Articoli di riviste sul tema "Partito della Sinistra europea"

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Nencioni, Tommaso. "Un capitolo di storia della sinistra italiana Riccardo Lombardi, Lelio Basso e la crisi del Partito d'azione". ITALIA CONTEMPORANEA, n. 267 (novembre 2012): 211–37. http://dx.doi.org/10.3280/ic2012-267002.

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Abstract (sommario):
L'autore individua nel 1947 un anno di svolta nella lotta politica italiana e internazionale. Nell'ambito della sinistra, questo decisivo tornante sanziona tanto il passaggio all'opposizione dei partiti del movimento operaio con l'affermarsi del centrismo degasperiano, quanto, all'interno di quel campo, l'egemonia comunista. Questi fattori sono allo stesso tempo causa ed ef- fetto di profondi mutamenti nella galassia socialista. Sempre nel 1947 il Partito socialista italiano (Psi) inizia un percorso che lo porterŕ a una netta cesura sia con la tradizione prefascista, sia con le socialdemocrazie europee, e dunque alla costituzione insieme al Pci, in vista delle elezioni del 1948, del Fronte popolare. Infine, in quell'anno giunge a maturazione la definitiva crisi di un altro dei soggetti politici che, da sinistra, aveva contribuito all'abbattimento del fascismo: il Partito d'azione (Pd'a), la maggioranza del cui gruppo dirigente andrŕ a ingrossare proprio le file del Psi. Attraverso la ricognizione di come Riccardo Lombardi, ultimo segretario azionista, e Lelio Basso, allora segretario socialista, agirono nel corso di quei tumultuosi eventi, l'Autore intende gettare luce su alcuni aspetti di lungo periodo delle relazioni interne al campo della sinistra in Italia.
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Nencioni, Tommaso. "Tra neutralismo e atlantismo. La politica internazionale del Partito socialista italiano 1956-1966". ITALIA CONTEMPORANEA, n. 260 (febbraio 2011): 438–70. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260005.

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Abstract (sommario):
L'articolo illustra gli elementi di continuitŕ e di rottura nell'azione internazionale del Partito socialista italiano, e la stretta relazione tra i cambiamenti nei riferimenti internazionali del partito e le mutazioni nella strategia da esso adottata per la lotta politica in Italia. Nella prima parte, l'autore analizza i caratteri del dibattito teorico che si sviluppa all'interno del partito socialista nel periodo in cui esso definisce la sua strategia in termini neutralisti. Sono passati in rassegna i termini del dibattito ideologico tra la corrente autonomista guidata da Nenni e Lombardi e quella di sinistra sui temi del neutralismo: europeismo, sostegno al Movimento dei non allineati, riavvicinamento al socialismo europeo e azione da svolgere in politica estera col governo di centrosinistra. Nella seconda parte dell'articolo l'autore esamina il ruolo della politica internazionale nella definizione degli equilibri del centrosinistra e il dibattito sull'Europa e sulle rivoluzioni in atto nel "terzo mondo" che si sviluppa all'interno del Psi, fino alla riunificazione di questo col Partito socialdemocratico e il suo ingresso nell'alveo del socialismo europeo.
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3

Ignazi, Piero. "ATTORI E VALORI NELLA TRASFORMAZIONE DEL PCI". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, n. 3 (dicembre 1991): 523–49. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017883.

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Abstract (sommario):
IntroduzioneIl recente passaggio da partito comunista a partito democratico della sinistra costituisce un interessante case study del mutamento di partito. In questo lavoro cercheremo di rispondere a due interrogativi di fondo: come si è sviluppata e chi ha favorito la trasformazione e quali sono i tratti valoriali caratterizzanti dei quadri intermedi al momento dell'accettazione del mutamento del Pci in Pds.
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4

Mair, Peter. "IL DESTINO DEI PICCOLI PARTITI". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, n. 3 (dicembre 1989): 467–98. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008662.

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Abstract (sommario):
IntroduzioneNella abbondante letteratura che prefigura una crisi delle convenzionali forme di politica nelle democrazie dell'Europa occidentale un'enfasi speciale è stata posta sulla presunta sfida rivolta ai più tradizionali e consolidati partiti di massa. La stessa politica tradizionale è vista come passè ed i grandi partiti di massa, che ne rappresentano la più classica incarnazione, sono ritenuti — a torto o a ragione — strumenti sempre più inadeguati all'incanalamento delle forme contemporanee della rappresentanza.La vulnerabilità dei partiti di massa tradizionali pare derivare da due distinti processi. In primo luogo questi partiti sono ritenuti vulnerabili in termini ideologici e di politiche, in quanto rifletterebbero temi e problemi che corrispondono sempre meno agli interessi contemporanei. In secondo luogo, sono visti come vulnerabili sotto il profilo organizzativo, in quanto cittadini più istruiti, articolati e informati non sarebbero più soddisfatti della passività e/o anonimità che caratterizza la partecipazione in questo tipo di partiti e della natura essenzialmente oligarchica attraverso la quale si ritiene venga esercitato il loro controllo. Seguendo con varie intonazioni entrambe queste linee di ragionamento, gran parte della letteratura contemporanea pone conseguentemente l'accen to sulla erosione dei partiti tradizionali e suggerisce un potenziale riallineamento a favore di partiti più recenti e più piccoli, che appaiono allo stesso tempo più sensibili verso le nuove issues e più aperti verso nuove forme di partecipazione. L'emergere di partiti ecologisti in un gran numero di democrazie europee è spesso citato come la prova più evidente della base di un tale riallineamento, ma evidenza dello stesso tipo può anche essere individuata per un gruppo più ampio di partiti che vanno dai Radicali italiani a D'66 nei Paesi Bassi e ai Socialisti di sinistra in Danimarca e Norvegia (Poguntke 1987).Tuttavia, è chiaro che ognuno di questi argomenti ha implicazioni alquanto diverse. Se, per esempio, quello corretto è il primo, allora il motore principale del cambiamento è il grado di insoddisfazione programmatica e se i partiti tradizionali si rivelassero incapaci di adattarsi dovremmo aspettarci che il riallineamento conseguente favorisca i nuovi partiti. Se invece è corretta la seconda ipotesi, allora il cambiamento principale deriva da insoddisfazione organizzativa e potrebbe risultarne un riallineamento a favore dei piccoli partiti. In realtà i due processi possono essere combinati solo nella misura in cui partiti nuovi tendono anche ad essere partiti piccoli e viceversa, un punto su cui dovremo tornare in seguito.L'importanza di distinguere tra partiti nuovi e partiti piccoli emerge anche al semplice livello di definizione. Mentre la definizione di cosa costituisca un «nuovo» partito (rispetto a un partito della «nuova politica») non sembra porre difficoltà molto superiori a quelle di stabilire una data di soglia temporale, la definizione di cosa sia un partito «piccolo» è molto più problematica. In quest'ultimo caso sono disponibili due strategie. In primo luogo possiamo definire la piccola dimensione in termini di nlevanza sistemica, o facendo ricorso ai criteri identificati da Sartori (1976, 121-25) oppure a criteri alternativi anch'essi basati sul ruolo sistemico dei partiti in questione (Smith 1987). Tuttavia, in questo caso si tende inevitabilmente a parlare di partiti rilevanti o irrilevanti piuttosto che di partiti piccoli o grandi per sè. La seconda alternativa è quella più ovvia, secondo cui piccoli e grandi partiti possono essere distinti sulla base della semplice dimensione, sia essa elettorale, parlamentare, organizzativa o altro. Di sicuro i piccoli partiti possono essere partiti rilevanti e quelliirrilevanti · possono essere piccoli. In ultima analisi, tuttavia, nel nostro caso «piccolo» si deve riferire alla dimensione piuttosto che al ruolo.Questo lavoro è parte di un più ampio progetto dedicato alla esperienza dei piccoli partiti nell'Europa occidentale ed altri contributi del progetto tratteranno il ruolo sistemico dei piccoli partiti, le varie soglie di rilevanza nella loro vita e le varie esperienze in un gran numero di diversi contesti nazionali (Mueller, Rommel e Pridham, in via di pubblicazione). L'obiettivo di questo lavoro è semplicemente quello di offrire un quadro di sintesi sull'universo elettorale dei piccoli partiti nell'Europa occidentale del dopoguerra. Attraverso questa analisi spero di mostrare il grado in cui le fortune elettorali di tali partiti sono cambiate nel tempo, di identificare quei paesi e quei periodi in cui tali cambiamenti sono stati più pronunciati e, in particolare, di identificare quali piccoli partiti ne sono stati coinvolti.Va inoltre aggiunto che si tratta di una analisi a carattere largamente induttivo: cercherò prima di definire cosa costituisca un piccolo partito e in seguito di investigare le modalità e le spiegazioni del cambiamento nel sostegno elettorale aggregato di questi partiti. Intuitivamente si ha la sensazione che il sostegno elettorale dei piccoli partiti sia aumentato negli anni del dopoguerra. Per esempio, la recente nascita di piccoli partiti ecologici, così come le numerose analisi che suggeriscono un declino dei cleavages tradizionali di classe e religione e la crisi concomitante affrontata da quei partiti tradizionali e di grandi dimensioni che mobilitano il voto lungo queste linee di cleavage, sembrano implicare che i partiti di piccola taglia siano divenuti sempre più importanti con il tempo. Anche in questo caso, tuttavia, ci vuole cautela nel mettere in relazione prognosi di mutamento con una classificazione di partiti derivata dalla sola taglia. Non tutti i partiti piccoli sono partiti nuovi, né tantomeno partiti della «nuova politica», e molti si mobilitano elettoralmente in riferimento a linee di frattura molto tradizionali. Un esempio pertinente è quello del Partito popolare svedese in Finlandia. Inoltre, non tutti i nuovi partiti sono partiti piccoli, come evidenzia il successo elettorale della nuova Associazione Cristiano-democratica nei Paesi Bassi. Per la verità, si può anche dubitare che una categorizzazione dei partiti in soli termini di taglia abbia un significato teorico; ma questo è un problema diverso, sul quale torneremo in seguito.Nonostante questi caveat rimane incontestabile che una lettura non-critica della letteratura contemporanea suggerirebbe che vi è stato nel tempo un aumento di voti verso i piccoli partiti e questa ipotesi di partenza dirigerà la nostra analisi. Nella prossima sezione opereremo una classificazione dei partiti a seconda della loro taglia e, su questa base, una classificazione dei sistemi di partito a seconda della distribuzione dei diversi tipi di partiti. Successivamente analizzeremo la tendenza temporale del sostegno elettorale ai piccoli partiti e cercheremo di offrire alcune spiegazioni per la variazione di queste tendenze. Infine, esamineremo in che modo il voto per i piccoli partiti si distribuisce nelle diverse famiglie politico-ideologiche e studiere-mo l'andamento elettorale dei diversi sottogruppi di piccoli partiti, inclusi i «nuovi» piccoli partiti e i «vecchi» piccoli partiti.
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Brizzi, Riccardo. "Aldo Moro, la televisione e l'apertura a sinistra". MONDO CONTEMPORANEO, n. 2 (dicembre 2010): 137–66. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-002007.

