Thèses sur le sujet « Ventennio »

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Miretti, Lorenza <1966&gt. « Escodamè. Il ventennio futurista di Michele Leskovic ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/3096/1/Escodam%C3%A8._Il_ventennio_futurista.pdf.

Texte intégral
Résumé :
La ricerca verte sull’udinese Michele Leskovic (1905-1979), noto con lo pseudonimo di Escodamè, attivo in campo futurista dal 1920 fino alla fine degli anni Trenta. Il lavoro ricostruisce il periodo futurista di Leskovic utilizzando sia documentazione edita sia inedita rintracciata presso numerose Biblioteche ed Archivi pubblici e privati italiani e presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale. Tra gli inediti utilizzati, numerosi quelli provenienti dall’archivio privato di Michele Leskovic conservato presso «Casa Lyda Borelli per Operatori ed Artisti dello Spettacolo» di Bologna dove Leskovic visse dal 1970 alla morte insieme alla moglie, l’attrice Camilla Orlandini (1896-1975). Sono qui analizzate tutte le attività svolte dal futurista udinese sia in maniera estemporanea sia continuativa ed approfondita. Particolare attenzione è rivolta alle ricerche condotte in tre campi specifici: la poetica, la poesia ed il teatro, nei quali Leskovic ha raggiunto risultati di indubbio interesse ed originalità. I testi pubblicati da Leskovic da un lato sono stati collazionati con sue stesse carte inedite (spesso abbozzi preparatori) e dall’altro arricchiti nel confronto con le opere di altri membri del movimento futurista e soprattutto con Marinetti, del quale Leskovic risulta essere stato attivo collaboratore.
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Miretti, Lorenza <1966&gt. « Escodamè. Il ventennio futurista di Michele Leskovic ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/3096/.

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Résumé :
La ricerca verte sull’udinese Michele Leskovic (1905-1979), noto con lo pseudonimo di Escodamè, attivo in campo futurista dal 1920 fino alla fine degli anni Trenta. Il lavoro ricostruisce il periodo futurista di Leskovic utilizzando sia documentazione edita sia inedita rintracciata presso numerose Biblioteche ed Archivi pubblici e privati italiani e presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale. Tra gli inediti utilizzati, numerosi quelli provenienti dall’archivio privato di Michele Leskovic conservato presso «Casa Lyda Borelli per Operatori ed Artisti dello Spettacolo» di Bologna dove Leskovic visse dal 1970 alla morte insieme alla moglie, l’attrice Camilla Orlandini (1896-1975). Sono qui analizzate tutte le attività svolte dal futurista udinese sia in maniera estemporanea sia continuativa ed approfondita. Particolare attenzione è rivolta alle ricerche condotte in tre campi specifici: la poetica, la poesia ed il teatro, nei quali Leskovic ha raggiunto risultati di indubbio interesse ed originalità. I testi pubblicati da Leskovic da un lato sono stati collazionati con sue stesse carte inedite (spesso abbozzi preparatori) e dall’altro arricchiti nel confronto con le opere di altri membri del movimento futurista e soprattutto con Marinetti, del quale Leskovic risulta essere stato attivo collaboratore.
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Costa, Chiara. « Il genere della vanitas nel periodo del ventennio fascista ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422451.

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Résumé :
The vanitas genre in the twenty-year period of Italian Fascism The study began with an investigation of the cyclical flourish of the vanitas genre in contemporary times, addressing, more specifically, the twentieth century, without overlooking the legacy of late 1800s or excluding the influence of the 1900s on the first decade of the twenty-first century. After identifying certain crucial phases in the development of particularly relevant vanitas, the study focused on the twenty-year Fascist period. The scope was limited to Italian Fascism, at a moment in which all of Europe – and not only Europe – was heading toward tragic experiences of war and genocide. The thesis opens with a consideration on the different types of vanitas, assessing the pertinence of selected works against the accepted genre classification and noting elements of continuity and discontinuity with respect to tradition. It then examines the context in which the artists worked, as it was portrayed in their writings, which emphasize how their artistic experiences were conditioned by politics and war. Lastly, the work traces the tight network of relationships between the major figures of this time, evidencing the flourish of vanitas through several examples. Those that came first sought to revive the genre under the banner of a return to order or to express a profound existential anguish. Those that followed were dictated by the urgent need to rebel against the dictatorship with a tool that, in the wake of Picasso and Guernica, employed a cryptic language of “pictorial equivalents” capable of transmitting a message of opposition within the vanitates. The initial repertoire of images was expanded to include a broader chronological and geographical field of study that nonetheless responded to traditional typologies of vanitas and made it possible to select works from the twenty-year Fascist period. What emerged in the analyses of these works, conducted in the text and in the apparatus, is the strong link between the flourish of vanitates and the climate in which they are created, as well as an unusual use of the genre, the innovative iconographic aspects of which extol an uncanny vis polemica, which goes beyond the limits of spiritual admonition to embrace social and political protest. The emblematic repertoire and the moral nature of the vanitas are actually used as instruments of protest. The genre, which was held to be minor and “innocuous” by propaganda, was a sure and powerful means in reaching those who understood the subversive message concealed within its symbolism.
Il genere della vanitas nel periodo del ventennio fascista La ricerca ha preso avvio da un’indagine sul ciclico prosperare del genere vanitas in età contemporanea e precisamente nel XX secolo, senza trascurare l’eredità che in merito giungeva dagli ultimi anni dell’Ottocento né escludere l’influenza esercitata dal Novecento sul primo decennio del XXI secolo. Identificate alcune fasi cruciali in cui lo sviluppo della vanitas assunse particolare rilevanza, lo studio si è poi concentrato sul periodo del ventennio fascista, delimitando l’area d’interesse a quella italiana, in un momento che vede l’Europa intera, e non solo, avviarsi verso le esperienze tragiche della guerra e del genocidio. La tesi si apre con una riflessione sulle diverse tipologie della vanitas, valutando la pertinenza delle opere scelte al confronto con la classificazione consolidata del genere e rilevando gli elementi di continuità e discontinuità rispetto alla tradizione. Si sviluppa, quindi, esaminando il contesto in cui si trovano a operare gli artisti, che nei loro scritti sottolineano il condizionamento esercitato dagli eventi bellici e politici sulla loro esperienza artistica. E, infine, nel tratteggiare l’intensa rete di rapporti tra i protagonisti di questo momento storico, evidenzia come la vanitas prosperi manifestandosi in numerosi esempi, sorti dapprima per la volontà di recuperare un genere nel segno del ritorno all’ordine o di esprimere un’intima angoscia esistenziale; dettati poi dall’urgenza di ribellarsi alla dittatura con uno strumento che, sulla scorta dell’esperienza di Picasso e di Guernica, si servisse di un linguaggio criptato, formato da “equivalenti pittorici” in grado di veicolare all’interno delle vanitates messaggi di opposizione al regime. Dunque, da un iniziale repertorio di immagini esteso a un più ampio ambito cronologico e geografico, ma accomunate dalla rispondenza alle tipologie tradizionali della vanitas, si è provveduto a selezionare le opere appartenenti al periodo del ventennio fascista. Dall’analisi dei casi scelti, nel testo e negli apparati, è di conseguenza emerso non solo un forte legame tra il prosperare delle vanitates e il clima in cui esse nascono, ma anche un utilizzo inconsueto del genere, i cui aspetti iconografici innovativi esaltano una vis polemica inusuale, che supera i confini del monito spirituale per aprirsi alla protesta sociale e politica. Il repertorio emblematico e la natura morale della vanitas vengono, infatti, utilizzati come strumenti di contestazione: mezzi sicuri nella misura in cui tale genere fosse ritenuto secondario e “innocuo” dalla propaganda e potente, invece, per chi comprendeva il messaggio sovversivo celato nella sua simbologia.
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Scalfaro, Anna <1977&gt. « I Lirici greci di Quasimodo : un ventennio di recezione musicale ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/229/1/TesiDottorato.pdf.

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Scalfaro, Anna <1977&gt. « I Lirici greci di Quasimodo : un ventennio di recezione musicale ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/229/.

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Formiconi, Matteo <1980&gt. « Gli atleti goliardi di Ca' Foscari durante il ventennio fascista ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17924.

