Littérature scientifique sur le sujet « Violenza strutturale »

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Articles de revues sur le sujet "Violenza strutturale"

1

Calzoni, Daniela. « Rom, sinti e violenza strutturale ». MINORIGIUSTIZIA, no 1 (avril 2011) : 130–38. http://dx.doi.org/10.3280/mg2011-001013.

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2

Saje, Andrej. « Abusi sessuali e spirituali nella Chiesa Cattolica ». Studia Teologiczno-Historyczne Śląska Opolskiego 40, no 2 (30 octobre 2020) : 69–85. http://dx.doi.org/10.25167/sth.2195.

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Résumé :
L’abuso sessuale è ogni azione non verbale, verbale o fisica con cui si viola la dignità e si oltrepassano i confini di un’altra persona di qualsiasi età o sesso allo scopo di raggiungere il piacere sessuale o di compiere violenza. Parliamo di abuso spirituale quando in un contesto religioso viene violata la dignità della persona, per cui essa non gode più della sua piena autonomia. Ciò accade in modo manipolativo e senza il consenso del singolo, per cui sotto il pretesto della spiritualità nel senso più ampio della parola lo si umilia o annulla.La violenza sessuale e quella spirituale sono due diversi tipi di abuso che possono avvenire in modo indipendente l’una dall’altra, ma in entrambi i casi si tratta della questione dell’esercizio del potere e dell’autorità. L’abuso spirituale in ambiente religioso è spesso il preludio dell’abuso sessuale ed è meno studiato del primo. Sulla base di una descrizione storica dello sviluppo delle prescrizioni giuridiche nel trattamento della dinamica e della natura di entrambi i tipi di abusi, l’articolo propone alcune soluzioni, giungendo alla conclusione che gli abusi sono anche un problema strutturale della Chiesa, che offre agli autori degli abusi un ambiente favorevole a selezionare le vittime e la possibilità di nascondere quanto commesso.
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3

Fiore, Stefano. « Verso una nuova rilevanza penale dello sfruttamento di manodopera. Simbolismo ed effettività della risposta punitiva ». AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no 2 (octobre 2011) : 83–98. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002006.

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Résumé :
La recrudescenza dei fenomeni di "caporalato" nel nostro paese, certamente collegata ai flussi di migranti clandestini che offrono un ricco serbatoio dal quale attingere nuove e particolarmente vulnerabili vittime dello sfruttamento, non ha trovato nella legislazione penale vigente adeguati strumenti di contrasto. La rilevanza penale dei fatti riconducibili al c.d. caporalato, quando non viene collocata in fattispecie "comuni" (come la violenza privata o l'estorsione), si distribuisce tra le poco efficaci ipotesi contravvenzionali previste all'art. 18 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ed il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù, normalmente sovradimensionato sia sul piano strutturale, che su quello del correlativo impegno probatorio. L'elevato valore dei beni in gioco (libertà, autodeterminazione, dignità personale) legittima certamente un intervento penale appropriato, da inserire in un sistema di tutela integrato dei diritti dei lavoratori e offre un adeguato e condiviso fondamento alla proposta, variamente avanzata, di introdurre una fattispecie incriminatrice. Le proposte di legge analizzate, al di là di alcune disomogeneità nei contenuti, manifestano come tratto comune qualificante un articolato sistema sanzionatorio, che combinando ed integrando diverse misure, appare correttamente "mirato" sulla peculiarità del fenomeno criminale.
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4

Caso, Letizia, Francesca Vitale et Michela Boni. « La violenza assistita intrafamiliare. Uno studio qualitativo sui fattori di rischio e di protezione nei minori vittime ». MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no 1 (avril 2011) : 87–109. http://dx.doi.org/10.3280/mal2011-001005.

