Teses / dissertações sobre o tema "Dep Studio"
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Migliorini, Alessandra. "Studio fisico dei piccoli corpi del sistema solare". Paris 7, 2007. http://www.theses.fr/2007PA077013.
Texto completo da fonteThe topic of my PhD research is to study the surface composition of asteroids, Trans-Neptunian Objects, and planetary satellites. I analyzed and interpreted both data taken with ground-based telescopes and space instrument data. They have been analyzed with standard methods: the comparison of observed data with laboratory data, or with synthetical spectra, obtained by mixing end-members, according to the theory of light diffusion. I contributed in interpreting spectroscopical data of the icy satellites of Saturn, Phoebe, lapetus, Enceladus, Tethys and Hyperion, observed by the Cassini/CIRS spectrometer, on board the Cassini spacecraft, in the far infrared spectral range, Physical causes of the absence of features on these spectra have been studied. As a result, such satellites seem to have a very high porouse surface. Laboratory experiments have been conducted, in order to set more strict constrains on icy surfaces properties. Surfaces properties of some more small bodies of the outer Solar System, and a group of 10 E-type asteroids of the Main Belt were also derived, by analyzing ground-based telescopes data. For E-type asteroids, some interesting comparisons with meteorites were found. Moreover, I participated to an astrometrical research of Trojan asteroids of the giant planets. My PhD research has covered a wide spectral range, from visible to FIR: the whole spectral range has provided a useful contribution in the comprehension of the small bodies. Moreover, the possibility to analyze data, taken both with space instruments and ground-based telescopes has greatly enriched with new results the knowledge of our Solar System
Ricci, Alessandro. "Studio della scelta del percorso da parte dei ciclisti". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4236/.
Texto completo da fonteConti, Matteo. "Studio morfo-batimetrico dei canali distributori del delta del Po di Pila". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8247/.
Texto completo da fonteSenni, Filippo. "Studio dei minerali accessori del basamento Varisico delle Alpi Apuane". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14453/.
Texto completo da fonteBulgarelli, Giorgia. "Studio dell’interazione strada-conducenti mediante la tecnica del Deep Learning". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.
Encontre o texto completo da fonteBisacchi, Lorenzo. "Elettroriduzione selettiva del 5-idrossimetilfurfurale: studio dei parametri di reazione". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19231/.
Texto completo da fonteMarchesi, Barbara <1976>. "Endoparassiti del suino: zoonosi e studio dei fattori di rischio". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1857/1/MARCHESI_BARBARA_ENDOPARASSITI_DEL_SUINO_ZOONOSI_E_STUDIO_DEI_FATTORI_DI_RISCHIO.pdf.
Texto completo da fonteMarchesi, Barbara <1976>. "Endoparassiti del suino: zoonosi e studio dei fattori di rischio". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1857/.
Texto completo da fontePavanello, Fosca <1994>. "Reingegnerizzazione dei processi: il caso studio del Comune di Padova". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15487.
Texto completo da fonteSinigaglia, Alessandro. "Studio del ruolo dei miRNA nella patogenesi dell'epatocarcinoma hcv-correlato". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425656.
Texto completo da fonteINTRODUZIONE: I microRNA (miRNA) sono RNA non codificanti il cui ruolo di regolazione dell’espressione genica è stato scoperto e via via delucidato in anni recenti. L’azione dei miRNA, non dissimilmente da quella di altre tipologie di RNA non codificanti (comunemente chiamata RNA-interference), si esprime nell’interazione fisica specifica con trascritti genici (mRNA) e nell’impedimento o comunque nella riduzione quantitativa della produzione a partire da questi ultimi di proteine. L’effetto biologico del miRNA dipende pertanto dalla natura del suo bersaglio. Non è al momento disponibile una mappa precisa dei bersagli di ciascuno dei circa 700 miRNA umani, ma alcuni studi di genomica funzionale hanno già dimostrato per alcuni di essi un coinvolgimento diretto nei meccanismi patogenetici di numerose patologie fra cui il cancro. L’epatocarcinoma (HCC) è fra i tumori umani uno dei più aggressivi e tanto la sua diagnosi precoce quanto ancor più la sua terapia permangono alquanto problematiche. D’altro canto, i fattori che ne provocano e promuovono l’insorgenza (virus epatitici, abuso di alcool le più comuni) sono a loro volta costantemente presenti nella popolazione e potenzialmente in aumento. Molte ragioni quindi possono consigliare la ricerca di nuove linee strategiche che, partendo dall’analisi scientifica, possano sfociare nel medio periodo in miglioramenti nella gestione sanitaria della patologia. Nel caso dei micro-RNA, sono già stati effettuati numerosi studi miranti a mostrare l’esistenza di un preciso schema nell’espressione di specifici miRNA nei fegati affetti da HCC, tuttavia manca al momento un chiaro consenso sulla questione, nonché il quanto mai necessario raccordo con lo studio dei medesimi in ambiti clinicamente distinti ma biologicamente attinenti quali epatite cronica , fibrosi epatica, cirrosi. Concludendo, numerose evidenze scientifiche consigliano di sviluppare e mettere in atto analisi quantitative e qualitative sui miRNA nei tessuti di pazienti affetti da HCC, per poter raccogliere dati necessari ad una miglior comprensione della patogenesi del tumore ma anche per poter studiare meglio le sue cause. Nondimeno, tali studi possono essere sfruttati nel medio periodo per la generazione di modelli biologici utili ai fini dello sviluppo di nuovi approcci terapeutici. OBIETTIVI: Partendo da tali presupposti ed entrando nello specifico di questo studio, gli obiettivi sono: - Sul piano metodologico, la definizione di un protocollo generale per l’analisi dei miRNA in campioni tissutali, nella prospettiva di una rapida diffusione di questo genere di ricerche nell’ambito biomedico. - Sul piano scientifico, il monitoraggio dell’espressione di un pannello di miRNA specifici per il fegato potenzialmente utili per identificare le tappe della progressione dalla patologia epatica all’HCC. Questo tipo di analisi viene svolta in un contesto comparativo ( tessuto tumorale contro tessuto normale) e può fornire le basi per futuri studi focalizzati su interazioni molecolari e funzionali tra miRNA specifici e geni di interesse. DISEGNO DELLO STUDIO 1.Indagine sull'espressione di un pannello di miRNA fegato-specifici e associati a tumore in una serie di campioni di pazienti con tumore epatico HCV-associate (principalmente HCC HCV-collegato) tramite metodiche di RT-real time -PCR 2. Analisi della presenza di HCV con PCR nei campioni di tessuto, e analisi del genotipo e sottotipo di HCV mediante sequenziamento automatico; confronto del profilo di espressione di miRNA con i dati virologici. RISULTATI I risultati dei nostri studi su HCC, ottenuti mediante Real Time PCR con primers specifici per un ristretto pannello di miRNA, hanno permesso di individuare delle differenze nell’espressione di alcuni di questi geni tra campioni di tessuto tumorale e campioni di tessuto normale adiacente. In particolare abbiamo confermato una significativa sottoespressione di mir-199a, presente in quasi il 70% dei casi analizzati, mentre altri (fra cui: mir-195, mir-122a, mir-199b) presentano deregolazioni leggermente meno frequenti ma pur sempre significative (50-65%). Un solo miRNA del pannello selezionato, mir-222, presenta una deregolazione nel senso di una sovraespressione nel tessuto tumorale rispetto a quello sano, in una percentuale superiore al 40%. Gli altri micro-RNA presi in esame non danno, con questa metodica, differenze significative fra i due tipi di tessuto. Considerazioni leggermente differenti derivano dal confronto dei dati relativi a campioni HCV positivi e negativi. Questi dati sono compatibili con quelli riferiti nella letteratura pregressa, dimostrando l’attendibilità delle tecniche utilizzate. L’ attività avviata parallelamente ha riguardato la ricerca di genomi virali di HCV, e successivamente l’analisi delle sequenze virali. Unendo i risultati dell’analisi ai dati clinici disponibili, 20 pazienti su 29 risultano HCV-positivi. Circa le sequenze virali amplificate e analizzate, il confronto coi database bioinformatici ci dà per risultato che il 70% circa dei pazienti HCV-positivi appartiene al gruppo del sottotipo 1b, il 15% al gruppo 1a, e l’altro 15% al gruppo 2. CONCLUSIONI In conclusione, questo studio ha permesso sia di testare e mettere a punto protocolli di analisi trasferibili nel breve periodo ad altri studi scientifici, sia di raccogliere dati sull’espressione dei miRNA nell’epatocarcinoma che, pur necessitando di indagini ulteriori, appaiono interessanti indizi di una de-regolazione genetica specifica di questa condizione patologica.
