Littérature scientifique sur le sujet « Stabilità del provvedimento »

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Articles de revues sur le sujet "Stabilità del provvedimento"

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Holcombe, Randall G. « The Origin of the Legislature * ». Journal of Public Finance and Public Choice 11, no 1 (1 avril 1993) : 3–18. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539572.

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Résumé :
Abstract I due modi di produzione della legge sono la legislazione e l’evoluzione basata sull’interpretazione innovativa della legislazione preesistente.Il presente scritto confronta questi due modi, prendendo come esempio la legislazione dell’antica Roma, nella quale vigeva in origine il sistema evolutivo, che dovette tuttavia cedere il passo all’attività legislative man mano che l’espansione imperiale romana rendeya urgente l’introduzione di nuove normative. A fronte del vantaggio della rapidità nella elaborazione normativa, e quindi della maggior flessibilità del sistema giuridico, il «costo» della legislazione era costituito dalla rinuncia alia stabilità del sistema giuridico, con possibili influenze di carattere politico e serie conseguenze inintenzionali dei provvedimenti legislativi.Proprio per evitare tale costo si è sviluppato il moderno costituzionalismo, che si può quindi considerare una conseguenza del concetto di legislazione che ha avuto origine nel senato romano.
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2

Serra, Angelo, et Grazia Bellanova. « Accertamento prenatale di rischio di patologia cromosomica fetale ». Medicina e Morale 46, no 1 (28 février 1997) : 15–35. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.886.

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Résumé :
Da circa trenta anni la diagnosi prenatale di sindromi causate da alterazioni dell’informazione genetica è entrata nella prassi dell’assistenza medica. Criteri deontologici e considerazioni etiche circa il rispetto delle giuste esigenze e diritti della coppia parentale, da una parte, e dell’incolumità del concepito, dall’altra, avevano portato a stabilire alcune precise indicazioni per l’esecuzione della diagnosi prenatale: l’età della madre non doveva essere superiore ai 35-38 anni. Nella prospettiva eugenistica che sta prevalendo nella società, appoggiata anche da provvedimenti legislativi, tale criterio venne considerato insufficiente perchè sarebbero rimasti a farne parte ancora troppi soggetti “indesiderati”, affetti da serie e gravi malformazioni. Furono, perciò, intraprese indagini al fine di trovare altri parametri atti a rivelare abbastanza presto durante la gravidanza un aumentato rischio di patologia cromosomica per un embrione o un feto, quali il test delle alfa-feto-proteine, e il triplo-test. Dal punto di vista etico, è buona e lecita la ricerca di un corretto ed efficiente metodo predittivo di rischio di feto affetto da patologia cromosomica e la sua applicazione qualora il fine per cui il metodo venga applicato sia buono, ossia non abbia scopi eugenetici, e non rechi danno alla donna, al bambino o alla società. Dal punto di vista deontologico, supposta la bontà etica gli autori sottolineano soprattutto l’obbligo del consenso informato all’esame, ossia una completa e rigorosa informazione e un severo controllo di qualità; in altri termini, un accertamento esatto dell’età gestazionale del feto e una corretta definizione del rischio.
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Serventi Longhi, Enrico. « Gli italiani «senza patria». La denazionalizzazione degli esuli antifascisti : ideologia del fascismo e politica internazionale (1925-1932) ». MONDO CONTEMPORANEO, no 1 (juillet 2012) : 5–34. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-001001.

