Articles de revues sur le sujet « Storia del veneto »

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Crivellari, Cinzia, Roberta Bravin et Massimo Baldo. « I giovani e la storia : un'indagine tra gli studenti delle scuole superiori del Veneto ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 287 (septembre 2018) : 175–94. http://dx.doi.org/10.3280/ic2018-287008.

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Paolino, Laura. « LORENZO DA PONTE TRA PRIMA E SECONDA EDIZIONE DELLE MEMORIE ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 41, no 2 (septembre 2007) : 297–341. http://dx.doi.org/10.1177/001458580704100202.

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Le Memorie del poeta veneto Lorenzo Da Ponte (1749–1837) furono composte e pubblicate negli Stati Uniti in due edizioni, la prima nel 1823–26, la seconda nel 1829–30. Il presente articolo ricostruisce la storia della composizione dell'opera e della sua laboriosa revisione attestata dall'epistolario dello scrittore. Tale revisione introdusse nelle Memorie alcune modifiche di contenuto necessarie per evitare al libro la censura da parte dei governi europei, ma anche molte correzioni linguistiche. Nell'articolo si dimostra che tali correzioni furono introdotte da Da Ponte in aperto ossequio ai dettami dei più importanti linguisti italiani del primo Ottocento e, molto probabilmente, tenendo in considerazione le prescrizioni del Vocabolario della Crusca pubblicato a Verona tra il 1806 al 1811.
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Zanetti, Adriano, Alberto Sette, Roberto Poggi et Andrea Tagliapietra. « Biodiversity of Staphylinidae (Coleoptera) in the Province of Verona (Veneto, Northern Italy) ». Memorie della Società Entomologica Italiana 93, no 1-2 (20 décembre 2016) : 3. http://dx.doi.org/10.4081/memoriesei.2016.3.

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Résumé :
A commented catalogue of Coleoptera Staphylinidae present in Verona province (Veneto, Northern Italy) is provided. It is based on published as well as mostly unpublished records, with the Sette collection at the Museo Civico di Storia Naturale di Verona as main source. These records are filed in a freely downloadable database (http://www.societaentomologicaitaliana.it/it/archivio-comunicazioni/78-archiviati/269-database-staphylinidae-verona.html). Verona province is a very diverse area, with habitats ranging from montane/alpine to hill and plain, which are natural, seminatural or anthropogenic. A total of 988 species are listed. Localities, habitats, microhabitats, collecting methods, altitudinal range, months of capture, latest year of capture and number of specimens are given for each species. Comments are added for 149 remarkable species or genera (<em>i.e</em>. new to Italy, endemic, with particular geographic distribution, living in particular habitats, introduced, problematic from a taxonomic point of view), 7 species are new records for Italy (<em>Tachyporus corpulentus J.</em> Sahlberg, 1876, <em>Aleochara bellonata</em> Krása, 1922, <em>Aleochara marmotae</em> Sainte-Claire Deville, 1927, <em>Atheta (Ceritaxa) flavipes</em> (Hochhuth, 1860), <em>Atheta (Philhygra) pseudoelongatula</em> Bernhauer, 1907, <em>Stenomastax platygaster</em> (Kraatz, 1859), <em>Carpelimus boops rondaensis</em> (Fagel, 1957)), one is very probably new to science (<em>Leptusa</em> sp.). The biogeographic analysis of the data is mostly based on the comparison of the main areas of the province (Monte Baldo, Lessinia, Morene del Garda, course of Adige river, and plain). The presence of a good percentage (5%) of endemic species is pointed out. The communities inhabiting the principal habitats and microhabitats are commented on, and remarkable species living in the protected areas of the province are listed.
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Pazos, A. M. « Silvio TRAMONTIN (Dir.), Le radici venete di san Pio X. Atti del Convegno di Castelfrenco Veneto, 16-17 maggio 1986, Ed. Morcelliana («Biblioteca di Storia Contemporanea», s/n), Brescia 1987, 229 pp., 15 x 23. » Scripta Theologica 21, no 3 (28 février 2018) : 967. http://dx.doi.org/10.15581/006.21.20314.

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Ledermann, François. « Bassani,Angelo (ed.) : La Chimica e le tecnologie chimiche nel Veneto dell’Ottocento. Atti del settimo seminario di storia delle scienze e delle tecniche nell’Ottocento Veneto.Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2001. 513 p. Ill. (Seminari di Storia delle Scienze e delle Tecniche, 7). I 56.81. ISBN 88-86166-89-3. » Gesnerus 60, no 3-4 (3 novembre 2003) : 280–81. http://dx.doi.org/10.1163/22977953-0600304010.

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ABBRI, FERDINANDO. « GIAMPIERO BOZZOLATO, Giuseppe Toaldo. Uno scienziato europeo nel Settecento Veneto, Brugine (Padova), Edizioni 1 + 1, 1984, 262 p. Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo. Saggi 2 . » Annali dell'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze 10, no 2 (1985) : 141–43. http://dx.doi.org/10.1163/221058785x01768.

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Montinaro, Chiara. « L’apporto degli slavismi croati, serbi e sloveni all’italiano del nord-est ». SPONDE 2, no 1 (28 décembre 2022) : 79–92. http://dx.doi.org/10.15291/sponde.4090.

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L’obiettivo di questo lavoro è quello di identificare il contributo degli slavismi croati, serbi e sloveni penetrati in italiano, partendo dall’etimologia connessa alle tre lingue slave appartenenti al gruppo meridionale oggetto di indagine (oltre che dall’origine genericamente slava riportata dai dizionari). In un secondo tempo, l’attenzione è focalizzata sui prestiti che si affermano come regionalismi (in particolare quelli del nord-est), in cui si definisce il passaggio dall’italiano regionale all’italiano standard. Il corpus, ricavato in prevalenza dallo spoglio del GRADIT (2007) e dello Zingarelli (2021), si rivela cospicuo e, dal punto di vista quantitativo, i dati relativi all’influsso serbo e croato sono senza dubbio quelli più numerosi: si tratta di 48 lemmi nel solo GRADIT, etichettati in prevalenza come tecnicismi. Tra le aree geografiche maggiormente influenti, il contributo friulano e veneto occupa un posto di primo piano. Così, se l’influsso serbo e croato appare più marcato nell’area legata alla terminologia storica e politica (si tratta soprattutto di tecnicismi), le interferenze slovene, che si realizzano principalmente nel friulano, forniscono in primo luogo gastronimi (ma non solo); l’area veneta, invece, si contraddistingue per i contatti tra veneto e croato.
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Doria, Mario. « Sulla storia del toponimo Istriano Rabac ». Linguistica 28, no 1 (1 décembre 1988) : 49–51. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.28.1.49-51.

