Littérature scientifique sur le sujet « Teoria dell'esperienza »

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Articles de revues sur le sujet "Teoria dell'esperienza"

1

Fedeli, Monica. « Il valore dell'esperienza nelle pratiche formative ». QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no 97 (juin 2012) : 95–108. http://dx.doi.org/10.3280/qua2012-097007.

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Résumé :
Il contribuito ripercorre alcune tappe dello sviluppo dell'apprendimento esperienziale, offrendo prima una riflessione sui diversi concetti di apprendimento e di esperienza e poi alcune interpretazioni teoriche in merito provenienti dal panorama Europeo e da quello americano dove l'autrice ha sviluppato da alcuni anni relazioni e collaborazioni. In altri termini si sottolinea il fatto che l'esperienza non vive isolata, ma ha bisogno di ancoraggi che ricerca e ritrova nel patrimonio esperienziale di ogni persona e di ogni organizzazione. A questo proposito si rilevano alcuni tratti dell'apprendimento esperienziale sviluppati da alcuni studiosi americani, ed in particolare la teorie di David Kolb che negli ultimi anni ha offerto al mondo scientifico una sistematizzazione della teoria esperienziale e una ulteriore attualizzazione. Nell'ultima parte si propone il caso della Provincia di Terni ed in particolare del Centro di Formazione della Provincia in cui tanta formazione viene proposta ed organizzata nei laboratori e in situazione reale. Č proprio in questi ambienti che diventa necessario leggere i processi di apprendimento sviluppando consapevolezza e competenze attraverso l'esperienza. I formatori e gli educatori dovrebbero perciň dedicarsi a generare e costruire nuove ed efficaci contesti di apprendimento per i giovani.
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2

Civitarese, Giuseppe. « La sublimazione reinventata ». PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, no 2 (novembre 2022) : 21–43. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002002.

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Résumé :
La teoria della sublimazione riassume la teoria freudiana dell'arte. Benché sia così intuitiva da essere passata nella cultura popolare, è sempre stata ritenuta una teoria lacunosa. In questo articolo, l'ipotesi di lavoro dell'autore è che sia possibile "reinventarla" a partire dalla teoria estetica del sublime. Difatti sublimazione e sublime esprimono entrambe l'idea di un'ascesa del soggetto verso le vette più alte dell'umanità. Entrambe sono teorie dell'elevazione spirituale e di conquista "morale" dell'uomo, ed entrambe tentano di spiegare il mistero dell'esperienza estetica. Quel che l'estetica del sublime ci aiuta a vedere in maniera più chiara e distinta è che si tratta di un processo intrinsecamente intersoggettivo. In gioco nella crescita psichica è sempre la tessitura di nuovi legami, che però siano anche legami affettivi. Dal confronto tra le due teorie possono scaturire intuizioni suggestive sulla costituzione sociale ed estetica (cioè basata sulle sensazioni corporee) del soggetto alla nascita: al punto di partenza del processo di soggettivazione, e poi in seguito per tutta la vita (non si smette mai di "nascere"). Così reinterpretato, il concetto di sublimazione, una metafora che Freud prende in prestito dalla chimica, dove designa il passaggio di una sostanza dallo stato solido allo stato aeriforme, indica a meraviglia il processo di ascesa dal caos all'ordine, dal concreto al simbolico, dal corpo allo spirito. La sublimazione-come-riconciliazione con l'altro, che si svolge simultaneamente sul piano del pensiero verbale e dell'intenzionalità corporea, può fungere allora da modello dell'azione terapeutica.
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3

Spagnuolo Lobb, Margherita, Daniel N. Stern, Pietro A. Cavaleri et Antonio Sichera. « Key-moments in psicoterapia : confronto tra le prospettive gestaltica e intersoggettiva ». QUADERNI DI GESTALT, no 2 (mars 2010) : 11–29. http://dx.doi.org/10.3280/gest2009-002002.

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Résumé :
Partendo dal presupposto che le teorie sono come giochi, con cui č possibile stare nella realtŕ, il dialogo tra gli autori mette in evidenza le convergenze e le divergenze tra l'approccio della psicoterapia della Gestalt e l'approccio intersoggettivo del Professor Stern. In particolare, il concetto di confine di contatto č affiancato al concetto di presente; l'obiettivo della psicoterapia č conteso tra rendere dicibile l'indicibile e il riportare alla spontaneitŕ; il fluire dell'esperienza percettiva č visto come autoregolantesi ma anche come soggetto alla complessitŕ e al caos. Il legame tra teoria ed esperienza terapeutica, l'unitŕ di consapevolezza e i momenti decisivi della psicoterapia sono tutti argomenti che si intrecciano in questa tavola rotonda, sullo sfondo delle riflessioni e delle ricerche piů ricche dei nostri tempi, che vanno dalle neuroscienze alla filosofia, all'infant research.
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4

Marin, Francesca. « Il corpo nella storia di attaccamento. Commento al caso di Maria in un'ottica di terapia sensomotoria ». PSICOBIETTIVO, no 1 (mars 2021) : 105–10. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-001011.

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Résumé :
Attraverso il commento del caso di Maria, si vuole offrire un diverso punto di vista per poter intervenire clinicamente, secondo i principi teorici della moderna teoria dell'attaccamento e le applicazioni della terapia sensomotoria. L'ipotesi che ci guida è che la depressione di Maria possa trovare fondamento nella relazione di attaccamento, che ha promosso una identità incarnata in schemi posturali ed emotivi disfunzionali ed ha negato l'espressione autentica della sua identità. Grazie alla terapia sensomotoria, il lavoro si incentra sul recupero di pattern somatici bloccati e sul tentativo di fornire una riparazione dell'esperienza di attaccamento mancante.
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5

Eagle, Morris N. « Verso una teoria psicoanalitica unificata : le basi di una Psicologia dell'Io ampliata e aggiornata ». PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no 2 (juin 2021) : 191–204. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-002001.

