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Articles de revues sur le sujet « Sistemi a concentrazione »

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Di Guardo, Sebastiano. « Innovazione organizzativa nei servizi di Giustizia per il Cittadino : il caso della Volontaria Giurisdizione ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 1 (décembre 2012) : 130–57. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001006.

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Résumé :
L'articolo approfondisce il tema dell'innovazione organizzativa della Volontaria Giurisdizione, un istituto giuridico dell'ordinamento civile italiano che riguarda, tra le varie materie, le misure di protezione giuridica a favore delle persone disabili e degli anziani e che si svolge, perlopiů, senza intermediazione legale. In questo lavoro viene presentato il caso del progetto di cambiamento organizzativo del Tribunale di Monza. Si tratta di un caso di riprogettazione radicale dei processi interistituzionali di tutela giuridica e dei sistemi di erogazione dei servizi avvenuto con una grande partecipazione degli organi di governo dell'organizzazione, dei professionisti coinvolti, delle istituzioni e del territorio locale. Risultati tangibili sono stati l'abbattimento dei tempi di processo, la riduzione dei tempi di attesa per i Cittadini, l'eliminazione di attivitŕ banali con conseguente concentrazione su quelle piů critiche. I risultati socio-organizzativi sono stati la maggiore cooperazione tra giudici e cancellieri nell'interesse dell'ottimizzazione dei processi di lavoro, la sperimentazione di un partneriato tra Tribunale e Territorio per andare incontro ai bisogni espressi dalla Cittadinanza e la sperimentazione di un modello di cambiamento strutturale che č avvenuto anche senza nuove leggi o risorse aggiuntive.
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2

Menis, Claudio. « Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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3

Beretta, Enrico, Vacche Alessandra Dalle et Andrea Migliardi. « Competitivitŕ ed efficienza della supply-chain : un'indagine sui nodi della logistica in italia ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 2 (novembre 2012) : 135–73. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002001.

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Résumé :
La logistica č importante sia per la sua incidenza diretta sul Pil nazionale sia, in modo indiretto, nel consentire una maggiore o minore competitivitŕ del sistema-paese. La complessiva debolezza del sistema logistico italiano, documentata da varie fonti interne e internazionali, ha numerose cause: inadeguatezze nelle infrastrutture di trasporto a lungo raggio, ma anche dei raccordi di "ultimo miglio"; frammentazione e scarsa integrazione tra gli operatori; inefficienze localizzate nelle singole modalitŕ di trasporto; problemi nei raccordi tra i vettori di diverso tipo (ossia nell'intermodalitŕ); carenze programmatorie e normative. Il presente lavoro approfondisce queste tematiche mediante un'indagine condotta presso un campione di spedizionieri italiani. Per quanto attiene alle infrastrutture, gli operatori riterrebbero utile il completamento degli assi ferroviari in grado di connettere il paese alle principali direttrici di traffico europee, nonché di assicurare un efficace collegamento fra il Nord e il Sud del paese, ma anche un potenziamento dei raccordi locali con altri tipi di vettori, specie quello marittimo. Altri problemi risiedono negli allacci delle aree portuali alla viabilitŕ ordinaria e nell'insoddisfacente funzionamento dei nessi intermodali tra le diverse forme di trasporto. I centri logistici vengono ritenuti nel complesso sufficienti, anche se si riscontrano problemi circa l'eccessiva frammentazione e la distribuzione sul territorio. Tariffe del trasporto, durata e prevedibilitŕ dei tempi, efficienza e affidabilitŕ degli operatori sarebbero nel complesso sufficienti, a eccezione del comparto ferroviario. L'organizzazione della catena logistica risente di una scarsa programmazione delle attivitŕ, dell'insufficiente integrazione tra gli operatori e della loro eccessiva frammentazione. Le dotazioni informatiche degli operatori e il ricorso all'ICT vengono giudicate nel complesso sufficienti, ma č carente l'integrazione dei sistemi tra i diversi operatori, con conseguenze negative sul trattamento complessivo del ciclo della merce e sulla tracciabilitŕ delle spedizioni. Dall'indagine sono emerse anche diverse indicazioni di policy. In primo luogo, gli operatori chiedono di razionalizzare il quadro normativo, di rilanciare liberalizzazioni e concorrenza e di concentrare le risorse su un contenuto novero di obiettivi infrastrutturali realizzabili. In secondo luogo, gli operatori stessi potrebbero contribuire alla concentrazione e razionalizzazione dell'offerta. Infine, le Associazioni di categoria nazionali e locali dovrebbero stimolare l'integrazione dei diversi sistemi di ICT e promuovere il rispetto di standard minimi di servizio.
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Charrier, Guy. « Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Howe, Martin. « Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Cirillo, S., L. Simonetti, F. Di Salle, L. Stella, R. Elefante et F. Smaltino. « La risonanza magnetica nell'emorragia subaracnoidea ». Rivista di Neuroradiologia 2, no 3 (octobre 1989) : 219–25. http://dx.doi.org/10.1177/197140098900200304.

