Articles de revues sur le sujet « Storia del teatro napoletano »

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1

Mosca, Anna. « Scannasurice di enzo moscato : um esempio di plurilinguismo del teatro italiano ». Dramaturgias, no 7 (4 juillet 2018) : 14–31. http://dx.doi.org/10.26512/dramaturgias.v0i7.9505.

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Résumé :
Il presente articolo propone una riflessione sulla peculiarità linguistica, e conseguentemente, sulle specifiche questioni traduttologiche del Teatro Italiano, attraverso lo studio di Scannasurice (Degolarratos), testo teatrale del drammaturgo, attore e regista Enzo Moscato, come esempio di scrittura ibrida tra italiano e napoletano. Si analizza dunque la traduzione di alcuni frammenti di Scannasurice dal napoletano al portoghese del Brasile e, pari- menti, si presenta la contestualizzazione dell’opera nella prospettiva storica, artistica, teatrale nell’ambito della Tradizione Drammatica Italiana e Napoletana.
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Fabris, Dinko. « Circolazione dell’opera italiana attraverso i teatri non europei del Mediterraneo : Il caso degli italiani al Cairo intorno alla prima dell’ Aida del 1871 ». Artigrama, no 36 (9 décembre 2022) : 223–40. http://dx.doi.org/10.26754/ojs_artigrama/artigrama.2021368108.

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Résumé :
Per un secolo e mezzo, l’episodio della prima dell’Aida di Verdi al Cairo nel 1871 hacatturato l’attenzione degli studiosi, che non hanno mai esplorato sistematicamente il contestooperistico —allo stesso tempo locale e globalizzato— in cui quella vicenda si era inserita. Inrealtà l’Egitto stava vivendo una fase di grande interesse per l’opera e per i teatri all’europea,condivisa da molti altri territori dell’impero ottomano a cominciare dalla capitale Costantinopoli. Compagnie di cantanti italiani avevano già portato il repertorio più aggiornato dell’operaitaliana prima ad Alessandria e poi al Cairo e, negli stessi anni della produzione di Aida, unacompagnia era stata scritturata per una stagione di opere francesi e italiane, con la direzione diNicola De Giosa, compositore di scuola napoletana e primo vero direttore dell’orchestra del Teatrodi San Carlo. Come il prediletto di Verdi, Emanuele Muzio, anche De Giosa fu però scartato dalsovrintendente del teatro egiziano, che affidò la direzione di Aida a Bottesini. Alcuni frammentisuperstiti di documentazione consentono di intuire il peso della presenza degli artisti italianinella nascita del teatro d’opera vicereale al Cairo. Artisti e direttori itineranti, ma anche glialtri individui coinvolti nelle prime rappresentazioni di opere europee in Egitto, sono certamenteprotagonisti di una storia minore, ma che ci sembra interessante cominciare a ricostruire perinserire queste vicende di mobilità artistica in una più ampia rete dei teatri del Mediterraneo.
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3

Boggio, Maricla. « Regina Bianchi e il sangue del teatro Napoletano ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 52, no 2 (7 février 2018) : 582–91. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818755364.

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Résumé :
Nata nel 1921, Regina Bianchi matura insieme a un teatro che da semplice dialettalità si fa, con Eduardo, giudice del mondo e rappresentante di un popolo e della sua grandezza e miseria, affrontando tutta la strada dei ruoli nelle opere rappresentate e arrivando ben presto ai personaggi di maggior rilievo. Il traguardo è il ruolo di Filumena Marturano con cui Eduardo De Filippo le impone di cimentarsi, lei recalcitrante per paura del confronto con la grande Titina De Filippo. Vita privata e professione recano in lei il segno del personaggio materno, che i registi più diversi le affidano e in cui lei si immedesima attraverso una sensibilità sempre rinnovata e al tempo stesso coerente con un modello, quella di Filumena a cui si aggiungono la protagonista di Napoli milionaria, la Zà Croce del pirandelliano Liolà, Anna la madre di Maria, Adelaide madre di Giacomo Leopardi fino a dare la sua impronta di sensibilità partenopea nella Madre dei Sei personaggi in cerca d’autore diretta da Zeffirelli. La caratteristica partenopea della sua recitazione, immedesimata nei sentimenti e al tempo stesso straniata nel modo di porsi, consente a Regina di essere anche protagonista di un teatro che supera i confini della napoletanità.
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4

Taffon, Giorgio. « “Assurdo napoletano” : Eduardo anni Quaranta ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 52, no 2 (17 avril 2018) : 592–99. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757477.

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Résumé :
Il presente contributo vuol riprendere alcune mie riflessioni sulla svolta drammaturgica, tematica e teatrale di Eduardo De Filippo negli anni Quaranta, espresse in particolare in due volumi, Scritture per la scena, del 2001 (coautore Marco Ariani), e Maestri drammaturghi nel teatro italiano del ‘900, del 2005. Intenzione di chi scrive è quella di mettere ulteriormente a fuoco, anche sulla scorta di altri interventi critici e interpretativi più recenti, i modi in cui, partendo da una cultura tradizionale, dialettale, anche “bassa”, e da tipiche basi etnoantropologiche cronotopiche, Eduardo De Filippo ha saputo allinearsi su posizioni di cultura “alta”, fin europea, portando il neorealismo esemplare di Napoli milionaria! all’altezza di autori europei: Camus, Beckett, anche Pinter. E inventando un “assurdo napoletano”.
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d'Amora, Mariano. « Nuove visioni drammaturgiche e sociali nel teatro e nella letteratura di Giuseppe Patroni Griffi ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 52, no 2 (12 février 2018) : 600–630. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818755383.