Nilsson, Desireé. "Gleichstellung der Geschlechter in der Politik konservativer Regierungsparteien : - ein Vergleich zwischen den deutschsprachigen Ländern und Schweden". Thesis, Linnéuniversitetet, Institutionen för språk och litteratur, SOL, 2012. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:lnu:diva-17170.
Texto completo da fonteIannotti, Veronica. "Studio del fenomeno del "wind shear" e analisi dei principali sistemi di rilevamento". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19047/.
Texto completo da fonteEckerström, Simon. "Musikens påverkan på studier : En studie om hur en grupp människor använder musik vid studier och på vilket sätt den påverkar dem". Thesis, Linnéuniversitetet, Institutionen för musik och bild (MB), 2020. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:lnu:diva-96207.
Texto completo da fonteZambruno, Simone <1979>. "La Computer Grafica nello studio del patrimonio culturale. Teorie, metodi, case studies, prospettive". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8598/1/tesi_zambruno_.pdf.
Texto completo da fonteTo understand the advantages that the 3D models bring to Humanities, but also the risks connected to their use, we need to analyze the communication rules that supervise the transmission of information and, subsequently, investigate how the theory has been translated into practice, in some of the most significant international case studies. A wide debate has led to the preparation of increasingly detailed documents regarding the correct use of 3D models. This process has culminated with the London Charter, a milestone for Computer Graphics users, whose specificities will be analyzed in relation to their application in the considered case studies. We will then investigate the area in which the Computer Graphics products for Humanities are used, the museums, to which are associated those places that have similar purposes: study, conservation, exposure and communication, places that more and more often host multimedia installations. A specific section is dedicated to virtual museums that, in some cases, have become a real social phenomenon, even if ephemeral. The technological reception by the "museums" will then be outlined, and so the satisfaction that derives from people’s expectations. Finally, will be analyzed the ministerial programs that attempted to incorporate European trends and indications about the importance of technology for the growth of citizens' awareness. Finally, an attempt was made to extend the analysis to possible future developments: how is it possible to improve multimedia? What are the possible progress related to its creation and use? Finally, what are the new professional profiles to which these two aspects will have to be entrusted?
Caduco, Martina. "STUDIO DEI MECCANISMI MOLECOLARI ALLA BASE DEL COINVOLGIMENTO DEI MULTIVESICULAR BODY NEL CICLO REPLICATIVO DEL CITOMEGALOVIRUS UMANO". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426942.
Texto completo da fonteIl sistema endosomiale delle cellule eucariotiche è una complessa rete di compartimenti membranosi che coordinano il trasporto delle proteine tra la membrana plasmatica, il trans-Golgi network (TGN) ed i lisosomi. Un ruolo centrale a questo livello è svolto da un organello identificato con il termine multivesicular body (MVB). Numerose proteine coinvolte nella biogenesi di questo pathway sono essenziali per la gemmazione di virus ad RNA dotati di envelope come retrovirus (Göttlinger et al., 1991), rhabdovirus, filovirus (Strack et al., 2000), arenavirus e paramyxovirus (Strack et al., 2003). Più recentemente è stato chiarito che anche alcuni virus a DNA dotati di envelope, ed in particolare l’herpes simplex virus di tipo 1 (HSV-1) (Calistri et al., 2007; Crump et al., 2007), il virus dell’epatite B (HBV) (Lambert et al., 2007; Watanabe et al., 2007), l’herpes virus umano di tipo 6 (HHV-6) (Mori et al., 2008) ed il citomegalovirus umano (HCMV) (Tandom et al., 2009), sfruttano le membrane dei MVB per assemblaggio e gemmazione. La teoria attualmente più accreditata riguardo al processo di acquisizione del pericapside ed al meccanismo di gemmazione degli herpesvirus è la teoria del doppio envelopment in base alla quale il virione acquisisce a livello della membrana nucleare interna un envelope primario, che viene perso per gemmazione dalla membrana nucleare esterna. Il virione acquisce, infine, l’envelope secondario e definitivo a livello di organelli intracitoplasmatici di natura membranosa. La morfogenesi di HCMV è completata in un compartimento perinucleare che il virus forma durante l’infezione noto come assembly complex o assembly compartment (AC). Questo progetto nasce dalle evidenze messe in luce nel nostro gruppo di ricerca che dimostrano come la glicoproteina gB di HSV-1 svolga un ruolo centrale nel permettere al virus di sfruttare il pathway dei MVB durante le fasi finali del proprio ciclo replicativo. La glicoproteina, infatti, colocalizza con noti marcatori dei MVB ed il suo traffico intracellulare e maturazione richiedono la corretta biogenesi di questi organelli. Inoltre, gB è ubiquitinata a livello della coda C-terminale dove si localizzano i residui coinvolti in endocitosi e trafficking intracellulare (Calistri et al., 2007). Partendo dal presupposto che gB è una delle glicoproteine più conservate tra gli herpesvirus, lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di analizzare se anche nel caso di altri virus appartenenti alla famiglia Herpesviridae, che sembrano utilizzare i MVB per la propria maturazione e/o gemmazione, questa glicoproteina rappresenti uno degli anelli di congiunzione tra virus e pathway cellulare. In particolare, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla gB di HCMV (UL55), essendo le evidenze a sostegno del ruolo dei MVB nel ciclo replicativo di questo virus ancora contraddittorie (Fraile-Ramos et al., 2007; Tandom et al., 2009). Mentre normalmente questa glicoproteina localizza a livello dell’AC (Sanchez at al., 2000), abbiamo dimostrato attraverso saggi di immunofluorescenza (IF) che, in cellule nelle quali la biogenesi dei MVB viene bloccata, gB rimane dispersa nel citoplasma delle cellule infettate. In cellule trasfettate, invece, il blocco della biogenesi di questo pathway ne determina l’accumulo sia a livello intracellulare sia in compartimenti membranosi e la rilocalizzazione a livello di siti positivi per EEA-1 (early endosomal antigen-1), un marcatore degli endosomi precoci. Questi dati suggeriscono il coinvolgimento dei MVB e la necessità della loro corretta biogenesi nel trafficking anche della gB di HCMV. Inoltre, i nostri dati mostrano che UL55, ma non altre glicoproteine di HCMV, quali UL75 (gH), è ubiquitinata sia in cellule infettate sia in cellule trasfettate con costrutti che mediano la sua espressione. Significativamente, abbiamo osservato che UL55 presenta un sequenza PPSY, reminiscente del motivo PPxY, sequenza consenso che media l’interazione con proteine caratterizzate da domini WW, quali le ubiquitino ligasi E3 della famiglia Nedd4 (Strack et al., 2000). Infatti, siamo stati in grado di dimostrare che le ubiquitino ligasi di questa famiglia, che sono implicate nella biogenesi dei MVB (Staub et al., 1997), interagiscono fisicamente con UL55, proprio attraverso il motivo PPSY, e sono coinvolte nella sua ubiquitinazione e nella sua degradazione lisosomiale, almeno in condizioni di over-espressione. In particolare abbiamo osservato che: i) quando sovraespresse le ubiquitino ligasi portano ad una significativa riduzione dei livelli di UL55 in cellule co-trasfettate con il costrutto esprimente la glicoproteina virale; ii) almeno in condizioni di sovraspressione, UL55 si accumula nelle cellule in presenza dell’inibitore dei lisosomi bafilomicina. Il complesso ruolo giocato dall’ubiquitinazione nel trafficking di UL55 è stato ulteriormente dimostrato indagando la funzione svolta, a questo livello, dalle due de-ubiquitinasi AMSH e UBPY, entrambe attive a livello dei MVB (Clague and Urbè, 2006). Coerentemente al modello prevalente in letteratura (Welchman et al., 2005), i nostri risultati suggeriscono che AMSH sia coinvolta nella deubiquitinazione di UL55 al fine di favorire il suo reciclo, mentre UBPY la deubiquitini per permetterne l’incorporazione nei MVB. A dimostrazione ulteriore del coinvolgimento dei MVB nel destino intracellulare di UL55, quest’ultima, ma non gB di HSV-1 nè gB del virus della pseudorabbia (UL27), interagisce anche con Tsg101, un’altra proteina fondamentale per la biogenesi dell’organello cellulare. È noto che le proteine che interagicono con tale componente dei MVB contengono un dominio aminoacidico ricco in proline di tipo P(T/S)AP. UL55 non contiene sequenze consenso sovrapponibili a tale motivo e i nostri dati permettono di escludere che il legame sia mediato dalle ubiquitino ligasi Nedd4 o da alcune proteine adattatrici, che reclutano a livello endosomiale e del TGN proteine ubiquitinate destinate ai MVB (Hrs, GGA, Tom). Abbiamo, invece, dimostrato che il legame tra UL55 e Tsg101 è mediato dalla coda citoplasmatica della glicoproteina e dal dominio N-terminale UEV (ubiquitin E2 variant) di Tsg101. Mutanti di Tsg101 a livello del dominio UEV che non legano più l’ubiquitina o L-domain di tipo P(T/S)AP, invece, continuano ad interagire con UL55. Infine saggi di IF in cellule infettate hanno messo in luce che la proteina Tsg101 è reclutata all’AC. Ulteriori esperimenti chiariranno il meccanismo molecolare alla base di questa interazione. Consapevoli che i dati ottenuti, pur indicando un ruolo chiaro per i MVB nel trafficking della gB di HCMV, erano stati ottenuti principalmente in cellule trasfettate, abbiamo voluto analizzare la rilevanza funzionale e biologica dei nostri risultati ottenendo, mediante mutagenesi basate sulla strategia BAC (bacterial artificial chromosome), virus ricombinanti caratterizzati da specifiche mutazioni a livello di UL55 o dalla sua completa delezione. L'analisi di questi mutanti in termini di crescita, localizzazione intracellulare di specifiche proteine virali e/o cellulari (saggi di IF) e maturazione/gemmazione dei virioni (saggi di microscopia elettronica) chiariranno il ruolo delle interazioni tra UL55 e le proteine dei MVB nel ciclo replicativo di HCMV. Nel complesso fino a questo momento i nostri dati mostrano che UL55, come la gB di HSV-1, è una delle proteine chiave che associa envelopment e gemmazione virali al pathway dei MVB.
Malaspina, Paolo. "Studio petrografico delle vulcaniti del Gruppo Vulcanico Atesino. Sezione del Colbricon-Coston dei Slavaci". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11857/.
Texto completo da fonteDel, Forno Simona <1984>. "Terapia riabilitativa del pavimento pelvico in donne con endometriosi profonda infiltrante e dispareunia: studio prospettico randomizzato controllato". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9159/1/del%20forno_tesi%20dottorato.pdf.
Texto completo da fonteThe primary aim of this randomized controlled trial was to evaluate the effects of PFM physiotherapy in women with deep infiltrating endometriosis (DIE) and superficial dyspareunia in terms of pelvic floor morphometry (PFM) modifications at transperineal ultrasound during Valsalva maneuver. Modifications of PFM at rest and during pelvic floor contraction and variations of superficial dyspareunia were also analyzed as secondary outcomes. We recruited a series of nulliparous women, with clinical or sonographic diagnosis of DIE and associated superficial dyspareunia. All women underwent a first examination to assess the Levator Hiatus Area (LHA) with a 3-D/4-D transperineal ultrasound at rest, at maximum pelvic floor muscle (PFM) contraction and during maximum Valsalva maneuver; moreover pain symptoms were evaluated using a Numerical Rating Scale (NRS). Subsequently, women were randomized into 2 groups: women submitted to five individual sessions of pelvic floor physiotherapy at weeks 1, 3, 5, 8, 11 from the first examination (study group) and women submitted to normal care (control group). After 4 months from the first examination (second examination), pain symptoms and LHA were reassessed in all women. Twenty-seven women completed the study, 17 in the study group and 10 in the control group. After physiotherapy, in the study group the enlargement of LHA was significantly greater at maximum Valsalva maneuver in comparison with the control group, with a difference between the 2 groups of 20.7%. Moreover, in the study group we detected a significant reduction of superficial dyspareunia (mean Δ = –3.1 ± 2.7, P < 0.001) and chronic pelvic pain (mean Δ = –1.1 ± 1.9, P = 0.021) at second examination. In women with DIE pelvic floor physiotherapy seems to be effective in improving pelvic floor muscle relaxation, evaluated with transperineal ultrasound, superficial dyspareunia and chronic pelvic pain.
Puglisi, Ileana. "Studio delle problematiche idrauliche del tratto Torano-Avezzano dell'Autostrada dei Parchi". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5984/.
Texto completo da fonteBattista, Tommaso <1988>. "Il sistema americano dei brevetti - studio del caso Apple v. Samsung". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4812.
Texto completo da fonteGhisi, Margherita. "Studio del ruolo dei microRNA nella maturazione e nella leucemogenesi T". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426962.