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Résumé :
Una Psicologia dell'Io revisionata e ampliata rappresenta la base più solida di una teoria unificata della mente e anche di una sua integrazione con i progressi delle altre discipline. Tra le aree in cui la Psicologia dell'Io richiede una revisione vi sono il riconoscimento del ruolo delle relazioni og-gettuali per lo sviluppo delle funzioni dell'Io, la relativa autonomia delle relazioni oggettuali dalle pulsioni, una adeguata spiegazione della comprensione interpersonale e una adeguata teoria degli affetti con un riconoscimento del loro ruolo motivazionale. Vengono anche discusse le implica-zioni di una Psicologia dell'Io revisionata e ampliata per la concezione della psicopatologia e del trattamento. Persino nella teoria freudiana il principale scopo della terapia espresso nel motto freudiano «dove c'era l'Es, deve subentrare l'Io» - Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni) (1932). Opere, 11, p. 190 - è tanto un arricchimento dell'"Io", cioè dell'esperienza soggettiva, quanto una acquisizione di insight e conoscenza di sé.
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6

Reichlin, Massimo. « L'eutanasia nella bioetica di impostazione utilitaristica. Analisi critica dei testi di J. Rachels e H. Kuhse. » Medicina e Morale 42, no 2 (30 avril 1993) : 331–61. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1068.

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Résumé :
Vengono analizzate le critiche portate da Rachels e Kuhse, autorevoli esponenti dell'utilitarismo anglosassone, alla teoria della sacralità della vita in relazione al problema dell'eutanasia. In entrambi questi autori si mostra in maniera evidente un fraintendimento radicale della natura dell'etica, fondamentalmente dovuto al carattere rigidamente consequenzialista del loro approccio. L'utilitarismo mostra di non essere attrezzato per il discernimento dei caratteri moralmente rilevanti nelle situazioni complesse proposte dalle fasi terminali della vita. L'autore mostra poi come i tradizionali principi del duplice effetto e della proporzionalità delle cure si prestino ad una più adeguata interpretazione dell'esperienza concreta dell'agire morale.
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7

Macaluso, Mercurio Albino. « L'uso della concentrazione nel lavoro sui sogni in psicoterapia della Gestalt ». QUADERNI DI GESTALT, no 1 (octobre 2011) : 35–44. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-001004.

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Résumé :
Secondo gli autori di Teoria e pratica della terapia della Gestalt, il sogno č un atto creativo del sé, in cui le situazioni incompiute che tendono alla chiusura si manifestano attraverso il linguaggio pre-verbale delle immagini. Il sogno costituisce una risorsa essenziale per la terapia, in quanto via d'accesso privilegiata alla comprensione delle modalitŕ di contatto della persona e strumento potente per favorire una migliore integrazione dell'esperienza. Oltre ai classici metodi elaborati da Frederick Perls e da Isadore From, vi č un'ulteriore modalitŕ gestaltica di lavoro sui sogni, basata sulla tecnica della concentrazione, che troviamo menzionata nei testi fondanti della psicoterapia della Gestalt. L'articolo propone una rivalutazione di tale modalitŕ, stranamente caduta nell'oblio.
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8

Gallese, Vittorio, et Margherita Spagnuolo Lobb. « Il now-for-next tra neuroscienze e psicoterapia della Gestalt ». QUADERNI DI GESTALT, no 2 (mai 2012) : 11–26. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-002002.

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Résumé :
L'articolo riporta la trascrizione di un dialogo incalzante e vivace tra gli autori sul recente libro di M. Spagnuolo Lobb, Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella societŕ post-moderna. Ne viene fuori un confronto tra le recenti scoperte compiute dalle Neuroscienze da una parte e i temi cardine della psicoterapia della Gestalt dall'altra. Gli autori si ritrovano su argomenti quali l'intenzionalitŕ condivisa e l'attitudine umana a riconoscerla nell'altro, la genesi e lo sviluppo dell'atteggiamento accudente, la relazione terapeutica come spazio co-costruito, la practognosia di Merleau-Ponty, il rapporto tra motilitŕ e psicopatologia, l'autoregolazione del contatto terapeutico e la teoria della Simulazione Incarnata, l'intreccio tra aspetti genetici e strutturali dell'esperienza, la perdita di senso che avviene nell'esordio psicotico, la prospettiva somato-evolutiva dello sviluppo, l'evidenza non verbale dello sviluppo del paziente, la possibilitŕ di condizionare positivamente il comportamento umano e l'importanza per gli scienziati di rimanere aperti alla libertŕ umana.
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9

Kernberg, Otto F. « Correlati neurobiologici della teoria delle relazioni oggettuali ». SETTING, no 44 (mars 2021) : 41–77. http://dx.doi.org/10.3280/set2020-044003.

