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Tesi sul tema "Per sempre"

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Pezzanera, Giacomo <1995&gt. "Migrante per due anni, malato mentale per sempre? Un'etnografia in un progetto SIPROIMI DM". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17980.

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Abstract (sommario):
Il presente elaborato proporrà delle riflessioni intorno al lavoro osservato all' interno dei progetti SIPROIMI d'accoglienza migranti. Tramite l'esperienza etnografica svolta nel SIPROIMI per persone con disagio mentale, la discussione tenterà di intersecare quanto osservato con una revisione bibliografica, a partire da quanto emerso sul campo. Aiutandomi con il diario di campo, infatti, tenterò un'analisi delle due etichette osservate ("richiedente asilo" e "malato mentale") per poi riflettere sulle modalità di intervento dell'équipe multidisciplinare del servizio, con particolare attenzione alla mansione degli operatori sociali.
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Byloos, Irene <1993&gt. ""Soladria S.r.l." un nuovo progetto imprenditoriale per crescere in un'economia sempre più attenta alla sostenbilità". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13816.

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Abstract (sommario):
Dopo aver analizzato la nascita e l'evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile, esso viene considerato nell'azione economica di un'azienda. Le strategie organizzative, commerciali e produttive utilizzate dalle imprese creano un equilibrio tra valori economici, sociali ed ambientali che riflette il tipo di approccio alla sostenibilità adottato. Vi è una stretta correlazione tra sviluppo sostenibile e risparmio energetico, quindi, per raggiungere gli obiettivi fissati dal Governo italiano nella "Strategia Energetica Nazionale", in attuazione del Trattato Europeo 2009/29/CE, è necessario gestire in modo efficiente e razionale le risorse. Il caso aziendale, oggetto dell'elaborato, evidenzia la crescita e l'evoluzione della società "Soladria S.r.l.", azienda specializzata nel risparmio energetico. Viene esaminato il suo attuale modello di business e viene definita la sua visione nell'approcciarsi ai valori della sostenibilità. Al fine di crescere ed espandere la propria attività in un'economia sempre più attenta ai valori sociali ed ambientali, l'azienda sta sviluppando un nuovo progetto imprenditoriale "E-Mobility 2018-2022", che prevede l'installazione di stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Questo comporta una variazione nel modello di business ed una nuova pianificazione strategica all'interno della società. A tale scopo è stato realizzato uno studio di fattibilità del progetto redatto in sette step riguardanti la descrizione dell'impresa e del servizio offerto, 'analisi del mercato e del piano di marketing, la posizione competitiva dell'azienda e la sua organizzazione ed infine un'analisi economico-finanziaria. Lo scopo principale dell'elaborato è dimostrare come questo progetto innovativo diventi un motore di crescita e sviluppo per "Soladria S.r.l.", la quale contribuirà all'implementazione di un'infrastruttura di rete di stazioni di ricarica per veicoli elettrici. La richiesta di energia per alimentare le colonnine aumenterà notevolmente, sarà, quindi, necessario un maggior utilizzo di energia derivante da fonti rinnovabili affinché la mobilità elettrica possa considerarsi realmente sostenibile.
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Baldan, Federica <1994&gt. "Dalla Customer Journey al Marketing Omnichannel: il profondo impegno delle aziende per soddisfare un consumatore sempre più esigente e vulnerabile". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15113.

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Abstract (sommario):
Il comportamento d'acquisto del consumatore è profondamente mutato. Egli oggi è costantemente assalito da infiniti stimoli esterni che lo rendono sempre più vulnerabile e al contempo molto informato sulla concorrenza. La "selezione naturale" fa sì che solo le imprese che lo soddisfano riescano a sopravvivere all'interno di un mercato ormai notevolmente complesso. Quali sono gli strumenti che i top player utilizzano al fine di garantire al cliente delle esperienze di vita che superano la mera utilità di prodotti e servizi?
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Stevanato, Clara <1990&gt. ""Iunxi semper Manibus ipse meis". Per una zooepigrafia funeraria nel mondo romano". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/5691.

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Abstract (sommario):
L'obiettivo precipuo del lavoro è la creazione di un corpus di iscrizioni funerarie in lingua latina dedicate agli animali d'affezione. Attraverso il medium epigrafico si procederà quindi ad analizzare gli aspetti principali emergenti da tali iscrizioni per riconsiderare il rapporto uomo-animale nel mondo romano.
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5

Semete, Boitumelo. "Analysis of metallothionein gene expression in oxidative stress related disorders / by Boitumelo Semete". Thesis, North-West University, 2004. http://hdl.handle.net/10394/51.