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Il nome della nota località balneare istriana Rabac (in grafia italianeggiante Rabaz) è attestato già nel 1341 sotto la forma Rabaç, precisamente negli Statuti di Albona [Labin] (cfr. P. Kandler "L'Istria" III, 1848, pp. 14 s.). A questo Rabaç fa riscontro, nel '500, Rabaz, che incontriamo nell'Itinerario Bragadin-Lando-Morosini dell'a. 1554 (ed. M. Bertoša VHARP 17, 1972, p. 41) e nel Catastico di Fabio da Canal dell'a. 1566 (ed. D. Klein, ib. 11-12, 1966-67, pp. 16- bis, 62). Rabaz ricompare in Carlo Donadoni, a. 1719 (P. Kandler Emporio p. 96, in "Miscellanea Conti" 1861-62), in un documento dell'a. 1749 (P. Kandler cit. p. 282), nonché nel Catasto di V. Morosini IV, a. 1775-76 (ed. M. Bratulić, Trieste-Fiume 1980, pp. 349-352). Anche la cartografia veneta di fine '700 attesta la forma Rabaz, così la nota carta dell'Istria Meridionale di Giov. Valle (Venezia 1784). Rabaz ricompare nel Reperto-Bargnani dell'a. 1806' (ed. E. Apih, ACRSR 12, 1981-82, p. 219), nell "' A vviso della Commissione per la vendita dei beni dello Sta to del Litorale", Trieste 15-1-1825 (Archivio di Stato, per gentile informazione del dott. Pierpaolo Dorsi), in Carlo Combi a. 1858-59 (cfr. E. Apih cit. p. 321) ecc. Rammenteremo anche la forma Rabatz (alternante con Rabaz) in R. P. Burton Note sopra i Castellieri (Capodistria 1877) p. 35 e Rabas (nella locuzione Porto Rabas in alcune carte geografiche del 1753 e 1780, Lago-Rossit OH indici), nonché in P. Tedeschi Viaggio fantastico in Oga Magoga, 1863, su cui v. P. Blasi "Voce Giul." 1-6-1984 p. 4). Abbastanza comune anche la locuzione Porto Rabaz, soprattutto nella cartografia istriana a partire dall'a. 1620 fino al 1797 (vedi gli indici in Lago-Rossit cit.): ricorderemo fra queste la Carta Geografka del Coronelli (Venezia 1696) nonché la Carta Santini ("à Venise" ante 1780, cfr. fot. in E. Schwarzenberg Plstr. 44 s. V, f. 8-9, 1980, p. 12); fra i moderni citeremo M. Gerbini Quaderni di Fianona (Trieste 1976) p. 41 e M. Catano, "In Strada Granda" N. 27 (aprile 1986) p. 26 e qualche altro.
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Bonfiglio-Dosio, Giorgetta. « L’archivio della Veneranda Arca di Sant’Antonio ». Documenta & ; Instrumenta - Documenta et Instrumenta 18 (14 avril 2020) : 41–73. http://dx.doi.org/10.5209/docu.68782.

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L’articolo illustra l’archivio dell’Arca, recentemente riordinato e inventariato.La devozione a s. Antonio da Padova cominciò molto presto, subito dopo la sua morte, avvenuta il 13 giugno 1231. L’anno seguente papa Gregorio IX canonizzò il frate francescano di origine portoghese e così si intensificarono i pellegrinaggi e le offerte dei fedeli. Iniziò la costruzione di una nuova chiesa dedicata al santo, grazie ai finanziamenti del comune cittadino, che si occupò fino al 1310 anche della gestione del denaro offerto per erigere la basilica. In seguito l’amministrazione delle cospicue proprietà immobiliari e del denaro offerti dai devoti fu affidata all’istituzione denominata “Veneranda Arca di s. Antonio” che è attiva e operante tuttora. L’archivio dell’Arca si è conservato quasi inte-gralmente a partire dal XV secolo e documenta non solo le vicende dell’istituzione e della chiesa, ma anche la storia di Padova e del suo territorio, in particolare del paese di Anguillara Veneta, donato nel 1405 dai Carraresi, signori di Padova e rimasta di proprietà dell’Arca fino al 1973.
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De Col, Alessandra, et Ilaria Picchio. « Figlio solo, solo un figlio, figlio unico ? Quando la lealtŕ al ricordo del fratello e al dolore dei genitori č figlia di un trauma da lutto ». RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, no 36 (décembre 2012) : 85–98. http://dx.doi.org/10.3280/pr2012-036006.

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In questo lavoro le autrici hanno voluto presentare un caso clinico in cui il concetto di lealtŕ al ricordo di chi č venuto a mancare e al dolore di tale trauma puň dar luogo a una sintomatologia che preannuncia una scissione psicologica, una difficoltŕ a definirsi all'interno della famiglia. L'etica e la fedeltŕ alla famiglia, la lealtŕ ad essa per proteggerla dal dolore, portano a sacrificare a volte il proprio sé. La lettura relazionale delle dinamiche della famiglia aiuta a mettere in luce la funzione della difficoltŕ a definirsi del piccolo M. In questa famiglia, come spesso accade in famiglie con bambini, M. č stato il filo di Arianna per entrare nel labirinto della sua dolorosa storia familiare e dipanarne la matassa. Tale famiglia ha aiutato anche le coterapeute a superare il loro "lutto" da separazione come coppia di terapia.
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Albertocchi, Giovanni. « Il "Cuore" censurato : Edmondo De Amicis e la formazione dello "spirito nazionale" in Argentina ». Quaderns d’Italià 26 (3 décembre 2021) : 257–70. http://dx.doi.org/10.5565/rev/qdi.522.

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Nel 1884 Edmondo De Amicis si reca in Argentina invitato dal direttore del quotidiano El Nacional a tenere delle conferenze su Garibaldi, Cavour, Mazzini ed altri personaggi della storia italiana. In questo modo prepara anche il terreno per il libro Cuore che arriverà in Argentina tre anni dopo e che sarà accolto trionfalmente, venendo addirittura adottato come libro di testo nella scuola. Verso la fine del secolo però una recrudescenza della cultura nazionalistica che si vedeva minacciata da quella degli emigranti, soprattutto italiani, fa sì che il libro di De Amicis venga proibito dal Consejo Nacional de Educación e sostituito da traduzioni che manipolavano l’originale, nazionalizzandolo in modo da salvaguardare lo “spirito nazionale argentino”. L’articolo analizza la tipologia di tre diversi modelli di traduzione: Corazón argentino. Diario de un niño di Carlota Garrido de la Peña, del 1913; Corazón, Traducción y adaptación para el niño argentino di Germán Berdiales e Fernando Tognetti, del 1937; e Corazón. Adaptación escénica al ambiente nacional del libro de E. de [sic] Amicis, di Germán Berdiales e Pedro Inchauspe, del 1921.
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Scerbo, Alberto. « L’infinita vanità del tutto. Sul politico e giuridico nel pensiero di Leopardi ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 53, no 2 (mai 2019) : 389–407. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819836663.

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L’approfondimento del rapporto duale tra natura e ragione, da cui origina la relazione tra poesia e filosofia, costituisce il viatico per un’indagine riguardante il pensiero di Leopardi in ordine al problema politico e giuridico. Premesso, così, lo scarto esistente tra stato di natura e stato di società, si analizzano le diverse forme sociali, all’interno di un discorso che propone il confronto critico tra antichità e modernità e senza discostarsi dal disegno della storia. Nella consapevolezza di ricondurre il tema politico ad una dimensione di autenticità, in cui la ragione sia integrata dalla natura, si procede poi ad una riflessione sulle forme di governo, distinguendo tra piano teoretico e piano storico. La scientificità propria della modernità detta l’atteggiamento di fondo leopardiano nei confronti del diritto e motiva la messa in discussione dell’esistenza della legge naturale, ma anche la valutazione mitica dell’idea di giustizia. L’approccio venato da un sostanziale realismo materialistico impedisce di ricercare significati profondi nelle dinamiche giuridiche e finisce per connettere l’efficacia del diritto al mero egoismo individualistico. Si rimarcano i limiti insuperabili nel funzionamento del diritto, sia di tipo funzionale che strutturale, e si rileva la distanza del fenomeno giuridico dal mondo della natura, con quanto ne consegue su ogni eventuale aspirazione all’universalità.
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Della Gala, Beniamino. « La parola rivoluzionaria abbassata al corporeo : Parodia carnevalesca e trauma in Abitare il vento di Sebastiano Vassalli ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 52, no 3 (11 juin 2018) : 808–23. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818781787.