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Abstract (sommario):
Il saggio ricostruisce, attraverso il ricorso a fonti d'archivio inedite, le modalitŕ attraverso le quali il leader democristiano Aldo Moro si servě del mezzo televisivo nella fase di avvicinamento al centro-sinistra, tra il 1959 e il 1963. Se l'interesse della Dc verso il piccolo schermo era andato progressivamente crescendo all'indomani del congresso di Napoli (1962), in seguito all'affermazione della leadership di Amintore Fanfani, č soltanto con l'ascesa di Aldo Moro alla segreteria che la televisione - complice l'avvio delle trasmissioni di "Tribuna elettorale" a partire dall'autunno 1960 - inizia a svolgere un ruolo decisivo nella costruzione del consenso politico rivelandosi uno strumento indispensabile nella paziente opera di tessitura degli equilibri possibili operata da Aldo Moro all'interno del sistema politico italiano. L'autore, in particolare, sottolinea come il leader democristiano si servě del mezzo televisivo per rispondere a tre esigenze fondamentali, nella fase della cosiddetta «apertura a sinistra»: la legittimazione progressiva del partito socialista; la rivendicazione della centralitŕ del partito rispetto al governo; la progressiva conquista di autonomia della Dc rispetto alle gerarchie ecclesiastiche.
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ROMANO, ANDREA. "Nothing but Lost Opportunities? The History of the Italian Left, 1980–2000: A View from the Future". Contemporary European History 14, n. 4 (novembre 2005): 603–11. http://dx.doi.org/10.1017/s0960777305002791.

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Abstract (sommario):
Iginio Ariemma, La casa brucia. I Democratici di Sinistra dal PCI ai giorni nostri (Venice: Marsilio, 2000), 225 pp., €12.39 (pb), ISBN 8831773798.Nicola Rossi, Riformisti per forza. La sinistra italiana tra 1996 e 2006 (Bologna: Il Mulino, 2002), 168 pp., €10.50 (pb), ISBN 8815084312.Antonio Tatò, Caro Berlinguer, Note e appunti riservati di Antonio Tatò a Enrico Berlinguer. 1969–1984 (Turin: Einaudi, 2003), 336 pp., €14.50 (pb), ISBN 880616595X.Michele Salvati, Il partito democratico. Alle origini di un'idea politica (Bologna: Il Mulino, 2003), 138 pp., €8.00 (pb), ISBN 8815096647.
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Mastrolillo, Gabriele. "Paolo Ravazzoli e il Psi-Ios nell'emigrazione antifascista in Francia (1931-1940)". MONDO CONTEMPORANEO, n. 1 (marzo 2023): 31–49. http://dx.doi.org/10.3280/mon2022-001002.

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Abstract (sommario):
Paolo Ravazzoli fu uno dei dirigenti nazionali del Partito comunista d'Italia negli anni Venti. Espulso nel 1930 per la sua opposizione ai metodi di attuazione della "svolta" attuati dalla direzione del partito, fu (insieme ad Alfonso Leonetti, Pietro Tresso, Mario Bavassano e Gaetana Teresa Recchia) uno dei fondatori e dirigenti della Nuova opposizione italiana, sezione dell'Opposizione di sinistra internazionale guidata da Lev Trockij. La sua militanza all'interno del movimento trockista, però, terminò nel 1934 a seguito di dissensi sorti in merito alla linea seguita dal movimento trockista italiano e internazionale. Contemporaneamente ebbe inizio il suo avvicinamento al movimento Giustizia e libertà e soprattutto al Partito socialista italiano-sezione dell'Internazionale operaia e socialista, al quale aderì nel 1935. Da quel momento fu un assiduo collaboratore della testata del partito, Il Nuovo Avanti, fino alla sua morte, avvenuta a seguito di un incidente sul lavoro nel 1940. Questo articolo descrive i suoi rapporti con il socialismo italiano alla luce di documentazione d'archivio e dei contributi da lui pubblicati sulla stampa trockista e socialista italiana.
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Dandoy, Regis, e Giulia Sandri. "I programmi elettorali dei partiti regionalisti europei: un'analisi comparata". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 59, n. 1 (30 giugno 2008): 63–94. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-10205.

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Abstract (sommario):
Partiti e programmi elettorali I temi dei programmi elettorali dei partiti etno-regionalisti La dimensione dell'autogoverno regionale La seconda dimensione: destra-sinistra L'europeismo dei partiti etno-regionalisti Un prudente riepilogo
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Magnani, Alberto. "Vita piena e diversa di Emanuele Farina". STORIA IN LOMBARDIA, n. 2 (marzo 2012): 38–53. http://dx.doi.org/10.3280/sil2011-002002.