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Résumé :
La risonanza magnetica per immagine dell'emorragia subaracnoidea ha un ruolo ben definito nelle fasi subacute: l'efficacia della TC si riduce velocemente, mentre l'accuratezza diagnostica della RM aumenta per l'evidente accorciamento del T1 legato alla metemoglobina ed alla lisi cellulare. La velocity di produzione di metemoglobina e di lisi eritrocitaria sono in relazione con la riduzione della concentrazione locale di glucosio. Nel sistema subaracnoideo una molecola soluta può seguire i gradienti di concentrazione: la concentrazione di glucosio non può, perciò, abbassarsi velocemente, come nelle raccolte parenchimali. Comunque, anche se l'iperintensita in T1 è chiaramente dipendente dalla concentrazione, è possibile riconoscere un'emorragia subaracnoidea anche a basse concentrazioni sangue/liquor, come abbiamo riscontrato in 2 pazienti. Nelle fasi iperacute ed acute la sensibilità della RM è basata principalmente sulla riduzione del T2 causata dalla formazione di deossiemoglobina, mentre il segnale in T1 non subisce importanti modificazioni: la bassa velocity di riduzione della pressione parziale di ossigeno negli spazi subaracnoidei rende difficile distinguere miscele sangue-liquor dal liquor puro. Perciò la diagnosi RM di ESA può essere difficile, come abbiamo riscontrato in due pazienti, ma i coaguli possono offrire un utile ausilio semeiologico. Nelle fasi precoci il segnale dell'ESA è completamente modificato dai processi coagulativi, a causa di un chiaro accorgimento del T1, che diviene evidente durante la retrazione del coagulo. Questo carattere può essere considerato un utile marker in vivo di ESA acuta: è stato cosi possibile valutare una lieve iperintensità silviana in un'ESA acuta altrimenti negativa. D'altra parte bisogna considerare che la coagulazione di miscele sangue/liquor a influenzata da vari fattori biochimici, fisici e topografici, e quindi può presentare aspetti molto differenti e necessita di un esame accurato per essere dimostrata.
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Balaguer Callejón, Francisco. « L'impatto dei nuovi intermediari dell'era digitale sulla libertà di espressione ». CITTADINANZA EUROPEA (LA), no 1 (août 2021) : 33–62. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2021-001002.

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Le nuove tecnologie hanno un impatto sia positivo che negativo sulla libertà di espressio-ne, sui diritti costituzionali e sui processi democratici. Tale incidenza è stata positiva nelle fasi iniziali di sviluppo del Web e in particolare nelle prime fasi del Web 2.0, quando Internet era progettato in modo più partecipativo e cooperativo. Negli ultimi anni, tuttavia, sono emersi processi gerarchici di organizzazione di informazioni e dati ad opera di grandi socie-tà tecnologiche che si pongono come nuovi intermediari tra utenti e sfera pubblica. La libertà di espressione è attualmente condizionata da questi intermediari che controllano i processi di comunicazione. L'articolo si propone di riflettere sul ruolo di questi nuovi intermediari in relazione alla configurazione della sfera pubblica nei sistemi democratici, mettendone in rilievo l'impatto riguardo alla libertà di espressione nell'ambito dei rapporti tra sfera pub-blica e privata e tra sfera statale e globale. In questi ambiti la capacità di regolazione e con-trollo da parte dello Stato si indebolisce a fronte del potere di queste grandi società che occu-pano e monopolizzano uno spazio pubblico dove la libertà di espressione viene ridotta a merce, tanto che informazioni e opinioni si trasformano in dati monetizzabili, attraverso gli algoritmi delle applicazioni Internet. In tal modo l'utilizzo di questi algoritmi, allo scopo di promuovere fake news e radicalizzazione per attirare l'attenzione del pubblico e generare maggiori guadagni, rischia di distruggere una percezione sociale condivisa della realtà. Tra le tante misure che possono essere adottate, spiccano quelle legate al diritto della concorren-za, ovvero basate su misure previste da regolatori istituzionali e volte ad ostacolare una concentrazione ancora maggiore di potere monopolistico. Tuttavia, invece di restrizioni, sarebbe preferibile lasciare spazio a una tecnologia aperta che ponga fine alla natura chiusa e gerarchica delle applicazioni.
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Ruppelt, Hans-Jürgen. « Competition Law and its Application in Germany ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

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Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
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Baglioni, Angelo. « Liberalizzazione, concentrazione e diversificazione del sistema bancario italiano ». ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE, no 3 (septembre 2009) : 7–19. http://dx.doi.org/10.3280/poli2009-003002.

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- Starting from the early nineties, the Italian banking system has undergone a deep process of deregulation, consolidation and diversification. The deregulation process has enabled Italian banks to enter new - geographical and product - markets. The single European market has introduced a competitive challenge from abroad. The concentration process may be explained on several grounds. Smaller banks have aimed at reaching a more efficient scale of production. Deals involving banks located in Northern and Southern Italy had a prudential rationale, given the weakness of Southern banks. Large banks have presumably pursued a defensive strategy, due to the threat of take-overs from abroad. An important role has been played by the moral suasion exerted by the Bank of Italy. Deregulation and consolidation have come along together with an increase of the competitive pressure, as shown by the decline of interest rate margins. Banks have reacted by diversifying their business, in order to expand their sources of revenue and to create switching costs for their customers (by selling bundles of services). Keywords: banks, deregulation, consolidation, competition Parole chiave: banche, liberalizzazione, concentrazione, concorrenza Jel Classification: G21 - L89
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Febi, G., G. Arcidiacono, P. Marchesi, M. Tosetti et R. Battini. « L'impiego della maschera laringea in anestesia pediatrica per RM ». Rivista di Neuroradiologia 13, no 2 (avril 2000) : 197–202. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300206.

