Littérature scientifique sur le sujet « Trattamento dei cittadini non comunitari »

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Articles de revues sur le sujet "Trattamento dei cittadini non comunitari"

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« Osservatorio italiano ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 2 (septembre 2011) : 251–77. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-002019.

Texte intégral
Résumé :
Leggi, regolamenti e decreti statali1. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 5.4.2011 - Misure di protezione temporanea per i cittadini stranieri affluiti dai Paesi nordafricani 2. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 7.4.2011 - Dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria nel territorio del Nord Africa per consentire un efficace contrasto all'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari nel territorio nazionale 3. Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 21.4.2011 n. 3935 - Ulteriori disposizioni urgenti dirette a fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. Centri di identificazione ed espulsione temporanei nei Comuni di: Santa Maria Capua Vetere Palazzo San Gervasio - Trapani localitŕ Kinisia 4. Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 20.6.2011 n. 3948 - Disposizioni urgenti di protezione civileCircolari - Cittadini extracomunitariCittadinanza1. Ministero interno 17.5.2011 n. 6415 - procedimenti amministrativi di concessione della cittadinanza italiana. Riconciliazione tra il richiedente straniero e il coniuge italiano. Dichiarazione di inammissibilitŕ. Termini di conclusione del procedimentoEspulsioni2. Ministero interno 1.4.2011 - accesso al Centro per immigratiIstruzione3. Ministero istruzione, universitŕ e ricerca 20.4.2011 n. 2787 - titoli di studio conseguiti all'esteroLavoro e previdenza sociale4. Ministero lavoro e politiche sociali 19.1.2011 n. 13 - procedure e modalitŕ di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato 5. Ministero interno 13.5.2011 n. 3666 - comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoroProtezione temporanea e stato di emergenza6. Presidenza Consiglio dei Ministri 7.5.2011 n. 640 - emergenza derivante dall'eccezionale afflusso dě cittadini extracomunitari provenienti dal Nord-Africa. Indicazioni operative 7. Presidenza Consiglio dei Ministri 17.5.2011 - Procedure per il collocamento di minori stranieri non accompagnatiAPPENDICE DI OSSERVATORIO ITALIANOLeggi, regolamenti e decreti statali5. Decreto legge 23.6.2011 n. 89 - Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari 6. Decreto legislativo 3.2.2011 n. 71 - Ordinamento e funzioni degli uffici consolari, ai sensi dell'art. 14, co. 18, della legge 28.11.2005 n. 246 7. Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 21.4.2011 n. 3934 - Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa nonché per il contrasto e la gestione dell'afflusso di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europeaCircolari - Cittadini extracomunitariEspulsioni8. Ministero interno 23.6.2011 - decreto legge 23.6.2011 n. 89, recante "Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari" 9. Ministero interno 29.6.2011 n. 5188 - decreto legge 23.6.2011 n. 89, recante "Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della Direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari"Lavoro e previdenza sociale10, Ministero lavoro e politiche sociali 27.6.2011 n. 28 - art. 9, d.lgs. N. 124/2004 - distacco di lavoratori extracomunitari per lo svolgimento di prestazioni qualificate - art. 27, lett. G), d.lgs. N. 286/1998 11. Protezione temporanea e stato di emergenza Ministero interno 8.4.2011 n. 2990 - misure umanitarie di protezione temporanea per le rilevanti esigenze connesse all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa, d.p.c.m. 5.4.2011Varie12, Ministero interno 26.5.2011 n. 15 - decreto-legge 13.5.2011, n. 70, recante "Prime disposizioni urgenti per l'economia". Rilascio della carta d'identitŕ ai minori
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« Osservatorio italiano : Documenti ; Leggi, regolamenti e decreti statali ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 2 (juillet 2010) : 253–79. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-002019.