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Abstract (sommario):
Increased reactive oxygen species (ROS) have been reported to be at the centre of various diseases. Although several reports have implicated elevated levels of ROS in the pathogenesis of diabetes mellitus, the early detection of ROS is still not attainable. This limitation causes difficulty in the early diagnosis of ROS related disorders. The presence of high levels of ROS was reported to result in differential expression of antioxidant genes involved in protecting cells from their deleterious effects. Among the antioxidant genes that are expressed, it was postulated that expression of metallothioneins (MTs) are also induced. MTs are low molecular weight, cysteine-rich proteins involved in metal homeostasis and reported to harbour antioxidant function. The aim of this investigation was to explore MTs as biomarkers for elevated levels of ROS in whole blood of type 2 diabetic (T2D) individuals. The level of ROS in diabetic, non-diabetic as well as individuals at risk of developing T2D was determined via the use of biochemical assays. Real-Time PCR was utilised to analyse the expression of MTs and the presence of MT proteins was analysed via the ELISA. In this study it was observed that diabetic individuals had elevated levels of ROS. However, no significant difference in the expression of MTs and the presence of MT proteins between the diabetic and non-diabetic individuals was observed. In vitro experimental conditions indicated that MT expression is induced by elevated levels of ROS. In pathological conditions the ROS-dependent induction of MT expression needs to be elucidated further. It therefore can be suggested that MTs can not yet be utilised as biomarkers for the detection of elevated levels of ROS in pathological conditions with ROS aetiology. This investigation also highlights the fact that blood is not an optimal medium in which this objective can be attained.
Thesis (Ph.D. (Biochemistry))--North-West University, Potchefstroom Campus, 2005.
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GATTI, ROBERTO. "Utilizzo di micorrize arbuscolari e studio del microbiota del suolo agrario per il miglioramento della sostenibilità della produzione di seme in mais (Zea mays L.)". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1276550.

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Abstract (sommario):
L'agricoltura convenzionale sta affrontando crescenti critiche da parte dell'opinione pubblica sia per l'impatto ambientale dei sistemi di produzione ad alto input sia per le preoccupazioni sulla sicurezza alimentare legate all'uso di prodotti agrochimici di sintesi. Ridurre al minimo entrambi i problemi, mantenendo un alto livello di produttività delle colture è un obiettivo primario per le aziende dell’agribusiness e per l'intero contesto agricolo. L'industria delle sementi è a sua volta interessata da questa tendenza poiché deve far fronte a una diminuzione degli strumenti a disposizione per il controllo delle più importanti avversità di campo per la coltura e alle nuove sfide generate da un contesto ambientale e regolatorio in continua evoluzione. Gli studi sul microbiota radicale come fattore che influenza la crescita e la salute delle piante rivelano costantemente nuovi aspetti sul ruolo che svolgono i microrganismi ad effetto benefico. In questo studio, i microrganismi del suolo sono stati studiati in relazione alla loro biodiversità e alle potenziali applicazioni, al fine di comprendere meglio il loro ruolo nel determinare la resa e la qualità della coltura e per aprire la strada a future applicazioni nella produzione in campo di mais da seme. Ciò è stato principalmente perseguito attraverso due approcci complementari: • La sperimentazione di microrganismi utili su linee parentali di mais da seme, attraverso una serie di prove in serra e in campo, condotte durante le stagioni di crescita 2019 e 2020. Sono state testate due specie di funghi micorrizici arbuscolari (AMF) per valutare il loro potenziale di colonizzare le radici del mais e il loro effetto sul fenotipo delle piante e sui parametri produttivi. • La caratterizzazione completa del microbiota del suolo e della rizosfera (batteri e funghi) di 20 diversi campi di produzione del Nord Italia. Questo è stato fatto grazie alla collaborazione con BiomeMakers, un fornitore di caratterizzazione del microbioma ad alta processività. Entrambi gli approcci hanno messo in evidenza il ruolo del microbiota del suolo nel successo della produzione di mais da seme, e hanno permesso di definire strategie per migliorare l'affidabilità della produzione di semente attraverso la selezione degli appezzamenti e l'applicazione di adeguati inoculi microbici.
Conventional agriculture is facing increasing criticism from the public opinion both due to the environmental impact of high input production systems and to food safety concerns related to the use of synthetic agrochemicals. Minimizing both issues, while maintaining a high level of crop productivity is a primary objective for the agribusiness companies and for the agricultural sector as a whole. The seed industry is in turn touched by this tendency as it faces a decrease in the tools available for controlling the most important field adversities and new challenges generated by a constantly evolving scenario, both in terms of environmental and regulatory conditions. The knowledge about root microbiota as a factor affecting plants growth and health is constantly revealing new aspects about the role that beneficial microorganisms play. In this study, soil microorganisms have been studied as related to their biodiversity and potential applications in order to better understand their role on determining crops yield and quality and to pave the way for future applications in seed corn field production. This was mainly pursued through two complementary approaches: - The testing of useful microorganisms on seed corn inbred lines, through a series of greenhouse and field trials, conducted during 2019 and 2020 growing seasons. Two species of arbuscular mycorrhizal fungi (AMF) have been tested in order to evaluate their potential to colonize maize roots and their effect on plants phenotype and production parameters. - The complete characterization of soil and rhizosphere microbiota (bacteria and fungi) from 20 different production fields across Northern Italy. This was done thanks to the collaboration with BiomeMakers, a provider of high throughput microbiome characterization. Both approaches allowed to underline the role of soil microbiota in seed production success and to define strategies for improving seed production reliability through field selection and application of microbiobial inocula.
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Abrouk, Lylia. "Annotation de documents par le contexte de citation basée sur une ontologie". Phd thesis, Université Montpellier II - Sciences et Techniques du Languedoc, 2006. http://tel.archives-ouvertes.fr/tel-00142568.