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Per eseguire un esame di risonanza magnetica (RM) in età pediatrica è necessario “sedare” in sicurezza il bambino per garantirne durante le scansioni I'immobilità e l'omeostasi delle funzioni vitali. Nella ricerca di una metodica che riassumesse caratteristiche di invasività minima, scarsa produzione di inquinamento ambientale e che consentisse un esatto e costante controllo del livello di anestesia e della pervietà delle vie aeree, siamo giunti all'utilizzo della maschera laringea (LMA) abbinato ad anestesia generale inalatoria in respiro spontaneo. In un periodo di 18 mesi 482 bambini non premedicati di classe ASA I-III (5,5 + 4,3 aa; range 1 giorno − 18 aa) affetti da patologie del SNC sono stati sottoposti in sequenza ad anestesia inalatoria con LMA per eseguire una RM cerebrale. Utilizzando un circuito Mapleson “F” modificato allungando le branche inspiratoria ed espiratoria e collegando quest'ultima ad un sistema di aspirazione “Venturi”, l'anestesia veniva indotta, in presenza di un genitore, facendo respirare al bambino alotano a concentrazioni rapidamente crescenti in una miscela gassosa di ossigeno e protossido d'azoto al 50%. Alla scomparsa del riflesso ciliare il. genitore poteva allontanarsi, si provvedeva ad incannulare una vena periferica e quindi si introduceva una maschera laringea di misura appropriata. Utilizzando un monitor amagnetico compatibile con gli alti campi magnetici presenti, si provvedeva quindi a monitorare la saturazione trans-cutanea dell'ossigeno (Sa02), l'ECG, la PA non invasiva, la pressione parziale della C02 di fine espirazione (EtPC02) e la concentrazione sia dell'alogenato che dei gas respirati. Si posizionava poi il bambino all'interno del magnete continuando l'anestesia in respiro spontaneo con alotano a 1,5 della sua concentrazione minima alveolare inibente (MAC) in miscela gassosa di ossigeno ed aria, con un flusso respiratorio minimo di 300 ml/Kg/min. Circa alla metà della durata dell'esame la concentrazione dell'alogenato veniva diminuita a circa 1,0 MAC. Al termine dell'esame si sospendeva l'erogazione dell'alogenato togliendo la maschera laringea alla comparsa dei primi riflessi delle vie aeree superiori. Il piccolo veniva poi adagiato su un lettino di un'altra stanza dove si risvegliava accanto allo stesso genitore che aveva precedentemente assistito all'induzione. In tutta l'esperienza descritta, sia durante l'induzione, che nel periodo intraesame, come al risveglio, non sono stati registrati casi rilevanti di desaturazione, ipotensione, bradicardie, aritmie, convulsioni o altri incidenti clinicamente significativi. Non si è mai constatato rigurgito gastro-esofageo. Questo lavoro durato quasi due anni ci porta senz'altro a concludere che l'utilizzo della LMA con anestesia inalatoria in respiro spontaneo per il paziente in età pediatrica in risonanza magnetica, comporta ottimi risultati in fatto di sicurezza ed efficacia anestesiologica.
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Grandinetti, Roberto, et Valentina De Marchi. « Dove stanno andando i distretti industriali ? Un tentativo di risposta a partire da un'indagine in Veneto ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 2 (avril 2013) : 142–75. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002006.

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Nel lontano 1989, con grande luciditŕ e lungimiranza, Giacomo Becattini invitava a concepire il distretto industriale marshalliano "come una fase evolutiva lungo uno fra i diversi, possibili, sentieri di industrializzazione" (Becattini, 1989c, p. 409). Oggi numerosi osservatori qualificati della articolata realtŕ distrettuale italiana, accademici e non, affermano che quella fase si č definitivamente conclusa. L'obiettivo di questo lavoro č argomentare la progressiva dissoluzione della configurazione marshalliana di distretto analizzando una serie di fenomeni dei quali esiste riscontro nella letteratura empirica: l'incremento della concentrazione, all'interno delle popolazioni di imprese distrettuali, degli occupati e di altre variabili indicative della produzione di valore; il venire meno del fattore "filiera localizzata", ossia di quell'insieme di mercati di input intermedi che distingue un distretto industriale (non solo di tipo marshalliano) da una semplice area di specializzazione produttiva; la crescita relazionale delle imprese piů dinamiche di un distretto oltre i suoi confini; l'emergere nei distretti di una societŕ multietnica; la disomogeneitŕ socio-culturale della struttura sociale dei distretti introdotta dal cambio generazionale; l'accresciuta eterogeneitŕ settoriale dei territori distrettuali. Ciascuno dei fenomeni citati viene approfondito nell'ampia sezione 2 del lavoro. Questa analisi č preceduta da una sezione "propedeutica" dedicata a delineare in modo preciso i contorni distintivi dell'unitŕ di indagine, il distretto industriale marshalliano, un termine che in letteratura viene spesso considerato erroneamente sinonimo di cluster oppure di distretto industriale (genericamente inteso). L'insieme dei fenomeni presi in considerazione ha profondamente modificato i sistemi distrettuali, determinando la fuoriuscita dalla fase o dal modello marshalliano. A questo punto si pone la domanda contenuta nel titolo del nostro contributo, che abbiamo ripreso da un recente lavoro di Rabellotti, Carabelli e Hirsch (2009): dove stanno andando i distretti industriali (non piů marshalliani)? Abbiamo cercato di avviare un filone di ricerca empirica su questo tema partendo da tre dei maggiori distretti presenti in Veneto: il calzaturiero della Riviera del Brenta, l'occhialeria di Belluno e l'orafo di Vicenza (sezione 4). A tal fine sono state individuate alcune variabili, misurabili sulla base delle fonti informative disponibili, capaci di segnalare un aspetto importante della "vita" di un distretto industriale. I risultati ottenuti da questa analisi comparata di tipo quantitativo - integrati da quelli desumibili da altri lavori, anche qualitativi, prodotti su ciascuno dei tre distretti indagati - porta a confermare le tre traiettorie evolutive ipotizzate in un nostro precedente contributo (De Marchi e Grandinetti, 2012): il declino del distretto industriale in quanto tale, la "gerarchizzazione" dello stesso in poche imprese di grandi dimensioni, e infine la riproduzione evolutiva del distretto. Questi modelli vengono illustrati nella sezione 5, mentre la sezione conclusiva ricorda la domanda di ricerca e riassume il nostro tentativo di risposta, sottolineando le implicazioni di politica industriale che ne derivano.
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Paglialunga, Elena. « L'efficienza energetica e l'elasticitŕ di sostituzione ». QA Rivista dell'Associazione Rossi-Doria, no 3 (octobre 2012) : 67–105. http://dx.doi.org/10.3280/qu2012-003004.