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Il romanzo di Sebastiano Vassalli Abitare il vento (1980) costituisce un’interessante testimonianza della tematica dei cosiddetti “anni di piombo” nella letteratura italiana a partire dagli anni Settanta. Il protagonista, Cris, è uno sbandato uscito di galera che ha intrattenuto e intrattiene rapporti non ben definiti con la lotta armata. Attraverso un soliloquio che impasta differenti codici e registri linguistici senza soluzione di continuità, egli trascina il lettore in un’odissea tragicomica: alla ricerca di vecchie e nuove amanti, finirà per essere coinvolto come carceriere in un rapimento operato da una cellula di brigatisti. Una caratteristica peculiare dell’opera è il tono comico con cui questa tematica viene affrontata; l’articolo propone dunque un’analisi della comicità del romanzo a partire dalla categoria del “carnevalesco” teorizzata dallo studioso russo Michail Bachtin. In effetti nel testo ricorrono numerosi elementi tratti dal repertorio comico scandagliato dal critico nel suo studio dell’opera di Rabelais: tra questi risalta l’abbassamento declassante del lessico rivoluzionario alla sfera semantica del basso materiale e corporeo. Individuati gli elementi carnevaleschi del romanzo, l’articolo si interroga sulle funzioni di questa comicità, che si dispiega come critica parodica dell’ideologia, ma anche come strategia di “derealizzazione” finalizzata ad allontanare un’esperienza storica vissuta come trauma.
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Fassanelli, Benedetto. « Tra bando e integrazione. Gli zingari nell'Italia di etÀ moderna ». SOCIETÀ E STORIA, no 138 (novembre 2012) : 751–68. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-138004.

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Il saggio intende riflettere, attraverso alcune considerazioni sulla storia dei gruppi zingari in etÀ moderna, sull'opportunitÀ di introdurre il concetto di "ostilitÀ" come categoria interpretativa con cui leggere i rapporti tra societÀ maggioritarie e minoranze culturali. In particolare, si sofferma sulle forme del bando che colpiva, pressoché ovunque, gli zingari, assumendo come esemplificazioni la legislazione veneta del XVI secolo e il disegno di "riduzione" degli zingari intentato nel 1641 nello Stato pontificio. La persistenza della minoranza (nonostante i toni risolutivi del discorso repressivo e delle retoriche criminali) puň essere studiata alla luce dell'idea di ostilitÀ che rimanda ad una dimensione relazionale possibile, alla forma di integrazione di cui furono capaci le societÀ dell'epoca. Una relazione che si regge su un equilibrio instabile, ostile appunto, ma che non potrebbe essere compresa pienamente riferendosi al piů rigido binomio "tolleranza/intolleranza".
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Djuric, Zeljko. « Traduzioni dall’italiano di Joakim Vujic (I parte) ». Prilozi za knjizevnost, jezik, istoriju i folklor, no 83 (2017) : 31–52. http://dx.doi.org/10.2298/pkjif1783031d.

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Nel lontano 1802, a Trieste, dove ha raggiunto la comunit? serba che guidata dall?illustre scrittore Dositej Obradovic cercava di assorbire la cultura razionalistica europe per trapiantarla poi, almeno in parte, nell? tesssuto della cultura serba, Joakim Vujic studia le lingue straniere (italiano, francese, inghlese) e appena compiuto con successo i primi passi si mette a tradurre un romanzo italiano che gli ? venuto sotto mano: per esercitarsi nella lingua e per offrire al pubblico serbo un testo divertente e utile. Si tratta del romanzo di Antonio Piazza intitolato Il vero amore o sia la storia amorosa d?Irene ? Filandro, un testo linguisticamente complicato, non lontano, per stile, dalla tradizione del romanzo barocco italiano. Nella situazione culturale quando la lingua serba stava vivendo il periodo della sua lenta ed incerta maturazione, Joakim Vujic, nel tradurre, ha continuamente dovuto fare le scelte tra le soluzioni del serbo slavo, la lingua del ceto intellettuale, e del serbo volgare che in quel periodo si faceva strada per entrare nella letteratura. Il nostro lavoro cerca di descrivere e di analizzare il suo coraggioso tentativo.
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Martini, Andrea. « Fuori e dentro le mura dell'universitŕ. Il femminismo a Padova negli anni Settanta ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 294 (décembre 2020) : 99–127. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-294004.

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L'articolo intende ricostruire le vicende salienti del femminismo padovano, un movimento tra i piů importanti in Italia, anche in virtů della sua capacitŕ di tessere una rete di contatti ben al di fuori della provincia veneta, ma assai trascurato fino a ora dagli studi. L'autore tuttavia, anziché limitarsi a tracciarne la storia, adopera il punto di vista del femminismo padovano per concentrarsi sul rapporto del movimento femminista nel suo complesso con l'universitŕ. L'obiettivo č quello di dimostrare quanto l'immagine che si č consolidata nel tempo tra storici e sociologici di un femminismo plasmatosi al di fuori del mondo accademico, quasi in opposizione a esso, vada messa in discussione. Il caso padovano problematizza infatti tale rapporto mettendo in luce gli sforzi profusi e le pratiche messe in atto da alcune esponenti del femminismo - quali per esempio Mariarosa Dalla Costa e Franca Bimbi - per assaltare tanto gli spazi quanto i saperi dell'universitŕ, un luogo, all'alba degli anni Settanta, ancora profondamente dominato da una presenza maschile e da una cultura maschilista.
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Bianchini, Paolo. « La funzione pedagogica dell’estetica totalitaria. La scuola fascista e la celebrazione della Prima Guerra Mondiale in Italia. Il caso di Torino ». Educar em Revista 35, no 73 (février 2019) : 135–60. http://dx.doi.org/10.1590/0104-4060.62734.

