, per poter raccogliere dati necessari ad una miglior comprensione della patogenesi del tumore ma anche per poter studiare meglio le sue cause. Nondimeno, tali studi possono essere sfruttati nel medio periodo per la generazione di modelli biologici utili ai fini dello sviluppo di nuovi approcci terapeutici. OBIETTIVI: Partendo da tali presupposti ed entrando nello specifico di questo studio, gli obiettivi sono: - Sul piano metodologico, la definizione di un protocollo generale per l’analisi dei miRNA in campioni tissutali, nella prospettiva di una rapida diffusione di questo genere di ricerche nell’ambito biomedico. - Sul piano scientifico, il monitoraggio dell’espressione di un pannello di miRNA specifici per il fegato potenzialmente utili per identificare le tappe della progressione dalla patologia epatica all’HCC. Questo tipo di analisi viene svolta in un contesto comparativo ( tessuto tumorale contro tessuto normale) e può fornire le basi per futuri studi focalizzati su interazioni molecolari e funzionali tra miRNA specifici e geni di interesse. DISEGNO DELLO STUDIO 1.Indagine sull'espressione di un pannello di miRNA fegato-specifici e associati a tumore in una serie di campioni di pazienti con tumore epatico HCV-associate (principalmente HCC HCV-collegato) tramite metodiche di RT-real time -PCR 2. Analisi della presenza di HCV con PCR nei campioni di tessuto, e analisi del genotipo e sottotipo di HCV mediante sequenziamento automatico; confronto del profilo di espressione di miRNA con i dati virologici. RISULTATI I risultati dei nostri studi su HCC, ottenuti mediante Real Time PCR con primers specifici per un ristretto pannello di miRNA, hanno permesso di individuare delle differenze nell’espressione di alcuni di questi geni tra campioni di tessuto tumorale e campioni di tessuto normale adiacente. In particolare abbiamo confermato una significativa sottoespressione di mir-199a, presente in quasi il 70% dei casi analizzati, mentre altri (fra cui: mir-195, mir-122a, mir-199b) presentano deregolazioni leggermente meno frequenti ma pur sempre significative (50-65%). Un solo miRNA del pannello selezionato, mir-222, presenta una deregolazione nel senso di una sovraespressione nel tessuto tumorale rispetto a quello sano, in una percentuale superiore al 40%. Gli altri micro-RNA presi in esame non danno, con questa metodica, differenze significative fra i due tipi di tessuto. Considerazioni leggermente differenti derivano dal confronto dei dati relativi a campioni HCV positivi e negativi. Questi dati sono compatibili con quelli riferiti nella letteratura pregressa, dimostrando l’attendibilità delle tecniche utilizzate. L’ attività avviata parallelamente ha riguardato la ricerca di genomi virali di HCV, e successivamente l’analisi delle sequenze virali. Unendo i risultati dell’analisi ai dati clinici disponibili, 20 pazienti su 29 risultano HCV-positivi. Circa le sequenze virali amplificate e analizzate, il confronto coi database bioinformatici ci dà per risultato che il 70% circa dei pazienti HCV-positivi appartiene al gruppo del sottotipo 1b, il 15% al gruppo 1a, e l’altro 15% al gruppo 2. CONCLUSIONI In conclusione, questo studio ha permesso sia di testare e mettere a punto protocolli di analisi trasferibili nel breve periodo ad altri studi scientifici, sia di raccogliere dati sull’espressione dei miRNA nell’epatocarcinoma che, pur necessitando di indagini ulteriori, appaiono interessanti indizi di una de-regolazione genetica specifica di questa condizione patologica.
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Nilsson, Desireé. "Gleichstellung der Geschlechter in der Politik konservativer Regierungsparteien : - ein Vergleich zwischen den deutschsprachigen Ländern und Schweden". Thesis, Linnéuniversitetet, Institutionen för språk och litteratur, SOL, 2012. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:lnu:diva-17170.

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AbstractGleichstellung der Geschlechter ist ein bekanntes Thema: Wie wird dieses aber in der Politik behandelt? Dieser Aufsatz zielt darauf ab, zu untersuchen, welche Ziele für die Gleichstellungsarbeit aufgegriffen werden. Eine Hypothese wurde gestellt:  Gleichstellungsfragen werden von der EU geregelt und die Ziele der Parteien und Regierungen ähneln den Zielen, die von der EU gesetzt werden. Es dürfte also auf dem Gebiet keine deutlichen Unterschiede zwischen den Ländern, die EU-Mitglieder sind, geben. Um die Hypothese zu beantworten, wurden Parteiprogramme von jeweils einer konservativen Regierungspartei aus Schweden, Deutschland, Österreich und der Schweiz verglichen. Auch die Regierungsprogramme wurden untersucht, und schließlich wurden diese Dokumente mit den Zielen der EU verglichen. Die Hypothese hat sich als wahr herausgestellt und die Antwort auf die Frage, ob die Schweiz von den anderen Ländern wesentlich abweicht, kann auch bejaht werden nämlich durch die Distanz der SVP gegenüber Gleichstellungsfragen und dem geringen Stellenwert des Themas in der Legislaturplanung der Schweiz.
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Iannotti, Veronica. "Studio del fenomeno del "wind shear" e analisi dei principali sistemi di rilevamento". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19047/.

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L'obiettivo di questa tesi di laurea è fornire un'analisi principalmente descrittiva del fenomeno del windshear, mettendo in evidenza quelle che risultano essere le condizioni meteorologiche sufficienti per la sua comparsa e gli effetti sulla stabilità dell'aeromobile provocati da una variazione del vettore vento. L'elaborato offre, inoltre, dei concetti base per il monitoraggio del windshear, attraverso lo studio di strumenti di "detection" e "warning" (quali RADAR, LIDAR e SODAR), sia da un punto di vista funzionale che matematico.
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Eckerström, Simon. "Musikens påverkan på studier : En studie om hur en grupp människor använder musik vid studier och på vilket sätt den påverkar dem". Thesis, Linnéuniversitetet, Institutionen för musik och bild (MB), 2020. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:lnu:diva-96207.

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Resumo:
The aim of this study is to investigate how a group of people use music while studying, why they do it, and what perceived effects they get from it. The two main questions of the study were: What perceived effect does music have on the participants according to them? Does tempo have any effect on the participants? Six people were interviewed about their relation to music while studying, how it affected them and if they were listening to a specific genre. The study uses a socio-cultural theory perspective. Two themes emerged in the interview; In the first theme the informants used music as a tool to become motivated and listened to rock/pop with a high tempo. In the second theme the informants used music to relax and to become more focused while studying. The informants in this theme listened to classical/ambient music with a low tempo. The participants also talked about the downsides of music while studying and named specifically music with lyrics as a distraction.
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Zambruno, Simone <1979&gt. "La Computer Grafica nello studio del patrimonio culturale. Teorie, metodi, case studies, prospettive". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8598/1/tesi_zambruno_.pdf.

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Resumo:
Per comprendere i vantaggi che i modelli 3D apportano alle Humanities, ma anche i rischi connessi al loro utilizzo, occorre analizzare i fondamenti comunicativi che sovrintendono alla trasmissione di informazioni e, successivamente, indagare come la teoria sia stata tradotta in pratica in alcuni dei più significativi case study internazionali. Un ampio dibattito ha condotto alla redazione di documenti sempre più dettagliati riguardo un corretto utilizzo di modelli 3D, per massimizzarne l’efficacia. Questo processo è culminato con la Carta di Londra, punto di riferimento per gli utilizzatori di Computer Grafica, della quale saranno analizzate le specificità in relazione alla loro applicazione nei case study considerati. Si indagherà poi l’ambito in cui i prodotti della Computer Grafica legati al patrimonio culturale sono di solito utilizzati, quello dei musei, a cui sono associati quei luoghi che hanno finalità simili: studio, conservazione, esposizione e comunicazione, luoghi che sempre più spesso vedono la presenza di installazioni multimediali. Una sezione specifica è dedicata ai musei virtuali che, in certi casi sono diventati un vero fenomeno sociale, seppur effimero. Verrà poi delineata la ricezione tecnologica da parte dei “musei”, e il grado di soddisfazione che ne deriva in base alle aspettative del pubblico. Saranno infine analizzati i programmi ministeriali che hanno tentato di recepire le tendenze e le indicazioni europee sull'importanza della tecnologia per la crescita della consapevolezza dei cittadini, così come le iniziative di alcuni musei del panorama. Da ultimo si è tentato di ampliare l’analisi ai possibili sviluppi futuri: quali sono i margini di miglioramento l’utilizzo della multimedialità? Quali sono i possibili progressi legati alla sua creazione e fruizione? Infine, quali sono i nuovi profili professionali a cui questi due aspetti si dovranno affidare?
To understand the advantages that the 3D models bring to Humanities, but also the risks connected to their use, we need to analyze the communication rules that supervise the transmission of information and, subsequently, investigate how the theory has been translated into practice, in some of the most significant international case studies. A wide debate has led to the preparation of increasingly detailed documents regarding the correct use of 3D models. This process has culminated with the London Charter, a milestone for Computer Graphics users, whose specificities will be analyzed in relation to their application in the considered case studies. We will then investigate the area in which the Computer Graphics products for Humanities are used, the museums, to which are associated those places that have similar purposes: study, conservation, exposure and communication, places that more and more often host multimedia installations. A specific section is dedicated to virtual museums that, in some cases, have become a real social phenomenon, even if ephemeral. The technological reception by the "museums" will then be outlined, and so the satisfaction that derives from people’s expectations. Finally, will be analyzed the ministerial programs that attempted to incorporate European trends and indications about the importance of technology for the growth of citizens' awareness. Finally, an attempt was made to extend the analysis to possible future developments: how is it possible to improve multimedia? What are the possible progress related to its creation and use? Finally, what are the new professional profiles to which these two aspects will have to be entrusted?
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Caduco, Martina. "STUDIO DEI MECCANISMI MOLECOLARI ALLA BASE DEL COINVOLGIMENTO DEI MULTIVESICULAR BODY NEL CICLO REPLICATIVO DEL CITOMEGALOVIRUS UMANO". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426942.

