Littérature scientifique sur le sujet « Vescovo e città »

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Articles de revues sur le sujet "Vescovo e città"

1

Scharf, Gian Paolo G. « Vescovo e Signore : la parabola di Guglielmino degli Ubertini ad Arezzo (1248-1288) ». SOCIETÀ E STORIA, no 138 (novembre 2012) : 699–728. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-138001.

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Résumé :
L'articolo presenta le vicende biografiche di un vescovo aretino del Duecento, noto per aver finito i suoi giorni sulla piana di Campaldino. Il lungo episcopato dell'Ubertini si caratterizza per un forte impegno politico, culminato nella signoria sulla sua cittÀ, che non andň tuttavia disgiunto dagli impegni propriamente pastorali, dato che il presule condusse un'accurata visita nella sua diocesi. Il momento assai turbolento in cui visse tuttavia ne fa una figura di spicco della politica toscana, dato che la sua forte personalitÀ gli permise di giostarsi abilmente nelle vicende dell'epoca, tanto in cittÀ quanto nella regione. Per tale motivo il suo caso puň essere considerato significativo di un modello di vescovo sicuramente minoritario rispetto alla sua epoca, ma non ancora del tutto scomparso.
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2

Lázár, István Dávid. « Il cinghiale Marsus in terra della Pannonia ». Tabula, no 17 (16 novembre 2020) : 275–92. http://dx.doi.org/10.32728/tab.17.2020.10.

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Résumé :
Appena nominato, il nuovo vescovo della diocesi di Győr, György Draskovich, aveva convocato il sinodo per l’estate dell’anno 1579, nella città di Szombathely. Nel primo giorno del sinodo, su invito del nuovo vescovo, il gesuita croato Marcus Pitačić pronunciò un discorso che trattava dei criteri per divenire prete, della morale che la comunità esigeva da parte del clero e dell’istituzione del celibato, attaccando e confutando le relative dottrine dei protestanti. La reazione al discorso di Pitačić da parte dei protestanti non arrivò subito ma si fece aspettare per un decennio e mezzo. Nel 1585 uscì il libro di Péter Beregszászi, Apologia pro ecclesiis reformatis, actis impiis Synodi Sabariensis opposita, che contiene sia l’Oratio di Pitačić sia la risposta di Beregszászi, in cui egli smentisce punto per punto le asserzioni del gesuita. Il fatto che, due anni dopo, venne pubblicato a Basel il volume De controversiis religionis hoc seculo motis adversaria quaedam scripta, in quibus utriusque partis dissidentium argumenta, ad Scripturae divinae canonem explorantur et Iesuitis potissimum respondetur, mostra l’importanza dei due testi dell’Apologia che, assieme ad alcuni libelli apparsi negli anni ’80, viene interamente riproposta nel detto volume. A seguito della breve presentazione riassuntiva della vita di Pitačić, l’articolo offre un quadro sintetico della sua controversia con Beregszászi, ricca di argomentazioni e di mezzi retorico-linguistici che servivano al predicatore protestante per rendere ridicoli i gesuiti e contestare l’autenticità delle parole del suo avversario.
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3

Clarke, Peter D. « The interdict on San Gimignano, c. 1289–93 : a clerical ‘strike’ and its consequences ». Papers of the British School at Rome 67 (novembre 1999) : 281–301. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000458x.

