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Littérature scientifique sur le sujet « The trasmission gap »
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Articles de revues sur le sujet "The trasmission gap"
Abdulla-Al-Galib, Mir, K. M. A. Salam, Mohammad A. Awal et Kazi Abu Sayeed. « Efficiency Improvement of Three-Junction Photovoltaic Cell Based on Gallium-Phosphide-Oxide, Indium-Gallium-Arsenide and Indium-Gallium-Antimonide ». Advanced Materials Research 463-464 (février 2012) : 850–54. http://dx.doi.org/10.4028/www.scientific.net/amr.463-464.850.
Texte intégralFan, Rongtuan. « TEM studies of fine low dimensional modulated fringes (FLDMF) in GaAs/Ga1-xAlx As multilayer heterojunction structure grown by MBE ». Proceedings, annual meeting, Electron Microscopy Society of America 48, no 4 (août 1990) : 676–77. http://dx.doi.org/10.1017/s0424820100176514.
Texte intégralThèses sur le sujet "The trasmission gap"
DE, PALO FRANCESCA. « The trasmission gap : quali influenze familiari e contestuali nel passaggio tra rappresentazioni dell'adulto e comportamenti di attaccamento del bambino ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/10288.
Texte intégralMela, Giulio. « Assessing the Economic, Environmental and Social Sustainability of Biofuel Policies ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3425833.
Texte intégralDi biocarburanti si iniziò a parlare circa 40 anni fa, in concomitanza con la crisi petrolifera determinata dall’embargo da parte dei paesi OPEC. Il conseguente forte aumento del prezzo del petrolio stimolò infatti la ricerca nel campo delle forme di energia alternative. La produzione di biocarburanti è tuttavia decollata solo di recente, grazie all’azione combinata di molteplici fattori: elevate quotazioni del petrolio, necessità di contenere le emissioni di gas serra e la riduzione delle scorte di combustibili fossili; tutte cose che hanno indotto molti paesi a mettere a punto programmi volti allo sviluppo del settore dei biocarburanti. All’inizio degli anni 2000 i biocarburanti venivano considerati la soluzione ideale per risolvere i problemi dell’approvvigionamento energetico, della stabilità economica (stabilizzazione dei prezzi dell’energia, sviluppo rurale, creazione di posti di lavoro, aumento della domanda di materie prime agricole) e della protezione dell’ambiente (utilizzazione più efficiente dei rifiuti e riduzione delle emissioni di gas serra). Un impulso decisivo allo sviluppo delle politiche fu dato dalla stipula del Protocollo di Kyoto nel quale i paesi firmatari si impegnavano a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 5% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2012. Al momento attuale i biocarburanti vengono in larga parte prodotti a partire da materie prime agricole, quindi le ripercussioni della loro produzione sul settore agricolo possono essere rilevanti. In tale àmbito appare chiara la forte responsabilità, in termini di effetti sui mercati agricoli mondiali, che hanno i paesi che più di tutti hanno sovvenzionato il settore: Stati Uniti, Brasile e Unione Europea. Tali paesi, tramite le loro politiche, hanno creato un nuovo mercato di sbocco per molte materie prime agricole, senza capire a fondo, a priori, le conseguenze di tale azione. Le principali motivazioni addotte dai decisori politici per giustificare le sovvenzioni al settore dei biocarburanti furono la necessità di ottemperare ai dettami del Protocollo di Kyoto, aumentare l’indipendenza energetica, creare nuovi posti di lavoro, migliorare il reddito degli agricoltori e stabilizzare i prezzi dell’energia. L’espansione del settore dei biofuel è avvenuta non solamente in maniera quantomeno controversa, senza coordinazione a livello internazionale, ma anche in un momento storico molto delicato. Gli ultimi venti anni sono stati infatti caratterizzati da un grande aumento della domanda mondiale di cibo, soprattutto a causa della forte crescita economica dei cosiddetti paesi emergenti: Cina, India, Brasile e paesi del Sud-Est asiatico. Il forte aumento della domanda si scontra contro un’offerta di materie prime agricole giocoforza rigida nel breve termine, cosa che genera forti aumenti di prezzo e della volatilità delle quotazioni (soprattutto a causa del forte ridimensionamento delle scorte). Negli ultimi anni gran parte dell’entusiasmo iniziale nei confronti dei biocarburanti è andato scemando. Per prima cosa