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Résumé :
Allo sport è stato attribuito un ruolo centrale nella missione pedagogica intrapresa dal PNF per rendere totalitaria la penetrazione ideologica all'interno della società. Le attività sportive giovanili, e in particolare l’attività dedicata agli universitari, diviene quindi veicolo di “cattura del consenso” tra le masse studentesche, e allo stesso tempo strumento per un processo di selezione/formazione della futura classe dirigente. Già a partire dal periodo postunitario le attività sportive avevano rappresentato un mezzo privilegiato di inquadramento ideologico oltre che di preparazione fisico-militare, finalizzato a formare i cittadini del neonato Stato. Il fascismo si inserisce nel solco tracciato dai governi liberali, ma aggiunge agli eventi sportivi quegli elementi mitico-rituali che saranno il fulcro di manifestazioni come i Littoriali dello Sport, olimpiade goliardica ispirata agli antichi giochi del mondo greco-romano. La penetrazione all’interno degli atenei non è però uniforme, a causa di situazioni locali fortemente eterogenee; il caso di Venezia risulta particolarmente interessante, in quanto nonostante la città lagunare fosse una delle realtà più floride per lo sviluppo dell’associazionismo sportivo a fine Ottocento, durante il periodo fascista lo sport goliardico non riesce a svilupparsi come in altri centri universitari della penisola. La ricostruzione della partecipazione degli studenti cafoscarini ai Littoriali dello Sport e alle principali manifestazioni ideate dalla Segreteria del partito consente di ottenere uno spaccato della realtà sportiva del capoluogo lagunare.
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Manfren, Priscilla. « Niger alter ego : stereotipi e iconografie coloniali nell'Italia del Ventennio ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424415.

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Résumé :
This work collects and analyzes a large corpus of Italian sources, both visual and literary, having as subject the black populations of colonial Africa. The research investigates specifically the sources of the fascist period (1922-1943). It examines various kinds of images, such as works of art, graphic works in illustrated magazines, commercial art and illustrations for children, as well as many articles taken by old Italian magazines and newspapers. The work wants to frame the various sources critically and to outline the evolution of some stereotypes related to the black colonial population and produced by an Eurocentric point of view. The first chapter presents the methodology which has been used to set the work; the second one, instead, is divided into two sections: the one contextualizes the European art with exotic subject and, specifically, the Orientalism trend and some of its Italian members; the other is devoted to the presentation of the artistic debate related to the Italian colonial artworks of the fascist period. The third chapter, which is the core of the work, is divided into various sections, which analyze the different male and female stereotypes emerged from the observation of images and texts. The study takes account of some historical situations, such as the Italo-Ethiopian wars of the late nineteenth century and of the 1935-36 biennium, which contributed to the spread of many clichés and iconographies about the black populations. The research also offers information about many of the Italian artists mentioned: these notes are useful for the comprehension of the fascist colonial art, of its exhibitions and its protagonists. The last part of the work presents the bibliography, a selection of the artistic and ethnographic articles found during the researches and used in the work, and the catalogue of the illustrations, which consists in a selection of over eight hundred images.
Il presente lavoro è dedicato alla raccolta e all'€™analisi di un nutrito corpus di fonti visive e letterarie italiane, aventi come soggetto le popolazioni nere dell'€™Africa durante il periodo coloniale; l'arco cronologico indagato è, nello specifico, quello del Ventennio fascista (1922-1943). La ricerca prende in esame svariate tipologie di veicoli delle immagini, quali opere d'arte, riviste illustrate e grafica per l'infanzia, nonché numerosi articoli d'epoca tratti da riviste e quotidiani. Lo scopo del lavoro è quello di indagare le diverse modalità  di rappresentazione dell'alterità nera, al fine di mettere in luce i pregiudizi e gli stereotipi generati dalla visione eurocentrica. Prima di passare alla disamina dei diversi clichés emersi dall'insieme delle immagini reperite, il lavoro propone un capitolo introduttivo, dedicato a presentare la metodologia con la quale è stata impostata la ricerca. Il secondo capitolo è suddiviso in due sezioni, l'una rivolta alla contestualizzazione dell'€™arte a soggetto esotico, della corrente ottocentesca dell'€™Orientalismo e di alcuni suoi esponenti italiani, l'altra riservata alla presentazione del dibattito in merito all'arte a soggetto coloniale nell'ambito della critica d'€™arte del Ventennio. Il terzo capitolo, suddiviso anch'€™esso in diverse sezioni, analizza gli stereotipi maschili e femminili emersi dall'osservazione delle immagini e dalla lettura dei testi d'epoca, tenendo conto di alcuni particolari frangenti storici, quali le guerre italo-etiopiche del tardo Ottocento e del biennio 1935-36, che hanno contribuito alla diffusione di determinati soggetti e iconografie. Il lavoro propone, oltre all'analisi delle immagini, notizie in merito a molti degli artisti citati, utili per comprendere l'arte coloniale del periodo fascista e le vicende dei suoi protagonisti. Concludono il lavoro l'apparato bibliografico, una parte dello spoglio degli articoli d'epoca rintracciati, divisi in fonti a tema artistico e fonti a soggetto etnografico, e il catalogo delle illustrazioni, consistente in una selezione di oltre ottocento elementi.
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Santi, Valentina <1978&gt. « Cambiamenti dello scenario epidemiologico e clinico dell'epatocarcinoma in Italia nell'ultimo ventennio ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4334/1/santi_valentina_tesi.pdf.

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Résumé :
Background & Aims: This study investigates whether the aetiologic changes in liver disease and the improved management of hepatocellular carcinoma (HCC) have modified the clinical scenario of this tumour over the last 20 years in Italy. Methods: Retrospective study based on the analysis of the ITA.LI.CA (Italian Liver Cancer) database including 3027 HCC patients managed in 11 centres. Patients were divided into 3 groups according to the period of HCC diagnosis: 1987–1996 (year of the ‘‘Milano criteria’’ publication), 1997–2001 (year of release of the EASL guidelines for HCC), and 2002–2008. Results: The significant changes were: (1) progressive patient ageing; (2) increasing prevalence of HCV infection until 2001, with a subsequent decrease, when the alcoholic aetiology increased; (3) liver function improvement, until 2001; (4) increasing ‘‘incidental’’ at the expense of ‘‘symptomatic’’ diagnoses, until 2001; (5) unchanged prevalence of tumours diagnosed during surveillance (around 50%), with an increasing use of the 6- month schedule; (6) favourable HCC ‘‘stage migration’’, until 2001; (7) increasing use of percutaneous ablation; (8) improving survival, until 2001. Conclusions: Over the last 20 years, several aetiologic and clinical features regarding HCC have changed. The survival improvement observed until 2001 was due to an increasing number of tumours diagnosed in early stages and in a background of compensated cirrhosis, and a growing and better use of locoregional treatments. However, the prevalence of early cancers and survival did not increase further in the last years, a result inciting national policies aimed at implementing surveillance programmes for at risk patients.
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Santi, Valentina <1978&gt. « Cambiamenti dello scenario epidemiologico e clinico dell'epatocarcinoma in Italia nell'ultimo ventennio ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4334/.

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Résumé :
Background & Aims: This study investigates whether the aetiologic changes in liver disease and the improved management of hepatocellular carcinoma (HCC) have modified the clinical scenario of this tumour over the last 20 years in Italy. Methods: Retrospective study based on the analysis of the ITA.LI.CA (Italian Liver Cancer) database including 3027 HCC patients managed in 11 centres. Patients were divided into 3 groups according to the period of HCC diagnosis: 1987–1996 (year of the ‘‘Milano criteria’’ publication), 1997–2001 (year of release of the EASL guidelines for HCC), and 2002–2008. Results: The significant changes were: (1) progressive patient ageing; (2) increasing prevalence of HCV infection until 2001, with a subsequent decrease, when the alcoholic aetiology increased; (3) liver function improvement, until 2001; (4) increasing ‘‘incidental’’ at the expense of ‘‘symptomatic’’ diagnoses, until 2001; (5) unchanged prevalence of tumours diagnosed during surveillance (around 50%), with an increasing use of the 6- month schedule; (6) favourable HCC ‘‘stage migration’’, until 2001; (7) increasing use of percutaneous ablation; (8) improving survival, until 2001. Conclusions: Over the last 20 years, several aetiologic and clinical features regarding HCC have changed. The survival improvement observed until 2001 was due to an increasing number of tumours diagnosed in early stages and in a background of compensated cirrhosis, and a growing and better use of locoregional treatments. However, the prevalence of early cancers and survival did not increase further in the last years, a result inciting national policies aimed at implementing surveillance programmes for at risk patients.
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Turra, Giovanni <1973&gt. « L'"Omnibus" di Leo Longanesi : ricerche, segnali, aspirazioni alla fine del Ventennio ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2003. http://hdl.handle.net/10579/208.