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Abstract (sommario):
L'articolo mette a fuoco la figura di Emanuele Farina, intellettuale antifascista collocabile in quell'area della sinistra in cerca di uno spazio autonomo dall'egemonia del Partito comunista. Tale area fině soffocata nel secondo dopoguerra a causa della polarizzazione politica provocata dalla contrapposizione fra i blocchi durante la Guerra fredda: caddero cosě nell'oblio figure spesso di notevole levatura, attive in diversi ambiti politici e culturali. Farina si mosse fra la tradizione socialista e quella anarchica, partecipň alla Guerra di Spagna in difesa della Repubblica, ma fu anche giornalista, traduttore e cultore di interessi tecnico-scientifici.
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Pellizzari, Paolo. "Socialisti e comunisti italiani di fronte alla questione energetico-nucleare 1973-1987". ITALIA CONTEMPORANEA, n. 259 (novembre 2010): 237–61. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-259003.

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Abstract (sommario):
Il saggio si concentra sulle proposte avanzate dai partiti politici e dalle istituzioni repubblicane tra anni settanta e ottanta per sciogliere i problemi riguardanti l'approvvigionamento energetico dell'Italia, con uno sguardo particolarmente attento alla questione nucleare e al potenziale impatto ecologico di quelle proposte. In particolare, sono qui analizzate le posizioni via via assunte dai principali rappresentanti della sinistra socialcomunista italiana (Partito comunista italiano, Partito socialista italiano, Confederazione generale italiana del lavoro, Unione italiana del lavoro) in rapporto all'effetto di rottura di alcuni eventi traumatici (dalla crisi petrolifera del 1973 all'incidente di Chernobyl del 1986) e alle risposte dell'opinione pubblica. I soggetti qui presi in esame si dimostrarono particolarmente attenti al tema energetico, considerando soprattutto le ripercussioni occupazionali delle scelte in tale ambito. Benché al suo interno molte voci si siano schierate a sostegno delle battaglie antinucleariste, il movimento ope- raio, complessivamente inteso, non sembra invece essere riuscito a cogliere le potenzialitŕ dello scontro sul tema ecologico.
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Iglieri, Giuseppe. "L'esperienza di Comunità della cultura, degli operai e dei contadini d'Italia: alleanza laica e prospettive di centro-sinistra". MONDO CONTEMPORANEO, n. 1 (marzo 2023): 85–117. http://dx.doi.org/10.3280/mon2022-001004.

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Abstract (sommario):
L'autore, grazie all'utilizzo di fonti inedite, delinea il profilo di una peculiare vi-cenda del sistema politico italiano maturata tra il 1957 ed il 1958. In quel frangen-te, alcune forze minori dell'area laico-progressista avviarono un percorso di avvicinamento. A questo processo presero parte anche il Movimento Comunità, guidato da Adriano Olivetti, il Partito dei contadini d'Italia e il Partito sardo d'azione. I tre partiti decisero di formare una coalizione in vista delle elezioni del 1958. Comunità della cultura, degli operai e dei contadini d'Italia si basò su un programma volto ad incunearsi tra l'area di governo centrista e il Pci, e condusse una campa-gna elettorale innovativa. L'autore sottolinea che, pur nella modestia dell'esito elettorale, Comunità, per volontà preponderante di Adriano Olivetti, riuscì ad esse-re parte attiva dell'esecutivo Fanfani II, delineando una proposta di sviluppo per il Mezzogiorno e prefigurando l'apertura di nuove prospettive politiche, in una fase di transizione del sistema politico italiano, che avrebbe poi condotto alla formula di centro-sinistra.
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Marchi, Michele. "Aldo Moro segretario della Democrazia cristiana. Una leadership politica in azione (1959-1964)". MONDO CONTEMPORANEO, n. 2 (dicembre 2010): 105–36. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-002006.

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Abstract (sommario):
Il saggio ha un obiettivo principale: descrivere le modalitŕ attraverso le quali si esplicita la leadership politica di Aldo Moro nella fase di segreteria politica della Democrazia cristiana nel periodo 1959-1964. Dunque lo scopo non č soltanto quello di tornare sul percorso di costruzione dell'alleanza di governo di centro-sinistra, quanto piuttosto quello di indagare le modalitŕ attraverso le quali Moro conduce il partito democristiano unito a questo traguardo. L'attenzione č quindi concentrata sullo sforzo di Moro nel tentativo di tramutare alcune apparenti debolezze e criticitŕ della Democrazia cristiana in punti di forza del suo operato politico. Si insiste in particolare sulla scelta morotea di presentarsi come unico membro del partito in grado di fare la sintesi tra tutte le correnti interne alla Dc, ma anche sul suo grande investimento nella dimensione di propaganda politica e di gestione e controllo della produzione legislativa e dell'azione di governo. Infine anche il classico rapporto tra Democrazia cristiana e gerarchie cattoliche č affrontato da un punto di vista particolare. L'obiettivo č infatti quello di mostrare come anche in questo caso la leadership di Moro si caratterizzi per il suo attivismo nel rovesciare i parametrici classici nell'operato del "partito cattolico" e arrivare a mostrare al mondo ecclesiastico i rischi insiti nell'ipotesi che possa dissolversi l'unitŕ politica dei cattolici.
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Ceci, Giovanni Mario. "Aldo Moro di fronte ai terrorismi e alle trame eversive (1969-1978)". MONDO CONTEMPORANEO, n. 2 (dicembre 2010): 167–206. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-002008.

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Abstract (sommario):
Il saggio propone un'analitica ricostruzione - basata su numerose fonti tanto italiane quanto statunitensi (documenti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, documentazione della Democrazia cristiana, stampa di partito, dibattiti parlamentari, memorie, etc.) e soprattutto sulla documentazione personale di Moro - dell'atteggiamento di Aldo Moro nei confronti del terrorismo italiano e dei fenomeni sovversivi dal 1969 al 1978. L'autore mette in luce alcuni elementi che hanno soprattutto (e costantemente) caratterizzato la posizione e le riflessioni di Moro nei riguardi della violenza e del terrorismo. In primo luogo, nel saggio viene evidenziata l'immediatezza con cui Moro colse la novitŕ e la pericolositŕ del terrorismo. In secondo luogo, l'autore sottolinea il fatto che per Moro il terrorismo rappresentava un fenomeno essenzialmente politico e che, a suo parere, la risposta ad esso doveva dunque essere non solo di tipo repressivo ma anche e soprattutto di natura piů propriamente politica. Nel saggio vengono poi ricostruite le differenti analisi e i diversi giudizi (e la loro evoluzione nel corso degli anni Settanta) che Moro elaborň in relazione al terrorismo di destra e a quello di sinistra. L'autore mette quindi a confronto tali analisi e giudizi con quelli espressi dagli altri principali leader della Dc. Il contributo mette in luce inoltre la salda convinzione di Moro che tanto il terrorismo di destra quanto quello di sinistra avessero dei legami internazionali e potessero contare sul sostegno di alcune nazioni straniere. Infine, l'autore affronta brevemente il problema dell'eventuale impatto del terrorismo sulla politica di Moro nei confronti del Partito comunista italiano.
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Stramaccioni, Alberto. "L'eredità di Raniero Panzieri. Una nuova cultura anticapitalistica". SOCIETÀ E STORIA, n. 174 (gennaio 2022): 724–46. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174003.