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Resumo:
The eucaryotic endosomal system is a complex network of vesicles and organelles surrounded by membranes which coordinates protein transport between the plasma membrane, the trans-Golgi network (TGN) and the lysosomes. A central role at this level is played by an organelle named multivesicular body (MVB). Several proteins involved in the MVB biogenesis are essential for budding of RNA-enveloped viruses, like retroviruses (Göttlinger et al., 1991), rhabdoviruses, filoviruses (Strack et al., 2000), arenaviruses and paramyxovirus (Strack et al., 2003). More recently it has been clarified that also some DNA-enveloped viruses, and in particular Herpes simplex virus type 1 (HSV-1) (Calistri et al., 2007; Crump et al., 2007), Hepatitis B Virus (HBV) (Lambert et al., 2007; Watanabe et al., 2007), Human Herpes Virus type 6 (HHV-6) (Mori et al., 2008) and Human Cytomegalovirus (HCMV) (Tandom et al., 2009), exploit the MVB membranes for their assembly and budding. The more accredited view concerning herpesviruses envelopment and budding is the ‘double envelopment theory’, envisioning that virion acquires at the level of the inner leaflet of the nuclear membrane a primary envelope, that it is lost by budding from the outer nuclear membrane. Finally, virions acquire the secondary and final envelope at the level of intracytoplasmic membranous organelles. HCMV morphogenesis is completed in a virally induced perinuclear compartment, referred as ´assembly compartment’ or ‘assembly complex’ (AC). This project moves from the data obtained in our laboratory regarding HSV-1 gB as one of the protein linking the virus to the MVB pathway. Indeed, the glycoprotein colocalizes with well-known MVB markers and its intracellular trafficking and maturation require the correct biogenesis of these organelles. Furthermore, gB is ubiquitinated in the C-terminal tail at the level of residues involved in endocytosis and trafficking between endosomes, TGN and lysosomes (Calistri et al., 2007). The aim of this work was to contribute to elucidate whether other viruses of the Herpesviridae family hijack the same cellular pathway and whether the HSV-1 gB behaviour is conserved among some glycoprotein homologs. In particulare, we decided to focalized our attention on HCMV gB (UL55). By immunofluorescence assays (IF) we observed that the MVB block results in the gB accumulation both in the cytoplasm and in membrane compartments and in the gB relocalization at the level of intracytoplasmic enlarged vesicles positive for the endosomial marker EEA-1, while in infected cells the glycoprotein recruitment to the AC is impaired. Therefore, these data suggest that, like for HSV-1 gB, also UL55 intracellular trafficking requires a functional MVB biogenesis. Moreover, in support to a role for MVBs/lysosomes in gB fate, we were able to show that, in transfected cells, the glycoprotein accumulates in the presence of the lysosome inhibitor bafilomycin. UL55 contains a PPxY domain, that matches the consensus sequence for ligands recognized by the E3 ubiquitin ligases of the Nedd4 family. Our results show that UL55, but not UL75 (gH), is ubiquitinated both in infected and transfected cells and that the Nedd4-like ubiquitin ligases specifically interact with HCMV gB through its PPSY motif and are involved in its ubiquitination and lysosomial degradation. We also analyzed the AMSH and UBPY role in UL55 deubiquitination. Consistently to the model reported in literature (Welchman et al., 2005), our results suggest that AMSH causes the UL55 deubiquitination for its recycling, while UBPY deubiquitinates it to permit its MVB incorporation. As a further evidence of the MVB involvement in the UL55 intracellular fate the HCMV glycoprotein, but not HSV-1 gB nor the Pseudorabies Virus gB (UL27), interacts also with another protein essential for the MVB biogenesis, Tsg101. From the literature it is known that proteins interacting with this MVB component contain a P(T/S)AP L-domain. Since UL55 does not contain such a consensus sequence, we investigated the possible mechanism for this interaction. We excluded that the binding could be mediated by the ubiquitin ligases Nedd4-like or other adaptor proteins recruiting at the endosomes or at the TGN ubiquitinated cargoes addressed to the MVBs (Hrs, GGAs, Toms). Moreover, we clarified that the interaction between UL55 and Tsg101 depends on the glycoprotein cytoplasmic tail and the N-terminal UEV (ubiquitin E2 variant) domain of Tsg101. On the other hand, Tsg101 mutants in the UEV that do not interact with the ubiquitin nor with the P(T/S)AP L-domain of HIV-1 Gag p6 domain, continue to co-immunoprecipitate with UL55. Finally, confocal miscroscopy highlighted that Tsg101 is recruited to the AC during the infection. Further experiments will shed light on the molecular mechanism needed for this interaction. To move our UL55 characterization toward a functional and biological analysis, we built, by employing BAC mutagenesis, recombinant viruses carrying gB specific mutations or lacking the glycoprotein coding sequence. The analysis of these mutants in terms of viral growth, protein localization (analyzed by IF) and virion maturation and egress (analyzed by electron microscopy assays) will clarify the role of the interactions between UL55 and MVB proteins for the HCMV life cycle. Overall, our data point out to HCMV gB, in a simil way to HSV-1 gB, as the key protein that links HCMV envelopment-egress to the MVB pathway.
Il sistema endosomiale delle cellule eucariotiche è una complessa rete di compartimenti membranosi che coordinano il trasporto delle proteine tra la membrana plasmatica, il trans-Golgi network (TGN) ed i lisosomi. Un ruolo centrale a questo livello è svolto da un organello identificato con il termine multivesicular body (MVB). Numerose proteine coinvolte nella biogenesi di questo pathway sono essenziali per la gemmazione di virus ad RNA dotati di envelope come retrovirus (Göttlinger et al., 1991), rhabdovirus, filovirus (Strack et al., 2000), arenavirus e paramyxovirus (Strack et al., 2003). Più recentemente è stato chiarito che anche alcuni virus a DNA dotati di envelope, ed in particolare l’herpes simplex virus di tipo 1 (HSV-1) (Calistri et al., 2007; Crump et al., 2007), il virus dell’epatite B (HBV) (Lambert et al., 2007; Watanabe et al., 2007), l’herpes virus umano di tipo 6 (HHV-6) (Mori et al., 2008) ed il citomegalovirus umano (HCMV) (Tandom et al., 2009), sfruttano le membrane dei MVB per assemblaggio e gemmazione. La teoria attualmente più accreditata riguardo al processo di acquisizione del pericapside ed al meccanismo di gemmazione degli herpesvirus è la teoria del doppio envelopment in base alla quale il virione acquisisce a livello della membrana nucleare interna un envelope primario, che viene perso per gemmazione dalla membrana nucleare esterna. Il virione acquisce, infine, l’envelope secondario e definitivo a livello di organelli intracitoplasmatici di natura membranosa. La morfogenesi di HCMV è completata in un compartimento perinucleare che il virus forma durante l’infezione noto come assembly complex o assembly compartment (AC). Questo progetto nasce dalle evidenze messe in luce nel nostro gruppo di ricerca che dimostrano come la glicoproteina gB di HSV-1 svolga un ruolo centrale nel permettere al virus di sfruttare il pathway dei MVB durante le fasi finali del proprio ciclo replicativo. La glicoproteina, infatti, colocalizza con noti marcatori dei MVB ed il suo traffico intracellulare e maturazione richiedono la corretta biogenesi di questi organelli. Inoltre, gB è ubiquitinata a livello della coda C-terminale dove si localizzano i residui coinvolti in endocitosi e trafficking intracellulare (Calistri et al., 2007). Partendo dal presupposto che gB è una delle glicoproteine più conservate tra gli herpesvirus, lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di analizzare se anche nel caso di altri virus appartenenti alla famiglia Herpesviridae, che sembrano utilizzare i MVB per la propria maturazione e/o gemmazione, questa glicoproteina rappresenti uno degli anelli di congiunzione tra virus e pathway cellulare. In particolare, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla gB di HCMV (UL55), essendo le evidenze a sostegno del ruolo dei MVB nel ciclo replicativo di questo virus ancora contraddittorie (Fraile-Ramos et al., 2007; Tandom et al., 2009). Mentre normalmente questa glicoproteina localizza a livello dell’AC (Sanchez at al., 2000), abbiamo dimostrato attraverso saggi di immunofluorescenza (IF) che, in cellule nelle quali la biogenesi dei MVB viene bloccata, gB rimane dispersa nel citoplasma delle cellule infettate. In cellule trasfettate, invece, il blocco della biogenesi di questo pathway ne determina l’accumulo sia a livello intracellulare sia in compartimenti membranosi e la rilocalizzazione a livello di siti positivi per EEA-1 (early endosomal antigen-1), un marcatore degli endosomi precoci. Questi dati suggeriscono il coinvolgimento dei MVB e la necessità della loro corretta biogenesi nel trafficking anche della gB di HCMV. Inoltre, i nostri dati mostrano che UL55, ma non altre glicoproteine di HCMV, quali UL75 (gH), è ubiquitinata sia in cellule infettate sia in cellule trasfettate con costrutti che mediano la sua espressione. Significativamente, abbiamo osservato che UL55 presenta un sequenza PPSY, reminiscente del motivo PPxY, sequenza consenso che media l’interazione con proteine caratterizzate da domini WW, quali le ubiquitino ligasi E3 della famiglia Nedd4 (Strack et al., 2000). Infatti, siamo stati in grado di dimostrare che le ubiquitino ligasi di questa famiglia, che sono implicate nella biogenesi dei MVB (Staub et al., 1997), interagiscono fisicamente con UL55, proprio attraverso il motivo PPSY, e sono coinvolte nella sua ubiquitinazione e nella sua degradazione lisosomiale, almeno in condizioni di over-espressione. In particolare abbiamo osservato che: i) quando sovraespresse le ubiquitino ligasi portano ad una significativa riduzione dei livelli di UL55 in cellule co-trasfettate con il costrutto esprimente la glicoproteina virale; ii) almeno in condizioni di sovraspressione, UL55 si accumula nelle cellule in presenza dell’inibitore dei lisosomi bafilomicina. Il complesso ruolo giocato dall’ubiquitinazione nel trafficking di UL55 è stato ulteriormente dimostrato indagando la funzione svolta, a questo livello, dalle due de-ubiquitinasi AMSH e UBPY, entrambe attive a livello dei MVB (Clague and Urbè, 2006). Coerentemente al modello prevalente in letteratura (Welchman et al., 2005), i nostri risultati suggeriscono che AMSH sia coinvolta nella deubiquitinazione di UL55 al fine di favorire il suo reciclo, mentre UBPY la deubiquitini per permetterne l’incorporazione nei MVB. A dimostrazione ulteriore del coinvolgimento dei MVB nel destino intracellulare di UL55, quest’ultima, ma non gB di HSV-1 nè gB del virus della pseudorabbia (UL27), interagisce anche con Tsg101, un’altra proteina fondamentale per la biogenesi dell’organello cellulare. È noto che le proteine che interagicono con tale componente dei MVB contengono un dominio aminoacidico ricco in proline di tipo P(T/S)AP. UL55 non contiene sequenze consenso sovrapponibili a tale motivo e i nostri dati permettono di escludere che il legame sia mediato dalle ubiquitino ligasi Nedd4 o da alcune proteine adattatrici, che reclutano a livello endosomiale e del TGN proteine ubiquitinate destinate ai MVB (Hrs, GGA, Tom). Abbiamo, invece, dimostrato che il legame tra UL55 e Tsg101 è mediato dalla coda citoplasmatica della glicoproteina e dal dominio N-terminale UEV (ubiquitin E2 variant) di Tsg101. Mutanti di Tsg101 a livello del dominio UEV che non legano più l’ubiquitina o L-domain di tipo P(T/S)AP, invece, continuano ad interagire con UL55. Infine saggi di IF in cellule infettate hanno messo in luce che la proteina Tsg101 è reclutata all’AC. Ulteriori esperimenti chiariranno il meccanismo molecolare alla base di questa interazione. Consapevoli che i dati ottenuti, pur indicando un ruolo chiaro per i MVB nel trafficking della gB di HCMV, erano stati ottenuti principalmente in cellule trasfettate, abbiamo voluto analizzare la rilevanza funzionale e biologica dei nostri risultati ottenendo, mediante mutagenesi basate sulla strategia BAC (bacterial artificial chromosome), virus ricombinanti caratterizzati da specifiche mutazioni a livello di UL55 o dalla sua completa delezione. L'analisi di questi mutanti in termini di crescita, localizzazione intracellulare di specifiche proteine virali e/o cellulari (saggi di IF) e maturazione/gemmazione dei virioni (saggi di microscopia elettronica) chiariranno il ruolo delle interazioni tra UL55 e le proteine dei MVB nel ciclo replicativo di HCMV. Nel complesso fino a questo momento i nostri dati mostrano che UL55, come la gB di HSV-1, è una delle proteine chiave che associa envelopment e gemmazione virali al pathway dei MVB.
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Malaspina, Paolo. "Studio petrografico delle vulcaniti del Gruppo Vulcanico Atesino. Sezione del Colbricon-Coston dei Slavaci". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11857/.

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Resumo:
Il presente lavoro di tesi consiste nello studio petrografico (in sezione sottile) e geochimico (con analisi in XRF), di 18 campioni della successione di vulcaniti permiane del Gruppo Vulcanico Atesino. I campioni sono stati prelevati durante un rilevamento geologico nelle aree del Passo Rolle e S. Martino di Castrozza. Lo scopo della tesi è di fornire una precisa classificazione dei litotipi su base petrografica-geochimica.
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Del, Forno Simona <1984&gt. "Terapia riabilitativa del pavimento pelvico in donne con endometriosi profonda infiltrante e dispareunia: studio prospettico randomizzato controllato". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9159/1/del%20forno_tesi%20dottorato.pdf.

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Resumo:
L’obiettivo primario di questo studio prospettico randomizzato controllato è stato valutare gli effetti della terapia riabilitativa del pavimento pelvico in donne con endometriosi profonda e dispareunia superficiale in termini di modificazioni dell’area dello iato pelvico, acquisita mediante ecografia transperineale, durante manovra di Valsalva. Le modificazioni dell'area a riposo e durante contrazione muscolare e la variazione della dispareunia superficiale sono stati analizzati come obiettivi secondari. Sono state arruolate donne nullipare con diagnosi clinica ed ecografica di endometriosi profonda infiltrante e dispareunia superficiale, sottoposte a fisioterapia del pavimento pelvico (gruppo di studio) o al normale iter assistenziale (gruppo di controllo). Le donne sono state sottoposte ad ecografia transperineale 3D e 4D per valutare la morfometria del pavimento pelvico a riposo, durante la contrazione muscolare e la manovra di Valsalva, misurando l’area dello iato pelvico (LHA). I sintomi dolorosi sono stati indagati mediante scala numerica (Numerical Rating Scale). Le donne del gruppo di studio sono state sottoposte a 5 sedute individuali di fisioterapia del pavimento pelvico. I sintomi e l’LHA sono stati rivalutati in tutte le donne dopo 4 mesi dalla prima visita. Ventisette donne hanno completato lo studio (17 nel gruppo di studio e 10 nel gruppo di controllo). Dopo la fisioterapia nel gruppo di studio abbiamo osservato un incremento significativamente più marcato dell'LHA durante la manovra di Valsalva, con una differenza complessiva tra i due gruppi pari al 20.7%. Inoltre nel gruppo di studio abbiamo riscontrato una riduzione significativa della dispareunia superficiale (Δ medio = –3.1 ± 2.7, P < 0.001) e del dolore pelvico cronico (Δ medio = –1.1 ± 1.9, P = 0.021). Nelle donne con endometriosi profonda la terapia riabilitativa del pavimento pelvico sembra dunque essere efficace nel migliorare la capacità di rilasciamento muscolare, valutata mediante ecografia transperinale, la dispareunia superficiale ed il dolore pelvico cronico.
The primary aim of this randomized controlled trial was to evaluate the effects of PFM physiotherapy in women with deep infiltrating endometriosis (DIE) and superficial dyspareunia in terms of pelvic floor morphometry (PFM) modifications at transperineal ultrasound during Valsalva maneuver. Modifications of PFM at rest and during pelvic floor contraction and variations of superficial dyspareunia were also analyzed as secondary outcomes. We recruited a series of nulliparous women, with clinical or sonographic diagnosis of DIE and associated superficial dyspareunia. All women underwent a first examination to assess the Levator Hiatus Area (LHA) with a 3-D/4-D transperineal ultrasound at rest, at maximum pelvic floor muscle (PFM) contraction and during maximum Valsalva maneuver; moreover pain symptoms were evaluated using a Numerical Rating Scale (NRS). Subsequently, women were randomized into 2 groups: women submitted to five individual sessions of pelvic floor physiotherapy at weeks 1, 3, 5, 8, 11 from the first examination (study group) and women submitted to normal care (control group). After 4 months from the first examination (second examination), pain symptoms and LHA were reassessed in all women. Twenty-seven women completed the study, 17 in the study group and 10 in the control group. After physiotherapy, in the study group the enlargement of LHA was significantly greater at maximum Valsalva maneuver in comparison with the control group, with a difference between the 2 groups of 20.7%. Moreover, in the study group we detected a significant reduction of superficial dyspareunia (mean Δ = –3.1 ± 2.7, P < 0.001) and chronic pelvic pain (mean Δ = –1.1 ± 1.9, P = 0.021) at second examination. In women with DIE pelvic floor physiotherapy seems to be effective in improving pelvic floor muscle relaxation, evaluated with transperineal ultrasound, superficial dyspareunia and chronic pelvic pain.
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Puglisi, Ileana. "Studio delle problematiche idrauliche del tratto Torano-Avezzano dell'Autostrada dei Parchi". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5984/.

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Battista, Tommaso <1988&gt. "Il sistema americano dei brevetti - studio del caso Apple v. Samsung". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4812.

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Ho voluto trattare il tema dei brevetti del mondo dell'itech con particolare attenzione al caso di grande portata e interesse internazionale che ha visto fronteggiarsi negli ultimi anni i due maggiori produttori nel campo della telefonia mobile
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Ghisi, Margherita. "Studio del ruolo dei microRNA nella maturazione e nella leucemogenesi T". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426962.