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Résumé :
L'ampiezza dell'arco dei collaboratori di «Omnibus» il rotocalco fondato e diretto da Leo Longanesi dal 1937 al 1939 - costituisce il dato macroscopico della rivista e sembrerebbe indicare, nell'accostamento di nomi appartenenti ad aree culturali talora piuttosto distanti l'una dall'altra, un eclettismo generico e la sostanziale assenza di un centro di interessi sufficientemente definiti. Tuttavia, ad una considerazione più attenta, risulta chiaro che si trattava di un eclettismo soltanto apparente, destinato a velare un disegno culturale più che preciso. Su quelle colonne, anche grazie ad una struttura che, affiancando direttamente problemi filosofici, artistici, letterari da un lato e questioni politiche ed economiche dall'altro, ne permette una lettura «comparata», diviene infatti esplicito il complesso rapporto che legava gli intellettuali di allora alle contingenze di quel determinato momento storico. Ad esempio, alle leggi razziali e alla guerra che si profilava all'orizzonte era negata validità su ogni piano, da quello politico a quello etico; si vuole sottolineare questo dato in quanto esso costituiva, nel quadro culturale dell'epoca, un elemento di differenziazione di spicco della rivista. Quel rapporto è verificabile anche attraverso molte delle scelte realizzate all'interno delle problematiche culturali del tempo. Particolarmente significativo risulta, in questo senso, l'interesse manifestato da parte dei responsabili della rivista nei confronti della letteratura degli Stati Uniti d'America, attraverso numerosissime traduzioni (da Cain, Steinbeck, Faulkner, Fante, Caldwell, Saroyan) e un florilegio di giudizi critici, molto spesso contrastanti tra loro, in un misto di attrazione e repulsione. Grosso modo, la strategia editoriale di Longanesi s'informava alle due categorie meritoriamente individuate da Leonardo Sciascia: quella del «guardare altrove» e quella del «conferire un che di durevole all'effimero». Alla prima è attribuibile la grande attenzione accordata ad altri paesi e ad altre letterature; oltre a quella americana, le introspezioni degli scrittori russi e del Centroeuropa e la memorialistica francese. Questa attenzione costituiva un utile contravveleno per reagire alle angustie e alle remore dell'Italia fascista. Alla seconda categoria è ascrivibile invece la pratica dell'«elzeviro», o, più in generale, della prosa d'arte; pratica quasi mai condizionata né tantomeno determinata, in «Omnibus», dall'esigenza spicciola dell'originaria destinazione giornalistica. Emilio Cecchi, Mario Praz, Corrado Alvaro, Vitaliano Brancati, Alberto Savinio scelsero per «Omnibus» la misura breve dell'articolo come forma tangibile di quella coscienza del limite che presiede a un mondo poetico autentico. Inoltre, non si perse mai di vista il lettore di massa, con dovizia di accorgimenti captatori: dal concorso permanente che voleva il lettore sul punto di divenire autore, a una peculiare e caustica commistione di The amplitude of the range of contributors to «Omnibus» - the magazine founded and edited by-Leo Longanesi from 1937 to 1939 - is the most conspicuous fact about the magazine and would seem to indicate, in its putting together of names belonging to cultural areas sometimes quite different from each other, a generic eclecticism and the substantial absence of a centre of sufficiently defined interests. Nevertheless, on closer examination, it becomes clear that eclecticism was only apparent, intended to veil a more than precise cultural plan. . In those columns, thanks also to a structure which, by directly juxtaposing philosophical, artistic and literary issues on the one side and political and economical matters on the other, allows a «comparative» reading of them, the complex relationship which bound the intellectuals of that time to the contingencies of that particular historic moment becomes explicit. For example, racial laws and the war that was looming on the horizon were denied validity on any levels, either politically or ethically; we want to emphasize this fact in that it was, within the cultural framework of the time, a distinguishing feature of the magazine. That relationship can also be verified through many of the choices made within the cultural issues of the time. Particularly significant in this respect is the interest shown by the editors of the magazine in the literature of the USA, through innumerable translations (from Cain, Steinbeck, Faulkner, Fante, Caldwell, Saroyan) and a florilegium of critical judgements, very often in contrast with each other, in a mix of attraction and repulsion. Roughly speaking, Longanesi's editorial strategy conformed to the two categories meritoriously identified by Leonardo Sciascia: «looking elsewhere» and «giving something lasting to the ephemeral». To the former we can attribute the great attention paid to other countries and literatures; besides American literature, the introspections of Russian and mid-European writers and French memoirs. This attention was a sort of useful antidote against the narrowness and hindrances of fascist Italy. To the latter, instead, we can assign the practice of the «elzeviro», or, more generally, of artistic prose; such practice was hardly ever conditioned, let alone determined, in «Omnibus», by the banal exigencies of its original journalistic destination. Emilio Cecchi, Mario Praz, Corrado Alvaro, Vitaliano Brancati, Alberto Savinio chose for «Omnibus» the briefness of the article as the tangible form of that consciousness of the limit which governs an authentic poetical world. Moreover, the magazine never lost sight of the mass reader, with plenty of captivating devices: from the permanent contest which envisaged the reader on the verge of becoming an author, to a peculiar, caustic mixture of image and writing, to the columns devoted to women and edited by two women, Irene Brin and Antonietta Drago. «Omnibus» is the widest repertory of national life ever tried during fascism. Behind a facade of disorder were pinned and catalogued all the vices, the commonplaces, the examples of idiocy and bad taste of petit-bourgeois Italy of the time: a list of what was most decrepit and banal in the regime; something between Flaubert's Dictionary of current ideas and a horror museum.
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Ghirardi, Mariavittoria <1989&gt. « Il padiglione polacco all'Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia nel ventennio 1948-1968 ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/8370.

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Résumé :
La Biennale di Venezia, istituzione esistente dal 1895, non è soltanto uno spazio espositivo ma anche un terreno di dialoghi e scontri internazionali, politici ed ideologici. Il lavoro comprende un’analisi del quadro artistico polacco nel ventennio 1948-1968, la storia delle partecipazioni polacche alla Biennale di Venezia assieme ad approfondimenti biografici degli artisti partecipanti e una storia della ricezione dell’arte polacca. Il 1948 è l’anno da cui prende avvio la mia analisi: anno della prima edizione del dopoguerra, durante la quale si verrà a delineare il conflitto tra l’arte astratta e l’arte figurativa, parallelamente alla guerra fredda che opponeva il blocco orientale a quello occidentale. Nella seconda metà degli anni Cinquanta il clima di rigore si allentò, sia in ambito politico come artistico, per poi entrare in una fase di stagnazione e crisi negli anni Sessanta, le cui conseguenze toccarono anche l’istituzione veneziana. Il 1968 è l’anno conclusivo della mia ricerca: è l’anno delle rivolte studentesche, che coinvolsero anche la Biennale, portandola alla modifica dello statuto d’epoca fascista, che dava alla mostra un carattere venale e ben poco artistico. Obiettivo della tesi è, assieme all’indagine sulle partecipazioni polacche alla mostra veneziana, la riflessione sui procedimenti che hanno dato luogo ad una certa immagine del paese, attraverso le scelte espositive e le reazioni della stampa e della critica. La Biennale ad ogni edizione vede incontri e scontri di differenti percezioni culturali ed è anche tramite gli sguardi della critica che si forma l’immagine di un paese.
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Pertegato, Ketty <1990&gt. « Architettura e metafisica. Parallelismi fra l'arte metafisica e l'architettura del Ventennio fascista ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21356.

