Thèses sur le sujet « Storia della giustizia »

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1

Pavan, Sara <1993&gt. « Giustizia particolare e rapporti sociali nel libro sulla giustizia : Aristotele, Etica Nicomachea, V ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12398.

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Résumé :
L’elaborato analizzerà la nozione aristotelica di giustizia, specialmente la giustizia particolare, per precisare come la concezione dei rapporti sociali di una polis contribuisca a definire questa virtù e la sua attuazione. Per fare ciò, l’analisi aristotelica sarà collocata nel dibattito sulla giustizia del V-IV secolo a.C. e confrontata con le posizioni dei sofisti e di Platone. Saranno poi introdotte le fonti aristoteliche, Retorica, Politica, Etica Nicomachea, Etica Eudemia e Magna Moralia. Si procederà a un'analisi più dettagliata del V libro della Nicomachea, il testo più esaustivo sull'argomento. Attraverso questa analisi si cercherà di mostrare che le differenze di valore che intercorrono tra i cittadini si riflettono nelle proporzioni che regolano la giustizia particolare nei suoi ambiti: la distribuzione di beni pubblici, la correzione di interazioni che violano un equilibrio tra parti e lo scambio di beni privati. La prima parte del lavoro ricostruirà nelle sue linee generali il dibattito sulla giustizia. La seconda esaminerà le opere aristoteliche, specialmente EN V, con attenzione a struttura e metodo, per proseguire con la ricostruzione della tassonomia della giustizia. Si analizzeranno la distinzione tra giustizia generale e particolare; le specie di quest’ultima, la distributiva e la regolativa; la giustizia commutativa; gli altri significati di giustizia. Nella parte conclusiva si rifletterà sul ruolo dei rapporti sociali nel definire la giustizia particolare.
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2

Rossi, Christian <1973&gt. « Magistratura e giustizia penale nel Veneto della Restaurazione (1813-1819) ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2011. http://hdl.handle.net/10579/1081.

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Résumé :
La giustizia penale austriaca è analizzata nel periodo della sua genesi, quando sono ancora fresche le memorie e il 'modus operandi' del sistema napoleonico: si possono pertanto constatare più facilmente la mitezza del nuovo codice penale, e le difficoltà da parte dei giudici nell'applicare un sistema probatorio vincolato da un dettato di legge. La fase della turbolenza dei difficili anni post bellici, però, richiederebbe - secondo le autorità 'politiche' - un'azione molto energica, per la quale il codice asburgico non sembra adatto, e allora l'escamotage in via amministrativa, per ovviare al problema, è un uso massiccio del "precetto politico" di napoleonica memoria.
An account of the Austrian criminal law and system of justice in Venice and its mainland after the defeat of Napoleon up to 1819. The image that emerges from the documents is that Hapsburg criminal code and administration of justice were moderate, especially in comparison with Napoleonic institutions and practices.
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3

Dalla, Valle Serena <1980&gt. « Elezioni e dinamiche di democratizzazione in Marocco : il ruolo del Partito della Giustizia e dello Sviluppo ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/954.

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Résumé :
Questa ricerca indaga i meccanismi con i quali i governi autoritari, al fine di preservare la stabilità del regime, contengono l’ambizione dei movimenti islamisti moderati di affacciarsi sulla scena politica. A partire dall’analisi del caso di studio rappresentato dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo (PJD), presente nella sfera istituzionale del Marocco dal 1999, questa ricerca si propone di valutare la strategia di adattamento all’ambiente politico messa in atto da questo partito al fine di mantenere la propria influenza all’interno dello spazio politico e conservare la propria forza elettorale. Osservando lo svolgimento delle ultime elezioni legislative del Marocco, lo studio intende evidenziare gli sviluppi e i regressi del paese nel “consolidamento della scelta democratica” (Tozy M., Journal of Democracy, January 2008). A riguardo, sono analizzate le strategie di controllo utilizzate dal regime per impedire l’ascesa elettorale del PJD e, di contro, le tattiche sviluppate dal partito per arginare queste restrizioni e proseguire nel processo di normalizzazione all’interno delle istituzioni.
This study explores how authoritarian governments handle the strong will of political participation from moderate Islamist groups in view of securing regime stability. By choosing as a case study the Moroccan Islamist Party of Justice and Development (PJD), involved in the institutional scene since 1999, this research intends to evaluate the strategy of “adaptation” to the political environment the party has developed to continue to run a growing influence in the political space and to keep its electoral strongholds. By examining the latest legislative elections in Morocco, this study will highlight both the progression and the regression of the country in the “consolidation of democratic choice” (Tozy M., Journal of Democracy, January 2008). I will discuss the containment strategies utilized by the regimes to prevent the PJD from obtaining a high electoral score and the party’s strategy to overcome these constraints and to continue adapting to the institutional environment.
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4

Pellizzaro, Damiano <1997&gt. « Scandali pubblici e delitti privati : onore, sessualità e giustizia penale nel vicentino della seconda dominazione austriaca ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19309.

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Résumé :
Questa tesi si pone l'obiettivo di indagare il modo in cui venivano gestiti i casi di reati riguardanti la sfera sessuale dalle magistrature penali asburgiche, preture e tribunale provinciale, operanti nella zona di Vicenza durante la seconda dominazione austriaca. Il tema dell'onore sessuale è complesso e la sua analisi in un'epoca di transizione, come fu la prima metà dell'Ottocento in Europa, permette di identificare elementi di scissione e di continuità rispetto alle consuetudini sociali e giuridiche dei secoli precedenti. Inoltre, questa categoria era vissuta e considerata diversamente dai giudici austriaci rispetto alla popolazione, soprattutto delle zone rurali, per cui i processi che riguardano la sfera dell'onore sessuale sono fonti privilegiate perché riescono a riportare alla luce i punti d'incontro e quelli di scarto tra due culture giuridiche differenti.
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5

Drago, Davide <1983&gt. « Banditismo e amministrazione della giustizia in Sicilia tra la fine del Medioevo e la prima età moderna ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1709.