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Abstract (sommario):
L'autore ricostruisce l'azione politica e l'elaborazione teorica compiuta da Raniero Panzieri (1921-1964) negli anni della modernizzazione economica e sociale del secondo dopoguerra al fine di individuare le principali tematiche che, sulla base di una consistente produzione memorialistica e di un altrettanto rilevante indagine storiografica, hanno costituito i riferimenti per una nuova cultura anticapitalistica alternativa a quella della sinistra storica. Il dirigente socialista-secondo l'autore- esprimendo forti critiche alle politiche del Pci e del Psi , considerate riformiste, propone di realizzare una nuova sinistra per una migliore efficacia nella difesa degli interessi dei lavoratori. In questa prospettiva ritiene che si debba superare il modello leninista nella gestione del partito per dar vita ad una struttura organizzativa realmente al servizio della classe operaia; intende poi affermare nuove forme di democrazia diretta contro la tradizionale mediazione sindacale e politico-parlamentare; sostiene inoltre di dover rileggere la teoria marxista oltre il dogmatismo storicista al fine di elaborare una nuova sociologia della classe operaia. Queste tematiche "secondo l'autore-non trovano consenso nell'area della sinistra storica ma alimentano l'azione politica di una nuova generazione di militanti attiva nel biennio ‘68-'69 e poi trovano spazio negli anni settanta e ottanta in molteplici riviste e gruppi politici e ancora oggi ,fuori da ogni anacronismo o analogia comparativa, possono comunque suscitare un qualche interesse difronte ai profondi mutamenti del sistema capitalistico indotti dal rapido progresso tecnologico.
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Baviello, Davide. "Democrazia e modernizzazione. Ambizioni americane e modelli europei nella distribuzione italiana 1947-1978". ITALIA CONTEMPORANEA, n. 259 (novembre 2010): 284–301. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-259005.

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Abstract (sommario):
Con il piano Marshall e l'avvio dell'integrazione europea, gli Stati Uniti lanciarono un ambizioso progetto egemonico. Fondato sulla modernizzazione economica come strumento per consolidare la democrazia, esso venne tuttavia ostacolato da gran parte degli imprenditori italiani, anche se l'aumento della produttivitŕ e la diffusione del benessere avrebbero non solo rafforzato il libero mercato, ma anche eroso le basi sociali del consenso al Partito comunista italiano e al Partito socialista italiano. Questi partiti, che si proponevano di ammodernare la distribuzione commerciale secondo modelli diversi dal supermercato introdotto dagli americani nel 1957, furono accusati di volere la scomparsa del commercio privato, come era giŕ avvenuto in Europa orientale. I comunisti s'impegnarono nello sviluppo delle cooperative e i socialisti, nel primo governo Moro, proposero invano la creazione di una rete di supermercati a gestione pubblica. A conferma della mancata attuazione del progetto di consolidamento democratico attraverso la modernizzazione, dopo il boom economico la democrazia italiana fu sottoposta a serie minacce eversive, mentre la riforma commerciale del 1971, invece d'ispirarsi ai principi liberisti della Comunitŕ europea, continuň a ostacolare la distribuzione moderna.
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Romanň, Franco. "Brigatismo e realtŕ operaia. Walter Alasia: una storia sestese". COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, n. 22 (dicembre 2011): 63–75. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-022006.

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Abstract (sommario):
La cittŕ di Sesto San Giovanni č stata considerata un bastione del Partito Comunista e poi della sinistra italiana. Fin dall"inizio del secolo scorso la sua classe operaia ha una tradizione di lotte sindacali, di resistenza al regime fascista fino alle lotte dell"autunno caldo nel 1969. Il saggio ricostruisce il contesto di quelle lotte e come una minoranza del movimento agli inizi degli anni 70 scelse la lotta armata. Walter Alasia, un giovane studente sestese di famiglia operaia, fu un protagonista del movimento armato. La sua vita la sua morte possono essere considerate anche una metafora delle ragioni per cui una minoranza di giovani lavoratori e studenti, scelse quella strada suicida.
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Lippolis, Vincenzo. "LE ELEZIONI DEL 1994". Il Politico 251, n. 2 (3 marzo 2020): 186–99. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.244.

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Abstract (sommario):
Le elezioni del 1994 sono state il risultato finale della crisi dei partiti di massa del XX secolo. Esse hanno portato alla formazione di un sistema politico bipolare di prima-past-the-post. Il sistema dei partiti è diventato completamente diverso dal precedente. La novità principale fu la vittoriosa "entrata nella mischia" di Berlusconi che innovò profondamente i modelli della politica italiana. Si presentava come un leader carismatico a diretto contatto con gli elettori grazie a un sapiente uso della televisione. Il partito da lui fondato, Forza Italia, si identifica con la sua persona e non esisterebbe senza di lui. È un partito personale. Questo ha segnato un salto di qualità nel processo di personalizzazione della leadership che caratterizzerà il sistema politico italiano da quel momento in poi. Berlusconi ha vinto anche perché è stato il primo a capire che - con il nuovo sistema elettorale a scrutinio unico - lo scontro sarebbe stato tra destra e sinistra, senza possibilità di partiti centristi, e che sarebbe stato necessario costituire coalizioni elettorali. Ha così formato un'alleanza con la Lega del Nord e il MSI senza alcun riguardo per la coesistenza politica dell'alleanza. Il bipolarismo italiano acquisirebbe così la caratteristica negativa di coalizioni fragili ed eterogenee, non essendo il sistema elettorale adatto a limitare la frammentazione dei partiti. Il sistema politico diventerebbe fortemente conflittuale a causa della mancata legittimazione dei due fronti politici.
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Giacci, Vittorio. "Cinematografia e ispirazione letteraria socialista". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n. 1 (31 marzo 2020): 473–557. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910925.

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Abstract (sommario):
Il saggio affronta il tema della relazione tra letteratura e cinema sia in termini generali che in ambito più strettamente politico, soffermandosi sugli adattamenti di opere letterarie scritte da autori di area e ispirazione socialista, ma anche su opere cinematografiche, tratte da soggetti originali, realizzate da registi che si sono riconosciuti, stabilmente o temporaneamente, nel socialismo italiano. Si vuole colmare l’evidente lacuna di una critica che ha preferito guardare alle esperienze di autori che palesavano altre ispirazioni, come quelle cattolica e comunista, benché il contributo di cineasti dell’area socialista sia stato altrettanto, se non più ampio e profondo, come il presente saggio intende dimostrare. Lo studio considera anche l’apporto fornito dai socialisti laddove hanno operato, con incarichi di responsabilità, nelle politiche culturali italiane, partecipando anche alla definizione legislativa di settore, con posizioni di rilievo in importanti istituzioni del cinema pubblico (Centro Sperimentale di Cinematografia, Cinecittà, Italnoleggio, Istituto Luce), senza escludere la Biennale, i vari festival e le organizzazioni del settore pubblico. Ne risulta il ruolo determinante giocato dal pensiero e dai valori socialisti nel quadro del rinnovamento culturale del paese attuato mediante lo strumento della settima arte. La relazione cinema/socialismo non può essere colta in tutte le sue articolazioni se non la si inscrive in un più ampio contesto storico/politico e all’interno delle due anime che hanno da sempre caratterizzato le vicende del Partito Socialista, la tensione massimalista e la progettualità riformista, le scissioni ed i tentativi di riunificazione, l’unità d’azione e il contrasto a sinistra tra Partito Comunista e Partito Socialista, la propensione del primo al monopolio culturale ed a tacciare di “revisionismo” qualunque tentativo di innovazione politica che fosse al passo con i tempi e la refrattarietà del secondo a ogni forma di immobilismo ideologico, di egemonia culturale e di subalternità.
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Zampieri, Chiara. "Il garantismo del Partito socialista italiano negli anni del terrorismo: un altro capitolo del «duello a sinistra»?" MONDO CONTEMPORANEO, n. 1 (maggio 2016): 63–98. http://dx.doi.org/10.3280/mon2016-001003.

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Venturino, Fulvio, e Antonella Seddone. "Winds of Change". Quaderni dell'Osservatorio elettorale. QOE - IJES 78, n. 2 (30 dicembre 2017): 13–41. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-8535.

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Abstract (sommario):
In the lead-up to the 2013 parliamentary election, four Italian parties used primaries to select candidates. Primaries, which were autonomously decided upon by the parties' central offices, have operated according to different rules. These quasi-experimental circumstances allow an assessment of the effects of rules and selectors' predispositions in the promotion of legislator renewal. An examination of three aspects of renewal–gender balance, rejuvenation and turnover–found that party leaderships sometimes deliberately pursued renewal through biased rules. The cases in point are Partito Democratico and Sinistra Ecologia e Libertà regarding gender balance, and Movimento 5 Stelle (M5S) regarding turnover. Moreover, even when unconstrained by the rules, selectors have pushed for renewal, as shown by the rise in female representation in the M5S. In general, primary elections have demonstrated to be renewalfriendly. However, it remains unclear whether this is an idiosyncratic effect connected to a single election, or a general tendency due to the characteristics of primary voters.
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Melis, Guido. "LA CONTINUITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE". Il Politico 251, n. 2 (3 marzo 2020): 308–30. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.250.