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Résumé :
Il napoletano Giuseppe Patroni Griffi s’impone in Italia nel secondo Novecento per la poliedricità espressiva che, fin dagli esordi, caratterizza il suo operato. Radio, letteratura, cinema, teatro, televisione sono gli ambiti nei quali egli opera lasciando, puntualmente, chiara impronta del suo estro. In questo saggio ci soffermeremo su larga parte della sua produzione letteraria e teatrale.
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Garavaglia, Valentina. « Tra utopia e riformismo, il teatro pubblico di Paolo Grassi e Giorgio Strehler ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 54, no 1 (10 mars 2020) : 439–58. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910088.

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Résumé :
L’incontro tra Paolo Grassi e Giorgio Strehler avvenuto nella Milano del dopoguerra, segna l’inizio di un sodalizio, artistico e umano, che ha concorso a scrivere importanti pagine della storia del teatro non solo italiano, ma soprattutto ha contribuito ad arricchire la storia della cultura di ispirazione socialista nel nostro paese. Il legame tra il Piccolo Teatro di Milano, nei suoi primi 25 anni di vita, e la storia del socialismo riformista si racconta attraverso drammaturgie di impegno politico, scelte di regia e di politica culturale nelle quali si intrecciano le biografie del regista e dell’ideologo, uniti nell’impegno per la realizzazione di un teatro d’arte per tutti a partire dall’eredità della Resistenza. Attraverso l’analisi degli appunti di regia, della corrispondenza privata, della critica e degli allestimenti, l’articolo si propone di ripercorrere gli anni dalla fondazione del Piccolo Teatro, nel 1947, fino al 1972, anno in cui Paolo Grassi passerà alla direzione del Teatro alla Scala. A partire dal primo allestimento di Giorgio Strehler, L’albergo dei poveri di Gor’kij, le scelte drammaturgiche e stilistiche del primo teatro stabile pubblico italiano si rivelano emblematiche della continua tensione ideale tra arte e politica, tra attenzione rivolta all’uomo e riflessione sulla collettività.
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D’Amora, Mariano. « La figura del femminiello/travestito nella cultura e nel teatro contemporaneo napoletano ». Cahiers d’études italiennes, no 16 (30 juin 2013) : 201–12. http://dx.doi.org/10.4000/cei.1198.

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Sette, Piersandro, Romolo M. Dorizzi et Anna M. Azzini. « La breve storia del laringoscopio : dal teatro lirico al teatro operatorio ». La Rivista Italiana della Medicina di Laboratorio - Italian Journal of Laboratory Medicine 9, no 1 (mars 2013) : 45–51. http://dx.doi.org/10.1007/s13631-012-0077-5.

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Lucia, Carmela. « I “suoni dei sensi” e le partiture sonore nella lingua di scena del teatro di Ruggero Cappuccio ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 52, no 2 (24 avril 2018) : 648–66. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757730.

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Résumé :
Obiettivo del saggio è presentare una prima analisi della lingua del teatro di Ruggero Cappuccio, autore multanime e poliedrico, considerato una delle voci più originali della drammaturgia contemporanea, non solo dell’area napoletana. Oggetto della ricerca sono due opere pubblicate Shakespea Re di Napoli (2002) e Le ultime sette parole di Caravaggio (2012), con un copione inedito, intitolato Circus Don Chisciotte (2017). Le scelte formali, fortemente ancorate alla dialettalità del napoletano, ma anche del siciliano e, con minore frequenza, del veneziano, si affrancano dalla koinè regionale del napoletano, perché superano la diglossia italiano-dialetto della drammaturgia di Eduardo, per dare corpo a una lingua di scena poetica, lontana dal realismo mimetico, resa attraverso un raffinato e originale mlange verbale carico di sonorità, con un ben consolidato livello di scelte pluristilistiche. La rilevanza attribuita alla phoné, reinventata in un’entitè reificata e palpabile, o caratterizzata da una grottesca materialità, dà luogo a partiture sonore e a una scrittura votata all’adibizione di misure poetiche e strutture melodiche, a una “lingua di scena”, fatta soprattutto di intarsi e parallelismi fonici, con prevalenza di couplingassonantici, per l’interferenza di registri tonali dissonanti e per l’esaltazione del patrimonio orale delle koinai regionali del repertorio italiano, spesso accostate all’inglese e allo spagnolo.
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Ledgeway, Adam. « Sulla storia dei verbi copulari dei dialetti dell'alto Meridione : il caso del napoletano ». Italianist 28, no 2 (octobre 2008) : 281–303. http://dx.doi.org/10.1179/026143408x363587.

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Bernard, Margherita. « Elena Liverani, Un personaggio tra storia e letteratura. Don Carlos nel teatro spagnolo del XIX secolo, Firenze, La Nuova Italia, 1994, 266 pp ». SIGLO DIECINUEVE (Literatura hispánica), no 2 (7 mai 1996) : 240–44. http://dx.doi.org/10.37677/sigloxix.vi2.390.

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Redavid, María Gaia. « La Compagnia della Morte ». Revista Eviterna, no 8 (23 septembre 2020) : 203–17. http://dx.doi.org/10.24310/eviternare.vi8.9778.