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L'efficienza energetica e l'elasticitŕ di sostituzione Negli ultimi decenni le relazioni tra sistema economico e ambiente naturale hanno assunto sempre maggiore importanza anche alla luce delle criticitŕ dell'attuale sistema energetico. La sostenibilitŕ della crescita economica e la necessitŕ di ridurre la concentrazione delle emissioni inquinanti sono, infatti, temi centrali nel dibattito internazionale, e presentano importanti ripercussioni sotto il profilo di politica energetica e climatica. Nel presente lavoro si č quindi svolta un'analisi empirica sull'andamento dell'efficienza energetica, in termini di elasticitŕ di sostituzione in 29 Paesi Ocse (1975-2007), con l'obiettivo di studiare il ruolo nell'energia nei processi produttivi e di presentare alcune implicazioni in termini di policy.
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Raddino, Riccardo, Angelica Cersosimo, Alfio Ernesto Bianchi et Antonio Maggi. « Effetti della malattia tiroidea sul sistema cardiovascolare ». CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no 2 (14 octobre 2021) : 115–22. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-2-4.

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Gli ormoni tiroidei hanno un impatto significativo sulla funzione e sulla struttura cardiaca. Gli effetti cardiaci intracellulari dell’ormone tiroideo T3 si esplicano attraverso due meccanismi: genomico e non genomico, mentre la definizione di ipertiroidismo o di ipotiroidismo si basa sui livelli sierici di TSH e di concentrazioni libere degli ormoni T3 e T4 (FT3, FT4).L’ipertiroidismo è caratterizzato da un aumento della frequenza cardiaca a riposo, del volume sanguigno, della gittata sistolica, della contrattilità miocardica, della frazione di eiezione e da un miglioramento del rilassamento diastolico. L’ipotiroidismo è associato a una ridotta gittata cardiaca a causa del ridotto rilassamento della muscolatura liscia vascolare e della ridotta disponibilità di ossido nitrico endoteliale con conseguente rigidità arteriosa, aumento della resistenza vascolare sistemica e minor ritorno venoso. In considerazione degli effetti dell’ormone T3 sui cardiomiociti e sulla fisiologia cardiovascolare e metabolica, sarebbe indicata una precoce ricerca sierica dei valori di TSH, FT3 e FT4 in tutti quei pazienti con disfunzione diastolica, fibrillazione atriale, PAH, blocchi atrioventricolari, così da garantire un trattamento precoce che può invertire l’evoluzione clinica e prevenire, così, il rischio di morte cardiovascolare.
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Zanier, Maria Letizia, et Marta Scocco. « Migrazioni oltre le aree metropolitane : le sfide della cittadinanza "dal basso" in un sistema insediativo marchigiano ». MONDI MIGRANTI, no 1 (mars 2022) : 101–16. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001006.

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Il saggio si inquadra nel più ampio ambito degli studi sulle migrazioni oltre le aree metropolitane, di particolare interesse nel contesto italiano divenuto oramai da tempo un consolidato crocevia migratorio. Questi territori rappresentano osservatori privilegiati per comprendere e analizzare alcune importanti implicazioni sociali dell'immigrazione. I dati presentati e discussi ricostruiscono esperienze e pratiche di cittadinanza "dal basso" implementate nel quadro di due progetti FAMI realizzati presso l'Hotel House di Porto Recanati, un sistema immobiliare marchigiano ad alta concentrazione di popolazione di origine straniera e oggetto, da tempo, di studi sociologici, etnografici e demografici. Le evidenze empiriche indicano come il coinvolgimento diretto dei residenti, nella loro qualità di soggetti portatori di interessi nel corso delle diverse fasi progettuali, si sia rivelato una "buona pratica", oltre che una strategia vincente nell'intento di promuovere interventi di riqualificazione multilivello in un immobile che presenta da diversi decenni gravi segni di criticità intrinseche sul piano strutturale e sociale. Inoltre, attraverso le prassi virtuose introdotte in ambito progettuale, è stato possibile avviare strategie più efficaci di fronteggiamento dei gravi eventi emergenziali legati alla pandemia da Covid-19.
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Marconi, Mauro, Anna Grazia Quaranta et Silvana Tartufoli. « Lineamenti dell'evoluzione del settore manifatturiero. Le Marche quale laboratorio ». ARGOMENTI, no 35 (septembre 2012) : 5–30. http://dx.doi.org/10.3280/arg2012-035001.