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SOMMARIO La scuola, anche dal punto di vista architettonico e dell’arredo scolastico, è senza dubbio un prodotto culturale tipico di ogni epoca storica. Durante il fascismo, essa ha svolto il compito di formare il cittadino-soldato, amante della patria e obbediente ai voleri del duce. Servendosi in maniera massiccia dell’arte e della bellezza, la scuola ha assunto un compito centrale nello Stato fascista, venendo incaricata della trasmissione di un’identità nazionale basata sul culto di coloro che erano morti per la costruzione dell’Italia unita. L’arte, in tutte le sue forme, ma specialmente quelle architettoniche e plastiche, è stata per questo abilmente utilizzata nel ventennio fascista come strumento di trasmissione di una pedagogia della morte e della guerra, considerata come imprescindibile per l’“italiano nuovo”. Il saggio indaga i meccanismi con cui l’estetica totalitaria fascista è stata applicata nelle scuole di Torino negli anni del primo dopoguerra, ricoprendo una parte imprescindibile - seppur insospettabile per molti - nella costruzione del consenso.
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ΠΑΠΑΚΩΣΤΑ, ΧΡΙΣΤΙΝΑ Ε. « ΠΑΡΓΑ, ΠΡΕΒΕΖΑ, ΒΟΝΙΤΣΑ : ΑΣΤΙΚΕΣ ΣΥΣΣΩΜΑΤΩΣΕΙΣ ΣΤΑ ΒΕΝΕΤΙΚΑ ΗΠΕΙΡΩΤΙΚΑ ΕΞΑΡΤΗΜΑΤΑ ». Eoa kai Esperia 7 (1 janvier 2007) : 213. http://dx.doi.org/10.12681/eoaesperia.91.

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<p>Il tema della mia ricerca è la ricostruzione della storia delle comunità e deiloro consigli durante la venetocrazia nella costa occidentale dello Ionio e inparticolare nelle città di Parga, nel corso del Quattrocento, di Prevesa e diVonizza nel Settecento. I dati archivistici e bibliografici sono stati raccolti inseguito allo spoglio dei relativi fondi conservati presso l'Archivio di Stato diVenezia e le varie biblioteche della città.</p><p>I termini "comunità" ο "consiglio della comunità" descrivono un organocollettivo istituzionalmente riconosciuto dall'amministrazione centraleveneziana. Sede del consiglio era il centro cittadino e godevano del privilegiodi parteciparvi solo i membri maschi delle famiglie più influenti e facoltose edi provata appartenenza alla classe dei cittadini.</p><p>Nelle tre città in esame le famiglie aggregate al consiglio erano statescelte ancora prima che venisse costituita la comunità e in seguito non erapermessa alcuna ammissione se prima non si fosse estinta un'altra famiglia. Inquesto senso, le tre corporazioni civili possono essere definite come consiglicivili "serrati".</p><p>II consiglio, essendo il meccanismo centrale dell'organizzazione dellasocietà, assegnava annualmente le cariche locali, le quali affiancavano gliufficiali veneti (governatori, capitani, provveditori) all'esercizio del governodel paese.</p>
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Criscuolo, Vittorio. « Pietro Custodi in morte di Napoleone ». SOCIETÀ E STORIA, no 173 (novembre 2021) : 457–92. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173002.

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Il saggio si sofferma innanzitutto sui contrasti che contrapposero Pietro Custodi, dopo la caduta del Regno d'Italia, alla Reggenza provvisoria e poi alle autorità del Regno lombardo-veneto. La censura milanese gli negò più volte il permesso di pubblicare una raccolta di biografie. In effetti dietro la sua attività di studioso e di bibliofilo vi era un preciso programma politico: attraverso la sua opera di rivalutazione della tradizione storica e culturale italiana egli intendeva porre le radici della coscienza nazionale. Il conflitto con le autorità austriache culminò nel 1818 nella sua detenzione arbitraria alla Senavrina, un ospizio per i pazzi. La sua opposizione al clima culturale e politico della Restaurazione spiega l'evoluzione della sua posizione rispetto a Napoleone; in gioventù, quando era un ardente giacobino, egli lo aveva duramente criticato ma quando ebbe la notizia della sua morte compose un'ode in sua memoria per esaltarne la grandezza. Nella poesia egli rinnova per altro le accuse a Napoleone di avere tradito le speranze riposte in lui dai popoli. Nell'appendice sono riprodotti tre componimenti poetici di Custodi e diversi documenti conservati nelle sue carte alla Bibliothèque nationale de France.
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Toso, Fiorenzo. « Parole ritrovate ». Linguistica 49, no 1 (29 décembre 2009) : 235–45. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.49.1.235-245.

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L'articolo propone una serie di voci raccolte nel dialetto di Arenzano, un centro della Riviera ligure a pochi chilometri da Genova: tali parole corrispondono a forme presenti nella letteratura antico-genovese (secc. XIII-XV) che non sono più documentate nei repertori e nei testi successivi, e in particolare nei vocabolari sui quali è venuto fissandosi, negli ultimi duecento anni, il canone del genovese scritto. Tutte queste voci presentano comunque interessanti evoluzioni semantiche, il cui interesse va al di là della facile individuazione dell'etimo originario: alcune inoltre sono ancora presenti in aree laterali estreme della Liguria, mentre altre risultano attestate, allo stato attuale, nel solo dialetto di Arenzano. Questi elementi propongono alcuni spunti di riflessione in merito al rapporto che intercorre tra aree particolarmente conservative e aree innovative, e confermano al tempo stesso la possibilità di reperire, anche in dialetti apparentemente ben noti e documentati, motivi di interesse e contributi allo sviluppo dell'analisi in prospettiva sincronica e diacronica, di fenomeni di più vasta portata. Esemplare in tal senso è il caso della voce siömma, un continuatore del grecismo CELEU(S)MA col quale si riapre in certo qual modo il problema della storia e dell'irradiazione di una serie di continuatori, tra i quali la ben nota voce italiana ciurma 'equipaggio di mare'.
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Tekavčić, Pavao. « L'Istroromanzo in una recente pubblicazione lunguistica ». Linguistica 28, no 1 (1 décembre 1988) : 111–24. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.28.1.111-124.

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Aggiunte, commenti, rettifiche, risposte alla problematica istroromanza nel volume omaggio a Žarko Muljačić Romania et Slavia Adriatica Il recente volume omaggio a Žarko Muljačić Romania et Slavia Adriatica (Hamburg, Buske Verlag, 1987) riserva, come è naturale, una notevole parte dello spazio ai dialetti chiamati istroromanzi o istrioti: infatti, sui 41 contributi ben 8 concernono l'istroromanzo (in seguito: IR). Vi sono discusse o almeno toccate tutte le questioni della genesi, della storia e della posizione dell'IR nella Romània. Prescindendo ovviamente dal nostro contributo, intendiamo soffermarci sul testo introduttivo di G. Holtus e J. Kramer Streiflichter auf Forschungen zum Dalmatischen und zum Istroromanischen, pp. 43-53 (soprattutto p. 48 sgg.) e sui contributi di J. Kramer (Was sind italienische Mundarten? Bemerkungen zur Klassifikation des «lstroromanischem>, pp. 91-100), E. Blasco Ferrer (L 'istroromanzo, una lengua-puente. Analisi tipologica e genetica della desinenza di persona dell'indicativo presente, pp. 101-113) e G. Ineichen (Bemerkungen zur Stellung des Istriotischen, pp. 115-125). C} soffermeremo inoltre sul testo di M. Iliescu (Les caractéristiques de la flexion synthétique des verbes réguliers en istro-roman en perspective romane, pp. 365-372), mentre non abbiamo trovato elementi discutibili negli articoli di M. Doria (Note etimologiche al lessico istro-veneto ed istrioto, pp. 255_...:265) e di G. Holtus (Beiträge zur Lexikographie des Istroromanischen: der «Vocabolario giuliano» von Enrico Rosamani, pp. 525-535).
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Pintarić, Mario. « “Angelus De Putti” – prilozi za padovanskog kipara u Istri i Venetu ». Radovi Instituta za povijest umjetnosti, no 45 (31 décembre 2021) : 93–104. http://dx.doi.org/10.31664/ripu.2021.45.07.