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Abstract (sommario):
"Continuità" e "pausa", sono le parole chiave dell'amministrazione italiana, la prima generalmente prevalente sulla seconda. Ma in più di 150 anni, nonostante la continuità, ci sono state numerose interruzioni. Il modello della Legge Cavour (1853) è stato subito frammentato dalla creazione di uffici speciali, nuove funzioni e servizi collaterali. Il ridotto numero di dipendenti crebbe notevolmente nel tempo. La conoscenza tecnica a volte accompagnava la cultura burocratica dominante. Nacquero le amministrazioni "di guerra"; poi, con il fascismo, il parastato, le corporazioni, la burocrazia del Partito crebbe. Le principali caratteristiche della pubblica amministrazione furono le seguenti: la continuità degli uomini nel passaggio dal regime alla democrazia, ma anche le rotture, come quelle della Cassa per il Mezzogiorno e dell'Ente nazionale idrocarburi (ENI); le innovazioni del centro-sinistra (rottura) contro la tradizione (continuità); i successivi tentativi di riforma contro la resistenza dell'apparato. La continuità vince? Tuttavia, l'Europa, la digitalizzazione e le trasformazioni strutturali degli Stati agiscono come nuove fratture.
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Dovizio, Ciro. "Tra questione siciliana e questione mafiosa. Sul giornale "L'Ora" nella seconda metà degli anni Cinquanta". ITALIA CONTEMPORANEA, n. 297 (gennaio 2022): 36–66. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297002.

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Abstract (sommario):
Negli anni Cinquanta il Partito comunista acquisì l'antica testata de "L'Ora" con l'obiettivo di allargare l'opinione di sinistra in Sicilia. Alla direzione fu chiamato il calabrese Vittorio Nisticò, già redattore del giornale filocomunista romano "Paese Sera", il quale seguì una linea fortemente regionalista, critica verso la gestione democristiana dell'autonomia, propugnando alleanze non necessariamente in sintonia col quadro nazionale. Opzione, questa, venuta alla ribalta nel 1958-60 con i governi regionali di Silvio Milazzo, appoggiati da dissidenti Dc, destre e, sia pure esternamente, dai social-comunisti. A tale prospettiva venne affiancandosene, a un certo punto, un'altra di pugnace contestazione della mafia e dei suoi rapporti con la Democrazia cristiana, divenuta presto la più autentica cifra del giornale. Logico che il discorso pubblico appiattisse la vicenda sull'immagine un po' unilaterale del ‘quotidiano antimafia'. L'articolo affronta la fase iniziale della direzione Nisticò, attingendo alla collezione del giornale e a documenti d'archivio, sottolineando come solo parzialmente la dimensione regionalista si sovrapponesse a quella antimafia, balzata all'attenzione dell'opinione pubblica dopo la grande inchiesta dell'autunno 1958. Senza pretese di completezza, l'intento è d'indagare un caso ancora inesplorato dalla storiografia.
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Natale, Paolo. "GLI ITALIANI E IL VOTO EUROPEO: MOLTE CONFERME, POCHE SMENTITE". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 29, n. 3 (dicembre 1999): 547–71. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020002894x.

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Abstract (sommario):
IntroduzioneCome da molte parti è stato sottolineato, e come confermano puntualmente i sondaggi d'opinione, Fattuale fase politica nazionale è marcata da una profonda e crescente disaffezione dei cittadini nei confronti del mondo della politica in generale e di quello partitico in particolare.Tutti i giudizi che vengono formulati dagli italiani in merito alle più rilevanti istituzioni politiche o agli attori politici occupano - nel ranking complessivo delle «fiducie» (riportate in tab. 1) - le posizioni decisamente più basse. Senza particolari distinzioni tra elettori di sinistra o di destra, la popolazione italiana appare unanime nel considerare gravemente insufficienti sia i partiti che i principali organi di rappresentanza politica.
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Brazzoduro, Andrea. ""Se un giorno tornasse quell'ora".La nuova sinistra tra eredità antifascista e terzomondismo". ITALIA CONTEMPORANEA, n. 296 (agosto 2021): 255–75. http://dx.doi.org/10.3280/ic296-oa3.

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Abstract (sommario):
Questo articolo propone un'inedita genealogia della nuova sinistra in Europa occidentale tra la metà degli anni Cinquanta alla metà degli anni Settanta. Discostandosi dalle interpretazio-ni correnti, riafferma l'importanza storica della Guerra d'indipendenza algerina (1954-62), e più in generale del terzomondismo, nella genealogia delle nuove culture politiche che si svi-lupparono nei global 1960s. Una generazione di militanti si riappropriò della memoria della Resistenza declinandola in un registro non semplicemente difensivo ma attivante, sovrappo-nendo il mito della "Resistenza tradita" all'immagine dell'imperialismo come il "nuovo fascismo". La guerra civile europea, identificata da Enzo Traverso come il tratto caratteristico del-la prima metà del ventesimo secolo, veniva così riconfigurata su scala mondiale come "guerra civile globale".
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Perazzoli, Jacopo. "Tommaso Fiore, il Partito socialista e il meridionalismo, tra fine del fascismo e centro-sinistra. Note per un inquadramento storico-storiografico". SOCIETÀ E STORIA, n. 164 (giugno 2019): 289–320. http://dx.doi.org/10.3280/ss2019-164004.

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Ignazi, Piero. "LA CULTURA POLITICA DEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, n. 3 (dicembre 1989): 431–65. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008650.