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Maturation of T cells occurs through a series of steps and is driven by factors and mechanisms which remain poorly defined. Recent work shows that some microRNAs (miRs) are dynamically regulated in their expression during hematopoietic development, inflammation and leukemogenesis. However, little is known regarding the possible role of miRs during the physiologic development of human T cells or their significance in T cell-derived malignancies. In order to identify miRs which could be involved in the differentiation of T lymphocytes, we analyzed the expression profile of miRs in human T cell progenitors at different stages of maturation: Double Positive (DP; CD4+CD8+), Single Positive CD4+ (SP CD4; CD4+CD8-) and Single Positive CD8+ (SP CD8, CD4-CD8+). In parallel, in order to deepen our knowledge about microRNA expression in T lymphoid cells, smallRNA libraries were generated from total RNA of unsorted thymocytes, DP thymocytes, CD4+ and CD8+ mature peripheral blood lymphocytes. The array-based analysis showed that each thymic population displays a distinct miR expression profile, which reflected the developmental relationships between maturation stages in thymocytes. A general up-regulation of miR expression was observed in T precursors during the maturation from DP to SP stage. The generation of small-RNA libraries enabled us to study the expression of both known and new candidate miRs in different T lymphoid populations. In order to identify known and new candidate miRNAs among the short-RNA sequences, a computational pipeline was developed. Computational analysis of the 29.744 small-RNA sequences obtained from our libraries led to the identification of 139 sequences corresponding to known miRs and 98 sequences of new candidate miRs. A bootstrap analysis estimated that the sequence data covered more than 80% of the total content of miRs in the 4 libraries. The analysis of the libraries confirmed the general up-regulation of miR expression during T cell maturation. By comparing the array and sequence data, we identified a group of known miRs which were consistently regulated during normal T cell maturation. The modulation of the expression during T cell differentiation of some of these miR, such as miR-150, was further validated by qRT-PCR. Subsequently, for this subset of miR, we searched for potential target genes by crossing the results of 3 different target prediction softwares (Miranda, TargetScan and PicTar). Among the predicted targets for this group of miRs we found many genes involved in biologically relevant processes, including cell cycle regulation, apoptosis, differentiation and tumorigenesis. Moreover, we compared the gene expression profiles from thymic subpopulations with the list of computationally predicted targets for the most significantly regulated miRs between mature SP and DP thymocytes. By combining this approach to the pure bioinformatic approach, we identified a gene of the family of Notch receptors (Notch3), referred to as Candidate Target 1, which is known to be important in T cell differentiation and in leukemic transformation and which is concordantly predicted by 3 different target prediction softwares as a target of miR-150, one of the top up-regulated miR during T cell maturation from DP to SP stage. Moreover, Candidate Target 1 is regulated in thymocytes maturation in the opposite direction compared to miR-150. In particular, we identified a high complementarity between miR-150 and the 3’UTR of Candidate Target 1. We are now working in order to validate experimentally the association between miR-150 and Candidate Target 1. In parallel, we decided to study the functional effects of miR-150 over-expression in T-ALL cell lines. MiR-150 is expressed at very low levels in all the T-ALL cell lines tested. Interestingly, when we forced the expression of miR-150 in Jurkat T-ALL cells, we observed a significant reduction of the proliferation rate associated with the accumulation of cells in the G2 phase of cell cycle. Eventually, in order to identify patterns of miR expression that can be associated with malignant transformation, we compared the miR expression profiles of human thymocyte subpopulations to the profile of a group of T-cell lymphoblastic lymphomas (T-LBL) of childhood and to that of a group of reactive non-neoplastic lymph nodes (LN) (provided by Dr. Rosolen laboratory, Department of Pediatrics, University of Padova). The hierarchical clustering of the samples indicated that TLBLs have a group of miRs which are differentially expressed both in respect to reactive lymph nodes and to thymic healthy subsets. Interestingly, we observed that all the top 25 differentially regulated miRs during T differentiation from DP to SP stage (excluding miR-128) show a significant differential expression in T-LBL compared to at least one of the thymus populations. In the future, we plan to investigate the biological significance of some of the miRs regulated in the maturation and neoplastic transformation of T cells, playing particular attention to miR-150 role in these processes.
La maturazione delle cellule T avviene attraverso una serie di complesse modificazioni fenotipiche e genotipiche ed è guidata da fattori e meccanismi in parte ancora poco compresi. Recenti lavori hanno mostrato che l'espressione di alcuni microRNA (miR) è dinamicamente regolata nel corso dello sviluppo ematopoietico, della risposta immunitaria e della leucemogenesi. Tuttavia, attualmente, è ancora in gran parte sconosciuto il ruolo dei miR nello sviluppo fisiologico delle cellule T, nonché il significato della loro alterata espressione nella leucemogenesi T. Allo scopo di identificare miR potenzialmente coinvolti nella differenziazione dei linfociti T, abbiamo analizzato il profilo d’espressione dei miR in timociti umani a diversi stadi di maturazione: Doppi Positivi (DP; CD4+CD8+), Singoli Positivi CD4+ (SP CD4; CD4+CD8-) e Singoli Positivi CD8+ (SP CD8, CD4-CD8+). Parallelamente, al fine di approfondire la nostra conoscenza sull’espressione dei miR nelle popolazioni linfoidi T, abbiamo generato delle librerie di small-RNA a partire dall’RNA totale di timociti non frazionati, timociti DP, linfociti maturi CD4+ e CD8+ del sangue periferico. L’analisi dei dati degli array ha mostrato che ogni popolazione timica presenta un profilo d’espressione dei miR caratteristico e distinto, che riflette le relazioni fra gli stadi di sviluppo dei precursori T. Nel corso della maturazione dei precursori T dallo stadio DP a quello SP si osserva una generale up-regolazione dell’espressione dei miR. La generazione delle librerie di small-RNA ci ha permesso di studiare l’espressione sia dei miR noti, che di nuovi candidati miR nelle diverse popolazioni linfoidi T. Al fine di identificare i miR noti e nuovi potenziali fra le sequenze delle librerie di small-RNA, è stata sviluppata una pipeline bioinformatica. L’analisi computazionale delle 29.744 sequenze di small-RNA ricavate dalle nostre librerie ha portato all’identificazione di 139 sequenze corrispondenti a miR noti e 98 sequenze di candidati nuovi miR. Mediante un'analisi bootstrap, è stato calcolato che, per tutte e 4 le librerie, il set di miR maturi sequenziati rappresenta più dell'80% della totalità dei miR che si stima siano espressi nei campioni. L’analisi delle librerie ha confermato la generale up-regolazione dell’espressione dei miR nel corso della maturazione delle cellule T. Comparando i dati degli array e del sequenziamento delle librerie, è stato individuato un gruppo di miR noti che sono consistentemente regolati durante la differenziazione T. Il pattern di espressione nei diversi stadi di sviluppo T di alcuni di questi miR, tra cui miR-150, è stato validato mediante qRT-PCR. In seguito, abbiamo fatto una ricerca dei target potenziali di questi miR integrando i risultati di 3 diversi software di predizione di target (Miranda, TargetScan and PicTar). Fra i candidati target del gruppo di miR d’interesse sono stati identificati molti geni coinvolti in processi biologici rilevanti, come la regolazione del ciclo cellulare, l’apoptosi, il differenziamento e la tumorigenesi. Inoltre, abbiamo confrontato i profili di espressione genica delle popolazioni timocitarie con la lista di target predetti computazionalmente per i miR regolati con maggiore fold-change nel corso della differenziazione dei timociti da DP a SP. Combinando quest’ultimo approccio alla ricerca bioinformatica integrata di target, abbiamo identificato un gene della famiglia dei recettori Notch (Notch3), definito Candidate Target 1, che è noto giocare un ruolo importante nella differenziazione T e nella trasformazione leucemica e che viene predetto, in modo concorde da tre diversi software di predizione di target, come bersaglio di miR-150, uno dei miR maggiormente up-regolati nelle popolazioni timocitarie mature rispetto ai DP. Inoltre, il trascritto di Candidate Target 1 risulta regolato in modo opposto al miR-150 nel passaggio dei timociti dallo stadio DP a quello di SP CD4. In particolare, abbiamo identificato un'elevata complementarietà fra il miR-150 e l'UTR-3' del gene Candidate Target 1. Attualmente stiamo lavorando per validare sperimentalemente l’associazione fra miR-150 e Candidate Target 1. In parallelo, abbiamo deciso di studiare gli effetti funzionali dell’over-espressione di miR-150 in linee cellulari di T-ALL. MiR-150 è espresso a livelli molto bassi in tutte le linee cellulari di T-ALL analizzate. Inducendo l’espressione forzata di miR-150 nella linea di T-ALL Jurkat, abbiamo osservato un significativo rallentamento del tasso di proliferazione cellulare associato ad un accumulo delle cellule in fase G2. Infine, allo scopo di identificare pattern di espressione dei miR associati alla trasformazione neoplastica T, abbiamo confrontato i profili d’espressione dei miR delle sottopopolazioni timocitarie umane con il proflo di un gruppo di linfomi linfoblastici T (T-LBL) pediatrici ed un gruppo di linfonodi reattivi non neoplastici (LN) (forniti dal laboratorio del Dott. Rosolen, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova). Il clustering gerarchico dei campioni ha mostrato che i T-LBL hanno un profilo d’espressione dei miR distinto sia da quello delle sottopopolazioni timocitarie, sia da quello dei linfonodi reattivi. Abbiamo inoltre osservato che tutti i 25 miR maggiormente regolati nel passaggio dei timociti dallo stadio DP a SP (a parte miR-128) risultano espressi in modo differenziale nei T-LBL rispetto ad almeno una delle popolazioni timiche. Nel futuro, ci proponiamo di investigare il significato biologico di alcuni dei miR regolati nella maturazione e la trasformazione neoplastica delle cellule T, ponendo particolare attenzione al ruolo di miR-150 in questi processi.
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FELLONI, GIACOMO. "L’autorità del provvedimento cautelare. Contributo allo studio dell’efficacia dei provvedimenti giudiziali". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/262939.

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Resumo:
Il presente lavoro analizza l’autorità del provvedimento cautelare nell’ordinamento italiano. Tale nozione è stata introdotta inizialmente per il solo rito societario (art. 23, 6° comma, d.lg. n. 5/2003) e, successivamente, è stata generalizzata, nel 2005, dall’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c., senza che però il legislatore ne abbia fornito una definizione, limitandosi, invece, a richiamare il dibattito formatosi sull’art. 337, 2° comma, c.p.c. Nel primo capitolo del presente lavoro ci si è, pertanto, anzitutto, concentrati sulla definizione che la nozione di “autorità” ha assunto in relazione ad altri provvedimenti giudiziali nell’ordinamento italiano (ed, in particolare, si è esaminato il dibattito sulla nozione di “autorità della sentenza” ex art. 337, 2° comma, c.p.c.). All’esito di tale indagine si è, così, proceduto ad indagare il significato che la nozione di “autorità” assume con specifico riferimento al provvedimento cautelare, esaminando sia il significato dell’espressione “auctoritas” nel diritto romano, sia il significato di “autorité de la chose jugée”, con specifico riferimento alle ordinanze di référé, nell’ordinamento francese. Si è, così, cercato di dimostrare come non vi sia un’unica definizione di “autorità”, ma come sia, invece, necessario valutare, caso per caso, il significato da attribuire a tale espressione. Nella seconda parte del lavoro si è, invece, esaminato come la nozione di “autorità” di un provvedimento cautelare (ed il divieto di invocarla in un diverso giudizio ai sensi dell’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c.) incida sul diritto sostanziale e sul diritto processuale. In particolare, nel secondo capitolo, sono stati esaminati i rapporti tra provvedimenti cautelari ed alcuni istituti di diritto sostanziale, quali la prescrizione, l’usucapione e la ripetizione di indebito. Nel terzo capitolo si è esaminato entro quali limiti la decisione cautelare sia invocabile in un giudizio di merito. Infine, nel quarto capitolo, si è esaminato in che misura l’autorità della misura cautelare rilevi in un giudizio esecutivo ed in un diverso giudizio cautelare. Dall’esame di tali interferenze è uscito un quadro composito, in cui la nozione di autorità può mutare, talora anche significativamente, in relazione agli istituti di diritto processuale o sostanziale con cui entra in contatto. Di conseguenza, nonostante la formulazione letterale dell’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c., si è concluso che talora l’autorità del provvedimento cautelare è invocabile in un diverso giudizio.
The study focuses on the authority of the protective order in the Italian legal system. This concept was firstly introduced for procedures concerning corporate disputes – by Article 23, paragraph 6, legislative decree n. 5/2003 – and, eventually, generalized, in 2005, by Article 669-octies, 9th paragraph, of Italian code of civil procedure. However, the legislator didn’t provide a definition of this concept, evoking the debate over Article 337, 2nd paragraph, of Italian code of civil procedure. The first chapter of the present work, therefore, focuses on the notion of "authority" in relation to other judicial measures in the Italian legal system. In particular, the debate over the notion of "authority of the sentence" about Article 337, 2nd paragraph, of Italian code of civil procedure has been examined. On the outcome of this study, it has been investigated the meaning of "authority" with specific reference to the protective order, examining both the meaning of the expression "auctoritas" in Roman law and the meaning of "autorité de la chose jugée”, with specific reference to the ordinances of référé, in the French legal system. In this way, it has been shown that a single definition of "authority" can’t be given: it is, rather, necessary to evaluate, on a case by case basis, the meaning to attribute to this expression. In the second part, it has been examined how the notion of "authority" of a protective order – and the prohibition, contained in Article 669-octies, 9th paragraph, of Italian code of civil procedure, to evoke it in a different judgment – can affect both the civil and procedural law. In particular, in the second chapter, it has been examined the relationships between protective orders and some institutions of civil law, such as prescription, adverse possession and repetition of undue, were examined. In the third chapter it has been studied the limit within which the protective order can be evoked in a judgment on the matter. In conclusion, in the fourth chapter, it has been examined the boundary of the authority of the protective order in an executive judgment and in a different protective judgment. By examining these interferences, what emerges is that the notion of authority can change, sometimes significantly, in relation to the institutions of procedural or civil law. Therefore, despite the content of Article 669-octies, 9th paragraph, of Italian code of civil procedure, it is possible to conclude that sometimes the authority of the protective order can be evoked in a different judgment.
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Roeder, Hubert. "Mit dem Auge sehen : Studien zur Semantik der Herrschaft in den Toten- und Kulttexten /". Heidelberg : Heidelberger Orientverlag, 1996. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb39276164c.

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Di, Fiore Giulia <1988&gt. "LO SFRUTTAMENTO LAVORATIVO NEL SETTORE AGROALIMENTARE uno studio lombardo e il laboratorio bresciano". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3894.

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L'elaborato muove del progetto di ricerca europeo "Facilitating corporate social responsibility in the field of human trafficking" e si concentra sullo sfruttamento lavorativo nel settore agroalimentare. Sullo sfondo di un panorama in cui le dinamiche di globalizzazione dell'agribusiness influenzano la concorrenzialità delle imprese a livello locale intaccando i diritti del lavoro, viene tracciato il quadro della situazione delle industrie agroalimentari ed agricole italiane e delineata la situazione occupazionale degli immigrati in Italia in campo agricolo e della trasformazione alimentare evidenziandone e valutandone il rischio di esposizione allo sfruttamento lavorativo. Grazie alle interviste realizzate si è avviato un confronto con le parti sociali (ong, sindacati, imprese/aziende, organizzazioni imprenditoriali, ispettori del lavoro) che da una parte ha confermato l'esistenza ed esemplificato la natura del fenomeno dello sfruttamento lavorativo nei campi e nelle aziende della Lombardia, dall'altra ha costituito l’occasione per osservare laboratori di buone pratiche nel territorio di Brescia. Il testo rileva le criticità legislative e culturali che ostacolano l’adozione e l’efficacia delle politiche di prevenzione e dei percorsi di tutela, fornisce una panoramica delle iniziative di responsabilità sociale d’impresa già esistenti ed individua ostacoli e potenzialità delle reti di collaborazione fra i principali stakeholders del settore. L'indagine conoscitiva restituisce un quadro complesso di sinergie possibili fra gli enti, elaborato con la collaborazione degli stessi soggetti intervistati, approfondisce la conoscenza del tema grazie al contributo critico ed autocritico di chi opera nel settore e si ricollega, ampliandolo e descrivendolo più nel dettaglio, al panorama globale e nazionale tracciato dalla bibliografia in materia.
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Miele, Francesco. "Imprevedibilmente sospesi tra stabilizzazione e istituzionalizzazione: uno studio sugli spin-off della ricerca universitaria". Doctoral thesis, University of Trento, 2012. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/742/1/Tesi_Miele.pdf.