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6

HOXHA, DAMIGELA. « L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA CRIMINALE NAPOLEONICA. A BOLOGNA FRA PRASSI E INSEGNAMENTO DEL DIRITTO PENALE ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/350433.

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Résumé :
This research was focused on the study of the rich materials - not yet properly cataloged - which are kept in the State Archives of Bologna, with particular reference to the Criminal Court of Appeal in the Napoleonic era. The choice of a judiciary in Bologna appeared, from a methodological profile, full of different suggestions, given that - as we know - Bologna was and still is a university town for excellence with a strong tradition in the field of legal science and, at the same time, a center of great importance in the Napoleonic Kingdom of Italy; Bologna is therefore a privileged place to measure the comparison between the doctrinal tradition and the french innovation. In the passage from ancien régime to the Napoleonic age the role of the judge has faced the hegemonic will of the legislature to control the iurisdictio and the process. The class of judges, which in previous centuries had enjoyed considerable autonomy and that sometimes felt they could judge 'like God', was confronted with the projects of reform and streamlining regulations that invested primarily the exercise of justice, the procedure and the judiciary.
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7

CICERCHIA, ANDREA. « Giustizia di antico regime : il Tribunale criminale dell'Auditor Camerae (secc. XVI-XVII) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1372.

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Résumé :
Questa ricerca si propone di ripercorrere le linee applicative del governo della giustizia all’interno della macchina statale pontificia nei secoli di antico regime. In particolare è stata presa in analisi la lunga parabola evolutiva della giurisdizione criminale di una magistratura ordinaria per la città di Roma e centrale (in grado di appello) per l’intero territorio statale: il Tribunale criminale dell’Auditor Camerae, autonomo dal 1485 dalla Camera apostolica, dotato di ampia autorità, civile e criminale, nei confronti di ecclesiastici e laici di curia. Le sue vaste competenze in materia camerale lo connotarono, sin dagli inizi del XVI secolo, come organo principale nell’erogazione della giustizia civile nella città tiberina; la caratteristica “bifronte” (spirituale e temporale) tipica del potere pontificio condusse inoltre il Tribunale ad estendere – in materia camerale e di inadempienza alle bolle pontificie – la propria giurisdizione “sin dove era accesso alla croce”, con la facoltà di comminare scomuniche e interdetti. L’inestricabilità di tali competenze e la complessità delle procedure in materia criminale hanno così inclinato la storiografia a lasciarne in ombra le dinamiche a favore di una più ampia considerazione dell’aspetto civile (corroborato d’altronde da una più vasta conservazione del fondo civile rispetto a quello criminale). L’indagine presente si è posta quindi l’obiettivo di portare in primo piano la procedura in criminalibus della giustizia esercitata dall’ Auditor Camerae. Nello specifico si è realizzato uno studio incrociato di due piani cronologici relativi all’evoluzione del Tribunale: da un lato si è fatto ordine nella normativa ufficiale, prendendo a riferimento un percorso plurisecolare che dal 1485 potesse abbracciarne l’intera evoluzione giuridico-istituzionale fino alla prima metà del Settecento. Le fonti utilizzate in questo contesto sono state reperite, oltre che attraverso i bullarum ufficiali, anche in diversi fondi conservati presso l’Archivio Segreto Vaticano e nelle raccolte di bandi ed editti emanati dal Tribunale; dall’altro lato, invece, ci si è voluti approcciare ad un’indagine in grado d’intrecciare tali fonti normative con quelle conservate presso il fondo del Tribunale criminale (conservato all’Archivio di Stato di Roma), allo scopo di approfondire l’analisi della struttura istituzionale - in particolare quella dei giudici della luogotenenza criminale e dei notai – e di registrarne l’inevitabile scarto rispetto a quello che fu l’effettivo esercizio della giustizia; cercando, in quest’ultimo caso, di focalizzare l’indagine in quel periodo, tra Cinque e Seicento, definibile come il vero e proprio apogeo del Tribunale. Quello che emerge, in definitiva, da questa ricerca è l’immagine di un complesso organismo giudiziario che soprattutto tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo – in particolare attorno agli anni della riforma paolina (1612) – si trovò a ricoprire un ruolo non secondario anche dal punto di vista della giustizia criminale e non solo nella giurisdizione romana ma nell’intero contesto territoriale dello Stato della Chiesa. Vengono così a definirsi alcuni aspetti istituzionali di un Tribunale (per il quale manca uno sguardo specifico nelle più recenti analisi storiografiche), che permettono di tracciare considerazioni più vaste sull’intero governo della giustizia nei territori della Chiesa tra XVI e XVII secolo.
This research aims to review the implementing guidelines of the government of justice within the papal state machinery during the centuries of old regime. In particular it was taken into analysis the long evolutionary parable of the criminal jurisdiction of an ordinary bench for the city of Rome and of a central one for the whole territory of the State: the Criminal Court of Auditor Camerae, autonomous from 1485 from the Apostolic Camera, endowed with large civil and criminal competences on clergy and laity of the Curia. Its vast competences on Chambers connoted it, since the beginning of the 16th century, as the main organ in the provision of civil justice in Rome; both the characteristics of papal power (spiritual and temporal) led the Court to extend – in the field of Commerce and of non-compliance to the papal bulls – its jurisdiction, with the power to impose excommunications and interdicts. The impossibility to divide these skills and the complexity of the procedures in criminal matter have so inclined historiography to overshadow the dynamics in favor of a broader consideration of the civil aspect (indeed corroborated by a wider conservation of the civil fund, compared to the criminal one). Therefore the present research’s purpose is to highlight the procedure in criminalibus of Justice exerted by Auditor Camerae. Specifically, it was developed a cross-study of two chronological plans concerning the development of the Court: on the one hand, it has been made some order in the official law, with reference to a centuries-old route that from 1485 could embrace the entire legal and institutional development until the first half of the eighteenth century. The sources used in this context were found, as well as through the official bullarum, also in various funds kept in the Vatican Secret Archives and in the collections of announcements and edicts issued by the Court; on the other hand, the present research aims to approach an investigation able to weave these normative sources with those ones preserved in the fund of the criminal court (preserved in the State Archives of Rome) in order to deepen the analysis of the institutional structure - in particular that of the judges of officer of the police and notaries - and record the inevitable deviation from what was the effective exercise of justice; in the latter case, the attempt was to focus the investigation on that period, between the sixteenth and seventeenth century, defined as the real apogee of the Court. What emerges, ultimately, from this research is the image of a complex judicial organism that especially in the late sixteenth and early next century - particularly around the years of the reform of Paul V (1612) - was found to play an important role even from the criminal justice’s point of view and not just in roman jurisdiction but in the whole Papal State’s territorial context. Are so defined some institutional aspects of a Court (which has not been specifically examined by the most recent historiographical analysis), which make it possible to trace broader considerations about the entire government of justice in the territories of the Church between the sixteenth and seventeenth century.
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8