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Abstract (sommario):
IntroduzioneIl mondo politico-culturale della destra italiana del dopoguerra è stato trascurato, per lungo tempo, dalla comunità scientifica. A parte il pionieristico lavoro di Giorgio Galli, risalente alla metà degli anni settanta, è soltanto con l'inizio di questo decennio che si sviluppa una seria linea di ricerca su alcune componenti della destra italiana. In particolare, per motivi diversi, vengono privilegiati due versanti: la Nuova Destra e l'area radicale e terrorista. L'attenzione dedicata a questi due fenomeni non è casuale ma trova spiegazione nel fatto che essi costituiscono una sorta di “novità” rispetto al filone centrale del neofascismo: da un lato, la Nuova Destra, emersa alla fine degli anni settanta sulla scia dellaNouvelle Droitefrancese, rappresenta il contributo intellettualmente piò originale e articolato di riflessione e rielaborazione delle coordinate ideologiche e politiche della destra; dall'altro, l'area radicale e terrorista costituisce per la sua intrinseca drammaticità un forte stimolo all'approfondimento delle motivazioni, del costrutto ideologico e delle articolazioni organizzative. Gli studi condotti negli anni ottanta su queste due aree forniscono importanti tasselli alla ricostruzione o alla comprensione dellaWeltanschauungdi destra. Tuttavia è rimasto escluso da questo risveglio di interesse l'espressione piò solida e corposa della destra italiana, vale a dire il Movimento Sociale Italiano.Va subito precisato, infatti, che il MSI, i movimenti di destra radicale (DR) e la Nuova Destra (ND) pur essendo contigui, si differenziano percomplessità organizzativa, strategia politicaereferenti culturali.Per quanto riguarda la complessità organizzativa, essa è:— elevata nel MSI: il partito si struttura secondo il classico modello duvergeriano del «partito di massa» e, tra l'altro, inquadra centinaia di migliaia di iscritti;— ridotta nelle formazioni della DR: i vari gruppi si strutturano o come piccole sette (i movimenti golpisti e terroristi) o come «comitati» (i movimenti di contromobilitazione moderata e reazionaria degli anni settanta);— molto bassa nella ND: essa mantiene uno stadio fluido di movimento culturale legato ad iniziative editoriali.In merito alla strategia politica, essa si articola in tre posizioni distinte:— alternativa al regime ma accettazione (e pratica) delle regole democratiche per il MSI;— abbattimento immediato e violento del sistema e rifiuto dei meccanismi democratici per la DR;— estraneità rispetto al sistema e superamento degli istituti liberaldemocratici attraverso un processo «metapolitico» di egemonizzazione culturale e di ridefinizione delle coordinate ideologiche («al di là della destra e della sinistra») per la ND.Per quanto attiene, infine, ai referenti culturali si può affermare che, nonostante tutte le componenti attingano ad un medesimo serbatoio, esse si differenziano:a)per la diversa considerazione del contributo evoliano — superficiale-strumentale nel MSI («doveroso» omaggio ad uno dei pochissimi pensatori forti della destra ma sostanziale ininfluenza dei suoi contributi), esegetico-esistenziale nella DR («il mondo delle rovine», «rapolitia», «l'uomo differenziato», «lo spirito legionario», ecc.), marginale nella ND dove viene ridimensionato per la sua impostazione anti-moderna («il mito incapacitante»);b)per l'assenza nella DR e nella ND di alcuni cardini della cultura politica missina come il pensiero giuridico (Rocco e Costamagna) e filosofico (Gentile e Spirito) fascista.Anche se la delimitazione dei confini di queste tre componenti, è stata, in certi periodi e per certi gruppi, alquanto incerta, soprattutto perché il MSI ha rappresentato sempre ilprimum mobiledi tutta Tarea di destra (di qui i frequenti passaggi di confine tra partito e organizzazioni esterne di variroutiersdella destra), esse vanno tenute adeguatamente distinte.Ciò premesso, in questo lavoro intendiamo occuparci esclusivamente del soggetto rimasto finora più in ombra, il Movimento Sociale Italiano. Più in particolare, ci soffermeremo sui tratti salienti della «cultura politica» di questo partito quale emerge, in primo luogo, dalla pubblicistica interna e dai documenti ufficiali (e quindi l'immagine che il partito proietta — e/o intende proiettare — all'esterno) e, in secondo luogo, dalle risposte ad una serie di domande di atteggiamento fornite da un campione significativo di quadri intermedi del MSI.
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Tuccinardi, F. "Un aggiornamento sul trattamento dello scompenso cardiaco nelle persone con diabete: novità dalle linee guida ESC". Journal of AMD 27, n. 1 (maggio 2024): 68. http://dx.doi.org/10.36171/jamd24.27.1.9.

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Abstract (sommario):
La terapia dello scompenso cardiaco (SC) sta diventando, negli ultimi anni, sempre più complessa e importanti evidenze dagli studi clinici hanno esteso le opzioni terapeutiche disponibili in tutto lo spettro della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF). L’update del 2023 delle linee guida 2021 della Società Europea di Cardiologia (ESC) sullo scompenso cardiaco acuto e cronico, conferma l’utilizzo degli inibitori del cotrasportatore-2 sodio-glucosio (SGLT2) nello SC a frazione di eiezione ridotta (HFrEF), ma consacra il ruolo di questi farmaci anche nella terapia dello SC a frazione di eiezione preservata (HFpEF) e lievemente ridotta (HFmrEF), e anche nello SC acuto. Viene inoltre riconosciuto il valore terapeutico di finerenone, un nuovo antagonista non steroideo dei recettori dei mineralcorticoidi (MRA) per la riduzione del rischio di ricovero per SC in pazienti con insufficienza renale cronica e diabete tipo 2 (DMT2). PAROLE CHIAVE scompenso cardiaco; SGLT2 inibitori; finerenone; diabete mellito tipo 2
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Capogreco, Carlo Spartaco. "Da Ventimiglia a Nonantola (1958-1997). Il "viaggio in Italia" di Klaus Voigt. Un ricordo". MONDO CONTEMPORANEO, n. 3 (settembre 2022): 169–81. http://dx.doi.org/10.3280/mon2021-003007.

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Abstract (sommario):
L'autore ricorda per Mondo Contemporaneo lo storico tedesco Klaus Voigt, scomparso a Berlino il 21 settembre 2021, suo sincero amico. Internazionalmente noto per le ricerche sull'Esilio tedesco, in Italia Voigt è molto conosciuto anche per aver ricostruito la storia dei "ragazzi di Villa Emma", un gruppo di adolescenti ebrei dell'Europa centro-orientale che nel 1942, dopo un'incredibile peregrinazione, approdò a Nonantola, nel modenese. Era nato a Berlino il 2 novembre 1938 e - partito dalla storia medievale - si era dedicato poi allo studio dell'idea di unione europea. E, in età più matura, a quello dei profughi (soprattutto ebrei) dalla Germania nazionalsocialista. Il suo lavoro più noto è Zuflucht auf Widerruf (in italiano, Il rifugio precario). Il tema del rapporto con l'Italia è al centro della conversazione amichevole tra Capogreco e Voigt, del 2016, pubblicata qui per la prima volta. Seppure concluso piuttosto bruscamente, per un imprevisto, il racconto di Voigt è molto fresco e spontaneo. E termina proprio con un richiamo a Nonantola, il luogo dove egli, a metà degli anni Novanta, avviò la sua poderosa ricerca sui ragazzi ebrei in fuga dal nazismo.
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Pescarolo, Alessandra. "Il lavoro nella Costituzione: fonte della cittadinanza o sfera preclusa?" La Nuova Giuridica 3, n. 1 (11 settembre 2023): 76–109. http://dx.doi.org/10.36253/lng-2311.

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Abstract (sommario):
I princìpi fondamentali della Costituzione affermano chiaramente il legame tra lavoro e cittadinanza, legame che, d'altra parte, cessa di esistere nella definizione della partecipazione delle donne al lavoro, all'art. 37. Questo contributo pone tale asimmetria nel contesto di una comparazione dettagliata tra le posizioni espresse in Costituente dai rappresentanti - donne e uomini - di Democrazia cristiana e partiti della sinistra. Se il riferimento alle Costituzioni socialiste del ventesimo secolo ha un impatto rilevante sulla definizione generale dei diritti dei lavoratori, esso è ignorato quando si tratta di rendere effettivo il diritto delle donne al lavoro. Solo il Partito socialista lottò, guidato in questa scelta da Lina Merlin, per cancellare dall'art. 37 la menzione dell'"essenziale funzione familiare". The fundamental principles of the Italian Constitution clearly affirm the link between work and citizenship, a link which, on the other hand, ceases to exist when the terms of women’s participation in work are defined in Article 37. This article places this asymmetry in the context of an in-depth comparison between the positions expressed in the Constituent Assembly by the representatives - women and men - of the Christian Democrats and the parties of the left. While the reference to the twentieth-century socialist Constitutions has an important weight in the general definition of workers' rights, it fails when it comes to making women’s right to work effective. Only the Socialist Party, led in this battle by Lina Merlin, fought to delete from Article 37 the reference to the "essential family role".
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Diamanti, Ilvo, e Fabio Bordignon. "La mobilitazione inattesa. Le primarie del centrosinistra: geografia, politica e sociologia". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 55, n. 1 (30 giugno 2006): 63–89. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12710.

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Abstract (sommario):
Le primarie, organizzate dall’Unione di centrosinistra, domenica 16 ottobre 2005, costituiscono un caso singolare. Hanno, infatti, offerto molti motivi di sorpresa agli osservatori e agli analisti, ma anche ai leader della coalizione. Ha sorpreso, sicuramente, l’afflusso alla consultazione. Più di quattro milioni di elettori. Ha sorpreso, altresì, l’alto livello dei consensi attribuiti a Prodi, il candidato dei partiti dell’Ulivo. Nessuno si attendeva un partecipazione così ampia, né un consenso tanto elevato all’ex presidente della Commissione europea. D’altra parte, trattandosi di primarie “di coalizione”, esse costituivano un’esperienza “singolare”. Inedita, in ambito europeo. E, per questo, “sorprendente”. Sicuramente diversa dal “modello americano”, dove la competizione è davvero aperta: non c’è un vincitore sicuro; si rivolge agli elettori di un “partito” (per quanto ampio, trasversale e focalizzato sulla missione “elettorale” e, parallelamente, sulla selezione dei candidati alle cariche di governo), non di una coalizione; e si svolge attraverso una sequenza di consultazioni, nei diversi stati. Da ciò la sorpresa per una partecipazione tanto elevata che suscita interesse. In particolare, il confronto si concentra su due questioni: 1) le ragioni di una partecipazione tanto ampia; 2) la riproducibilità dell’esperienza.
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Marini, Luigi. "I ghiacci si sciolgono. Lo scongelamento del comportamento di voto nei tre sistemi scandinavi". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 65, n. 1 (30 giugno 2011): 67–119. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9776.