Texto completo da fonteLa maturazione delle cellule T avviene attraverso una serie di complesse modificazioni fenotipiche e genotipiche ed è guidata da fattori e meccanismi in parte ancora poco compresi. Recenti lavori hanno mostrato che l'espressione di alcuni microRNA (miR) è dinamicamente regolata nel corso dello sviluppo ematopoietico, della risposta immunitaria e della leucemogenesi. Tuttavia, attualmente, è ancora in gran parte sconosciuto il ruolo dei miR nello sviluppo fisiologico delle cellule T, nonché il significato della loro alterata espressione nella leucemogenesi T. Allo scopo di identificare miR potenzialmente coinvolti nella differenziazione dei linfociti T, abbiamo analizzato il profilo d’espressione dei miR in timociti umani a diversi stadi di maturazione: Doppi Positivi (DP; CD4+CD8+), Singoli Positivi CD4+ (SP CD4; CD4+CD8-) e Singoli Positivi CD8+ (SP CD8, CD4-CD8+). Parallelamente, al fine di approfondire la nostra conoscenza sull’espressione dei miR nelle popolazioni linfoidi T, abbiamo generato delle librerie di small-RNA a partire dall’RNA totale di timociti non frazionati, timociti DP, linfociti maturi CD4+ e CD8+ del sangue periferico. L’analisi dei dati degli array ha mostrato che ogni popolazione timica presenta un profilo d’espressione dei miR caratteristico e distinto, che riflette le relazioni fra gli stadi di sviluppo dei precursori T. Nel corso della maturazione dei precursori T dallo stadio DP a quello SP si osserva una generale up-regolazione dell’espressione dei miR. La generazione delle librerie di small-RNA ci ha permesso di studiare l’espressione sia dei miR noti, che di nuovi candidati miR nelle diverse popolazioni linfoidi T. Al fine di identificare i miR noti e nuovi potenziali fra le sequenze delle librerie di small-RNA, è stata sviluppata una pipeline bioinformatica. L’analisi computazionale delle 29.744 sequenze di small-RNA ricavate dalle nostre librerie ha portato all’identificazione di 139 sequenze corrispondenti a miR noti e 98 sequenze di candidati nuovi miR. Mediante un'analisi bootstrap, è stato calcolato che, per tutte e 4 le librerie, il set di miR maturi sequenziati rappresenta più dell'80% della totalità dei miR che si stima siano espressi nei campioni. L’analisi delle librerie ha confermato la generale up-regolazione dell’espressione dei miR nel corso della maturazione delle cellule T. Comparando i dati degli array e del sequenziamento delle librerie, è stato individuato un gruppo di miR noti che sono consistentemente regolati durante la differenziazione T. Il pattern di espressione nei diversi stadi di sviluppo T di alcuni di questi miR, tra cui miR-150, è stato validato mediante qRT-PCR. In seguito, abbiamo fatto una ricerca dei target potenziali di questi miR integrando i risultati di 3 diversi software di predizione di target (Miranda, TargetScan and PicTar). Fra i candidati target del gruppo di miR d’interesse sono stati identificati molti geni coinvolti in processi biologici rilevanti, come la regolazione del ciclo cellulare, l’apoptosi, il differenziamento e la tumorigenesi. Inoltre, abbiamo confrontato i profili di espressione genica delle popolazioni timocitarie con la lista di target predetti computazionalmente per i miR regolati con maggiore fold-change nel corso della differenziazione dei timociti da DP a SP. Combinando quest’ultimo approccio alla ricerca bioinformatica integrata di target, abbiamo identificato un gene della famiglia dei recettori Notch (Notch3), definito Candidate Target 1, che è noto giocare un ruolo importante nella differenziazione T e nella trasformazione leucemica e che viene predetto, in modo concorde da tre diversi software di predizione di target, come bersaglio di miR-150, uno dei miR maggiormente up-regolati nelle popolazioni timocitarie mature rispetto ai DP. Inoltre, il trascritto di Candidate Target 1 risulta regolato in modo opposto al miR-150 nel passaggio dei timociti dallo stadio DP a quello di SP CD4. In particolare, abbiamo identificato un'elevata complementarietà fra il miR-150 e l'UTR-3' del gene Candidate Target 1. Attualmente stiamo lavorando per validare sperimentalemente l’associazione fra miR-150 e Candidate Target 1. In parallelo, abbiamo deciso di studiare gli effetti funzionali dell’over-espressione di miR-150 in linee cellulari di T-ALL. MiR-150 è espresso a livelli molto bassi in tutte le linee cellulari di T-ALL analizzate. Inducendo l’espressione forzata di miR-150 nella linea di T-ALL Jurkat, abbiamo osservato un significativo rallentamento del tasso di proliferazione cellulare associato ad un accumulo delle cellule in fase G2. Infine, allo scopo di identificare pattern di espressione dei miR associati alla trasformazione neoplastica T, abbiamo confrontato i profili d’espressione dei miR delle sottopopolazioni timocitarie umane con il proflo di un gruppo di linfomi linfoblastici T (T-LBL) pediatrici ed un gruppo di linfonodi reattivi non neoplastici (LN) (forniti dal laboratorio del Dott. Rosolen, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova). Il clustering gerarchico dei campioni ha mostrato che i T-LBL hanno un profilo d’espressione dei miR distinto sia da quello delle sottopopolazioni timocitarie, sia da quello dei linfonodi reattivi. Abbiamo inoltre osservato che tutti i 25 miR maggiormente regolati nel passaggio dei timociti dallo stadio DP a SP (a parte miR-128) risultano espressi in modo differenziale nei T-LBL rispetto ad almeno una delle popolazioni timiche. Nel futuro, ci proponiamo di investigare il significato biologico di alcuni dei miR regolati nella maturazione e la trasformazione neoplastica delle cellule T, ponendo particolare attenzione al ruolo di miR-150 in questi processi.
FELLONI, GIACOMO. "L’autorità del provvedimento cautelare. Contributo allo studio dell’efficacia dei provvedimenti giudiziali". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/262939.
Texto completo da fonteThe study focuses on the authority of the protective order in the Italian legal system. This concept was firstly introduced for procedures concerning corporate disputes – by Article 23, paragraph 6, legislative decree n. 5/2003 – and, eventually, generalized, in 2005, by Article 669-octies, 9th paragraph, of Italian code of civil procedure. However, the legislator didn’t provide a definition of this concept, evoking the debate over Article 337, 2nd paragraph, of Italian code of civil procedure. The first chapter of the present work, therefore, focuses on the notion of "authority" in relation to other judicial measures in the Italian legal system. In particular, the debate over the notion of "authority of the sentence" about Article 337, 2nd paragraph, of Italian code of civil procedure has been examined. On the outcome of this study, it has been investigated the meaning of "authority" with specific reference to the protective order, examining both the meaning of the expression "auctoritas" in Roman law and the meaning of "autorité de la chose jugée”, with specific reference to the ordinances of référé, in the French legal system. In this way, it has been shown that a single definition of "authority" can’t be given: it is, rather, necessary to evaluate, on a case by case basis, the meaning to attribute to this expression. In the second part, it has been examined how the notion of "authority" of a protective order – and the prohibition, contained in Article 669-octies, 9th paragraph, of Italian code of civil procedure, to evoke it in a different judgment – can affect both the civil and procedural law. In particular, in the second chapter, it has been examined the relationships between protective orders and some institutions of civil law, such as prescription, adverse possession and repetition of undue, were examined. In the third chapter it has been studied the limit within which the protective order can be evoked in a judgment on the matter. In conclusion, in the fourth chapter, it has been examined the boundary of the authority of the protective order in an executive judgment and in a different protective judgment. By examining these interferences, what emerges is that the notion of authority can change, sometimes significantly, in relation to the institutions of procedural or civil law. Therefore, despite the content of Article 669-octies, 9th paragraph, of Italian code of civil procedure, it is possible to conclude that sometimes the authority of the protective order can be evoked in a different judgment.
Roeder, Hubert. "Mit dem Auge sehen : Studien zur Semantik der Herrschaft in den Toten- und Kulttexten /". Heidelberg : Heidelberger Orientverlag, 1996. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb39276164c.
Texto completo da fonteDi, Fiore Giulia <1988>. "LO SFRUTTAMENTO LAVORATIVO NEL SETTORE AGROALIMENTARE uno studio lombardo e il laboratorio bresciano". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3894.
Texto completo da fonteMiele, Francesco. "Imprevedibilmente sospesi tra stabilizzazione e istituzionalizzazione: uno studio sugli spin-off della ricerca universitaria". Doctoral thesis, University of Trento, 2012. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/742/1/Tesi_Miele.pdf.
Texto completo da fonteConte, Michele. "Studio del comportamento bio-meccanico dei rifiuti solidi urbani (RSU) e modellazione dei cedimenti secondari". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426294.
