Articles de revues sur le sujet « Trattamenti di malattie infiammatorie »

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Birnbaum, D. J., T. Bège et S. V. Berdah. « Gestione chirurgica delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino : trattamento chirurgico della malattia di Crohn ». EMC - Tecniche Chirurgiche Addominale 21, no 2 (juin 2015) : 1–13. http://dx.doi.org/10.1016/s1283-0798(15)70637-6.

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2

Cazzato, Luciano, Claudia Citarella, Margherita Casanova, Angela Tullo, Maria Luigia Iaculli et Vincenza D’Onghia. « La granulocitoaferesi ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no 4_suppl (23 juillet 2013) : S23—S26. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1085.

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Résumé :
Rettocolite Ulcerosa e Morbo di Crohn, note come Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, sono largamente diffuse nei paesi occidentali. L'eziologia è multifattoriale e comprende una predisposizione genetica e squilibri immunologici del tratto digerente che attivano il processo flogistico della parete intestinale. La terapia delle Malattie Infiammatorie Intestinali comprende amino salicilati, cortisonici, immunosoppressori, ciclosporina e agenti biologici, farmaci gravati da una grave tossicità a lungo termine e da fenomeni di resistenza. Dal momento che granulociti e monociti attivati, insieme a citochine proinflammatorie e alla deregolazione dell'attività dei linfociti T regolatori (T®), hanno un ruolo cruciale nell'infiammazione cronica intestinale, l'aferesi selettiva dei monociti e dei granulociti, una tecnica che rimuove i leucociti attivati dal sangue in regime di circolazione extracorporea, potrebbe rappresentare un presidio terapeutico sicuro ed efficace. Vari studi multicentrici sull'efficacia terapeutica della granulocitoaferesi hanno dimostrato che questa rappresenta un'opzione sicura per i pazienti resistenti alla terapia farmacologica oppure un trattamento ben tollerato in associazione con protocolli terapeutici tradizionali, capace di indurre periodi di remissione clinica prolungati e una significativa riduzione dell'assunzione di cortisonici. Ulteriori studi sono necessari per definire meglio la frequenza del trattamento, i volumi ematici da processare, la migliore terapia farmacologica da associare alla granulocitoaferesi e la sua efficacia in altre patologie autoimmuni.
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3

Fontanella, A., R. Nardi, M. Masina et G. Uomo. « Le malattie infiammatorie immuno-mediate (IMID) di interesse internistico : fisiopatologia, aspetti clinici e prospettive di terapia ». Italian Journal of Medicine 5, no 1 (7 septembre 2017) : 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2017.7.

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Résumé :
<img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>Le IMID: inquadramento introduttivo</strong><br /><em>A. Fontanella, G. Uomo</em></p><p class="titolo"><strong>Infiammazione e IMID</strong><br /><em>T. d’Errico, M. Laccetti</em></p><p class="titolo"><strong>Malattia IgG4-relata</strong><br /><em>C. Mastrobuoni, G. Uomo</em></p><p class="titolo"><strong>IMID in ematologia</strong><br /><em>F. Rezzonico, A. Mazzone</em></p><p class="titolo"><strong>IMID in reumatologia</strong><br /><em>A. Parisi, R. Buono, R. Russo, G. Uomo</em></p><p class="titolo"><strong>IMIDs in neurologia</strong><br /><em>G.T. Maniscalco, C. Florio</em></p><p class="titolo"><strong>IMID in diabetologia</strong><br /><em>R. Nicosia, C. Ricordi</em></p><p class="titolo"><strong>IMIDs in endocrinologia</strong><br /><em>M.R. Poggiano, V. Nuzzo</em></p><p class="titolo"><strong>Malattie infiammatorie intestinali</strong><br /><em>M. Salice, L. Calandrini, C. Praticò, M. Mazza, A. Calafiore, G. Carini, C. Calabrese, A. Belluzzi, F. Rizzello, P. Gionchetti, M. Campieri</em></p><p class="titolo"><strong>La malattia celiaca nel terzo millennio: nuove prospettive su patogenesi, clinica, diagnosi e terapia</strong><br /><em>G. Caio, F. Giancola, R. De Giorgio, U. Volta</em></p><p class="titolo"><strong>Malattie epato-biliari autoimmuni</strong><br /><em>M. Visconti, L. Fontanella, G. Marino Marsilia</em></p><p class="titolo"><strong>Pancreatiti autoimmuni</strong><br /><em>P.G. Rabitti, R. Boni</em></p><p class="titolo"><strong>IMID e tumori</strong><br /><em>F. Gallucci</em></p><p class="titolo"><strong>La sindrome infiammatoria da ricostruzione immune</strong><br /><em>I. Ronga, G. Uomo</em></p><p class="titolo"><strong>Le malattie autoinfiammatorie</strong><br /><em>M. Gattorno, A. Brucato</em></p><p class="titolo"><strong>Il rischio cardio-vascolare nelle IMIDs</strong><br /><em>A. Fontanella, P. Gnerre, R. Nardi</em></p><p class="titolo"><strong>Quale ruolo degli inibitori delle PCSK9 in Medicina Interna nella prevenzione cardio-vascolare in alternativa alle terapie tradizionali?</strong><br /><em>P. Gnerre, P. Zuccheri, M. Campanini, G. Pinna, R. Nardi</em></p><p class="titolo"><strong>Trombo-embolismo venoso e malattie autoimmuni sistemiche</strong><br /><em>A. Fontanella, P. Gnerre, R. Nardi</em></p><p class="titolo"><strong>IMID nell’anziano: cenni sul trattamento</strong><br /><em>M. Masina</em></p><p class="titolo"><strong>Farmaci biosimilari e farmaci innovativi in reumatologia: quale futuro?</strong><br /><em>M. Todoerti, C. Montecucco</em></p>
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Faccendini, Paolo, Enrica Cantillo, Caterina Fanizza et Maria Grazia Celeste. « Analisi di Farmacoutilizzazione dei Trattamenti Biologici Nelle Malattie Infiammatorie Immunomediate Croniche : I Risultati di Uno Studio Osservazionale Retrospettivo Condotto in un Centro Ospedaliero del Centro Italia ». Global & ; Regional Health Technology Assessment : Italian ; Northern Europe and Spanish 4, no 1 (janvier 2017) : grhta.5000271. http://dx.doi.org/10.5301/grhta.5000271.

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Savoiardo, M., M. Sberna et M. Grisoli. « RM nelle malattie degenerative e infiammatorie ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 1_suppl (avril 1988) : 67–74. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s108.

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Résumé :
In alcune malattie degenerative la RM dimostra la distribuzione dell'atrofia meglio della TC senza ulteriori vantaggi. In alcuni gruppi di malattie dei nuclei della base, la RM ad alta intensità di campo dimostra in modo peculiare accumuli o distribuzioni abnormi di ferro. Malattie della sostanza bianca, come le leucodistrofie e particolarmente le malattie demielinizzanti, hanno trovato nella RM il miglior mezzo diagnostico. La RM è s̀olitamente superiore alla TC anche nella dimostrazione di piccole lesioni infiammatorie.
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Bianchi, Alfio Ernesto, Patrizia Strappazzon, Antonio Maggi et Riccardo Raddino. « Il tessuto adiposo epicardico e perivascolare. Un fattore di rischio cardiovascolare emergente ». Cardiologia Ambulatoriale 30, no 3 (9 décembre 2022) : 172–80. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-3-5.

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Résumé :
Il tessuto adiposo ectopico e quello perivascolare possono diventare un fattore di rischio cardiovascolare per l’ingresso all’interno del tessuto stesso di molecole infiammatorie Questa trasformazione del tessuto adiposo può favorire la progressione di malattia in organi e vasi e particolari situazioni cliniche come la fibrillazione atriale, lo scompenso, la vasculopatia cerebrale e la malattia coronarica. La radiomica che è una nuova e più avanzata tomografia computerizzata, permette di qualificare e quantificare il tessuto adiposo cosi trasformato. Essa permette inoltre una migliore definizione del rischio cardiovascolare e permette di inquadrare la malattia aterosclerotica già in una fase precoce favorendo, se necessario, un trattamento terapeutico, altrettanto precoce.
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Trani, Antonio, Antonio Cardinale et Pierluigi Antonino Cappiello. « La terapia dell’insufficienza venosa cronica ». Cardiologia Ambulatoriale 29, no 1 (30 mai 2021) : 63–72. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-8.