l’espansione del settore dei combustibili “verdi” ha aumentato la domanda per molte materie prime agricole che, in un contesto contraddistinto da un forte aumento della domanda mondiale, ha generato un sensibile aumento dei prezzi alimentari, con ripercussioni particolarmente negative per le fasce più povere della popolazione, soprattutto nei paesi meno sviluppati. Anche l’effettiva efficacia dei biocarburanti nel ridurre le emissioni di gas serra è stata fortemente messa in dubbio. Le metodologie utilizzare per il conteggio delle emissioni non sono sempre accurate o di facile attuazione. L’intensivizzazione dei processi agricoli e i cambiamenti d’uso dei suoli, entrambi conseguenza dell’aumento della produzione agricola, sono due fattori che molto probabilmente hanno causato un aumento delle emissioni di gas serra invece che una diminuzione. Inoltre, le politiche a favore del settore delle energie rinnovabili sono state progettate e messe in pratica in maniera spesso unilaterale da parte dei vari paesi, senza quella coordinazione a livello internazionale che sarebbe stata essenziale a evitare le conseguenze negative sui mercati agricoli e sull’ambiente. La mia ricerca di dottorato analizza tutti gli aspetti del settore dei biocarburanti a livello mondiale con particolare attenzione a quelli della sostenibilità: economica, ambientale e sociale. La ricerca inizia con una descrizione delle varie tipologie di biocarburanti attualmente prodotti a livello mondiale e prosegue con una rassegna delle politiche a favore dei biocarburanti nei principali paesi. In séguito vengono analizzate le produzioni, i prezzi e il commercio internazionale di biocarburanti e delle materie prime dalle quali sono ottenuti. I principali paesi produttori di biocarburanti sono gli Stati Uniti, il Brasile e l’Unione Europea. Nei primi due viene prodotto principalmente etanolo (a partire dal mais negli Stati Uniti e dalla canna da zucchero in Brasile), mentre nell’Unione Europea è il biodiesel il biocarburante di riferimento (prodotto a partire da oli vegetali). Nel 2011, il 51,8% della produzione brasiliana di canna da zucchero e il 42,2% di quella statunitense di mais sono state usate per produrre etanolo. Le superfici necessarie, nei due paesi, per la coltivazione della materia prima per la produzione del biocarburante sono state pari a 4,2 e 15,5 milioni di ettari, che rappresentano l’1,5 e il 16% della superficie agricola totale dei due paesi. Nel 2021, ceteris paribus, la produzione di etanolo assorbirà circa il 61% della produzione brasiliana di canna da zucchero e il 57% di quella statunitense di mais. Sempre nel 2021, in Brasile, le superfici necessarie per coltivare canna da zucchero destinata la settore dell’etanolo raggiungeranno gli 8 milioni di ettari, pari a tutta l’area attualmente coltivata a canna da zucchero nel paese sudamericano. Negli Stati Uniti le superfici necessarie a coltivare il granturco per la produzione di etanolo cresceranno fino a sfiorare i 20 milioni di ettari, un’estensione pari al 53% dell’area attualmente investita a mais e al 20% della superficie agricola totale del 2011. Da questi dati è possibile osservare la forte differenza, in termini di impatto sulle produzioni agricole, tra la produzione di etanolo brasiliana (imperniata sulla canna da zucchero) e quella statunitense (basata sul mais). La produzione brasiliana e statunitense di etanolo, nel 2011, è stata rispettivamente di 22,9 e 52,8 milioni di metri cubi, implicando una “resa” in etanolo di 5,5 e 3,4 metri cubi a ettaro. Ciò significa che la produzione di etanolo a partire dalla canna da zucchero è più efficiente in termini di superfici necessarie alla coltivazione della materia prima. Tenendo in considerazione anche il biodiesel, in rapida espansione in entrambi i paesi (dove viene ottenuto a partire dall’olio di soia), l’incidenza percentuale delle superfici utilizzate per coltivare la materia prima per la produzione di biocarburanti (etanolo e biodiesel) cresce fino a raggiungere il 3% del totale della superficie agricola in Brasile e il 18,4% negli Stati Uniti. Tali percentuali sono destinate a raggiungere il 6,3 e il 23% entro il 2021. Nel 2011 l’Unione Europea ha impiegato 5,4 milioni di tonnellate di olio di colza (prodotto all’interno dell’Unione) e almeno 3,9 milioni di olio di palma (importato da Indonesia e Malesia) per produrre biodiesel. Le superfice necessaria, all’interno