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U radu se donose nepoznati arhivski zapisi te nekoliko novih atribucija kojima se proširuje opus padovanskog kipara Angela De Puttija (Padova, oko 1681. – Žminj, 1731.). Majstor je tijekom svoje karijere bio aktivan u Vicenzi, Ferrari, Goriziji i Ljubljani, odnosno na širem području Veneta, Furlanije, Kranjske, Koruške, Istre i Kvarnera. Iako kipar Angelo De Putti ima pozamašnu fortunu criticu i opus, dosad nije bio poznat podatak o njegovoj smrti. Iz novopronađenoga arhivskog zapisa saznajemo kako je Angelo De Putti umro u Žminju 14. ožujka 1731. godine u dobi od otprilike 50 godina te je bio pokopan u mjesnoj župnoj crkvi. Također, donosi se i podatak kako je u Žminju 31. prosinca 1743. godine umro i Angelov sin, kipar Giuseppe. U opus Angela De Puttija prije dolaska u Istru uvrštavaju se kipovi svetog Šimuna Stocka i Terezije Avilske s pročelja crkve Gospe Karmelske u Esteu. Isto tako pripisuju mu se i dva tugujuća anđela iz crkve Madonna del Pilastro u Esteu. Kao majstorov rad prepoznati su i kameni kipovi svetog Antuna Opata, Antuna Padovanskog, Antonina i dva anđela s pročelja župne crkve svetog Antonina u Salvaterri. Uz De Puttijeve kipove, na pročelju u Salvaterri prepoznati su i kipovi Giovannija i Antonija Bonazze. Tako su uz dva anđela s portala crkve u Salvaterri u opus Giovannija Bonazze još uvršteni mramorna figura Gospe Karmelske sa stipesa glavnog oltara crkve Gospe Karmelske u Esteu. S druge strane kao djela Antonija Bonazze prepoznati su kameni kipovi svete Eurozije i svete Ilarije iz Salvaterre te kip Uskrslog Krista s dražbe aukcijske kuće San Felice iz Pistoije.
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Jardilino Maciel, Antonio Frank. « Uno sguardo sulla questione della temporalità ». Perspectivas 4, no 2 (23 mars 2020) : 23–51. http://dx.doi.org/10.20873/rpv4n2-58.

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Nel contesto scientifico la plasticità e l’epigenesi sono divenuti due dei concetti più pregnanti del nostro tempo. Il primo, dislocato dal suo ambito originario, cioè l’estetica, continua a rivelare il suo potenziale filosofico, scientifico ed epistemologico. Nel pensiero di Catherine Malabou, la plasticità ha subito una vera e propria metamorfosi concettuale – dalla plasticità della temporalità alla plasticità cerebrale –, riferendosi alla capacità di ricevere e dare una forma. Allo stesso tempo, la “bomba al plastico” è una sostanza che provoca violentissime deflagrazioni. Nel primo caso, la plasticità ha una valenza positiva, venendo concepita come una sorta di lavoro “scultoreo” in senso biologico. La plasticità struttura l’identità, costituisce la sua storia, la temporalità e l’avvenire di una soggettività vivente. Nel secondo, la plasticità è una pura negazione. Nessuno pensa alla “plasticità cerebrale” come il lavoro radicale del negativo all’opera nelle lesioni cerebrali, nella deformazione o nella rottura delle connessioni neuronali, nelle sofferenze psichiche, nelle strutturazioni che avvengono nel vivente, nei traumi vari, nelle catastrofi naturali e politiche, nelle malattie neurodegenerative. Nella sua evoluzione teorica la plasticità verrà articolata in stretta relazione con lo sviluppo neuronale. La neuroplasticità, come concetto scientifico, ci consente di stabilire un ancoraggio biologico alla questione della formazione e decostruzione della soggettività e della temporalità. In questo senso, la plasticità non è il semplice riflesso del mondo, ma è frutto di un’istanza biologica conflittuale che rivela la forma di un altro mondo possibile. Da un lato, l’elaborazione di un pensiero dialettico in ambito neuronale, inteso come sviluppo neuroplastico, ci permette di uscire dalla stretta alternativa tra riduzionismo e antiriduzionismo, la quale è sempre rappresento il limite teorico della filosofia occidentale degli ultimi anni. Dall'altro, è possibile assumere il carattere trascendentale del pensiero totalmente connessa alla sua materialità. La nozione di epigenesi, in questo caso, si afferma come una “nuova forma di trascendentale”. Come figura biologica l’epigenesi si pone come condizione di possibilità della conoscenza e della razionalità rivelando, pertanto, la sua caratteristica a priori. Per mezzo delle nozioni di plasticità ed epigenesi il tempo può essere indagato in stretta connessione con la vita, con lo sviluppo organico del vivente, oltre che a permetterci una nuova visione della soggettività.
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Basile, Bruno, et Franco Fido. « Il paradiso dei buoni compagni. Capitoli di storia letteraria veneta (Ruzante, Calmo, Giancarli, Parabosco ; Baretti, Chiari, Casanova, Goldoni ; Noventa, Marin, Giotti, Pasolini) ». Italica 68, no 2 (1991) : 235. http://dx.doi.org/10.2307/479863.

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Chiafele, Anna. « Il viaggiatore sedentario (1993) e Città e dintorni (2001) : sensibilità postmoderna e etica ambientale in due testi odeporici di Luigi Malerba ». Quaderni d'italianistica 36, no 2 (27 juillet 2016) : 155–72. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v36i2.26903.

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Résumé :
In questo saggio si vogliono prendere in disamina due testi di Luigi Malerba: Il viaggiatore sedentario (1993) e Città e dintorni (2001). Questi testi odeporici raccontano i viaggi di Malerba in Cina, Thailandia, Europa, Nord America, Grecia e Asia Minore e raccolgono le riflessioni dell’autore nate e rielaborate lungo un ampio arco di tempo. Grazie al supporto teorico offerto dal lavoro di studiosi quali Serenella Iovino, Serpil Oppermann, Ursula Heise e Rob Nixon, quest’articolo evidenzia la sensibilità postmoderna di Malerba verso l’ambiente e la sua maestria nel raffigurare il rapporto complementare esistente tra l’essere umano e la natura, tra l’umano e il non-umano. Dalle pagine di questi testi odeporici emerge, con forza, la figura di un uomo sensibile, intelligente, curioso, ironico e attento alle storie di tutti quegli esseri ignoti di passaggio sul pianeta Terra. Le osservazioni di Malerba non cadono mai in localismo nostalgico e tantomeno in “utopia regressiva” (Parole al vento 230). L’autore, invece, mostra rispetto e premura per ogni luogo, abitazione, cultura e popolo con cui entra in contatto nei sui numerosi viaggi a “zig-zag” (Viaggiatore 8) sempre fatti in compagnia della moglie Anna Lapenna.
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WALEY, DANIEL. « Mutui e risarcimenti del comune di Treviso (secolo XIII). By Alfredo Michielin. (Fonti per la Storia della Terraferma Veneta, 20.) Pp. cxxviii+1335+12 plates. Rome : Viella, 2003. €110. 88 8334 118 X ». Journal of Ecclesiastical History 57, no 1 (janvier 2006) : 136. http://dx.doi.org/10.1017/s0022046905716213.