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Résumé :
L’articolo si propone di ricostruire la storia della Compagnia della Morte, sfatando miti e leggende dietro la sua storia. La Compagnia della Morte per molto tempo è stata ritenuta un’accolita di pittori napoletani decisi a partecipare alle giornate della rivolta di Masaniello. Secondo il biografo napoletano Bernardo De Dominici la Compagnia della Morte sarebbe stata organizzata dal pittore Aniello Falcone e avrebbe contato tra le sue fila non pochi artisti napoletani desiderosi di partecipare alle giornate della rivolta. La banda nottetempo organizzava spedizioni punitive per la città di Napoli, a danno degli spagnoli che avevano abusato delle giovani donne napoletane. Fu davvero così? Si può parlare della nascita di una vera e propria pittura del dissenso? Per la prima volta viene indagato questo fenomeno dal punto di vista delle fonti storiche e delle memorie degli artisti.
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Patriarca, Silvana. « "Vorrei la pelle nera" : cultura giovanile e sensibilit&agrave ; antirazziste nell'Italia degli anni Sessanta e S ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 297 (mars 2022) : 80–99. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297-s1oa-004.

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Résumé :
Muovendo dai pochi testi di canzoni italiane che negli anni Sessanta esprimevano sentimenti antirazzisti, il saggio esplora la presenza e la natura di questi sentimenti nella cultura giovanile di quegli anni incentrando l'analisi su "Ciao 2001", un popolare settimanale musicale che cominciò le pubblicazioni in quel periodo. Utilizzando in maniera eclettica spunti interpretativi che derivano dalle teorie sull'appropriazione culturale e sulla "race consumption", il saggio mostra come il consumo di musica afroamericana e la fascinazione per i musicisti neri si accompagnassero a un interesse per le radici storiche di quella musica e per la storia, la condizione, e le lotte dei neri americani, che nel settimanale erano oggetto di molti servizi giornalistici. Il saggio infine considera alcune figure emergenti della scena musicale italiana degli anni Settanta di cui si occupò il settimanale — in particolare il jazzista napoletano-afroamericano James Senese e il cantautore napoletano Pino Daniele — per sottolineare l'appropriazione, non priva di stereotipi, del topos della "negritudine" da parte di quest'ultimo per far riferimento al razzismo interno di cui i meridionali erano vittime, ma anche a se stesso. Se in parte tale appropriazione si poteva giustificare, dall'altro impediva il riconoscimento di una specificità dell'oppressione dei neri e quindi una più profonda comprensione del razzismo antinero.
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Della Ferrera, Giacomo. « Il caso del Teatro Sociale di Sondrio per la fisionomia del pubblico teatrale otto-novecentesco ». ACME 74, no 2 (14 septembre 2022) : 147–66. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/18665.

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Il Teatro Sociale di Sondrio, inaugurato nel 1824, rappresenta tra XIX e XX secolo il più importante centro teatrale dell’intera Valtellina. Considerando anche l’importanza che riveste nella storia locale, il teatro sondriese può essere preso come esempio attraverso cui riconoscere, da un punto di vista particolare, le evoluzioni a cui va incontro la drammaturgia italiana a cavallo dei due secoli. Lo studio dei manifesti conservati negli archivi e lo spoglio dei periodici locali hanno permesso di analizzare le modalità e le tempistiche con cui venivano allestiti gli spettacoli e l’accoglienza di questi da parte del pubblico e della critica di Sondrio: su queste basi, il seguente studio cerca di offrire una fisionomia del pubblico teatrale otto-novecentesco, un pubblico provinciale, lontano da quello delle grandi città ma che, come si vuole dimostrare, condivide con quest’ultimo gli stessi gusti: dalla ricerca della novità alla passione per i drammi sentimentali, dalla pièce bien faite alla nuova drammaturgia borghese.
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Mele, Francisco. « Il popolo di San Gennaro ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 52, no 2 (16 avril 2018) : 266–74. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757201.

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La ricerca parte da un esame del popolo di San Gennaro, a Napoli, come garante della costruzione sempre in divenire dell’identità napoletana, secondo la Teologia del Popolo sviluppata dai teologi e filosofi argentini Lucio Gera, Justino O’Farrell e Juan Carlos Scannone. Il popolo possiede una conoscenza, una razionalità, anche se non teorico-scientifica, che si esprime mediante le celebrazioni liturgiche, le feste religiose, le processioni. Facendo riferimento alla prospettiva mnemostorica (Jan Assmann), San Gennaro è una figura della memoria e non della storia. Applicando la lettura bio-politica elaborata da Michel Foucault, nel culto di San Gennaro, durante la cerimonia delle feste dedicate a San Gennaro, trovano fondamento e legittimazione la Chiesa, lo Stato rappresentato dalle sue istituzioni e il popolo napoletano. Paradossalmente anche la camorra cerca una legittimazione per imporre il suo proprio predominio, nonostante che la sua pretesa venga respinta e condannata sia dallo Stato che dalla Chiesa.
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Alfonso, Maurizio Iacono. « Una storia tra i mondi intermedi ». EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no 17 (décembre 2011) : 78–88. http://dx.doi.org/10.3280/eds2012-017007.