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Résumé :
La malattia venosa cronica è una patologia ad altissima prevalenza nella popolazione generale, caratterizzata da andamento cronico e progressivo. Secondo la classificazione internazionale CEAP, viene differenziata in stadi di complessità e gravità crescenti, da C0 a C6. Si è soliti definire gli stadi iniziali C0-C2 nel loro complesso come malattia venosa cronica propriamente detta, mentre gli stadi avanzati C3-C6 definiscono più propriamente l’insufficienza venosa cronica. Senza un trattamento adeguato, la malattia venosa tende a peggiorare e progredire inevitabilmente verso gli stadi più avanzati, caratterizzati dalle ulcere venose. La causa iniziale e l’aggravamento progressivo sono sostenuti da stimoli infiammatori a carico della parete venosa e dei tessuti perivenosi, che provocano un danno strutturale di parete e delle valvole venose, conducendo all’ipertensione venosa e compromettendo la fisiologica funzione del ritorno venoso. In relazione allo stadio e alla severità, la malattia venosa cronica richiede tipologie di trattamento differenziate, sulla base dei sintomi e segni prevalenti, comprendenti l’utilizzo di farmaci venoattivi in associazione con tecniche interventistiche mininvasive e chirurgiche.
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Pascarella, Filomena, Massimo Martinelli, Erasmo Miele et Annamaria Staiano. « Novità in tema di malattie infiammatorie croniche intestinali ». Area Pediatrica 13, no 4 (octobre 2012) : 85–91. http://dx.doi.org/10.1016/j.arped.2012.10.002.

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Maddock, Clementine, et Carmine M. Pariante. « How does stress affect you ? An overview of stress, immunity, depression and disease ». Epidemiologia e Psichiatria Sociale 10, no 3 (septembre 2001) : 153–62. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005285.

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Résumé :
RIASSUNTOScopo – Il termine “stress” viene spesso usato come sinonimo di “vita moderna”. In questa revisione della letteratura abbiamo valutato la relazione tra lo stress e l'insorgenza o il decorso della depressione maggiore, dei disturbi cardiovascolari e delle malattie tumorali, le maggiori cause di morbidità e di mortalita nel mondo occidentale. Abbiamo anche discusso come i cambiamenti nei parametri del sistema immunitario indotti dallo stress possano essere considerati, almeno in parte, responsabili di questa relazione tra stress e malattia. Metodo – Abbiamo condotto una ricerca su Medline per il periodo 1996-2000, utilizzando i termine stress, disease (malattia) e immune system (sistema immunitario), allo scopo di identificare i più recenti sviluppi della ricerca in questo campo. Abbiamo anche rintracciato le più importanti pubblicazioni citate in questi articoli. Risultati – Gli studi in letteratura confermano il legame tra lo stress e l'insorgenza della depressione. Lo stress sembra anche avere un effetto negativo sulla prognosi dei disturbi cardiovascolari e delle malattie tumorali, ed evidenze preliminari suggeriscono che interventi di gestione dello stress possono migliorare la sopravvivenza in questi pazienti. Situazioni di stress cronico sono associate ad una soppressione della funzionalità del sistema immunitario, mentre stress acuti hanno un effetto sia attivante, sia inibitorio. La liberazione di citochine infiammatorie, mediatori solubili della risposta immunitaria, può indurre la comparsa di sintomi depressivi. Conclusioni – Studi epidemiologici prospettici sono necessari per chiarire il ruolo dello stress nell'insorgenza, decorso e prognosi delle malattie. L'utilizzo di terapie di gestione dello stress allo scopo di migliorare la prognosi dei pazienti con disturbi cardiovascolari, malattie tumorali ed altre malattie croniche, è un'area di ricerca particolarmente interessante. Gli effetti dello stress sul sistema immunitario sono importanti per capire il legame tra stress e malattia. In particolare, l'aumentata produzione di citochine infiammatorie durante situazioni di stress costituisce un possibile meccanismo biologico per spiegare il legame tra stress e depressione.
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Terziroli Beretta-Piccoli, Benedetta, Andrea De Gottardi, Diego Vergani et Giorgina Mieli-Vergani. « Le malattie autoimmuni di fegato nell’adulto ». Schweizer Gastroenterologie 2, no 2 (juillet 2021) : 56–66. http://dx.doi.org/10.1007/s43472-021-00040-4.

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Résumé :
RiassuntoL’epatite autoimmune è una infiammazione cronica del fegato che colpisce tutte le età, caratterizzata da transaminasi e immunoglobuline G elevate, presenza di autoanticorpi, epatite dell’interfaccia alla biopsia epatica, e ottima risposta alla terapia con steroidi. Se non trattata, ha una sopravvivenza a 5 anni del 50 %.La colangite biliare primitiva è una patologia cronica colestatica autoimmune del fegato che colpisce i medi e piccoli dotti biliari, caratterizzata da preponderanza femminile, e positività dell’anticorpo anti-mitocondrio. La sopravvivenza media della malattia non trattata è 9‑10 anni. La terapia di scelta è l’acido ursodesossicolico, che ha un forte impatto sulla storia naturale della malattia.La colangite sclerosante primitiva è la più rara e la più grave delle malattie autoimmuni di fegato. Si caratterizza da forte associazione alle malattie infiammatorie intestinali. I pazienti con PSC hanno un rischio elevato di colangiocarcinoma. Non esistono terapie medicamentose efficaci, e la malattia richiede una presa a carico specialistica multidisciplinare.Questo articolo offre una panoramica per il clinico delle tre patologie nell’adulto.
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Bernabini, G., et V. Panichi. « Anemia e resistenza all'eritropoietina nel paziente uremico in dialisi ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no 2 (24 janvier 2018) : 25–29. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1209.

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Résumé :
Esiste uno stretto legame tra anemia, malattia cardiovascolare e mortalità nei pazienti in dialisi. L'anemia rappresenta infatti un fattore prognostico negativo ed è associata a una scarsa sopravvivenza e a una ridotta qualità della vita nei soggetti in trattamento dialitico. Oggi, la disponibilità di numerosi agenti stimolanti l'eritropoiesi (ESAs) ha portato alla quasi completa scomparsa dell'anemia di grado severo che richiede emotrasfusioni. Nonostante questo una percentuale abbastanza consi-stente di pazienti, circa il 10%, non riesce ancora a raggiungere il valore di Hb target raccomandato dalle linee guida internazionali; il termine di Resistenza all'Eritro-poietina è stato quindi introdotto per definire quei pazienti che non raggiungono il target di Hb nonostante una dose di ESA superiore a quelle usuali o che continuamente necessitano di dosi più elevate per mantenere nel range i valori di Hb. Numerosi studi presenti in letteratura hanno evidenziato l'associazione tra incremento degli indici infiammatori e ridotta risposta agli ESA; l'infammazione cronica, mediante la produzione di citochine pro-inflammatorie determina soppressione midollare con inibizione della proliferazione e della differenziazione dei progenitori eritroidi e aumento dei livelli di una piccola proteina, l'epcidina, prodotta dal fegato in risposta a stimoli infiammatori che sembra fortemente legata al meccanismo della resistenza all'eritropoietina.
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Savoiardo, M., L. D'Incerti et L. Strada. « La RM nella patologia infiammatoria e degenerativa encefalica ». Rivista di Neuroradiologia 4, no 3_suppl (décembre 1991) : 57–63. http://dx.doi.org/10.1177/19714009910040s312.