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MacKenney, Richard. « Dall'anabattismo veneto al ‘Sozialevangelismus’ dei Fratelli Hutteriti e all'illuminismo religioso sociniano. By Aldo Stella. (Italia Sacra. Studi e Documenti di Storia Ecclesiastica, 54.) Pp. viii+224. Rome : Herder, 1996. L. 58,000. 88 85876 26 9 ». Journal of Ecclesiastical History 52, no 03 (juillet 2001) : 521. http://dx.doi.org/10.1017/s0022046901537392.

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Bourdua, Louise. « Il Regestum possessionum comunis vincencie del 1262. Edited by Giorgio Cracco. (Fonti per la storia della terraferma Veneta, 23.) Pp. lxxix+509 incl. 1 ill.+10 plates and CD ROM. Rome : Viella, 2006. €58. 88 8334 214 3 - Il Liber contractuum dei Frati Minori di Padova e di Vicenza (1263–1302). By Elizabetta Bonato (with Elisabetta Bacciga and Antonio Rigon). (Fonti per la storia della terraferma Veneta, 18.) Pp. xlii+1163. Rome : Viella, 2002. 88 8343 077 9 ». Journal of Ecclesiastical History 59, no 4 (octobre 2008) : 754–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0022046908004338.

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Cavallo, Sandra. « Donatella Bartolini, Medici e comunità : esempi dalla terraferma veneta dei secoli XVI e XVII, Miscellanea di Studi e Memorie, XXXVII, Venezia, Deputazione di Storia Patria per le Venezie, 2006, pp. xii, 279, €25.00 (paperback). » Medical History 52, no 1 (1 janvier 2008) : 147–48. http://dx.doi.org/10.1017/s0025727300002234.

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SILVA, Claudilene Maria da, Lucimar Rosa DIAS et Silvani dos Santos VALENTIM. « A Pensadora Negra em Educação Petronilha Beatriz Gonçalves e Silva : Memórias e Reflexões ». INTERRITÓRIOS 6, no 12 (7 décembre 2020) : 299. http://dx.doi.org/10.33052/inter.v6i12.249002.

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RESUMOO presente texto retoma questões relevantes sobre o pensamento negro em educação no Brasil. Por meio desta entrevista aprofundamos como 23 anos depois da publicação do livro que inaugurou os debates a esse respeito, as questões sobre o pensamento negro brasileiro coerentemente reverberam, desafiam e interpelam a Educação das Relações Étnico-Raciais no alvorecer do século XXI. Profa. Petronilha afirma que tal pensamento veio com os povos Negros africanos escravizados e que na Diáspora foram sendo recriados e refeitos, particularmente por meio das experiências dos/as professores/as negros/as, especialmente das professoras negras, durante todo o século XX. Foram destacados durante a entrevista elementos como a relevância e atualidade de uma práxis pedagógica antirracista e propostas do movimento Negro, das instituições Negras e dos projetos e pesquisas que assumem um compromisso visceral e dialógico com a história e perspectiva do povo Negro. Por meio de suas memórias familiares e escolares a entrevistada nos lembra que, por mais escolarizadas/os que sejamos, não podemos prescindir do pensamento que é construído nos núcleos familiares, nas comunidades, nos espaços religiosos de matriz africana e pelo movimento Negro. É importante ter presente que existe um pensamento Negro em educação em todas as áreas da vida. Ainda que importantes organizações do movimento Negro tenham se articulado nos anos 1970, é anterior a este período a formulação do pensamento Negro em educação. Este pensamento antecede o movimento Negro organizado como nós o conhecemos. Ele foi, de fato, iniciado pelas professoras Negras do antigo Ensino Primário, hoje Ensino Fundamental.Educação. Pensamento Negro. Professoras Negras. Movimento Negro.ABSTRACT This text takes up relevant questions about black thought in education in Brazil. Through this interview we went on to deepen how 23 years after the publication of the book that inaugurated the debates in this regard, questions about Brazilian black thought consistently reverberate, challenge and question the Education of Ethnic-Racial Relations at the dawn of the 21st century. Professor Petronilha affirms that such thought came with the enslaved African Black people and that in the Diaspora they are being recreated and remade, particularly through the experiences of Black teachers, especially Black female teachers, throughout the 20th century. Elements such as the relevance and timeliness of an anti-racist pedagogical praxis and proposals from the Black movement, Black institutions, projects and research that assume a visceral and dialogical commitment to the history and perspective of the Black people were highlighted during the interview. Through her family and school memories, the interviewee reminds us that, no matter how schooled we are, we cannot do without the thought that is built in family nuclei, in communities, in religious spaces of African base and by the Black movement. It is important to keep in mind that there is a Black thought in education in all areas of life. Although important organizations of the Black movement were articulated in the 1970s, the formulation of Black thought in education predates this period. This thought precedes the organized Black movement as we know it. It was, in fact, initiated by Black teachers from Primary School, today known as Elementary School.Education. Black Thought. Black Teachers. Black Movement.RESUMENEste texto retoma cuestiones relevantes sobre el pensamiento negro en la educación en Brasil. A través de esta entrevista pasamos a profundizar cómo 23 años después de la publicación del libro que inauguró los debates al respecto, las preguntas sobre el pensamiento negro brasileño reverberan, desafían y cuestionan consistentemente la Educación de las Relaciones Étnico-Raciales en los albores del siglo XXI. Profa. Petronilha afirma que este pensamiento llegó con los negros africanos esclavizados y que en la Diáspora fueron recreados y rehechos, particularmente a través de las experiencias de los maestros negros, especialmente los maestros negros, a lo largo del siglo XX. Durante la entrevista se destacaron elementos como la relevancia y actualidad de una praxis pedagógica antirracista y propuestas del movimiento negro, instituciones y proyectos negros e investigaciones que asumen un compromiso visceral y dialógico con la historia y perspectiva de los negros. A través de sus recuerdos familiares y escolares, la entrevistada nos recuerda que, por muy escolarizados que estemos, no podemos prescindir del pensamiento que se construye en los núcleos familiares, en las comunidades, en los espacios religiosos de origen africano y por el movimiento negro. Es importante tener en cuenta que existe un pensamiento negro en la educación en todos los ámbitos de la vida. Aunque en la década de 1970 se articularon importantes organizaciones del movimiento negro, la formulación del pensamiento negro en la educación es anterior a este período. Este pensamiento precede al movimiento negro organizado tal como lo conocemos. De hecho, fue iniciado por profesores negros de la antigua Escuela Primaria, hoy Escuela Primaria.Educación. Pensamiento negro. Maestros negros. Movimiento negro.SOMMARIOQuesto testo riprende questioni rilevanti sul pensiero nero nell'educazione in Brasile. Attraverso questa intervista siamo passati ad approfondire come 23 anni dopo la pubblicazione del libro che ha inaugurato i dibattiti a questo proposito, le domande sul pensiero nero brasiliano riverberano, sfidano e mettono in discussione costantemente l'Educazione alle Relazioni Etnico-Razziali all'alba del 21° secolo. Profa. Petronilha afferma che questo pensiero è venuto con i neri africani ridotti in schiavitù e che nella diaspora sono stati ricreati e rifatti, in particolare attraverso le esperienze di insegnanti neri, specialmente insegnanti neri, per tutto il XX secolo. Durante l'intervista, sono stati evidenziati durante l'intervista elementi come la rilevanza e la tempestività di una prassi pedagogica antirazzista e proposte dal movimento nero, istituzioni e progetti neri e ricerche che assumono un impegno viscerale e dialogico per la storia e la prospettiva del popolo nero. Attraverso i suoi ricordi familiari e scolastici, l'intervistata ci ricorda che, per quanto scolarizzati, non possiamo fare a meno del pensiero che è costruito nei nuclei familiari, nelle comunità, negli spazi religiosi di origine africana e dal movimento negro. È importante tenere presente che c'è un pensiero nero nell'educazione in tutti gli ambiti della vita. Sebbene importanti organizzazioni del movimento negro siano state articolate negli anni '70, la formulazione del pensiero negro nell'educazione è anteriore a questo periodo. Questo pensiero precede il movimento nero organizzato come lo conosciamo. Fu, infatti, iniziato da insegnanti neri della ex scuola elementare, oggi scuola elementare.Istruzione. Pensiero nero. Insegnanti neri. Movimento nero.
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Davis, John A. « Remapping Italy's Path to the Twentieth CenturyL'Organizzazione della città : Amministrazione urbana a bologna dopo L'Unita (1859-1889). Aurelio AlaimoTerra e denaro : Una borghesia padana dell'ottocento. Alberto M. BantiQuaderni Storici. A. M. Banti , M. MeriggiIl commune rustico : Storia sociale di un paese del Mezzogiorno nell' ottocento. Giuseppe CivileEsercito e società nell'Italia napoleonica. Franco Della PerutaEsercito e città dall'Unità agli anni Trenta.A Eboli : Il mondo meridionale in cent'anni di trasformazioni. Gabriella GribaudiMondo operaio e mito operaio : Spazi e percorsi sociali a Torino nel primo novecento. Maurizio GribaudiMerchants and Reform in Livorno, 1814-1868. David Lo RomerIl giardino degli aranci : il mondo degli agrumi nella storia del Mezzogiorno. Salvatore LupoOttocento, Famiglia, élites e patrimoni a Napoli. Paolo MacryI Signori della terra : L'organizzazione degli interessi agrari padani, 1860-1914. Maria MalatestaIl Mezzogiorno pre-Unitario : economia, società e istituzioni. Angelo MassafraIl regno Lombardo-Veneto. Marco MeriggiSuffragio, rappresentanza, interessi : Istituzioni e società fra '800 e '900. C. Pavone , M. SalvatiLatifondo : Economia morale e vita materiale in una perferia dell'ottocento.Marta PetrusewiczUna certa reciprocità di favori : Mafia e modernizzazione violenta nella Sicilia postunitaria. Paolo PezzinoIl commando impossible : Stato e società nell'Italia liberale. Raffaele RomanelliSulle carte interminate : Un ceto di impiegati tra privato e pubblico : i segretari comunali in Italia, 1860-1915. Raffaele RomanelliQuaderni Storici.Raffaele Romanelli , A. AnninoL'educazione delle donne : Scuole e modelli di vita femminile nell'Italia dell'Ottocento. Simoneta Soldani ». Journal of Modern History 66, no 2 (juin 1994) : 291–320. http://dx.doi.org/10.1086/244832.