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Résumé :
L'economia italiana dal 2007 ha subìto una profonda turbolenza recessiva. In un sistema economico popolato da piccole e medie imprese, il più delle volte il dato nazionale nasconde la reale entità delle modifiche strutturali dei settori produttivi e delle realtà territoriali. L'economia marchigiana, caratterizzata da un'alta densità imprenditoriale, è un microcosmo nel quale le modifiche strutturali del comparto manifatturiero possono essere adeguatamente analizzate. Lo strumento di indagine proposto è quello di un campione chiuso di imprese, osservato dal 1994 al 2010. Dalla ricerca emergono alcuni fatti stilizzati quali il processo di concentrazione basato sulle medie imprese, un'alta propensione all'esportazione ed una crescente patrimonializzazione. A questi aspetti si accompagnano una riduzione dell'efficienza operativa, un alto indebitamento a breve termine ed un'inerzia all'espansione dimensionale.
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Moyo, Sam. « Transizione agraria mancata e sotto-consumo in Africa ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 128 (décembre 2012) : 106–21. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-128007.

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La trasformazione agraria in Africa non č riuscita a causa di una combinazione di fattori, tra cui l'alienazione della terra che si č verificata soprattutto nell'Africa dei settler, e sta crescendo altrove, e il super-sfruttamento del lavoro agricolo nelle economie contadine dell'Africa non settler. Negli anni sessanta, l'alienazione dei terreni č stata interrotta, ma la cattiva integrazione del continente nel sistema capitalista mondiale ineguale, in particolare il sistema alimentare mondiale, č cresciuta sotto il neoliberismo dagli anni ottanta. Gli errori nelle politiche di aggiustamento si sono intensificati dopo la recente crisi finanziaria mondiale portando a un aumento di privatizzazioni e concentrazione dei terreni agricoli, anche sotto il controllo del capitale straniero. La persistenza della produzione di beni agricoli per l'esportazione ha minato la produzione alimentare per il consumo locale, mentre gli investimenti pubblici nelle tecnologie agricole sono diminuite. L'alternativa della sovranitŕ alimentare centrata su piccoli produttori autonomi richiede un intervento significativo dello stato e lo sviluppo del capitale umano, per ristrutturare il sistema alimentare e per migliorare la protezione dei consumatori e del commercio. Il caso dello Zimbabwe viene presentato come esempio di resistenza agraria al neoliberismo.
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Lacey, Eric F. « The Italian Competition Law Compared with Other OECD Countries’ Competition Laws ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 147–51. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345090.

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Abstract L’ltalia è il penultimo Paese membro dell’OCSE che abbia adottato una legge sulla protezione della concorrenza (adesso solo la Turchia non ha alcuna legge al riguardo).Peraltro, la legislazione vigente nei Paesi OCSE non è del tutto identica. Vi è, per esempio, una notevole differenza tra la legislazione anti-trust degli Stati Uniti, con proibizione (rafforzata da sanzioni penali) della fissazione di prezzi e di ripartizione dei mercati, ed il progetto di legge belga contro l’abuso di potere economico, che da luogo ad un tipo di controllo molto tenue.Per quanto riguarda, in particolare, le norme attinenti alle concentrazioni, l’ltalia è il quindicesimo Paese OCSE ad avere una normativa. Questo significa non soltanto che nove Paesi OCSE devono ancora convincersi dell’utilità del controllo delle concentrazioni, ma che, date le divergenze tra le diverse normative in vigore, sono anche diversi i criteri e le procedure mediante cui possono essere valutate fusioni ed acquisizioni.Si può affermare che l’impostazione della legge italiana, di carattere dichiaratamente proibitivo, quanto ad accordi restrittivi ed abuso di posizione dominante segue l’attuale tendenza dei Paesi OCSE a favore di questo metodo di controllo piuttosto che del metodo del caso per caso, che e ancora vigente nei Paesi nordici, in Irlanda e nel Regno Unito.Per quanto attiene, invece, alle concentrazioni, l’impostazione di carattere proibitivo non si estende normalmente al loro controllo. Molti ordinamenti preferiscono il sistema del «caso per caso» e così fa anche la legge italiana, anche se questa procedura richiede un giusto equilibrio tra l’esigenza di completare in tempi stretti l’indagine, per non danneggiare le imprese interessate, e l’altrettanto legittima esigenza di avere tempo sufficiente per un esame accurato. Su questo ultimo aspetto, i tempi previsti dalla legge italiana sembrano più brevi della media dei Paesi OCSE. In particolare, il periodo di tempo previsto dalla legge italiana perché l’Autorità effettui l’indagine è di quarantacinque giorni, mentre il tempo mediamente previsto nei Paesi OCSE è di tre mesi.Un elemento molto positivo della legge italiana è quello di sottoporre le concentrazioni ad una valutazione di natura strettamente concorrenziale, senza introdurre dementi di natura politica o sociale. Inoltre, in molti Paesi il Governo ha il potere di dire l’ultima parola sull’autorizzazione o meno delle concentrazioni.Bisogna anche notare che, mentre molti Paesi hanno costruito poco per volta la loro legislazione concorrenziale, partendo dagli accordi orizzontali per poi estendere il controllo all’abuso del potere di mercato e giungendo quindi al controllo delle concentrazioni, la legge italiana include tutti e tre questi tipi di restrizioni della concorrenza. Essa riguarda, inoltre, sia il mercato dei beni che quello dei servizi.La legge italiana si applicherà sia alle imprese private che a quelle pubbliche, con l’eccezione dei monopoli pubblici. Per quanto riguarda le banche e le assicurazioni, la legge italiana riserva ad essi un trattamento analogo a quello di altre leggi della concorrenza, anche se adesso sembra emergere la tendenza a restringere le esenzioni dalle leggi sulla concorrenza di cui godono questi settori.L’Autorità italiana per l’applicazione della legislazione concorrenziale ha ampi poteri di investigazione, di decisione e anche di sanzione, attraverso la comminazione di multe, nonche importanti funzioni consultive. In altri ordinamenti vi è una distinzione tra gli organi che nelle diverse fasi applicano la legislazione della concorrenza. La legge italiana, dato che l’Autorità è responsabile delle varie fasi, potrà essere applicata più facilmente, anche se si potrebbe rilevare che la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisionali dà maggiori garanzie (in ogni caso, le parti hanno comunque diritto di ricorrere contro le decisioni dell’Autorità).L’applicazione di sanzioni, che è un aspetto essenziale del sistema di controllo, è modellata nella legge italiana sulla base della normativa CEE e sembra adeguata.Per quanto riguarda il particolare trattamento riservato alle istituzioni finanziarie, sebbene in diversi Paesi vi siano norme speciali nei riguardi delle concentrazioni bancarie (con approvazione da parte delle autorità bancarie, in sostituzione delle autorità che si occupano della concorrenza o in aggiunta all’approvazione di queste ultime), non si riscontra in altri ordinamenti una norma come quella secondo cui anche l’acquisizione di una quota del cinque per cento del capitale debba essere sottoposta ad autorizzazione. Soltanto l’Olanda, forse, ha una regola analoga, mentre l’Australia ha una regola che stabilisce un limite generale del quindici per cento per un solo investitore.Nel complesso, la legge italiana per la concorrenza sembra fornire una buona base per una efficiente politica della concorrenza. Evidentemente, tutto dipenderà dal modo in cui l’Autorità assicurerà che le norme siano effettivamente applicate, soprattutto per quanto riguarda l’art. 4 (che prevede deroghe per le intese) e l’art. 8, paragrafo 2, sulle deroghe per le imprese che forniscono servizi d’interesse economico generale. Sarebbe molto spiacevole se questa norma fosse utilizzata per non applicare la legge allo stesso modo, sia alle imprese private che a quelle pubbliche.
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van Meerhaeghe, Marcel A. G. « Protection of Competition in Belgium* ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 93–101. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345036.