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Résumé :
Il saggio si propone di analizzare la genesi ideologica, l'applicazione e le conseguenze dell'approvazione della cosiddetta «legge sui fuorusciti» e della denazionalizzazione di 17 esuli antifascisti nel 1926. Mesi dopo il delitto Matteotti, la denazionalizzazione fu soprattutto uno strumento per colpire i protagonisti dell'efficace campagna democratica contro il regime e per dissuadere altri italiani dall'appoggiare le correnti antifasciste in esilio. Ma la legge 31 gennaio 1926 n. 108, detta, appunto, «legge sui fuorusciti», fu l'espressione coerente dell'orientamento culturale e ideologico del regime, teso a subordinare la cittadinanza italiana all'adesione al fascismo e a considerare come stranieri («senza patria») gli oppositori. La peculiare dottrina fascista della cittadinanza si pose in evidente contrasto con il tentativo degli organismi internazionali di eliminare l'apolidia e di stabilire una disciplina comune sui rapporti tra cittadino e Stato. Il provvedimento causň un'aspra controversia nella Societŕ delle nazioni, anche a causa delle proteste degli antifascisti italiani e dell'appoggio di correnti radico-socialiste francesi. Il dibattito fu il riflesso dell'inconciliabile differenza fra la visione della cittadinanza fascista e quella democratica e divenne un terreno su cui misurare il desiderio di Mussolini di affermare in sede internazionale i diritti della sua rivoluzione.
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Masina, Filippo. « Wutausbrüche und Bittgesuche ». Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no 1 (20 décembre 2017) : 24–43. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0004.

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Résumé :
Riassunto L’articolo tratta delle misure assistenziali in pro dei sinistrati di guerra nell’Italia repubblicana, ma nell’ottica di inquadrare tali provvedimenti nel piu ampio contesto dei nuovi diritti di cittadinanza sanciti con la Carta costituzionale del 1947. Andando oltre il gia noto nesso tra warfare e welfare, l’articolo ricostruisce l’esercizio di tali nuovi diritti (un vero e proprio „diritto al benessere“ che, preso a „fondamento della nuova cittadinanza“, e stato giudicato come uno dei punti cardine della transizione tra guerra e dopoguerra) da parte di una categoria sovente giudicata dallo Stato meritevole delle piu ampie attenzioni, ma che lamento molto spesso la trascuratezza da parte delle istituzioni nel garantirle quanto stabilito dalla legge. L’ipotesi di partenza e, pertanto, che tali difficolta abbiano contribuito a minare l’affezione di una porzione non piccola della cittadinanza rispetto alle nuove istituzioni democratiche, molto fragili nei primi anni del dopoguerra. L’articolo analizza nello specifico alcuni casi di pratiche pensionistiche, relative a diverse categorie di beneficiari, afflitte pero dai medesimi problemi: in particolare, la lentezza talvolta sconcertante con cui il Dipartimento Generale delle Pensioni di Guerra - che pure era, in effetti, letteralmente inondata di domande di pensione - gestiva l’iter delle pratiche, tanto che alcune si sono trascinate sino agli anni ’90. Il cittadino che faceva richiesta di pensione di guerra (che spettava agli invalidi per cause di guerra con almeno il 30 per cento di capacita lavorativa perduta) doveva spesso attendere anni anche soltanto per avere una prima risposta. Cio provocava un fenomeno ricorrente, cioe quello di rivolgersi alle piu diverse personalita ed autorita politiche auspicando la loro intercessione: non percependo la forza del diritto, ci si rifugiava nella speranza di una generosita paternalistica. Talvolta, queste lettere - di rabbia, e di supplica - addirittura precedevano i gravi ritardi dell’espletamento delle pratiche, segnalando dunque l’esistenza di una consuetudine predemocratica nei suoi stessi presupposti. Uno dei segnali di una condizione di cittadinanza rimasta incompiuta.
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Masina, Filippo. « Wutausbrüche und Bittgesuche ». Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no 1 (5 mars 2018) : 24–43. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0004.