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Résumé :
La ricerca si pone come finalitŕ l'approfondimento della conoscenza sul fenomeno della violenza assistita intrafamiliare, attraverso lo studio dei fattori di rischio e di protezione dei minori testimoni. La metodologia riguarda l'analisi qualitativa del contenuto delle interviste somministrate ad un gruppo di 24 madri vittime di violenza domestica, che risiedono in una struttura protetta. I principali risultati emersi si riferiscono all'associazione percepita, in termini di fattori di rischio, tra l'esordio delle violenze in famiglia ed eventi quali la gravidanza o la nascita di un figlio, il rapporto tra la vittimizzazione diretta e l'esposizione alla violenza e l'incidenza della diversa appartenenza culturale dei partner sull'insorgenza della violenza. Tra i principali fattori di protezione vi sono l'autonomia professionale ed economica delle madri e il supporto della rete sociale.
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5

Tirocchi, Simona. « Tra rappresentazione della violenza e interazioni digitali. Una riflessione sui giovani nell'era della pandemia ». MINORIGIUSTIZIA, no 2 (janvier 2022) : 92–99. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-002009.

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Résumé :
L'equazione tra giovani e violenza è un tema classico e persistente del dibattito pubblico. Di giovani violenti si parla da secoli, anche se la tarda modernità, favorendo l'emersione delle fragilità strutturali e individuali, sembra aver fornito a questa rappresentazione l'ambiente ideale per svilupparsi e proliferare. Ma è sempre opportuno oggi concentrare la nostra attenzione soltanto sui comportamenti violenti alimentando una narrazione dei giovani basata soltanto su aspetti negativi? Non è forse più proficuo, dal punto di vista educativo, studiare i giovani come categoria sociale cercando di cogliere come è cambiato il loro modo di interagire anche in relazione alla trasformazione della realtà sociale? Forse provando a riflettere su quali sono le nuove forme espressive (tipiche dei social media e del mondo digitale) che li caratterizzano, sarà possibile, in futuro, limitare forme di interazione basate sull'aggressività.
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Ardino, Vittoria. « La costruzione di significato della violenza sulla donna in contesti post-conflitto : uno studio interpretativofenomenologico su rifugiati congolesi ». MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no 3 (décembre 2011) : 91–103. http://dx.doi.org/10.3280/mal2011-003006.

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Résumé :
Molti lasciano il paese d'origine come rifugiati dopo aver vissuto traumi gravi (torture, guerra, violenze di massa). In relazione a questi traumi, vi č la necessitŕ di esplorare i fattori socio-culturali che, in fase di post-migrazione, non permettono la rielaborazione del trauma. I rifugiati, vittime di eventi estremi, guardano a distanza gli accadimenti del paese d'origine, che sono, perň, spesso, fonte di ritraumatizzazione. Lo studio esplora in che modo rifugiati congolesi uomini, che vivono nel Regno Unito, interpretano e danno significato alla violenza sulle donne che continua a perpetrarsi nel paese d'origine. Si č utilizzato il metodo qualitativo dell'analisi fenomenologica-interpretativo. Quattro rifugiati sono stati intervistati seguendo una traccia di intervista semi-strutturata e le trascrizioni sono state analizzate secondo i principi dell'analisi fenomenologica-interpretativo. I quattro temi emersi dall'analisi sono stati etichettati: guerra e violenza, la figura della donna, violenza contro la donna e educazione. I partecipanti hanno descritto la violenza sulle donne in Congo come una ritraumatizzazione collettiva che si origina da una risoluzione della guerra non efficace e da una mancanza di educazione della popolazione locale. Nella valutazione degli effetti di traumi di massa occorre esplorare meglio in che modo i rifugiati interpretano la violenza attuale nel paese di origine come possibile fattore di rischio per un'eventuale ritraumatizzazione.
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Ferla, Lara. « Dalla prevenzione al trattamento. Autori di maltrattamenti e di violenza domestica e problemi di effettività della tutela penale ». MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA 24, no 3 (janvier 2023) : 11–35. http://dx.doi.org/10.3280/mal2022-003002.