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Résumé :
Quella che segue è una panoramica dell'attuale concettualizzazione neurobiologica dello sviluppo precoce, rilevante per le ipotesi della teoria psicoanalitica contemporanea delle relazioni oggettuali. Mi propongo di rivedere brevemente alcune aree fondamentali dell'indagine neurobiologica che, insieme, forniscono uno sfondo neurobiologico e una base per l'analisi dello sviluppo precoce delle relazioni oggettuali interiorizzate. Le aree pertinenti dello sviluppo neurobiologico includono: l'attivazione dei sistemi affettivi, la differenziazione sé/altri, lo sviluppo di una teoria della mente e dell'empatia, l'evoluzione della struttura del Sé e lo sviluppo dei processi di mentalizzazione. Parto da una breve panoramica del concetto psicoanalitico di organizzazione di personalità, che dovrebbe aiutarci a illustrare l'interazione tra disposizioni genetiche presunte e funzioni psicologiche correlate disponibili su base costituzionale, da un lato, e la presunta influenza delle relazioni oggettuali precoci sullo sviluppo della personalità, dall'altro. Le componenti di base dell'organizzazione di personalità comprendono: il temperamento, il carattere, l'identità, i sistemi valoriali e l'intelligenza (1). Il temperamento è determinato geneticamente, su base costituzionale, e consiste nella reattività dell'organismo agli stimoli ambientali in termini di risposte affettive, cognitive e comportamentali. Da un punto di vista psicoanalitico, gli affetti come sistemi motivazionali primari sollevano delle domande sul grado in cui le pulsioni siano costituite dall'integrazione dei corrispondenti affetti positivi ("libidici") o negativi ("aggressivi") e sul grado in cui gli affetti siano espressioni delle corrispondenti pulsioni sottostanti. In ogni caso, gli affetti danno il via alle interazioni Sé/altro e l'interiorizzazione di queste interazioni, sotto forma di memoria affettiva, determina i modelli comportamentali interiorizzati (secondo la terminologia dell'Attaccamento: IWMS) ovvero delle relazioni oggettuali interiorizzate (nei termini della teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali). Questi modelli o relazioni oggettuali interiorizzati gradualmente andranno a determinare dei pattern di comportamento abituale integrati di reazione, che costituiranno il carattere. L'organizzazione soggettiva dell'esperienza del Sé, in quanto parte delle relazioni oggettuali interiorizzate, si consolida gradualmente in un concetto integrato del Sé, con un'organizzazione in parallelo del concetto degli altri significativi; in altre parole, l'identità normale (4). L'identità normale rappresenta il correlato soggettivo del carattere, mentre il carattere riflette l'espressione comportamentale dell'identità, in quanto integra dinamicamente i pattern comportamentali. La progressiva interiorizzazione delle regole generali e non strumentali del comportamento sociale o del sistema dei valori etici (il "Super-Io", in termini psicoanalitici) costituisce un secondo livello di organizzazione di personalità, derivato dall'interiorizzazione delle relazioni oggettuali. Infine, il vero potenziale per l'inquadramento cognitivo delle esperienze affettive, e di tutte le esperienze percettive in generale, con il potenziale di astrazione dall'esperienza concreta delle regole generali e della comprensione della relazione tra se stessi e l'ambiente fisico e psicosociale costituisce l'intelligenza.Oggi è del tutto chiaro che i principali affetti primari emergono molto presto, e compaiono per la prima volta dopo poche settimane o mesi dalla nascita. Le strutture neurobiologiche e i sistemi dei neurotrasmittitori che determinano gli affetti esistono già al momento della nascita. Questi affetti primari comprendono: gioia, rabbia, sorpresa, paura, disgusto, tristezza (molto trascurato!), eccitamento sensuale delle superfici corporee, che costituisce la base della capacità di eccitazione sessuale
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10

Zito, Salvatore. « Psicoanalisi e servizi sociali : un metodo per prendersi cura ». RICERCA PSICOANALITICA, no 2 (août 2010) : 9–13. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2010-002002.

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Résumé :
Psicoanalisi e sociale non sono mondi separati. Sebbene gran parte della storia culturale del XX secolo li abbia declinati come appartenenti a specifiche sfere di pertinenza (l'intrapsichico e il privato l'una, l'interpersonale e il pubblico l'altro) č auspicabile che una visione meno segnata da tale dualismo possa ricomporne la frattura. Č evidente infatti, come le moderne teorie della complessitŕ ci mostrano, che esiste una interdipendenza profonda tra i vari livelli che compongono la nostra vita e che la persistenza di una dicotomia cosě marcata sia piů il frutto di una scissione che un dato di fatto. Come la riflessione psicoanalitica ci ha insegnato perň quando la scissione č troppo rigida ne risulta compromessa la nostra capacitŕ di padroneggiare e contenere la complessitŕ dell'esperienza stessa. Operare nella direzione di una ricomposizione in grado di restituire integritŕ alla nostra esistenza non č allora una mera operazione intellettuale. Al contrario essa acquista oggi il carattere dell'urgenza tanto piů quanto sembrano prevalere visioni del mondo profondamente segnate da chiusura e rifiuto dell'alteritŕ.
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Thèses sur le sujet "Teoria dell'esperienza"

1

SISTI, FEDERICA. « Per una epistemologia dell'esperienza educativa : teoria e pratica a confronto ». Doctoral thesis, Urbino, 2016. http://hdl.handle.net/11576/2631550.

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2

Rossi, Francesco <1994&gt. « Il suono inaudito Per un'epistemologia dell'esperienza musicale ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17344.

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Résumé :
Questo lavoro vuole ricostruire criticamente alcune analisi filosofiche dell’esperienza musicale, in relazione al problema della libertà pratica. Partendo da una definizione del linguaggio musicale e delle sue componenti essenziali (fisiche e teoriche), la ricostruzione storico-filosofica inizia dal confronto tra Ludwig Wittgenstein e Eduard Hanslick. Lo statuto linguistico della musica interseca aspetti culturali e politici relativi alla possibilità di una “terapia linguistica” che questo lavoro intende proporre e discutere. Gli esempi musicali sono tratti dalla tradizione musicale del ‘900 – Arnold Schönberg, Luigi Russolo, John Cage – e dall’improvvisazione, per delineare un’epistemologia critica dei saperi e delle tecniche della musica, in funzione di una nozione di paradigma e rottura di codice. Termini chiave della ricostruzione storico-filosofica diventano le nozioni di intenzionalità, espressione, regola, comunità. Questa indagine sull’esperienza musicale vuole riflettere su alcuni concetti musicali per cercare di chiarire una dimensione politica della musica che si confronta con l’eredità di Heidegger, Wittgenstein e Adorno: al centro di questo lavoro la possibilità di pensare criticamente l’identità individuale, società e cultura, che le pratiche musicali contribuiscono a definire ed estendere.
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3

MORTILLARO, MARCELLO. « Analisi componenziale dell'esperienza emotiva : studio delle componenti espressiva e fisiologica e implicazioni per l'affective computing ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/156.