PAVAN, SARA. « PHILIA E DIKAIOSUNE.LE RELAZIONI UMANE NELL'ETICA ARISTOTELICA ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/943872.

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Résumé :
Il mio lavoro di tesi ha un duplice obiettivo: il primo, è quello di costruire una tassonomia delle relazioni sociali in Aristotele, soprattutto mediante lo studio del rapporto tra amicizia e giustizia, che sono spesso riconosciute dalla critica come termini chiave dell’etica aristotelica, ma raramente discusse nella loro relazione reciproca; il secondo, è quello di verificare se tale relazione fornisca ulteriori indizi circa il rapporto tra EE ed EN (ad es., la priorità cronologica dell’una rispetto all’altra o l’annosa questione dei libri comuni). Quanto alla definizione delle relazioni sociali in Aristotele, sono partita dall’analisi del concetto di φιλíα, termine utilizzato per denotare molti tipi differenti di relazione sociale: tra simili e tra opposti, tra uguali e tra superiori/inferiori, private e tra gruppi estesi di persone. Proprio grazie alla lettura comparata di EE ed EN propongo che, per Aristotele, tra le forme di amicizie sussista una relazione πρὸς ἕν. Alla luce di ciò, ritengo si debba definire l’amicizia prima come relazione di ἀντιφιλία tra ἀγαθοί, ovvero il reciproco φιλεῖν e l’ἀντιπροαίρεσις πρὸς ἀλλήλους: l’amicizia prima per Aristotele implica dunque l’amarsi e lo scegliersi reciprocamente. Le altre forme di relazione sociale derivano dall’amicizia prima, differenziandosi per scopo (i.e. virtù, piacere, utile) e proporzionalità reciproca (i.e. tra uguali o disuguali). Ho dedicato una particolare attenzione all’amicizia politica. Quando Aristotele tratta dell’amicizia politica, infatti, emerge in modo chiaro la necessità di introdurre la categoria di δικαιοσύνη in quanto virtù che regola le relazioni sociali tra cittadini. Dopo un excursus sulla nozione di giustizia in Aristotele, pertanto, mi sono posta lo scopo di delineare la relazione tra giustizia politica e amicizia politica, con particolare attenzione alle proporzioni utilizzate e ai diversi soggetti coinvolti. Ho individuato la differenza principale tra amicizia e giustizia nella loro dimensione e nel loro orientamento. Quanto alla loro dimensione, l’amicizia in generale è più ampia della giustizia, non essendo limitata a un rapporto tra cittadini; di contro l’amicizia prima risulta di gran lunga più limitata rispetto alla giustizia, dandosi unicamente tra due persone virtuose dopo lunga frequentazione. Quanto all’orientamento, sono entrambe rivolte all’altro, con una importante differenza: mentre l’amicizia, che non è una virtù, vuole il bene altrui ma dipende dalla valutazione che un soggetto fa del bene, del piacere o della virtù stessa, la giustizia, pur essendo una virtù del singolo, è sempre πρὸς ἕτερον. Tanto amicizia quanto giustizia hanno un valore politico ed è in esso che avviene una sovrapposizione dei campi di competenza. È utile precisare che, se ipotizzassimo una città ideale aristotelica, in essa amicizia politica e giustizia politica coinciderebbero necessariamente: i cittadini si comporterebbero infatti con giustizia gli uni verso gli altri e sarebbero tra loro amici. Non avviene lo stesso nelle città positive. La giustizia è tutta politica e, specialmente quando considerata in quanto giustizia distributiva, corrisponde alla costituzione e all’ordinamento della πόλις stessa e per questo fonda la città. I legislatori, però, tengono in considerazione maggiormente la giustizia rispetto all’amicizia. La causa di questo è da rintracciarsi nel diverso funzionamento delle proporzioni che regolano i due rapporti: in caso di rapporti tra diseguali, infatti, la proporzione dell’amicizia viene mantenuta senza necessità che il rapporto venga pareggiato aritmeticamente. Perciò l’amicizia nella sua forma politica è più utile della giustizia ai fini del mantenimento dell’ordine nella città. Per quanto concerne il secondo obiettivo del mio lavoro, vale a dire i rapporti tra EE ed EN, in particolare rispetto ai libri comuni, ho per prima cosa argomentato che non esiste contraddizione tra le dottrine sull’amicizia presentate in EE VII e in EN VIII-IX. Invece, stabilire una cronologia o un rapporto di dipendenza tra le due opere a partire unicamente da questi elementi tematici è impossibile, ma anche sulla base della letteratura presente è ragionevole confermare che EN sia stata scritta non solo per un pubblico diverso, ma successivamente rispetto a EE e basandosi su essa, pur con delle novità non banali, che tuttavia non riguardano il punto del mio elaborato in senso stretto. Quanto al rapporto con i libri comuni, ho argomentato che EN V risulta non solo compatibile, ma addirittura più vicina stilisticamente e per contenuti a EE VII che a EN VIII-IX. Ne segue, a mio parere, che EN V sia da attribuirsi a EE piuttosto che a EN, senza che per questo si possano trarre ulteriori conclusioni circa gli altri libri comuni.
My thesis has a twofold goal. The first one is to determine the taxonomy of social relations in Aristotle, especially through the study of the relationship between friendship and justice, which are often recognized by critics as key terms in Aristotelian ethics, but rarely discussed in their mutual relationship. The second goal is to test whether this relationship provides additional clues about the interrelation between EE and EN (e.g., the chronological priority of one over the other or the long-standing question of common books). As for the definition of social relations in Aristotle, my analysis begins with the analysis of the concept of φιλíα which is a term used to denote many kinds of social relations: between similar and opposites, equals and superior/inferior, private and in extended groups of people. In light of the comparative reading of EE and EN, I argue that, for Aristotle, a πρὸς ἕν relationship exists among the forms of friendships. Thus, we should define primary friendship has a relation of ἀντιφιλία between ἀγαθοί, i.e., reciprocal φιλεῖν, and of the ἀντιπροαίρεσις πρὸς ἀλλήλους. Thus, for Aristotle, primary friendship implies loving and choosing each other. The other forms of social relations derive from this primary friendship, differentiating themselves by purpose (i.e. virtue, pleasure, usefulness) and mutual proportionality (i.e. between equals or unequals). I have devoted special attention to political friendship since, when Aristotle discusses political friendship, the need to introduce the category of δικαιοσύνη as a virtue governing social relations between citizens emerges clearly. After an excursus on the notion of justice in Aristotle, therefore, I set out to delineate the relationship between political justice and political friendship, with particular attention to the proportions used and the different actors involved. I have identified the main difference between friendship and justice in their dimension and orientation. As for their dimension, friendship in general is broader than justice, not being limited to a relationship between citizens; on the other hand, friendship is far more limited than justice, being only between two virtuous persons after long acquaintance. As for orientation, they are both directed towards the other, with one important difference. While friendship, which is not a virtue, wants the good of others but depends on a subject’s evaluation of the good, pleasure or virtue itself; justice, while being a virtue of the individual, is always directed towards the other (πρὸς ἕτερον). Both friendship and justice have a political value and it is in it that the fields of competence overlap. It is useful to point out that, if we were to hypothesize an ideal Aristotelian city, in it political friendship and political justice would necessarily coincide: the citizens would in fact behave with justice towards each other and would be friends with each other. Justice is all political and, especially when considered as distributive justice, corresponds to the constitution and ordering of the πόλις itself and for this reason founds the city. Legislators, however, hold justice in higher regard than friendship. The reason for this is to be found in the different functioning of the proportions that regulate the two relations. In the case of relationships between unequals, in fact, the proportion in the sphere of friendship is maintained without the need for the relation to be equalized arithmetically, as in justice. Therefore friendship in its political form is more useful than justice in maintaining order in the city. Regarding the second objective of my work, namely the relationships between EE and EN, particularly with respect to the common books, I have first argued that there is no contradiction between the doctrines on friendship presented in EE VII and EN VIII-IX. Establishing a precise chronology or dependency relation between the works is impossible on the basis of these thematic elements alone, but in accord with current literature it is reasonable to state that EN was written not only for a different audience, but later than and based on EE, albeit with non-trivial innovations that are beyond the scope of this work. As for the relationship with the common books, I have argued that EN V is not only compatible with, but also stylistically and in terms of content closer to EE VII than to EN VIII-IX. Although it is not possible to generalise the conclusion in relation to the other common books as well, I argue that EN V pertains more to EE than to EN.
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ZAMBURLINI, ANNALISA. « LE VITTIME DI GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI E LA DOMANDA DI GIUSTIZIA : IL CASO DI EL SALVADOR ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6100.