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Abstract Le recenti leggi sulla concorrenza introdotte in alcuni Paesi europei sono basate sulle norme comunitarie. È questo il caso della legge italiana del 10 ottobre 1990 e del progetto di legge belga del 10 settembre 1990.In Belgio è in vigore la legge 27 maggio 1960 contro l’abuso di posizione dominante, mentre non hanno concluso l’iter parlamentare altri progetti di legge sulla politica della concorrenza elaborati successivamente.Pertanto, il testo da esaminare (confrontandolo con la legge italiana e anche con quella comunitaria) è il progetto di legge del settembre 1990.Un primo problema è dato dal fatto che il Trattato di Roma non definisce il concetto di «concorrenza». Questa lacuna caratterizza anche molte leggi nazionali, inclusa quella belga del 1960, che contiene definizioni alquanto approssimative di «abuso» e di «posizione dominante». Il progetto di legge definisce solo tre concetti: «undertaking», «posizione dominante” e «ministro». Neppure la legge italiana fornisce definizioni.Il progetto di legge propone l’istituzione di un «Consiglio della concorrenza», con compiti sia di decisione circa attività anti-concorrenziali, sia di consultazione, di sua iniziativa o su richiesta del Ministro degli affari economici.Il consiglio è composto di dodici membri, di cui sei (compreso il presidente ed il vice-presidente) appartenenti alla magistratura ed altri sei designati sulla base della loro specifica competenza. Dodici membri supplenti sono designati sulla stessa base. Le nomine durano sei mesi e sono effettuate su deliberazione del Consiglio dei ministri. È facile immaginare che la Commissione sulla concorrenza sarà sottoposta a notevoli pressioni politiche. Inoltre, si prevede una commissione di consiglieri, rappresentanti le parti sociali, la cui consultazione ritarderà certamente le procedure.Il sistema previsto dalla legge italiana sembra preferibile, sia perché assicura una maggiore indipendenza dal potere politico, sia perché è più agile.Per quanto riguarda le operazioni di concentrazione, il progetto belga richiede una percentuale della quota di mercato (il 20%) che è inferiore a quella prevista dalla regolamentazione CEE (il 25%) ed inoltre il fatturato minimo richiesto, pari ad un miliardo di franchi belgi, appare eccessivamente basso, anche confrontato con quello della legge italiana, che è circa 15 volte più elevato e da commisurare ad un prodotto interno lordo cinque volte maggiore.Le procedure previste dal progetto belga (come, peraltro, anche quelle comunitarie) sembrano richiedere un eccessivo lavoro burocratico, anche a danno della riservatezza.Uno dei timori suscitati dalla regolamentazione comunitaria, attraverso le deroghe ai divieti di comportamento anticoncorrenziale, è quello di voler dar luogo a politiche industriali o sociali, piuttosto che ad una politica della concorrenza. In una parola, vi è il rischio che prevalga la «politica” vera e propria.Per quanto riguarda i rapporti tra normativa comunitaria e leggi nazionali, è possibile che ambedue siano applicate, purché non venga pregiudicata l’applicazione uniforme delle norme comunitarie.Le autorità nazionali possono vietare accordi rispetto ai quali la Commissione abbia dichiarato di non intervenire. Oltre a svolgere un ruolo di consulenza nei riguardi della Comunità, gli Stati possono inserirsi nel procedimento comunitario. Di fatto, per gli attori puo essere preferibile ricorrere alla magistratura, la quale può decidere il pagamento dei danni, anziché limitarsi ad imporre multe, come fa la Commissione.Con riferimento al sistema belga, si può dubitare che un Paese con un territorio così limitato possa regolamentare le concentrazioni, le quali sono già oggetto di normative comunitarie.Appare inoltre sorprendente, sia nel rapporto belga che nella legge italiana, l’assenza di norme che sopprimano il controllo dei prezzi.Poiché sia la legge italiana che il progetto belga si basano sulla normativa comunitaria, per fame una valutazione complessiva bisogna fare riferimento a quest’ultima, la quale si fonda sulla legislazione anti-trust statunitense che, tuttavia, negli ultimi anni e stata sottoposta a numerose critiche.Appare sempre piu di frequente che monopoli ed oligopoli non siano cosl preoccupanti come si pensava in passato. In particolare, un sistema oligopolistico può essere nella sua essenza concorrenziale.Non sembra quindi opportuno che, di fronte ad una revisione sostanziale di molte idee tradizionali in tema di funzionamento dei mercati, la Commissione e gli Stati membri accentuino il controllo delle concentrazioni.La politica comunitaria non sembra aver avuto un’evoluzione logica e coerente. In passato le concentrazioni mediante fusione venivano incoraggiate; dopo le si è considerate con diffidenza.Gli stessi concetti di «mercato rilevante», «pratiche concertate» e «posizione dominante” sono cambiati nel corso del tempo.Data l’ispirazione liberale del Trattato di Roma, la determinazione del «valore economico” dovrebbe essere lasciata al mercato, senza porsi il problema di identificare prezzi che siano «eccessivi». Anche per quanto riguarda gli accordi di distribuzione esclusiva, non sono chiari i danni che potrebbero conseguirne.In conclusione, le autorità nazionali farebbero meglio se cercassero d’influire sulla politica comunitaria della concorrenza piuttosto che adottarla senza i necessari approfondimenti.
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Marengo, Enrico, Norberto Roveri et Dario Marengo. « Particelle nanostrutturate di idrossiapatite biomimetica come sistema di delivery di micro e macro elementi nelle colture biologiche ». BIO Web of Conferences 56 (2023) : 01003. http://dx.doi.org/10.1051/bioconf/20235601003.