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Résumé :
Riassunto L’articolo tratta delle misure assistenziali in pro dei sinistrati di guerra nell’Italia repubblicana, ma nell’ottica di inquadrare tali provvedimenti nel più ampio contesto dei nuovi diritti di cittadinanza sanciti con la Carta costituzionale del 1947. Andando oltre il già noto nesso tra warfare e welfare, l’articolo ricostruisce l’esercizio di tali nuovi diritti (un vero e proprio „diritto al benessere“ che, preso a „fondamento della nuova cittadinanza“, è stato giudicato come uno dei punti cardine della transizione tra guerra e dopoguerra) da parte di una categoria sovente giudicata dallo Stato meritevole delle più ampie attenzioni, ma che lamentò molto spesso la trascuratezza da parte delle istituzioni nel garantirle quanto stabilito dalla legge. L’ipotesi di partenza è, pertanto, che tali difficoltà abbiano contribuito a minare l’affezione di una porzione non piccola della cittadinanza rispetto alle nuove istituzioni democratiche, molto fragili nei primi anni del dopoguerra. L’articolo analizza nello specifico alcuni casi di pratiche pensionistiche, relative a diverse categorie di beneficiari, afflitte però dai medesimi problemi: in particolare, la lentezza talvolta sconcertante con cui il Dipartimento Generale delle Pensioni di Guerra – che pure era, in effetti, letteralmente inondata di domande di pensione – gestiva l’iter delle pratiche, tanto che alcune si sono trascinate sino agli anni ’90. Il cittadino che faceva richiesta di pensione di guerra (che spettava agli invalidi per cause di guerra con almeno il 30 per cento di capacità lavorativa perduta) doveva spesso attendere anni anche soltanto per avere una prima risposta. Ciò provocava un fenomeno ricorrente, cioè quello di rivolgersi alle più diverse personalità ed autorità politiche auspicando la loro intercessione: non percependo la forza del diritto, ci si rifugiava nella speranza di una generosità paternalistica. Talvolta, queste lettere – di rabbia, e di supplica – addirittura precedevano i gravi ritardi dell’espletamento delle pratiche, segnalando dunque l’esistenza di una consuetudine predemocratica nei suoi stessi presupposti. Uno dei segnali di una condizione di cittadinanza rimasta incompiuta.
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Butera, Federico, et Fernando Alberti. « Il governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 1 (décembre 2012) : 77–111. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001004.