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Il presente lavoro si inserisce nell’ampio filone di studi che nel corso degli anni ha indagato i modi in cui nuove forme organizzative si stabilizzano e, in un secondo momento, si istituzionalizzano, diventando modi di agire dati per scontati in un determinato mercato, settore economico e/o società. In particolare, si è scelto di guardare alla tematica delle nuove forme organizzative dalla prospettiva delle reti d’azione, considerando come oggetto di studio i processi organizzativi innovativi e focalizzandosi quindi sui modi in cui da questi emergono e, eventualmente, si stabilizzano e/o si istituzionalizzano alcune reti d’azione. Per inserirsi in maniera originale in questo dibattito si sono presi in considerazione gli spin-off universitari, intesi come processi in cui gruppi di membri dell’università, fondano una propria impresa al fine di commercializzare idee, risultati scientifici e prototipi tecnologici derivanti dalla ricerca accademica. Coerentemente con la lente teorica di riferimento ci si è approcciati a questo fenomeno domandandosi "É possibile che dai processi di spin-off emergano forme organizzative stabilizzate e/o istituzionalizzate? In tal caso, come?”. Per rispondere a queste domande si è scelta la Grounded Theory e si sono utilizzate le tecniche dell’osservazione diretta, dell’intervista etnografica e dell’analisi dei documenti al fine di raccogliere dati empirici da cui emerga una spiegazione teorica del fenomeno. Seguendo la logica del campionamento teorico, parallelamente alla raccolta e all’analisi dati, si è arrivati a scegliere tre casi di spin-off, diversi per anzianità e contesto di appartenenza. La ricerca ha raggiunto principalmente due tipi di contributi. In primo luogo si è mostrato come le forme organizzative nate dai processi di spin-off, inizialmente pensate come modi di trasformare i risultati della ricerca universitaria in prodotti e/o servizi commerciabili, siano al centro di processi di banalizzazione che le rendono simili nelle logiche e nei modelli d’azione a qualsiasi altra forma organizzativa presente nel contesto economico-sociale di riferimento. In secondo luogo, si sono analizzate le complesse e contraddittorie relazioni esistenti tra stabilizzazione e istituzionalizzazione, sottolineando che non necessariamente il rapporto tra tali processi è sequenziale, uno può sfociare nell’altro e viceversa, contribuendo a cambiare, in maniera più o meno radicale, l’ordine istituzionale esistente.
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Conte, Michele. "Studio del comportamento bio-meccanico dei rifiuti solidi urbani (RSU) e modellazione dei cedimenti secondari". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426294.

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One of the strategic aspects of the development of large urban agglomerations is undoubtedly the management of solid wastes. To cope with the need for waste disposal, two strategies can be followed: the incineration and the storage in landfill, with or without pre-treatment. The latter solution, widely practiced in Italy, requires many careful considerations about the environmental, sanitary and geotechnical aspects, in order to ensure the usability of this service in safety conditions during the time of landfill management, which ordinarily exceeds decades. The topic of the research is the theoretical modeling of the secondary bio-mechanical compressibility of Municipal Solid Wastes (MSW), through laboratory tests and verifications with large-scale facilities. The research, developed during the period 2010-2012, has a practical interest because the incorrect assessment of the waste settlements may lead to imprecise evaluations of the storage capacity of the plant, as well as difficulties in the operation of the accessory works, due to both the total and differential settlements. These settlements are a consequential overlapping of the immediate, primary and secondary components, which differ among their for intensity and evolution. The immediate settlement occurs whenever a load is applied over a waste layer, during the storage phase; the primary settlement is related to the compressibility, delayed in time, of the solid skeleton, due to the start of fluid motions, either liquid or gaseous, within the voids of the porous medium. The secondary settlement, or long-term settlement, is produced by compression of the solid skeleton under effective constant stress. The well-known creep phenomenon is coupled, in the MSW, with phenomena of biological degradation resulting from the transformation of organic matter in leachate and biogas. The aim of the research was to calibrate a one-dimensional bio-mechanical decoupled model for the evaluation of settlement strains and their evolution over time, starting from the biological and mechanical parameters of the municipal solid waste. The analysis of the bio-mechanical waste parameters, which represents the preliminary phase of the research, is based on data coming from the literature, as well as on the results of some experiments carried out by means of biological reactors, at the laboratories of the University of Padua and Grenoble, using an original waste (in Padua) or a pretreated waste (in Grenoble). Once the bio-mechanical parameters of the model were calibrated, it was possible to quantify the changes in volume due to both the creep and biological components, that are simultaneously present but activated at different times, because of the effects of the organic component and the conditions of biological degradation (anaerobic and/or aerobic). Therefore, the study of the model was completed by verifications from monitoring data of large-scale landfills, coming from both the literature and in situ investigations of existing plants. Survey methods 1. Introductive activities In the initial phase of this research, a review of the municipal solid waste (MSW) management is presented at the global, European and national level. These strategies concern: incineration, selection and recycling of the waste, reduction of organic material by aerobic and/or anaerobic degradation and storage in landfills. A particular emphasis is given to the methods of mechanical and biological pretreatment, which are able to limit the emissions of pollutants and reduce the incoming volumes, through the preventive stabilization of the organic matter (bioreactor landfill, landfill mining, in situ aeration). 2. State of the knowledge on the mechanics of MSW In the second part of this research, the framework of knowledge about the chemical, physical, hydraulic and mechanical properties of this heterogeneous porous medium, which is the municipal solid waste, was defined. 3. Development of a bio-mechanical model for the secondary compressibility of MSW In the third phase of this study, an assessment about the main characteristics of the MSW and the possible transformations that it can experience over time, was made. In particular, the following aspects were examined: composition, particle size, density, water content, degree of compaction and statistical representativeness. Referring to the chemical parameters, the characteristics of biodegradation were analyzed, in relation to the incidence of the organic matter and the type of process (aerobic and anaerobic). In this context, the biogas and leachate production, the temperature, the gravimetric water content and the involved stress level, were examined. Therefore, the characterization of the mechanical parameters affecting the development of the secondary settlements, was made. Settlement prediction models, currently present in the literature, can be classified according to different criteria, depending on the assumptions on which they are based: there are models derived from the soil mechanics laws (Sowers, 1973; Bjarngard and Edgers, 1990), rheological models (Gibson and Lo, 1961), experimental models (Yen and Scanlon, 1975; Edil et al., 1990, Ling et al., 1998), models incorporating the biodegradation (Marques et al., 2003; Hettiarachchi et al ., 2009) and constitutive models (Machado et al., 2008; Sivakumar Babu et al., 2010). The model, developed in this research work, considers two distinct (creep and biological) components, present simultaneously but activated at different times, because of the effects of the organic component and the conditions of biological degradation (anaerobic and/or aerobic). The model parameters were calibrated from the results of an experimental investigation, carried out in laboratory medium scale reactors, and from in situ observations, related to large scale facilities. 4. Laboratory analysis and experimental research In order to obtain a complete range of representative data, experimental investigations on the behaviour of two types of waste, subjected to compression, were carried out, using in parallel two laboratory reactors. These experiments, which represent the fourth phase of the research work, were implemented at the laboratory of Environmental Engineering of the University of Padua (ICEA Department) and at the LTHE laboratory (Laboratoire d'étude des Transferts en Hydrologie et Environnement) of the University of Grenoble (France). Tests at the University of Grenoble were carried out under the supervision of the Professor Jean-Pierre Gourc, during a stage lasted five months (May-October 2012). The employed material is a municipal solid waste (MSW) coming from the Legnago landfill (VR, Italy), obtained from both an original unaltered waste and a bio-mechanical pretreated waste. The original MSW was subjected to compression tests on a reactor present at the University of Padua, for a period of 180 days, receiving weekly a predetermined amount of incoming leachate, in order to improve the degradability conditions. In parallel, the bio-mechanically pretreated MSW was subjected to compression tests on a reactor present at the University of Grenoble, for a period of 77 days, without any liquid injection. Thus, these tests have allowed to highlight the dependence of bio-mechanical parameters with the initial state of the waste. 5. Extension of the model to the large scale landfills In the last phase of the research, starting from the experimental data obtained from small and medium scale laboratory reactors, a prediction of the secondary settlements for large scale landfills was made. The behaviour of the single elementary cell was integrated to a series of vertical cells, in order to simulate the behaviour of a waste column in landfill. For this purpose, the prediction of the proposed bio-mechanical model was compared with monitoring data coming from the Chatuzange landfill (France), the Yolo County landfill (USA) and the S-landfill (USA), obtaining very encouraging results. The main results of the research can be summarized in the following aspects: * The need of calibration of this bio-mechanical proposed model for the evaluation of the secondary settlement strains, considering the two distinct (creep and biological) components, is highlighted. The model was calibrated considering data from the literature, as well as laboratory tests carried out at the University of Padua and Grenoble. Further validations were given by the study of the settlements of three landfill. The advantage of a correct calibration is observed over very wide time periods, as shown by comparisons with large scale landfills. * The models that include the component of biological degradation are efficient, only if they are able to consider and quantify the settlement component due to the biogas production in anaerobic processes. This circumstance is crucial in large scale MSW landfills. * A modest aerobic pretreatment, bringing forward the times of biodegradation of the organic matter, can limit the settlements and reduce the periods of storage in landfills
Uno degli aspetti strategici dello sviluppo dei grandi agglomerati urbani è senza dubbio la gestione dei rifiuti solidi. Per far fronte alle necessità di smaltimento si possono seguire due strategie: quella dell’incenerimento e quella dello stoccaggio in discarica, con o senza pre-trattamento. Quest’ultima soluzione, molto praticata in Italia, richiede delle attente valutazioni di carattere ambientale, sanitario e geotecnico, al fine di garantire la fruibilità del servizio in sicurezza, durante il tempo di gestione che ordinariamente supera i decenni. L’attività di ricerca s’inserisce nell’ambito della modellazione teorica della compressibilità secondaria bio-meccanica dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU), attraverso test di laboratorio e riscontri con opere in vera grandezza. La ricerca, sviluppata nel corso del triennio 2010-2012, riveste un certo interesse pratico ove si consideri che l’inesatta valutazione dei cedimenti dei rifiuti possa comportare un’imprecisa stima della capacità di accumulo dell’impianto, nonché difficoltà di funzionamento delle opere accessorie a causa dei cedimenti totali e differenziali. Quest’ultimi derivano dalla sovrapposizione delle componenti: immediata, primaria e secondaria, differenti per intensità e decorso. Il cedimento immediato si produce ogni qualvolta si applichi un carico al di sopra di uno strato di rifiuto, durante lo stoccaggio; il cedimento primario è legato alla compressibilità differita nel tempo dello scheletro solido, a causa dell’instaurarsi di moti di fluido, sia liquido che gassoso, all’interno dei vuoti. Il cedimento secondario, o di lungo termine, oggetto della presente Tesi di Dottorato, è prodotto dalla compressione dello scheletro solido sotto tensioni effettive costanti. Il ben noto fenomeno di creep si accoppia, negli RSU, a fenomeni di degradazione biologica, derivanti dalla trasformazione della sostanza organica in percolato e biogas. Scopo della ricerca è stato quello di calibrare un modello bio-meccanico disaccoppiato di tipo monodimensionale per la valutazione delle deformazioni da cedimento e del loro decorso nel tempo, partendo dai parametri biologici e meccanici del rifiuto urbano. L’analisi dei parametri bio-meccanici del rifiuto, costituente la parte preliminare della ricerca, si fonda, oltre che su dati provenienti dalla letteratura specialistica, sui risultati di esperienze con reattori biologici presso i laboratori delle Università di Padova e di Grenoble, utilizzando materiale tal quale (a Padova) o pretrattato (a Grenoble). Una volta calibrati i parametri del modello bio-meccanico è stato possibile quantificare le variazioni di volume riconducibili alle due distinte componenti, di creep e biologica, presenti simultaneamente ma attivatesi con tempi diversi, in ragione dell’incidenza della componente organica e delle condizioni di degradazione biologica (anaerobica e/o aerobica). Completa lo studio il riscontro con i dati provenienti da opere in vera grandezza, ricavati sia dalla letteratura specialistica che da indagini in situ su discariche esistenti. Modalità di indagine 1. Attività introduttive Nella fase iniziale del lavoro viene presentata una rassegna sulla gestione dei rifiuti solidi urbani (RSU) a livello mondiale, europeo e nazionale. Queste strategie riguardano l’incenerimento, l’attività di selezione(raccolta differenziata) e riciclo del materiale, la riduzione dell’attività biologica del materiale tramite degradazione aerobica e/o anaerobica, e lo stoccaggio in discarica. Particolare evidenza è data ai metodi di pretrattamento meccanico e biologico, in grado di limitarne le emissioni inquinanti e di ridurre i volumi conferiti attraverso la preventiva stabilizzazione della sostanza organica (discarica bioreattore, landfill mining, aerazione in situ). 2. Stato delle conoscenze sulla meccanica degli RSU Nella seconda parte della ricerca si è tracciato il quadro delle conoscenze riguardo alle proprietà chimiche, fisiche, idrauliche e meccaniche del mezzo poroso eterogeneo, qual è il rifiuto solido urbano. 3. Elaborazione di un modello bio-meccanico per la compressibilità secondaria degli RSU Nella terza fase dello studio si è resa necessaria una valutazione delle principali caratteristiche del rifiuto e delle possibili trasformazioni che esso può sperimentare nel tempo. In particolare, sono stati esaminati i seguenti aspetti: composizione merceologica, granulometria, densità, contenuto d’acqua, grado di compattazione e rappresentatività statistica. Con riferimento ai parametri chimici, sono state prese in esame le caratteristiche di biodegradazione in relazione all’incidenza della sostanza organica ed al tipo di processo, aerobico e anaerobico. In tale ambito sono state esaminate le produzioni di percolato e di biogas, la temperatura, il contenuto d’acqua gravimetrico ed il livello di tensione coinvolto. Si è proceduto, quindi, alla caratterizzazione dei parametri meccanici che incidono sullo sviluppo dei cedimenti secondari. I modelli di previsione dei cedimenti, attualmente presenti nella letteratura tecnica, possono essere classificati secondo differenti criteri, in relazione alle ipotesi su cui si fondano: modelli derivanti dalle leggi della meccanica delle terre (Sowers, 1973; Bjarngard ed Edgers, 1990), modelli di tipo reologico (Gibson e Lo, 1961), modelli empirici (Yen e Scanlon, 1975; Edil et al., 1990; Ling et al., 1998), modelli incorporanti la biodegradazione (Marques et al., 2003; Hettiarachchi et al., 2009) e modelli di tipo costitutivo (Machado et al., 2008; Sivakumar Babu et al., 2010). Il modello sviluppato nella ricerca considera le due distinte componenti, di creep e biologica, presenti simultaneamente ma attivatesi con tempi diversi, in ragione dell’incidenza della componente organica e delle condizioni di degradazione biologica (anaerobica e/o aerobica). I parametri del modello sono stati calibrati sulla base dei risultati di un’indagine sperimentale condotta in laboratorio con reattori di medie dimensioni ed osservazioni in sito relative ad opere in vera grandezza. 4. Analisi di laboratorio e ricerca sperimentale Per ottenere una gamma completa di dati rappresentativi, sono state condotte delle ricerche sperimentali sul comportamento di due tipi di rifiuto soggetti a compressione, utilizzando, in parallelo, due serie di indagini di laboratorio. La sperimentazione, che costituisce la quarta fase della ricerca, è stata condotta presso il laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale dell’Università di Padova (Dipartimento ICEA) e presso il laboratorio LTHE (Laboratoire d’étude des Transferts en Hydrologie et Environnement) dell’Università di Grenoble (Francia). Le prove all’Università francese sono state condotte sotto la guida del Professor Jean-Pierre Gourc, durante un periodo di stage di cinque mesi (maggio–ottobre 2012). Il materiale utilizzato è un rifiuto solido urbano proveniente dall’impianto di Legnago (VR), ottenuto sia da rifiuti tal quali, sia da un pretrattamento bio-meccanico. L’RSU originario (tal quale), è stato sottoposto a prove di compressione su un reattore presente all’Università di Padova, per un periodo di 180 giorni, ricevendo, settimanalmente, una determinata quantità entrante di percolato, al fine di migliorarne le condizioni di degradabilità. Parallelamente, l’RSU pretrattato bio-meccanicamente è stato sottoposto a prove di compressione su un reattore presente all’Università di Grenoble, per un periodo di 77 giorni, senza alcuna iniezione di liquido. Tale sperimentazione ha consentito di mettere in luce la dipendenza dei parametri bio-meccanici in funzione dello stato iniziale del rifiuto. 5. Estensione del modello alle opere in vera grandezza Nell’ultima fase della ricerca, sono stati esaminati i riscontri provenienti dal monitoraggio di opere in vera grandezza. Partendo dai dati sperimentali, su piccola e media scala, ottenuti dai reattori di laboratorio, si è proceduto al calcolo delle deformazioni da cedimento di opere in vera grandezza. Il comportamento della singola cella elementare è stato generalizzato ad una serie di celle verticali, in grado di simulare il comportamento di una colonna di rifiuti all’interno della discarica. A tal fine si sono confrontati i risultati con i dati di monitoraggio provenienti dalle discariche di Chatuzange in Francia e di Yolo County e S-Landfill negli USA, ottenendo risultati molto incoraggianti. Il principale prodotto della ricerca si può sintetizzare nei seguenti aspetti: * Si evidenzia la necessità della taratura del modello bio-meccanico proposto per la valutazione delle deformazioni secondarie da cedimento, considerando le due distinte componenti, di creep e biologica. Il modello è stato tarato sulla base dei dati provenienti dalla letteratura specialistica, nonché attraverso prove di laboratorio presso le Università di Padova e Grenoble. Ulteriori conferme sono state desunte dallo studio dei cedimenti di tre impianti di stoccaggio degli RSU. Il beneficio di una corretta taratura si osserva su intervalli di tempo molto ampi, come dimostrato dai riscontri con opere in vera grandezza. * I modelli che includono la componente di degradazione biologica si rivelano efficienti solo se in grado di considerare e di quantificare la componente di cedimento dovuta alla produzione di biogas nei processi anaerobici, circostanza questa molto influente nei grandi cumuli urbani di RSU. * Un modesto pretrattamento aerobico, anticipando i tempi di biodegradazione della sostanza organica, consente di limitare i cedimenti e di abbreviare i tempi di stoccaggio in discarica
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Menato, Sara. "VITTORE CARPACCIO. STUDIO DELLA FORMAZIONE DEL MAESTRO E DEL CICLO DI SANT'ORSOLA. CATALOGO DEI DISEGNI". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423685.