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Nanoparticelle biomimetiche di idrossiapatite drogate con ioni metallici (Cu, Fe, Mg, Zn, K) sono state utilizzate in formulazioni contenenti basse concentrazioni di rame (Cu) e zolfo (S) per controllare la peronospora (plasmopara viticola) e l'oidio (erysiphe necator) della vite. I formulati sono stati testati in campo sulla varietà di vino "Dolcetto" coltivata secondo tecniche di agricoltura biologica, e la loro efficacia è stata confrontata con prodotti commerciali contenenti miscela bordolese e zolfo. I dati indicano che le formulazioni contenenti bassi dosaggi di rame e zolfo possono essere trasportati in modo efficiente dalle nanoparticelle di idrossiapatite biomimetica e possono ridurre la presenza di micota sulle foglie della vite. Nessun residuo di rame e zolfo è stato rilevato in campioni di vino ottenuti da viti in cui è stata utilizzata l'idrossiapatite biomimetica. Il drogaggio di nanoparticelle di idrossiapatite biomimetica con metalli di transizione è un modo efficiente per fornire micro e macro-elementi alle piante a basso livello di dosaggio. Le formulazioni contenenti idrossiapatite funzionano anche come supporti a lento rilascio di macronutrienti come elementi di calcio e fosforo.
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Melchionda, Enrico. « L'ALTERNANZA PREVISTA. LA COMPETIZIONE NEI COLLEGI UNINOMINALI ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 31, no 3 (décembre 2001) : 399–469. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200029798.

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Introduzione Il nostro sistema politico sembra proprio destinato a una permanente instabilità, a una transizione senza fine, dopo il terremoto dei primi anni novanta. Eppure questa volta non mancano elementi per ipotizzare che a un assestamento si stia arrivando, finalmente. Le elezioni del 13 maggio rappresentano da questo punto di vista un salto di qualità: esse hanno espresso un risultato chiaro e una maggioranza consistente, in un contesto decisamente bipolare e in un rapporto di forze tra i blocchi che appare ormai costante. A questo salto di qualità dovrebbero contribuire anche altri fenomeni emersi chiaramente nell'ultima consultazione, come la «presidenzializzazione» delle campagne elettorali, la concentrazione dei consensi per i partiti e la loro redistribuzione all'interno dei blocchi. Non è facile prevedere quanto tutto ciò possa contribuire a consolidare gli assetti istituzionali e di governo, decretando l'epilogo della «transizione» italiana, ma è probabile che serva ad imprimere una maggiore strutturazione alla competizione politico-elettorale. Rendendola quindi anche più prevedibile.
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Kormano, M. « Farmacocinetica dei mezzi di contrasto radiologici ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 2 (août 1988) : 139–46. http://dx.doi.org/10.1177/197140098800100203.