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Résumé :
L'INTERDETTO DI SAN GIMIGNANO, CIRCA 1289–93: UNO ‘SCIOPERO’ DEL CLERO E LE SUE CONSEGUENZEL'interdetto era una specie di sciopero ecclesiastico, che aveva lo scopo di esprimere un risentimento o una richiesta nei confronti del potere secolare. Verso la fine del 1289 il vescovo di Volterra dichiarò un'interdetto contro il comune di San Gimignano, probabilmente perchè questo aveva tassato il clero locale. I membri del clero lasciarono la città, portando con sé gli arredi dell'altare della chiesa parrocchiale, e si rifiutarono di servire la messa e perfino di battezzare i bambini per quasi tre anni. Nel frattempo il comune di San Gimignano dovette cooptare a sue spese altri preti, nonche combattere una lunga battaglia legale contro il clero, con il coinvolgimento dello stesso papa. La disputa fu infine arbitrata in favore del comune e il clero dovette così, suo malgrado, giungere a una pacificazione. Successivamente il comune promise di rispettare le libertà ecclesiastiche, ma è dubbio che una pace duratura tra il clero ed il comune fu effettivamente ottenuta. Questo esempio mostra come un'interdetto possa aver effettivamente funzionato e quali fossero state le reazioni del ceto laico e quello ecclesiastico. In conclusione sembra che la chiesa non avesse potere sufficiente per opporsi in maniera effettiva al potere secolare e che spesso potesse raggiungere un modus vivendi piu con il compromesso che con lo scontro diretto.
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4

Orlandis, José. « VV.AA., Il primato del Vescovo di Roma nel primo millennio. Ricerche e testimonianze. Atti del Symposium Storico-Teologico, Roma 9-13 Ottobre 1989, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1991, IX + 782 pp. » Anuario de Historia de la Iglesia 2 (15 mai 2018) : 387–89. http://dx.doi.org/10.15581/007.2.25135.

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5

McLynn, Neil. « R. Lizzi, Vescovi e strutture ecclesiastiche nella città tardoantica (l'Italia Annonaria Nel IV–V Secolo d.C.) (Biblioteca di Athenaeum ix). Como : New Press, 1989. Pp. 255. - S. Mazzarino, Storia sociale del vescovo Ambrogio (Problemi e ricerche di storia antica IV). Rome : ‘l'Erma’ di Bretschneider, 1989. Pp. 101, 16 pls. ISBN 88-7062-664-4. » Journal of Roman Studies 80 (novembre 1990) : 257–58. http://dx.doi.org/10.2307/300343.

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6

Dybski, Henryk. « Życie monastyczne w Konstantynopolu w wypowiedziach autorów IV i V wieku ». Vox Patrum 44 (30 mars 2003) : 301–18. http://dx.doi.org/10.31743/vp.8080.

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Résumé :
Dall'analisi che abbiamo presentato sopra, relativa alle fonti patristiche del IV e del V secolo sul tema „Il monachesimo a Costantinopoli", si possono trarre le seguenti considerazioni. Gia l'imperatore Costantino il Grande presto interesse a questa forma di vita. Ció e testimoniato dalla lettera, non conservatasi, indirizzata dall’imperatore stesso a sant'Antonio del deserto. Oltre a questo, anche sant'Antonio il Grande scrisse al sovrano in difesa di sant'Atanasio il Grande. Nell'anno 320, Costantino riconobbe i privilegi delle persone di ambo i sessi che sceglievano di vivere nella verginita. Alla famiglia dell'imperatore fu legata la vita di Arsenio, il quale educó i figli di Teodoro il Grande e, dopo essersi convertito, si dedicó alla vita eremitica nel deserto, in Egitto. I monaci egiziani erano soliti recarsi dall'imperatore di Costantinopoli, per esempio, con la richiesta di essere dispensati dal versamento dei tributi. Le informazioni da noi raccolte e sopra riportate sono testimonianza della presenza di legami tra Costantinopoli e i monaci d'Egitto, nonche delle influenze di questi ultimi sulla vita della capitale dell'impero. Occorre aggiungere che al palazzo imperiale fu legata la figura di Marciano di Cira, il quale rinunció alla carriera a cortee, sotto il regno di Valente, visse da eremita nei deserto della Siria. Dopo la morte dell'imperatore, si dedicó alla vita monastica, non lontano da Antiochia, anche un certo Zenone, attivo nei servizi speciali „agentes in rebus" come spia della polizia. I primi monasteri maschili e femminili di Costantinopoli furono costruiti per opera del vescovo Macedonus e del diacono Maratone, entrambi semiariani. Contro di loro si schieró il Concilio di Calcedonia, il quale promulgó un canone avente lo scopo di sottomettere i monaci alla giurisdizione dei vescovi. Un ulteriore elemento di analisi e quello relativo ai legami tra il monaco Eutiche e le pratiche eretiche. Contro il suo insegnamento intervenne papa Leone con la lettera a Flaviano, vescovo di Costantinopoli. Inoltre, la dottrina di Eutiche fu condannata anche dal Concilio di Calcedonia. Qui vivevano ancora monaci legati all'eresia macedonese. A Costantinopoli si trovavano anche delle vergini. Fra loro vi erano: la diaconessa Olimpia, le figlie dell'imperatore Arcadio (Pulcheria, Arcadia e Marina). Nella citta vissero temporaneamente Egeria, Evagrio Pontico, Melania la Giovane e san Giovanni Cassiano.
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Atzin Bahena Pérez, Martha. « La configuración de una ciudad episcopal : Ciudad Real de Chiapa durante el siglo XVI ». CHEIRON, no 1 (janvier 2022) : 187–207. http://dx.doi.org/10.3280/che2020-009.