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Résumé :
La RM fornisce informazioni più dettagliate e più precise della TC particolarmente nelle malattie infiammatorie, dismetaboliche e degenerative dell'encefalo. Nella sclerosi multipla dimostra un maggior numero di lesioni, anche in aree dove la TC è generalmente muta. Nelle leucodistrofie dimostra coinvolgimenti di vie lunghe o risparmio di fini strutture, come le fibre a U, non dimostrabili con la TC, indirizzando così a volte la diagnosi e permettendo comunque una miglior valutazione dell'estensione delle lesioni. Nelle malattie degenerative, particolarmente dei nuclei della base e cerebellari, la RM ha aperto nuove possibilità diagnostiche: dimostra infatti alterazioni di segnale da ferro o altre sostanze paramagnetiche e dimostra in modo preciso la distribuzione di atrofia delle strutture della fossa posteriore e alterazioni di segnale in sistemi di fibre, fornendo così elementi diagnostici non ottenibili con la TC.
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Pario, Leslye, Luigia de Marinis et Vincenzo Velio Degola. « Approccio multidisciplinare alle malattie infiammatorie croniche intestinali : la rettocolite ulcerosa ». PNEI REVIEW, no 2 (novembre 2021) : 98–116. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2021-002008.

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Résumé :
La significativa diffusione delle inflammatory bowel disease (IBD) o malattie autoimmuni dell'intestino nei paesi occidentali giustifica un'ipotesi clinica eziopatogenetica secondo cui l'urbanizzazione, insieme alla dieta occidentale, siano fattori stressanti, che in alcuni soggetti più suscettibili a causa di eventi avversi infantili (ACE) portino all'insorgere della IBD in età adulta. Negli studi sugli animali l'ipersensibilità viscerale è stata collegata a diversi eventi avversi della prima infanzia e nell'uomo le IBD possono manifestarsi in età adulta in seguito ad ACE, che riattivano l'asse ipotalamo-ipofisi-surreni (HPA) disregolato a causa degli stressor avvenuti in fase di sviluppo. In questo articolo è stato investigato il ruolo dell'asse HPA, l'importanza della trasmissione epigenetica dell'ipersensibilità viscerale alla generazione successiva non esposta al trauma, il ruolo della nutrizione e della respirazione yogica come fattori protettivi a livello epigenetico. Essendo malattie multifattoriali, viene esposto un caso clinico con approccio Pnei, con approccio nutrizionale ad personam, respirazione yogica per il controllo del perineo e terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) per elaborazione dei target relativi all'infanzia e alla malattia nel presente.
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Lavalle, Tiziana, Assunta De Luca, Francesco Ripa di Meana, Gennaro Ciliberto, Aldo Morrone et Branka Vujovic. « Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO) ed emergenza sanitaria da Coronavirus : l'esperienza maturata durante la fase di lockdown e la fase 2 Covid-19 ». MECOSAN, no 115 (janvier 2021) : 49–77. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2020-115004.

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Résumé :
All'inizio del periodo pandemico, si e verificata una forte polarizzazione delle risorse sanitarie e dei professionisti verso la prevenzione della rapida diffusione del SARS-CoV-2, riducendo l'attenzione alle malattie croniche e alla cura oncologica, compromettendo cosi la continuita terapeutica e gli esiti dei trattamenti. In questo scenario avvincente e travolgente, gli IFO sono rimasti ancorati alla propria missione di fornire cure specialistiche ai pazienti oncologici, dermatologici e con malattie rare. Qui, si presenta una sintesi delle decisioni strategiche assunte e dei piani sviluppati per ridurre la diffusione del virus, mentre ci si sforzava di avvicinare l'ospedale ai pazienti. Si spera che questa esperienza possa servire da risorsa per informare i modelli di assistenza in caso di futuri focolai epidemiologici.
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Alvisi, V., A. D'Ambrosi, A. Loponte, P. Pazzi, A. Greco, A. Zangirolami et E. Palazzini. « Rifaximin, a Rifamycin Derivative for Use in the Treatment of Intestinal Bacterial Infections in Seriously Disabled Patients ». Journal of International Medical Research 15, no 1 (janvier 1987) : 49–56. http://dx.doi.org/10.1177/030006058701500106.

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Résumé :
This study reports the results of an evaluation of the effectiveness and tolerability of rifaximin, an intestinal topical antibiotic. It was administered using a nasogastric tube in patients with severe enterocolitis and bacterial superinfections causing intestinal inflammatory diseases and portosystemic encephalopathy. The drug proved highly effective clinically and produced neither local nor systemic side-effects. E’ stata valutata l'efficacia e la tollerabilita delia rifaximina, un antibiotico ad azione topica intestinale, somministrata tramite sondino nasogastrico in pazienti affetti da gravi enterocoliti, sovrainfezioni batteriche in corso di malattie infiammatorie intestinali ed encefalopatia porto-sistemica. Oltre all'ottima efficacia clinica si segnala l'assenza di effetti collaterali, locali e sistemici, di questo farmaco.
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Mancini, Elena, Anna Laura Chiocchini, Raffaella Rizzo, Laura Patregnani et Antonio Santoro. « L'aferesi nelle Unità di Terapia Intensiva : la parola al Nefrologo ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no 4_suppl (8 février 2013) : S49—S56. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1092.

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Résumé :
I trattamenti aferetici sono oggi rappresentati da un'ampia gamma di trattamenti extracorporei che possono avere indicazione in diverse patologie, che vanno dalle malattie immunologiche alla sepsi e dall'insufficienza epatica alla patologia tossicologica. In larga parte affidati ai Servizi Trasfusionali, perché programmabili e da ripetere a cadenze definite, questi trattamenti devono, però, essere eseguiti anche dai Centri Nefrologici, che devono garantirne la fattibilità in urgenza/emergenza, in condizioni che, in alcuni casi, sono con prognosi quoad vitam e, pertanto, in area intensivologica. D'altra parte, i Nefrologi hanno tutto il know how che consente loro di poter eseguire trattamenti di aferesi anche direttamente in area critica, dove è più facile che possano essere ricoverati pazienti che, a seguito della patologia di base (intossicazione, avvelenamento, epatite acuta, ecc.), sono in condizioni estremamente critiche e richiedono assistenza intensivologica per il supporto alle funzioni vitali (polmonare, cardiaca, ecc.). La plasmaferesi urgente è definibile come un trattamento aferetico che deve essere iniziato il prima possibile e comunque non oltre le 24–36 ore dopo la diagnosi, quando la vita del paziente è in pericolo e non esistono valide alternative terapeutiche. Oggi le apparecchiature per il trattamento extracorporeo dell'insufficienza renale acuta sono utilizzabili anche per eseguire trattamenti di plasma exchange classici. La grande dimestichezza tecnologica e la preparazione culturale di medici nefrologi e infermieri assicurano che i trattamenti aferetici siano eseguiti con grande competenza. Oggi, inoltre, il progresso tecnologico ha portato alla disponibilità di strumentazioni complesse che consen-tono di non sostituire più il plasma del paziente, bensì di trattarlo con apposite resine: tali modalità sono oggi applicate soprattutto nel campo della sepsi e dell'insufficienza epatica e dovrebbero, pertanto, essere nel ba-gaglio formativo del personale nefrologico di supporto all'area critica.
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Gelardi, M., L. Iannuzzi, M. De Giosa, S. Taliente, N. De Candia, N. Quaranta, E. De Corso, V. Seccia et G. Ciprandi. « Non-surgical management of chronic rhinosinusitis with nasal polyps based on clinical-cytological grading : a precision medicine-based approach ». Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no 1 (février 2017) : 38–45. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1417.