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Résumé :
Nonostante una lunga tradizione di studi, le emozioni costituiscono ancora oggi un oggetto per molti aspetti poco definito. In particolare, pochi risultati confermati sono disponibili per l'espressione vocale delle emozioni e per i suoi aspetti fisiologici. Questa assenza di risultati può essere spiegata attraverso l'adozione della teoria processuale componenziale di Scherer. Secondo questo modello l'emozione sarebbe un processo che si sviluppa in e attraverso alcune componenti, tra cui quella espressiva e quella fisiologica. Pertanto una comprensione delle emozioni è possibile solo attraverso un approccio che sia multi-componenziale. Tre studi sono stati condotti. Il primo ha indagato l'espressione delle emozioni, identificando alcune delle previsioni del modello componenziale per la produzione vocale. Il secondo ha analizzato in termini di sistema nervoso autonomo gli aspetti fisiologici dell'esperienza emotiva, sostenendo la funzione di mobilitazione delle risorse della componente. Il terzo studio ha posto in relazione queste due componenti cercando di identificare alcuni aspetti del loro funzionamento integrato e interdipendente. Infine, è suggerita l'adozione di un modello processuale componenziale alla tematica del riconoscimento emotivo automatico, inerente al tema dell'affective computing.
Even if emotion has been studied for many years, it still remains quite unknown in some aspects. Among others, vocal expression and physiology of emotions produced very few widely accepted results. Such an outcome can be explained through the adoption of the component process model of emotion by Scherer. In his theory emotions are processes in which a number of different components are involved, among others expressive and physiological ones. As a consequence emotions can be explained only through a multi-component approach. Three studies are performed. The first investigated emotional expression, finding some correspondences with component predictive model for vocal expression. The second analyzed autonomic activity of emotions, sustaining its function of resources mobilization. The third combined the two components, finding some aspects of their integration and inter-dependency. Finally, concerning affective computing paradigm, a componential approach to emotion automatic recognition is suggested.
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4

MORTILLARO, MARCELLO. « Analisi componenziale dell'esperienza emotiva : studio delle componenti espressiva e fisiologica e implicazioni per l'affective computing ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/156.

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Résumé :
Nonostante una lunga tradizione di studi, le emozioni costituiscono ancora oggi un oggetto per molti aspetti poco definito. In particolare, pochi risultati confermati sono disponibili per l'espressione vocale delle emozioni e per i suoi aspetti fisiologici. Questa assenza di risultati può essere spiegata attraverso l'adozione della teoria processuale componenziale di Scherer. Secondo questo modello l'emozione sarebbe un processo che si sviluppa in e attraverso alcune componenti, tra cui quella espressiva e quella fisiologica. Pertanto una comprensione delle emozioni è possibile solo attraverso un approccio che sia multi-componenziale. Tre studi sono stati condotti. Il primo ha indagato l'espressione delle emozioni, identificando alcune delle previsioni del modello componenziale per la produzione vocale. Il secondo ha analizzato in termini di sistema nervoso autonomo gli aspetti fisiologici dell'esperienza emotiva, sostenendo la funzione di mobilitazione delle risorse della componente. Il terzo studio ha posto in relazione queste due componenti cercando di identificare alcuni aspetti del loro funzionamento integrato e interdipendente. Infine, è suggerita l'adozione di un modello processuale componenziale alla tematica del riconoscimento emotivo automatico, inerente al tema dell'affective computing.
Even if emotion has been studied for many years, it still remains quite unknown in some aspects. Among others, vocal expression and physiology of emotions produced very few widely accepted results. Such an outcome can be explained through the adoption of the component process model of emotion by Scherer. In his theory emotions are processes in which a number of different components are involved, among others expressive and physiological ones. As a consequence emotions can be explained only through a multi-component approach. Three studies are performed. The first investigated emotional expression, finding some correspondences with component predictive model for vocal expression. The second analyzed autonomic activity of emotions, sustaining its function of resources mobilization. The third combined the two components, finding some aspects of their integration and inter-dependency. Finally, concerning affective computing paradigm, a componential approach to emotion automatic recognition is suggested.
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5

MOLINARI, CARLA. « Architettura in sequenza. Progettare lo spazio dell'esperienza ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/915615.