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Résumé :
Nell'articolo, l'autrice indaga il ruolo svolto dalle autorità locali di Ciudad Real nell'istituzione della diocesi di Chiapa e nel tentativo di prevenire il passaggio delle decime dei parrocchiani alle altre città episcopali. La ricerca mette in luce come nella diocesi, alla fine del XVI secolo, le decime furono utilizzate per sostenere i vescovi e, specialmente, per garantire benefici alla cattedrale e al suo consiglio, che iniziarono a provvedere ai figli dei vecinos che erano nati nella provincia. Il lavoro analizza inoltre il consolidamento della diocesi in seguito ai negoziati avviati tra i consigli e i vescovi e pone altresì l'accendo sull'interesse manifestato dalle autorità al fine di espandere le cariche ecclesiastiche nel consiglio della cattedrale e nelle parrocchie, per le quali il ruolo di mediazione svolto dei prelati presso gli ordini religiosi, il clero e il consiglio secolare era fondamentale. L'articolo si sofferma inoltre ad analizzare il processo che, durante l'episcopato di Andrés de Ubilla, portò la diocesi di Chiapa a incorporare nel suo distretto il Soconusco, territorio conteso con la diocesi del Guatemala.
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8

Testa, Rita Lizzi. « I vescovi et il governo della cità (IV-VI secolo d.C.) ». Antiquité Tardive 26 (janvier 2018) : 149–62. http://dx.doi.org/10.1484/j.at.5.116752.

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De Virgilio, Giuseppe. « Istanze e prospettive teologiche dell’Esortazione Apostolica Verbum Domini ». Ruch Biblijny i Liturgiczny 68, no 4 (31 décembre 2015) : 293. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.22.

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Résumé :
Lo studio riassume i punti principali dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini di Benedetto XVI riguardante «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa» (2010). La riflessione affronta il ruolo della Parola di Dio nella Chiesa, ampliando e attualizzando il cap. VI della costituzione dogmatica Dei Verbum. L’Esortazione costituisce un importante verifica del «cammino biblico» della Chiesa post-conciliare. Le indicazioni basilari provengono dal vasto lavoro di sintesi, riassunto nelle 55 Propositiones redatte nel corso della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (Città del Vaticano, 5–26 ottobre 2008). Come una «sinfonia musicale», l’articolo propone un percorso ermeneutico riprendendo le tre parti dell’Esortazione: 1) La «Parola di Dio» (nn. 6–49); 2) la «Parola nella Chiesa» (nn. 50–89); 3) la «Parola al mondo» (nn. 90–120). In conclusione si propongono alcune chiavi di lettura teologica e pastorale del ruolo della Parola di Dio per l’uomo di oggi.
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10

McEvoy, Meaghan. « Rome and the transformation of the imperial office in the late fourth–mid-fifth centuries AD ». Papers of the British School at Rome 78 (novembre 2010) : 151–92. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000854.