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Questo articolo prende avvio da una storia personale fatta di crisi della politica, di una guarigione dal mal di schiena e da una ricerca sul concetto di feticismo come storia della sostituzione, e arriva alla conclusione che il gioco, il rito, il teatro possono svelare il significato dei "mondi intermedi". Essi infatti sono tutti degli atti consapevoli del fare finta, cioč dello sdoppiamento mimetico, dove l'imitazione di un mondo dato spinge verso la costruzione di un mondo nuovo, che imita appunto il primo, ma se ne differenzia, rendendosi via via autonomo. Č questa l'autonomia nella relazione che caratterizza e determina i mondi intermedi. In questo far finta, in tale abbandono consapevole alla finzione, la relazione nell'autonomia puň essere richiamata dalla "coda dell'occhio".
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Wagner-Kyora, Georg. « «Beste bürgertradition». La ricostruzione del teatro dell'opera di Francoforte : una storia postmoderna (1946-1981) ». STORIA URBANA, no 129 (avril 2011) : 23–64. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-129002.

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Il saggio indaga le complesse vicende legate, fra il 1946 e il 1981, alla ricostruzione del teatro dell'Opera di Francoforte e le inquadra in un contesto, quello della borghesia di Francoforte, che diede a questa ricostruzione un forte significato politico legato, anche, ad un processo di riappropriazione dell'identitŕ cittadina. Si tratta di un edificio che, per i diversi significati che nel tempo, sia livello locale che nazionale, ha rivestito - prima luogo di integrazione, poi di emarginazione, legato anche alle vicende della borghesia ebraica - puň essere considerato uno dei piů importanti della Germania. Il dibattito sulla sua ricostruzione ebbe un carattere fortemente politico, anche per la sua posizione determinante nell'immagine cittadina, cui si aggiunsero nel tempo altri elementi generatori d'identitŕ: da un lato esso era muto testimone della storia dell'integrazione borghese interconfessionale, dall'altro era un monumento per le vittime della seconda guerra mondiale, soprattutto per quelli che una cittŕ bombardata poteva rappresentare. Una rovina di questo genere, cosě appariscente nel contesto urbano, lungamente conservata nel cuore della dinamica, ricca e operosa Francoforte, testimoniava una grande capacitŕ attiva nel produrre il rapporto con la propria storia.
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Gwynne, Paul. « Bernardino Stefonio S.J. Un gesuita sabino nella storia del teatro, written by Mirella Saulini ». Journal of Jesuit Studies 3, no 1 (5 janvier 2016) : 157–59. http://dx.doi.org/10.1163/22141332-00301005-24.

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Ugolini, Gherardo. « Teatro antico e moderne messinscene : Discussione di un recente libro sulla storia delle rappresentazioni moderne di drammi del teatro greco ». Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici, no 32 (1994) : 145. http://dx.doi.org/10.2307/40236028.

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Cerasuolo Pertusi, Maria Rosaria. « Storie di parole ed etimi del dialetto Triestino ». Linguistica 42, no 1 (1 décembre 2002) : 43–45. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.42.1.43-45.

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Triest. mod. mocadòr "fazzoletto" e triest. ant. mocadòr "spegnitoio" Credo meriti soffermarsi per un po' su una vecchia coppia di omonimi del dialetto triestino, mocadòr "fazzoletto" e mocador "spegnitoio". II termine mocadòr "fazzoletto", che può considerarsi caratterizzante del dialetto triestino moderno è stato trattato, nel GDDT, abbastanza esaurientemente, in quanto che risultano correttamente messe in rilievo le concordanze lessicali più significative, necessarie per arrivar a tracciare la sua storia e fissarne l'etimo. Ma mentre questo risulta praticamente assicurato (lat. volg. *MUCCARE "soffiarsi il naso"), le vicende per cui si è arrivati a triest. mocadòr "fazzoletto" restano incerte: direttamente dalla base MUCCĀRE, attraverso una trafila fonetica locale, di stampo italo-settentrionale? una rielaborazione, pure locale, della voce veneziana mocaòr (significante anch'esso "fazzoletto" v. Boerio, e non solo "spegnitoio", come pare affermare il Doria)? Oppure prestito dallo spagnolo mocador "id.", non si sa attraverso quali canali? A queste tre alternative è possibile, ora, aggiungere una quarta, in quanto che si intravede, causa esigenze cronologiche, la possibilità, come sostenuto dal DEDI, di un prestito dal catalano, possibile poiché il ti po mocadòr, moccatore risulta attestato anche in sardo ( cfr. Wagner DES s.v.) e nel napoletano e altri dialetti meridionali. II tipo mucaturi è infatti forma certamente rifatta su un più antico mucaduri, con sostituzione del suffisso contenente -d- intervocalica con altro contenente un -t- secondario, ossia -d- "meridionalizzato meridionalizzato". (A questo proposito si avverte però che a Napoli, centro di diffusione del lessema, una forma con -d- intervocalico conservato non è mai esistita).
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Titomanlio, Carlo. « Anton Giulio Bragaglia teorico della meraviglia ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 51, no 1 (1 février 2017) : 187–202. http://dx.doi.org/10.1177/0014585816689252.

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Fotografia, cinema, letteratura, arti visive, teatro: non c’è disciplina cui Anton Giulio Bragaglia (Frosinone 1890–Roma 1960) non si sia applicato, con spirito innovatore e inesauribile forza creativa. Il presente articolo ripercorre le prime esperienze teatrali di Bragaglia per poi concentrarsi sui suoi scritti teorici, con particolare riferimento agli articoli apparsi sulla rivista Comoedia tra il 1923 e il 1927. Ne emerge un insieme di considerazioni, ricerche, progetti personali e commenti tecnici di notevole interesse per la storia delle arti sceniche del Novecento.
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Nerbano, Mara. « “Et questa è la storia et la festa.” Il festival orvietano del 1508 e la microsocietà del capitolo della cattedrale ». Quaderni d'italianistica 32, no 2 (9 avril 2012) : 101–20. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v32i2.16310.