Texte intégral
Résumé :
DESCRIZIONE DEL TEMA Questa ricerca è uno studio critico entro i confini individuati dal tema della disciplina compositiva dell’architettura. In particolare, si investigherà l’ambito relativo alla tematica progettuale dell’organizzazione, o distribuzione, di ambienti, valutata quale azione necessaria al progetto in cui si definisce la successione di spazi secondo uno schema di senso. L’organizzazione degli spazi è ambito della composizione in grado di significare l’architettura secondo la progettazione di un’esperienza. In questa ottica sarà analizzato e interpretato il concetto di sequenza quale sistema per progettare l’architettura secondo le regole dell’esperienza, metodo per disegnare lo spazio in relazione al tempo. La sequenza è un metodo compositivo. É uno strumento di organizzazione di una serie di elementi - di natura simile tra loro - secondo uno schema di senso, e risponde quindi a caratteristiche di creazione artistica così come a quelle di costruzione tecnica. La sequenza, in questo senso, è definita e riconosciuta prima di tutto quale strumento interdisciplinare, metodo teoretico di approccio alle infinite possibilità della composizione. La sequenza consente infatti di mantenere le singolarità dei nuclei posti in successione e di creare, proprio a partire dalle relazioni tra questi elementi, un insieme unitario e coerente. I principali riferimenti teorici e critici per lo sviluppo dell’idea di concepire la sequenza quale metodo compositivo sono stati Sergei M. Eisenstein e Bernard Tschumi. Di Eisenstein, in particolare, è stata considerata la tesi sottesa al processo metodologico del montage che, seppure con alcune caratteristiche differenze, offre un parallelo teorico molto efficace. Di Tschumi è invece stata valutata la proposta di categorie di sequenze, nello specifico la distinzione tra sequenza di spazi e sequenza programmatica ha fornito un primo strategico punto per argomentare la valenza di spazio e tempo in relazione alla sequenza. Con specifico riferimento all’ambito architettonico, la sequenza è quindi stata valutata come sistema organizzativo alternativo alle più rodate possibilità di distribuzione funzionale, o di composizione per forma, in grado di bilanciare i termini di spazio e tempo. Proprio a partire da questa potenzialità, si teorizza la sequenza quale strumento compositivo che consente la progettazione della complessità dell’esperienza in architettura. L’esperienza - che l’uomo vive tramite lo spazio costruito - è oggetto primo e fine ultimo dell’architettura. Il progetto è artificio che occupa - e modifica, e disegna - le dimensioni fisiche della realtà, e come tale è elemento vissuto ed esperito dall’uomo. La composizione architettonica dovrebbe essere concepita ed elaborata attraverso strumenti in grado di definire lo spazio in relazione al tempo, anche a partire da variabili dinamiche e soggettive, quali la percezione, il movimento, o - più in generale - l’esperienza. D’altronde è evidente la difficoltà insita nella progettazione di un’esperienza: indipendentemente dalle possibilità tecniche o specialistiche a nostra disposizione, disegnare lo spazio in relazione al tempo presuppone una serie di elaborazioni mentali implicitamente complesse. In questa ottica si vogliono evidenziare le possibilità della sequenza quale schema di senso che consente di valutare con la dovuta attenzione, ma anche con praticità operativa, le caratteristiche e qualità dell’esperienza, fino a divenire efficace metodo compositivo per descrivere lo spazio in relazione al tempo. Si valuta lo spazio quale ambito e oggetto fondamentale della progettazione architettonica. Inoltre, in accordo con Antonino Saggio, si definisce il tempo quale dimensione prima dello spazio. Il tempo è infatti l’unica dimensione in grado di descrivere e raccontare lo spazio. In questo senso la sequenza è strumento efficace per rappresentare, ma anche chiaramente per progettare, una composizione sequenziale di ambienti, secondo la successione di spazi nel tempo. Infine, si considera lo spazio - e conseguentemente il tempo - quale idea variabile e non assoluta, legata all’evolversi degli strumenti teorici, tecnici e operativi nelle varie epoche. Considerando quindi le variabili di tempo e spazio quali fondamentali per applicazione del metodo della sequenza, questo lavoro di tesi tenta di osservare l’evoluzione del metodo in relazione a diverse interpretazioni dello spazio e del tempo nel corso della storia. Tracciando una ideale linea teorica di riferimento si prende come punto di partenza il concetto di spazio formulato da Bruno Zevi, in particolare in Sapere vedere l’architettura. Saggio sull’interpretazione spaziale dell’architettura (1948), mentre il punto di arrivo è la formulazione di spazio ad opera di Antonino Saggio in Introduzione alla Rivoluzione Informatica (2007). Partendo dall’idea di spazio-tempo formulata all’inizio del secolo scorso si procede, tramite una serie di casi studio e riferimenti teorici, all’analisi di differenti approcci allo strumento della sequenza, fino a concludere con alcune riflessioni sulle nuove concezioni riferite allo spazio contemporaneo. Si sottolinea che la ricerca è stata svolta per buona parte presso il Dipartimento di Architettura e Progetto dell’Università Sapienza a Roma. Si sono svolti però anche dei periodi di ricerca all’estero, in particolare presso l’Istituto di Storia dell’Arte e dell’Architettura dell’Università di Zurigo, sotto la supervisione del Professor Martino Stierli, (Settembre/Dicembre 2014) e presso il Centre for Architecture and Visual Arts dell’Università di Liverpool, sotto la supervisione del Professor Marco Iuliano (Settembre 2015/Maggio 2016).
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Pavan, Michele. « L'esperienza come prassi istituente. Analitica dell'ordine, del segno, dell'essere ». Doctoral thesis, 2022. https://hdl.handle.net/11562/1077186.

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Résumé :
Con questa tesi si presentano i risultati di una ricerca attorno al concetto di istituzione. L’intento è stato quello di illuminare, a partire da esso, il concetto più generale di esperienza. Partendo dal presupposto che l’esperienza consiste in una dimensione tanto dinamica (atti) quanto sostantivale (cose), si è proposto di inquadrarne il senso in tre modalità̀ della prassi istituente: fare ordine, fare segno e far essere. Dall’inizio alla fine del presente lavoro si è cercato di mostrare che esperire equivale a istituire, e da qui che l’ordine, il segno e l’essere, in quanto effetti istituenti, accomunano differenti modalità̀ esperienziali (percezione, immaginazione, memoria, giudizio). Nel capitolo “fare ordine”, in particolare, si è condotta un’analisi del processo istituente a partire dalla prassi giuridica. L’intento è stato quello di rilevare nella dinamica dei procedimenti giuridici, che implicano tanto il ricorso a regole pregresse quanto nuovi momenti decisionali, una logica che starebbe alla base dell’esperienza intesa come processo di regolazione e messa in forma di situazioni nuove. L’analisi dei procedimenti ha richiesto un confronto con due prospettive fondamentali del pensiero giuridico: il decisionismo schmittiano e l’istituzionalismo di Santi Romano e Maurice Hauriou. Nel capitolo “fare segno” si sono poi esaminati, soprattutto in ambito semiotico e fenomenologico, quegli autori che hanno permesso di pensare il ruolo del soggetto in tale dinamica. Nell’opera che diede di fatto avvio alla futura fenomenologia, La psicologia dal punto di vista empirico di Franz Brentano, si ritrova la nozione di intenzionalità al suo stato germinale, non ancora del tutto disancorata dalle forme dell’esperienza soggettiva (è noto come in Husserl, invece, tale nozione descrivi unicamente il rapporto fra il soggetto e il significato, l’idealità o l’essenza delle forme a cui tende). Sotto questo aspetto è sembrato possibile ripensare il rapporto fra il soggetto e le forme empiriche con l’immagine dell’indicazione, e cioè come una situazione a cui è l’esperienza, nei vari modi che le competono (sensazione, immaginazione, memoria ecc.) a dare forma indicando, e in cui si dovrebbe immaginare – per riprendere un’idea di Peirce – «un dito indice puntato al posto del soggetto», il quale è così posto, volente o nolente, come colui per il quale una o più cose sono esperite/indicate. Nel capitolo “far essere”, infine, approfondendo l’ambito della mereologia e il fenomenismo di Ernst Mach, si è proposta una lettura in termini istituenti della dinamica su cui si fonda l’unione del molteplice, e cioè di intendere quest’ultima come formazione di nuclei persistenti che orientano la vita psichica nella costruzione finzionale e nella rappresentazione economica del mondo e dei corpi che lo abitano, siano essi viventi (Leib) o fisici (Körper).
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7