Texto completo da fonteUno degli aspetti strategici dello sviluppo dei grandi agglomerati urbani è senza dubbio la gestione dei rifiuti solidi. Per far fronte alle necessità di smaltimento si possono seguire due strategie: quella dell’incenerimento e quella dello stoccaggio in discarica, con o senza pre-trattamento. Quest’ultima soluzione, molto praticata in Italia, richiede delle attente valutazioni di carattere ambientale, sanitario e geotecnico, al fine di garantire la fruibilità del servizio in sicurezza, durante il tempo di gestione che ordinariamente supera i decenni. L’attività di ricerca s’inserisce nell’ambito della modellazione teorica della compressibilità secondaria bio-meccanica dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU), attraverso test di laboratorio e riscontri con opere in vera grandezza. La ricerca, sviluppata nel corso del triennio 2010-2012, riveste un certo interesse pratico ove si consideri che l’inesatta valutazione dei cedimenti dei rifiuti possa comportare un’imprecisa stima della capacità di accumulo dell’impianto, nonché difficoltà di funzionamento delle opere accessorie a causa dei cedimenti totali e differenziali. Quest’ultimi derivano dalla sovrapposizione delle componenti: immediata, primaria e secondaria, differenti per intensità e decorso. Il cedimento immediato si produce ogni qualvolta si applichi un carico al di sopra di uno strato di rifiuto, durante lo stoccaggio; il cedimento primario è legato alla compressibilità differita nel tempo dello scheletro solido, a causa dell’instaurarsi di moti di fluido, sia liquido che gassoso, all’interno dei vuoti. Il cedimento secondario, o di lungo termine, oggetto della presente Tesi di Dottorato, è prodotto dalla compressione dello scheletro solido sotto tensioni effettive costanti. Il ben noto fenomeno di creep si accoppia, negli RSU, a fenomeni di degradazione biologica, derivanti dalla trasformazione della sostanza organica in percolato e biogas. Scopo della ricerca è stato quello di calibrare un modello bio-meccanico disaccoppiato di tipo monodimensionale per la valutazione delle deformazioni da cedimento e del loro decorso nel tempo, partendo dai parametri biologici e meccanici del rifiuto urbano. L’analisi dei parametri bio-meccanici del rifiuto, costituente la parte preliminare della ricerca, si fonda, oltre che su dati provenienti dalla letteratura specialistica, sui risultati di esperienze con reattori biologici presso i laboratori delle Università di Padova e di Grenoble, utilizzando materiale tal quale (a Padova) o pretrattato (a Grenoble). Una volta calibrati i parametri del modello bio-meccanico è stato possibile quantificare le variazioni di volume riconducibili alle due distinte componenti, di creep e biologica, presenti simultaneamente ma attivatesi con tempi diversi, in ragione dell’incidenza della componente organica e delle condizioni di degradazione biologica (anaerobica e/o aerobica). Completa lo studio il riscontro con i dati provenienti da opere in vera grandezza, ricavati sia dalla letteratura specialistica che da indagini in situ su discariche esistenti. Modalità di indagine 1. Attività introduttive Nella fase iniziale del lavoro viene presentata una rassegna sulla gestione dei rifiuti solidi urbani (RSU) a livello mondiale, europeo e nazionale. Queste strategie riguardano l’incenerimento, l’attività di selezione(raccolta differenziata) e riciclo del materiale, la riduzione dell’attività biologica del materiale tramite degradazione aerobica e/o anaerobica, e lo stoccaggio in discarica. Particolare evidenza è data ai metodi di pretrattamento meccanico e biologico, in grado di limitarne le emissioni inquinanti e di ridurre i volumi conferiti attraverso la preventiva stabilizzazione della sostanza organica (discarica bioreattore, landfill mining, aerazione in situ). 2. Stato delle conoscenze sulla meccanica degli RSU Nella seconda parte della ricerca si è tracciato il quadro delle conoscenze riguardo alle proprietà chimiche, fisiche, idrauliche e meccaniche del mezzo poroso eterogeneo, qual è il rifiuto solido urbano. 3. Elaborazione di un modello bio-meccanico per la compressibilità secondaria degli RSU Nella terza fase dello studio si è resa necessaria una valutazione delle principali caratteristiche del rifiuto e delle possibili trasformazioni che esso può sperimentare nel tempo. In particolare, sono stati esaminati i seguenti aspetti: composizione merceologica, granulometria, densità, contenuto d’acqua, grado di compattazione e rappresentatività statistica. Con riferimento ai parametri chimici, sono state prese in esame le caratteristiche di biodegradazione in relazione all’incidenza della sostanza organica ed al tipo di processo, aerobico e anaerobico. In tale ambito sono state esaminate le produzioni di percolato e di biogas, la temperatura, il contenuto d’acqua gravimetrico ed il livello di tensione coinvolto. Si è proceduto, quindi, alla caratterizzazione dei parametri meccanici che incidono sullo sviluppo dei cedimenti secondari. I modelli di previsione dei cedimenti, attualmente presenti nella letteratura tecnica, possono essere classificati secondo differenti criteri, in relazione alle ipotesi su cui si fondano: modelli derivanti dalle leggi della meccanica delle terre (Sowers, 1973; Bjarngard ed Edgers, 1990), modelli di tipo reologico (Gibson e Lo, 1961), modelli empirici (Yen e Scanlon, 1975; Edil et al., 1990; Ling et al., 1998), modelli incorporanti la biodegradazione (Marques et al., 2003; Hettiarachchi et al., 2009) e modelli di tipo costitutivo (Machado et al., 2008; Sivakumar Babu et al., 2010). Il modello sviluppato nella ricerca considera le due distinte componenti, di creep e biologica, presenti simultaneamente ma attivatesi con tempi diversi, in ragione dell’incidenza della componente organica e delle condizioni di degradazione biologica (anaerobica e/o aerobica). I parametri del modello sono stati calibrati sulla base dei risultati di un’indagine sperimentale condotta in laboratorio con reattori di medie dimensioni ed osservazioni in sito relative ad opere in vera grandezza. 4. Analisi di laboratorio e ricerca sperimentale Per ottenere una gamma completa di dati rappresentativi, sono state condotte delle ricerche sperimentali sul comportamento di due tipi di rifiuto soggetti a compressione, utilizzando, in parallelo, due serie di indagini di laboratorio. La sperimentazione, che costituisce la quarta fase della ricerca, è stata condotta presso il laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale dell’Università di Padova (Dipartimento ICEA) e presso il laboratorio LTHE (Laboratoire d’étude des Transferts en Hydrologie et Environnement) dell’Università di Grenoble (Francia). Le prove all’Università francese sono state condotte sotto la guida del Professor Jean-Pierre Gourc, durante un periodo di stage di cinque mesi (maggio–ottobre 2012). Il materiale utilizzato è un rifiuto solido urbano proveniente dall’impianto di Legnago (VR), ottenuto sia da rifiuti tal quali, sia da un pretrattamento bio-meccanico. L’RSU originario (tal quale), è stato sottoposto a prove di compressione su un reattore presente all’Università di Padova, per un periodo di 180 giorni, ricevendo, settimanalmente, una determinata quantità entrante di percolato, al fine di migliorarne le condizioni di degradabilità. Parallelamente, l’RSU pretrattato bio-meccanicamente è stato sottoposto a prove di compressione su un reattore presente all’Università di Grenoble, per un periodo di 77 giorni, senza alcuna iniezione di liquido. Tale sperimentazione ha consentito di mettere in luce la dipendenza dei parametri bio-meccanici in funzione dello stato iniziale del rifiuto. 5. Estensione del modello alle opere in vera grandezza Nell’ultima fase della ricerca, sono stati esaminati i riscontri provenienti dal monitoraggio di opere in vera grandezza. Partendo dai dati sperimentali, su piccola e media scala, ottenuti dai reattori di laboratorio, si è proceduto al calcolo delle deformazioni da cedimento di opere in vera grandezza. Il comportamento della singola cella elementare è stato generalizzato ad una serie di celle verticali, in grado di simulare il comportamento di una colonna di rifiuti all’interno della discarica. A tal fine si sono confrontati i risultati con i dati di monitoraggio provenienti dalle discariche di Chatuzange in Francia e di Yolo County e S-Landfill negli USA, ottenendo risultati molto incoraggianti. Il principale prodotto della ricerca si può sintetizzare nei seguenti aspetti: * Si evidenzia la necessità della taratura del modello bio-meccanico proposto per la valutazione delle deformazioni secondarie da cedimento, considerando le due distinte componenti, di creep e biologica. Il modello è stato tarato sulla base dei dati provenienti dalla letteratura specialistica, nonché attraverso prove di laboratorio presso le Università di Padova e Grenoble. Ulteriori conferme sono state desunte dallo studio dei cedimenti di tre impianti di stoccaggio degli RSU. Il beneficio di una corretta taratura si osserva su intervalli di tempo molto ampi, come dimostrato dai riscontri con opere in vera grandezza. * I modelli che includono la componente di degradazione biologica si rivelano efficienti solo se in grado di considerare e di quantificare la componente di cedimento dovuta alla produzione di biogas nei processi anaerobici, circostanza questa molto influente nei grandi cumuli urbani di RSU. * Un modesto pretrattamento aerobico, anticipando i tempi di biodegradazione della sostanza organica, consente di limitare i cedimenti e di abbreviare i tempi di stoccaggio in discarica
Menato, Sara. "VITTORE CARPACCIO. STUDIO DELLA FORMAZIONE DEL MAESTRO E DEL CICLO DI SANT'ORSOLA. CATALOGO DEI DISEGNI". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423685.