Texte intégral
Résumé :
Leggi, regolamenti e decreti statali1. Decreto legge 30.12.2009 n. 194 - Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, nel testo modificato dalla legge di conversione in legge 26.2.2010 n. 252. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 1.4.2010 - Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l'anno 2010 (10A04757)3. Decreto Ministro degli affari esteri 9.3.2010 - Fissazione del numero massimo di visti di ingresso per l'accesso all'istruzione universitaria e di alta formazione artistica, musicale e coreutica degli studenti stranieri per l'anno accademico 2009/2010 (10A05070)Circolari Cittadini comunitari Assistenza sanitaria1. Ministero salute 30.3.2010 - Emissione Tessera europea di assicurazione malattia per pensionati Lavoro e previdenza sociale2. INPS 30.4.2010 n. 11662 - Requisiti per il riconoscimento indennità di disoccupazione. Spetta anche al cittadino comunitario non iscritto nello schedario della popolazione temporanea Soggiorno3. Ministero interno 2.2.2010 n. 637 - Diritto dei familiari dei cittadini dell'Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri - art. 2, co. 1 lett. b) del d.lgs. 30/2007 Cittadini extracomunitari Cittadinanza4. Ministero interno 18.2.2010 n. 4 - Mantenimento e ripristino del cognome attribuito alla nascita, all'estero, a soggetti in possesso di doppia cittadinanza, italiana e del Paese straniero di nascita Detenuti stranieri5. Ministero giustizia 22.3.2010 - Informazione sull'adozione di provvedimenti in materia di libertà personale nei confronti di cittadini stranieri Ingresso6. Ministero interno 4.4.2010 - Regolamento (CE) n. 810 del 13.7.2009 che istituisce un codice comunitario visti. Regolamento (CE) n. 265 del 25.3.2010 che modifica la Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen e il Regolamento (CE) n. 562/2006 per quanto riguarda la circolazione dei titolari di visto per soggiorni di lunga durata7. Ministero interno 19.4.2010 - D.p.c.m. 2010, programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali per l'anno 20108. Ministero lavoro e politiche sociali 19.4.2010 n. 14 - D.p.c.m. dell'1.4.2010, programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie per l'anno 20109. Ministero affari esteri 27.4.2010 - Decreto di programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre per l'anno 2010. Riferimento messaggio ministeriale dell'8.4.2010 n. 012623410. Ministero lavoro e politiche sociali 4.5.2010 n. 2291 - D.p.c.m. 3.12.2008. Nuova ripartizione territoriale di quote di ingresso per cittadini stranieri Lavoro e previdenza sociale11. INPS 9.3.2010 n. 35 - Assegno di maternità concesso dai Comuni Regolarizzazione dei lavoratori addetti ai servizi domestici e di assistenza alle persone12. Ministero interno 17.3.2010 n. 1843 - Emersione dal lavoro irregolare prestato da cittadini stranieri nell'attività di assistenza e di sostegno alle famiglie. Motivi ostativi previsti all'art. 1 ter, co. 13, della legge 3.8.2009, n. 102 Soggiorno13. Ministero interno 16.2.2010 n. 400/A/2010/12.214.9bis - Stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro. Rilascio del titolo di soggiorno
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« Osservatorio italiano. Leggi, regolamenti e decreti statali ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 1 (mai 2011) : 265–96. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-001020.

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Résumé :
1. Decreto-legge 29.12.2010 n. 225 - Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito con mod. nella legge 26.2.2011.2. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 17.12.2010 - Proroga dello stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunitŕ nomadi nel territorio delle Regioni Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto.3. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 12.2.2011 - Dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa.4. Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 18.2.2011 n. 3924 - Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa, nonché per il contrasto e la gestione dell'afflusso di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea.5. Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 23.2.2011 n. 3925- Disposizioni urgenti di protezione civile.6. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 17.2.2011 - Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali per l'anno 2011.7. Decreto Ministro della salute 29.7.2010, n. 268 - Regolamento ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. 9.11.2007, n. 206, recante disciplina delle misure compensative per il riconoscimento dei titoli professionali conseguiti nei Paesi comunitari ed extracomunitari ai fini dell'esercizio delle attivitŕ professionali di medico chirurgo, medico specialista, medico veterinario, farmacista, odontoiatra, psicologo, ostetrica, tecnico sanitario di radiologia medica, infermiere.CircolariCittadini comunitariLavoro e previdenza sociale1. Ministero interno e politiche sociali 31.1.2010 n. 707 - regime transitorio in materia di accesso al mercato del lavoro dei cittadini della Romania e della Bulgaria.Cittadini extracomunitariIngresso2. Ministero interno, lavoro e politiche sociali 3.1.2011 n. 18 - d.p.c.m. 30.11.2010. Programmazione transitoria dei flussi di ingresso per lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2010 .3. Ministero interno, lavoro e politiche sociali 25.2.2011 n. 1602 - d.p.c.m. del 17.2.2011, concernente la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2011 Lavoro e previdenza sociale.4. Ministero lavoro e politiche sociali 11.2.2011 n. 549 - reddito del datore di lavoro titolare di azienda agricola ai fini dell'assunzione di un lavoratore subordinato del settore domestico.Soggiorno5. Ministero interno 26.1.2011 n. 552 - reati relativi alla tutela del diritto d'autore ovvero in materia di contraffazione di marchi o introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. Conversione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato.6. Ministero interno 22.2.2011 n. 1477 - rinnovo del permesso di soggiorno per studio nel caso in cui lo straniero sia impegnato nella frequenza dei c.d. corsi singoli.APPENDICE DI OSSERVATORIO ITALIANOLeggi, regolamenti e decreti stataliDecreto legislativo 30.12.2010 n. 235 - Modifiche ed integrazioni al d.lgs. 7.3.2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'art. 33 della legge 18.6.2009, n. 69.estrattoCircolari -Cittadini extracomunitariSoggiornoMinistero istruzione, universitŕ e ricerca 28.12.2010 - decreto 4.6.2010 (G.U. n. 134 dell'11.6.2010) - Accordo quadro 11.11.2010 tra il Ministero dell'interno - ed il Ministero dell'istruzione, dell'universitŕ e della ricerca, Dipartimento dell'istruzione - Trasmissione vademecum.
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Bellieni, Carlo V. « Il neonato : un apolide morale ». Medicina e Morale 59, no 3 (30 juin 2010). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2010.213.