Caterina, Diotto. « Mythos, o del rapporto tra romanzo e verità. Per una teoria del romanzo tra Bachtin, Benjamin e Lukács ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11562/1052197.

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Résumé :
Lo studio prende avvio da una domanda: può il romanzo dire qualcosa di vero sull’esperienza umana? Il percorso sviluppato si divide in due parti. La prima parte si occupa di comprendere l’evoluzione storica ed estetica del romanzo fino al Novecento, per definirne i caratteri. Quindi è affrontata la questione del rapporto tra l’esperienza e la verità con la costruzione di una teoria della conoscenza che non separi soggetto-oggetto, io-mondo, interno-esterno, ma che si fondi sulla relazione dell’essere umano con la realtà che lo circonda. Questa teoria è modellata secondo una metafora astronomica: Saggittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea. Sono così sviluppate, anche attraverso il confronto con la tradizione della filosofia antica, due modalità di darsi della verità: Epistéme e Alètheia. La prima è la verità argomentativa, logica e stabile, della scienza. La seconda è la verità prima di ogni giudizio che funge da fondamento a ogni altra verità, ma che è allo stesso tempo sempre in divenire, mutevole e fondata sulle relazioni tra le cose. La forma estetica che più si avvicina al nucleo di verità dell’esperienza è la poesia, che accoglie la fluidificazione dei rapporti tra segno e significato. Il romanzo si attesta invece come demone intermedio, al pari dell’eros platonico, tra il linguaggio del logos e il sentire, attraverso il quale può tralucere l’Alètheia. Tre sono i caratteri del romanzo: la prosa, la fine e il Mythos da cui è generato. Il Mythos è l’intreccio relazionale tra essere umano e mondo, attraverso cui l’umano cerca di comprendere sé stesso e la realtà che lo circonda. Il Mythos ha la forma della narrazione e si cristallizza nel romanzo. Nella lettura di un romanzo si crea un incontro tra il Mythos cristallizzato dell’artista e quello della lettrice o del lettore, da cui può generarsi una trasformazione del modo di interpretare la realtà. È sulla trasformatività della parola romanzesca che sono coinvolte e criticate le riflessioni di Michail Bachtin. La seconda parte di questa trattazione è dedicata al confronto con due filosofi fra loro contemporanei che si posero la medesima domanda che ha aperto questa riflessione: Walter Benjamin e György Lukács. Le loro teorie sono analizzate attraverso la lente dei concetti sviluppati nella prima parte. Poiché Benjamin non scrisse mai, al contrario di Lukács, un’opera unica dedicata alla teoria del romanzo, è stato necessario ricostruire gli elementi di tale teoria percorrendo l’intero corpus dei suoi scritti. Attraverso tale ricostruzione è stato possibile mostrare che anche il filosofo berlinese fonda il proprio pensiero su un concetto relazionale di esperienza in armonia con il divenire del mondo e sul rifiuto dei dualismi. Per contro, l’analisi dei testi della giovinezza fino alla Teoria del romanzo di György Lukács mostra come il pensatore ungherese resti ancorato a quei dualismi, sviluppando una teoria dell’autentico idealistica, fissa e completamente slegata dal reale. Per questo nella sua teoria il romanzo non può rappresentare altro che un’artificiosa illusione, che inganna i lettori e le lettrici con una finta pretesa di totalità. È proprio grazie ai fondamenti relazionali e dinamici della propria concezione che Benjamin può, nel Narratore, rovesciare la teoria lukácsiana dall’interno, configurando il romanzo come la forma in grado di provocare un risveglio dalla fantasmagoria del moderno. Questo studio dimostra quindi che la costruzione di una teoria della conoscenza radicalmente relazionale, priva di scissioni idealistiche, e la teorizzazione di diverse forme di verità sono i fondamenti necessari allo sviluppo di una teoria del romanzo che voglia cogliere la reale portata e complessità del rapporto di questa forma estetica con la cultura, con la politica e con l’esperienza degli esseri umani nel mondo.
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MECENERO, MARIA CRISTINA. « Passaggi : maestre tra scuola e università.L’esperienza delle supervisore dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria : due studi di caso ». Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11562/343929.