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Résumé :
I policy maker sono costantemente alla ricerca delle forme e degli strumenti per contribuire ad aumentare la prosperitŕ economica e sociale del proprio territorio. Gli studi a livello internazionale ci dicono che la prosperitŕ di un territorio č direttamente riconducibile alla sua competitivitŕ, e quindi in primis al livello di produttivitŕ e innovazione del sistema delle imprese. Come verrŕ ampiamente illustrato in questo articolo, le reti inter-organizzative - nella varietŕ di forme che l'evidenza empirica ci suggerisce - attraverso una flessibilitŕ senza precedenti, una piů veloce circolazione delle informazioni, la condivisione di visioni, saperi e conoscenza, l'efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere, assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttivitŕ. La configurazione e la natura di tali reti č in via di continua ridefinizione ed espansione e l'uso del termine rete č spesso generico o inappropriato. Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking di varia natura. Noi ci concentreremo solo su quelle reti interorganizzative che rappresentano forme nuove di impresa, di quasi impresa, di sistemi di imprese che consentono una gestione competitiva e innovativa della catena del valore e dei processi fondamentali, conseguendo risultati economici e sociali, in una parola prosperitŕ. Ci occuperemo in particolare del fenomeno piů nuovo che caratterizza l'Italian way of doing industry, ossia lo sviluppo e i successi delle medie imprese, nodi di reti inter-organizzative che coinvolgono non solo imprese piccole, ma anche imprese grandi, in una proiezione spesso globale. Su queste nuove forme di reti inter-organizzative, si apre uno spazio di intervento straordinario per i policy maker in azioni di attivazione, incentivazione e supporto, capaci di condurre a superiori livelli di competitivitŕ le imprese componenti le reti, le reti stesse e i territori da cui esse muovono, ovvero capaci di favorire una maggiore prosperitŕ. Tali spazi di governo delle reti inter-organizzative possono avere natura infrastrutturale (trasporti, edilizia, tecnologie, credito, servizi, ecc.), relazionale (governo della catena del valore, dei processi, dei flussi, delle architetture d'impresa, dei sistemi informativi e di comunicazione, dei sistemi professionali ecc.) e cognitiva (capitale umano, capitale intellettuale, sistema di valori e norme, ecc.). Tutte e tre queste dimensioni sono importantissime e vanno gestite congiuntamente in nuove forme di management assicurate dalle imprese "pivotali" e nell'ambito di quello che nell'articolo č definito come meta-management, ovvero quelle posizioni di attori pubblici e privati - spesso in raccordo fra loro - che assicurano supporto e guida strategica alle reti. Nuovi modelli di management e di meta-management implicano una conoscenza profonda della rete e, di conseguenza, una visione d'insieme attuale e futura sicura e convincente e una capacitŕ di execution che sappia consolidare o riorientare la rete; valorizzare le risorse, materiali e personali, lě racchiuse e soprattutto perseguire obiettivi e misurare risultati. Meta-management non significa favorire il mero networking tra imprese, ma attivarsi come agenzie strategiche e provvedimenti concreti capaci di disegnare politiche di accompagnamento e sostegno alla creazione e alla valorizzazione di robusti network tra imprese e tra imprese e istituzioni, che trascendano le consuete filiere e agglomerazioni locali. Una economia e una societŕ fatta di reti inter-organizzative non č uguale a quella fatta prevalentemente di singole imprese "castello". Sulle reti di impresa e sull'impresa rete incombono alcune rilevanti questioni a cui il nostro lavoro tenta di dare alcune risposte Vediamole qui di seguito. 1. Diagnosi. L'organizzazione a rete č oggi scarsamente riconoscibile. Come diagnosticarla, come identificarne le caratteristiche strutturali e comprenderne i problemi critici? 2. Sviluppo e progettazione. L'organizzazione a rete si puň supportare con adeguati servizi, sviluppare intenzionalmente o addirittura progettare, come qui si sostiene? E se sě, in che modo? I metodi da adoperare per gestire questo sviluppo sono certo diversi da quelli adottati da strutture accentrate, sono meno top-down e meno razionalistici: ma quali possono essere? 3. Stabilitŕ e mutamento. Ogni nodo o soggetto della rete fa parte di reti diverse, in alcuni casi abbandona in rapida successione le une per legarsi ad altre. Come combinare l'estrema mutevolezza di queste multiple appartenenze con l'esigenza di stabilitŕ e crescita di ogni singolo nodo, come far sě che l'intera rete si comporti come un "attore collettivo" capace di un governo? 4. Risultati. Se e come definire obiettivi o ri-articolarli velocemente nel tempo? Come valutare i risultati delle diverse dimensioni economiche e sociali? 