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Résumé :
L’approccio etico al trattamento del neonato è nettamente diverso da quello verso l’adulto soprattutto in tre campi: la rianimazione, il trattamento del dolore, l’esecuzione di studi scientifici. Questo dipende in buona parte da un differente stato morale del neonato, che possiamo chiamare di “apolidia morale”, uno stato in cui ancora – esplicitamente o implicitamente – non sono riconosciuti al bambino nato pieni diritti. Due sono i motori di questa incertezza: un’estensione al neonato dello stato di non-persona in cui molte legislature relegano il feto e un ostacolo verso una piena cittadinanza dovuto all’assenza di autonomia. Il fenomeno indica una subordinazione dell’essere umano all’ingresso nel novero dei “cittadini” legata all’“accettazione” da parte di terzi, che si estende per alcune caratteristiche anche oltre l’epoca neonatale. ---------- The ethical approach for treatment of newborn differs from that reserved to the adult in three main areas: intensive care, pain management, and scientific studies. This greatly depends on a different moral status of the newborn, that we call “moral statelessness”, a state in which full rights are yet explicitly or implicitly denied to the child. The sources of this uncertainty are two: an extension of non-person state to the newborn and an obstacle to full citizenship due to lack of autonomy. This phenomenon indicates that personhood is subordinated in some cases to the “acceptance” by third parties, which in some cases exceeds the neonatal period, as it will be discussed in the text.
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Farí, Margherita, Maurizio Mercuri et Alessandro Scalise. « La continuità assistenziale nella gestione delle lesioni da pressione : un opuscolo informativo per la collaborazione ospedale-territorio ». Italian Journal of Wound Care 5, no 1 (17 mars 2021). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2021.65.

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Résumé :
Il progetto consiste nella creazione di un opuscolo informativo, all’interno del quale sono spiegate le principali informazioni relative la gestione del paziente portatore di Lesioni da Pressione. Le nozioni espresse sono alla base del percorso terapeutico, in quando sono indirizzate a lettori non esperti nel campo delle medicazioni difficili. Viste le esigenze del pubblico di assistere a questa tipologia di pazienti, in molti casi in maniera autonoma per quanto riguarda la medicazione vera e proprio, si è ritenuto necessario fornire del materiale per aumentare le conoscenze dei caregiver informali. Lo scopo ultimo è proprio quello di fornire un metodo semplice e sicuro di apprendimento per i cittadini che si occupano della gestione del paziente e delle relative medicazioni; considerando sempre un affiancamento da parte di professionisti. Gli obiettivi che ci si pone con il progetto sono: valutare e visualizzare quelli che sono gli aspetti importanti per i soggetti aventi Lesioni da Pressione, questo comprende la definizione, prevenzione, classificazione e trattamento; l’importanza della continuità assistenziale per questa tipologia di paziente; informare il cittadino su cosa sono le lesioni da pressione (quali sono le accortezze quotidiane da dover attuare per evitare il peggioramento o lo stallo della condizione) ed infine il trattamento vero e proprio tramite l’insegnamento delle medicazioni difficili e della loro applicazione in base ai diversi casi (essendo un argomento vasto e materia di specializzazione in ambito infermieristico si tratterà in maniera semplificata in modo da dare informazioni basilari ma utili). Per la creazione dell’opuscolo è stata effettuata una revisione della letteratura che vede la consultazione di due linee guida, undici articoli e due testi.
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Thèses sur le sujet "Trattamento dei cittadini non comunitari"

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Nicolini, Francesca. « La competenza dell' Unione Europea in materia di immigrazione ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3162.

Texte intégral
Résumé :
2007/2008
La tesi di dottorato si propone di esaminare la portata e la natura della competenza dell’Unione europea in materia di immigrazione in relazione alla residua competenza degli Stati membri. Quello dell’immigrazione è un tema che, soprattutto negli ultimi anni, ha acquisito particolare rilievo divenendo sempre di più oggetto della normativa internazionale e comunitaria. Malgrado il grande interesse suscitato dal fenomeno presso molti studiosi di diritto comunitario ed internazionale, ancora risultano poco esplorate la natura e i limiti della competenza dell’Unione europea in tale materia. Il presente lavoro pertanto intende non tanto e non solo analizzare il contenuto della normativa comunitaria e della giurisprudenza rilevanti nel settore ma, attraverso questi ultimi, indagare sulla natura della competenza dell’Unione europea e sull’interagire di tale competenza con i poteri che gli Stati membri mantengono e/o intendono mantenere in materia di immigrazione. La classificazione della competenza dell’Unione europea e l’individuazione dei suoi limiti in rapporto alle competenze statali