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Résumé :
Passaggi: maestre tra scuola e università è il titolo del mio lavoro che vuole essere un contributo alla conoscenza e alla comprensione dell’esperienza delle maestre chiamate supervisore o tutor di tirocinio per il loro nuovo ruolo assunto nelle università italiane nella formazione delle future insegnanti dei primi gradi di scuola, da quando, nel 1998, è stato istituito il corso di laurea in Scienze della formazione primaria. Passaggi sono quelli che nella storia delle maestre italiane stanno avvenendo proprio grazie al fatto di essere coinvolte nella trasmissione/innovazione del sapere dell’esperienza, nella forma istituzionalizzata a livello universitario: custodi e artefici attive di una cultura della scuola da rimettere nello scambio e nel circuito del sapere. Ho svolto la ricerca avvalendomi di un metodo misto tra l’ermeneutico, basato sulla continua e dialogica interpretazione dei dati raccolti a partire dallo scambio con le partecipanti alla ricerca, e l’approccio etnografico: ho scelto quindi di utilizzare diverse tecniche di indagine (osservazione partecipante, shadowing, intervista, analisi documentale) e di comporre una serie di differenti materiali empirici (taccuini, registrazioni, fotografie, testi redatti dalle partecipanti, materiale documentario). Le domande guida all’attività di ricerca – che cosa sta succedendo qui? come funziona la pratica formativa osservata? - rappresentano il fuoco del mio lavoro e hanno riguardato le esperienze delle maestre supervisore presenti sia nelle aule universitarie sia nelle classi scolastiche. Esse si sono articolate a partire da una questione di fondo: se e attraverso quali modalità le maestre supervisore contribuiscono nella relazione con altri soggetti – le studentesse, le insegnanti accoglienti, le/i docenti universitari, le/i dirigenti ecc. – a modificare la cultura scolastica e la cultura della formazione universitaria. Il processo della ricerca si è articolato in due studi di caso; i contesti scelti sono sati quelli dei gruppi di supervisione dell’università di Urbino e di Bologna. Lo studio delle due realtà si è sviluppato con modalità differenti, rispecchianti le differenti disponibilità date dai soggetti a coinvolgersi nella ricerca. Ho inoltre condotto alcune interviste in profondità a supervisore e studentesse delle città di Milano, Bologna e Urbino, per avere accesso a storie individuali relative all’esperienza di supervisione sia dal punto di vista delle maestre che da quello delle tirocinanti. Relazionalità, essere gruppo, pratica della convivialità, esperienza e mediazione sono le cinque dimensioni che definiscono le modalità proprie dell’interazione tra maestre supervisore, studentesse, università e scuola nel contesto di Urbino. Esse si inscenano in una dinamica istituzionale complicata e determinano un agire formativo che in parte prende le distanze da meccanismi di potere e di divisione interna, in parte li conferma. A Bologna, il gruppo di supervisore patisce un disconoscimento del valore aggiunto introdotto in università con l’esperienza del tirocinio e, tra identità professionali sperimentate, negate, rappresentate non univocamente, mostra quanto la dimensione interistituzionale venutasi a creare non sia sottoposta a elaborazione e venga anzi ostacolata da schemi e logiche vecchie che non è semplice superare, né nella cultura universitaria né in quella scolastica. Le maestre che sono all’università e vivono in una zona di intersezione organizzativa introducono un nuovo orizzonte: potrebbe essere questa un’occasione per ripensare anche profondamente le pratiche formative prevalenti nell’università. La ricerca si riprometteva di cogliere e interpretare eventuali segni di cambiamento rispettivamente della cultura della scuola e della cultura dell’università e, in definitiva, di valutare la significatività del dispositivo messo in atto a seguito dell’istituzione del corso di laurea in Scienze della formazione primaria. Un interesse non secondario dello studio era di mettere a disposizione delle interessate e di un pubblico più vasto la memoria del percorso dei due gruppi di supervisione coinvolti.
Passages: teachers between school and university is the title of my work, that aims to be a contribution to the awareness and understanding of the experience of teachers that are called supervisors or tutors of teachers training in their new role assumed within Italian universities in training future teachers for the first school grades, begun in 1998 when a course was started leading to a degree in Science of primary formation. Passages are those that are taking place in the history of Italian teachers thanks to the fact of being involved in the transmission/innovation of the knowledge of the experience, in the institutionalised form at university level: custodian and active artificer of school culture, to be placed once more in the exchange and circuit of knowledge. I developed my research using a mixed method from hermeneutic, based on the continuous and dialogical interpretation of the data gathered at the start of the exchange with the research participants and the ethnographic approach: I therefore chose to use various inquiry techniques (participant observation, shadowing, interviews, document analysis) and to put together a series of different empirical materials (notebooks, tapes, photos, texts written by the participants, documentary material). The key questions for the research - what is happening here? how does the formative practice observed function? - they represent the kernel of my work and dealt with the experience of the supervising teacher present both in the university lecture hall as well as school classes. Right from the start an articulated basic question: if and across which modality the supervising teachers contribute to the relationship with other subjects - students, tutor teachers, university professors, head teachers etc. - in modifying scholastic culture and the university formation culture. The research process was broken down into two case studies; the contexts chosen were those of the groups supervised by the universities of Urbino and Bologna. The study of the two realities in question developed with different methods, mirroring the varying availability on the part of the subjects in their involvement in the research. I have also conducted some in depth interviews to supervisors and students in the cities of Milan, Bologna and Urbino, to gain access to individual accounts in relation to the experience of supervision, both from the teacher’s point of view and that of the trainees. Relating, being part of the group, practising coexistence, experience and mediation, are the five dimensions that define the personal modality for interaction between supervising teachers, students, the university and school within the Urbino context. They are played out within a complicated institutional dynamic and determine a formative acting out that partly takes its distance from power mechanisms and internal division, in part it confirms them. In Bologna, the supervising group suffers from a disavowal of the added value introduced into the university with the experience of the trainees and by the experimented professional identities, negated, not represented unequivocally, it shows how much the inter-institutionalised dimension that was created, did not undergo an elaboration, on the contrary was impeded by old logic, not being a simple thing to overcome, neither in the university culture nor the scholastic one. Teachers that are at the university and live in an intersectional organising zone, introduce a fresh horizon: this could be the chance to re-think in depth the formative practice prevalent at the university. The research gave us the hope of gathering and interpreting any eventual signs of change, respective of the school culture and that of the university and to evaluate in a definite way, the significance of the device put into action following the creation of the Science degree in primary formation. A not secondary interest of the study was to make available to those interested and to an ever wider public the memory of the path undertaken by both groups involved in the supervision.
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ALESSANDRA, Campanari. « “IDENTITY ON THE MOVE” FOOD, SYMBOLISM AND AUTHENTICITY IN THE ITALIAN-AMERICAN MIGRATION PROCESS ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251264.