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Résumé :
Le scelte del legislatore in materia di repressione dei maltrattamenti e della violenza com-messi in ambito familiare sono state frequentemente orientate verso un'estensione della rile-vanza penale e un inasprimento del trattamento sanzionatorio. In tempi più recenti, è aumen-tata la consapevolezza della necessità di un potenziamento degli strumenti giuridici di natura preventiva e di quelli finalizzati a indagare le ragioni della criminalità violenta nelle relazioni strette e la sfera psicologica dell'autore di reato. La sanzione penale, infatti, non può risulta-re da sola risolutiva dei problemi di tutela sollecitati da questa forma di criminalità. È stata progressivamente riconosciuta, dunque, l'importanza di affiancare ai tradizionali strumenti di natura punitiva anche misure di natura preventiva. Queste ultime si propongono il duplice scopo di attuare un intervento tempestivo, idoneo a evitare conseguenze più gravi per la persona offesa e, nello stesso tempo, a consentire al soggetto agente di avviare un percorso psicologico di revisione critica del proprio comportamento, prima che lo stesso divenga abi-tuale o possa connotarsi di maggiore gravità, risultando meritevole di una risposta sanziona-toria ancor più severa. Oltre agli strumenti di natura strettamente sanzionatoria, una maggio-re consapevolezza culturale del problema e adeguate politiche sociali costituiscono compo-nenti essenziali di una strategia a lungo termine e meglio strutturata ai fini del contrasto della violenza domestica.
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Garbarino, Francesca, et Paolo Giulini. « L'approccio multidisciplinare nel contrasto alla violenza di genere : il trattamento degli autori ». MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA 24, no 3 (janvier 2023) : 37–60. http://dx.doi.org/10.3280/mal2022-003003.

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Résumé :
Le scelte del legislatore in materia di repressione dei maltrattamenti e della violenza com-messi in ambito familiare sono state frequentemente orientate verso un'estensione della rile-vanza penale e un inasprimento del trattamento sanzionatorio. In tempi più recenti, è aumen-tata la consapevolezza della necessità di un potenziamento degli strumenti giuridici di natura preventiva e di quelli finalizzati a indagare le ragioni della criminalità violenta nelle relazioni strette e la sfera psicologica dell'autore di reato. La sanzione penale, infatti, non può risulta-re da sola risolutiva dei problemi di tutela sollecitati da questa forma di criminalità. È stata progressivamente riconosciuta, dunque, l'importanza di affiancare ai tradizionali strumenti di natura punitiva anche misure di natura preventiva. Queste ultime si propongono il duplice scopo di attuare un intervento tempestivo, idoneo a evitare conseguenze più gravi per la persona offesa e, nello stesso tempo, a consentire al soggetto agente di avviare un percorso psicologico di revisione critica del proprio comportamento, prima che lo stesso divenga abi-tuale o possa connotarsi di maggiore gravità, risultando meritevole di una risposta sanziona-toria ancor più severa. Oltre agli strumenti di natura strettamente sanzionatoria, una maggio-re consapevolezza culturale del problema e adeguate politiche sociali costituiscono componenti essenziali di una strategia a lungo termine e meglio strutturata ai fini del contrasto della violenza domestica.
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Varela-Portas de Orduña, Juan. « Avari e prodighi nella struttura dinamica dell’Inferno (Inferno VII 1-66) ». Revista de Filología Románica 38 (16 novembre 2021) : 27–36. http://dx.doi.org/10.5209/rfrm.78804.

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In queste pagine sosterremo che le principali caratteristiche dell’episodio degli avari e i prodighi sembrano indicare che Dante, l’autore, è interessato a sottolineare la sua funzione nella struttura dinamica dell’Inferno; a sottolineare cioè la funzione dell’avarizia-prodigalità nel degrado della mente umana come inizio del coinvolgimento della ragione nel peccato e quindi inizio della sua perversione. Sosterremo, insomma, che l’episodio è impostato per mettere in rilievo l’inizio del molto progressivo e scandito passaggio dai peccati di incontinenza ai peccati di violenza che si prolunga appunto da questo settimo canto fino al decimo.
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della Porta, Donatella. « I MILITANTI DELLE ORGANIZZAZIONI TERRORISTE DI SINISTRA IN ITALIA ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 17, no 1 (avril 1987) : 23–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200016427.