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Abstract (sommario):
Cette thèse présente une approche et des outils pour l'annotation de documents en se basant sur des ontologies. Dans notre contexte, ceci se traduit par des documents annotés par un ensemble de concepts clés issus de l'ontologie du domaine. Nous traitons le problème de l'annotation en développant une approche basée sur la relation de citation. Cette relation constitue la base d'une méthode pour affiner la propagation des annotations entre les documents. L'approche est indépendante du contenu et utilise un regroupement thématique des références construit à partir d'une classification floue non-supervisée. L'annotation étant basée sur l'utilisation d'ontologies, nous avons également abordé le problème de l'enrichissement de l'ontologie afin de pouvoir prendre en compte les différentes évolutions des documents et affiner la phase d'annotation. Un outil, nommé RAS, Reference Annotation System, a été développé et des expérimentations ont été réalisées en utilisant la base Citeseer.
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Rossignol-Raynal, Éva. "Une réactualisation des figures mythiques de l'aller-retour chez Alfred Döblin, Jorge Semprun et Vercors : l'expérience de l'aller-retour dans six œuvres européennes marquées par la Seconde Guerre mondiale : "Voyage et destin" et "Hamlet ou la longue nuit prend fin" (Alfred Döblin), "L'Écriture ou la vie" et "Le Grand voyage" (Jorge Semprún), "Les Armes de la nuit" et "La Puissance du jour" (Vercors)". Thesis, Aix-Marseille, 2019. http://www.theses.fr/2019AIXM0360.

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Abstract (sommario):
Le médecin allemand d'origine juive Alfred Döblin, le jeune résistant espagnol et communiste Jorge Semprún, et l'écrivain-éditeur Vercors (Jean Bruller) ne se connaissent pas et n'ont a priori rien en commun. Pourtant, tous trois ont traversé́ la Seconde Guerre mondiale, par l'exil, la clandestinité ou l'expérience concentrationnaire. Chacun a contribué à la lutte contre le nazisme mais en a également payé le prix. Ces trois hommes, dont seul un – Döblin – était déjà un écrivain confirmé, ont produit à partir de 1945 des œuvres marquées sinon profondément influencées par ces évènements. Ainsi, les évènements historiques nous donnent à lire un exilé, un déporté, et un porte-parole de revenants. Suite à ces expériences, les récits étudiés ici, aussi divers soient-ils dans leur conception, leur scénario, leur narration, et leur style, sont pourtant marqués par un même traumatisme du déplacement, aussi bien dans leur aller que dans leur tentative de retour. Comment retranscrire l'aller et accomplir son retour ? Remise en cause des valeurs traditionnelles, quête identitaire, questionnement anthropologique, subversion du discours et des mythes : telles sont les pistes explorées dans ces textes, à l'actualité troublante
German doctor of Jewish origin Alfred Döblin, young Spanish resistance fighter and communist Jorge Semprún, and writer-publisher Vercors (Jean Bruller) did not know each other and have nothing in common. However, all three went through the Second World war, through exile, clandestinity, or the concentration camp experience. Each contributed to the fight against Nazism but also paid the price. Among these three men, only Döblin was already a confirmed writer. However, they all produced works from 1945 onwards that were marked, if not deeply influenced, by these events. Thus, historical events present to us an exile, a deportee, and a spokesman for ghosts. Following these experiences, the stories studied here, although diverse in their conception, scenario, narrative, and style, are nevertheless marked by the same trauma of displacement, both in their journey and in their attempt to return. How could the outward journey be transcribed? Is there a possibility of returning to the life they once knew? Traditional values, identity quest, ontological questioning, subversion of discourse and myths: these are the paths explored in these texts, which are disturbingly topical
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Mazoyer, Camille. "Modélisation des flux et du transport de polluants en rade de Toulon". Electronic Thesis or Diss., Toulon, 2019. http://www.theses.fr/2019TOUL0005.