Texto completo da fonteQuesto lavoro ha come oggetto di indagine la produzione di Vittore Carpaccio, articolandosi attorno a tre nodi principali: la sua formazione, il ciclo di Sant'Orsola e il catalogo dei disegni. E' stato identificato un gruppo di dipinti le cui caratteristiche formali e i cui riferimenti ad Antonello e Giovanni Bellini consentono di ipotizzare che si tratti di opere giovanili, da datare prima del 1490 che determina l'avvio del ciclo di Sant'Orsola, in cui in maestro si presenta quale artista maturo. Dopo questa prima fase il maestro sembra allontanarsi da queste suggestioni a favore di un avvicinamento alla pittura ferrarese, che a nostro avviso caratterizza la metà degli anni Ottanta del Quattrocento. Il presente lavoro ha inoltre inteso ribadire l'utilità dell'ipotesi formulata da una parte della critica del secolo scorso, convinta che Vittore abbia compiuto un viaggio che lo possa avere messo in contatto con la pittura centro-italiana e specialmente urbinate. La ricerca ha anche riguardato l'approfondimento degli aspetti di calcolata costruzione prospettica che i dipinti carpacceschi, specialmente i teleri di Sant'Orsola, mettono in campo. In questo senso è stato dato rilievo all'affermazione manoscritta di Daniele Barbaro circa l'apprendistato di Carpaccio presso Girolamo Malatini, del quale si è cercato di ricostruire il magistero, addensando le notizie biografiche. Lo studio del ciclo di teleri per la Scuola di Sant'Orsola conta di una solida tradizione di studi, che ha gettato solide basi all'interno delle quali il presente lavoro ha tentato di comprenderne la cronologia interna e le ragioni del profondo mutamento che si verificano nella pittura carpaccesca nel passaggio dai primi agli ultimi teleri, in cui si allentano i vincoli disegnativi a favore di un nuovo senso del colore e della luce. Se gli esiti di questa parte del lavoro confluiscono nella sezione saggistica, che comprende anche qualche riflessione sul mutamento della pittura carpaccesca al trapasso di secolo, lo studio della grafica carpaccesca si concreta nella catalogazione che conclude il lavoro. Il catalogo, ordinato cronologicamente, privilegia i disegni autografi, non trascurando quelli della bottega più stretta e le copie antiche, talvolta in grado di trasmettere informazioni importanti circa gli originali da cui sono tratte. Dallo studio dei disegni, analizzati nei loro aspetti materiali e tecnici, cronologici e di provenienza, sono scaturite le riflessioni sulla grafica carpaccesca che costituiscono il capitolo settimo di questa tesi.
Ornaghi, Annalisa. "Uno studio comparato sulle disuguaglianze di salute: Italia e Francia". Doctoral thesis, University of Trento, 2014. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/1346/1/ORNAGHI.pdf.
Texto completo da fontePittaluga, Federico. "Studio dei processi sedimentari profondi nel bacino del Vavilov (Mar Tirreno Centrale)". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2320/.
Texto completo da fonteNichele, Cristina. "Studio dei movimenti verticali del suolo in Europa occidentale da dati gps". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6665/.
Texto completo da fonteTabaroni, Gian Carlo <1976>. "Studio del moto dei fluidi in mezzi porosi in regime non-darcy". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/159/1/Tesi_dottorato.pdf.
Texto completo da fonteTabaroni, Gian Carlo <1976>. "Studio del moto dei fluidi in mezzi porosi in regime non-darcy". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/159/.
Texto completo da fonteZanella, Laura. "Cacce del Trecento: edizione critica dei testi poetici con uno studio introduttivo". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 1999. http://hdl.handle.net/10579/877.
Texto completo da fonteVIRDIS, FRANCESCA. "Studio dei tratti immunofenotipici e valutazione del loro contributo nell'insorgenza di patologie". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2013. http://hdl.handle.net/11584/266128.
Texto completo da fonteBertolaso, Laura. "Tamoxifen nel trattamento del carcinoma mammario: studio dei fattori predittivi di risposta". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423014.
Texto completo da fonteLa malattia tumorale maligna della mammella rappresenta ad oggi la neoplasia a più alta incidenza nel sesso femminile e la principale causa di mortalità nei paesi occidentali. Il tumore mammario positivo per gli estrogeni rappresenta il sottotipo più frequente (60-80%) per il cui trattamento è previsto l’impiego del modulatore estrogenico selettivo tamoxifen. Tamoxifen ha una efficacia largamente riconosciuta nella fase adiuvante (post-chirurgica) dei tumori in stadio iniziale, tuttavia in una percentuale rilevante di pazienti la malattia si ripresenta. Il nostro studio si pone l'obiettivo di indagare i possibili fattori implicati nel fallimento terapeutico del trattamento con tamoxifen nelle pazienti affette da tumore mammario infiltrante, positivo agli estrogeni, non metastatico. Tamoxifen è un pro-farmaco ampiamente metabolizzato dal citocromo epatico P450 CYP2D6 in metaboliti più attivi e potenti rispetto al farmaco parentale. Tra questi ha recentemente assunto particolare rilievo il metabolita attivo endoxifen, ritenuto il principale responsabile della risposta terapeutica poiché, oltre a possedere un'elevata affinità per il suo target molecolare, il recettore per gli estrogeni alpha (Erα), presenta livelli plasmatici più elevati in confronto al metabolita similmente attivo 4-idrossitamoxifen. Numerosi studi hanno dimostrato che il gene dell'enzima CYP2D6 è altamente polimorfico nella popolazione, a causa di variazioni nella sequenza genica che determinano alterazioni funzionali, con riduzione parziale o azzeramento della attività enzimatica. Tuttavia le differenze inter-individuali nella esposizione ad endoxifen, riscontrate clinicamente, non risultano essere spiegate unicamente dai polimorfismi del gene CYP2D6, poichè la sua attività risulta significativamente influenzata anche da cause cosiddette ambientali (ad esempio farmaci inibitori dell’enzima). Ne deriva la necessità di individuare altri strumenti per la determinazione della capacità delle singole pazienti di attivare il tamoxifen, mantenendo come parametro di riferimento i livelli plasmatici del metabolita attivo endoxifen. Quest’ultimo non può essere usato direttamente per predire la capacità metabolica del CYP2D6 quando maggiormente necessario, cioè prima o nelle prime fasi del trattamento farmacologico, perché, a causa dei prolungati tempi di emivita del farmaco e dei suoi derivati, il raggiungimento dei livelli plasmatici di stato stazionario (indicativi delle concentrazioni a cui sono esposte le pazienti per i cinque anni di terapia) richiede mediamente quattro mesi. Infine, oltre alla esposizione al metabolita attivo, un altro fattore predittivo di risposta potrebbe includere il bersaglio molecolare del farmaco, il recettore per gli estrogeni. Numerosi studi hanno confermato la co-espressione nei tessuti tumorali e sani mammari di isoforme di splicing alternativo alle due forme complete dei recettori estrogenici, Erα ed Erβ. Più recententemente, uno studio in vitro ha rivelato come la forma completa Erβ sia in grado di sensibilizzare le cellule all'azione di endoxifen. Per la valutazione della capacità individuale di attivazione del tamoxifen, superando i limiti della genotipizzazione, abbiamo utilizzato due modalità, il test di fenotipizzazone del CYP2D6 mediante il farmaco sonda destrometorfano e la determinazione dei livelli di endoxifen al primo mese, in fase pre-stazionaria, e li abbiamo correlati ai livelli di endoxifen allo stato stazionario. Abbiamo dimostrato che i risultati del test di fenotipizzazione e i livelli di endoxifen al primo mese sono molto significativamente associati ai livelli di esposizione al metabolita attivo endoxifen allo stato stazionario e possono essere considerati informativi dello status metabolico del singolo paziente. L'analisi genetica del CYP2D6 condotta sui soggetti arruolati ha confermato l'influenza dei polimorfismi sui livelli plasmatici di endoxifen; la genotipizzazione è anche significativamente associata al test di fenotipizzazione. Il possibile ruolo di una isoforma recettoriale estrogenica, Erβ2, sulla attività di endoxifen è stata valutata, in vitro, utilizzando l’induzione della trascrizione di due geni sensibili agli estrogeni. Mediante analisi dell'espressione di ADORA1 ed IL20 è emerso che, in presenza di concentrazioni di endoxifen di 40nM per intervalli di tempo prolungati (24h), l'isoforma Erβ2 co-espressa con Erα riduce l’azione inibitoria di endoxifen rispetto alla presenza di solo Erα.