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This work has investigated Vittore Carpaccio's art, focusing on three particular points: the painter's apprenticeship, the canvases of the St. Ursula cycle and his drawings. I have identified a group of paintings whose characteristics qualify them as early works, to be dated before the beginning of the St. Ursula cycle, in 1490, when Carpaccio already stands as a mature painter. After this phase, Carpaccio seems to look for new suggestions, which come from the Ferrarese Painting, probably during the mid-eighties of the Fifteenth century. This research wanted also to reinforce the thesis of a journey by the master in central Italy, formulated by some scholars during the last century and to us still valid, despite recent trends to deny it. This work also affords the study of the mathematical principles in the Carpaccio's paintings, especially in the St. Ursula canvases, trying to reconstruct the painter's apprenticeship with the mathematician Girolamo Malatini, as handed down by Daniele Barbaro in a manuscript. The study of the cycle has an important tradition, which has laid the basis for the present research. It has attempted to understand the chronology of the nine canvases, also studying the preparatory drawings and the copies, trying to understand the reasons for the great changes that occur in the transition from the first to the last paintings, in favor of a new sense of color and light. The last part of the thesis concerns the study of the Carpaccio's drawings and it is a catalogue raisonné, in chronological order, with the original, the workshop drawings and ancient copies.
Questo lavoro ha come oggetto di indagine la produzione di Vittore Carpaccio, articolandosi attorno a tre nodi principali: la sua formazione, il ciclo di Sant'Orsola e il catalogo dei disegni. E' stato identificato un gruppo di dipinti le cui caratteristiche formali e i cui riferimenti ad Antonello e Giovanni Bellini consentono di ipotizzare che si tratti di opere giovanili, da datare prima del 1490 che determina l'avvio del ciclo di Sant'Orsola, in cui in maestro si presenta quale artista maturo. Dopo questa prima fase il maestro sembra allontanarsi da queste suggestioni a favore di un avvicinamento alla pittura ferrarese, che a nostro avviso caratterizza la metà  degli anni Ottanta del Quattrocento. Il presente lavoro ha inoltre inteso ribadire l'utilità  dell'ipotesi formulata da una parte della critica del secolo scorso, convinta che Vittore abbia compiuto un viaggio che lo possa avere messo in contatto con la pittura centro-italiana e specialmente urbinate. La ricerca ha anche riguardato l'approfondimento degli aspetti di calcolata costruzione prospettica che i dipinti carpacceschi, specialmente i teleri di Sant'Orsola, mettono in campo. In questo senso è stato dato rilievo all'affermazione manoscritta di Daniele Barbaro circa l'apprendistato di Carpaccio presso Girolamo Malatini, del quale si è cercato di ricostruire il magistero, addensando le notizie biografiche. Lo studio del ciclo di teleri per la Scuola di Sant'Orsola conta di una solida tradizione di studi, che ha gettato solide basi all'interno delle quali il presente lavoro ha tentato di comprenderne la cronologia interna e le ragioni del profondo mutamento che si verificano nella pittura carpaccesca nel passaggio dai primi agli ultimi teleri, in cui si allentano i vincoli disegnativi a favore di un nuovo senso del colore e della luce. Se gli esiti di questa parte del lavoro confluiscono nella sezione saggistica, che comprende anche qualche riflessione sul mutamento della pittura carpaccesca al trapasso di secolo, lo studio della grafica carpaccesca si concreta nella catalogazione che conclude il lavoro. Il catalogo, ordinato cronologicamente, privilegia i disegni autografi, non trascurando quelli della bottega più stretta e le copie antiche, talvolta in grado di trasmettere informazioni importanti circa gli originali da cui sono tratte. Dallo studio dei disegni, analizzati nei loro aspetti materiali e tecnici, cronologici e di provenienza, sono scaturite le riflessioni sulla grafica carpaccesca che costituiscono il capitolo settimo di questa tesi.
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Ornaghi, Annalisa. "Uno studio comparato sulle disuguaglianze di salute: Italia e Francia". Doctoral thesis, University of Trento, 2014. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/1346/1/ORNAGHI.pdf.

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The foundations of this work of research derived by the demonstration that the health is conditioning of a multiplicity by factors, the control of which is not exercised by the only health care system. Health inequalities, representing one of the most unjust and severe inequitable forms because health is one of the pre-conditions in order to live out fully individual life. Health inequality constitutes one of the worst scandals of our time, especially in developed and democratic countries. The theme of health inequalities is a subject beloved to the sociology, because their analysis allows, either to observe the social dynamics, either to understand as the social differences are distributed between the individuals within the society, especially with the current global economic crisis. The main objective of this study is, using comparative analysis, identify and distinguish the inequalities in health in the relationship between social conditions, risk factors, territorial context and state of health of the population, in two European countries (France and Italy), in order to understand their dynamics and as the territorial context affects the inequalities of health of individuals. Through a transnational approach this research project identifies differences and similarities between the two case studies. The results from our analysis, demonstrate the existence of "unexpected" similarities between groups of French and Italian people, despite different characteristics of social welfare and health systems.
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Pittaluga, Federico. "Studio dei processi sedimentari profondi nel bacino del Vavilov (Mar Tirreno Centrale)". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2320/.

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Nichele, Cristina. "Studio dei movimenti verticali del suolo in Europa occidentale da dati gps". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6665/.

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La tecnica di posizionamento GPS costituisce oggi un importante strumento per lo studio di diversi processi tettonici e geodinamici a diverse scale spaziali. E’ possibile infatti usare dati GPS per studiare sia i movimenti delle placche tettoniche a scala globale, sia i lenti movimenti relativi attraverso singole faglie. I campi di applicazione del GPS sono aumentati considerevolmente negli ultimi anni grazie all’incremento del numero di stazioni distribuite sulla Terra e al perfezionamento delle procedure di misura ed elaborazione dati. Tuttavia mentre le velocità di spostamento orizzontali sono da tempo largamente studiate, quelle verticali non lo sono altrettanto perché richiedono il raggiungimento di precisioni sub millimetriche e risultano inoltre affette da numerose fonti di errore. Lo scopo di questo lavoro è quello di ricavare i tassi di deformazione verticale della litosfera in Europa Occidentale a partire dalle misure di fase GPS, passando per l’analisi delle serie temporali, e di correggere tali velocità per il contributo dell’aggiustamento glacio-isostatico (Glacial Isostatic Adjustment, GIA), modellato utilizzando il software SELEN (SEa Level EquatioN solver). Quello che si ottiene è un campo di velocità depurato dal contributo del GIA e rappresentante una stima dei tassi di deformazione verticale relativi all’area in esame associati a processi deformativi diversi dal GIA.
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Tabaroni, Gian Carlo <1976&gt. "Studio del moto dei fluidi in mezzi porosi in regime non-darcy". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/159/1/Tesi_dottorato.pdf.

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Tabaroni, Gian Carlo <1976&gt. "Studio del moto dei fluidi in mezzi porosi in regime non-darcy". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/159/.

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Zanella, Laura. "Cacce del Trecento: edizione critica dei testi poetici con uno studio introduttivo". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 1999. http://hdl.handle.net/10579/877.

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VIRDIS, FRANCESCA. "Studio dei tratti immunofenotipici e valutazione del loro contributo nell'insorgenza di patologie". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2013. http://hdl.handle.net/11584/266128.

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The regulation of the immune response has been intensively studied for decades, however, the effect of the genetic factors affecting the immune cell levels is largely unknown. In order to better understand the immune system regulation and its involvement in diseases, we evaluated the quantitative variation of several leuckocyte populations in peripheral blood including monocytes, granulocytes, circulating dendritic cells and lymphocytes divided in NK, B and T cell subsets. Immunophenotypes, assessed by flow cytometry, were initially measured in 1,629 volunteers,belonging to the SardiNIA project, who have been genotipically characterized with the MetaboChip and ImmuoChip arrays. For each of the 272 assessed traits, we performed a sequenced-based GWAS approach with 8.2 million genotyped and imputed variants derived from the gene arrays and from a reference panel of 1,146 low pass whole-genome sequenced Sardinians. Our results showed that, on the average, the genetic component accounts for 40% (min 3% max 87%) of the phenotypic variation of the immune traits analyzed. Furthermore, we identified, and confirmed in a total of 2,870 volunteers, comprising 1,241 additional individuals, 23 independent signals at 13 loci (p-value<5.26x10-10). Among the associated loci, four of them (HLA, IL2RA, CIITA, ATXN2/SH2B3) are known to be associated with immune and non-immune diseases, indicating the relevance of this approach for identification of immune-related genetic factors in health and disease.
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Bertolaso, Laura. "Tamoxifen nel trattamento del carcinoma mammario: studio dei fattori predittivi di risposta". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423014.