Texte intégral
Résumé :
Questa tesi è costruita sulle seguenti domande: una società che ha vissuto gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani come può 'chiudere i conti' con il passato e perseguire giustizia e riconciliazione? Come rigenerare i legami sociali infranti? Quale ruolo giocano vittime e perpetratori? Questi problemi sono studiati, in concreto, nell’esperienza di El Salvador. Tra i profili sociologici possibili, la tesi si concentra sulla 'domanda di giustizia' delle vittime. Il primo capitolo fornisce un inquadramento storico-sociale. Il secondo ha per oggetto la giustizia di transizione; l’analisi teorica generale considera i seguenti modelli: giudiziario, amnistiale, delle commissioni verità e la "Truth and Reconciliation Commission" (TRC) sudafricana. La TRC è presentata come un’esperienza che attinge e supera le opzioni precedenti, mostrando le potenzialità della "restorative justice". Il terzo e il quarto capitolo tornano sul caso salvadoregno e considerano gli attori (nazionali e internazionali) e i problemi sociali della transizione del Paese centroamericano. La ricerca svolta sul campo ha permesso di mettere in luce il valore generativo degli sforzi con cui parte della società civile salvadoregna ha cercato di fronteggiare la latitanza dello Stato rispetto al diritto alla verità e alla giustizia. Il quinto capitolo, avvalendosi della voce delle vittime intervistate con il metodo delle 'storie di vita', riflette sul rapporto fra trauma e legame sociale. L’ultimo capitolo presenta gli strumenti metodologici utilizzati per la ricerca empirica.
This thesis is based on the following questions: can a society that has experienced severe and systematic human rights violations be reconciled with the past and pursue justice and reconciliation? How can broken social connections be repaired? What are the roles of victims and oppressors? These problems have been studied analyzing the experience of El Salvador. Among the possible sociological profiles, the thesis focuses on the Salvadorian victims' "demand for justice". The first chapter gives an historical-social overview. The second chapter analyzes the transitional justice. The general theoretical analysis takes into account the following models: judiciary, that related to amnesty, the model of the "truth commissions", and finally the South African "Truth and Reconciliation Commission" (TRC). The TRC is presented as an experience that draws on and surpasses the previous alternatives, showing the potential of restorative justice. The third and fourth chapters return to the Salvadorean case and take into account the agents (national and international) and the social problems connected to the transition El Salvador has undergone. Research in this field sheds light on the relevance of the efforts made by some parts of the Salvadorean civil society to deal with the absence of the government with respect to promoting the right of truth and justice. The fifth chapter, corroborated by interviews with victims analysed using the method of the "history of life", reflects on the connection between trauma and social bonds. The last chapter presents the methodological tools used during the empirical research.
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ZAMBURLINI, ANNALISA. « LE VITTIME DI GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI E LA DOMANDA DI GIUSTIZIA : IL CASO DI EL SALVADOR ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6100.