Bressan, Nicoletta. "L'imprenditoria cinese in Italia: due casi studio: la ristorazione cinese a Milano e il distretto del porfido a Trento". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2013. https://hdl.handle.net/11572/367877.
Texto completo da fontePOLDI, Gianluca (ORCID:0000-0001-9345-9395). "Le analisi scientifiche non invasive e gli studia humanitatis. Prospettive di ricerca e casi studio". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/26744.
Texto completo da fonteFrank, Hermann, Alexander Keßler e Christian Korunka. "Marktorientierung von Familienunternehmen. Eine Analyse der Wirkung auf den Erfolg. Kurzzusammenfassung der Studie". FOFU Forschungsinstitut für Familienunternehmen, 2010. http://epub.wu.ac.at/3287/1/marktorientierung.pdf.
Texto completo da fonteSchröder, Gerald. "Der kluge Blick : Studie zur den kunsttheoretischen Reflexionen Francesco Bocchis /". Hildesheim : Olms, 2003. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb39126087j.
Texto completo da fonteBOLLA, ALBERTO. "STUDIO DEI VERSANTI ROCCIOSI INSTABILI: ANALISI DI STABILITA', PROPAGAZIONE DEI VOLUMI ROCCIOSI E SBARRAMENTO DEL FONDOVALLE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Trieste, 2020. http://hdl.handle.net/11368/2961016.
Texto completo da fonteIn this research project, the results of a cascading risk (or multi-risk) analysis induced by the possible collapse of a natural rock slope located at the Passo della Morte site (Tagliamento River valley, Province of Udine, Friuli Venezia Giulia Region) are presented. The detailed geomechanical survey has provided a large bulk of field data proving that the investigated limestone slope is characterized by strong rock mass damage, thus resulting in a critical stability condition. Field evidence includes: (1) local faults crossing the rock mass and representing internal sliding surfaces; (2) slickensides and fault slips within the rock mass; (3) fracture joints of gravity-induced origin; (4) strong rock mass damage in over-stressed zones of the slope; and (5) slope monitoring data recorded by some installed devices. Three failure scenarios have been identified: a wedge failure involving a limestone block of 110,000 m3 (failure scenario 1: BLOCK1); a larger wedge failure involving an assembled limestone block of 200,000 m3 (failure scenario 2: BLOCK1-2-3); and a retrogressive failure involving a rear dolomitic block possibly triggered by the collapse of the limestone slope, mobilizing a maximum volume of 335,000 m3 (failure scenario 3: DOLOMITIC BLOCK). A numerical modelling (2D and 3D) has been carried out employing the Finite Difference Method (FDM) in order to investigate the mechanical behaviour and internal rock mass damage of the unstable slope before the collapse. The numerical simulations testify that the stability condition of the slope is close to the limit equilibrium (strength reduction factor SRF = 1.03–1.13), as demonstrated by the considerable rock mass damage observed on the field. The overall mechanical behaviour of the slope is mainly governed by the kinematic conditions of the secondary internal blocks, which in turn, depend on the geometry and mechanical properties of the major discontinuities that delimit the adjacent blocks. Slope failure is achieved through internal rock mass damage represented by internal shear and tensile ruptures localized in correspondence with over-stressed zones. The failure mechanism is characterized by sliding along pre-existing discontinuities and inner damage in the form of the enucleation of shear bands that originate internal secondary failure surfaces and/or damaged rock mass zones. The stress–strain modelling predicts intense slope deformations in zones where rock mass damage actually occurred. This paper emphasizes the decisive connection between the geomechanical field survey and numerical modelling. The comparison of surface geological data acquired on the field with the mechanical indicators obtained from the numerical analyses can significantly improve knowledge of the rock mass damage process that involves unstable slopes approaching failure condition. The runout simulations of the failed blocks, which have been performed through a numerical modelling employing the Distinct Element Method (DEM), demonstrate that the possible collapse of the unstable slope would generate a landslide dam at the valley floor with the subsequent formation of a lake at the back. For the three hypothesised failure scenarios, the landslide dam height would range between 0 m and 13 m. The stability analysis of the potential landslide dam revealed on geomorphological bases that the dam would be unstable. A 2DH hydraulic numerical modelling based on the Finite Volume Method (FVM) has been carried out in order to simulate the propagation of an impulsive wave triggered by the collapse of the potential landslide dam (dam break analysis). The hydrodynamic simulations show possible threats at some locations placed along the investigated stretch of the Tagliamento River valley. On the basis of the potential losses, five areas subjected to hydrogeological risk have been identified.
METO, AIDA. "Approcci innovativi per studi sui patogeni del cavo orale: modelli di studio in vitro ed ex vivo". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2021. http://hdl.handle.net/11380/1246163.
Texto completo da fonteDuring recent years, novel compounds/tools are being proposed to maintain oral health and/or to treat dental/periodontal problems. As well known, dental caries are among the most diffused infections and their improper management turns towards relevant disease(s) and eventually tooth extraction. Extensive literature documents the pathogenic role of certain microorganisms and their ability to persist in the oral cavity, as a complex microbial community, including bacteria, viruses and fungi, tightly enclosed in a polymeric matrix of polysaccharide origin. Such sessile community, and particularly dental plaque, the first deeply studied human-associated biofilm, is notoriously refractory not only to common cleaning procedures by mouthwashes and tooth-pastes/brushes, but also to antimicrobial drugs and host immune defenses. This scenario becomes further complicated considering that the widely diffused orthodontic treatments, with fixed or removal brackets, extend the clinical challenge, being such devices an additional good habitat for microbial adhesion, growth and biofilm formation. To a similar extent, patients with dental implants may locally develop biofilm-related diseases, allowing clinical progression toward pathogen-related peri-mucositis or peri-implantitis. From here, the need arises for innovative tools/compounds to facilitate microbial removal and maintenance of oral cavity homeostasis. Besides the most investigated oral pathogens, including Streptococcus mutans-group and the “red complex” Gram-negative anaerobe bacilli, also Candida albicans (C. albicans), Staphylococcus aureus (S. aureus) and Pseudomonas aeruginosa (P. aeruginosa) may occur as causative agent of oral diseases. The first, often harbored as commensal of healthy mucosae, is the main fungal pathogen involved in oral mucositis. The latter two are subtle pathogens, responsible of wide-spectrum diseases; they are being extensively used for in vitro studies, because of their numerous virulence factors and wide-spectrum antimicrobial resistance. The aim of the present thesis was to evaluate in vitro and ex vivo, the antimicrobial and antibiofilm efficacy of innovative approaches against oral pathogens. Our data provided in vitro and ex vivo evidence on the antimicrobial efficacy of several dental-care compounds. A novel use of the endodontic product Cupral could be proposed in daily hygiene practices. The Bic-40 treatment was shown as the best approach in cleaning smooth and rough titanium surfaces (without altering their properties); importantly, its device-decontamination efficacy did not affect the biological properties of reparative stem cells. Furthermore, our work added new insights on the anti-microbial properties of a natural compound, such as propolis, and on its possible mechanisms of action. At last, we showed that the Biorepair Peribioma toothpaste and gum deeply affected oral microorganisms’ behavior, drastically impairing their ability to contaminate and produce plaque onto orthodontic devices; interestingly, replacement by beneficial microorganisms was observed. The overall take-home message from this research is that basic science may greatly increase our knowledge on how to counteract biofilm-producing pathogens; in turn, this will facilitate prevention and/or treatment of dental and oral biofilm-associated infections, making a huge difference in terms of health promotion.