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Abstract (sommario):
Cette thèse s'est intéressée aux processus hydrodynamiques dans une baie semi-fermée telle que la Rade d Toulon et leurs importances pour la dispersion de contaminants dissous. Pour cette étude, une configuration à très haute résolution (100 m de résolution spatiale) nommée TBAY100, basée sur le modèle de circulation océanique MITgcm a été mise en place. Un emboîtement multi-modèle a été effectué pour arriver à une telle résolution, en partant d'une configuration NEMO-GLAZUR64 à 1.3 km de la Méditerranée Nord-Occidentale puis NEMO-NIDOR à 400 m du littoral Varois pour forcer correctement les frontières de TBAY100. Dans un premier temps, une analyse mathématique a permis de quantifier les échanges d'énergie pour un système simplifié pour ensuite étendre cette réflexion à la Rade de Toulon et mieux comprendre les échanges aux frontières ouvertes du domaine. Cette configuration a été ensuite validée avec diverses observations dont des données d'ADCP et des trajectoires de flotteurs qéolocalisables dérivants. Des schémas de circulation typiques dépendant des conditions hydrodynamiques et météorologiques ont été dégagés. Dans un deuxième temps, nos recherches se sont portées sur les processus de distribution de polluants en s'appuyant sur des prélèvements chimiques, principalement le cuivre relargué par les peintures-antifouling. Les hypothèses de contamination (sources et taux) ont fait l'objet d'un travail collaboratif avec une équipe de chimie. Le transport des contaminants a été analysé à l'aide de traceurs passifs implémentés dans TBAY100 et a abouti à 4 schémas de dispersion de polluants indiquant un export soit vers le Courant Nord, soit vers le Parc National Marin de Port-Cros, ainsi qu'une rétention des polluants dans la Grande Rade de Toulon. Cette maquette pourra avoir d'autres applications sociétales importantes puisqu'elle peut servir d'outil de prédiction de courants et de dispersion de contaminant dans la Rade de Toulon
This doctoral research aim was to study hydrodynamic processes in a semi-enclosed bay such as the Toulon bay and their importance for the dispersion of dissolved contaminants. For this study, a YfilY high resolution (100 m spatial resolution) configuration named TBAY100, based on the MITgcm ocean circulation model, was implemented. A multi-model nesting was carried out ta work at such a resolution, starting from a 1.3 km NEMO-GLAZUR64 configuration of the North-Western Mediterranean then a 400 m NEMO-NIDOR configuration of the Var coastline ta correctly force the TBAY100 boundaries. Firstly, a mathematical analysis aimed to guantify energy exchanges for a simplified system then this analysis has been extended ta the Toulon bay to better understand the exchanges at the domain open boundaries. This configuration was then validated with various observations inoludin ADCP data and driftin eolocalisable
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ROMAGNOLI, Valentina. "La gestione dei resi dei clienti come strumento per lo sviluppo del commercio elettronico delle aziende: il caso Santoni S.p.A". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251107.