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Nel periodo compreso tra il 7 maggio e il 20 agosto 1508, a Orvieto, furono messe in scena cinque suggestive sacre rappresentazioni. A darne notizia è il canonico del duomo ser Tommaso di Silvestro, autore di una cronaca degli anni 1482-1514. Il contesto in cui fiorirono tali eventi è quello delle confraternite laiche di disciplinati. Tuttavia, grande rilievo è conferito alla presenza di recitanti di condizione ecclesiastica, appartenenti allo stesso milieu del cronista, spesso reclutati come organisti e organari al servizio della cattedrale e attivi in un’ampia varietà di contesti: dalla performance carnevalesca, all’entrata pontificia, agli spettacoli confraternali. L’ambiente vivace e spesso turbolento del Capitolo della Cattedrale fu, dunque, la fucina in cui maturarono esperienze recitative semi-professionistiche che continuarono, e in parte rinnovarono, la grande tradizione cittadina di teatro religioso.
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Caiani, Fabio. « Storia del teatro arabo. Dallanahḍaa oggi [History of Arab Theatre : From thenahḍato Today] by Monica Ruocco ». Middle Eastern Literatures 17, no 2 (4 mai 2014) : 211–13. http://dx.doi.org/10.1080/1475262x.2014.928045.

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Golinelli, Paola. « The Kid di Charlie Chaplin : storia di un capolavoro. Dal trauma alla creatività ». PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, no 2 (novembre 2022) : 126–33. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002007.

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Sfogliando l'autobiografia di Chaplin e il lungo e sofferto racconto dei traumi che hanno costellato la sua infanzia, l'autrice cerca nelle esperienze miserevoli vissute nell'ambiente del vaudeville, le radici del suo bisogno di fantasticare e creare nuove rappresentazioni che gli permettano di elaborare i lutti patiti. Il suo appare, data l'ampiezza del-la sua produzione artistica, un "ostinato" bisogno di sopravvivere psichicamente. I genitori lavoravano insieme in teatro ed egli aveva frequentato il palcoscenico fin da bambino insieme al fratello; per lui il mondo della rappresentazione era indissolubilmente legato all'esperienza vivificante della coppia genitoriale unita nella comune passione, che la madre terrà viva con i suoi racconti fantastici, e che rimarrà impressa nella memoria del bambino Chaplin, anche dopo la perdita del padre per alcolismo e abbandono e della madre per i suoi ricoveri ospedalieri. Da questo nucleo di memorie vitali nascerà l'indimenticabile personaggio di Charlot, che assume in sé e sintetizza la miseria delle origini e la straordinaria energia per continuare a narra-re e così ricostruire la famiglia perduta e ritrovata, in particolare, per ricomporre la coppia padre e figlio, alla quale è dedicato in buona par-te "Il monello". Il suo amore per Dickens, in particolare per Oliver Twist, gli offrono il background letterario per costruire il suo personaggio più famoso ed amato, Charlot appunto.
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Ciprandi, Davide. « Le musiche di scena di Louis Pister per La Tosca di Sardou : edizione critica della partitura ». ACME 74, no 1 (26 novembre 2021) : 133–80. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/16796.

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La tesi di dottorato di Erin M. Brooks, oggi Assistant Professor di Storia della musica presso la Crane School of Music della State University of New York at Potsdam, indaga il rapporto tra Sarah Bernhardt, prima interprete del ruolo di Floria in La Tosca, e la musica del suo tempo, compresa quella scritta appositamente per il teatro. All’interno di questo testo viene citata una rilevante scoperta dell’autrice, ossia un manoscritto delle musiche di scena composte da un certo Louis Pister per la pièce di Sardou, conservate oggi presso la National Library of Australia. Scopo di questo contributo è quello di proporre un’edizione critica delle musiche di scena composte da Pister, documento imprescindibile per l’analisi dell’opera di Sardou. Inoltre, si tenterà di ricostruire, attraverso lo spoglio dei periodici contemporanei, la ricezione del dramma La Tosca e il profilo biografico dello sconosciuto compositore della musica incidentale.
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Rezzonico, Raffaele, Ivano De Simone, Wauder Garramboneº, Viola Ghidelli, Monica Luraschi, Annalisa Radice et Germana Mosconi. « Riflettere nella tempesta : la relazione tra arte, benessere e innovazione in un'esperienza di teatro sociale nell'ambito della salute mentale ». WELFARE E ERGONOMIA, no 2 (février 2022) : 89–103. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-002007.

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L'articolo presenta una ricerca che esplora il nesso tra arte, benessere e innovazione a partire da un'esperienza di teatro sociale nell'ambito della salute mentale, prendendo a riferimento il progetto Apprendisti Teatrali/INGIOCO, sviluppatosi dalla collaborazione tra il Centro Diurno di Riabilitazione Psichiatrica/Centro Psicosociale di Garbagnate Milanese - ASST Rhodense e l'Associazione culturale Mirmica. La ricerca mira a far emergere e articolare i fattori che nella storia decennale del progetto, e in particolare modo nella fase pandemica, hanno favorito oppure ostacolato la realizzazione di una agentività distribuita e di dinamiche co-evolutive che hanno a loro volta supportato processi di innovazione e adattamento personale, istituzionale e comunitario. Le possibilità di cambiamento e resilienza offerte dall'arte performativa in ambito psicosociale sembrano potersi attuare con più forza entro un progetto condiviso che si orienti al benessere territoriale e sappia mantenere viva la capacità di riformulare, a tutti i livelli, le prassi riguardanti i flussi di conoscenza, la presa di decisione e l'attribuzione di significati.
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Bernard, Enrico. « L’italiano ha mille anni : Spunti drammatici sull’origine della lingua e della letteratura italiane in occasione della svolta millenaria del nostro idioma ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 48, no 3 (10 septembre 2014) : 551–61. http://dx.doi.org/10.1177/0014585814542583.