si presentano infatti piuttosto problematiche per quanto riguarda la materia in commento e ciò a motivo di numerosi fattori che vengono debitamente evidenziati nel corso della trattazione. In linea generale, ad un’analisi di carattere globale in cui si esaminano le caratteristiche e la natura della competenza dell’Unione in questo ambito, si affianca un’indagine che mira ad analizzare l’esercizio di queste competenze sul piano interno da un lato, e sul piano esterno, dall’altro lato. In effetti, dopo il Consiglio europeo di Tampere del 1999 - nel corso del quale è stato approvato un piano d’azione per la definizione di una politica comune dell’Unione europea in materia di asilo e immigrazione - la Comunità ha esercitato le competenze attribuitele dal Trattato di Amsterdam, adottando diverse misure comunitarie in materia. Tuttavia nel settore in esame ancora forte è il ruolo degli Stati membri e la Comunità, in alcuni ambiti, ha incontrato notevoli difficoltà nell’esercitare le proprie competenze a causa delle resistenze degli Stati stessi. Si consideri inoltre come, la nuova competenza comunitaria sia stata conciliata con il c.d. acquis di Schengen rispetto al quale occorre tenere presente la posizione di quegli Stati membri che, pur potendone prendere parte, non ne sono vincolati (Regno Unito e Irlanda) o che, ne sono vincolati, ma possono decidere se accettare o meno misure adottate a norma del Titolo IV TCE (Danimarca). Nei quattro capitoli del presente lavoro, nonché nelle conclusioni generali, l’attenzione rispetto alla politica comunitaria in materia di immigrazione si è dunque focalizzata sulle difficoltà che sussistono nello stabilire quali siano i confini tra competenze comunitarie e competenze degli Stati membri. Non sempre infatti è agevole comprendere quali siano gli spazi per un’autonoma attività normativa da parte degli Stati membri e in ogni caso, quale sia la natura di tale competenza (esclusiva o concorrente). A questo fine, dopo un’analisi delle origini e dello sviluppo della politica dell’Unione europea in materia di immigrazione vengono esaminate, nel secondo capitolo, le procedure decisionali prescritte in questo settore, in specie il progressivo passaggio alla codecisione e l’utilizzazione del metodo aperto di coordinamento, la tipologia di atti che le istituzioni possono emanare in materia e le relative basi giuridiche, il ruolo che i principi di proporzionalità e sussidiarietà hanno al riguardo. Oggetto di analisi è altresì il regime applicabile agli stranieri per i quali vige una disciplina speciale di fonte comunitaria o convenzionale. Difatti, la disciplina sull’immigrazione si contraddistingue per il suo aspetto residuale, in quanto costituisce il diritto comune in mancanza di norme speciali. Quanto al riparto di competenze tra Unione e Stati membri in materia, vengono individuati i settori di competenza esclusiva degli Stati membri e quelli in cui la competenza è invece di tipo concorrente. Con riguardo a quest’ultimi si evidenzia, oltre all’applicazione del principio di sussidiarietà, l’operatività di due clausole contenute nel TCE che fanno riferimento ad interventi degli Stati membri e che consentono a quest’ultimi da un lato, di mantenere o introdurre proprie misure nel campo dell’immigrazione dall’altro lato, di esercitare le responsabilità loro incombenti per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna. (artt. 63, II co., 64 TCE). Gli Stati membri sono inoltre competenti ad adottare misure nazionali in caso di afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi ( art. 64, par. 2 TCE). Si chiariscono inoltre gli obblighi di cooperazione e di rispetto del diritto comunitario che gravano sugli Stati membri nell’esercizio delle competenze non attribuite alla Comunità. Rivolgendo l’attenzione alla normativa attuata a livello comunitario sulla base delle norme del Trattato CE rilevanti in materia di immigrazione, si sono analizzati i principali atti di diritto derivato sulla disciplina del trattamento dei cittadini non comunitari entro il territorio dell’Unione che sono stati adottati e che hanno reso possibile ricostruire un regime giuridico generale, e vari regimi settoriali, di cui i cittadini di Stati terzi, legalmente soggiornanti entro il territorio comunitario, sono beneficiari. In particolare, si sono analizzate le direttive sul ricongiungimento familiare, sui soggiornanti di lungo periodo, nonché le direttive riguardanti le condizioni di ammissione dei cittadini di Stati terzi che intendano fare ingresso entro il territorio comunitario per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato nonché a fini di ricerca scientifica. Attraverso un’analisi del contenuto di tali direttive si è tentato di individuare quali siano i risultati raggiunti soprattutto in riferimento al livello di armonizzazione realizzato e quale l’incidenza che su di esso hanno le disposizioni che fanno rinvio al diritto nazionale. (v. cap. III, parr. 2.1 - 2.2 - 2.3 -5). Un ulteriore ambito di indagine ha riguardato le competenze comunitarie in materia di migrazione economica e di diritti dei cittadini di Stati terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri. Si è cercato di porre in rilievo come la migrazione economica abbia sempre rappresentato e, rappresenti