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Abstract (sommario):
Il settore del commercio elettronico è un settore in sempre più ampio e rapido sviluppo. Le motivazioni possono essere molteplici ma sono sicuramente legate al cambiamento dello stile di vita delle persone e alla possibilità di accedere all’acquisto di beni che altrimenti sarebbe stato pressoché impossibile acquistare. La disciplina riguardante questo settore è anch’essa stata elaborata mano a mano che questo settore si è evoluto, per rispondere di volta in volta alle diverse necessità che si sono presentate. La disciplina è tutt’oggi ancora in evoluzione, soprattutto a causa del fatto che in questo settore ci sono molteplici forme contrattuali che vengono utilizzate per creare accordi commerciali dei più vari tipi, e ognuno dei quali prospetta problematiche diverse. In questo lavoro si parte dalla nascita e dallo sviluppo del commercio elettronico per analizzare l’evoluzione della disciplina associata. Dopodiché si analizza il tipo di contratto posto in essere tra la Santoni S.p.A. (noto marchio di calzature di alta gamma) e la Filoblu s.rl. (società veneta che si occupa della creazione e gestione di piattaforme e-commerce) per valutarne i punti cruciali. Dopo aver analizzato in dettaglio gli aspetti sopra citati, viene illustrata la disciplina delle denunce per difetto di conformità del bene e come queste vengono gestite dalla Santoni S.p.A., per passare poi all’analisi delle denunce per difetto di conformità degli ultimi 3 anni. Questo perché, come si noterà, questo è un campo in cui le problematiche sono controverse e gran parte della gestione viene lasciata alle ditte produttrici che si trovano di volta in volta di fronte alla scelta su come gestire il caso per rendere il cliente soddisfatto del servizio. La disciplina segue i suoi sviluppi e cerca di prevenire (per quanto possibile) situazioni sgradevoli sia per il fornitore del bene che per l’acquirente. L’entusiasmo mostrato dagli acquirenti per la comodità e la facilità dell’acquisto on-line, viene molto spesso smorzato dall’impossibilità di vedere e toccare con mano il bene oggetto della transazione, creando un senso di inquietudine legata alla qualità del bene che si sta acquistando. Per questo motivo, nel momento in cui un acquirente denuncia un difetto di conformità sul bene acquistato on-line o semplicemente la sua insoddisfazione su determinati aspetti del bene (colore, calzata, forma, ecc.), si attiva un meccanismo volto a valutare la presenza o meno di un eventuale difetto sul bene e di risolverlo nel modo più soddisfacente per l’acquirente. Dopotutto per un’azienda, gestire un negozio on-line equivale ad avere una vetrina di sé stessa attiva 24 ore su 24 e visibile a chiunque abbia un accesso al mondo di internet, e per questo motivo gestire i clienti che utilizzano questo tipo di servizio significa migliorare o peggiorare, in maniera esponenziale rispetto a quanto può avvenire in un negozio fisico, l’immagine percepita da ogni singolo acquirente. C’è però da dire che, in molti casi registrati, nonostante una perizia tecnica effettuata da operai specializzati sul prodotto venduto, la poca conoscenza dei processi di produzione dei singoli clienti, mette i venditori in situazioni difficili da gestire, in quanto il cliente non riesce a capire che quello che lui percepisce come un difetto in realtà non lo è, e che quindi non è imputabile all’azienda quello che lui crede che lo sia. Generalmente in questi casi, sempre per cercare di limitare degli inevitabili danni d’immagine, si offrono al cliente soluzioni alternative come resi gratuiti, omaggi di piccoli prodotti complementari o buoni sconto su acquisti successivi, ma sarebbe sicuramente necessaria una normativa completa e definitiva, che indichi in maniera risoluta come gestire casistiche particolari che si presentano frequentemente nella fase post-vendita. Viste le innumerevoli problematiche che si riscontrano frequentemente in questo ambito, la normativa a tutt’oggi presente non risulta essere sufficientemente soddisfacente per lo scopo a cui è stata creata. Come detto precedentemente, tutto il meccanismo che viene messo in atto all’interno di ogni azienda dopo una denuncia di difetto di conformità, si innesca per risolvere il problema ed evitare un inevitabile danno d’immagine, quindi si può concludere che, nonostante la presenza di una normativa (anche se ancora in via di sviluppo), l’arma migliore che un consumatore on-line può mettere in atto e che spaventa di più i venditori è sicuramente il danno d’immagine. Una cattiva recensione su un blog, un social network, o semplicemente un racconto di una brutta esperienza derivante da un acquisto on-line, può vanificare tutti gli sforzi fatti dal venditore per raggiungere una buona percezione del proprio marchio, e innestare un meccanismo a catena che non giova all’immagine aziendale.
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Lépinay-Thomas, Hélène. "Témoigner par la fiction : une étude de L’Écriture ou la vie de Jorge Semprun et de L’Immense fatigue des pierres de Régine Robin". Thèse, 2014. http://hdl.handle.net/1866/12492.