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Résumé :
Questa tesi è costruita sulle seguenti domande: una società che ha vissuto gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani come può 'chiudere i conti' con il passato e perseguire giustizia e riconciliazione? Come rigenerare i legami sociali infranti? Quale ruolo giocano vittime e perpetratori? Questi problemi sono studiati, in concreto, nell’esperienza di El Salvador. Tra i profili sociologici possibili, la tesi si concentra sulla 'domanda di giustizia' delle vittime. Il primo capitolo fornisce un inquadramento storico-sociale. Il secondo ha per oggetto la giustizia di transizione; l’analisi teorica generale considera i seguenti modelli: giudiziario, amnistiale, delle commissioni verità e la "Truth and Reconciliation Commission" (TRC) sudafricana. La TRC è presentata come un’esperienza che attinge e supera le opzioni precedenti, mostrando le potenzialità della "restorative justice". Il terzo e il quarto capitolo tornano sul caso salvadoregno e considerano gli attori (nazionali e internazionali) e i problemi sociali della transizione del Paese centroamericano. La ricerca svolta sul campo ha permesso di mettere in luce il valore generativo degli sforzi con cui parte della società civile salvadoregna ha cercato di fronteggiare la latitanza dello Stato rispetto al diritto alla verità e alla giustizia. Il quinto capitolo, avvalendosi della voce delle vittime intervistate con il metodo delle 'storie di vita', riflette sul rapporto fra trauma e legame sociale. L’ultimo capitolo presenta gli strumenti metodologici utilizzati per la ricerca empirica.
This thesis is based on the following questions: can a society that has experienced severe and systematic human rights violations be reconciled with the past and pursue justice and reconciliation? How can broken social connections be repaired? What are the roles of victims and oppressors? These problems have been studied analyzing the experience of El Salvador. Among the possible sociological profiles, the thesis focuses on the Salvadorian victims' "demand for justice". The first chapter gives an historical-social overview. The second chapter analyzes the transitional justice. The general theoretical analysis takes into account the following models: judiciary, that related to amnesty, the model of the "truth commissions", and finally the South African "Truth and Reconciliation Commission" (TRC). The TRC is presented as an experience that draws on and surpasses the previous alternatives, showing the potential of restorative justice. The third and fourth chapters return to the Salvadorean case and take into account the agents (national and international) and the social problems connected to the transition El Salvador has undergone. Research in this field sheds light on the relevance of the efforts made by some parts of the Salvadorean civil society to deal with the absence of the government with respect to promoting the right of truth and justice. The fifth chapter, corroborated by interviews with victims analysed using the method of the "history of life", reflects on the connection between trauma and social bonds. The last chapter presents the methodological tools used during the empirical research.
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CAMPISI, LUCA. « L'IMPATTO SOCIALE. I PROTAGONISTI DELLE PRATICHE GIUDIZIARIE A VERCELLI FRA XIV E XV SECOLO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/935474.