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Résumé :
La rinosinusite cronica con polipi nasali (CRSwNP) è una malattia cronica nasosinusale, a eziologia infiammatoria, con significativo impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti. La CRSwNP rappresenta ancora oggi una sfida terapeutica per lo specialista ORL, sia per la comprensione della sua eziopatogenesi, sia per il suo controllo clinico ed è questo è testimoniato dalla alta incidenza di recidiva dopo trattamento. Abbiamo voluto verificare l’ipotesi che un approccio terapeutico nuovo, standardizzato, e individualizzato sul grading clinico-citologico (clinical-cytological grading – CCG) consentisse un miglior controllo dei sintomi della malattia, e di ridurre la necessità di ricorrere alla chirurgia. Abbiamo pertanto reclutato 204 pazienti affetti da CRSwNP, di cui 145 hanno regolarmente assunto la terapia rispettando il protocollo proposto, e 59 pazienti, invece, che non hanno assunto la terapia in modo sistematico e sono stati quindi inclusi come controlli. Dopo 5 anni di trattamento standardizzato, abbiamo notato che 15 pazienti su 145 (10,3%) del gruppo con terapia standardizzata avevano avuto un miglioramento dello staging endoscopico, 61 su 145 (42%) si erano mantenuti costanti, mentre 69/145 (47,5%) erano andati incontro a un peggioramento. Nel gruppo di controllo, invece, i pazienti peggiorati erano ben 49 su 59 (83%), con un peggioramento significativo in termini di grading endoscopico di almeno due classi (p < 0,05). I pazienti e i controlli sono stati successivamente stratificati sulla base del CCG in 3 sottogruppi: pazienti con CCG lieve, moderata e grave. Dopo tale suddivisione in classi, è stato possibile evidenziare che nel gruppo con CCG lieve (n = 27), il 92% dei pazienti manteneva negli anni un trend costante, in assenza di peggioramenti e senza necessità di ricorrere alla chirurgia nei 5 anni di osservazione, mentre nel gruppo di controllo, 1 paziente su 59 (1,6%; p = <0,05) ricorreva a chirurgia. Nel gruppo con CCG moderato (n = 83), invece, il 44% dei pazienti “standardizzati” non aveva avuto un peggioramento di grading endoscopico, con un 3,6% di pazienti che aveva avuto necessità di ricorrere alla chirurgia, contro il 13,6% del gruppo controllo (p < 0,05). Nel gruppo dei pazienti con CCG grave (n = 35), anche se nessun paziente riusciva a ottenere un miglioramento del grading endoscopico, il 40% dei pazienti veniva comunque giudicato “controllato” da un punto di vista clinico. Nel gruppo dei pazienti con CCG grave, ben il 5,7% dei pazienti necessitava di trattamento chirurgico, ma anche in questo caso, la percentuale dei pazienti operati era significativamente maggiore (p = 0,0000) nel gruppo di controllo (49%). Infine, l’analisi statistica effettuata ha dimostrato chiaramente che, da un punto di vista obiettivo, le dimensioni dei polipi nasali tendevano ad aumentare a una velocità maggiore nel gruppo controllo che nel gruppo “standardizzato”, con incrementi proporzionali nelle tre classi di CCG (lieve, moderato e grave). Lo studio attuale fornisce le basi per lo sviluppo e l’adozione di un nuovo approccio per la gestione della CRSwNP sulla base di uno score clinico e citologico (CCG) che permetta di stimare con accuratezza la gravità della CRSwNP e di adattarne il trattamento. Tale approccio limita l’uso degli steroidi sistemici alle sole classi CCG di entità moderata-grave con dosi di steroidi inferiori rispetto a quanto precedentemente suggerito in letteratura. Il nostro protocollo può migliorare pertanto l’aderenza terapeutica dei pazienti, il tasso di controllo della malattia e può ridurre il ricorso alla chirurgia nel corso degli anni.
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Campana, Andrea. « Fisiopatologia del blocco atrio-ventricolare di I grado molto marcato : quando può essere ragionevole l’impianto di pacemaker ? » Cardiologia Ambulatoriale, no 1 (30 janvier 2020) : 71–80. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-1-6.

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Résumé :
Un intervallo P-R di 200 ms sull’elettrocardiogramma è indicato come limite superiore della norma, ma la definizione di BAV di I° grado varia da > 200 a ≥ 220 ms. La prevalenza di un intervallo P-R >200 ms è dell’1-2% nella popolazione generale ed aumenta con l’età. Il significato clinico di un intervallo P-R superiore a 200 ms è considerato generalmente benigno, ma alcuni studi suggeriscono l’opposto e cioè che il BAV di I° grado possa essere associato con un aumentato rischio di fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, impianto di pacemaker e mortalità totale. Le cause conosciute di BAV di I° grado sono numerose ed includono cardiopatie congenite, malattie degenerative del sistema di conduzione, cardiomiopatie, connettiviti, malattie infiammatorie ed uso di farmaci. Nella pratica clinica, il BAV di I° grado marcato (P-R > 300 ms) non è comune e la sua prevalenza è < 1/10000. Pur trattandosi di un reperto piuttosto raro, un intervallo P-R > 300 ms può causare sintomi la cui risoluzione potrebbe richiedere l’impianto di un pacemaker definitivo; i sintomi sono legati ad una sensibile alterazione temporale delle componenti del riempimento ventricolare, configurandosi un quadro emodinamico che viene definito come “pacemaker-like-syndrome”. Il BAV di I° grado costituisce l’1.6% delle indicazioni ad impianto di pacemaker in Italia, ma è verosimile che l’associazione con altri disturbi della eccito-conduzione possa, nella maggior parte dei casi, contribuire a rafforzare l’indicazione, essendo veramente poco frequente l’impianto di un pacemaker nel BAV di I° grado esclusivamente per motivazioni di tipo emodinamico.
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Carella, A., C. F. Andreula, M. Camicia, E. A. Alloro et L. Garofalo. « La Risonanza Magnetica nella patologia non tumorale del rachide ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 1_suppl (avril 1988) : 47–57. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s106.

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Résumé :
Nello studio della patologia non tumorale del rachide la Risonanza Magnetica svolge un ruolo fondamentale non solo nel rilievo diagnostico ma anche nel seguire la sequenza dei normali processi d'invecchiamento della colonna vertebrale. Nelle malformazioni la R.M. restituirà la visione unitaria di sistema multicompartimentale alle strutture ossee e nervose, svincolandolo da uno studio singolo di struttura con successivo meccanismo di integrazione artificiale. Nei traumi permetterà il rilievo non solo della patologia in atto, ma anche di una ipotesi in prospettiva delle chances di recupero. Nelle malattie flogistiche e infiammatorie la R.M. permetterà uno studio accurato dell'estensione del processo e della progressione con coinvolgimento delle strutture vicine. Nei processi degenerativi infine la R.M. permetterà di ipotizzare il limite tra i normali processi di invecchiamento e la patologia e seguirà le situazioni potenzialmente patogene nel loro aggravamento nella loro fase di suscettibilità chirurgica. Per tutti questi obiettivi l'utilizzo di impianti affidabili, di studio dei tempi di rilassamento dei tessuti in prospettiva di opportune sequenze di impulsi, di applicazioni di tecniche di fast scanning, importanti non solo per il risparmio di tempo ma anche per la capacità diagnostica tutta in costruzione, sono e saranno campi di ricerca. Inoltre l'introduzione dei mezzi di contrasto paramagnetici in RM ha ulteriormente amplificato la sfida nelle ricerche.
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Frank, Ellen, et Danielle Novick. « Progress in the psychotherapy of mood disorders : studies from the Western Psychiatric Institute and Clinic ». Epidemiology and Psychiatric Sciences 10, no 4 (décembre 2001) : 245–52. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005418.

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Résumé :
RIASSUNTO— Durante gli ultimi tre decenni abbiamo assistito a significativi miglioramenti sia nei trattamenti psicosociali, sia in quelli farmacologici dei disturbi affettivi.Insieme ai progressi che i nuovi trattamenti farmacologici hanno prodotto, il trattamento psicosociale per la cura specifica del singolo disturbo ha ulteriormente migliorato la prognosi ed il decorso del disturbo bipolare e unipolare. Metodi — Rassegna delle nostre ricerche sul disturbo unipolare e bipolare e sul loro trattamento, in particolare la psicoterapia interpersonale (IPT) e le sue modificazioni. Risultati — Si fornisce la dimostrazione empirica che l'IPT à un trattamento per i disturbi affettivi efficace per la fase acuta e per il mantenimento. La nostra ricerca cumulativa e l'esperienza clinica suggeriscono che le relazioni interpersonali ed i ritmi circadiani e sociali influenzano i disturbi affettivi e che la psicoterapia pud aiutare a normalizzare i problemi in questi settori per i pazienti con disturbi affettivi. Conclusioni — Nonostante l'entusiasmo generato dai recenti progressi nella ricerca sui disturbi mentali e sul loro trattamento, dobbiamo ancora soddisfare l'impegno che l'enorme sviluppo delle conoscenze sulle farmacoterapie mirate e sulle psicoterapie sembrerebbero offrire. Per fare ulteriori progressi, dobbiamo continuare ad applicare rigore scientifico e riflessione per capire l'adattabilita delle attuali nomenclature, l'impatto delle malattie psichiche e mediche in comorbidità sulla manifestazione e sul trattamento dei disturbi affettivi e la praticabilita di un'ampia utilizzazione dei nuovi trattamenti.
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Bertocchi, Sabrina, Francesca Emiliani, Silvia Potě et Laura Palareti. « Diversi regimi terapeutici nel trattamento di bambini affetti da malattia emorragica congenita : processi di scelta e ricadute sul benessere psicosociale del paziente e della sua famiglia ». PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 3 (février 2011) : 65–90. http://dx.doi.org/10.3280/pds2010-003005.