Texte intégral
Résumé :
La presente tesi vuole analizzare, nel contesto storico-artistico dei primi decenni del Novecento, la relazione tra lo scenario urbano presente nella pittura metafisica e la sua materializzazione nell’architettura del Ventennio fascista. La pittura metafisica risulta essere l’incipit di un percorso che si è concretizzato fra le due guerre e che ha posto l’accento sulla ripresa d’interesse per l’arte italiana portando al successivo ritorno dell’ordine novecentista. L'elaborato quindi partendo dall'analisi dell'attività artistica di Giorgio de Chirico, e di altri artisti come Sironi, Carrà, Paresce, Tozzi e Zanini, vuole delineare gli elementi cardine che furono d'ispirazione ai successivi progetti architettonici. Il legame di dipendenza si esplicita nel paragone fra le opere degli artisti sopracitati e alcuni progetti realizzati per le città di Milano e Roma. Il confronto permette di ricavarne analogie e contraddizioni.
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Chabin, Honorine. « L'histoire de la mutation institutionnelle de l'Académie des Immobili durant le ventennio fascista ». Reims, 2009. http://www.theses.fr/2009REIML007.

Texte intégral
Résumé :
En Italie, à la fin du XIXème siècle, les Académies, qui avaient assumé la construction et la gestion de nouveaux théâtres aux XVlème et XVllème siècles, ne survivent pas à la crise structurelle de l'industrie théâtrale. Dès le début des années 20, la concurrence de nouvelles fonnes de loisir comme le cinéma ou le sport, la transfomation du goût du public mais aussi les coûts de gestion et de restauration élevés provoquent la vente ou l'abandon de ces théatres séculaires. A Florence, l'Académie des lmmobili est la dernière à céder le pas et à vendre son théâtre à I'Ente Teatrale ltaliano en octobre 1942. L'enjeu de cette thése est donc de reconstruire les motivations internes, politiques, culturelles et économiques qui entraînèrent la mutation de l'Académie des lmmobili et du mode de gestion du théâtn de la Pergola en 1942. Les motivations ne peuvent 6tre entendues sans une étude approfondie de l'Académie des lmmobili et des diverses difficultés que celle-ci traverse durant le ventennio fascista. II s'agit donc de comprendre comment une institution cuiturelle à l'histoire si longue, prestigieuse, se modemise et réussit a terme sa mutation en 1942
In Italy, at the end of the XlXth century, the Academies, which had assumed the construction and the management of new theatres in XVlth and XVllth centuries, do not survive the crisis structural of theatrical industry. At the beginning of the year's 20, the competition of new forms of leisure like cinema or sport, the transformation of public's taste and als the costs of high management and restoration cause the sale or the abandonment of these secular theatres. In Florence, the Academy of lmmobili is the las1 to yield the step and to seIl his theatre with the Ente Teatrale ltaliano in Odober 1942. The stake of this thesis is thus to rebuild the motivations intemal, political, cultural and economical which involved the change of the Academy of lmmobili and the management style of the theatre of the Pergola in 1942. The motivations cannot been understood without a thorough study of the Academy of lmmobili and various difiiculties that this one went though during the ventennio fascistà. It is thus a question of undersbnding how a cultural institution with a so long and prestigious history, is modernized and makes a succes of its change in the long teim in 1942
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Beltrami, Cristina <1973&gt. « La statuaria italiana dalla metà dell'Ottocento al primo ventennio del Novecento a Montevideo ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/501.

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Résumé :
La ricerca prende in esame il cospicuo patrimonio di scultura italiana conservato nella capitale uruguaiana. I due termini temporali indicano dei paletti cronologici ben definiti: è infatti dalla metà dell'Ottocento che si stabilisce a Montevideo un gruppo di pittori prima e scultori poi, di origine italiana, mentre gli anni venti segnano la svolta culturale dell'Uruguay, dovuta ad una conoscenza diretta di modelli europei. In questo arco cronologico Montevideo ha conosciuto un arredo monumentale e architettonico principalmente legato a maestranze italiane; che siano queste rappresentate da scultori alla ricerca di maggior fortuna oltreoceano, o da figure che hanno agito da intermediari con i laboratori italiani. Questo ha permesso che giungesse a Montevideo una notevole quantità di scultura italiana, principalmente di carattere cimiteriale, all'interno della quale vale la pena segnalare il Minatore di Enrico Butti, l'Olocausto e il Monumento al lavoro di Leonardo Bistolfi ed un busto di Garibaldi di Vincenzo Vela. Dal secondo decennio anche l'Uruguay è interessato dai grandi concorsi internazionali, e due sono vinti da italiani: il monumento al General Artigas di Angelo Zanelli e il Palazzo Legislativo affidato, in seconda battuta, a Gaetano Moretti, che per anni è attivo a Montevideo anche in veste di docente. Incrociando i dati della bibliografia italiana con quella uruguaiana, con lo spoglio di riviste d'epoca e la ricerca d'archivio, ho cercato di ricostruire le dinamiche socioculturali che hanno spinto due generazioni di artisti a lavorare in Sudamerica e soprattutto il meccanismi che hanno mantenuto viva la richiesta di manufatti italiani. Mettere a fuoco i protagonisti di questa vicenda è spesso significato ricostruire ex novo alcune biografie. La tesi si configura dunque come un catalogo scientifico che, con numerosi inediti e una campagna fotografica, documenta il patrimonio custodito a Montevideo, la sua evoluzione e la sua interazione con le proposte artistiche autoctone. A termine della ricerca, posso affermare che nella sola capitale si contino più di centocinquanta pezzi di plastica italiana, che provano l'esistenza di un forte legame culturale che ha segnato almeno trent'anni della storia dell'Uruguay. The research examines the incredibly large quantity of Italian sculpture in the capital city of Uruguay. The two temporal terms define two precise chronological moments: from the second half of the 19th century in fact, a group of Italian painters first, and sculptors in a second moment, settle in Montevideo. The Twenties bring cultural change for Uruguay, due to a direct kwnoledge of European models. During this period, Montevideo knew monumental and architectonic decoration strictly connected to Italian skilled workers. Some of them were sculptors searching for more fortune on the other side of the world, others were mediators from the Italian art-laboratories, thus importing a great quantity of cemeterial sculptures. They have also imported masterpieces of 19th century Italian art, such as the "Minatore" by Enrico Butti, the "Olocausto" and the "Monumento al Lavoro" by Leonardo Bistolfi and a bust of Giuseppe Garibaldi by Vincenzo Vela. Since the 1910's Uruguay was also involved in international competitions. Two of these competitions were won by Italian artists: General Artigas' monument by Angelo Zanelli and the Palazzo Legislativo, that was completed by Gaetano Moretti, who taught at the University of Montevideo during this period. I've compared the Italian items with the Uruguayan ones taken from the available bibliography and from the newspapers of that period. I've also researched the Montevideo archives, so that I was able to understand the social and cultural reasons that brought two generations of artists to work in South America and, above all, to account for the constant demand for Italian works of art. I was able to outline the main processes of this demand and in some cases I had to completely reconstruct the lives and careers of these artists. The research is in the form of a scientific catalogue with a lot of unpublished news and photos which documents the vast patrimony kept in Montevideo. It has been also important to acquire a view of the mutual influence on local painting, literature and culture in general. So at the end of my research, I can conclude that in Montevideo there are approximately 150 pieces of Italian sculpture which are proof of the "cultural relationship" that has affected the history of Uruguay for almost 30years.
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Forcolin, Giovanni <1988&gt. « Io, tu, noi. Percorsi di lettura nel mondo giovanile nel ventennio settanta-novanta ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7458.

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ROCCHI, Luca. « La pietra artificiale nell’architettura del “ventennio fascista”. Conoscenza e sperimentazione per il restauro ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2010. http://hdl.handle.net/11392/2389310.

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Cement and derived products have an essential role in the modern architecture language; in particular the production of artificial stone surfaces. It was used in architecture spread at the end of the XIXth century, when the application of “stucco” and “marmorino” was replaced by cement, properly pigmented to show aesthetically similar to natural stone. A cultural and technical recovery is essential today for the conservation of these artefacts, through a necessary knowledge of these techniques.
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Gazzetta, Liviana <1961&gt. « Le donne e l'ordine sociale cattolico : l'Azione Cattolica femminile nelle Venezie durante il Ventennio ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2009. http://hdl.handle.net/10579/694.

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Fioravanzo, Monica. « Elites politiche a confronto : comunisti, socialisti e democristiani veneti nel primo ventennio della Repubblica ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 1998. http://hdl.handle.net/10579/853.