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Résumé :
La presente ricerca nasce con l’obiettivo di valutare l’impatto che ebbero, sui procedimenti penali celebrati dal tribunale podestarile di Vercelli, le risorse economico-sociali in possesso delle parti e quali effetti potesse avere l’appartenenza a un determinato segmento sociale sulla fisionomia e sulla qualità dei reati commessi, tanto in città quanto nelle località del contado. Questi interrogativi hanno portato l’analisi a concentrarsi sulla documentazione giudiziaria prodotta nella città eusebiana fra gli anni Settanta del Trecento e i Quaranta del secolo successivo, sfruttandola come lente d’osservazione della società del tempo, e dei conflitti interni ad essa una volta portati sui banchi dei giudici cittadini. In base all’indirizzo dato alla ricerca si è poi allargato lo spettro d’indagine alle fonti notarili e agli atti del consiglio cittadino, con l’intento di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sui soggetti coinvolti nelle diverse fasi della disputa giudiziale. Grazie ai dati raccolti è stato così realizzato un database contenente i profili personali di circa 3000 individui, provenienti dall’ambiente cittadino e dai borghi del contado e comparsi in tribunale in qualità sia di indagati sia di vittime. Per poter comprendere a fondo gli aspetti sociali della giustizia pubblica, la riflessione ha interessato, in un primo momento, il ruolo ambivalente assunto dal processo, da una parte, quale dispositivo di legittimazione del potere, dall’altro, quale strumento a disposizione delle parti per la gestione del conflitto. Si sono quindi analizzate le modalità attraverso cui l’estrazione sociale, i capitali a disposizione e le reti di conoscenze personali potevano impattare sulle pratiche penali, influenzando le capacità processuali dei soggetti coinvolti e, di conseguenza, il giudizio finale delle magistrature cittadine. I privati avevano infatti a disposizione un ampio ventaglio di soluzioni per tentare di ottenere giustizia, ma le risorse clientelari e finanziarie in loro possesso potevano rivelarsi decisive per scegliere quale canale delatorio sfruttare. Successivamente all’avvio dell’inchiesta, l’estrazione sociale degli indagati o degli attori era in grado di influenzare notevolmente la strategia processuale da loro adottata, consentendo a essi di sfruttare le dilatazioni temporali concesse dal bando per ottenere un vantaggio nella disputa giudiziaria, rivolgendosi ad esempio a un procuratore per la formulazione delle difese e per evitare, se possibile, di finire sotto tortura. Dopo aver inquadrato gli schemi procedurali e la loro sensibilità alle risorse socio- economiche delle parti, una sezione è stata dedicata ai soggetti che si muovevano attorno al banco di giustizia. Si sono quindi studiati i canali di reclutamento e l’estrazione sociale sia degli officiali signorili sia di quelli di nomina locale, per poi dedicare attenzione a quelle figure che, dopo essere state introdotte nella contesa dalle parti, intervenivano nel processo, in veste di fideiussori, per evitare che si ingolfasse, oppure, come procuratori, per cercare consapevolmente di bloccarlo. Infine, è stata proposta una lettura della criminalità in chiave sociale, nel tentativo di evidenziare l’incidenza delle categorie delittuose maggiormente dibattute nei diversi contesti sociali. Si sono quindi analizzate le direttrici delle offese, sia fisiche sia verbali, dei furti e delle azioni sovversive, focalizzando l’analisi sui protagonisti delle azioni violente e su come l’appartenenza a diversi segmenti sociali potesse impattare sulle forme assunte dagli assalti. L’immagine restituita dalle carte giudiziarie e quella di una comunità viva, attraversata da continue tensioni, dove le reti di conoscenze personali e il grado di inserimento nella comunità, nonché le risorse economiche a disposizione, pesavano notevolmente sulla gestione della disputa davanti alle autorità cittadine e sulle forme attraverso cui questa conflittualità poteva esprimersi.
The present research was born with the objective of evaluating the impact that the economic and social resources of the parties had on the criminal proceedings celebrated by the court of podestà in Vercelli, and the effects that belonging to a certain social segment could have on the physiognomy and the quality of the crimes committed, both in the city and in the surrounding countryside. These questions led the analysis to focus on the judicial documentation produced in the city between the seventies of the fourteenth century and the forties of the following century, using it as a lens for observing the society of the time, and the conflicts within it once brought to the benches of the city judges. Based on the direction given to the research, the spectrum of investigation was then widened to include notarial sources and the acts of the city council, with the intention of gathering as much information as possible on the subjects involved in the different phases of the judicial dispute. Thanks to the data collected, a database was created containing the personal profiles of about 3000 individuals, from the city and the villages of the countryside, who appeared in court as both suspects and victims. In order to fully understand the social aspects of public justice, the reflection has, at first, focused on the ambivalent role assumed by the process, on the one hand as a device of legitimation of power, and on the other as a tool available to the parties for the management of conflict. The ways in which social background, available capital and networks of personal acquaintances could impact on criminal practices, influencing the trial skills of the subjects involved and, consequently, the final judgment of the city magistrates, have than been analyzed. Private individuals, in fact, had at their disposal a wide range of solutions to try to obtain justice, but the clientelistic and financial resources in their possession could prove decisive in choosing which delatory channel to exploit. After the start of the investigation, the social extraction of the suspects or actors was able to considerably influence the procedural strategy adopted by them, allowing them to exploit the time extensions granted by the notice to obtain an advantage in the judicial dispute; for instance, turning to a prosecutor for the formulation of the defense and to avoid, if possible, ending up under torture. After framing the procedural schemes and their sensitivity to the socio-economic resources of the parties, a section was devoted to the subjects that moved around the court bench. The recruitment channels and the social extraction of both the seigniorial officials and those of local appointment have therefore been studied, and attention has been devoted to those figures who, after being introduced into the dispute by the parties, intervened in the process, as guarantors, to prevent it from clogging, or, as attorneys, to consciously try to block it. Finally, a reading of delinquency from a social point of view has been proposed to highlight the incidence of the most debated criminal categories in the different social contexts. The guidelines of both physical and verbal offenses, thefts and subversive actions, have therefore been analyzed, focusing on the protagonists of violent actions and on how the belonging to different social segments could impact the forms assumed by the assaults. The image returned by the judicial papers is that of a lively community, crossed by continuous tensions, where the networks of personal acquaintances and the degree of insertion in the community, as well as the economic resources available, weighed considerably on the management of the dispute before the city authorities and on the forms through which this conflict could be expressed.
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DI, FABIO Tiziana. « Giustizia e philia : politica e filosofia nell'Epicureismo greco ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1263169.