tutt’ora, uno dei settori in cui l’intervento comunitario incontra i limiti più consistenti. (v. cap. III, par. 3). Si è in presenza infatti di un ambito in cui non è stata ancora raggiunta l’armonizzazione delle regole sull’ammissione e soggiorno per motivi di lavoro, se non per taluni aspetti settoriali. Allo stato attuale infatti, nonostante sia in discussione l’adozione di una serie di atti riguardanti specifiche categorie di immigrati, nonché una proposta di direttiva quadro relativa al rilascio di un permesso unico di soggiorno e lavoro, gli Stati membri - fatta eccezione per i limiti derivanti da accordi internazionali conclusi dalla Comunità con Stati terzi - sembrano intenzionati a conservare la loro competenza in materia e a decidere sulle modalità e sulle conseguenze inerenti la sussistenza o la decadenza del contratto di lavoro. Inoltre, per gli aspetti relativi all’integrazione degli immigrati, si applica il metodo aperto di coordinamento, non vincolante, e trovano spazio solo misure di incentivazione finanziaria, con esclusione di ogni armonizzazione legislativa (art. 79, par. 4 TFUE). Quanto al profilo esterno della competenza interna dell’Unione in materia di immigrazione, in particolare in riferimento al potere di concludere accordi internazionali con Stati terzi, è opinione comune che, in base al noto principio del parallelismo di poteri, la Comunità, pur in mancanza di un’espressa attribuzione di poteri, è competente a concludere accordi internazionali in materia di immigrazione. Si è tentato a tal fine, di individuare il carattere esclusivo o concorrente di tale competenza. Si è osservato come, in linea generale, non sia possibile riconoscere in capo alla Comunità una competenza di tipo esclusivo. Da un lato infatti, la prassi applicativa seguita per la conclusione dei suddetti accordi è quella degli accordi misti, dall’altro lato, posto che la Comunità, in taluni ambiti, deve limitarsi a stabilire norme minime, gli Stati membri sono, in linea di principio, lasciati liberi di concludere accordi con Stati terzi che prevedano norme maggiormente garantiste di quelle comuni. In ogni caso, la sussistenza della competenza esterna degli Stati è prevista in maniera espressa in materia di controlli sulle persone alle frontiere. In particolare, il Protocollo n. 31 sulle relazioni esterne degli Stati membri in materia di attraversamento delle frontiere esterne, prevede che le competenze comunitarie non pregiudichino la competenza degli Stati membri a negoziare o concludere accordi con gli Stati terzi, semprechè tali accordi rispettino il diritto comunitario e gli altri accordi internazionali pertinenti. A ciò si aggiunga la prassi in materia di rimpatrio e immigrazione illegale, in cui accordi degli Stati membri con gli Stati terzi di origine o di transito coesistono con quelli conclusi dalla Comunità e con accordi che contengono clausole di riammissione. (v. cap. II, parr. 1 e 4). Relativamente invece, al contrasto dell’immigrazione irregolare si è sottolineato come, sebbene occorra prendere in considerazione le posizioni prevalenti a riguardo degli Stati membri, si registra un buon potenziamento dell’acquis di Schengen il quale si pone in stretta connessione con la cooperazione per il controllo delle frontiere. Ciò sostanzialmente deriva dalla constatazione dell’inadeguatezza degli strumenti nazionali di contrasto del fenomeno rispetto alle esigenze generali di sicurezza. Da ultimo, nella parte finale del presente lavoro, si sono analizzate le principali modifiche prospettate in materia dal Trattato di Lisbona e dalla più recente normativa comunitaria adottata nel settore. In particolare, si è evidenziato come l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona dovrebbe comportare indubbi vantaggi per il settore dell’immigrazione sia per l’estensione della procedura di codecisione, che consentirebbe di consolidare il livello di integrazione e di superare il deficit democratico attraverso un maggior coinvolgimento del Parlamento europeo e un maggior dialogo tra le istituzioni, sia soprattutto per il venir meno dei limiti della competenza della Corte di giustizia previsti dall’attuale art. 68 Trattato Ce. Si ritiene dunque, che le novità introdotte dal Trattato di Lisbona nei settori in parola, possano non solo favorire un rilancio della politica di immigrazione dell’Unione europea attraverso un maggior livello di armonizzazione legislativa, ma anche contribuire ad una ridefinizione del sistema di tutela giurisdizionale dei diritti al fine di garantire una parità di trattamento tra cittadini comunitari e non comunitari. Inoltre, il Trattato di riforma oltre a gettare le basi per una futura adesione dell’Unione europea alla Cedu, determinerà un significativo passo in avanti nella tutela dei diritti soprattutto grazie alla norma che rende vincolante la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale strumento potrà infatti favorire oltre che un generale rafforzamento dei diritti, una più ampia tutela degli immigrati.
XXI Ciclo
1977
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CHIAROMONTE, WILLIAM. « L'accesso al lavoro ed alla sicurezza sociale dei cittadini non comunitari nelle fonti europee e nazionali ». Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/2158/454456.