5. Decisioni e misura. L'organizzazione a rete - come e piů dell'impresa tradizionale - cambia per repentine innovazioni, per adattamento, per micro-decisioni, per miglioramento continuo, č il risultato di scelte su cosa fare dentro e cosa comprare, su quali funzioni accentrare e quali decentrare, su quando acquisire o vendere unitŕ aziendali e su quando fare accordi, dove allocare geograficamente le attivitŕ. Vi sono criteri e metodi da adottare, per operare in questi contesti di agilitŕ, velocitŕ e rapiditŕ di processi decisionali? 6. Sistemi. Quali tecniche o sistemi operativi adatti all'impresa rete dovranno essere sviluppati? Quali sistemi di pianificazione e controllo di gestione dell'impresa rete, if any? Č possibile stabilire standard di qualitŕ per la rete? Come sviluppare dimensioni quali linguaggi, culture, politiche di marchio e di visibilitŕ, come potenziare le comunitŕ, come promuovere formazione e apprendimenti? 7. Strutture. Le reti di impresa includono una grande varietŕ di forme, come vedremo. La rete di imprese puň includere una parte di gerarchia: quali modelli di organigrammi sono compatibili? Quali sistemi informativi, di telecomunicazioni, di social network sono adatti per la rete di imprese? Quali sistemi logistici? Quali regole e contratti formali? Quali flussi finanziari? Le risorse umane si possono gestire e sviluppare lungo la rete? E in che modo? E che dire dei sistemi di controllo della qualitŕ? 8. Nascita e morte. La rete di imprese e soprattutto i suoi "nodi" hanno un tasso di natalitŕ/ mortalitŕ piů elevato dell'impresa tradizionale. Gestire la nascita e la morte delle imprese diventerŕ ancora piů importante che gestire le imprese. Chi lo farŕ e come? 9. Vincoli e opportunitŕ. La legislazione, le relazioni industriali, la cultura manageriale sono oggi vincoli e opportunitŕ allo sviluppo di forme di rete di imprese. La globalizzazione dell'economia, lo sviluppo dei servizi, le nuove tecnologie, la cultura dei giovani, invece, sembrano operare piů come fattori facilitanti quando addirittura non cogenti. Come gestire (e non subire) vincoli e opportunitŕ? Cosa puň fare l'impresa, e cosa possono fare le istituzioni pubbliche? Vi sono nuovi programmi e regole nazionali e regionali per la costituzione delle reti di impresa: quale č la loro efficacia e impatto? In tale quadro, un'Agenzia Strategica (una grande impresa, una media impresa, un ente governativo, una Camera di commercio, un'associazione imprenditoriale, un istituto di credito) puň esercitare un ruolo centrale nella promozione e governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ dei territori, mettendo a fuoco i propri interventi di policy avendo come oggetto prioritario queste nuove forme di impresa, quasi-impresa, sistemi di impresa usando diverse leve: - innanzitutto, fornendo o favorendo l'accesso a risorse chiave, come credito, finanziamenti, sgravi fiscali, servizi per l'internazionalizzazione, conoscenze, marketing ecc.; - agendo da fluidificatore delle reti tra imprese, che sappia rimuovere ostacoli nelle strutture relazionali e irrobustire nodi, processi, strutture di governance laddove necessario; inserendosi direttamente nelle strutture relazionali come ponte per connettere nodi disconnessi; - esercitando a pieno il ruolo di meta-manager di reti inter-organizzative ossia imprimendo al sistema un indirizzo strategico di fondo, governando i processi "politici" interni alla rete ossia la distribuzione di potere e risorse e creando le condizioni culturali, strategiche organizzative e tecnologiche; - facendo leva sull'essere un policy maker cross-settoriale e multi-territoriale. Le reti di impresa hanno successo se si integrano entro "piattaforme industriali" (ad es. IT, Green economy, portualitŕ e logistica), entro cluster territoriali (es. distretti, economie regionali, etc.), sistemi eterogenei interistituzionali (che includono imprese pubbliche, amministrazioni, istituzioni e associazioni). La nostra tesi č che azioni di governo della rete attraverso nuove forme di management e di meta-management sono tanto piů efficaci quanto piů contribuiscono a supportare e strutturare reti organizzative robuste o che tendono a diventare tali, ossia imprese reti e reti di impresa governate; sono tanto meno efficaci o quanto meno misurabili quanto piů supportano solo processi di networking poco definiti destinati a rimanere tali. Nei termini di Axelsson, policy e management hanno effetto su reti che esprimono a) modelli di relazione fra diverse organizzazioni per raggiungere fini comuni. Hanno un effetto minore o nullo quando le reti di cui si parla sono solo b) "connessioni lasche fra organizzazioni legate da relazioni sociali" o c) un insieme di due o piů relazioni di scambio.
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Fabiani, Roberta, et Asuman BALDIRAN. « Una sanzione da dieci libbre dʼoro al fisco imperiale in una nuova epigrafe funeraria da Iasos e una costituzione imperiale di Costanzo II ». Journal of Philia, 30 décembre 2021. http://dx.doi.org/10.36991/philia.202103.