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Résumé :
La storia dell’Epicureismo è stata segnata negativamente fin dalle sue origini. Gli Epicurei sono stati accusati da più parti non solo di essere degli edonisti privi di una morale, ma anche di essere dei parassiti della società che hanno vissuto nascosti pur di godere dei piaceri più dissoluti. Queste sono state le accuse più frequenti che hanno macchiato il nome di Epicuro e dei suoi seguaci lungo il corso della storia. Tuttavia, se, da un lato, sono stati numerosi gli studi che hanno dimostrato che il piacere di cui si fa portavoce l’Epicureismo è ben lontano dall’essere una mera accumulazione di godimenti senza fine, dall’altro, non è stata rivolta la stessa attenzione alla difesa degli Epicurei dall’accusa di essere dei parassiti della società, sovversivi e incapaci di essere inseriti in un contesto sociale e civile. Solo recentemente è stata finalmente restituita un’immagine storicamente più corretta dell’Epicureismo. Gli studi di Geert Roskam, infatti, sono stati fondamentali per riaprire un dibattito che per secoli non è stato possibile neanche tenere in considerazione. Con il suo volume Live Unnoticed (Λάθε βιώσας): On the Vicissitudes of an Epicurean Doctrine, Roskam è riuscito a ridare vigore all’immagine di Epicuro come di un filosofo inserito in un determinato contesto sociale e politico con il quale dialogava consapevolmente. Come si è avuto modo di vedere, è ora possibile parlare di Epicureismo e politica, dato che non è del tutto vero che l’uno implichi necessariamente l’assenza dell’altra. L’Epicureismo e la politica, infatti, hanno incrociato le loro strade per diverse ragioni e in molti modi, per cui sarà necessario comprendere quali sono le motivazioni che hanno determinato la nascita della rappresentazione degli Epicurei come avversi ed estranei alla sfera politica. La domanda da cui si deve partire, quindi, è se effettivamente si possa o meno identificare un pensiero politico epicureo. Se per pensiero politico si intende l’elaborazione di una filosofia politica intesa in senso positivo, la risposta deve essere necessariamente negativa. Negli scritti di Epicuro che sono stati ritrovati, infatti, non c’è una vera e propria sezione in cui il fondatore del Giardino espone sistematicamente delle regole o delle indicazioni sulla politica dei suoi giorni. Questo perché la politica non è il cardine della sua filosofia, né tantomeno il luogo in cui l’individuo esplica la sua natura più autentica. È, tuttavia, innegabile l’importanza della politica e della giustizia per la sopravvivenza della comunità filosofica epicurea e non si può nascondere il fatto che vi siano degli Epicurei che hanno interagito attivamente con i politici loro contemporanei o che abbiano addirittura ricoperto delle cariche pubbliche. Andrà, dunque, analizzato a fondo il significato che assume la sfera politica per l’Epicureismo nell’evoluzione della sua storia. L’analisi che è stata condotta, quindi, ha avuto come obiettivo di mettere in evidenza quali siano i legami tra l’Epicureismo, la politica e la giustizia, tenendo conto del fatto che non si può prescindere dai principi cardine dell’etica epicurea. Solo comprendendo fino in fondo questi ultimi, infatti, è stato possibile far emergere quale sia il rapporto tra l’Epicureismo e la sfera pubblica. Per questa ragione nel primo capitolo, dal titolo “Giustizia e politica in Epicuro”, si è affrontato lo studio dell’etica del Maestro, della sua biografia e dalla realtà storica in cui il Giardino è stato fondato. Successivamente è stato necessario ripercorrere l’origine della massima Λάθε βιώσας, in relazione alla formazione della comunità filosofica epicurea e al tema della giustizia e delle leggi, grazie alle quali la comunità stessa riesce a preservarsi e tutelarsi. Solo dopo aver affrontato ogni aspetto del rapporto che intercorre tra Epicureismo, politica e giustizia alle origini della fondazione della scuola attraverso la lettura delle parole del Maestro, a partire dal secondo capitolo, intitolato “Gli Epicurei di seconda generazione e la politica”, è stato possibile intraprendere un percorso di studio per osservare da vicino l’evoluzione del pensiero politico nell’Epicureismo greco. In particolare, nel secondo capitolo in un primo momento sono stati esaminati gli Epicurei di prima generazione, i quali hanno per primi fortificato le basi del pensiero di Epicuro, cercando di trasmettere e divulgare la sua dottrina. Oltre a soffermarsi su Metrodoro, Ermarco e Colote, discepoli fedeli di Epicuro e personalità importanti nel Giardino, si è cercato di comprendere il ruolo avuto da Mitre e Idomeneo, i quali furono amici di Epicuro stesso, pur essendo stati incaricati con ruoli di rilievo nella politica del loro tempo. È stata, inoltre, analizzata la figura di Timocrate, fratello di Metrodoro, il quale ha gettato le basi per costruire quell’immagine negativa di Epicuro come di un uomo dedito unicamente al piacere del ventre. Dopo aver compreso in che modo la scuola delle origini intratteneva dei rapporti con la politica del proprio tempo, nel terzo capitolo, dal titolo “Filonide di Laodicea a mare: un politico epicureo?”, è stata affrontata la lettura del PHerc. 1044, per dare rilievo alla figura di Filonide di Laodicea a mare, un politico e filosofo epicureo che operò alla corte dei Seleucidi in Siria. Infine, nel quarto capitolo, intitolato “L’eredità di Diogene di Enoanda”, sono state analizzate le ragioni politiche profonde che hanno portato Diogene di Enoanda a far incidere su un portico i dettami della filosofia epicurea, dimostrando ancora una volta quanto ogni Epicureo sia stato indissolubilmente legato alla sfera politica, sempre tenendo conto dell’ambiente e del periodo storico in cui stava vivendo. Punto cardine del seguente lavoro, infatti, è proprio quello di mettere in rilievo i nessi forti e imprescindibili su cui si fonda il rapporto che ogni Epicureo ha intrattenuto con la politica. A partire dal fondatore della scuola, infatti, la rilevanza del contesto storico specifico e dell’ambiente sociale è stata di fondamentale importanza per riuscire a decifrare le scelte compiute da ogni allievo del Giardino e, in senso più ampio, da ciascun seguace dell’Epicureismo nella storia della scuola. Non soltanto la vicinanza storica e geografica al Maestro ha avuto un’influenza sugli altri Epicurei, ma anche l’estrazione sociale e il tipo di obblighi e doveri che si avevano prima ancora di aderire alla filosofia del Giardino. Questa constatazione non deve essere fraintesa e non deve essere interpretata come una maniera per conferire più importanza alla propria indole o ai propri impegni politico-sociali, ma è un dato di fatto, di cui Epicuro ha tenuto conto nell’elaborazione della sua etica, fondata sul ruolo centrale affidato al sobrio calcolo. Quest’ultimo doveva essere sempre applicato in modo tale da poter mediare, da un lato, tra il raggiungimento della felicità e del proprio fine etico, dall’altro, tra la propria natura e il proprio dovere sociale, per non incorrere in pericoli che avrebbero portato al turbamento della propria anima. La scelta di soffermarsi unicamente sull’Epicureismo greco, tuttavia, non ha impedito di tenere in considerazione due personalità dell’Epicureismo romano che sono state fondamentali per la storia di questa scuola filosofica. Nel corso del lavoro, infatti, le opere di Filodemo di Gadara e Lucrezio sono state costante punto di riferimento, insieme a quelle dei due più grandi detrattori dell’Epicureismo: Cicerone e Plutarco. In particolare, è stata annessa al presente lavoro una breve appendice sul pensiero politico di Lucrezio, nella quale si è cercato di contestualizzare i riferimenti politici lucreziani all’interno del De rerum natura per comprenderne le origini e le implicazioni. Con il presente lavoro incentrato principalmente sull’Epicureismo greco, dunque, si ha la speranza di delineare un’immagine quanto più esaustiva, sebbene ancora in costruzione, della concezione politica epicurea e della riflessione sulla giustizia, le quali, pur non essendo il fine ultimo dell’etica epicurea, hanno avuto un posto fondamentale e trasversale nello sviluppo dell’Epicureismo nel corso della sua storia.
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MASCELLARI, ROBERTO. « Le petizioni nell’Egitto romano. Evoluzione di formulario, procedure e organizzazione della giustizia. Documentazione su papiro dal 30 a.C. al 300 d.C ». Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/2158/955264.