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Breast cancer is the tumor with highest incidence in women and the first leading cause of mortality in Western countries. The estrogen receptor positive breast cancer subtype is the most frequent (60-80%) and for its treatment the selective estrogen receptor modulator tamoxifen can be used. Tamoxifen efficacy is widely recognized in the adjuvant setting (post-surgical) of early stages tumors, however, in a significant percentage of patients disease recurs. The aim of our study was to investigate possible factors contributing to the therapeutic failure of tamoxifen treatment in invasive non-metastatic estrogen receptor positive breast cancer patients. Tamoxifen is a pro-drug extensively metabolized by the hepatic cytochrome P450 CYP2D6 into more active and powerful metabolites compared to the parental drug. Among these it has been recently taken into special account the active metabolite endoxifen, which is considered the main responsible for the therapeutic response because of its high affinity for the molecular target, the estrogen receptor alpha (Erα) and because it shows higher plasma levels compared to the similarly active metabolite 4-idrossitamoxifen. Several studies have demonstrated that the gene of CYP2D6 enzyme is highly polymorphic in the population, due to variations in the gene sequence which result in functional alterations, with partial reduction or total elimination of the enzymatic activity. However, the inter-individual differences in endoxifen exposure, clinically observed, are not only explained by CYP2D6 gene polymorphisms, as its activity is significantly influenced also by environmental causes (such as drugs that inhibit the enzyme). Hence the need to identify new ways to predict individual ability of patients to activate tamoxifen, keeping endoxifen plasma levels as a reference parameter. The latter cannot be directly used to estimate the metabolic capacity of CYP2D6 when mostly needed, thas is before or in the early phases of drug treatment, because, due to the prolonged half-life of the drug and its derivatives, the achievement of steady state plasma levels (indicative of concentrations to which patients are exposed for five years of therapy) takes an average of four months. Finally, in addition to the exposure to the active metabolite, another predictive factor of response may include the molecular target of the drug, the estrogen receptor. It has been confirmed by numerous studies that in tumor and healthy mammary tissue estrogen receptor splicing isoforms of Erα and Erβ are coexpressed with the full-length proteins. Recently, an in vitro study revealed that the wild-type Erβ enhanced the antiestrogenic action of endoxifen. For the evaluation of the individual capacity in tamoxifen activation, to overcome genotyping limitations, two strategies were used: the phenotyping test of CYP2D6 by the probe drug dextromethorphan and the determination of endoxifen plasma levels at the first month (previous to the steady state). We have shown that the results of phenotyping test and levels of endoxifen at the first month are significantly associated with endoxifen steady state levels and both can be considered as informative tools to know the metabolic status of the individual patient. The influence of polymorphisms on endoxifen plasma levels was confirmed by genetic analysis of the CYP2D6 in our population; the genotyping results were also significantly associated with those of phenotyping test. The possible role of an estrogen receptor isoform, Erβ2, on the activity of endoxifen was evaluated, in vitro, by monitoring the transcription of two estrogens sensitive genes. Through analysis of expression of IL20 and ADORA1 it was found that, in the presence of concentrations of endoxifen of 40nM for prolonged time (24h), the isoform Erβ2, co-expressed with Erα, reduced the inhibitory action of endoxifen compared to the presence of only Erα.
La malattia tumorale maligna della mammella rappresenta ad oggi la neoplasia a più alta incidenza nel sesso femminile e la principale causa di mortalità nei paesi occidentali. Il tumore mammario positivo per gli estrogeni rappresenta il sottotipo più frequente (60-80%) per il cui trattamento è previsto l’impiego del modulatore estrogenico selettivo tamoxifen. Tamoxifen ha una efficacia largamente riconosciuta nella fase adiuvante (post-chirurgica) dei tumori in stadio iniziale, tuttavia in una percentuale rilevante di pazienti la malattia si ripresenta. Il nostro studio si pone l'obiettivo di indagare i possibili fattori implicati nel fallimento terapeutico del trattamento con tamoxifen nelle pazienti affette da tumore mammario infiltrante, positivo agli estrogeni, non metastatico. Tamoxifen è un pro-farmaco ampiamente metabolizzato dal citocromo epatico P450 CYP2D6 in metaboliti più attivi e potenti rispetto al farmaco parentale. Tra questi ha recentemente assunto particolare rilievo il metabolita attivo endoxifen, ritenuto il principale responsabile della risposta terapeutica poiché, oltre a possedere un'elevata affinità per il suo target molecolare, il recettore per gli estrogeni alpha (Erα), presenta livelli plasmatici più elevati in confronto al metabolita similmente attivo 4-idrossitamoxifen. Numerosi studi hanno dimostrato che il gene dell'enzima CYP2D6 è altamente polimorfico nella popolazione, a causa di variazioni nella sequenza genica che determinano alterazioni funzionali, con riduzione parziale o azzeramento della attività enzimatica. Tuttavia le differenze inter-individuali nella esposizione ad endoxifen, riscontrate clinicamente, non risultano essere spiegate unicamente dai polimorfismi del gene CYP2D6, poichè la sua attività risulta significativamente influenzata anche da cause cosiddette ambientali (ad esempio farmaci inibitori dell’enzima). Ne deriva la necessità di individuare altri strumenti per la determinazione della capacità delle singole pazienti di attivare il tamoxifen, mantenendo come parametro di riferimento i livelli plasmatici del metabolita attivo endoxifen. Quest’ultimo non può essere usato direttamente per predire la capacità metabolica del CYP2D6 quando maggiormente necessario, cioè prima o nelle prime fasi del trattamento farmacologico, perché, a causa dei prolungati tempi di emivita del farmaco e dei suoi derivati, il raggiungimento dei livelli plasmatici di stato stazionario (indicativi delle concentrazioni a cui sono esposte le pazienti per i cinque anni di terapia) richiede mediamente quattro mesi. Infine, oltre alla esposizione al metabolita attivo, un altro fattore predittivo di risposta potrebbe includere il bersaglio molecolare del farmaco, il recettore per gli estrogeni. Numerosi studi hanno confermato la co-espressione nei tessuti tumorali e sani mammari di isoforme di splicing alternativo alle due forme complete dei recettori estrogenici, Erα ed Erβ. Più recententemente, uno studio in vitro ha rivelato come la forma completa Erβ sia in grado di sensibilizzare le cellule all'azione di endoxifen. Per la valutazione della capacità individuale di attivazione del tamoxifen, superando i limiti della genotipizzazione, abbiamo utilizzato due modalità, il test di fenotipizzazone del CYP2D6 mediante il farmaco sonda destrometorfano e la determinazione dei livelli di endoxifen al primo mese, in fase pre-stazionaria, e li abbiamo correlati ai livelli di endoxifen allo stato stazionario. Abbiamo dimostrato che i risultati del test di fenotipizzazione e i livelli di endoxifen al primo mese sono molto significativamente associati ai livelli di esposizione al metabolita attivo endoxifen allo stato stazionario e possono essere considerati informativi dello status metabolico del singolo paziente. L'analisi genetica del CYP2D6 condotta sui soggetti arruolati ha confermato l'influenza dei polimorfismi sui livelli plasmatici di endoxifen; la genotipizzazione è anche significativamente associata al test di fenotipizzazione. Il possibile ruolo di una isoforma recettoriale estrogenica, Erβ2, sulla attività di endoxifen è stata valutata, in vitro, utilizzando l’induzione della trascrizione di due geni sensibili agli estrogeni. Mediante analisi dell'espressione di ADORA1 ed IL20 è emerso che, in presenza di concentrazioni di endoxifen di 40nM per intervalli di tempo prolungati (24h), l'isoforma Erβ2 co-espressa con Erα riduce l’azione inibitoria di endoxifen rispetto alla presenza di solo Erα.
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Bressan, Nicoletta. "L'imprenditoria cinese in Italia: due casi studio: la ristorazione cinese a Milano e il distretto del porfido a Trento". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2013. https://hdl.handle.net/11572/367877.

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Questo lavoro è uno studio accurato su due settori economici che hanno visto, con modalità differenti, lo sviluppo dell'imprenditoria cinese: la ristorazione cinese a Milano e il distretto del porfido a Trento. La metodologia di ricerca impiegata è stata l'etnografia con la conduzione di interviste semi-strutturate a 56 migranti cinesi, tra lavoratori dipendenti ed autonomi, e interviste non strutturate a 17 esperti incontrati nei due contesti territoriali. I risultati di tale studio riguardano il ruolo delle reti etniche cinesi nel favorire l'accesso al mercato del lavoro e l'imprenditoria, ma anche il contesto lavorativo cinese, le problematiche legate alla normativa contrattuale e i rapporti intra-familiari e tra i membri della rete etnica in ambito familiare e lavorativo.
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POLDI, Gianluca (ORCID:0000-0001-9345-9395). "Le analisi scientifiche non invasive e gli studia humanitatis. Prospettive di ricerca e casi studio". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/26744.

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Questo lavoro di tesi si colloca sul crinale tra le discipline umanistiche e quelle scientifiche, nello specifico ambito delle analisi non invasive, di cui contempla alcune possibilità di esaminare opere policrome o non policrome di diversa natura e su diversi supporti, soprattutto di tipo bidimensionale, ossia dipinti, disegni, testi scritti. La scelta della tipologia di opere si rifà alla possibilità di impiegare o sviluppare tecniche analitiche versatili, in grado di operare su manufatti anche molto differenti tra loro, spesso in situ e non in laboratorio, e possibilmente in tempi relativamente rapidi. Il lavoro di tesi è strutturato in due parti, la prima dedicata alle analisi scientifiche non invasive per l’esame di opere policrome, in specifico pittoriche, la seconda alle analisi volte all’esame di documenti pergamenacei o cartacei. Ciascuna delle due parti prevede una prima sezione inerente le tecniche di immagine più significative rispetto al percorso proposto (fotografiche e riflettografiche, nelle bande del visibile, dell’infrarosso e dell’ultravioletto) e una seconda riguardante le analisi di tipo spettroscopico per lo studio di pigmenti, coloranti e inchiostri. Ai capitoli introduttivi sulle tecniche considerate segue la presentazione di alcuni casi di studio ritenuti particolarmente emblematici per metodo applicativo, significatività del campione e risultati ottenuti. Quattro gli argomenti principali trattati: - il recupero del disegno sottostante in dipinti mediante riflettografia in infrarosso, - lo studio dei pigmenti in dipinti tramite tecniche spettroscopiche, - le tecniche di recupero dei testi cancellati in manoscritti di varia epoca e supporto, - l’esame di inchiostri e pigmenti impiegati su pergamena o carta e delle loro alterazioni. I casi studio spaziano da opere medioevali a opere novecentesche, italiane ed europee, e includono pittori come Butinone, Zenale, Tiziano, Lotto, Fra’ Galgario, Giambattista Tiepolo, lavori su carta di Scamozzi e Semeghini, manoscritti palinsesti scritti in greco e latino, una carta geografica del XV secolo.
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Frank, Hermann, Alexander Keßler e Christian Korunka. "Marktorientierung von Familienunternehmen. Eine Analyse der Wirkung auf den Erfolg. Kurzzusammenfassung der Studie". FOFU Forschungsinstitut für Familienunternehmen, 2010. http://epub.wu.ac.at/3287/1/marktorientierung.pdf.

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Schröder, Gerald. "Der kluge Blick : Studie zur den kunsttheoretischen Reflexionen Francesco Bocchis /". Hildesheim : Olms, 2003. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb39126087j.

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BOLLA, ALBERTO. "STUDIO DEI VERSANTI ROCCIOSI INSTABILI: ANALISI DI STABILITA', PROPAGAZIONE DEI VOLUMI ROCCIOSI E SBARRAMENTO DEL FONDOVALLE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Trieste, 2020. http://hdl.handle.net/11368/2961016.

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Nel presente lavoro di ricerca, vengono presentati i risultati di un’analisi di rischio a cascata (o multi-rischio) indotto dal possibile collasso di un versante roccioso naturale situato in località Passo della Morte (valle del F. Tagliamento, Provincia di Udine, Regione Friuli Venezia Giulia). I rilievi di campagna hanno fornito una grande quantità di dati che provano che lo sperone calcareo investigato è caratterizzato da un notevole danneggiamento dell’ammasso roccioso, risultando in una condizione di stabilità critica. Le evidenze geomeccaniche includono: (1) faglie locali che attraversano l’ammasso roccioso e rappresentano superfici di scivolamento interno; (2) superfici striate e rigetti di faglia all’interno dell’ammasso roccioso; (3) fratture di origine gravitativa; (4) forte danneggiamento dell’ammasso roccioso in zone sovra-stressate del versante; e (5) dati di monitoraggio registrati da dispositivi installati sul versante. Sono stati identificati tre scenari di rottura del versante: (1) una rottura a cuneo che coinvolge un blocco di 110000 m3 (Scenario di rottura 1: BLOCCO1); (2) una rottura a cuneo più grande e profonda che coinvolge un multi-blocco calcareo di 200000 m3 (scenario di rottura 2: BLOCCO1-2-3); e (3) una rottura retrogressiva che coinvolge un blocco dolomitico a tergo che potrebbe essere innescata dal collasso del versante calcareo, mobilizzando un volume massimo di 335000 m3 (scenario di rottura 3: BLOCCO DOLOMITICO). È stata condotta una modellazione numerica (2D e 3D) con il metodo delle differenze finite (FDM) per investigare il comportamento meccanico e il danneggiamento interno del versante instabile prima del collasso. Le simulazioni numeriche dimostrano che la condizione di stabilità del versante è prossima alla condizione di equilibrio limite (strength reduction factor SRF = 1.03–1.13), come dimostrato dal considerevole danneggiamento dell’ammasso roccioso riconosciuto in sito. Il comportamento globale del versante è principalmente governato dalle condizioni cinematiche dei blocchi interni secondari che, a loro volta, dipendono dalla geometria e dalle proprietà meccaniche delle grandi discontinuità che delimitano i blocchi adiacenti. Il meccanismo di rottura è caratterizzato da scivolamento lungo le discontinuità pre-esistenti e danneggiamento interno nella forma di enucleazione di bande di taglio che originano superfici di rottura secondarie e/o zone di danneggiamento dell’ammasso roccioso. Il confronto tra le evidenze geomeccaniche acquisite in sito e gli indicatori meccanici ottenuti dalle simulazioni numeriche può accrescere significativamente la conoscenza dei processi di danneggiamento dell’ammasso roccioso che coinvolgono versanti rocciosi che si avvicinano alla condizione di collasso. Le analisi di propagazione del materiale di crollo, condotte con una modellazione numerica 3D col Metodo degli Elementi Distinti (DEM), hanno dimostrato che un eventuale collasso del versante instabile può generare uno sbarramento nel fondovalle con relativa formazione di un lago a tergo. Per i tre scenari di crollo ipotizzati, l’altezza dello sbarramento di frana è compresa tra 0 m e 13 m. La valutazione della stabilità del potenziale sbarramento di frana ha evidenziato, su base geomorfologica, che la diga di frana sarebbe soggetta a possibile collasso. È stata condotta una modellazione numerica 2DH col Metodo dei Volumi Finiti (FVM) per simulare la propagazione di un’onda di piena innescata dalla rottura del potenziale sbarramento di frana. Le simulazioni idrodinamiche hanno evidenziato dei possibili effetti negativi in alcuni punti situati lungo il tratto d’asta analizzato del F. Tagliamento. Sulla base degli elementi esposti, sono state individuate cinque aree soggette a rischio idrogeologico.
In this research project, the results of a cascading risk (or multi-risk) analysis induced by the possible collapse of a natural rock slope located at the Passo della Morte site (Tagliamento River valley, Province of Udine, Friuli Venezia Giulia Region) are presented. The detailed geomechanical survey has provided a large bulk of field data proving that the investigated limestone slope is characterized by strong rock mass damage, thus resulting in a critical stability condition. Field evidence includes: (1) local faults crossing the rock mass and representing internal sliding surfaces; (2) slickensides and fault slips within the rock mass; (3) fracture joints of gravity-induced origin; (4) strong rock mass damage in over-stressed zones of the slope; and (5) slope monitoring data recorded by some installed devices. Three failure scenarios have been identified: a wedge failure involving a limestone block of 110,000 m3 (failure scenario 1: BLOCK1); a larger wedge failure involving an assembled limestone block of 200,000 m3 (failure scenario 2: BLOCK1-2-3); and a retrogressive failure involving a rear dolomitic block possibly triggered by the collapse of the limestone slope, mobilizing a maximum volume of 335,000 m3 (failure scenario 3: DOLOMITIC BLOCK). A numerical modelling (2D and 3D) has been carried out employing the Finite Difference Method (FDM) in order to investigate the mechanical behaviour and internal rock mass damage of the unstable slope before the collapse. The numerical simulations testify that the stability condition of the slope is close to the limit equilibrium (strength reduction factor SRF = 1.03–1.13), as demonstrated by the considerable rock mass damage observed on the field. The overall mechanical behaviour of the slope is mainly governed by the kinematic conditions of the secondary internal blocks, which in turn, depend on the geometry and mechanical properties of the major discontinuities that delimit the adjacent blocks. Slope failure is achieved through internal rock mass damage represented by internal shear and tensile ruptures localized in correspondence with over-stressed zones. The failure mechanism is characterized by sliding along pre-existing discontinuities and inner damage in the form of the enucleation of shear bands that originate internal secondary failure surfaces and/or damaged rock mass zones. The stress–strain modelling predicts intense slope deformations in zones where rock mass damage actually occurred. This paper emphasizes the decisive connection between the geomechanical field survey and numerical modelling. The comparison of surface geological data acquired on the field with the mechanical indicators obtained from the numerical analyses can significantly improve knowledge of the rock mass damage process that involves unstable slopes approaching failure condition. The runout simulations of the failed blocks, which have been performed through a numerical modelling employing the Distinct Element Method (DEM), demonstrate that the possible collapse of the unstable slope would generate a landslide dam at the valley floor with the subsequent formation of a lake at the back. For the three hypothesised failure scenarios, the landslide dam height would range between 0 m and 13 m. The stability analysis of the potential landslide dam revealed on geomorphological bases that the dam would be unstable. A 2DH hydraulic numerical modelling based on the Finite Volume Method (FVM) has been carried out in order to simulate the propagation of an impulsive wave triggered by the collapse of the potential landslide dam (dam break analysis). The hydrodynamic simulations show possible threats at some locations placed along the investigated stretch of the Tagliamento River valley. On the basis of the potential losses, five areas subjected to hydrogeological risk have been identified.
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METO, AIDA. "Approcci innovativi per studi sui patogeni del cavo orale: modelli di studio in vitro ed ex vivo". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2021. http://hdl.handle.net/11380/1246163.