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Résumé :
La lingua italiana è nata circa un millennio fa dalla trasformazione della liturgia drammatica in dramma liturgico. Attori di questo processo sono stati i “comici” che hanno sviluppato il dramma per la comprensione liturgica e per intrattenere il pubblico su temi religiosi conosciuti. Si è innescato così un processo abbastanza rapido di delatinizzazione e “involgarimento” delle sacre rappresentazioni che, spostandosi dall’altare alle piazze, hanno preso la forma meno solenne di laudi e misteri buffi. Questo processo è stato però messo in ombra dal tentativo – che ha origini lontane, addirittura in Dante – di nobilitare e idealizzare la genesi dell’italiano distinguendo il volgare dal “dolce stil novo”. La dicotomia ha scatenato discussioni secolari sul dialetto, in particolare sul fiorentino, che per Dante rappresenta quell’idioma “illustre, regale, curiale, cardinale” che si differenzia dal volgare come lingua d’ élite, letteraria e burocratica. Questa interpretazione, contrastata da Petrarca e Machiavelli, finì per eclissare l’origine drammatica, teatrale, dell’italiano. Ciò ha comportato un’interpretazione puramente letteraria e “fiorentinocentrica” della nostra storia linguistica e la “miseria” del teatro italiano sempre considerato, secondo una linea che va da Dante a Croce, come uno strumento troppo “volgare” e rozzo per sublimarsi in letteratura.
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Koller, Rotraud Becker/Alexander. « Der Papst und der Krieg ». Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, no 1 (1 mars 2019) : 3–10. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0003.

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Riassunto L’Istituto Storico Germanico di Roma ha concluso, nel 2016, l’edizione della quarta sezione della collana „Nuntiaturberichte aus Deutschland“, completando la pubblicazione della corrispondenza ufficiale tra i nunzi apostolici presso la corte imperiale e la Segreteria di Stato dal 1628 al 1635. Questo periodo va annoverato tra le fasi più complesse della Guerra dei Trent’anni. Grande spazio occupava all’inizio la successione mantovana e l’annesso conflitto che introdussero un teatro di guerra secondario, aperto sulla penisola, e toccarono necessariamente gli interessi del papa e della Curia. Intorno al 1630 predominavano poi, nell’Impero, il conflitto sull’editto di restituzione e la questione di Wallenstein. L’„internazionalizzazione“ della guerra trovò la sua prosecuzione con l’intervento della Svezia, alleata della Francia. A causa di questi avvenimenti i rapporti tra il papato da un lato e la Spagna e la corte imperiale dall’altro peggiorarono; di conseguenza s’incrinarono anche la reputazione e le possibilità d’azione della nunziatura viennese. Il punto più basso raggiunsero questi sviluppi con le proteste del cardinale Gaspare Borgia e la missione del cardinale Pázmány nel 1632. Un’importante accordo parziale per l’impero fu raggiunto nel 1635 con la Pace di Praga. Al contempo maturò in quegli anni presso le corti principesche europee la convinzione che una pace durevole sarebbe stata possibile solo in seguito a un congresso di pace generale e multilaterale. Le recenti pubblicazioni nel contesto della quarta sezione dei „Nuntiaturberichte“ permettono inoltre di rivalutare i documenti in esse riportati come fonti per la ricerca storica non solo nell’ambito di quesiti politici e confessioniali, ma anche nel campo della storia culturale moderna e dell’antropologia storica.
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Di Giuseppe, Helga. « Un confronto tra l'etruria settentrionale e meridionale dal punto di vista della ceramica a vernice nera ». Papers of the British School at Rome 73 (novembre 2005) : 31–84. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000297x.

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UN CONFRONTO TRA L'ETRURIA SETTENTRIONALE E MERIDIONALE DAL PUNTO DI VISTA DELLA CERAMICA A VERNICE NERAQuesto articolo propone una comparazione dell'Etruria settentrionale e meridionale dal punto di vista del ‘comportamento’ della ceramica a vernice nera, il principale fossile guida dell'età repubblicana e tra i principali indicatori della conquista romana e dell'integrazione dei popoli dell'Italia antica. La base documentaria da cui parte lo studio è costituita dalla ceramica a vernice nera proveniente dallo scavo del teatro romano di Volterra, sito in località di Vallebuona, e dalla South Etruria Survey condotta tra gli anni Cinquanta e Settanta da John Ward-Perkins e la sua équipe. La confrontabilità dei due contesti risiede nel fatto che, pur essendo essi stati indagati con tipi di ricerca differenti — uno scavo e una ricognizione — hanno entrambi restituito materiale residuo rappresentato da un numero di frammenti (ca. 11.000, precisamente 3.972 da Volterra e 6.985 dalla South Etruria Survey) sufficientemente significativo dal punto di vista statistico e cronologico, coprendo l'intero arco di produzione e d'uso della classe (IV–I secolo a.C). L'articolo è strutturato in diverse sezioni: una premessa in cui vengono esplicitate le finalità del lavoro, una discussione sui diversi approcci allo studio della ceramica a vernice nera, l'analisi del caso di Volterra, l'analisi del caso dell'Etruria meridionale e la comparazione finale delle due aree. Lo strumento principale di analisi è costituito da un approccio quantitativo che include la cronologia, le produzioni e le forme in uso nelle due aree. Attraverso i momenti di crescita e crollo della ceramica si cercherà di comprendere non solo la storia della sua produzione, ma anche di leggere i più ampi fenomeni storici alla base dei risultati diversi ottenuti nei due comprensori dell'Etruria.
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Wilson, Peter. « History - (N.) Spineto Dionysos a teatro. Il contesto festivo del drama greco. (Storia delle religioni 16). Rome : L'Erma di Bretschneider, 2005. Pp. xi + 436. 230. 9788882653217. » Journal of Hellenic Studies 127 (novembre 2007) : 192–93. http://dx.doi.org/10.1017/s007542690000207x.