dell’UE, per la coltivazione della colza usata nel settore dei biocarburanti è stata di 5,2 milioni di ettari nel 2011, mentre quella impiegata per la produzione di olio di palma nei paesi terzi di almeno 1,3 milioni di ettari. Sempre nel 2011, il 5,2% della superficie agricola totale dell’Unione è stato utilizzato per la coltivazione di colza da destinare alla produzione di biocarburanti. Assumendo che la percentuale di olio di colza impiegata nel settore alimentare nell’Unione Europea rimarrà la stessa anche negli anni a venire, è possibile prevedere che, nel 2021, l’UE avrà bisogno di 6,6 milioni di tonnellate di olio di colza e di almeno 10 milioni di tonnellate di olio di palma (importato da paesi terzi) per raggiungere i suoi obiettivi di consumo in materia di biodiesel. Ciò implica che almeno 3,4 milioni di ettari di terreni, presumibilmente in Indonesia e Malesia, saranno necessari per produrre tutto l’olio di palma di cui il settore del biodiesel comunitario avrà bisogno. Il fulcro di questa tesi è l’analisi della sostenibilità della produzione di biocarburanti e le sue conseguenze sulla produzione di materie prime agricole. La sostenibilità dei biocarburanti viene esaminata attraverso una revisione della letteratura esistente sull’argomento, con particolare enfasi sugli effetti della forte espansione del settore dei carburanti “verdi” sull’ambiente, sulle emissioni di gas serra, i cambiamenti d’uso del suolo, la disponibilità idrica e le implicazioni per i paesi in via di sviluppo. In termini di sostenibilità, uno degli aspetti più importanti riguarda gli effetti del forte aumento della produzione di biofuel sulla produzione e sui prezzi delle materie prime agricole. Questa tesi, nella sua parte empirica, utilizza tecniche econometriche per misurare il livello di integrazione tra i mercati energetici e quelli agricoli nei principali paesi produttori. Viene inoltre anche stimata l’elasticità di trasmissione dei prezzi tra il mercato mondiale e quello comunitario nel caso delle principali materie prime agricole, prima e dopo l’ultima riforma della Politica agricola comune (Riforma Fischler). Negli Stati Uniti e in Brasile i prezzi agricoli e quelli dell’energia (petrolio ed etanolo) condividono il medesimo trend di lungo periodo, con l’influenza del prezzo del petrolio che è andata crescendo negli ultimi anni. Ciò implica che i decisori politici dovranno, in futuro, prestare grande attenzione agli effetti che le politiche energetiche hanno sui mercati agricoli e viceversa. In Europa non è stato possibile dimostrare la presenza di una relazione diretta tra prezzi agricoli e prezzo del petrolio, tuttavia è possibile affermare che i mercati agricoli europei subiscano le conseguenze delle politiche a favore dei biocarburanti di altri paesi, in particolare degli Stati Uniti, in maniera indiretta, cioè tramite l’effetto di tali politiche sui prezzi internazionali. Ciò che merge da questo lavoro è che i biocarburanti, nella situazione economica, politica e demografica attuale, sono, per molti aspetti, non sostenibili. Gli effetti collaterali della produzione di biofuel sono numerosi e spesso difficili da quantificare. Le soluzioni proposte dalla letteratura sono spesso utopiche o, seppur corrette dal punto di vista teorico, molto difficili da applicare. L’espansione del settore dei biocarburanti sta avendo effetti negativi sulla produzione e sui prezzi delle materie prime agricole, sulla biodiversità e sul benessere sociale, sia all’interno dei principali paesi produttori che all’esterno di essi. Il “peccato originale” è stato la mancanza di coordinazione iniziale tra le varie politiche, progettate e messe in pratica in maniera unilaterale dai vari paesi; una cosa alla quale, oggi, è molto difficile porre rimedio. I governi dovrebbero, come è stato recentemente raccomandato dalle Nazioni Unite, considerare la possibilità di modificare in maniera sostanziale i propri programmi di sviluppo del settore dei biocarburanti a causa soprattutto delle pesanti conseguenze che hanno sulla sicurezza alimentare nei paesi a basso reddito. Per questa ragione l’utilizzo dei biocarburanti come misura volta a stimolare lo sviluppo nei paesi poveri dovrebbe essere evitata. È altamente improbabile che i poveri nelle zone rurali traggano alcun beneficio dallo sviluppo del settore dei biocarburanti nei loro paesi poiché gran parte della terra è posseduta da grandi