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Abstract (sommario):
Prenant comme point de départ le rapport paradoxal qui existe entre le témoignage et la littérature (l’un étant considéré comme véridique et l’autre, comme fictive) le présent mémoire s’intéresse à l’utilisation de la fiction dans les récits autobiographiques et testimoniaux de Jorge Semprun, avec L’Écriture ou la vie (1994), et de Régine Robin, avec L’Immense fatigue des pierres (1996). L’étude de ces textes tente de vérifier l’hypothèse selon laquelle, en faisant de leur témoignage une œuvre littéraire qui assume sa part de fiction, les deux auteurs arriveraient à offrir un témoignage plus juste de leur expérience de la Shoah. Le premier chapitre constitue un panorama critique et historique des deux axes théoriques principaux sur lesquels s’appuie ce travail, d’une part les études sur l’écriture testimoniale et sur la littérature de la Shoah (Derrida, Bornand, Prstojevic) et d’autre part les travaux sur l’autobiographie (Lejeune, Robin, Viart et Vercier). Il s’interroge sur les liens qui les unissent tout en tentant de positionner Robin et Semprun à travers ce champ de pratiques littéraires. Les deuxièmes et troisièmes chapitres s’intéressent ensuite aux différents effets de fiction et de réel qui se trouvent dans les deux œuvres du corpus et analysent, dans un premier temps, la mise en scène d’un pacte de vérité ambiguë passant par la représentation littéraire de la figure auctoriale et de l’acte d’écriture et, dans un deuxième temps, la représentation littéraire du réel en étudiant les nombreuses références intertextuelles, la présence du topos de la visite au camp de concentration, ainsi que l’utilisation particulière de l’archive par Semprun et Robin.
Taking as a starting point the paradoxical link that exists between testimony and literature (one being considered veracious and the other, fictional), this master’s thesis explores the use of fiction in the autobiographical and testimonial works of Jorge Semprun, with L’Écriture ou la vie (1994), and Régine Robin, with L’Immense fatigue des pierres (1996). This study tries to confirm the assumption that, in making their testimony a literary work which assumes a fare share of fiction, the two authors succeed in offering a more accurate testimony of their experience of Holocaust. Chapter one consists in a critic and historic overview of the two approaches, which are this thesis foundations : the Holocaust studies and the testimonial writings (Derrida, Bornand, Prstojevic) on one hand, and the studies on autobiographical writings (Lejeune, Robin, Viart and Vercier) on the other. It focusses on finding what unifies them and tries to position Robin and Semprun in this large literary conventions spectrum. The next two chapters of this thesis are focussing on the various fictional effects as well as on the reality-occurencies in both novels of the corpus, first by studying the staging of this ambiguous truth pact through the literary representation of the auctorial figures and the act of writing, and then, by observing the literary representation of reality through the many intertextual references, the actual concentration camp visits descriptions (that have become a topos of Holocaust literature) and finally Semprun and Robin’s particular use of the archives.
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IAMMARINO, Debora. "Danno ambientale e responsabilità nella gestione dei rifiuti". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251115.

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Abstract (sommario):
La disciplina del danno ambientale è stata oggetto di diverse e numerose modifiche nel corso degli anni, sia a livello nazionale che europeo. Regolata in Italia, per la prima volta, dalla L. 349/1986 che, all’art. 18, prevedeva la risarcibilità del danno ambientale indipendentemente dalla violazione di altri diritti individuali come la proprietà privata o la salute. In ambito Europeo il primo intervento si è avuto con l’adozione della Direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La Direttiva è stata poi recepita in Italia con il D.Lgs. n. 152/2006, che nella Parte Sesta si occupa puntualmente di responsabilità per inquinamento ambientale. Tuttavia, le principali novità della normativa comunitaria con riferimento al regime di responsabilità per attività inquinanti nei confronti dei beni ambientali, non sono state immediatamente riprese in modo adeguato dalla normativa italiana, motivo per cui sono state emanate due procedure di infrazione nei confronti del Governo italiano che, per correre ai ripari, in un primo momento, ha approvato il D.l. 135/2009 introduttivo di nuovi criteri per il ripristino del danno ambientale e successivamente il legislatore è intervenuto con la Legge n. 97/2013 in materia di misure di risarcimento del danno e in materia di criteri di imputazione delle responsabilità. Tuttavia, l’assetto dei criteri di imputazione delle responsabilità è stato più volte oggetto degli interventi interpretativi della giurisprudenza che hanno delineato un quadro molto più rispondente alle istanze di origine comunitaria e ai principi del diritto europeo. All’interno di questo quadro più ampio si inserisce la questione della Gestione dei rifiuti, anch’essa oggetto di svariate modifiche normative volte sempre di più ad una tutela ambientale maggiore e prioritaria, attraverso metodi e tecniche in grado di ridurre la produzione dei rifiuti, l’introduzione del concetto di riduzione, prevenzione e recupero, riciclo e solo in ultimo lo smaltimento. Ruolo centrale assume in questo ambito l’attribuzione delle relative responsabilità in capo ai vari soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti, pertanto nell’ultimo capitolo, si analizzeranno le diverse forme di responsabilità degli stessi e si darà conto dei principali interventi giurisprudenziali e della diverse interpretazioni dottrinali che hanno interessato la materia negli ultimi anni.
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract (sommario):
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Abstract (sommario):
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract (sommario):
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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MUSSUTO, Martina. "Il contratto di swap: profili sistemativi e rilevanza del vizio". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251058.