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Résumé :
Si pubblica un’epigrafe funeraria da Iasos, frammentaria, che contiene, come non di rado accade, il divieto esplicito di seppellire chi non sia stato designato dal fondatore della tomba; essa prescrive che chi dovesse violare tale indicazione dovrà versare al fisco imperiale 10 libbre d’oro. La sanzione è molto più alta di quelle normalmente documentate in analoghe iscrizioni tanto da Iasos quanto da altre località, ma coincide con quella stabilita contro chi sia col­pevole di spoliazione degli edifici funebri o manchi di rispetto a chi vi è sepolto in una cos­tituzione imperiale di Costanzo II del 357 d.C. (C.Th. 9,17,4). Si avanza dunque l’ipotesi che l’ammontare dell’ammenda si colleghi a quel provvedimento imperiale: fenomeni lin­guistici e paleografia non contraddicono una datazione nel IV (al più tardi V) secolo d.C.
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Thèses sur le sujet "Stabilità del provvedimento"

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Negrelli, A. « La stabilità degli atti nazionali nel diritto comunitario (provvedimento, contratto, sentenza) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/152696.

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The topic of this work is based on comparison of the stability and resistance opposed by national acts, enacted by a judge (sentence) or the Public Administration (act or contract), that are now conclusive because no one has brought the Court before, for challenging their unlawful. the answer to the question initially posed shows the opposite graduation among the measures compared, in the national and European Court of Justice view.
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Fucile, Sandro. « Stabilità e condizioni di rivedibilità degli atti impositivi nell'evoluzione del sistema tributario ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423852.

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This thesis deals with an in-depth analysis of the causes that have an influence on the finality of a tax assessment. Chapter I of this dissertation explores the different paths by which a final tax assessment can be reached (e.g.: by failing to file an appeal within the time specified by law; by adhering to a tax amnesty, by the taxpayer’s consent); it also describes, on a comparative approach, the solutions enforced in other legal systems. Chapter II deals with the limits of the powers of internal review of decisions made by a Revenue. Chapter III focuses on the grounds and procedures by which a Revenue decision may be deemed null and void. Chapter IV examines the connections between an appeal in front of the tax commissions and a damage claim in front of the civil courts. Finally, Chapter V outlines the complex relations between a final tax assessment and the ability to pay principle, as outlined in the Constitution of the Italian Republic
Lo scopo del presente lavoro é quello di offrire un quadro approfondito degli aspetti che incidono sulla stabilità del provvedimento di imposizione tributaria, evidenziando i principi ispiratori del sistema, per come essi sono attualmente riconoscibili. Muovendo dallo studio delle forme in cui la definitività si estrinseca (definitività da omessa impugnazione, da condono, derivante dal consenso del contribuente) senza trascurare di vagliare, sul piano comparatistico, le soluzioni adottate in altri ordinamenti (capitolo I), la ricerca prosegue effettuando una disamina dei possibili strumenti di tutela avverso il provvedimento di imposizione definitivo, considerando, in particolare, i profili di rivedibilità degli atti delle agenzie fiscali (capitolo II), la configurabilità di un’azione di nullità nel processo tributario (capitolo III); il rapporto tra azione di annullamento e tutela risarcitoria (capitolo IV). Da ultimo, nel capitolo V, é preso in considerazione il rapporto, connotato da forte tensione sistematica, tra la definitività dell’atto impositivo e il principio di capacità contributiva
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ANDREONI, MARTINO MARIO. « La tutela cautelare anticipatoria. Premesse per uno studio dei provvedimenti cautelari nel diritto della proprietà intellettuale ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7773.

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Nell’elaborato si esamina la tutela cautelare anticipatoria quale forma di tutela minore rispetto a quella del processo ordinario, ma potenzialmente satisfattiva e autonoma e di frequente utilizzo in alcuni settori del diritto, quale, in particolare, il diritto della proprietà intellettuale e della concorrenza. Prendendo le mosse dalle nozioni di tutela anticipatoria elaborate dalla dottrina, si tenta di definire le caratteristiche di questa forma di tutela, così come è stata realizzata nel corso degli anni nell’ordinamento italiano, analizzando anche le esperienze, più risalenti e mature, dell’ordinamento francese, con la procédure en référé e dell’ordinamento tedesco, con le eistweilige Verfügungen. Si procede poi ad individuare le caratteristiche strutturali e funzionali dei provvedimenti cautelari anticipatori, e le loro differenze da quelli conservativi, alla luce delle norme sulla strumentalità attenuata introdotte, a partire dal 2003, nelle leggi speciali e nel codice di procedura civile, con particolare riguardo ai presupposti di concessione, all’autonomia, alla stabilità e all’efficacia, sul piano sostanziale e su quello processuale, di tali provvedimenti, e alle peculiarità dei giudizi di merito che eventualmente siano instaurati dopo il provvedimento cautelare anticipatorio. Si affronta, inoltre, il problema di quali siano gli effetti della sentenza anticipabili con il provvedimento cautelare, con riguardo alle pronunce di condanna, di mero accertamento e costitutive, e le forme di attuazione del provvedimento cautelare. Si procede, infine, con l’analisi dei provvedimenti cautelari anticipatori previsti dal codice della proprietà industriale e dalla legge sul diritto d’autore, ed in particolare dell’inibitoria e della sua attuazione, e si affronta il problema della stabilità di tali provvedimenti, alla luce delle norme nazionali e di quelle comunitarie ed internazionali.
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Brigandì, Anna. « Gli effetti dell'invalidità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1469.