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Mastellari, Virginia. « HISTORY OF GREEK THEATRE - (M.) Di Marco (ed.) Storia del teatro greco. (Studi Superiori 1244.) Pp. 586. Rome : Carocci Editore, 2020. Paper, €49 ISBN : 978-88-290-0307-5. » Classical Review 71, no 2 (6 août 2021) : 281–83. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x21002043.

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Muller, Fernanda Suely, et Antonia Dayane Figueiredo Rodrigues. « A personificação do dialeto como violência em Um amor incômodo, de Elena Ferrante ». Revista Italiano UERJ 13, no 1 (17 octobre 2022) : 12. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2022.70729.

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RESUMO: Elena Ferrante é o pseudônimo de uma escritora italiana cuja identidade é um mistério. Em sua trama de exórdio L'amore molesto (1992), Ferrante nos apresenta a história intrigante de Delia, personagem que procura desvendar a morte estranha de sua mãe e, ao mesmo tempo, precisa enfrentar o desconforto que lhe causa o retorno à sua cidade natal. Na tessitura do enredo, é interessante observar como a escritora utiliza a linguagem (mais especificamente o dialeto napolitano) como elemento reiterante da aflição emocional que a viagem a Nápoles desperta na protagonista. Sendo assim, sobretudo a partir de Alfonzetti (2018) e Di Rogartis (1993), pretendemos, neste trabalho, analisar a presença do dialeto na obra Um amor Incômodo de Elena Ferrante, procurando sublinhar como a escolha narrativa operada pela escritora se configura como uma espécie de "personagem silencioso", ora conduzindo a protagonista, ora justificando o porquê da sensação desagradável experimentada por Delia desde a tenra idade.Palavras-chave: Elena Ferrante. Dialeto. Violência. Um Amor Incômodo. ABSTRACT: Elena Ferrante è lo pseudonimo di una scrittrice italiana la cui identità è un mistero. Nel suo esordio L'amore molesto (1992), Ferrante ci presenta l'intrigante storia di Delia, un personaggio che cerca di svelare la strana morte della madre e, allo stesso tempo, deve affrontare il disagio causato dal suo ritorno nella sua città natale. Nell’intreccio, è interessante osservare come la scrittrice utilizzi il linguaggio (più precisamente il dialetto napoletano) come nodo centrale del conflitto emotivo che il viaggio a Napoli suscita nella protagonista. Dagli studi di Alfonzetti (2018) e Di Rogartis (1993), si intende, in questo lavoro, analizzare la presenza del dialetto nell'opera Um amor Incômodo (titolo in portoghese) di Elena Ferrante, cercando di sottolineare come la scelta narrativa operata dalla scrittrice sia configurata come una sorta di "personaggio muto" che rege la protagonista Delia fin dalla tenera età.Parole chiave: Elena Ferrante. Dialetto. Violenza. L’amore molesto ABSTRACT: Elena Ferrante is the pseudonym of an Italian writer whose identity is a mystery. In his exordium plot L'amore molesto (1992), Ferrante presents us with the intriguing story of Delia, a character who seeks to unravel the strange death of her mother and, at the same time, has to face the discomfort caused by her return to her hometown. Christmas. At the plot, it is interesting to observe how the writer uses language (more specifically the Neapolitan dialect) as a reiterating element of the emotional distress that the trip to Naples arouses in the protagonist. Therefore, especially from Alfonzetti (2018) and Di Rogartis (1993), we intend, in this work, to analyze the presence of dialect in the work Um amor Incômodo by Elena Ferrante, seeking to underline how the narrative choice operated by the writer is configured as a kind of "silent character" that leads the protagonist Delia from her early age.Keywords: Elena Ferrante. Dialect. Violence. Um amor incômodo.
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Giardina, Simona, et Antonio G. Spagnolo. « Storie di medici e malati nell’arte e nella letteratura : un approccio narrativo alla Storia della Medicina nelle Facoltà mediche / Stories of doctors and patients in art and literature : a narrative approach to the History of Medicine in the Medical Faculty ». Medicina e Morale 66, no 1 (15 mars 2017) : 11–30. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.473.