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Brian, Giulia. « Recensione a "L’altra metà del Risorgimento. Volti e voci di patriote venete", a c. di Nadia Filippini e Liviana Gazzetta, Verona, Cierre, 2011. » altrelettere, 3 janvier 2013. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-10.

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Questa recensione intende presentare il volume a cura di Nadia Filippini e Liviana Gazzetta "L’altra metà del Risorgimento. Volti e voci di patriote venete" (Cierre 2011): esso si articola in due sezioni, una galleria di profili di trentatré patriote che, pur avendo fatto la Storia, facilmente sarebbero rimaste nel silenzio, e un prezioso archivio di documenti vergati dalle stesse. Le biografie, le testimonianze e la struttura ‘dinamica’ permettono al lettore e alla lettrice di seguire agevolmente i fili che le storie di queste donne intrecciano e di riconsiderare da un inedito e immediato punto di vista, quello delle loro voci, la storia del Risorgimento.
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« Martin L. Pine. Pietro Pomponazzi : Radical Philosopher of the Renaissance. (Pubblicazioni del centro per la storia della tradizione aristotelica nel Veneto, Saggi e Testi, number 21.) Padua : Antenore. 1986. Pp. 381 ». American Historical Review, février 1990. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/95.1.151-a.

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Celani, Cristina. « Camillo Robertini (a cura di), Questa terra è la mia terra. Storie del Veneto, del Salento e dell’America Latina ». Diacronie, N° 19, 3 (1 septembre 2014). http://dx.doi.org/10.4000/diacronie.1656.

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Fiorani, Valeria Piacentini. « OMAN AS POLE OF CULTURAL, MERCANTILE AND ECONOMIC BUSINESS BETWEEN EAST AND WEST ». Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio, 13 juillet 2017. http://dx.doi.org/10.4081/incontri.2017.276.

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Per capire l’importanza dell’Oman come polo culturale e mercantile e, allo stesso tempo, come perno politico e strategico nelle relazioni fra Oriente e Occidente, non si può prescindere dalla sua configurazione geografica e dal habitat umano che caratterizzano questa regione, di cui si accenna brevemente in questo discorso e in quello che segue. Si tratta di peculiarità che hanno avuto un profondo impatto sulla vita e la storia della regione per oltre cinque millenni, facendone un unicum nel contesto culturale dei mari che lo circondano e della stessa Penisola Arabica. Le evidenze archeologiche che stanno venendo alla luce confermano il ruolo dell’Oman come crocevia delle vie di terra e di mare. Per quanto riguarda l’Occidente europeo, fino a circa il secolo diciannovesimo viaggiatori ed esploratori descrivevano l’Oman come uno scatolone di sabbia, sassi e rocce – quanto più di inospitale potesse esserci – sprofondato nella nebbia delle leggende Bibliche della Regina di Saba e delle miniere di Re Salomone. Tuttavia, riesaminando alcuni documenti dagli archivi Italiani, e la ricca letteratura contemporanea in lingue Araba e Persiana (essenzialmente cronache, resoconti di viaggiatori e geografi, e codici commerciali), emerge un’immagine ben diversa, e le fonti, anziché contraddirsi, si integrano perfettamente. Da questi emerge l’importanza della posizione strategica dell’Oman all’imboccatura del Golfo, una posizione che, anziché dar vita a una florida pirateria, evolvette in una oculata politica di intese e alleanze matrimoniali con i paesi gravitanti sui mari circostanti, quali i potentati della fascia costiera Iranica e del Balochistan meridionale, l’India e l’Asia sud-orientale, e le coste orientali dell’Africa. E quando le relazioni fra popolazione delle coste omanite e comunità del hinterland si strutturò in equilibri sociopolitici e complementarità di servizi, allora l’Oman divenne il vero e proprio perno di nuove realtà politiche che diedero vita a veri e propri sistemi di terra e di mare. Nel discorso che segue, si esaminano alcune fasi ben precise della storia Omanita, quali il periodo del dominio Buyide (X secolo CE), il sistema politico costruito dai turchi Selgiuchidi (XIXIII secolo CE), e il regno di Hormuz fino all’arrivo dei Portoghesi (XVI secolo CE). Questi si distinguono per alcune realtà ben puntualizzate dalle fonti letterarie e le evidenze archeologiche, realtà che – si può dire –costituiscono l’identità dell’Oman fino ai giorni attuali. Ad esempio: l’interazione fra le genti del mare e le genti del hinterland, basata su una complementarità di rapporti e “servizi”; l’abilità di alcuni sovrani di evitare di essere coinvolti “a favore” o “contro” in caso di conflitti regionali, e di perseguire una politica basata sulla “inclusività” e non sulla “esclusività”; donde anche, la vitalità e il cosmopolitismo che regnò in determinate corti, e il dinamismo della popolazione che le circondava, fatta di comunità che convivevano attivamente fra loro in un vivace rapporto inter-religioso, inter-culturale e inter-etnico. Una realtà ben viva ancora oggi. Se poi si paragonano questi aspetti con determinate tradizioni del pensiero Islamico, è possibile rapportare queste realtà all’influenza del pensiero Ibadita sulle comunità Omanite, come verrà esplicitato nel discorso che segue.
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« MOMENTI DI PRESENZA ITALIANA A COSTANTINOPOLI—ISTANBUL ». Studia Polensia 07, no 01 (29 janvier 2019) : 61–71. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2018.07.01.04.