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Negli ultimi anni, sono stati proposti nuovi composti/strumenti per mantenere la salute orale e/o per trattare diversi problemi dentali/parodontali. Come è noto, la carie dentale si pone tra le infezioni più diffuse ed una sua gestione impropria comporta lo sviluppo di malattie rilevanti ed eventualmente all'estrazione dell’elemento dentale. Una vasta letteratura documenta il ruolo patogenetico di diversi microorganismi che sono in grado di persistere nel cavo orale, in quanto capaci di organizzandosi come comunità microbica eterogenea (comprendente batteri, virus e funghi), adesa alle diverse superfici, strettamente racchiusa in una matrice polimerica di origine polisaccaridica. Tale comunità sessile, che se adesa ai denti è detta placca dentale, è notoriamente refrattaria non solo alle comuni procedure di pulizia con collutori e dentifrici/spazzolini, ma anche ai farmaci antimicrobici e alle difese immunitarie dell'ospite. Questo scenario si complica ulteriormente considerando che l’ampio uso di attacchi fissi o rimovibili nei trattamenti ortodontici espande la problematica e la conseguente sfida clinica, essendo tali dispositivi un ulteriore habitat utile per l'adesione microbica, la crescita e la formazione di biofilm. In misura simile, i pazienti con impianti dentali possono sviluppare localmente malattie legate alla produzione di biofilm impianto-associato, consentendo la progressione clinica verso quadri di perimucosite o perimplantite infettiva. Da qui, sorge la necessità di strumenti/composti innovativi per facilitare la rimozione di microrganismi potenzialmente patogeni e il mantenimento dell'omeostasi del cavo orale. Oltre ai patogeni orali più noti, tra cui il gruppo Streptococcus mutans e il "complesso rosso" dei bacilli anaerobi Gram-negativi, anche Candida albicans (C. albicans), Staphylococcus aureus (S. aureus) e Pseudomonas aeruginosa (P. aeruginosa) possono essere agenti eziologici di malattie orali. Il primo germe, spesso ospitato come commensale delle mucose sane, è il principale patogeno fungino coinvolto nella mucosite orale. Gli altri due sono patogeni molto subdoli, responsabili di malattie ad ampio spettro; considerati i loro numerosi fattori di virulenza e l’ampia farmaco-resistenza, S. aureus e P. aeruginosa sono ampiamente utilizzati per studi in vitro come preziosi prototipi di patogeni Gram-positivi e Gram-negativi. Lo scopo della presente tesi era di valutare in vitro ed ex vivo l'efficacia antimicrobica e antibiofilm di approcci innovativi contro i patogeni orali. Questa tesi ha fornito prove in vitro ed ex vivo sull'efficacia antimicrobica di composti nuovi e tradizionali per la cura e l’igiene del cavo orale, da cui possono derivare in prospettiva scelte più razionali e consapevoli. Ad esempio, un nuovo utilizzo del prodotto endodontico Cupral potrebbe essere proposto nelle pratiche di igiene quotidiana, così come potrebbe essere privilegiato il trattamento delle peri-implantiti con il sistema Bic-40, vista la sua particolare efficacia nella pulizia e nella decontaminazione di superfici lisce e ruvide in titanio, senza influire sulla vitalità delle cellule staminali dell’ospite. Inoltre, il nostro lavoro ha aggiunto nuove conoscenze sulle proprietà antimicrobiche di un composto naturale come la propoli e sui suoi possibili meccanismi d'azione, offrendo nuove opportunità nella ricerca di molecole antimicrobiche alternative. Infine, abbiamo dimostrato che il dentifricio e la gomma Biorepair Peribioma possono influenzare profondamente il comportamento dei microorganismi del cavo orale, a favore di condizioni utili al mantenimento dello stato di salute di questo distretto anatomico. Questo lavoro ha fornito nuove evidenze su come contrastare i patogeni, particolarmente se produttori di biofilm; facilitando il disegno di strategie mirate per la prevenzione e/o il trattamento delle infezioni dentali e orali associate al biofilm.
During recent years, novel compounds/tools are being proposed to maintain oral health and/or to treat dental/periodontal problems. As well known, dental caries are among the most diffused infections and their improper management turns towards relevant disease(s) and eventually tooth extraction. Extensive literature documents the pathogenic role of certain microorganisms and their ability to persist in the oral cavity, as a complex microbial community, including bacteria, viruses and fungi, tightly enclosed in a polymeric matrix of polysaccharide origin. Such sessile community, and particularly dental plaque, the first deeply studied human-associated biofilm, is notoriously refractory not only to common cleaning procedures by mouthwashes and tooth-pastes/brushes, but also to antimicrobial drugs and host immune defenses. This scenario becomes further complicated considering that the widely diffused orthodontic treatments, with fixed or removal brackets, extend the clinical challenge, being such devices an additional good habitat for microbial adhesion, growth and biofilm formation. To a similar extent, patients with dental implants may locally develop biofilm-related diseases, allowing clinical progression toward pathogen-related peri-mucositis or peri-implantitis. From here, the need arises for innovative tools/compounds to facilitate microbial removal and maintenance of oral cavity homeostasis. Besides the most investigated oral pathogens, including Streptococcus mutans-group and the “red complex” Gram-negative anaerobe bacilli, also Candida albicans (C. albicans), Staphylococcus aureus (S. aureus) and Pseudomonas aeruginosa (P. aeruginosa) may occur as causative agent of oral diseases. The first, often harbored as commensal of healthy mucosae, is the main fungal pathogen involved in oral mucositis. The latter two are subtle pathogens, responsible of wide-spectrum diseases; they are being extensively used for in vitro studies, because of their numerous virulence factors and wide-spectrum antimicrobial resistance. The aim of the present thesis was to evaluate in vitro and ex vivo, the antimicrobial and antibiofilm efficacy of innovative approaches against oral pathogens. Our data provided in vitro and ex vivo evidence on the antimicrobial efficacy of several dental-care compounds. A novel use of the endodontic product Cupral could be proposed in daily hygiene practices. The Bic-40 treatment was shown as the best approach in cleaning smooth and rough titanium surfaces (without altering their properties); importantly, its device-decontamination efficacy did not affect the biological properties of reparative stem cells. Furthermore, our work added new insights on the anti-microbial properties of a natural compound, such as propolis, and on its possible mechanisms of action. At last, we showed that the Biorepair Peribioma toothpaste and gum deeply affected oral microorganisms’ behavior, drastically impairing their ability to contaminate and produce plaque onto orthodontic devices; interestingly, replacement by beneficial microorganisms was observed. The overall take-home message from this research is that basic science may greatly increase our knowledge on how to counteract biofilm-producing pathogens; in turn, this will facilitate prevention and/or treatment of dental and oral biofilm-associated infections, making a huge difference in terms of health promotion.
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Eriksson, Ida Bang. "Inspelning och musikproduktion av ”modern retro" : Att förstå den konstnärliga processen". Thesis, Kungl. Musikhögskolan, Institutionen för musik- och medieproduktion, 2020. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:kmh:diva-3521.

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I detta konstnärliga projekt har jag agerat producent och planerat för och genomfört en inspelning av två nyskrivna låtar med mitt band. I denna uppsats har jag undersökt hela den konstnärliga processen noggrant för att förstå vad som händer i den och hur man kommer fram till och kan påverka resultatet. Jag har även valt ut två musikaliska referenser och tagit reda på hur deras produktionsmetoder sett ut och jämfört dem med varandra, samt tagit inspiration därifrån till min egen process. Reflektionerna kring processen kretsar främst kring de tekniska och fysiska förutsättningarna inspelningen har haft och den beslutsfattande roll jag som producent har haft. Detta har resulterat i två grundmixar som ska produceras vidare. Låtarna är inspelade på ett sätt som kan mixas för att matcha flera olika ljudideal och kommer därmed med stor sannolikhet kunna uppfylla min vision av produktionen senare. I den avslutande diskussionen redogör jag mina insikter om att tid och pengar är stora faktorer för vilka förutsättningar man har, vikten av att vara förberedd för att kunna vara tidseffektiv i studion, samt att det mesta går att lösa ändå med hjälp av noga förberedelser och planering.
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Molari, Marco. "Studio ed ottimizzazione del "Fiore del deserto"". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6306/.

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Abu, Aysheh Moh'd Saoud Abdallah <1973&gt. "Studio archeometrico-tecnologico e conservazione dei mosaici romani del sito archeologico di Suasa". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/626/1/Tesi_Abu_Aysheh_Mohd_Saoud.pdf.

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Resumo:
Una breve introduzione sulla storia del mosaico: dalle origine alle sue evoluzione tipologiche e tecnologiche nel tempo, di come si organizzavano le antiche botteghe del mosaico e le suddivisione dei compiti tra il pictor imaginarius, pictor parietarius e il musivarius (la gerarchia) all’interno di essi; la tecniche esecutiva per la messa in opera dei mosaici pavimentali romani. Visto che i mosaici si trovano a Suasa, quindi è stata riassunta la storia della città romana di Suasa con le sua varie fase edilizie, con maggior approfondimenti per gli edifici che presentano pavimentazione a mosaico: in primo luogo è la domus dei Coiedii contenente più di diciotto pavimenti in opus tessellatum. Il secondo è quello del così detto Edificio 4 (ancora inedito e di incerta natura e destinazione) portato in luce solo parzialmente con due settore a mosaico. Successivamente è stato effettuato in maniera dettagliata lo studio dello stato di conservazione dei vani musivi che sono state oggetto in senso stretto dei varie interventi conservativi, sia nella domus dei Coiedii (vano AU, oecus G e vano BB) che in Edificio 4 (vano A e vano D), evidenziando così le diverse morfologie di degrado in base “Normativa UNI 11176/2006 con l’aiuto della documentazione grafica ed fotografica. Un ampio e complessivo studio archeometrico-tecnologico dei materiali impiegati per la realizzazione dei musaici a Suasa (tessere e malte) presso i laboratori del CNR di Faenza.. Sono stati prelevati complessivamente 90 campione da tredici vani musivi di Suasa, di cui 28 campione di malte, comprese tra allettamento e di sottofondo,42 tessere lapidee e 20 tessere vitree; questi ultimi appartengono a sette vani della domus. Durante l’operazione del prelevo, è stato presso in considerazione le varie tipologie dei materiali musivi, la cromia ed le morfologie di degrado che erano presente. Tale studio ha lo scopo di individuare la composizione chimico-mineropetrografico, le caratteristiche tessiturali dei materiali e fornire precisa informazione sia per fine archeometrici in senso stretto (tecnologie di produzione, provenienza, datazione ecc.), che come supporto ai interventi di conservazione e restauro. Infine si è potuto costruire una vasta banca dati analitici per i materiali musivi di Suasa, che può essere consultata, aggiornata e confrontata in futuro con altri materiali proveniente dalla stessa province e/o regione. Applicazione dei interventi conservativi: di manutenzione, pronto intervento e di restauro eseguiti sui vani mosaicati di Suasa che presentavano un pessimo stato di conservazione e necessitavano l’intervento conservativo, con la documentazione grafica e fotografica dei varie fase dell’intervento. In particolare lo studio dei pregiatissimi materiali marmorei impiegati per la realizzazione dell’opus sectile centrale (sala G) nella domus dei Coiedii, ha portato alla classificazione e alla schedatura di sedici tipi di marmi impiegati; studio esteso poi al tessellato che lo circonda: studio del andamento, tipologie dei materiali, dei colore, dimensione delle tessere, interstizio ecc., ha permesso con l’utilizzo delle tavole tematiche di ottenere una chiara lettura per l’intero tessellato, di evidenziare così, tutti gli interventi antiche e moderni di risarciture, eseguiti dal II sec. d.C. fio ad oggi. L’aspetto didattico (teorico e pratico) ha accompagnato tutto il lavoro di ricerca Il lavoro si qualifica in conclusione come un esempio assai significativo di ricerca storicoiconografiche e archeometriche, con risultati rilevanti sulle tecnologie antiche e sui criteri di conservazione più idonei.
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Abu, Aysheh Moh'd Saoud Abdallah <1973&gt. "Studio archeometrico-tecnologico e conservazione dei mosaici romani del sito archeologico di Suasa". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/626/.

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Una breve introduzione sulla storia del mosaico: dalle origine alle sue evoluzione tipologiche e tecnologiche nel tempo, di come si organizzavano le antiche botteghe del mosaico e le suddivisione dei compiti tra il pictor imaginarius, pictor parietarius e il musivarius (la gerarchia) all’interno di essi; la tecniche esecutiva per la messa in opera dei mosaici pavimentali romani. Visto che i mosaici si trovano a Suasa, quindi è stata riassunta la storia della città romana di Suasa con le sua varie fase edilizie, con maggior approfondimenti per gli edifici che presentano pavimentazione a mosaico: in primo luogo è la domus dei Coiedii contenente più di diciotto pavimenti in opus tessellatum. Il secondo è quello del così detto Edificio 4 (ancora inedito e di incerta natura e destinazione) portato in luce solo parzialmente con due settore a mosaico. Successivamente è stato effettuato in maniera dettagliata lo studio dello stato di conservazione dei vani musivi che sono state oggetto in senso stretto dei varie interventi conservativi, sia nella domus dei Coiedii (vano AU, oecus G e vano BB) che in Edificio 4 (vano A e vano D), evidenziando così le diverse morfologie di degrado in base “Normativa UNI 11176/2006 con l’aiuto della documentazione grafica ed fotografica. Un ampio e complessivo studio archeometrico-tecnologico dei materiali impiegati per la realizzazione dei musaici a Suasa (tessere e malte) presso i laboratori del CNR di Faenza.. Sono stati prelevati complessivamente 90 campione da tredici vani musivi di Suasa, di cui 28 campione di malte, comprese tra allettamento e di sottofondo,42 tessere lapidee e 20 tessere vitree; questi ultimi appartengono a sette vani della domus. Durante l’operazione del prelevo, è stato presso in considerazione le varie tipologie dei materiali musivi, la cromia ed le morfologie di degrado che erano presente. Tale studio ha lo scopo di individuare la composizione chimico-mineropetrografico, le caratteristiche tessiturali dei materiali e fornire precisa informazione sia per fine archeometrici in senso stretto (tecnologie di produzione, provenienza, datazione ecc.), che come supporto ai interventi di conservazione e restauro. Infine si è potuto costruire una vasta banca dati analitici per i materiali musivi di Suasa, che può essere consultata, aggiornata e confrontata in futuro con altri materiali proveniente dalla stessa province e/o regione. Applicazione dei interventi conservativi: di manutenzione, pronto intervento e di restauro eseguiti sui vani mosaicati di Suasa che presentavano un pessimo stato di conservazione e necessitavano l’intervento conservativo, con la documentazione grafica e fotografica dei varie fase dell’intervento. In particolare lo studio dei pregiatissimi materiali marmorei impiegati per la realizzazione dell’opus sectile centrale (sala G) nella domus dei Coiedii, ha portato alla classificazione e alla schedatura di sedici tipi di marmi impiegati; studio esteso poi al tessellato che lo circonda: studio del andamento, tipologie dei materiali, dei colore, dimensione delle tessere, interstizio ecc., ha permesso con l’utilizzo delle tavole tematiche di ottenere una chiara lettura per l’intero tessellato, di evidenziare così, tutti gli interventi antiche e moderni di risarciture, eseguiti dal II sec. d.C. fio ad oggi. L’aspetto didattico (teorico e pratico) ha accompagnato tutto il lavoro di ricerca Il lavoro si qualifica in conclusione come un esempio assai significativo di ricerca storicoiconografiche e archeometriche, con risultati rilevanti sulle tecnologie antiche e sui criteri di conservazione più idonei.
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DE, MENECH CARLOTTA. "La questione dei "danni puniti. Uno studio della dimensione sanzionatoria del diritto privato". Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2017. http://hdl.handle.net/11571/1215973.