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Résumé :
Un tratto caratteristico delle malattie emorragiche congenite (di cui la piů diffusa č l'emofilia) č l'imprevedibilitŕ dell'evento emorragico, della sua durata e della sua severitŕ, da cui consegue una condizione di continua incertezza sulle modalitŕ e la tempestivitŕ necessarie per l'intervento. Il superamento di questa condizione č oggi possibile attraverso l'infusione del fattore di coagulazione mancante. Quest'ultima puň essere attuata tramite due modalitŕ: profilassi e terapia al bisogno. Questo studio ha come obiettivo la comprensione approfondita delle condizioni che favoriscono o che invece ostacolano l'adesione a forme diverse di trattamento terapeutico, in particolare profilassi e terapia al bisogno, in famiglie con bambini affetti da emofilia. Sono stati intervistati congiuntamente i genitori di 11 famiglie con figli emofilici in etŕ evolutiva, residenti a Bologna e provincia che aderivano a trattamenti differenziati (profilassi o terapia al bisogno). I risultati mostrano come le due diverse forme di terapia siano collegate a differenti rappresentazioni della malattia e a diverse modalitŕ di funzionamento familiare. La profilassi si conferma la terapia che maggiormente si accompagna ad uno stile di vita normalizzato sia per il bambino che per l'intera famiglia.
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Scavuzzo, A., A. Granata, A. Saita et F. Fiorini. « Complicanze della nefrolitotrissia percutanea ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no 2 (24 janvier 2018) : 38–43. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1436.

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Résumé :
L'obiettivo di questo studio è descrivere “step-by-step” la nefrolitotrissia percutanea e le sue complicanze. A tale proposito sono stati valutati i casi di calcolosi renale da noi trattati con nefrolitotrissia percutanea (PCNL) dal 2001 al 2010 ed è stata al contempo rivista la letteratura circa l'incidenza e il management delle complicanze legate a tale procedura. La percentuale globale di complicanze registrate durante e dopo le PCNL possono raggiungere anche l'83% dei casi e comprendono ematomi (7,2%), trasfusioni (11,2%-17,5%) e febbre (21,0%-32,0%). Molte di queste complicazioni, se riconosciute precocemente, possono essere gestite con trattamenti conservativi o mininvasivi. Le complicanze maggiori sono rare (setticemia (0,3–0,4%), lesioni intestinali (0,2–0,8%), lesioni pleuriche (0,0–3,1%)). Le co-morbilità (insufficienza renale, diabete mellito, obesità severa, malattie polmonari) sembrano incrementare il rischio di complicanze. Nella nostra casistica la percentuale complessiva di complicanze è stata pari al 26%, molte delle quali si sono risolte senza sequele. In conclusione, la PCNL rappresenta una metodica sicura e con basso rischio di complicanze specifiche specie se a seguito di un'accurata selezione e preparazione dei pazienti, tecnica appropriata e attento follow-up nel post-operatorio al fine di assicurare tempestivo intervento se/quando necessario.
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Di Lullo, L., F. Floccari, R. Rivera, A. Bellasi, E. Ferramosca, A. De Pascalis, M. Timio, M. Malaguti et A. Santoboni. « La patologia del pericardio e la malattia renale cronica ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no 2 (26 janvier 2018) : 62–70. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1141.

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Résumé :
I pazienti affetti da malattia renale cronica possono andare incontro a tutta una serie di patologie che colpiscono il pericardio ma, sicuramente, alcune entità nosologiche sono più frequenti di altre. Gli ultimi decenni hanno assistito, per fortuna nostra e dei nostri pazienti, a un netto miglioramento per quanto concerne i protocolli terapeutici per i pazienti nefropatici e le forme tipiche di pericardite uremica, così frequenti negli anni passati, sono ormai uno sbiadito ricordo. È tuttora frequente osservare pazienti con versamento pericardico (idiopatico, ovvero secondario a malattie sistemiche), soprattutto per quanto concerne i pazienti sottoposti a trattamenti depurativi extracorporei ed i pazienti che iniziano il trattamento dialitico in condizioni di emergenza/urgenza (ad esempio, pazienti affetti da scompenso cardiaco congestizio); il versamento pericardico viene schematicamente classificato in lieve, moderato e severo in base all'interessamento più o meno globale del pericardio. Meno frequenti sono gli episodi di pericardite acuta (anch'essa idiopatica o secondaria), spesso su base virale, neoplasticae/o immunologica (vedi pazienti trapiantati in terapia immunosoppressiva). Le forme di pericardite costrittiva sono più rare a documentarsi in corso di malattia renale cronica e, in genere, rappresentano lo stadio finale di diverse patologie sistemiche: l'esito finale è, in genere, la fibrosi pericardica. (Cardionephrology)
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Mancini, Elena, et Roberta Martina Zagarella. « Dare voce ai pazienti nella ricerca sulle malattie rare e sui famaci orfani / Giving patients a voice in the rare diseases and orphan drugs research ». Medicina e Morale 67, no 1 (23 mars 2018) : 25–40. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.526.

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Résumé :
L’articolo ha l’obiettivo di mettere in luce potenzialità e criticità dell’inclusione della prospettiva dei pazienti nella ricerca sulle malattie rare e sui farmaci orfani. A tal fine, nella prima parte, si propone un’analisi epistemologica dell’utilizzo dei racconti dell’esperienza individuale della malattia nella ricerca scientifica e nei trial clinici, facendo emergere, anche attraverso gli strumenti della medicina narrativa, le sfide teoriche e operative poste dall’inclusione della soggettività del paziente e del vissuto di malattia nonché l’importanza della valorizzazione della prospettiva del paziente, sia in generale sia nella ricerca sulle malattie rare e sui farmaci orfani. Nella seconda parte, il testo analizza in particolare il ruolo degli esiti riportati dai pazienti o Patient Reported Outcomes (PROs), misure per la valutazione complessiva della salute basate sulla prospettiva dei pazienti stessi, incentrandosi sulla sperimentazione clinica nel campo delle malattie rare. In questo contesto, infatti, i racconti di malattia, raccolti e valorizzati da fonti istituzionali e associazioni di pazienti, hanno contribuito a far emergere importanti questioni critiche e difficoltà nell’impiego di outcome centrati sul paziente nello sviluppo di nuovi farmaci e trattamenti, generando una serie di documenti e raccomandazioni relative al loro utilizzo per il benessere della comunità dei malati rari. ---------- This paper aims to highlight the potentiality and criticality of including patients’ perspective in rare diseases and orphan drugs research. In the first part, we propose an epistemological analysis of individual narrations of disease experience as they are used in scientific research and clinical trials. With the help of narrative medicine approach, this analysis points out theoretical and operational challenges of a perspective that includes patient’s subjectivity and illness experience. Furthermore, it reveals the significance of patients’ standpoints in general and in rare diseases as well as in the orphan drugs research. The second part of our article focuses on the role of the Patient reported Outcomes (PROs) – which are measures for the health’s overall assessment based on patient’s perspective – by investigating the impact on clinical trials for rare diseases. In this context, illness stories, which are collected and promoted by institutional sources and patients’ associations, contribute to underline important critical issues at stake in the employment of patient-centered outcomes both in new drugs and in the treatments development. Moreover, these stories are crucial to elaborate documents and recommendations concerning the use of PROs for the rare patients’ community welfare.
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Koch, M., et H. Iro. « Salivary duct stenosis : diagnosis and treatment ». Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no 2 (avril 2017) : 132–41. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1603.