Eriksson, Ida Bang. "Inspelning och musikproduktion av ”modern retro" : Att förstå den konstnärliga processen". Thesis, Kungl. Musikhögskolan, Institutionen för musik- och medieproduktion, 2020. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:kmh:diva-3521.
Texto completo da fonteMolari, Marco. "Studio ed ottimizzazione del "Fiore del deserto"". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6306/.
Texto completo da fonteAbu, Aysheh Moh'd Saoud Abdallah <1973>. "Studio archeometrico-tecnologico e conservazione dei mosaici romani del sito archeologico di Suasa". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/626/1/Tesi_Abu_Aysheh_Mohd_Saoud.pdf.
Texto completo da fonteAbu, Aysheh Moh'd Saoud Abdallah <1973>. "Studio archeometrico-tecnologico e conservazione dei mosaici romani del sito archeologico di Suasa". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/626/.
Texto completo da fonteDE, MENECH CARLOTTA. "La questione dei "danni puniti. Uno studio della dimensione sanzionatoria del diritto privato". Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2017. http://hdl.handle.net/11571/1215973.
Texto completo da fonteCasellato, Veronica <1987>. "Studio dei materiali e tecnica esecutiva del pittore veneto Ippolito Caffi (1809-1866)". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3359.
Texto completo da fonteMeini, Simone <1986>. "Il Progetto del Gassificatore di Bedizzole. Uno studio sul "campo" dei "costi sociali"". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3416.
Texto completo da fontePiccininno, Christian. "Studio sulla polverosità dei materiali". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13198/.
Texto completo da fonteMolena, Beatrice. "Studio dei biomarcatori della sinovite". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422487.
Texto completo da fonteIntroduzione: Le sinoviti sono infiammazioni croniche che riguardano tutte le artriti infiammatorie primitive. Spesso resistenti al trattamento farmacologico tradizionale ed alla terapia locale, se non curate, si dimostrano irreversibili. Scopo dello studio: Individuare biomarcatori utili a determinare il grado di attività di malattia, le risposte ai trattamenti e chiarire i meccanismi coinvolti nel mantenimento della sinovite al fine di poterli considerare nuovi possibili bersagli terapeutici per questa grave patologia. Materiali e metodi: Campioni di liquido sinoviale (LS), tessuto sinoviale (TS) e/o sangue periferico (SP) sono stati ottenuti da pazienti affetti da artrite psoriasica (AP) e sinovite villonodulare pigmentosa diffusa (PVNS). Sono stati valutati gli indici di attività di malattia locali: knee Thompson articular index (THOMP: range 0 -9), Knee Joint Articular Index (KJAI: range 0 -14) e sistemici: velocità di eritrosedimantazione (VES: norm 0–20 mm/hr), proteina C-reattiva (PCR: norm<10), e sono stati misurati i livelli di citochine/chemochine nel LS prima e dopo trattamento intra-articolare (IA) con anti-TNFα (E). La caratterizzazione dell’infiltrato cellulare sinoviale e dei vasi sinoviali e la valutazione dell’espressione di frazioni cellulari ad attività funzionale opposta (Treg e TH17) è stata ottenuta marcando con opportuni anticorpi sezioni seriali di biopsie sinoviali e cellule mononucleate separate da SP e LS rispettivamente. Tutte le analisi sono state eseguite mediante l’utilizzo di tecniche di citofluorimetria, di biologia cellulare e molecolare e di immunoistochimica e i dati raccolti dai gruppi di pazienti sono stati confrontati con quelli raccolti da opportuni gruppi di controllo. Risultati: Abbiamo dimostrato che nell’AP i biomarcatori del liquido sinoviale correlano con l’infiammazione del tessuto sinoviale e gli indici sistemici di attività di malattia e che in risposta al trattamento IA con anti-TNFα il versamento sinoviale e i biomarcatori del liquido e del tessuto sinoviale sono significativamente ridotti rispetto ai livelli basali. Nella PVNS le iniezioni IA hanno portato ad un effettivo miglioramento degli indici locali di attività di malattia e ad una riduzione delle alterazioni immunoistologiche. Lo studio di espressione del CSF-1 ha evidenziato che esso è maggiormente espresso nelle sinoviti villonodulari rispetto alle sinoviti infiammatorie croniche. La valutazione dei profili fenotipici delle frazioni cellulari Treg e TH17 nei pazienti affetti da AP ha mostrato che sia a livello sistemico che locale l’equilibrio tra le due frazioni è significativamente spostato verso il fenotipo proinfiammatorio TH17 e che vi sono correlazioni tra l’espressione di alcuni marcatori a livello locale e sistemico. Conclusioni: La regressione del versamento sinoviale è un indicatore reale della risposta ai farmaci bloccanti il TNFα nei pazienti affetti da AP ed è confermata dalle correlazioni tra i biomarcatori del LS con l’attività di malattia e l’infiammazione del tessuto sinoviale. Le alterazioni conseguenti al trattamento indicano che specifici marcatori sinoviali studiati (CD45+, CD31+, IL-1β; IL-6) possano rappresentare potenziali biomarcatori sinoviali della risposta al trattamento con tali farmaci. Il nuovo approccio terapeutico IA anti TNFα nel trattamento della PVNS ha portato ad una rapida regressione della fibrosi e della vasculogenesi. Inoltre si è dimostrato inefficace nel ridurre l’espressione del CSF-1. I più alti livelli di espressione dell’mRNA-CSF-1 riscontrati nella PVNS suggeriscono che il CSF-1 svolge un ruolo chiave nello sviluppo della malattia e che l’interazione tra CSF-1/CSF-1R possa rappresentare un potenziale bersaglio terapeutico per la sinovite villonodulare. L’elevata espressione della frazione cellulare TH17 rispetto alla frazione Treg riscontrata sia nel liquido sinoviale che nel sangue periferico dei pazienti affetti da AP ci permette di pensare a specifici bersagli molecolari per lo sviluppo di nuovi composti capaci sia di inibire la risposta effettrice, per esempio prevenendo l'attivazione antigene-specifica delle cellule TH17, sia di aumentare quella regolatoria, per esempio inducendo il differenziamento delle cellule Treg.
Waldmann, Annika. "Einfluss der veganen Ernährung auf den Gesundheits- und Ernährungsstatus Ergebnisse der deutschen Vegan-Studie /". [S.l.] : [s.n.], 2005. http://deposit.ddb.de/cgi-bin/dokserv?idn=975162888.
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