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Résumé :
Il mio lavoro di ricerca rappresenta un contributo allo studio dell'esperienza umana dello “spazio alimentare” come costruzione sociale che comprende sia i modelli del comportamento umano, e la loro relazione sensoriale con uno specifico luogo, sia l'imprenditoria etnica. Il nucleo di questo progetto di ricerca è rappresentato da un’indagine multi-generazionale del multiforme processo della migrazione italiana in America, laddove la cultura alimentare viene utilizzata come veicolo per esaminare come gli immigrati abbiano prima perso e poi negoziato una nuova identità in terra straniera. Lo scopo generale della tesi è quello di esaminare come il cibo rappresenti un collegamento nostalgico con la patria per la prima generazione, un compromesso culturale per la seconda e un modo per rinegoziare un'etnia ibrida per le generazioni successive. La lente del cibo è anche utilizzata per esplorare lo sviluppo dei ristoranti italiani durante il Proibizionismo e il loro ruolo nel processo di omogeneizzazione culinaria e di invenzione della tradizione nel mondo contemporaneo. Per spiegare come la cucina regionale in America sia diventata un simbolo collettivo di etnia e abbia potuto creare un'identità Italo-Americana nazionale distinta da quella italiana, ho adottato il modello creato da Werner Sollors e Kathleen Neils Cozen e sintetizzato con l'espressione di “invenzione dell'etnia”. Il capitolo di apertura esplora la migrazione su larga scala che ha colpito l'Italia e la storia economica italiana per oltre un secolo e prosegue con un’analisi storica sullo sviluppo dei prodotti alimentari nel tempo. La prima sezione evidenzia il significato culturale dell'alimento e il suo ruolo nella costruzione di un'identità nazionale oltre i confini italiani e prosegue con un’analisi sulla successiva variazione delle abitudini alimentari durante l'immigrazione di massa. Il capitolo conclude illustrando il quadro teorico utilizzato per teorizzare le diverse dimensioni dell'etnia. Partendo dall'ipotesi che l'identità sia un elemento socialmente costruito e in continua evoluzione, il secondo capitolo è dedicato all'analisi della natura mutevole del cibo, esplorata attraverso tre distinti ma spesso sovrapposti tipi di spazio: spazio della "memoria individuale"; spazio della "memoria collettiva"; spazio della "tradizione inventata". Lo spazio della “memoria individuale” esplora come i primi immigrati italiani tendevano a conservare le loro tradizioni regionali. Al contrario lo spazio della memoria collettiva osserva il conflitto ideologico emerso tra la prima e la seconda generazione di immigrati italiani, in risposta alle pressioni sociali del paese ospitante. L'analisi termina con la rappresentazione di generazioni successive impegnate a ricreare una cultura separata di cibo come simbolo dell'identità creolata. Il capitolo tre, il primo capitolo empirico della dissertazione, attraverso l'analisi della letteratura migrante mostra l'importanza del cibo italiano nella formazione dell'identità italo- americana. Questa letteratura ibrida esamina il ruolo degli alimenti nelle opere letterarie italo-americane di seconda, terza e della generazione contemporanea di scrittori. Il quarto capitolo completa la discussione seguendo la saga del cibo italiano dai primi ristoranti etnici a buon mercato, frutto della tradizione casalinga italiana, fino allo sviluppo di un riconoscibile stile di cucina italo-americano. A questo proposito, i ristoranti rappresentano una "narrazione" etnica significativa che riunisce aspetti economici, sociali e culturali della diaspora italiana in America e fa luce sull'invenzione del concetto di tradizione culinaria italiana dietro le cucine americane. La sezione termina con un'esplorazione del problema moderno relativo al fenomeno dell’Italian "Sounding" negli Stati Uniti, basato sulla creazione di immagini, colori e nomi di prodotti molto simili agli equivalenti italiani, ma senza collegamenti diretti con le tradizioni e la cultura italiana. Il capitolo finale fornisce una visione etnografica su ciò che significa essere italo-americani oggi e come i ristoranti italiani negli Stati Uniti soddisfano la tradizione culinaria Italiana nel mondo contemporaneo americano. Per concludere, considerando le teorie dell'invenzione della tradizione, due casi di studio esplorativi a Naples, in Florida, vengono presentati sia per analizzare come gli italo-americani contemporanei manifestano la loro etnia attraverso il cibo etnico sia per esaminare come il cibo italiano viene commercializzato nei ristoranti etnici degli Stati Uniti, alla luce della del processo di globalizzazione.
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Livres sur le sujet "Teoria dell'esperienza"

1

Cohen, Hermann. La teoria Kantiana dell'esperienza. Milano : Franco Angeli, 1990.

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2

Gualandi, Alberto. L'occhio, la mano e la voce : Una teoria comunicativa dell'esperienza umana. Milano : Mimesis, 2013.

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3

L' utopia dell'idealrealismo : Hegel, Herbart e il ritorno a Kant nella teoria dell'esperienza di F.A. Trendelenburg. Milano : UNICOPLI, 2007.

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4

Teorie e visioni dell'esperienza "teatrale" : L'arte performativa tra natura e culture. Torino : Accademia University Press, 2014.

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5

Al di là di ogni ragionevole dubbio : La teoria dell'evoluzione alla prova dell'esperienza. Le Scienze, 2009.

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