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Borrelli, Pietro. « Analisi delle aziende leader di settore della mobilità nel prossimo ventennio nel campo dell’energia rinnovabile ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Résumé :
La mia tesi ha come scopo quello di voler analizzare la realtà della mobilità a carattere rinnovabile, nello specifico dell’elettrico nel panorama mondiale. Analizzando quali sono le aziende leader di questo settore, oltre ad identificare le proprie scelte strategiche per una politica che prediliga le fonti di energie rinnovabile a quelle endotermiche, identificare le nuove tecnologie introdotte e brevettate dalle aziende produttrici di automobili, capire quali saranno le scelte per la ricerca di una sostenibilità ambientale che preme riportare alla normalità e quale ruolo avranno i governi nel dettare nuove politiche istituzionali per il rispetto dei limiti delle emissioni di CO2. Le politiche di attuazione, tipo gli incentivi degli stati ai singoli cittadini per preferire l’acquisto di automobili elettriche/ibride a quelle endotermiche, insieme alla diminuzione del costo delle batterie, mette a dura prova le industrie petrolifere. Un grande ostacolo che si oppone, ad oggi, ad un aumento esponenziale delle auto elettriche è il loro prezzo, in gran parte determinato dal costo della batteria. Un’auto elettrica che percorre 6 km per ogni kWh di elettricità immagazzinata richiede una batteria da 50 kWh per avere un’autonomia di 300 km. Tuttavia, una batteria simile, che oggi costa 10.000 euro, nel 2025 costerà circa 4.000 euro e renderà competitivo il prezzo delle auto elettriche rispetto a quelle a benzina o gasolio. Nel 2040 il 90% delle automobili saranno elettriche e l’energia accumulata nelle loro batterie potrà anche essere riversata, a un prezzo conveniente, nella rete per bilanciarla. Come conclusione andrò a identificare quali aziende a livello mondiale oggi ricoprono la posizione di leader di settore nelle vendite di veicoli elettrici, inoltre, quali sono state le scelte strategiche di successo che hanno portato ad esserlo.
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Paci, Deborah. « Il mito del Risorgimento mediterraneo. Corsica e Malta tra politica e cultura nel ventennio fascista ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422626.

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Résumé :
In 1923 the Fascist regime began a propaganda campaign by claiming the territories of Corsica and Malta, held by France and Great Britain, that were deemed to be Italian lands. The Fascist regime produced literature on Corsica and Malta that justified that both islands were Italian lands based on historic, ethnic, and linguistic grounds. The Fascists quoted historical, geographical, linguistic, ethnographic and cultural relations between the Italian peninsula and the island elite during the nineteenth century, in order to present evidence of the Italianità of Corsica and Malta. The Fascist regime activate cultural institutions and the majority of the Italian intellectuals in order to justify, on the ideological level, the irredentist and imperial ambitions in the Mediterranean basin. This research aims to investigate the myth of the Risorgimento Mediterranean, a myth that was created in order to explain to Italian public opinion the Mussolini's foreign policy regarding Corsica and Malta. The myth of the Risorgimento Mediterranean created a strong link between the imperial mission of ancient Rome and the "Mediterranean destiny" of the House of Savoy. It gradually became a prevalent subject in Fascist publications and writings of personalities of the Italian cultural life. This study aims to examine the distance and the convergence between the mythological construction of the Risorgimento Mediterranean and the reality of the Fascist territorial claims in the Mediterranean, in particular on Corsica and Malta.
A partire dal 1923 il regime fascista diede avvio a una campagna propagandistica di rivendicazioni territoriali nei riguardi di Malta e della Corsica, facendo appello ad argomentazioni di ordine storico, geografico, linguistico, etnografico nonché ai legami culturali tra la Penisola italiana e le élites insulari risalenti al XIX secolo, al fine di comprovare l’italianità delle due isole. Il regime mobilitò le istituzioni culturali e larga parte dell’intellettualità italiana con l’intento dichiarato di suffragare, sul piano ideologico, le mire irredentiste e imperialiste nel bacino del Mediterraneo. Questa ricerca intende ricostruire la parabola del mito del Risorgimento mediterraneo, un mito che fu concepito e costruito con il proposito di giustificare e motivare, di fronte all’opinione pubblica italiana, le scelte compiute dal governo mussoliniano in materia di politica estera e in particolare nei confronti delle terre irredente mediterranee: la Corsica e Malta. Statuendo un nesso indissolubile tra la missione imperiale fascista, che era stata di Roma antica, e il «destino mediterraneo» di Casa Savoia, il mito del Risorgimento mediterraneo divenne progressivamente un motivo dominante nella pubblicistica fascista e negli scritti di insigni personalità dell’intellettualità italiana. Questo studio si propone di valutare la distanza e la convergenza tra la costruzione mitologica del Risorgimento mediterraneo e la realtà delle rivendicazioni territoriali dell’Italia fascista nel Mediterraneo, in particolare nei riguardi della Corsica e di Malta.
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Paci, Deborah. « Il mito del Risorgimento mediterraneo : Corsica e Malta tra politica e cultura nel ventennio fascista ». Thesis, Nice, 2013. http://www.theses.fr/2013NICE2012.

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Résumé :
Loin d’être une nouveauté, les revendications fascistes autour de « l’italianité » de la Corse et de Malte prennent la suite des campagnes irrédentistes de l’époque crispienne. A partir de 1923, les mêmes arguments d’ordre géographique, historique, linguistique ou ethnographique, tout comme les supposés liens culturels entre les élites italiennes, corses et maltaises du XIXe siècle, furent à nouveau au coeur du débat. Cette défense d’une l’italianité corse et maltaise, tout comme le mythe du Risorgimento méditerranéen, ne constitue cependant qu’une réactualisation de la politique impérialiste de la Rome antique dans le Lebensraum italien qui se concrétise autour du concept de Mare Nostrum.Cette recherche a ainsi permis de combiner l’étude des structures de sociabilité culturelle et scientifique liés à la valorisation linguistique avec une nouvelle l’analyse de la politique méditerranéenne de l’Italie fasciste, tout en gardant une approche sociale et politique des réseaux et vecteurs internes de l’autonomisme corse et du nationalisme maltais. En abordant la question de l’irrédentisme en Corse et à Malte émerge alors le problème de la proximité linguistique des idiomes locaux avec la langue italienne. Dans les deux cas, nous nous heurtons à une des plus délicates questions de l’histoire corse et maltaise: le désir d’autonomie et indépendance. Les fascistes, en s’appuyant sur des arguments d’ordre culturel et en faisant appel aux revendications des populations issues des mauvaises conditions économiques, ont cherché à rallier à la cause irrédentiste les plus fervents opposants aux gouvernements français et anglais: les membres du Parti Corse d’Action (PCA) et du Parti Nationaliste Maltais. Ce problème linguistique qui aurait dû se cantonner à un débat purement scientifique, a ainsi été dévoyé sur le terrain politique au profit des irrédentistes fascistes et des nationalistes corses et maltais
In 1923 the Fascist regime began a propaganda campaign by claiming the territories of Corsica and Malta, held by France and Great Britain, that were deemed to be Italian lands. The Fascist regime produced literature on Corsica and Malta that justified that both islands were Italian lands based on historic, ethnic, and linguistic grounds. The Fascists quoted historical, geographical, linguistic, ethnographic and cultural relations between the Italian peninsula and the island elite during the nineteenth century, in order to present evidence of the Italianità of Corsica and Malta. The Fascist regime activate cultural institutions and the majority of the Italian intellectuals in order to justify, on the ideological level, the irredentist and imperial ambitions in the Mediterranean basin. This research aims to investigate the myth of the Risorgimento Mediterranean, a myth that was created in order to explain to Italian public opinion the Mussolini's foreign policy regarding Corsica and Malta. The myth of the Risorgimento Mediterranean created a strong link between the imperial mission of ancient Rome and the "Mediterranean destiny" of the House of Savoy. It gradually became a prevalent subject in Fascist publications and writings of personalities of the Italian cultural life. This study aims to examine the distance and the convergence between the mythological construction of the Risorgimento Mediterranean and the reality of the Fascist territorial claims in the Mediterranean, in particular on Corsica and Malta
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Gavagnin, Gabriella. « La letteratura italiana nella cultura catalana nel ventennio tra le due guerre, 1918-1936 : percorsi e materiali ». Doctoral thesis, Universitat de Barcelona, 1999. http://hdl.handle.net/10803/673501.