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Abstract (sommario):
I sistemi partitico-elettorali di Svezia, Danimarca e Norvegia sono stati tradizionalmente caratterizzati da un’alta stabilità e prevedibilità, ma nel corso degli ultimi decenni hanno conosciuto signifcative trasformazioni, con un aumento dell’incertezza, della volatilità e della frammentazione: tendenze comuni a molti paesi europei, ma sviluppate in Scandinavia con caratteristiche peculiari. Se le tradizionali fratture sociali si riflettevano fino agli anni Sessanta in un sistema partitico «congelato», secondo la celebre definizione di Lipset e Rokkan (1967), e in un assetto democratico «consensuale» (Lijphart 1984), dai primi anni Settanta emergono nuovi conflitti che destabilizzano l’arena elettorale. Il vecchio «sistema scandinavo a cinque partiti» (Berglund e Lindström 1978) con un partito socialdemocratico dominante si trova a fronteggiare vere e proprie valanghe, negli anni Settanta prima e negli anni Novanta poi, causate da fenomeni contingenti inseriti in un processo di mutamento di lungo periodo. Il declino della classe operaia e contadina, il dibattito sull’integrazione europea, la nascita di movimenti «post-materialisti» (Inglehart 1977), la crisi del welfare state e il tema dell’immigrazione producono profonde trasformazioni nel sistema politico, attraverso una serie di terremoti elettorali. Le vecchie alleanze politico-sociali sono scardinate e si fanno strada nuovi partiti, tra cui una forte destra populista, mentre la competizione elettorale, fattasi più uida ed incerta, tende oggi verso un assetto sostanzialmente bipolare e «maggioritario», più simile a quello degli altri paesi europei. Se un «modello scandinavo» ancora esiste, esso rappresenta oggi non più una singolare eccezione, bensì un caso esemplare di un processo di mutamento comune al più ampio contesto europeo.
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Petrović, Rajko. "Policy of balanced regional development of the Republic of Serbia from 2000 to 2018". Megatrend revija 17, n. 1 (2020): 45–62. http://dx.doi.org/10.5937/megrev2001045p.

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Abstract (sommario):
Balanced regional development is one of the cornerstones of sustainable economic growth and development of any country. During the years that followed the democratic changes in 2000, the Republic of Serbia found itself in sinister transitional processes. One of the key transitional issues was the policy of balanced regional development. Therefore, the aim of this research is to examine the mechanisms and instruments of balanced regional development in the Republic of Serbia in the period from 2000 to 2018 as well as the effects of their implementation in practice. The results of the research indicate the presence of unbalanced regional development throughout the observed period. Although in a normative sense a framework for the implementation of comprehensive and developmental reforms in this area has been set, the results are missing in practice. The reasons for this are hidden in a weakly decentralized state, partial reform steps taken exclusively from above to bottom, inefficient coordination of the subjects of regional development, but also in the unfavorable historical heritage in this area. In conclusion, we emphasize that the process of the accession of the Republic of Serbia to the European Union represents a great opportunity to balance its regional development, considering that the European Union is paying more and more attention to regional development through its institutions and mechanisms of regional policy. In the research, we will use methods of analysis and analysis of content of documents, case studies and comparative method.
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Vincenzini, Vincenzini. "El nacionalcatolicismo fascista de José Pemartín: entre el monarquismo circunstancial franquista y el monarquismo institucional tradicionalista". Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, n. 11 (22 giugno 2022): 498–513. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.24.