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IntroduzioneFra i fenomeni che caratterizzarono la storia italiana degli anni Settanta, il terrorismo è certamente quello piò drammaticamente presente nella memoria collettiva. Vari interrogativi vennero posti nel dibattito di quegli anni sulle cause di una violenza politica di tale intensità e durata. Le condizioni ambientali per il suo emergere vennero individuate ora nelle peculiarità della cultura politica, ora nella gravità che alcuni problemi sociali assunsero nel corso della lunga crisi economica. Alcune organizzazioni legali vennero accusate di avere offerto strutture o legittimazione alle formazioni clandestine. La percezione dell'estensione raggiunta dal fenomeno accrebbe il bisogno di capire le motivazioni che avevano spinto tanti individui, appartenenti ad una generazione socializzata alla politica in un regime democratico ormai consolidato, verso comportamenti di un tale livello di violenza.
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Thèses sur le sujet "Violenza strutturale"

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MENEGATTO, Marialuisa. « Vite precarie e indebitate. Job loss, disagio psicologico e rappresentazioni sociali della crisi economica ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11562/961952.

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Résumé :
L’attuale crisi economica ha generato una grande perdita di posti di lavoro (disoc-cupazione), avvenuta per molti in modo improvviso e involontario, e una prolife-razione di contratti di lavoro non-standard, dando via al fenomeno del precariato. Ciò ha determinato un aumento della povertà e conseguenze negative sulla salute e il benessere delle persone. Le principali manovre pubbliche si sono tradotte in politica dell’austerità con tagli a welfare, salute pubblica, istruzione, e un innal-zamento di imposte e tasse, generando innumerevoli costi umani. Il presente progetto di ricerca analizza tali costi umani all’interno della proposta metodologica degli Internet Studies. Lo sviluppo delle tecnologie dell'informazio-ne e della comunicazione fornisce ai ricercatori non solo nuovi strumenti di lavo-ro, ma anche nuovi mezzi per fare ricerca e una nuova concezione della “discesa sul campo”. Oggi la raccolta dei dati di ricerca si svolge anche su Internet, attra-verso blog, weblog e archivi online. Dopo una rassegna puntuale sullo stato dell’arte della ricerca scientifica in merito alla crisi economica, con particolare attenzione ai fenomeni di job loss e job inse-curity, due sono gli studi condotti: il primo si focalizza sull’impatto biografico della perdita di lavoro in cittadini italiani attraverso l’analisi qualitativa di narra-zioni in prima persona depositate in blog tematici; il secondo studio analizza le rappresentazioni sociali della crisi economica veicolate dai principali quotidiani italiani attraverso gli articoli depositati in archivi online. I risultati mostrano un job loss come uno shock da perdita, unitamente alla man-canza di ancoraggi psicologici e sociali per farvi fronte, e una rappresentazione della crisi egemone di natura traumatica, contrassegnata dall’emozione della paura e dalla tendenza a colpevolizzare/responsabilizzare il cittadino. Infine, i risultati dei due studi sono articolati secondo due dei livelli di spiegazione elaborati da Doise: i livelli intrapersonale e ideologico/sociale.
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SCOLARI, BALDASSARE. « State Martyr Representation and Performativity of Political Violence ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Résumé :
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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VALENTE, LAURA. « GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Résumé :
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Livres sur le sujet "Violenza strutturale"

1

Napoli violenta : Un classico del cinema poliziesco : genesi, struttura e curiosità della pellicola diretta da Umberto Lenzi. Atripalda (AV) : Mephite, 2014.

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Chapitres de livres sur le sujet "Violenza strutturale"

1

Monahan, J. « La valutazione strutturata del rischio di violenza ». Dans Valutazione e gestione della violenza, 15–29. Milano : Springer Milan, 2014. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1738-2_2.

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2

Salzillo, Giuseppe. « Violenza e linguaggio nelle strutture cliniche ». Dans Adoviolenza, 63–74. Rosenberg & Sellier, 2020. http://dx.doi.org/10.4000/books.res.6437.

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