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Résumé :
La ricerca condotta, nel tentativo di analizzare le risposte date dal diritto del lavoro comunitario e nazionale alle molteplici questioni sollevate dalle migrazioni per motivi economici, ha messo in luce alcuni punti focali della materia. Le caratteristiche dell’ordinamento internazionale, stante la carenza di un contesto di riferimento sufficientemente solido ed unitario, non hanno consentito lo sviluppo in subiecta materia di un apparato complessivo e coeso tale da disciplinare in modo coerente ed efficace il fenomeno migratorio, ed in particolare quell’aspetto particolarmente significativo di tale fenomeno che è rappresentato dalle migrazioni per motivi di lavoro. Le frammentarie ed incomplete disposizioni di diritto internazionale che rilevano sul punto, pertanto, non lasciano spazio alla possibilità di ricostruire le linee di fondo di una politica unitaria. A livello comunitario, invece, la presenza di un autonomo ordinamento giuridico, in virtù del quale si è raggiunto un tasso di integrazione decisamente più soddisfacente tra gli Stati membri, ha consentito l’emersione quantomeno di alcuni tratti distintivi delle politiche migratorie dell’Unione. Le finalità essenzialmente economiche che hanno dato origine al processo di integrazione europea hanno lasciato fin dal principio in subordine le preoccupazioni di ordine sociale. Per questo motivo, non stupisce che nel Trattato di Roma del 1957 non vi sia traccia alcuna di disposizioni in materia di immigrazione, anche perché non si poneva ancora il problema della gestione dell’immigrazione extracomunitaria, che allora aveva una portata decisamente esigua. Lo status dei cittadini di Paesi terzi, fin dall’origine della Comunità, è rimasto sostanzialmente rimesso alle discipline nazionali, mentre solo per i cittadini degli Stati membri è stato fin da subito delineato un regime di diritto comunitario. Questa contrapposizione caratterizzerà gli sviluppi successivi della materia. La genesi lenta e difficoltosa di una disciplina organica a livello comunitario delle migrazioni per motivi economici è essenzialmente dovuta a due fattori: in primo luogo, si tratta di una competenza comunitaria relativamente giovane, se si considera che la materia dell’immigrazione è stata “comunitarizzata” solo nel 1999 ad Amsterdam; in secondo luogo, gli Stati hanno sempre manifestato la propria riluttanza nei confronti di un’armonizzazione sovranazionale delle discipline nazionali in materia di immigrazione. E’ per questa ragione che con gli Accordi di Schengen, prima, e l’Atto unico, poi, gli Stati hanno preferito procedere, su base volontaria, lungo la strada della cooperazione intergovernativa, che non ha comporto alcuna forma di abbandono di competenze statali. Oggetto di cooperazione sono stati solo quegli aspetti del fenomeno migratorio funzionali all’instaurazione del mercato interno, allo scopo di evitare gli effetti indesiderati della libera circolazione, e quindi principalmente quelli connessi alla lotta contro l’immigrazione clandestina. La reazione agli ingressi indesiderati si dimostrerà essere un’altra costante delle politiche migratorie comunitarie. Neppure la collocazione del metodo intergovernativo all’interno del sistema istituzionale comunitario, attuata a Maastricht nel 1992, ha dato una spinta decisiva allo sviluppo di una governance europea nella materia in esame, concretandosi in sostanza in un ulteriore rafforzamento della politica restrittiva nei confronti del fenomeno migratorio. Il punto di svolta, come si diceva, è costituito dal Trattato di Amsterdam che, attraverso la strada della “comunitarizzazione flessibile”, ha portato finalmente nell’alveo del sistema comunitario sia la materia dell’immigrazione, sia parte dell’acquis di Schengen. La prudenza e la gradualità del passaggio al metodo comunitario, criticate da più parti, hanno tuttavia consentito una tale “comunitarizzazione”, avvenuta in misura determinante proprio grazie alle deroghe introdotte rispetto al diritto comunitario generale, confermando che una delle costanti delle politiche europee in tema di immigrazione è rappresentata proprio dalla dialettica tra il metodo comunitario e quello intergovernativo. Gli assi prioritari di intervento dell’Unione, tuttavia, restavano ancora il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne e le misure di espulsione, mentre le misure in materia di migrazione legale, anche per motivi di lavoro, venivano sottoposte alla procedura consultiva ed alla regola dell’unanimità, ad ulteriore conferma della riluttanza degli Stati membri nei confronti di una compiuta “comunitarizzazione” della politica dell’immigrazione. Il carattere più programmatico che normativo del Trattato di Amsterdam ha comportato la previsione di nuove competenze delle istituzioni comunitarie, ma non di chiare indicazioni sulle politiche da adottare. L’esigenza di una politica europea comune e generale in materia di immigrazione è quindi stata nuovamente sottolineata dalle ambiziose Conclusioni del Consiglio di Tampere del 1999, cui ha fatto seguito l’anno seguente la più concreta Comunicazione della Commissione specificamente dedicata alla politica migratoria comunitaria, che ha rilanciato il dibattito proprio sull’immigrazione dovuta a spinte economiche di mercato. Ciononostante, i noti avvenimenti che hanno caratterizzato lo scenario internazionale dopo l’11 settembre 2001 hanno portato ad un nuovo irrigidimento degli orientamenti politici in materia di immigrazione. La regola dell’unanimità ha reso particolarmente problematica l’adozione di atti normativi nel settore delle politiche migratorie, e neppure lo strumento del metodo aperto di coordinamento ha consentito di superare tale impasse regolativo. In particolare, non ha avuto seguito neppure l’interessante Proposta di Direttiva in materia di ingresso e soggiorno per motivi economici che, nonostante un approccio