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Abstract (sommario):
La tematica dei contratti di swap, oggetto di profonde riflessioni dottrinali ed al centro di un acceso dibattito in giurisprudenza, si caratterizza per le problematicità connesse alla struttura, alla natura giuridica nonché alla corretta individuazione della sanzione applicabile a seconda della violazione concretamente posta in essere. Il lavoro rappresenta il frutto di un’analisi della giurisprudenza ad oggi dominante la quale sembra, talvolta, abusare tanto del concetto di causa in concreto quanto di quello di meritevolezza degli interessi perseguiti. Ad emergere sembra, dunque, una certa forzatura sistematica, posto che non tutto ciò che risulta sconveniente o in qualche misura viziato può automaticamente risultare invalido o immeritevole di tutela. Sembrerebbe quasi che la giurisprudenza, non potendo procedere alla dichiarazione di nullità direttamente dalla violazione di norme comportamentali, definisca in termini di causa in concreto o di immeritevolezza anomalie che nulla avrebbero a che vedere con esse. Così procedendo, tuttavia, si legittima la proliferazione di una nullità di matrice giurisprudenziale il più delle volte frutto di valutazioni di tipo valoriale. Sussiste infatti, una profonda differenza fra vizio strutturale e quello incidente sul rapporto, posto che nel primo caso il contratto sarà invalido, mentre nel secondo la condotta illegale determina conseguenze di ben altro tipo.
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GUIDI, Arianna. "Il reato a concorso necessario improprio". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251080.

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Abstract (sommario):
Oggetto del presente lavoro è stata la tematica dei reati a concorso necessario (detti anche plurisoggettivi): una categoria penalistica scarsamente presa in considerazione da parte della dottrina e giurisprudenza più recenti, eppure dai risvolti sistematici di un certo rilievo, in quanto coinvolge profili sia di parte generale che speciale del diritto penale. L’indagine è partita dal piano definitorio e classificatorio: sono state riportate dettagliatamente le diverse tesi dottrinali sviluppatesi sul tema (suddivisibili in due macrocategorie, quella dei sostenitori di una concezione ampia di reato a concorso necessario e quella dei sostenitori di una concezione ristretta dello stesso), nonché le pronunce della Cassazione ritenute maggiormente significative. Un’attenzione particolare è stata dedicata alla delimitazione – in negativo – del campo d’indagine, tracciando le differenze intercorrenti fra i reati a concorso necessario (o plurisoggettivi, a seconda della terminologia impiegata) ed istituti ritenuti erroneamente contigui, primo fra tutti quello del concorso eventuale di persone nel reato. Dopodiché, all’interno del secondo capitolo si è scelto di riflettere sulle questioni maggiormente rilevanti e problematiche attinenti ai reati a concorso necessario impropri: in primis, la ratio che giustifica l’esenzione dalla pena in capo ad un soggetto; secondariamente, la possibilità di punire o meno la condotta tipica, nonché le eventuali condotte atipiche, poste in essere dal soggetto non punibile per mezzo dell’applicazione degli artt. 110 ss. c.p. in funzione incriminatrice. La panoramica di orientamenti dottrinali e giurisprudenziali quanto mai oscillanti e fra loro divergenti su questioni di particolare importanza, non è stata solo funzionale ad offrire al lettore una dettagliata ricognizione in generale, piuttosto, da questa è scaturita una vera e propria esigenza di (ri)considerare l’intera materia in modo organico e chiarificatore. Per tale ragione, nel terzo capitolo è stata introdotta una nuova definizione, in sostituzione a quella maggiormente impiegata da dottrina e giurisprudenza: “fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive”. Una definizione idonea a ricomprendere tutti quegli illeciti penali che, a livello astratto, presentano caratteristiche simili: il riscontro di una pluralità di soggetti e di condotte quali elementi costitutivi del fatto tipico. Pertanto, si è cercato di individuare i confini della categoria assumendo quale criterio di partenza il piano normativo astratto, in considerazione del fatto che ciò che il legislatore ha scelto di codificare come tipo criminoso è dato dall’insieme degli elementi oggettivi e soggettivi, i quali compaiono nella descrizione della norma incriminatrice. La visione d’insieme ha permesso di non limitare l’attenzione al solo soggetto punibile, bensì di spostarla anche sul soggetto non punibile, il quale, con la sua condotta rientrante fra gli elementi oggettivi del fatto tipico, contribuisce alla configurabilità del reato. Infine, all’interno del quarto capitolo si è proceduto all’analisi dei principali reati classificati da parte della dottrina come a concorso necessario impropri, per verificare, tenuto conto della nuova definizione proposta, se possano o meno essere qualificati come fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive improprie. Il confronto con la parte speciale ha permesso di evidenziare l’estrema delicatezza dell’operazione d’individuazione di fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive (in senso lato): anzitutto, perché non sempre la pluralità di soggetti e di condotte costitutive del fatto tipico è oggetto di descrizione espressa, risultando alle volte ricavabile solo a seguito di un attento esame della tipologia e del significato delle parole impiegate dal legislatore; secondariamente, perché alle volte è facile lasciarsi confondere dal piano naturalistico della realtà concreta, mentre l’individuazione di una fattispecie incriminatrice in termini di plurisoggettività normativa dovrebbe avvenire, secondo l’impostazione adottata, a partire dal piano normativo astratto. Da ultimo, ci si è soffermati sul ruolo del soggetto non punibile che tenga rispettivamente la condotta tipica o una condotta ulteriore e diversa da quella descritta, cercando di offrire una possibile soluzione al problema. Nel primo caso, si è concluso per l’impossibilità di applicare l’art. 110 c.p. in funzione incriminatrice, pena la violazione delle garanzie proprie del sistema penalistico. Nel secondo, invece, si è concluso in senso affermativo, precisando che l’interprete è tenuto a prestare attenzione a diversi aspetti, fra cui il tipo d’equilibrio intercorrente fra le condotte dei soggetti parte della fattispecie incriminatrice normativamente plurisoggettiva impropria, nonché l’alterità effettiva della condotta atipica rispetto a quella descritta, pena la violazione dei principi di legalità, tipicità e certezza del diritto.
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RENGHINI, Cristina. "Il sistema di tutela brevettuale nell'Unione Europea: il Brevetto Europeo con effetto unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251086.