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La tesi concerne l analisi degli effetti dell invalidità di una delibera di approvazione del bilancio sull attività sociale, con riferimento particolare ai provvedimenti che devono essere assunti dall organo amministrativo per ristabilire la legalità violata. Preliminarmente si esamina il quadro giuridico nel quale si colloca la materia dell invalidità delle delibere assembleari e si inquadrano genericamente le problematiche giuridiche e fattuali che scaturiscono dalla dichiarazione di invalidità di una delibera, soprattutto relativamente al pregiudizio alla stabilità e alla certezza dell attività sociale. Successivamente si esamina la natura giuridica della delibera di bilancio e le funzioni che esso svolge, al fine di individuare gli interessi che devono essere tenuti in considerazione nella valutazione degli effetti della dichiarazione di invalidità. In base a tali considerazioni viene così analizzata la disciplina specifica che a seguito della riforma è dettata, ex art. 2434- bis, per l invalidità della delibera di bilancio. Lo studio prende inizio dal terzo comma della norma in questione, che ha costituito la fonte dei maggiori dubbi interpretativi in materia, trattandosi di valutare se, in conseguenza della pronuncia giudiziale, sia necessario rifare il bilancio viziato e tutti i successivi che dell invalidità abbiano risentito, oppure se sia sufficiente tenere conto della pronuncia soltanto nel bilancio dell esercizio nel corso del quale è dichiarata l invalidità. La ricerca procede concentrando l attenzione sulla conseguente attività che deve essere svolta dall organo amministrativo, distinguendo a seconda che il vizio riguardi il procedimento di formazione del bilancio ovvero il suo contenuto e, in quest ultimo caso, a seconda che il vizio influisca sul risultato di esercizio o semplicemente sulla chiarezza e sulla funzione informativa dello stesso. Attenzione particolare è anche prestata all eventuale invalidità derivata di alcune delibere collegate al bilancio di esercizio: il bilancio, infatti, costituisce il presupposto logico e giuridico delle successive deliberazioni che, avendo a oggetto la gestione del patrimonio sociale, non possono non avere quale punto di riferimento l accertamento della consistenza patrimoniale, finanziaria ed economica della società. L ultima parte del lavoro è dedicata all analisi degli strumenti di tutela preventivi e limitativi della tutela reale, in parte previsti dalla disciplina generale di cui agli artt. 2377 e ss., e che troveranno applicazione se e in quanto compatibili con la disciplina ex art. 2434- bis, in parte previsti direttamente dalla normativa in materia, così in particolare la limitazione alla legittimazione ad impugnare il bilancio e il limite temporale a partire dal quale il bilancio non può più essere impugnato. Un ultima riflessione, infine, è dedicata alla tutela risarcitoria che, prevista nella disciplina generale come tutela alternativa alla tutela reale, non è richiamata espressamente in materia di bilancio; si analizza, pertanto, la possibilità di ottenere un risarcimento del danno anche in caso di delibera di bilancio, nonché le altre forme di tutela che possono conseguire in presenza di un bilancio viziato e i soggetti che possono essere chiamati a risponderne a vario titolo.
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Livres sur le sujet "Stabilità del provvedimento"

1

Falcon, Giandomenico, et Daria De Pretis. Stabilità e contendibilità del provvedimento amministrativo : Nella prospettiva comparata. Milano : CEDAM, 2011.

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Actes de conférences sur le sujet "Stabilità del provvedimento"

1

Cedroni, Anna Rita. « Roadmap per una citta sostenibile : Vienna ». Dans International Conference Virtual City and Territory. Roma : Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7915.