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Résumé :
La gestione delle stenosi delle ghiandole salivari maggiori ha subito un cambiamento significativo nel corso degli ultimi 15-20 anni. L’elemento fondamentale che sta alla base di una scelta terapeutica minimamente invasiva è rappresentato da un’accurata diagnosi. La scialografia convenzionale e la scialo-RM possono essere utili strumenti per la diagnosi delle stenosi salivare, senza dimenticare il ruolo basilare e centrale dell’ecografia qualora si sospetti che un processo stenotico a carico dei dotti salivari sia la causa dell’ostruzione. Tuttavia, ad oggi, la scialoendoscopia rappresenta la scelta diagnostica migliore, permettendo una corretta pianificazione terapeutica attraverso una quanto più precisa caratterizzazione della stenosi. Sia a livello sottomandibolare che parotideo è possibile distinguere le stenosi infiammatorie da quelle secondarie a processi fibrotici e, inoltre, a carico dei dotti salivari parotidei è stata descritta una stenosi associata a varie anomalie del sistema duttale. Nella maggior parte dei casi la sola terapia conservativa non è sufficiente per la risoluzione della sintomatologia ostruttiva, tuttavia lo sviluppo di trattamenti minimamente invasivi, prima fra tutte la scialoendoscopia, ha permesso di ottenere un tasso di conservazione della funzione ghiandolare di oltre il 90% dei casi. Se a livello sottomandibolare la principale misura terapeutica nella gestione delle stenosi del dotto ghiandolare rimane l’incisione duttale (eccezion fatta per il crescente ruolo della scialoendoscopia nelle stenosi centrali), viceversa a livello del dotto parotideo la stenosi viene preminentemente gestita mediante la scialoendoscopia. Va comunque sottolineato che nel 10-15% dei casi il successo terapeutico viene ottenuto attraverso un trattamento di tipo combinato. La seguente review si propone di fornire una panoramica circa l’epidemiologia, la diagnostica e l’attuale stato dell’arte del trattamento delle stenosi salivari.
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Andreula, C. F. « Patologia della sostanza bianca ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 1_suppl (avril 1992) : 33–38. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s106.

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Résumé :
I reperti neuropatologici delle lesioni infiammatorie e infettive della sostanza bianca sono la distruzione della guaina mielinica con risparmio dei cilindrassi, il coinvolgimento eventuale degli oligodendrociti e la presenza di infiltrati perivascolari. L'indagine neuroradiologica avrà nella RM l'esame di prima scelta e tenderà a svelare la presenza di aree di sofferenza mielinica come lesioni dotate di alta densità protonica e lungo T2. Tali zone possono presentare lungo T1 dovuto ad edema concomitante o a grave distruzione mielinica. Indispensabile risulta il completamento dell'esame con la somministrazione di mezzo di contrasto per valutare lo stato della barriera ematoencefalica. In neuropediatria il rapporto di incidenza tra malattie infettive e sclerosi multipla si inverte a favore delle prime. L'eziopatogenesi infettiva determina la comparsa di lesioni encefalitiche a quasi esclusivo interessamento della sostanza bianca e a distribuzione non esclusiva. Tra le leucoencefaliti le più frequenti sono le forme immunomediate, ad aumento subacuto, la panenecefalite sclerosante subacuta, ad andamento cronico da virus morbilloso e le più rare forme di papova virus. Le forme immunomediate svelano frequentemente in anamnesi una banale malattia virale e per moventi patogenetici complessi determinano una leucoencefalite multifocale monofasica, con alterazione di barriera ematoencefalica transitoria e legata all'evento morboso. La forma cronica da morbillivus (PESS) per un difetto cronico della cellula ospite provoca una incompleta azione antigenica con persistenza nel tempo dell'infiammazione a predilezione per la sostanza bianca. Nella leucoencefalite multifocale progressiva da papova le aree di demielinizzazione sono diffuse, di varia dimensione e raramente con alterazione della barriera, per la localizzazione preferenziale del virus a carico degli oligodendrociti. La sclerosi multipla, di rara incidenza nell'infanzia (1%), non ha importanti variazioni rispetto al quadro dell'adulto. Scopo dell'indagine neuroradiologica è di rivelare l'eventuale presenza di placce attive, spia della multifasicità della malattia mediante studio col mezzo di contrasto paramagnetico.
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Mancini, Elena, et Roberta Martina Zagarella. « Il concetto di “diagnosi fuzzy” : una applicazione alla malattia di Anderson-Fabry* / The concept of “fuzzy diagnosis” : an application to the Anderson-Fabry disease ». Medicina e Morale 67, no 5 (11 décembre 2018) : 507–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.554.

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Résumé :
Per garantire un’elevata affidabilità diagnostica, la classificazione tradizionale delle malattie si basa su due criteri fondamentali: la presenza di caratteristiche peculiari che identificano una malattia distinguendola dalle altre e l’individuazione delle cause o della correlazione multifattoriale. Questa concezione si basa su regole che rimandano ai principi della logica classica, la quale, tuttavia, non può considerarsi uno strumento adeguato in medicina. Essa potrebbe rivelarsi uno strumento utile di fronte a quelle manifestazioni della malattia “prototipiche”, ma non per molte patologie che si presentano come fenomeni complessi e incoerenti, ovvero caratterizzati, sul piano eziologico, da un insieme interrelato di possibili cause e fattori scatenanti e, sul piano clinico, da una elevata variabilità individuale. La diagnosi di tali malattie richiede una logica tramite la quale sia possibile categorizzare il mondo degli oggetti reali. L’articolo prende in esame la logica fuzzy come strumento per il ragionamento diagnostico, e in particolar modo i concetti di “fuzzy set” e “diagnosi fuzzy”, anche al fine di verificarne il possibile impiego nella diagnosi di una patologia rara ad eziologia complessa: la malattia di Anderson-Fabry. L’analisi svolta porta a soffermarsi sulla finalità pratica (e non conoscitiva) della diagnosi, che le conferisce una valenza etica. Muovendo da questa prospettiva, l’articolo propone, nell’ultima parte, alcuni criteri etici di orientamento nel complesso bilanciamento che il clinico effettua tra il rischio inerente alla formulazione di una ipotesi diagnostica di “tipo fuzzy” e i benefici per il paziente di una diagnosi precoce, soprattutto in considerazione della disponibilità di trattamenti farmacologici innovativi. ---------- To ensure high diagnostic reliability, the traditional classification of the diseases is based on two fundamental criteria: the presence of peculiar characteristics that identify a disease distinguishing it from the others; and the detection of causes or multifactorial correlation. This idea is based on rules that refer to the principles of classical logic, which however cannot be considered an appropriate tool in medicine. It may prove to be a useful tool in case of “prototypical” manifestations of a disease, but not for a lot of pathologies that appear as complex and inconsistent cases, or characterized (on the etiological plane) by an interrelation between possible causes and trigger factors, and (on the clinical plane) by an high individual variability. The diagnosis of such diseases requires a logic through which it is possible to categorize the world of real objects. The article examines the fuzzy logic as a tool for the diagnostic reasoning, and particularly the “fuzzy set” and “fuzzy diagnosis” concepts, in order to verify its possible use in the diagnosis of a rare disease with complex etiology: the Anderson-Fabry disease. Our analysis underlines the practical (and not theoretical) purpose of the diagnosis, which gives it an ethical value. From this point of view, the article suggests, in the last part, some ethical criteria in the balance carried out by the clinician between the risk concerning the formulation of a “fuzzy” diagnostic hypothesis and the advantages of an early diagnosis for the patients, especially considering the availability of innovative pharmacological treatments.
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Gainotti, Sabina, et Antonio G. Spagnolo. « Test genetici : a che punto siamo in Europa ? A margine del Rapporto e delle Raccomandazioni della Commissione Europea sugli aspetti etici, giuridici e sociali dei test genetici ». Medicina e Morale 53, no 4 (31 août 2004) : 737–66. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.631.