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Résumé :
La presente ricerca si propone di ricostruire da una prospettiva storico-culturale come e in che misura gli intellettuali catalani si sono avvicinati alla letteratura italiana nel ventennio tra le due guerre. Per la periodizzazione mi sono servita di due momenti storici di forte trascendenza in ambito culturale: mentre la data d'inizio (1918) coincide, oltre che con la fine delia guerra europea, con la nuova fase della Mancomunitat catalana successiva alla morte di Prat de la Riba e corrispondente alia radicalizzazione del nazionalismo politico che caratterizza l'ultimo scorcio del Noucentisme (un quinquennio che va dal 1918 fino all'avvento di Primo de Rivera e che ho definito come tardo Noucentisme), la delimitazione finale è rappresentata dall'inizio delia guerra civile spagnola nel luglio del 1936.
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Miotto, Annachiara <1992&gt. « Самиздат “La letteratura clandestina in Unione Sovietica nel corso del ventennio brežneviano.” Il caso emblematico dell’almanacco Metropol’ ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9878.

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Résumé :
La presente tesi di laurea si propone di approfondire il samizdat: il fenomeno di auto pubblicazione clandestina di opere dattiloscritte, che si sviluppò nel periodo che va dalla fine del disgelo chruščëviano al periodo della perestrojka. Molti sono gli studi che gli sono stati dedicati e in questa tesi di laurea si intende approfondire tale fenomeno, fornendo una panoramica sulla grande varietà di materiale che circolava clandestinamente. Nel primo capitolo si descrive il contesto storico e culturale all’interno del quale il fenomeno del samizdat va ad inserirsi, dedicando una parte significativa al periodo della stagnazione, in quanto proprio in quel ventennio il fenomeno culturale dell’autoedizione vide il suo apice. Questo periodo fu pieno di contraddizioni poiché, se da un lato pratiche ormai consolidate e appartenenti a periodi precedenti continuavano ad essere utilizzate da parte del CC, dall’altro emergeva una nuova possibilità espressiva, indipendente da quella ufficiale, nata nel “sottosuolo” e che si diffondeva nelle file dell’intelligencija. Nel secondo capitolo proveremo a spiegare come funzionava il complesso organo censorio, le istituzioni alle quali si legava, ossia il Glavlit (Direzione generale per gli affari letterari ed editoriali), la polizia segreta e le Unioni artistiche. La censura era stata sempre presente nella realtà russa, non solo sovietica, ma anche zarista, in quanto alla parola si attribuiva molta importanza, poiché essa era portatrice di idee e valori, ancora di più nel periodo sovietico dove la tipologia di governo monopartitica rendeva necessario uno stretto controllo di tutte le forme espressive. In seguito al periodo del disgelo la censura si inasprì molto, ma paradossalmente questa situazione permise lo sviluppo del fenomeno del samizdat (fenomeno dell’autoeditoria clandestina), e dei suoi fenomeni paralleli il tamizdat (la pubblicazione all’estero senza sottoporre i materiali al vaglio della censura), e il magnitizdat (le registrazioni magnetofoniche di canzoni di bardi, che trattavano spesso temi scomodi come le repressioni e i campi di lavoro). Il terzo capitolo è dedicato proprio a questi argomenti: come si diffondeva l’opera samizdat, chi la copiava, chi la leggeva e come sfuggiva al controllo della censura e ai continui attacchi del KGB. Il samizdat sviluppò intorno a sé un sistema ben organizzato, vennero fondate riviste, almanacchi, periodici, bollettini informativi; ciò si rese necessario per dare una regolamentazione al processo di riproduzione clandestina dei testi. La rivista era il mezzo privilegiato all’interno della quale un testo autoprodotto entrava in rapporto con la cultura stessa generando una pluralità di interventi. Bisognerà attendere la perestrojka per vedere il samizdat, il tamizdat e il magnitizdat legalizzati, si trattò del tentativo di coinvolgere l’intelligencija all’interno dei capovolgimenti che il paese stava attraversando, ma l’intervento di Gorbačëv fu tardivo e non fu visto di buon occhio dalla maggior parte degli intellettuali, i quali attendevano un cambiamento, ma non ne avevano ancora una chiara consapevolezza. Il quarto capitolo è dedicato al caso dell’almanacco letterario Metropol’ che si verificò nel 1979, anno nel quale la morsa della censura sembrava essersi alleggerita, nonostante ciò l’azione dei redattori dell’almanacco fu vista come un atto di sfida nei confronti degli organi di governo, nonché una minaccia e per questo motivo l’attacco della censura, condotto dall’Unione degli scrittori, fu piuttosto forte. Il caso dell’almanacco viene preso in esame per approfondire le funzioni censorie esercitate dall’Unione degli scrittori.
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Arnold, Stefani. « Vergessene Literatur des "ventennio nero" : italienische Kurzprosa zwischen 1922 und 1945 am Beispiel der frühen racconti Alberto Moravias / ». Bonn : Romanistischer Verl, 1997. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb38817014f.

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Mitri, Angela <1991&gt. « Ricostruire l'economia e l'orgoglio nazionale : Il Giappone e il rapporto con gli Stati Uniti nel ventennio 1960-1980 ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12160.

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Résumé :
La tesi affronta l’evoluzione del rapporto fra Giappone e Stati Uniti nel ventennio 1960-1980. Il Primo capitolo affronta la relazione economica fra i due paesi. Partendo dall’ascesa economica giapponese descrive poi come il maggior peso economico del Giappone metta in crisi la cooperazione economica con gli Stati Uniti e come di conseguenza i due paesi affrontarono le principali dispute e crisi economiche dell’epoca. Il secondo capitolo affronta l’evoluzione del rapporto di sicurezza. Descrive come il Giappone partendo da una posizione svantaggiata, avendo firmato nel 1951 un Trattato di Sicurezza che lo poneva in una posizione di inferiorità rispetto agli Stati Uniti, riuscirà a negoziare e firmare nel 1960 il Trattato di Mutua Cooperazione e Sicurezza, un trattato che lo poneva in una posizione più eguale rispetto agli Stati Uniti. Affronta poi come il crescente antimilitarismo fra la popolazione giapponese porterà alla crisi del 1960 e di come il rapporto di sicurezza fra i due paesi evolverà dopo la firma del Trattato di Mutua Cooperazione e Sicurezza. Il capitolo si conclude poi con la discussione della questione Okinawa e di come il Giappone riesca a negoziare con gli Stati Uniti la reversione dell’isola. Il Terzo e ultimo capitolo affronta il ruolo del Giappone e degli Stati Uniti in Asia Orientale, di come la guerra del Vietnam modificherà la visione che il Giappone aveva degli Stati Uniti e di come si evolveranno le relazioni con i due principali paesi comunisti: l’Unione Sovietica e la Cina. Concludendo infine come nonostante le crisi e la crescente multipolarità della scena internazionale, il Giappone continuerà a mantenere un rapporto bipolare privilegiato con gli Stati Uniti.
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BRESSANELLI, RENATA GIOVANNA. « «L’INTRAPRESA ARDITA». GENESI E STORIA DEL PERIODICO D’INSEGNAMENTO «PRO INFANTIA» NEL SUO PRIMO VENTENNIO DI VITA (1913-1933) ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/97173.