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Résumé :
Sommarii:Questo articolo identifica una ragione finora non riconosciuta circa la crescente presenza imperiale a Roma dall'ascesa di Onorio nel 395 d.C. fino all'assassinio di Valentiniano III nel 455, nella forma della trasformazione dell'ufficio imperiale stesso, che stava prendendo piede in questo periodo, come risultato della ripetuta ascesa degli imperatori-bambini nel Occidente tardo-romano. Questi prolungati governi dei minori, che si verificano a un certo punto nella storia tardo-romana quando la crescita della cerimonializzazione e owiamente della cristianizzazione andarono a costituire un importante parte del ruolo delrimperatore, portarono con loro anche una piu grande necessita che la citta di Roma agisse come stage politico chiave per l'esposizione del cerimoniale imperiale, in particolare tanto il supporto della ricchezza deH'aristocrazia senatoria fondata a Roma, divenne ancora piu cruciale quanta le fonti delle entrate imperiali andarono perdute all'impero d'Occidente per via delle invasioni barbariche. In aggiunta, la fondazione del mausoleo di Onorio, adiacente alia basilica di San Pietro, e l'estesa costruzione delle chiese e gli sforzi decorativi della famiglia imperiale durante il regno di Valentiniano III, illuminarono le credenziali cristiane dell'imperatore d'Occidente, e contestano la vecchia visione che i vescovi di Roma avevano gia preso il soprawento sul ruolo delrimperatore' all'interno della citta a partire dal V secolo d.C.
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Thèses sur le sujet "Vescovo e città"

1

PAPERINI, MARCO. « Massa di Maremma ». Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/808272.

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Résumé :
La tesi offre una rilettura delle vicende storiche della città di Massa Marittima dalla sua fondazione, ad opera del vescovo nell'XI sec., fino alla definitiva affermazione del comune cittadino (prima metà XIII sec.). In particolare viene presentata una vasta ricognizione sulle fonti, non solo documentarie, che in una prospettiva multidisciplinare si prestano a numerose analisi. A margine della tesi si presenta un regesto della documentazione archivistica a tutto il XIV secolo e l'edizione di una serie di documenti utilizzati per la ricostruzione storica.
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VALENTE, LAURA. « GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Résumé :
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Livres sur le sujet "Vescovo e città"

1

Vescovo e città : Una relazione nel Medioevo italiano (secoli II-XIV). [Milan, Italy] : B. Mondadori, 2009.

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2

Il vescovo, la Chiesa e la città di Reggio in età comunale. Bologna : Pàtron editore, 2012.

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3

Iacobilli, Lodovico. Vita di san Feliciano martire, vescovo e protettore della città di Foligno insieme con le vite de' vescovi successori a esso santo. 2e éd. Foligno : [s.n.], 2002.

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4

Vescovo e città nell'alto Medioevo : Quadri generali e realtà toscane : Convegno internazionale di studi : Pistoia, 16-17 maggio 1998. Pistoia : Centro italiano di studi di storia e d'arte, 2001.

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5

Giampaolo, Francesconi, dir. Vescovo e città nell'alto Medioevo : Quadri generali e realtà toscane : Convegno internazionale di studi : Pistoia, 16-17 maggio 1998. Pistoia : Centro italiano di studi di storia e d'arte, 2001.

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6

Giampaolo, Francesconi, dir. Vescovo e città nell'alto Medioevo : Quadri generali e realtà toscane : Convegno internazionale di studi : Pistoia, 16-17 maggio 1998. Pistoia : Centro italiano di studi di storia e d'arte, 2001.

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7

Vescovi e città : Secoli IV-V. Spoleto (Perugia) : Fondazione Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, 2010.

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8

Alberzoni, Maria Pia. Città, vescovi e papato nella Lombardia dei comuni. Novara : Interlinea, 2001.

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9

Città, vescovi e papato nella Lombardia dei comuni. Novara : Interlinea, 2001.

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10

Serafini, Remo. Seminaristi, preti e vescovi della diocesi di Città della Pieve nel XX secolo. Montepulciano (Siena) : Le balze, 2003.

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