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Abstract (sommario):
Dopo più di quarant’anni di tentativi tesi alla realizzazione di un titolo di protezione brevettuale “comunitario”, nel 2012 sono stati emanati due regolamenti, il n. 1257/2012 e il n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra ventisei Stati membri dell’Unione europea: essi creano un brevetto europeo con effetto unitario e ne disciplinano il regime di traduzione applicabile. L’anno successivo, venticinque Stati membri hanno firmato un accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. I summenzionati strumenti normativi costituiscono il c.d. “pacchetto brevetti”, che entrerà in vigore una volta che almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Francia e Regno Unito, avranno ratificato l’Accordo. Rispetto al panorama attuale, caratterizzato da una frammentazione normativa e giurisdizionale, tale nuova architettura porterà indubbiamente notevoli vantaggi. Da un lato, infatti, i regolamenti europei introducono un “nuovo brevetto” che estende la sua efficacia oltre i confini nazionali; la portata della protezione e gli effetti saranno infatti uniformi in tutto il territorio degli Stati membri partecipanti. Dall’altro, il Tribunale unificato, competente a giudicare quasi tutte le controversie in materia brevettuale, si sostituirà ai giudici nazionali, garantendo l’uniformità della giurisdizione e delle decisioni. Tuttavia, il risultato ottenuto con il “pacchetto brevetti” non sembra essere adeguato agli obiettivi di unitarietà che le istituzioni europee e gli Stati membri si erano prefissati. Si tratta infatti di un quadro normativo complesso, che combina il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale (in particolare l’Accordo sul Tribunale unificato e la Convenzione sul brevetto europeo), e il diritto nazionale degli Stati membri, a cui gli atti citati rinviano in diverse occasioni, e che istituisce due strumenti, il brevetto europeo con effetto unitario e il Tribunale unificato dei brevetti, dalla natura assai controversa. Per tale ragione, la nuova normativa solleva molteplici questioni di natura costituzionale, in ordine alla compatibilità del nuovo sistema con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Uno dei profili problematici di particolare interesse riguarda la cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria, che sembra essere stata instaurata per eludere il dissenso di Italia e Spagna in relazione al regime linguistico applicabile. Inoltre, nei due regolamenti europei manca una vera e propria disciplina sostanziale, sollevando pertanto dei dubbi sull’effettiva “unitarietà” del nuovo brevetto. Infine, alcune caratteristiche del Tribunale unificato, quali la sua particolare struttura, il riparto interno delle competenze, il regime linguistico e la previsione di un periodo transitorio in cui è possibile ancora adire il giudice nazionale, si pongono in contrasto con il fine di unificazione giurisdizionale. A tali considerazioni si aggiunge che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea potrebbe compromettere l’entrata in vigore del “pacchetto brevetti”. Obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare in modo organico l’intera disciplina, nell’ottica di verificarne l’effettiva compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. Solamente attraverso un approccio sistematico fondato sui principi e sugli strumenti dell’UE, si possono superare le attuali criticità che emergono dal “pacchetto brevetti”, nell’ottica di un effettivo miglioramento di tale nuova disciplina e del conseguente raggiungimento di una reale unitarietà nella tutela brevettuale.
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