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Résumé :
La ricerca ha inteso ripercorrere la storia di “Pro Infantia” nel suo primo ventennio di vita (1913-1933). Il lavoro ha preso avvio dall’analisi dei dibattiti politico-scolastici e dall’approfondimento del contesto pedagogico e culturale in cui si collocava la decisione dei vertici dell’editrice La Scuola di avviare una rivista per educatrici d’asilo. Il lavoro è entrato nel vivo con la messa a fuoco delle prese di posizione del periodico in merito alle novità introdotte dai provvedimenti legislativi coevi, quali, ad esempio, i Programmi per le istituzioni infantili emanati da Credaro nel 1914, la Riforma Gentile e i Programmi elaborati da Giuseppe Lombardo Radice nel 1923. Sono state altresì analizzate le valutazioni espresse circa le prassi didattiche e i metodi pedagogici adottati nelle istituzioni infantili del tempo, l’associazionismo di categoria, i percorsi formativi per le educatrici. Lo spoglio della rivista ha consentito inoltre di fare ulteriore luce sulle scelte dell’editrice La Scuola e sull’atteggiamento assunto dal periodico di fronte ad alcuni momenti chiave non solo della storia dell’educazione infantile in Italia, ma anche di quella politica e sociale, come ad esempio il primo conflitto mondiale, il dopoguerra, l’ascesa del fascismo e la successiva affermazione della dittatura.
The aim of this research was to reconstruct the history of "Pro Infantia" over its initial twenty years of publication (1913-1933). The first step in the study was to analyse the political debate on education and the cultural and educational backdrop against which the publishing house, La Scuola, decided to set up a journal for infant school teachers. The core of the research work involved examining the journal’s positions on the legislation of the period – such as the programs for infant schools issued by Credaro in 1914, the Gentile reform and the programs drawn up by Giuseppe Lombardo Radice in 1923 – and its assessments of the teaching practices and educational methods adopted in contemporary infant schools, as well as of teachers’ associations, and infant teacher training courses. Finally, scrutiny of the journal’s content also shed light on the policies adopted by La Scuola and "Pro Infantia"’s stance concerning both key historical developments in Italian early childhood education and broader political and social events, such as World War One, the post-war period, the rise of fascism and the advent of the fascist dictatorship.
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BRESSANELLI, RENATA GIOVANNA. « «L’INTRAPRESA ARDITA». GENESI E STORIA DEL PERIODICO D’INSEGNAMENTO «PRO INFANTIA» NEL SUO PRIMO VENTENNIO DI VITA (1913-1933) ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/97173.

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Résumé :
La ricerca ha inteso ripercorrere la storia di “Pro Infantia” nel suo primo ventennio di vita (1913-1933). Il lavoro ha preso avvio dall’analisi dei dibattiti politico-scolastici e dall’approfondimento del contesto pedagogico e culturale in cui si collocava la decisione dei vertici dell’editrice La Scuola di avviare una rivista per educatrici d’asilo. Il lavoro è entrato nel vivo con la messa a fuoco delle prese di posizione del periodico in merito alle novità introdotte dai provvedimenti legislativi coevi, quali, ad esempio, i Programmi per le istituzioni infantili emanati da Credaro nel 1914, la Riforma Gentile e i Programmi elaborati da Giuseppe Lombardo Radice nel 1923. Sono state altresì analizzate le valutazioni espresse circa le prassi didattiche e i metodi pedagogici adottati nelle istituzioni infantili del tempo, l’associazionismo di categoria, i percorsi formativi per le educatrici. Lo spoglio della rivista ha consentito inoltre di fare ulteriore luce sulle scelte dell’editrice La Scuola e sull’atteggiamento assunto dal periodico di fronte ad alcuni momenti chiave non solo della storia dell’educazione infantile in Italia, ma anche di quella politica e sociale, come ad esempio il primo conflitto mondiale, il dopoguerra, l’ascesa del fascismo e la successiva affermazione della dittatura.
The aim of this research was to reconstruct the history of "Pro Infantia" over its initial twenty years of publication (1913-1933). The first step in the study was to analyse the political debate on education and the cultural and educational backdrop against which the publishing house, La Scuola, decided to set up a journal for infant school teachers. The core of the research work involved examining the journal’s positions on the legislation of the period – such as the programs for infant schools issued by Credaro in 1914, the Gentile reform and the programs drawn up by Giuseppe Lombardo Radice in 1923 – and its assessments of the teaching practices and educational methods adopted in contemporary infant schools, as well as of teachers’ associations, and infant teacher training courses. Finally, scrutiny of the journal’s content also shed light on the policies adopted by La Scuola and "Pro Infantia"’s stance concerning both key historical developments in Italian early childhood education and broader political and social events, such as World War One, the post-war period, the rise of fascism and the advent of the fascist dictatorship.
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Kolb, Susanne. « Sprachpolitik unter dem italienischen Faschismus : der Wortschatz des Faschismus und seine Darstellung in den Wörterbüchern des Ventennio (1922-1943) / ». München : E. Vögel, 1990. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb366586612.

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Manfren, Priscilla. « Niger alter ego : stereotipi e iconografie coloniali nell'Italia del Ventennio ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3341347.

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Il presente lavoro è dedicato alla raccolta e all'analisi di un nutrito corpus di fonti visive e letterarie italiane, aventi come soggetto le popolazioni nere dell’Africa durante il periodo coloniale; l’arco cronologico indagato è, nello specifico, quello del Ventennio fascista (1922-1943). La ricerca prende in esame svariate tipologie di veicoli delle immagini, quali opere d’arte, riviste illustrate e grafica per l’infanzia, nonché numerosi articoli d’epoca tratti da riviste e quotidiani. Lo scopo del lavoro è quello di indagare le diverse modalità di rappresentazione dell’alterità nera, al fine di mettere in luce i pregiudizi e gli stereotipi generati dalla visione eurocentrica. Prima di passare alla disamina dei diversi cliché emersi dal corpus delle immagini reperite, il lavoro propone un primo capitolo introduttivo, dedicato a presentare la metodologia con la quale è stata impostata la ricerca. Il secondo capitolo è suddiviso in due sezioni, l’una rivolta alla contestualizzazione dell’arte a soggetto esotico, della corrente ottocentesca dell’Orientalismo e di alcuni suoi esponenti italiani, l’altra riservata alla presentazione del dibattito in merito all'arte a soggetto coloniale nell'ambito della critica d’arte del Ventennio. Il terzo capitolo, suddiviso anch’esso in diverse sezioni, analizza gli stereotipi maschili e femminili emersi dall'osservazione delle immagini e dalla lettura dei testi d’epoca, tenendo conto di alcuni particolari frangenti storici, quali le guerre italo –etiopiche del tardo Ottocento e del biennio 1935-36, che hanno contribuito alla diffusione di determinati cliché e iconografie. Il lavoro inoltre propone, a margine dell’analisi delle immagini, notizie in merito a molti degli artisti citati, utili per comprendere il contesto e le vicende dell’arte coloniale del periodo fascista e dei suoi protagonisti. Concludono il lavoro l’apparato bibliografico, una selezione degli articoli d’epoca rintracciati, divisi in fonti a tema artistico e fonti a soggetto etnografico, e il catalogo delle illustrazioni, consistente in una selezione di oltre ottocento elementi.
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CANTELMO, MARIA CHIARA. « Il declino del kemalismo e un nuovo volto dell'Islam politico. Il ventennio cruciale della Turchia contemporanea : 1980-2002 ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1241422.