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Résumé :
Al di là di più di duemila anni di tradizione storica, l’Austria, ha mostrato con coraggio, fin dall’entrata nella Comunità Europea, il suo sviluppo economico così come la sua modernità e la sua apertura verso l’esterno. La dinamicità culturale e tecnologica della sua capitale, l’ha resa uno degli esempi più apprezzati da tutta l’Europa fin dall’inizio di questo secolo. In poco più 15 anni, Vienna è diventata di fatto la città europea con la migliore qualità della vita. Il merito di tale successo è dato sicuramente da due componenti fondamentali: la stabilità politica del Paese e il metodo di gestione dei processi di pianificazione territoriale e urbana. L’attuale sviluppo del territorio mostra come alla base di tale qualità i fattori prevalenti siano l’architettura, ma anche le politiche urbanistiche territoriali. Sta di fatto, spiega un recente rapporto del comune di Vienna sul tema risparmio energetico e sostenibilità, che per garantire e mantenere una tale qualità della vita, occorre tener conto di tre costanti essenziali nelle dinamiche dei processi di sviluppo urbano: il rinnovamento, la ristrutturazione e l’espansione. Tali elementi consentono poi il confronto con modelli europei culturalmente più avanzati. La tutela dell’ambiente e del patrimonio ambientale si inseriscono in questo processo come una delle sfide più importanti che scaturiscono da tale confronto. Questo paper si prefigge di trattare l’esperienza viennese, ripercorrendo il lungo, ma rapido processo di cambiamento cominciato all’inizio degli anni Ottanta. Strumento generale di pianificazione urbanistica, il Piano di Sviluppo della Città (Stadtentwicklungsplan), ha costituito e costituisce tuttora lo strumento decennale di previsione e di programmazione energetica a livello urbano e territoriale, stabilendo le direttrici strategiche di espansione, di ristrutturazione e di rinnovamento della Città e del suo hinterland. Ma l’esclusività di tale strumento, è da vedere nell’anticipazione di temi come il consumo energetico, la sostenibilità e nell’individuazione della tutela ambientale, come questione prioritaria da includere nei programmi d’intervento da attuare a breve termine. Infatti, con la formulazione del primo Programma KliP (Klimaschutzprogramm) (1999–2009) e, successivamente, del secondo Programma KliP (2010-2020), vengono elaborati dei “pacchetti” di provvedimenti con obiettivi ben definiti, come per esempio la riduzione del 21%, a persona, dei gas di emissione e di gas propellenti rispetto ai valori rilevati nel 1990. Gli strumenti con i quali raggiungere tali obiettivi sono: la riduzione del fabbisogno energetico, l’introduzione di fonti di energia ecosostenibile, l’uso di materiali biologici nell’edilizia pubblica e privata a grande e piccola scala, ma soprattutto, gli interventi sulla mobilità, sulla gestione dei rifiuti e sulla protezione del paesaggio. Accanto ai Piani di Sviluppo, Il Programma SEP (Städtische Energieeffizienz-Programm), definisce le linee generali da seguire nella gestione della politica dei consumi energetici a lungo termine, ovvero fino alla fine del 2015. I risultati portano già nel 2011 ad un aumento della quota di energia rinnovabile del 10% del volume totale del consumo di energia. Tra gli incentivi ci sono quelli rivolti alla realizzazione di centrali elettriche, inceneritori per il riciclo di materie dalle quali ricavare energia, mentre un ruolo sempre più importante è dato dall’uso della geotermia, e dell’energia solare. La continuità programmatica culmina nella formulazione di un progetto unitario, SMART CITY WIEN, che riunisce ben dieci gruppi differenti di interessi, istituzioni pubbliche, enti privati, centri universitari di ricerca, ecc., attorno ad una visione a lunga scadenza: Smart Energy vision 2050. Al centro della tavola rotonda le tematiche: lo sviluppo della popolazione, l’ambiente, i metodi di gestione, l’economia, l’energia e la mobilità. Accanto a queste, sostenibilità, partecipazione, diversità, efficienza di risorse, sviluppo regionale integrato come pure sviluppo economico equilibrato sono gli elementi fondamentali per la preparazione delle decisioni future.
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