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La città fondata dall’Imperatore Costantino nel quarto secolo è ricca di presenza italiana dai tempi remoti fino a oggi. Questa presenza, avvertita non solo nel campo della storia, ma anche in quello dell’arte e della cultura, si rispecchia in diversi modi nella città sorta — come Roma — su sette colli. Volendo partire dal passato bizantino, si menzionerà la torre di Galata, costruzione che ancor’oggi domina la città bassa oltre il Corno d’oro e che conserva numerose memorie culturali e rimandi che rievocano l’Italia. Se si va al periodo della conquista di Costantinopoli, da parte di Fatih Mehmet (Maometto Secondo), è doveroso ricordare il quartiere di Pera, dove abitavano il bailo veneto e numerose famiglie di stessa provenienza. Pera fu nel Sei e Settecento la scena della formazione di una scuola di lingue per interpreti (secondo un modello ottomano già esistente), quindi si assistette a una concezione modernissima e importante di presenza di culture diverse. Verso il tardo Settecento e per tutto l’Ottocento Costantinopoli—Istanbul fu la meta di varie categorie di viaggiatori, tra cui missionari, uomini d’affari, turisti e scrittori come Gustave Flaubert, Pierre Loti, Edmondo de Amicis e nel Novecento Corrado Alvaro e Giuseppe Antonio Borgese, che ne hanno dato testimonianza scritta nelle loro opere. Inoltre, gli Italiani hanno lasciato la loro impronta indelebile attraverso le opere di architetti tra i quali Raimondo D’Aronco e pittori quali Fausto Zonaro, ammirati nella ex-capitale ottomana e stimati nella Turchia odierna. Nella città di Costantinopoli—Istanbul si può tracciare, fin dal Medioevo, una presenza stabile di artisti italiani, che tutt’ora continua a persistere. L’attuale rappresentante è, senz’altro, il regista e scrittore Ferzan Özpetek, nato e cresciuto a Istanbul, che si definisce italiano e che costituisce un trait d’union tra le due culture con i suoi film, che non mancano di originalità e multiculturalità.
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« Relazioni dei rettori veneti nel Dogado. Podestaria di Chioggia (Istituto di storia dell'Università di Udine. Serie monografica di storia moderna e contemporanea, vol. 1), Milan, Giuffrè éd., 1982, 262 p. (bibliog. et index). » Annales. Histoire, Sciences Sociales 40, no 3 (juin 1985) : 552. http://dx.doi.org/10.1017/s0395264900083700.

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Page, James. « RIVERBED, BANKS AND BEYOND : AN EXAMINATION OF ROMAN INFRASTRUCTURE AND INTERVENTIONS IN RESPONSE TO HYDROLOGICAL RISK IN THE PO–VENETIAN PLAIN ». Papers of the British School at Rome, 18 novembre 2021, 1–30. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246221000258.

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Résumé :
Water poses a particular challenge to the cities and settlements of the Po–Venetian plain. The region has some of the highest levels of precipitation in Italy and is criss-crossed by dozens of rivers, including the Po, Adige and Tagliamento. Throughout history, there was considerable hydrological risk to the well-being of riparian communities from hazards such as flooding and lateral channel movement, yet local residents did not sit idly by. This article synthesizes the available evidence for Roman responses to hydrological risk in the Po–Venetian plain from the first century BC to the sixth century AD, examining their workings and the hazards they sought to counteract, integrating them into wider discussions on risk in the Roman world. The responses are divided into the categories of defensive works (embankments and dykes) and channel interventions (channel rectification, channel diversion and dredging). While the effectiveness of these methods is questioned, in particular their potential to cause unintended changes to the watercourse, the decision by riparian communities to undertake them suggests a degree of local success. Nevertheless, an examination of the archaeological and palaeoclimatic evidence suggests a discrepancy between peak intervention and peak risk, implying increasing vulnerability and risk acceptance amongst riparian communities during late antiquity. L'acqua pone una particolare sfida alle città e agli insediamenti della pianura padano-veneta. La regione è caratterizzata da alcuni tra i più alti livelli di precipitazioni in Italia ed è attraversata da molti fiumi, tra cui il Po, l'Adige e il Tagliamento. Nel corso della storia, le comunità rivierasche hanno dovuto affrontare un notevole rischio idrologico legato a inondazioni e instabilità dei canali laterali. Gli abitanti dell'area non sono certamente rimasti a guardare. Questo articolo propone una sintesi delle evidenze disponibili relativamente alle risposte romane al rischio idrologico nella pianura padano-veneta dal I secolo a.C. al VI secolo d.C., esaminando il loro funzionamento e i pericoli che hanno cercato di contrastare, integrandole in più ampie discussioni sul rischio nel mondo romano. Le soluzioni individuate per arginare il rischio idrogeologico sono suddivise nelle categorie di opere difensive (argini e fossati) e interventi di canalizzazione (modifiche e deviazioni dei canali e dragaggio). Sebbene l'efficacia di questi metodi sia stata messa in dubbio, in particolare la loro possibilità di causare cambiamenti non intenzionali al corso d'acqua, la decisione delle comunità rivierasche di adottarli suggerisce un certo grado di successo locale. Tuttavia, un esame delle testimonianze archeologiche e paleoclimatiche suggerisce una discrepanza tra il picco di intervento e il picco di rischio, implicando una crescente vulnerabilità e un'accettazione del rischio tra le comunità rivierasche durante la tarda antichità.
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Loud, G. A. « Le carte del capitolo della Cattedrale di Verona, II : (1152–1183). By Emanuela Lanza. (Fonti per la Storia Della Terraferma Veneta, 22.) Pp. lxxix+351+16 plates. Rome : Viella, 2006. €45. 88 8334 196 1 ». Journal of Ecclesiastical History 58, no 04 (octobre 2007). http://dx.doi.org/10.1017/s0022046907001959.

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