compagnie multinazionali o, in alcuni casi, da paesi terzi (land grabbing). Lo sviluppo del settore dei biocarburanti nei paesi in via di sviluppo contribuirebbe, dall’interno, a mantenere elevati i prezzi dei generi alimentari anche dove finora tale effetto, a causa del basso livello di trasmissione dei prezzi agricoli mondiali, è stato marginale. L’aumento dell’inflazione alimentare causato dalla produzione di biocarburanti avrebbe effetti negativi sia sui poveri delle aree urbane che sue quelli delle aree rurali poiché in molti casi i piccoli coltivatori, nei paesi in via di sviluppo, sono compratori netti di generi alimentari. Molti studi, anche da parte di organizzazioni governative internazionali, mettono in risalto il fatto che la produzione di biocarburanti possa diventare sostenibile solo attraverso lo sviluppo delle cosiddette tecnologie di seconda o terza generazione (cioè quelle che permettono l’uso di materia prima non-food per la produzione di biocarburanti) e l’uso di terreni degradati e marginali per la coltivazione delle materie prime. Tuttavia, tutto ciò è di difficile realizzazione. Attualmente i biocarburanti di seconda o terza generazione sono ancora in fase di sviluppo e la loro produzione non crescerà in maniera sostanziale se non tramite forti investimenti da parte dei vari governi e, in determinate circostanze, di investitori privati. Va ricordato che non sono i governi quelli che decidono se la coltivazione di materia prima per la produzione di biocarburanti in aree degradate o marginali sia economicamente conveniente: sono infatti i coltivatori quelli che prendono le decisioni ed essi non lo faranno se non vi troveranno alcun beneficio economico. L’attuale livello, molto elevato, dei prezzi agricoli pone seri dubbi sul fatto che i coltivatori siano disposti a passare dalla produzione di materie prime food a quelle non-food in assenza di forti incentivi pubblici in tal senso. Tuttavia, un aumento del livello di supporto all’agricoltura, anche solo nel caso delle colture energetiche, difficilmente avverrà nel breve termine, a causa soprattutto della crisi economica, che ha ristretto i budget di spesa di molti paesi, e le pressioni, in sede WTO, per una riduzione del livello di protezione dei mercati. Nel caso in cui si decida di mantenere gli aiuti di stato al settore dei biocarburanti, sarà necessario progettare e sviluppare nuove politiche, questa volta a livello sovranazionale, cosa che implicherebbe un elevato livello di coordinazione e di flessibilità tra i vari paesi, oltre che difficile da raggiungere nel breve o medio termine. Un caso emblematico, in tal senso, è rappresentato dalle metodologie di conteggio delle emissioni di gas serra che sono attualmente basate sull’analisi del ciclo di vita e che sono molto spesso incomplete (limitate, ad esempio, a determinati paesi o regioni) o ancora non in grado di considerare il ruolo di tutti i fattori (es. cambiamenti indiretti d’uso del suolo). La ricerca, negli anni a venire, dovrà focalizzarsi su due argomenti principali. Da una parte, le tecniche di produzione dei biocarburanti di seconda e terza generazione dovranno essere raffinate, rese economicamente convenienti e sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale. Possibilmente ciò dovrà avvenire di pari passo con la progressiva riduzione del livello di supporto ai biocarburanti di prima generazione. Dall’altra parte, sarà necessario definire meglio le metodologie di quantificazione dell’impatto dei biocarburanti in termini ambientali, economici e sociali, in modo da determinare con certezza la loro sostenibilità e da consentire lo sviluppo di politiche più appropriate. In particolare, la messa a punto di metodologie affidabili per la valutazione dell’impatto dei vari biocarburanti è molto importante poiché, in futuro, le sovvenzioni potrebbero essere calcolate in maniera tale da premiare la produzione di quei biocarburanti in grado di fornire esternalità positive per l’ambiente e il benessere sociale.
Actes de conférences sur le sujet "The trasmission gap"
Salieri, P., G. Giusfredi, S. Cecchi et F. T. Arecchi. « Intrinsic Oscillations and Multistability in the Trasmission of a Na Vapor filled Fabry-Perot in absence of a Buffer Gas. » Dans Instabilities and Dynamics of Lasers and Nonlinear Optical Systems. Washington, D.C. : Optica Publishing Group, 1985. http://dx.doi.org/10.1364/idlnos.1985.wa4.
Texte intégral