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Résumé :
Oggetto della tesi è un ventennio cruciale della storia contemporanea turca, compreso tra il colpo di Stato militare realizzato dalla giunta del generale Kenan Evren il 12 settembre 1980 e la prima vittoria del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di Recep Tayyip Erdoğan alle elezioni generali del 3 novembre 2002. L’obiettivo è spiegare le premesse, le motivazioni e le dinamiche storico-politiche sia domestiche sia internazionali che, nel corso di tale ventennio, hanno condotto al progressivo declino dell’establishment kemalista e all’affermazione di uno specifico ramo del movimento islamico sulla scena politica, economica e culturale turca. Una simile analisi consentirà di formulare anche delle linee di interpretazione per le vicende attuali, che appaiono strettamente legate a quanto accaduto tra il 1980 e il 2002. La ricostruzione storica dei principali avvenimenti verificatisi nel ventennio si basa sullo studio di fonti primarie e secondarie in massima parte in lingua turca. Tra le prime, è prevalente la documentazione ufficiale (dibattiti parlamentari, programmi di governo, rapporti di commissioni d’inchiesta, documenti di partito, atti processuali, discorsi di personalità politiche, etc.) disponibile negli archivi digitali delle istituzioni turche. Per quanto riguarda le fonti secondarie, si privilegia la storiografia turca più recente e non ancora tradotta in altre lingue. Allo scopo di favorire una comprensione più completa delle dinamiche in esame, accanto alla contestualizzazione storica si offre una riflessione critica su alcuni aspetti significativi di natura maggiormente teorica, riguardanti in particolare l’ideologia kemalista, lo sviluppo dell’islam politico, il rapporto tra religione e secolarismo nel Paese. L’Introduzione chiarisce gli interrogativi e le ipotesi della ricerca, argomentandone tra l’altro la rilevanza rispetto ai recenti fatti di cronaca e alla situazione politica corrente; vengono inoltre presentati lo stato dell’arte, le fonti di riferimento e l’approccio teorico. Nel Capitolo I viene ricostruito il clima antecedente al 1980, discutendo innanzitutto alcune contraddizioni intrinseche dei principi kemalisti e il ruolo dell’Esercito nella vita politica. Successivamente ci si sofferma sul colpo di Stato del 1960, sul memorandum militare del 1971 e sulla crisi economico-politica che ha interessato il Paese negli anni Settanta. Il Capitolo II è dedicato alla trattazione del colpo di Stato del 1980, delle sue cause, delle sue conseguenze e dei provvedimenti imposti dalla giunta militare al potere fino al 1983. In seguito, vengono descritte la trasformazione neoliberale e la graduale liberalizzazione promosse durante il governo decennale di Turgut Özal, leader della Nuova destra turca. Nel Capitolo III viene affrontata l’ascesa dell’islam politico e della borghesia conservatrice in Turchia, riservando un approfondimento al movimento della Visione Nazionale e alla comunità religiosa di Fethullah Gülen. Si ripercorre quindi l’affermazione del Partito islamico del Benessere, fino alla formazione del governo di coalizione affidato a Necmettin Erbakan. Il Capitolo IV si apre con il golpe post-moderno che ha abbattuto il governo di Erbakan e represso il movimento islamico; questo ha quindi intrapreso una fase di rinnovamento, culminata nella fondazione dell’AKP sotto la leadership di Erdoğan (del quale viene fornita una sintetica biografia). La tesi si conclude con la descrizione dello scenario politico risultato dalle elezioni del 2002. In conclusione, verranno offerte delle risposte agli interrogativi di ricerca alla luce di alcune ricorrenze storiche e dei paradigmi politici fondamentali emersi dallo studio del ventennio. In particolare, si propone una lettura non dicotomica del rapporto tra kemalismo e islam politico, che risulta caratterizzato da interazione ed influenza reciproca piuttosto che da conflitto e opposizione. Tale rapporto può essere meglio compreso nella cornice della sostanziale continuità dell’autoritarismo nei regimi politici turchi post-1980. Come prospettiva di ricerca futura, verrà suggerito uno studio dell’era dell’AKP in un’ottica di comparazione e di continuità storica con il ventennio cruciale.
THE DECLINE OF KEMALISM AND A NEW FACE OF POLITICAL ISLAM. TWENTY CRUCIAL YEARS IN TURKEY’S HISTORY: 1980-2002. The present dissertation focuses on twenty crucial years of contemporary Turkey’s history, between the 12th September 1980 military coup d’état staged by General Kenan Evren’s junta and the first victory of Recep Tayyip Erdoğan’s Justice and Development Party (AKP) in the 3rd November 2002 general elections. It aims to explain the background, motivations, historical and political dynamics (both domestic and international) underlying the gradual decline of the Kemalist establishment and the rise of a specific branch of the Islamic movement on the political, economic and cultural stage of Turkey during those twenty years. Such an analysis makes it also possible to draw some guidelines to understand the current circumstances, being these closely linked to what happened between 1980 and 2002. The historical reconstruction of the main events occurred during the crucial twenty years relies on primary and secondary sources that are mostly in Turkish language. Among the first, official documentation prevails (parliamentary debates, governments programs, reports by parliamentary committees of enquiry, party manifestos, procedural documents, statements made by Turkish authorities, etc.); such documentation is largely available in the digital archives of Turkish institutions. As regards the secondary sources, more recent and still untranslated Turkish historiography is preferred. Along with the historical context, a critical comment is given on some significant aspects, which are more theoretical and mainly concern the Kemalist ideology, the development of political Islam, the relationship between religion and secularism in Turkey. This should provide a deeper understanding of the research objects. The Introduction explains the research questions and hypotheses, arguing their relevance with reference to the recent events and ongoing political issues of the country. The literature review, sources and theoretical approach are presented too. The Chapter I describes the situation before 1980. First, it discusses some contradictions inherent in the Kemalist principles and the role of the Army in Turkish politics. Then, it looks in more detail at the 1960 coup, the 1971 military memorandum, the economic and political crisis afflicting the country throughout the 1970s. The Chapter II analyses the 1980 coup, its roots, its consequences, and the measures implemented by the military junta in power until 1983. Subsequently, it traces the history of the neoliberal transformation and the gradual liberalization promoted by Turgut Özal, the leader of Turkish New Right who ruled for ten years. The Chapter III deals with the upsurge of political Islam and conservative bourgeoisie in Turkey, with a focus on the National Outlook movement and the religious community of Fethullah Gülen. It also illustrates the rise of the Islamic Welfare Party, until the creation of a coalition government led by Necmettin Erbakan. The Chapter IV begins with the post-modern coup that overthrew Erbakan’s government and repressed the Islamic movement; consequently, the latter entered a phase of regeneration culminating in the establishment of AKP under the leadership of Erdoğan (whose short biography is also included). The dissertation ends with a description of the political landscape resulting from the 2002 elections. In conclusion, answers to the research questions are provided under the light of some recurring historical patterns and fundamental political paradigms, which emerged from the crucial twenty years. In particular, it is argued that the relationship between Kemalism and political Islam is characterized by interaction and reciprocal influence, rather than conflict and dichotomous opposition. Such a relationship can be better understood in the framework of the substantial continuity of authoritarianism in the post-1980 political regimes in Turkey. As a perspective for future research, it is suggested to study the AKP era in terms of comparison and historical continuity with the crucial twenty years.
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OTTONELLI, OMAR. « Dalla storia delle istituzioni al corporativismo. La vicenda scientifica di Gino Arias (1879-1940 ». Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/2158/535456.

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Résumé :
La presente tesi di dottorato mira a ricostruire, sin dagli studi giovanili che precedettero la sua laurea, l’intera vicenda scientifica di Gino Arias (1879-1940). Fiorentino, docente universitario di discipline economiche e accademico georgofilo (fu vicepresidente della gloriosa istituzione fiorentina), egli entrò nel mondo accademico come storico delle istituzioni-economiche giuridiche, per poi contraddistinguersi come celebre esponente del nazionalismo economico e, più tardi, durante il ventennio fascista, quale personalità centrale e assai influente della cultura economico-corporativa. L’opera è aperta da un’introduzione, cui segue la ricostruzione biografica – sinora inedita – delle vicende dell’autore. Il lavoro si sofferma poi su tre ampie parti, ciascuna delle quali dedicata agli indirizzi – cronologicamente susseguentisi – più cari alla ricerca del professore fiorentino, ovvero: - gli studi giovanili sulla storia delle istituzioni giuridico-economiche, che consentono ad Arias di avvicinarsi a Salvemini e con cui tenta altresì l’inserimento – poi rivelatosi fallimentare – entro il gruppo degli storici dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze; - i lavori successivi, nei quali, sotto l’iniziale guida di Achille Loria e Maffeo Pantaleoni, Arias transita con crescente consapevolezza dagli studi storici a quelli più squisitamente economici, fino a giungere, nel clima che precedette e seguì il primo conflitto mondiale, a proporre un’articolata visione economico-nazionalista (premessa per la successiva adesione al fascismo); - gli studi sull’economia corporativa, che permettono ad Arias di affermarsi prima come autore di riferimento nel panorama della più intransigente cultura economica del regime. Ciascuna delle tre parti è chiusa da paragrafi che intendono offrire sintesi specifiche e concatenate dei tre macro-indirizzi presi in esame. Esaurisce il lavoro, infine, una nota conclusiva. Alla tesi seguono quattro appendici documentarie, dove sono pubblicati: - l’inventario dell’archivio delle carte di Gino Arias (l’organizzazione e la catalogazione dell’archivio sono state curate dallo stesso tesista); - la trascrizione delle lettere di Gino Arias con Achille Loria (il carteggio consta di 132 missive, in larga misura risalenti al 1904-19, recuperate presso l’Archivio di Stato di Torino e sinora sfuggite all’attenzione degli storici); - l’inedita bibliografia di Gino Arias, che conta 639 titoli; - la bibliografia degli scritti secondari consultati. Chiudono il lavoro l’indice dei nomi degli autori citati e il sommario.
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BULGINI, Giulia. « Il progetto pedagogico della Rai : la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo›› ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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