al fenomeno eminentemente economicistico, ha il merito di aver finalmente delineato una procedura comune in tema di ingresso degli immigrati per motivi di lavoro sulla base di una valutazione della situazione dei mercati del lavoro nazionali. Il passaggio alla regola della maggioranza qualificata ed alla procedura di codecisione senza dubbio rappresentano il superamento di uno dei principali ostacoli che negli anni si è frapposto alla realizzazione di una politica migratoria comunitaria. L’accantonamento dell’ambizioso progetto del Trattato costituzionale, però, ha fatto slittare tale importante innovazione al momento dell’entrata in vigore il Trattato di Lisbona. Ugualmente, è stata rinviata anche l’“unionizzazione” della politica migratoria comunitaria che, attraverso il superamento della struttura fondata sui tre pilastri, e dunque della distinzione tra materie “comunitarizzate” e materie “intergovernative”, dovrebbe finalmente consentire una visione tendenzialmente omnicomprensiva del fenomeno. La condizione dei cittadini dei Paesi terzi, inoltre, ne uscirà ulteriormente rafforzata, in forza dell’attribuzione dello status giuridicamente vincolante alla Carta di Nizza, da un lato, e dell’adesione dell’Unione alla Cedu, dall’altro, che potrebbero agevolarne l’accesso al lavoro ed alla sicurezza sociale. Nell’attesa dell’entrata in vigore del nuovo Trattato, neppure l’attuazione del Programma dell’Aia, che comunque ridimensiona le ambizioni manifestate a Tampere, ha consentito l’emersione di un quadro completo e coerente in materia di politiche migratorie. Anzi, risulta in qualche modo confermata l’impossibilità di definire norme comuni per l’ammissione di lavoratori di Paesi terzi, anche perché si è scelto di preferire sul punto un’impostazione di tipo settoriale, considerata l’unica strada percorribile per superare le riserve che gli Stati membri continuano ad avere su un settore considerato ancora di interesse principalmente nazionale. La mancanza di una chiara governance del fenomeno a livello comunitario ha in qualche modo influito sull’evoluzione della disciplina nazionale. Di fronte all’emersione della questione migratoria in Italia, principalmente tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta dello scorso secolo, sarebbe stato lecito attendersi un intervento tempestivo e puntuale da parte del legislatore nazionale. Ciò non è avvenuto, e gli spazi lasciati vuoti dalla latitanza del legislatore sono stati in gran parte colmati da un’ipertrofica regolamentazione amministrativa, che identificava il fenomeno essenzialmente come un problema di ordine pubblico e sicurezza sociale. La legiferazione “per circolari” ha caratterizzato la disciplina dell’accesso al lavoro degli stranieri fino alla metà degli anni Ottanta, ponendosi in aperto contrasto con la riserva di legge sancita dall’art. 10, comma 2, Cost. in materia di condizione giuridica dello straniero. Essa, quindi, ha delineato per lungo tempo l’impianto essenziale della materia, un impianto privo di qualsiasi tipo di organicità, quando non addirittura contraddittorio e difficilmente conoscibile. Se con la legge Foschi del 1986 ci si era limitati a dare la veste della legge al corpus delle circolari ministeriali che si erano stratificate nel tempo, è solo con la legge Martelli del 1990 che si è tentata una prima regolamentazione di largo respiro al fenomeno migratorio, introducendo in particolare il meccanismo della programmazione dei flussi in ingresso per ragioni di lavoro dei non comunitari, che costituisce a tutt’oggi un asse portante della disciplina. L’incapacità del mondo politico di gestire la programmazione dei flussi e di predisporre le misure di integrazione degli stranieri palesarono, tuttavia, l’inadeguatezza della legge a governare il fenomeno. Il passaggio da una logica di interventi di tipo settoriale alla prima disciplina volta a regolare l’insieme degli aspetti concernenti l’ingresso, il trattamento e l’allontanamento dello straniero è rappresentato dalla legge Turco-Napolitano e dal T.U. sull’immigrazione del 1998, che sanciscono il radicale mutamento degli indirizzi di politica legislativa in materia di immigrazione. Accanto alle misure miranti a combattere il fenomeno dell’immigrazione clandestina, la legge combinava le esigenze di realizzazione di un’efficace politica di ingressi legali e programmati, prevalentemente per motivi di lavoro, con quelle di integrazione dei non comunitari. La programmazione delle politiche nazionali di immigrazione era collocata in una logica di più ampio respiro, fermo restando il principio della limitazione degli ingressi di stranieri per motivi di lavoro in funzione delle esigenze del mercato del lavoro nazionale. La disciplina dell’accesso al lavoro vedeva confermato il binomio autorizzazione al lavoro - permesso di soggiorno, al quale si accompagnavano le sostanziali novità del superamento del c.d. test della necessità economica, dell’introduzione della carta di soggiorno e dell’istituto dello sponsor, grazie al quale era prevista la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno ai fini dell’inserimento nel mercato del lavoro. In particolare, emergevano con forza anche la tutela dei diritti e l’affermazione del principio di non discriminazione, presupposti indispensabili per l’integrazione degli immigrati nel tessuto economico e sociale del Paese. In presenza di una gestione delle quote troppo restrittiva, le periodiche sanatorie si sono dimostrate l’unico strumento capace di dare regolarità ai lavoratori stranieri che non riuscivano ad entrare in Italia, evidenziando d’altro canto l’incapacità istituzionale di provvedere ad una efficace politica di immigrazione. La pratica delle regolarizzazioni, che risulta essere il vero fulcro delle politiche migratorie italiane, non è stata abbandonata neppure dalla legge Bossi-Fini, che è intervenuta sul T.U. nel 2002 modificandolo per lo più in senso restrittivo. Oltre ad inasprirne