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Résumé :
Negli ultimi trent’anni anche nell’ambito della Storia della medicina si è accentuato un approccio narrativo, soprattutto nei Paesi anglosassoni. L’attenzione viene centrata sull’essere umano, sulle relazioni interpersonali, sulla storia individuale piuttosto che su quella collettiva. Tale prospettiva si avvale del contributo privilegiato della scrittura (il romanzo, la poesia, il teatro, le favole, i diari, gli epistolari) e di quello evocativo dell’arte. In primo piano l’esperienza di vita di medici e malati, ma anche di familiari, colta attraverso il processo empatico che l’opera suscita nel lettore/osservatore. La malattia è quindi vista come condizione esistenziale. Lo storico Roy Porter definisce questa prospettiva “the history from below” e ritiene possa essere utile nel ricostruire gli aspetti antropologici della malattia “from the patients’ point of view”. Lo studente di medicina “immergendosi” nelle storie di medici e malati del passato acquisisce la capacità di capire non solo la malattia ma di sentire l’esperienza del malato (empatia). Le storie aiutano a focalizzare ciò che manca o è andato perduto nella pratica medica, stimolano l’introspezione personale perché spingono a riflettere non sulle abilità pratiche (competenza tecnica) ma su se stessi, sulle proprie emozioni. Il linguaggio denotativo non esaurisce tutta la realtà umana perché «la medicina è contemporaneamente scienza naturale e scienza umanistica. Il chiarire e il comprendere sono necessari allo stesso modo» (D. Von Engelhardt). ---------- In the last thirty years a narrative approach has become more noticeable even in the field of the History of Medicine, above all in English speaking countries. Attention is concentrated on the human being, on interpersonal relations, on the history of the individual rather than on the collective body. This narrative approach privileges the individual as a person, rather than the group, a methodology that uses the contributions of literature (the novel, poetry, theatre, fables, diaries, letters) as well as the evocative approach of the arts. In the foreground are the life experiences of doctors and patients, also of close relatives, evinced by the empathic process that a work of art fuels in the reader or observer. Sickness is viewed as an existential condition. The historian, Roy Porter, defines this perspective as ‘the history from below’ and maintains that it can be useful in reconstructing the anthropological aspects of sickness from the patient’s point of view. By emerging himself in the stories of doctors and patients of the past, the medical student acquires the ability to understand not only the sickness but to feel the experience of the patient (empathy). Medical stories help to focalize what is missing or has been lost in medical practice, stimulating personal introspection, because these stories urge reflection not on technical competence but on themselves and on their own emotions. The denotative language does not diminish all human reality because «medicine is contemporaneously natural and humanistic science. Clarifying and understanding are both necessary in the same way» (D. Von Engelhardt).
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Garvie, A. F. « Italo Gallo : Ricerche sul teatro greco. (Pubblicazioni dell' Università degli Studi di Salerno, Sezione di Studi di Filologia, Letteratura, Storia e Archeologia del mondo classico, 2.) Pp. 217 ; 6 illustrations. Naples : Edizioni Scientifiche Italiane, 1992. Paper, L. 27,000. » Classical Review 43, no 2 (octobre 1993) : 435–36. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00288306.

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Bucchi, Gabriele, et Sandra Clerc. « Premessa ». Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, no 69 (14 novembre 2022). http://dx.doi.org/10.22015/v.rslr/69.2.1.

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L’introduzione ripercorre la presenza degli studi teatrali nei numeri di Versants e 0ffre un panorama dei problemi affrontati nel presente volume monografico. Keywords: commedia del Rinascimento, studi teatrali, storia del teatro comico nel Rinascimento, lingua del teatro comico
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Megale, Teresa. « Attori del teatro San Carlino fra storia e fotografia nella collezione Cuocolo ». Drammaturgia, 5 avril 2022, 103–22. http://dx.doi.org/10.36253/dramma-13542.

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Résumé :
The Cuocolo Collection, housed at the Museo Nazionale di San Martino in Naples, is an extraordinary photographic collection, dedicated exclusively to the world of popular theater in Naples in the nineteenth century and especially at the Teatro San Carlino. The essay intends to reconstruct the historical-theatrical events of the Collection, full of eighty-nine shots between portraits and ensemble scenes, and deepen its historical-spectacular meanings. The study is dedicated to this theatre in photographic form, an iconographic finding of exceptional value until now lacking an adequate scientific investigation, continuously subjected to its progressive reduction to fetish.
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De Los Reyes Heredia, J. Guillermo. « Una Virgen mexicana : Los usos del simbolismo, folklore y etnicidad en la creación de la identidad mexicana ». Tla-Melaua. Revista de Ciencias Sociales 7, no 35 (1 octobre 2013). http://dx.doi.org/10.32399/rtla.7.35.56.

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Résumé :
Este artículo argumenta que los mitos, leyendas y cuentos populares jugaron un papel fundamental en la creación y desarrollo de una identidad mexicana. Los trabajos de estudiosos como David Brading, Enrique Florescano y Anthony Pagden, entre otros, junto con las fuentes primarias de la época colonial, como el Teatro de virtudes políticas de Carlos de Sigüenza y Góngora y Storia antica del Messico de Francisco Clavijero, se analizan en este ensayo. Por lo tanto, este segmento habla de cómo se utilizaron los mitos y leyendas indí- genas por parte de la élite criolla de para una identidad mestiza/híbrida que tuvo una fuerte influencia en los discursos del nacionalismo y la formación de la identidad. El papel de la Virgen de Guadalupe como símbolo clave también se discute en este ensayo.
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« Emanuela Scarpellini. Organizzazione teatrale e politica del teatro nell'Italia fascista. (Pubblicazioni dell'istituto de Storia medioevale e moderna dell'Università di Milano, number 9.) Florence : La Nuova Italia. 1989. Pp. xvi, 385. L. 44,250 ». American Historical Review, octobre 1991. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/96.4.1235-a.

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