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RUSSO, GIANLUCA. « Conservare la signoria con pena e con supplizio. Le origini dello Stato territoriale fiorentino nelle trasformazioni del penale. Dal tumulto dei Ciompi alla congiura dei Pazzi (1378-1478) ». Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1189160.

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La ricerca è finalizzata a mettere in luce gli intrecci tra la formazione dello Stato territoriale fiorentino e il ruolo primario di formante della statualità offerto dal diritto penale e dalla giustizia fra Tre e Quattrocento.
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Orsino, Sofia. « La biblioteca della Badia Fiorentina. Ricostruzione della raccolta libraria e catalogo dei codici latini ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1238893.

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La ricerca è dedicata alla ricostruzione delle fasi di sviluppo, conservazione e dispersione della biblioteca del monastero fiorentino di Santa Maria Assunta, meglio noto come Badia Fiorentina, realizzata attraverso l’analisi della bibliografia e delle fonti documentarie, registri, inventari ed elenchi prodotti dai monaci tra il XV ed il XVIII secolo, ma anche allo studio dei codici stessi, come vive testimonianze della storia del monastero. L’osservazione dei manoscritti ha offerto ulteriori possibilità di approfondimento intorno a nuclei di codici accomunati dalla stessa provenienza: è stato analizzato il contenuto del lascito di Antonio Corbinelli (per la parte latina della sua biblioteca), i manoscritti provenienti dal convento di Santa Maria del Santo Sepolcro ed infine un corposo nucleo di manoscritti quattrocenteschi miniati, probabilmente realizzati su incarico del monastero. Gran parte dei codici latini della Badia Fiorentina si trovano nel fondo Conventi Soppressi della Biblioteca Medicea Laurenziana e nei fondi Conventi Soppressi e Conventi Soppressi da ordinare della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ma alcuni manoscritti appartenuti all’istituzione fiorentina sono riemersi anche a Parigi, Oxford, Berlino e altre biblioteche europee. Nel complesso l’indagine condotta sul patrimonio librario del monastero ha condotto alla realizzazione di un catalogo descrittivo di 210 codici databili tra l’XI ed il XVI secolo, a cui si accompagna un indice di 86 schede relative a manoscritti moderni (realizzati tra la seconda metà del XVI ed il XIX secolo).
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ABBONIZIO, GIUSEPPE. « Liberalismo, democrazia. Il pensiero politico di Ralf Dahrendorf ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1068022.

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Comprendere lo studioso nella società del suo tempo.E' questo il filo conduttore seguito nell'analisi del pensiero politico di Ralf Dahrendorf. La diagnosi del presente: lo stato della sociologia tedesca nel dopoguerra, gli orientamenti sociologici, costituiscono la cornice introduttiva ai concetti metodologici fondamentali delle opere giovanili. In secondo luogo, seguendo la prospettiva dello storico del pensiero politico, si è ricostruito il quadro concettuale mostrando i mutamenti di queste "idee sistematiche della politica" in relazione con il principio della storicità della realtà sociale. Qui, due categorie risultano decisive: libertà e giustizia sociale. D'altra parte, l'opera di denuncia delle disparità sociali sia all'interno del "Primo Mondo" sia al di fuori consente a Dahrendorf di costituire un paradigma che è contro la diseguaglianza sistematica. Per finire, riflettendo sui cambiamenti degli spazi globali, Dahrendorf ha legato il destino della democrazia a quello dello Stato-nazione, limitandosi semplicemente alla difesa della democrazia rappresentativa.
Understanding the scholar in the society of his time: this is the common thread followed in Ralf Dahrendorf's analysis of political thought. The diagnosis of the present: the state of German sociology in the post-war period, the sociological guidelines, constitute the introductory framework for the fundamental methodological concepts of youth works. Secondly, following the historical perspective of political thought, the conceptual framework has been reconstructed showing the changes of these "systematic ideas of politics" in relation to the historical principle of social reality. Here, two categories are decisive: freedom and social justice. On the other hand, the work of denouncing social inequalities both inside and outside the "First World" allows Dahrendorf to constitute a paradigm that is against systematic inequality. Finally, reflecting on the changes in global spaces, Dahrendorf tied the destiny of democracy to that of the nation-state, limiting himself simply to defending representative democracy.
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