l’impianto repressivo e sanzionatorio, la legge ha aggravato le già macchinose procedure di ingresso per motivi di lavoro, subordinando l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale dello straniero, nonché la concessione allo stesso di diritti, all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa sicura e lecita. D’altro canto, le politiche di rottura rispetto a quelle fatte proprie dalla legge Turco-Napolitano si sostanziano altresì nel sostanziale disinteresse dimostrato nei confronti degli aspetti relativi all’integrazione ed alla tutela dei diritti riconosciuti allo straniero. L’impianto della disciplina della programmazione dei flussi migratori non è stato oggetto di rilevanti modifiche. Analogamente, il cardine del sistema di controllo amministrativo della materia continua ad essere il permesso di soggiorno, e ciò dimostra come l’interesse di ordine pubblico al controllo degli stranieri continui a rappresentare un tratto distintivo anche dell’attuale assetto della disciplina. Un ulteriore segno in tal senso è rappresentato dalla previsione di un unico ente responsabile dell’intero procedimento di assunzione di lavoratori subordinati stranieri, lo Sportello unico per l’immigrazione, che fa capo alla Prefettura. La reintroduzione del c.d. test della necessità economica, l’abrogazione dello sponsor e del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro (che, combinati con il meccanismo della chiamata nominativa del lavoratore ancora residente all’estero, non fanno altro che incentivare gli ingressi clandestini), la previsione del nuovo contratto di soggiorno per lavoro subordinato e gli oneri che ne derivano, principalmente in capo al datore di lavoro, sembrano essere tutti sintomi della volontà di disincentivare, per quanto possibile, le assunzioni dei lavoratori immigrati. A ciò si aggiunga che i principi che disciplinano attualmente la materia appaiono palesemente inadeguati non solo a regolare il fenomeno migratorio - basti pensare all’incapacità di riassorbire le quote di irregolarità in via ordinaria, e non attraverso sanatorie eccezionali - ma, e prima ancora, a comprenderlo a fondo. Il rigido condizionamento della permanenza legale in Italia all’esistenza ed alla conservazione di un regolare rapporto di lavoro testimonia che la logica alla base degli interventi normativi continua ad essere quella della stretta funzionalizzazione degli ingressi dei non comunitari all’utilità economica del Paese, mentre gli interessi e le esigenze di tutela degli immigrati rimangono decisamente in secondo piano, non trovando adeguate risposte da parte degli attori politico-istituzionali. Depone in tal senso anche la disciplina dell’accesso degli stranieri alle prestazioni di natura assistenziale, che nel nostro Paese avviene spesso in violazione del principio di non discriminazione, senza che ciò sia sorretto da ragionevoli giustificazioni. In questo caso le previsioni del T.U., che aveva sancito una sostanziale equiparazione tra italiani e non quanto all’accesso alla sicurezza sociale, sono state modificate in senso restrittivo dalla legge finanziaria per il 2001, che in modo particolare ha circoscritto il novero dei potenziali beneficiari delle provvidenze assistenziali sulla base del requisito del titolo di soggiorno da essi posseduto. Una tale situazione di arretramento legislativo, che ha comportato il generarsi di un trattamento discriminatorio in danno dei cittadini non comunitari, non è stata ancora censurata in modo deciso dalla Corte costituzionale, più volte sollecitata sulla questione dai giudici di merito, che invece hanno generalmente dimostrato una sensibilità più spiccata nei confronti della problematica. L’esistenza, nel nostro ordinamento, di un generale principio di non discriminazione quanto all’accesso alla sicurezza sociale risulta tuttavia confermato sia da disposizioni di diritto comunitario, sia dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che, fondandosi anche sul richiamo diretto alla Carta di Nizza, è finalmente apparsa più sensibile alla questione della tutela dei diritti sociali fondamentali. Inoltre, un ruolo rilevante in materia è quello giocato dalla giurisprudenza dei giudici di Strasburgo, i quali hanno recentemente confermato la propria impostazione volta a ricomprendere nell’ambito di applicazione del principio di non discriminazione sancito dalla Cedu anche le prestazioni sociali. Una tale ricostruzione potrebbe, in linea di principio, influire in modo rilevante su quella dei giudici di Lussemburgo, in particolar modo attraverso un ripensamento della rigida nozione di “situazione puramente interna” che, al momento, impedisce un’applicazione generalizzata del Regolamento n. 859 del 2003, il quale sancisce il principio di parità di trattamento in materia di sicurezza sociale anche per i cittadini di Paesi terzi regolarmente residenti ed occupati nell’Unione. Il tema dell’accesso al lavoro ed alla sicurezza sociale dei cittadini non comunitari rappresenta, in definitiva, una cartina tornasole per riflettere sulla validità dell’impianto normativo in materia di immigrazione; esso, come si è cercato di dimostrare, rispecchia un’oggettiva incapacità, non solo nazionale, di trovare una prospettiva di lungo periodo che sappia contemperare il diritto a migrare con quello della tutela delle società di accoglienza. A tal fine sembra sicuramente utile la prospettiva del giuslavorista, principalmente allo scopo di recuperare la tradizionale funzione del diritto del lavoro quale strumento di livellamento delle diseguaglianze economiche e sociali. Restituendo al lavoro la valenza di canale privilegiato di accesso alla cittadinanza ed ai diritti, in una parola all’integrazione sociale, è possibile sposare la logica della cittadinanza sociale come garanzia dei diritti sociali fondamentali per qualsiasi individuo, indipendentemente dalla sua nazionalità.
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