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La tesi trae spunto dal problema dell'ammissibilità dei danni punitivi nell'ordinamento italiano. Problema che offre l'occasione per effettuare un'operazione di riordino del sistema delle pene pecuniarie private.
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Casellato, Veronica <1987&gt. "Studio dei materiali e tecnica esecutiva del pittore veneto Ippolito Caffi (1809-1866)". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3359.

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Questo lavoro di tesi si è focalizzato sull’identificazione dei materiali e della tecnica pittorica utilizzati dal pittore veneto Ippolito Caffi (1809-1866) , artista attivo dagli anni ’30 del XIX secolo. I dipinti, oggetto di studio, in particolare, sono stati eseguiti tra il 1837 e il 1863. Il 1800 è un secolo di grandi cambiamenti, segnato da nuove scoperte in ambito chimico, progressi degli studi ottici ed innovazioni tecniche. Quest’ ultime riguardano il campo artistico per la nascita dei telai meccanici, l’inizio della sintesi chimica di nuovi pigmenti e l’industrializzazione dei materiali per la pittura, come i pennelli a punta piatta, sedie per pitture e supporti di dimensioni standard già pronti. Le opere sono state analizzate attraverso l’ausilio di differenti tecniche analitiche, quali la microscopia ottica (MO) ed elettronica a scansione (FEG-ESEM) con microanalisi EDS, la micro-spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier (u-FTIR) e la gascromatografia abbinata alla spettrometria di massa (GC-MS). I risultati ottenuti hanno permesso di individuare i pigmenti e i leganti utilizzati dall’artista. I dati indicano che Caffi ha utilizzato sia pigmenti tradizionali ( come ad esempio il giallo di Napoli, le terre rosse, la terra d’ombra e l’ ocra gialla) che quelli di sintesi (come il bianco di zinco, il blu di Prussia, il blu di cobalto , il giallo di cromo e di cadmio, il blu oltremare artificiale e il verde smeraldo). Sono stati individuati i leganti delle opere in esame, che risultano essere state eseguite con leganti di natura lipidica (olii siccativi) e di natura proteica. Inoltre è stato possibile individuare prodotti sintetici (quali resine metacriliche) utilizzate presumibilmente in fase di restauro nel XX secolo. La conoscenza dei materiali e della tecnica del Caffi ha particolare interesse in quanto la tecnica pittorica dell’artista così come la tecnica della pittura veneta della prima metà dell’Ottocento, sono poco indagate. In questo modo si iniziano anche ad acquisire dati sull’accoglimento in Italia delle novità prodotte dall’industria europea nel campo dei “prodotti per le belle arti”.
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Meini, Simone <1986&gt. "Il Progetto del Gassificatore di Bedizzole. Uno studio sul "campo" dei "costi sociali"". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3416.

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Il giorno 8/4/2011, un venerdì, nel comune di Bedizzole , si svolge un Consiglio Comunale nel quale si discute la richiesta della società 3AS.S società agricola , di “costruzione, e gestione di un nuovo impianto per il recupero di energia elettrica da deiezioni avicole (pollina) con potenza pari a circa 1MWe, nel comune di Bedizzole in località Riali.” Due giorni dopo (10/4/2011), per iniziativa spontanea di alcuni Bedizzolesi, viene fondato il “Comitato Civico Salute e Ambiente Bedizzole e dintorni” che si pone il fine di impedire la costruzione del gassificatore di pollina e di sensibilizzare i Bedizzolesi e gli abitanti dei comuni limitrofi sull’importanza della qualità dell’aria e del suolo. Il progetto della società 3AS.S società agricola, presentato in data 27 dicembre 2010, alla Provincia di Brescia e al Comune di Bedizzole , verrà quindi osteggiato con forza, dal Comitato e dai cittadini Bedizzolesi, lungo tutto l’iter che dal momento della presentazione del progetto arriverà al 13 giugno 2012, giorno in cui la Provincia di Brescia, durante la quarta conferenza dei servizi indetta per discutere il progetto, negherà l’autorizzazione all’impianto. L’oggetto di questa tesi è l’analisi economica della serie di eventi prima descritti, soprattutto in riferimento alla tematica dei “costi sociali”.
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Piccininno, Christian. "Studio sulla polverosità dei materiali". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13198/.

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Il lavoro di tesi ha previsto un’analisi fisica per determinare la polverosità di alcuni materiali alla rinfusa inerenti all’attività portuale della città di Ravenna. La polverosità viene definita come la propensione di un materiale a generare polvere durante la sua movimentazione. È analizzata per determinare la qualità dei materiali alla rinfusa e per prevedere il potenziale rischio delle polveri per la salute e la sicurezza dei lavoratori. La sperimentazione si può suddividere in due parti principali. La prima fase riguarda le condizioni di esercizio dell’apparecchio utilizzato nelle analisi, al fine di verificare la variabilità di classificazione della polverosità di tre materiali di prova: la sabbia derivante da macinazione di minerali, il feldspato, il clinker grigio. I tre materiali erano già stati contemplati dall’ordinanza dell’autorità portuale n. 4/08, la quale li classifica in base a tre classi di polverosità (bassa, media ed alta) da un punto di vista qualitativo. La scelta del metodo di analisi è avvenuta sulla base dell’accordo dei risultati analitici, effettuati con diverse impostazioni strumentali, con le classi di polverosità assegnate nell’ordinanza dell’autorità portuale n. 4/08. Nella seconda parte sono state effettuate le analisi per definire il grado di polverosità di due materiali (cloruro di potassio, sepiolite) su cui non si hanno informazioni riportate in letteratura, con lo scopo di classificarle rispetto alle tre classi di polverosità definite dall’autorità portuale.
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Molena, Beatrice. "Studio dei biomarcatori della sinovite". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422487.

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Introduction: Synovitis is a chronic inflammation concerning all early inflammatory arthritis. It is often resistent to standard pharmacological treatment and local therapy , and if not treated , the process becames irreversible. Aim of the study: To identify biomarkers useful to determine the disease activity level, to evaluate the responses to therapies and to delineate the mechanisms involved in the synovitis process, in order to find new potential therapeutic targets for this severe disease. Methods: Synovial fluid (SF), synovial tissue (ST) and/or peripheral bood (PB) samples were obtained from patients affected by psoriatric arthritis (PsA) and pigmented villonodular synovitis (PVNS). Local and sistemic disease activity indexes: knee Thompson articular index (THOMP: range 0 -9), Knee Joint Articular Index (KJAI: range 0 -14), erythrocytes sedimentation rate(ERS: norm 0–20 mm/hr), C-reactive protein (CRP: norm<10), and SF cytokine/chemokine expression levels were mesured before and after IA TNF α blockade.Characterization of synovial mononclear cell infiltration and synovial vessels, and the evaluation of the different cellular subset expression (T regulatory and Thelper 17 cells) was carried out in consecutive serial sections obtained from synovial biopsies or in mononuclear cells obtained from SF or PB. Proper antibodies were used for immunostaining. Analysis were carried out by cellular and molecular biology techniques, cytofluorimetry and immunoistochemistry. Data obtained from the patients were compared to data obtained from proper control groups. Results: SF biomarkers correlate with synovial tissue inflammation and with local and systemic indexes of disease activity in PsA. The IA TNF α blockade lead to a synovial effusion regression and a ST and SF biomarkers significant reduction compared to baseline. In PVNS affected patients, knee injectons lead to a reduction in local indexes of disease activity and in immunohistological alterations. We detected higher CSF-1mRNA expression level in PVNS compared to chronic inflammatory synovitis. The evaluation of Treg and TH17 subset cells phenotype in PsA affected patients showed an increased expression of TH17 cells both at local and systemic level. Moreover, we found some correlations between cell markers both at local and systemic level. Conclusions: Synovial effusion regression is a reliable indicator of the response to IA TNFα blockers in PsA patients and it is confirmed by the correlation between SF biomarkers to disease activity and synovial tissue inflammation. Changes following IA treatment, indicate that ST CD45+ MNC and CD31+ vessels, along with SF IL-6 and -IL-1β, may represent candidate biomarkers of the knee synovitis response to IA TNF-α blockade. The new therapeutic approach concerning serial intraarticular anti-TNF-α injections in pigmented villonodular synovitis resulted in a local clinical improvement accompanied by a rapid regression in synovial stromal fibrosis and vasculogenesis. Moreover, it was ineffective in reducing synovial CSF-1 expression. The detection of higher level of colony-stimulating factor-1 (CSF-1) in synovial tissue of pigmented villonodular synovitis (PVNS) suggests that CSF-1 play an important role in PVNS disease process and supports the idea that CSF-1/CSF-1R interaction may represent a potential therapeutic target of this disease. The higher expression of TH17 cells in contrast to the lower expression of Treg cells detected in the SF and PB of PsA patients, highlights new specific molecular targets for the development of different pharmacological approches able to inhibit the effector response, preventing TH17 activity, or enhancing the regulatory response, inducing the differentiation of Treg cells.
Introduzione: Le sinoviti sono infiammazioni croniche che riguardano tutte le artriti infiammatorie primitive. Spesso resistenti al trattamento farmacologico tradizionale ed alla terapia locale, se non curate, si dimostrano irreversibili. Scopo dello studio: Individuare biomarcatori utili a determinare il grado di attività di malattia, le risposte ai trattamenti e chiarire i meccanismi coinvolti nel mantenimento della sinovite al fine di poterli considerare nuovi possibili bersagli terapeutici per questa grave patologia. Materiali e metodi: Campioni di liquido sinoviale (LS), tessuto sinoviale (TS) e/o sangue periferico (SP) sono stati ottenuti da pazienti affetti da artrite psoriasica (AP) e sinovite villonodulare pigmentosa diffusa (PVNS). Sono stati valutati gli indici di attività di malattia locali: knee Thompson articular index (THOMP: range 0 -9), Knee Joint Articular Index (KJAI: range 0 -14) e sistemici: velocità di eritrosedimantazione (VES: norm 0–20 mm/hr), proteina C-reattiva (PCR: norm<10), e sono stati misurati i livelli di citochine/chemochine nel LS prima e dopo trattamento intra-articolare (IA) con anti-TNFα (E). La caratterizzazione dell’infiltrato cellulare sinoviale e dei vasi sinoviali e la valutazione dell’espressione di frazioni cellulari ad attività funzionale opposta (Treg e TH17) è stata ottenuta marcando con opportuni anticorpi sezioni seriali di biopsie sinoviali e cellule mononucleate separate da SP e LS rispettivamente. Tutte le analisi sono state eseguite mediante l’utilizzo di tecniche di citofluorimetria, di biologia cellulare e molecolare e di immunoistochimica e i dati raccolti dai gruppi di pazienti sono stati confrontati con quelli raccolti da opportuni gruppi di controllo. Risultati: Abbiamo dimostrato che nell’AP i biomarcatori del liquido sinoviale correlano con l’infiammazione del tessuto sinoviale e gli indici sistemici di attività di malattia e che in risposta al trattamento IA con anti-TNFα il versamento sinoviale e i biomarcatori del liquido e del tessuto sinoviale sono significativamente ridotti rispetto ai livelli basali. Nella PVNS le iniezioni IA hanno portato ad un effettivo miglioramento degli indici locali di attività di malattia e ad una riduzione delle alterazioni immunoistologiche. Lo studio di espressione del CSF-1 ha evidenziato che esso è maggiormente espresso nelle sinoviti villonodulari rispetto alle sinoviti infiammatorie croniche. La valutazione dei profili fenotipici delle frazioni cellulari Treg e TH17 nei pazienti affetti da AP ha mostrato che sia a livello sistemico che locale l’equilibrio tra le due frazioni è significativamente spostato verso il fenotipo proinfiammatorio TH17 e che vi sono correlazioni tra l’espressione di alcuni marcatori a livello locale e sistemico. Conclusioni: La regressione del versamento sinoviale è un indicatore reale della risposta ai farmaci bloccanti il TNFα nei pazienti affetti da AP ed è confermata dalle correlazioni tra i biomarcatori del LS con l’attività di malattia e l’infiammazione del tessuto sinoviale. Le alterazioni conseguenti al trattamento indicano che specifici marcatori sinoviali studiati (CD45+, CD31+, IL-1β; IL-6) possano rappresentare potenziali biomarcatori sinoviali della risposta al trattamento con tali farmaci. Il nuovo approccio terapeutico IA anti TNFα nel trattamento della PVNS ha portato ad una rapida regressione della fibrosi e della vasculogenesi. Inoltre si è dimostrato inefficace nel ridurre l’espressione del CSF-1. I più alti livelli di espressione dell’mRNA-CSF-1 riscontrati nella PVNS suggeriscono che il CSF-1 svolge un ruolo chiave nello sviluppo della malattia e che l’interazione tra CSF-1/CSF-1R possa rappresentare un potenziale bersaglio terapeutico per la sinovite villonodulare. L’elevata espressione della frazione cellulare TH17 rispetto alla frazione Treg riscontrata sia nel liquido sinoviale che nel sangue periferico dei pazienti affetti da AP ci permette di pensare a specifici bersagli molecolari per lo sviluppo di nuovi composti capaci sia di inibire la risposta effettrice, per esempio prevenendo l'attivazione antigene-specifica delle cellule TH17, sia di aumentare quella regolatoria, per esempio inducendo il differenziamento delle cellule Treg.
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Waldmann, Annika. "Einfluss der veganen Ernährung auf den Gesundheits- und Ernährungsstatus Ergebnisse der deutschen Vegan-Studie /". [S.l.] : [s.n.], 2005. http://deposit.ddb.de/cgi-bin/dokserv?idn=975162888.

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