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Abstract (sommario):
En este estudio analizaremos el recorrido de los católicos reaccionarios a partir de la Guerra de Independencia y su cambio de antinacionales a nacional-católicos hasta convertirse en fascistizados en el periodo entre la Guerra Civil y el estallido de la Segunda Guerra Mundial. En ese sentido cabe destacar la labor de José Pemartín. La centralidad del estudio la ocupan tres temas contenidos en su obra más importante, Qué es lo Nuevo: la diferencia de matices con respecto a los valores expresados por otros intelectuales nacional-católicos anteriores y contemporáneos a él; la tentativa de conciliar el ideario nacional-católico con las ideas falangistas; y la doctrina fascista. Palabras clave: nacional-catolicismo, fascismo, monarquismo, institucional, circunstancial, tradicionalismo.Topónimo: EspañaPeríodo: Siglo XX ABSTRACTThis study analyses the path traversed by Catholic reactionaries after the War of Independence and their transition from antinational to National Catholic until they converted to Fascism during the period between the Civil War and the outbreak of World War Two. In this respect, it is worth highlighting the work of José Pemartín. This study mainly focuses on three themes in his most important creation, Qué es lo Nuevo: the differences in tone in comparison with the values expressed by both earlier and coetaneous National-Catholic intellectuals; the attempt to reconcile National-Catholic ideology with Falangist thinking; and Fascist doctrine. Keywords: Nacional-Catholism, Fascism, monarchism, institutional, circumstantial, traditionalismPlace names: SpainPeriod: Siglo XX REFERENCIASÁlvarez Junco, J. 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Abstract (sommario):
Rip, mix, share, and sue. Has ‘copy’ become a dirty word? The invitation to artists, activists, consumers and critics to engage in the debate surrounding the creative processes of ‘copy’ has been insightful, if not inciting sampling/reproduction/reflection itself: It clearly questions whether ‘copy’ deserves the negative connotations that it currently summonses. It has confronted the divide between the original and its replica, and questioned notions of authenticity and the essence of identity. It has found that ‘open source’ is an opportunity to capitalise on creativity, and that reuse is resplendently productive. Cultural expression and social exchange are seen to rest upon the acts of copying which are brought to our attention in this edition. As this issue illustrates, the word ‘copy’ has numerous interpretations, applications, and angles, yet an overriding wealth of debate currently outweighs all others; and that surrounds the tumultuous issue of ‘protecting’ copyright in the digital age. Since its conception in the 17th century, copyright law has faced an increasing challenge in achieving its original aims; namely, to strike a balance between creators’ and consumers’ rights in allowing concurrent attribution and access to works. Recent dramatic technological advancements affecting reproduction and distribution of copies, particularly pertaining to the Internet, have fundamentally changed and challenged the content environment. When copyright laws were first conceived, copying and distributing creative works was difficult. Now these activities are virtually free, and practically pervasive; in the digital age, the difficulty lies in their control. Yet because the primarily Western copyright regime relies on providing rights holders with the ability to control their works, copyright industries are working on strategies to garner greater control. Heading this list of strategies are technological content protection mechanisms, consumer education, and lawsuits against individual copyright infringers. Peer-to-peer (P2P) networks are being exploited and sabotaged simultaneously by entities within the Creative Industries, in an attempt to learn from and eliminate the free ‘competition’. Perceiving the mismatch of legal sanction and access to enabling technologies, critics revile the increasing restriction on consumers and creativity. The music industry, in particular, is experimenting with new business models to confine consumers’ rights to enjoy a growing bank of online music. Technical protection mechanisms, within the ambit of Digital Rights Management (DRM), are increasingly applied to enforce these licensing restrictions, providing ‘speed bumps’ for access to content (Digital Connections Council of the Committee for Economic Development 50). Given that these mechanisms can only temporarily allow a limited level of control over access to and usage of content, however, both IP and contract law are essential to the prevention and deterrence of infringement. While production and distribution corporations agitate about online ‘piracy’, an increasing population of consumers are unsympathetic, knowing that very little of the music industry revenue ends up in the pockets of artists, and knowing very little of the complex law surrounding copyright. Over the past few hundred years the content distribution business has become particularly wealthy, and it is primarily this link of the content chain from creator to consumer that is tending towards redundancy in the digital networked world: those who once resided in the middle of the content chain will no longer be required. When individuals and collectives create something they are proud of, they want the world to experience and talk about it, if not ‘rip, mix, mash, and share’ it. The need to create and communicate has always been part of human makeup. Infants learn rapidly during their first few years primarily by observing and emulating the behaviour of adults. But as children progress, and begin creating what they perceive to be their unique contribution, they naturally want to claim and display it as their own; hence the importance of attribution and moral rights to this debate. Clearly, society benefits in many ways from this drive to create, innovate, communicate, learn and share contributions. One need only cite Sir Isaac Newton, who is attributed as having said, ‘If I have seen further, it is by standing on the shoulders of giants.’ Academics and scientists worldwide have long collaborated by sharing and building on one another’s work, a fact acknowledged by the Science Commons initiative (http://www.sciencecommons.org/) to provide open access to academic research and development. Such has been inspired by the vision of Lawrence Lessig, as espoused in The Future of Ideas: The Fate of the Commons in a Connected World. Appropriation of bits and pieces (‘samples’) of another’s work, along with appropriate attribution, has always been acceptable until recently. This legal tension is explored by authors Frederick Wasser, in his article ‘When Did They Copyright the World Without Us Noticing?’, and Francis Raven, in ‘Copyright and Public Goods: An Argument for Thin Copyright Protection’. Wasser explores the recent agitation against the legislated copyright extension in the United States to 95 years from publication (or 120 years from creation, whichever is shorter) from an original 14, accompanied by the changing logic of copyright, which has further upset the balance between protection and fair use, between consumer and creator, and ultimately invests power in the intermediary. Raven argues for ‘thin’ copyright protection, having the intention to protect the incentive for producers to create while also defending the public’s right to a rich intellectual realm in the public domain. Current conflict surrounding music sampling illustrates that our evolution towards a regime of restrictive licensing of digital works, largely driven by copyright owners and content distributors, has made the use of bits and pieces of existing music difficult, if not impossible. In this issue’s feature article ‘Good Copy/Bad Copy’, Steve Collins examines the value of ‘copy’ where musical creativity and copyright law intersect. The recontextualisation and reshaping of music with regard to cover versions and sampling brings into relief the disparity in current legal and licensing provisions. When creativity is stifled by copyright, the original intention of the law is lost. Collins argues that creators are now subject to the control of an oppressive monopoly, which clearly should be addressed if innovative cultural expression is to thrive. The issue’s second article, ‘The Affect of Selection in Digital Sound Art’ by author and sound artist Owen Chapman, aka ‘Opositive’, explores the interplay and influence between the ‘raw and the remixed’, where subjective control over sound production is questioned. Transformation of sound hovers between an organic and intentional process, and creates affective influence: we are ultimately entreated to listen and learn, as sampling selection goes gestalt. Moving from the aural domain to the written, the significance of textual reuse and self-referentiality is introduced by Kirsten Seale in her academic exploration of reuse in the works of Iain Sinclair. Sinclair, in Dining on Stones (or, the Middle Ground), is seen to have subverted the postmodernist obscuration/denial of authorial control through the reintroduction of an assured self-sampling technique. Also in contemplating the written creative process, after significant exposure to the ever-more-evident proclivities of students to cut and paste from Websites, Dr. Gauti Sigthorsson asserts that plagiarism is merely symptomatic of the dominant sampling culture. Rather than looming as a crisis, Sigthorsson sees this increasing appropriation as a ‘teachable moment’, illustrating the delights of the open source process. Issues of identity and authenticity are explored in ‘Digital Doppelgängers’ by Lisa Bode, and ‘Slipping and Sliding: blind optimism, greed and the effect of fakes on our cultural understanding’ by art fraud and forensic expert Robyn Sloggett. In introducing the doppelgänger of Indo-European folklore and literature as the protagonist’s sinister double, Bode goes on to explore the digital manifestation: the image which challenges the integrity of the actor and his/her reflection, where original identity may be beyond the actor’s control. In copy’s final article ‘Slipping and Sliding’ by Sloggett, the determination of artistic authenticity is explored. Identity is seen to be predicated on authenticity: but does this necessarily hold? In reflecting on the notions of ‘copy’ explored in this issue, it is clear that civilisation has progressed by building on past successes and failures. A better, richer future can be possible if we continue to do exactly this. Instead, rights holders are striving to maintain control, using clumsy methods that effectively alter traditional user rights (or perceived rights) and practices. Imagine instead if all creative content were virtually free and easily accessible to all; where it would not longer be an infringement to make and share copies for non-commercial reasons. Is it possible to engineer an alternative incentive (to copyright) for creativity to flourish? This is, after all, the underlying goal behind copyright law. Copyright law provides a creator with a temporary monopoly over the sale and distribution of their work. Infringing copyright law is consequently depriving creators of this mechanism to make money, obtain notoriety and thus their very motivation to create. This goal to provide creative incentive is fundamentally important for society, intellectually and culturally, but alternative means to achieve it are worthy of exploration. A familiar alternative option to help generate creativity is to apply a special tax (levy) on all goods and services that enable viewing, listening, reading, publishing, copying, and downloading of digital content. The revenue pool this generates is then available for distribution amongst content creators, thereby creating a financial incentive. In over 40 countries, primarily European, partial variations of such a levy system are currently used to compensate copyright owners whilst allowing consumers a certain degree of free private copying. Professor William Fisher, Hale and Dorr Professor of Intellectual Property Law at Harvard University, and Director of the Berkman Centre for Internet and Society, proposes as much in his book outlining a government-administered compensation scheme, encompassing free online access to music and movies: Promises to Keep: Technology, Law and the Future of Entertainment. As we are left to contemplate copyrights and ‘copywrongs’ (Vaidhyanathan), we may reflect that the ‘promotion of the progress of science and the useful arts’, as per Harper v. Row (471 U.S.), rests with the (some say draconian) directions determined by legislation. Measures contained in instruments such as the Digital Millennium Copyright Act (DMCA), continue to diminish, if not desecrate, the public domain. Moreover, as the full impact of the Free Trade Agreement (FTA) with the United States looms for the Australian audience, in the adoption of the extension of the copyright term to the criminalisation of IP infringement, we realise that the establishment of economically viable and legal alternatives to the adopted regime is paramount. (Moore) We are also left to lament the recent decision in MGM vs. Grokster, where the US Supreme Court has ruled unanimously against the file-sharing service providers Grokster and Streamcast Networks (developers of Morpheus), serving as an illustration of ongoing uncertainty surrounding P2P networks and technologies, and lack of certainty of any court decisions regarding such matters. In the future, as we log into Longhorn (http://msdn.microsoft.com/longhorn/), we will wonder where our right to enjoy began to disappear. Electronic Frontier Foundation’s (http://www.eff.org/) cry to ‘Defend Freedom in the Digital World’ gains increasing resonance. In presenting ‘copy’ to you, we invite you cut, paste, innovate, create, and be entertained, to share, and share alike, while you still can. References Digital Connections Council of the Committee for Economic Development (CED). Promoting Innovation and Economic Growth: The Special Problem of Digital Intellectual Property, 2004. http://www.ced.org/docs/report/report_dcc.pdf>. Fisher, William. Promises to Keep: Technology, Law, and the Future of Entertainment. Palo Alto CA: Stanford UP, 2004. Lessig, Lawrence. The Future of Ideas: The Fate of the Commons in a Connected World. New York: Random House, 2001. Moore, Christopher. “Creative Choices: Changes to Australian Copyright Law and the Future of the Public Domain.” Media International Australia 114 (2005): 71-82. Vaidhyanathan, Siva. Copyrights and Copywrongs: The Rise of Intellectual Property and How It Threatens Creativity. New York: New York UP, 2003. 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