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Résumé :
Il 6 e 7 maggio 2004 a Bruxelles ha avuto luogo un congresso organizzato dalla Commissione Europea per stimolare la riflessione sulle implicazioni etiche, sociali e giuridiche legate allo sviluppo e all’utilizzo dei test genetici. Gli Autori riferiscono sulle conclusioni di quelle due giornate, dedicate alla lettura ed alla discussione di 25 raccomandazioni proposte da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da politici, accademici, rappresentanti dell’industria e di organizzazioni volontarie di pazienti di vari paesi dell’Unione. La qualità dei test genetici disponibili, l’accuratezza dei loro risultati, le condizioni di accesso ai test e ai trattamenti (soprattutto per le persone con malattie rare), l’utilizzo appropriato dei campioni e dei dati, il consenso informato ed il rispetto della privacy, il counselling genetico pre e post test, il rischio di discriminazioni sulla base del genere e dell’etnia: questi sono solo alcuni dei problemi emersi in sede congressuale. Le 25 raccomandazioni della Commissione Europea si differenziano per certi versi da altri documenti e dichiarazioni internazionali, soprattutto per quanto riguarda lo “statuto” assegnato ai dati genetici (“eccezionalità” genetica); secondo il Gruppo di lavoro che ha scritto le raccomandazioni l’informazione genetica non è diversa dagli altri dati medici, e dunque dovrebbe essere trattata allo stesso modo. È pur vero però, che i test genetici offrono nuove informazioni e conoscenze che potranno complicare non solo il rapporto tra medico e paziente, ma anche quello tra paziente e familiari. Con l’aumento dei test genetici ci sarà bisogno di riferimenti chiari ed accettabili per tutte le parti coinvolte: medici, pazienti e familiari avranno bisogno di riferimenti per risolvere problemi pratici, per conciliare i vari diritti dei pazienti (ad es. i diritti di sapere o di non sapere, di condividere le informazioni o meno), e doveri dei medici (dovere di mantenere il segreto professionale e proteggere la privacy, ma talvolta anche il dovere di avvertire). Il consenso informato dovrà aiutare le persone a comprendere in modo adeguato tutte le implicazioni di un test, dalle sue possibili conseguenze a livello familiare e sociale, alla classificazione e all’uso dei suoi dati clinici e genetici per le ricerche future. Quando poi l’ “oggetto” di studio non è più il singolo individuo, ma gruppi ristretti di persone (ad es., negli screening genetici), sarà necessario un “consenso di gruppo”, mentre gli studi sulle popolazioni riguarderanno le società in senso lato. Infine rimane un interrogativo importante: tutti questi cambiamenti aumenteranno il livello di costo della sanità? Molti sono gli scenari e gli sviluppi possibili, ma questi non dipendono solo dai progressi della scienza. Per far si che i benefici di queste innovazioni superino i rischi corsi dagli individui e dalla società, sarà importante creare un quadro normativo responsabile, che sappia accompagnare e misurare le varie attività di implementazione dei test genetici, sia a livello dei singoli Stati, sia a livello dell’Unione Europea.
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Fabbri, Guest Editors : L. M., et C. Nozzoli. « Malattie croniche da ricercare attivamente e mettere in trattamento nel paziente anziano multimorbido al momento della dimissione da un reparto di Medicina Interna a seguito di un ricovero per insufficienza respiratoria acuta attribuita a riacutizzazione di BPCO ». Italian Journal of Medicine, 21 décembre 2018, 1–97. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2018.7.

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IntroduzioneP. Gnerre, L.M. Fabbri, C. Nozzoli Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento dello scompenso cardiacoP. Gnerre BPCO e cardiopatia ischemicaG. Vescovo Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento della fibrillazione atrialeD. Panuccio Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento dell’ipertensione arteriosaM. D’Avino, G. Caruso Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento di malattie croniche respiratorie concomitantiC. Nozzoli, L.M. Fabbri Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento delle dislipidemieG. Imperiale Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento del diabeteF. Costanzo, L. Magnani Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento del rischio tromboembolicoF. Dentali BPCO e arteriopatiaE. Maduli, E. Zoppis Criteri minimi per la diagnosi della vasculopatia cerebrale e delle malattie neurologiche degenerative nel paziente con BPCOI. Cova, S. Pomati, L. Pantoni Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento delle tireopatieM. Grandi, C. Sacchetti, S. Pederzoli Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento dell’osteoporosiP. Leandri, A. Cenni, S. Fiorino, G. Belmonte, R. Nardi Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento di eventuali malattie croniche renaliD. Manfellotto Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento di eventuali epatopatie cronicheL. Fontanella Criteri minimi per la diagnosi, valutazione di gravità e trattamento di eventuali malattie infiammatorie croniche dell’intestinoA. Lonardo, S. Lugari Criteri minimi per la diagnosi di fragilità, disabilità e multimorbilità ed interventi generali per tutti i pazienti anziani multimorbidi (vaccinazioni, attività fisica/intellettiva, dieta, ecc.)R. Antonelli Incalzi, C. Pedone La politerapia del paziente anziano con comorbilità: problematiche in causaF. Tangianu, R. Nardi, G. Pinna, A. Sacchetta, M. Campanini Esami di laboratorio essenziali per l’inquadramento del paziente anziano multimorbidoM. Pelloso, F. Tosato, M. Plebani Schemi riassuntivi
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Bellia, Loredana, Roberta Ruggiero, Gennaro Falivene, Mauro Cataldi et Michele Nicolò. « Valutazione dell’efficacia terapeutica dell’aggiunta della terapia fotodinamica al trattamento parodontale non chirurgico ». Journal of Advanced Health Care, 23 août 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1908-011.

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Il trattamento meccanico delle superfici e la rimozione del biofilm sopra e sottogengivale (Ablazione del tartaro; SRP) sono considerati gli strumenti più idonei per il trattamento di malattie infiammatorie parodontali, con l’obiettivo di distruggere il bioflim batterico, ridurre i batteri, e rallentare la ricolonizzazione da parte dei microrganismi patogeni. Spesso, però, il solo S&RP non è sufficiente, in quanto ci sono pazienti che vanno incontro a recidive. Recentemente, la terapia Fotodinamica è stata suggerita come un potenziale strumento per migliorare l'esito del trattamento non chirurgico parodontale. L’obiettivo del seguente studio è stato quello di valutare la guarigione clinica di tasche parodontali trattate con terapia meccanica, scaling e root planing, e terapia Fotodinamica, rispetto a quella ottenuta con la sola terapia meccanica non chirurgica. Lo studio è stato disegnato come clinico controllato randomizzato. I pazienti del gruppo controllo (13 pazienti) sono stati sottoposti alla sola terapia non chirurgica convenzionale, mentre ai pazienti del gruppo test (13 pazienti) è stata associata al trattamento non chirurgico convenzionale, una seduta di terapia fotodinamica. Al baseline e dopo 1 e 3 mesi sono stati valutati i parametri di profondità sondaggio (PD), di sanguinamento al sondaggio (BOP), e la percentuale di sanguinamento (FMBS) La principale variabile di questo studio è stato il PD (profondità di sondaggio) La PDT è stata efficace rispetto alla terapia S&RP. Solo allo scadere del primo mese i parametri parodontali nel gruppo test hanno evidenziato maggiore riduzione rispetto al gruppo controllo. La PDT al primo mese, rispetto la terapia S&RP, ha evidenziato un miglioramento dei parametri parodontali, probabilmente perché promuove la riparazione tissutale permettendo un’attivazione più marcata della risposta riparativa. Da questo si deduce e si consiglia che la terapia Fotodinamica si dovrà effettuare nuovamente allo scadere del 3 mese dalla fase iniziale del trattamento parodontale non chirurgico.
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D’Ambrosio, Cristiana. « Immunoterapia ed eventi avversi cardiaci : come riconoscerli e gestirli ». Cardiologia Ambulatoriale, 30 novembre 2020, 198–208. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-11.

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Résumé :
Gli inibitori del checkpoint immunitario (ICIs) sono una nuova opzione di trattamento per la terapia del cancro, che aiutano a dirigere il sistema immunitario a riconoscere e colpire le cellule tumorali. Gli ICIs hanno mostrato importanti benefici negli studi di fase 3 e diversi agenti sono stati approvati per tumori maligni specifici, ma sono anche as-sociati a tossicità immunomediata. A differenza della maggior parte degli eventi avversi immunocorrelati (irAE), che sono un evento comune, reversibile e che possono essere trattati in modo efficace con la terapia con glucocorticoidi, le cardiotossicità associate a ICI sono rare, con gravi complicazioni e una mortalità relativamente elevata anche se trattata con glucocorticoidi. La cardiotossicità associata a ICIs può manifestarsi in vari modi, compreso miocardite, aritmie e malattie della conduzione, malattie pericardiche, infarto del miocardio, disfunzione cardiomiocitica non infiammatoria e persino cardiomiopatia simile a Takotsubo. La maggior parte degli effetti cardiotossici sembrano essere di natura infiammatoria. La presente recensione riassume l'attuale comprensione delle cardiotossicità associate all'ICI, esaminando l'epidemiologia e i tempi di insorgenza, nonché la loro presentazione clinica, le modalità diagnostiche, la gestione clinica e i risultati. Sebbene la letteratura della cardiotossicità associata all’ICI rimanga limitata ai casi clinici, alla serie di casi e ai primi studi clinici, sono state proposte strategie per la sorveglianza, la diagnosi e la gestione di questa complicanza cardiovascolare potenzialmente fatale della terapia del cancro.
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Costa, C., M. Bergallo, A. Lavagna, M. Daperno, F. Sidoti, A. Pera et R. Cavallo. « PREVALENZA DI INFEZIONE DA CMV, EBV E HHV8 NELLE MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI ». Microbiologia Medica 21, no 3 (30 septembre 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2006.3276.

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L, Taramasso, et et al. « Fattori associati con il ricovero ospedaliero per COVID-19 in 80 pazienti HIV-positivi italiani. » JHA - Journal of HIV and Ageing, no 4 (avril 2021). http://dx.doi.org/10.19198/jha31506.

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Résumé :
Questo studio analizza i ricoveri ospedalieri e l’outcome di 80 pazienti HIV-positivi, con diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 effettuata tra febbraio e settembre 2020, in una rete di centri di Malattie Infettive italiani. <br />Sesso, etnia e durata dell’infezione da HIV e dei trattamenti antiretrovirali (ART) erano simili nei soggetti ricoverati e non, mentre i 45 pazienti ricoverati erano più vecchi, avevano valori più bassi sia per quanto riguarda il nadir dei CD4 che la conta dei linfociti al momento della diagnosi. <br />Questi due valori erano anche correlati ad un esito peggiore della COVID-19. <br />Durante il periodo di osservazione, 10 (12.3%) pazienti sono morti. La terapia ART non sembrava associata con la severità della malattia da SARS-CoV-2.
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Pérez Requejo, José Luis, et Justo Aznar Lucea. « Turismo de células madre ». Medicina e Morale 61, no 1 (28 février 2012). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.145.

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Résumé :
Mai prima d’ora i pazienti gravemente malati o con malattie incurabili o croniche, sono stati così esposti a organizzazioni mediche senza scrupoli, che approfittando del loro logico disagio e della loro preoccupazione promettono cure miracolose e trattamenti, facendo pagare enormi somme di denaro per procedure senza alcuna garanzia, alcun reale beneficio e, peggio ancora, con gravi rischi per la salute. Questo articolo discute alcuni casi di pazienti che hanno pagato con la loro salute, spesso irrimediabilmente, o in maniera catastrofica, gli effetti di terapie teoricamente avanzate con cellule staminali di alcuni centri. Ci si è riferiti a diversi paesi che, in tempi anche non remoti, offrono e praticano qualcuno di questi trattamenti, il più delle volte attraverso strategie di marketing dirette e aggressive per i pazienti o le loro famiglie, mostrando reale o fittizi rapporti relativi ad altri pazienti, ma senza previ studi scientifici che avvalorino i risultati dei presunti benefici. In questo articolo, discutiamo alcuni utili suggerimenti e linee guida internazionali per riconoscerli ed evitarli. Inoltre, abbiamo discusso in dettaglio le ragioni specifiche per cui la maggior parte dei medici e clinici sollevino dei dubbi sulla competenza e le ragioni etiche di questi centri e scoraggino i viaggi di questo “turismo medico”. È sempre consigliabile chiedere il consiglio del medico di famiglia o specialista, prima della decisione dei pazienti di ricevere trattamenti dubbi, con la certezza che il paziente avrà sempre la sua comprensione e il supporto emotivo e medico. ---------- Never before seriously ill patients with chronic or incurable diseases have been so exposed to unscrupulous medical organizations that, taking advantage of their logical distress and worry, promise miracle cures and treatments and charge them huge amounts of money for procedures with no guarantee, no real benefits and, even worse, with serious risks to their health. This paper discusses some cases of patients who paid with their health, often irreparably, or catastrophically, the effects of supposedly advanced therapy centers with stem cells. Several countries are mentioned, not always as remote, which offer and practice any of these treatments, most often by direct and aggressive marketing to patients or their families, showing real or fictional accounts of other patients, but without the previous studies and scientific papers that endorse their supposed beneficial results. In this article we discuss some useful hints and international guidelines to recognize and avoid them. Also, we discussed in detail the specific reasons why most doctors and clinics doubt about the competence and ethical reasons of these centers and discourage those “medical tourism” trips. It is always advisable to seek the advice of the family doctor or specialist in charge, before the patients decision to receive dubious treatments, with the assurance that, decide what the patient decide, they will have always his understanding and his emotional and medical support.
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Moreira, Danilo José Silva, Juliana Brito da Fonseca, Karoline Rossi, Suzana dos Santos Vasconcelos, Vinicius Faustino Lima de Oliveira, Claudio Alberto Gellis de Mattos Dias, Euzébio de Oliveira et al. « Aspetti generali dello xeroderma pigmentoso : una revisione ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 30 décembre 2020, 114–26. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/generali-dello-xeroderma.

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Résumé :
Xeroderma Pigmentoso (XP) è una malattia genetica rara, recessiva e autosomica che colpisce anche sia i sessi che tutte le etnie, essendo strettamente associata alle comunità con un alto tasso di consanguineità. Lo scopo di questa revisione era quello di dettagliare le principali vie di riparazione del DNA di XP, i diversi difetti funzionali che si traducono nello sviluppo degli 8 tipi di XP, le caratteristiche principali del quadro clinico di un paziente con XP, le principali comorbilità associate a XP e i trattamenti disponibili o che sono ancora in studi per individui affetti da XP. La ricerca bibliografica è stata condotta nelle banche dati: Redalyc, Institutional Repository dell’Università Federale di Juiz de Fora, Scielo, Biblioteca Digitale Brasiliana di Tesi e Tesi, Science Research.com, Lilacs e Pub Med, utilizzando parole chiave o le loro associazioni: Xeroderma – Xeroderma Pigmentoso. XP è una malattia genetica che non ha cura; l’individuo con XP ha una pelle fotosensibile e, se esposto alle radiazioni UV, può sviluppare diverse complicazioni dermatologiche; le manifestazioni di XP sono direttamente collegate al difetto genetico; NER è senza dubbio la via principale di riparazione del DNA quando si tratta di XP; in XP-V il by-pass del nastro con la lesione del DNA non è fatto dalla polimerasi pol eta ma da un’altra polimerasi della famiglia Y; difetti nelle vie di riparazione del DNA possono causare non solo XP, ma anche altre malattie; e il trattamento per XP è palliativo. Consiste nell’uso di specifici protettori UV, farmaci, enzimi di riparazione e vettori adenovirali, nonché criochirurgia, terapia fotodinamica (PDT), rimozione chirurgica di tumori e follow-up psicologico.
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