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L'ampiezza e la durata dell'assunzione e dell'eliminazione dei mezzi di contrasto negli spazi extracellulari, mostra differenze tissutali specifiche, ma le variazioni fisiologiche e l'imprecisione delle misurazioni della tomografia computerizzata (TC) interferiscono con il loro uso diagnostico ai fini di caratterizzazione tissutale. Dopo una iniezione a bolo, si verificano rapidi cambiamenti nella distribuzione del contrasto, che però possono essere riconosciute solo con scansioni CT dinamiche. Dopo 2–3 minuti, l'aorta ed i tessuti normali mostrano un decremento parallelo nella concentrazione di contrasto. La diminuzione dell'accentuazione di contrasto nelle arterie può essere posposta con una rapida infusione del mezzo di contrasto stesso, e l'anatomia vascolare sarà così meglio visualizzata. Diversi nuovi prodotti presentano piccole differenze in farmacocinetica a livello renale ed epatico, ma tali differenze sono troppo modeste per essere utili a fini diagnostici. A livello del sistema nervoso centrale la barriera ematoencefalica impedisce il contatto del mezzo di contrasto col tessuto nervoso normale ed il volume di distribuzione è ridotto. Per converso la relativa differenza di comportamento tra tessuto cerebrale normale e patologico è più ampia che altrove. Le differenze fra i diversi mezzi di contrasto sono pittosto modeste e sopratutto condizionate dalla farmacocinetica a livello del resto del corpo.
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Kucharczyk, W. « MRI of the Hypothalamic-Pituitary Region ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 1 (février 1994) : 11–15. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700101.

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Résumé :
La risonanza magnetica ha consentito un nuovo approccio diagnostico e una piu-approfondita conoscenza dei disordini di sviluppo, funzione e morfologia della regione ipotalamo-ipofisaria. L'intensità di segnale in RM è primariamente dipendente dal rapporto reciproco tra concentrazione di H2O e tessuti «solidi», rappresentati questi ultimi da macromolecole proteiche e lipidiche, fosfolipidi di membrana e glicolipidi. Sia la concentrazione che la struttura macromolecolare dei complessi ormonali presenti nell'ipotalamo e nell'ipofisi, come pure l'assenza o la presenza di sostanze paramagnetiche e ferromagnetiche ne influenzano il segnale in RM consentendo una discriminazione tra stati normali e patologici. L'ipotalamo è un regolatore cruciale di funzioni endocrine e vegetative. Esso contiene nuclei responsabili della sintesi dei «releasing hormones» diretti all'adenoipofisi attraverso il sistema portale, e i nuclei sopraottico e paraventricolare che sintetizzano ossitocina e vasopressina, trasportate lungo i processi assonali dei nuclei alia neuroipofisi. I complessi nucleari ipotalamici non so no chiaramente identificabili con la RM, mentre 1' Anatomia macroscopica dell'ipotalamo, del peduncolo ipofisario e della ghiandola ipofisi, distinta in lobo anteriore e posteriore, è riconoscibile in dettaglio. La chiarezza di dimostrazione di queste strutture è la ragione principale dell'utilità della RM nella diagnosi di patologie di questa regione. L'aspetto unico e peculiare dell'ipofisi alla RM è la drastica differenza di segnale, sulle immagini «pesate» in T1, tra lobo anteriore e posteriore nonostante la loro analoga concentrazione di acqua e macromolecole. In particolare è 1' alta intensità di segnale del lobo posteriore ad essere unica. Benché ancora non si sia giunti ad una accettabile spiegazione per l'alto segnale della neuroipofisi, va sottolineato come esso sia un marker diagnostico importante: esso è assente nel diabete insipido centrale, aiuta nel distinguere il diabete insipido dalla polidipsia primaria e può servire come indicatore di alterazioni disembriogenetiche. Il significato diagnostico dell'assenza dell'alto segnale della neuroipofisi si è modificato dalla prima osservazione di tale reperto nel diabete insipido centrale, reperto che inizialmente si pensava costante e indice sicuro di tale situazione patologica. Successivamente tale assenza e stata riscontrata in alcuni soggetti normali e in altri con diabete insipido nefrogenico. Per contro la sua identificazione in alcuni soggetti con diabete insipido centrale ha portato a concludere che la dimostrazione dell'iperintensita della neuroipofisi non indica necessariamente integrita funzionale dell'asse ipotalamo-ipofisario. Pertanto la RM è, al meglio, un'indagine qualitativa ma non in grado di esplorare la funzionalità ipotalamo-ipofisaria in modo quantitativo. La RM ha contribuito in modo sostanziale alia comprensione delle anomalie morfologiche ipofisarie riscontrabili nel nanismo ipotalamo-ipofisario. Adenoipofisi ipoplasica, peduncolo ipofisario sottile o assente e posizione ectopica della iperintensità della neuroipofisi sono l'insieme di anomalie riscontrabili in soggetti con deficit multiplo di ormoni ipofisari e nel 50% di soggetti con deficit isolato di ormone della crescita. Il rimanente 50% di questi ultimi presenta solo un'adenoipofisi ipoplasica. Molto probabilmente le forme più severe di nanismo ipotalamo-ipofisario sono legate ad un difetto di sviluppo embrionale dell'asse ipotalamo-ipofisario. La posizione ectopica della neuroipofisi sarebbe un indicatore di un errore nell'organogenesi che porta ad una mancata discesa dell'abbozzo neuroipofisario nell'interno della cavità sellare. Da ultimo, un basso segnale dell'adenoipofisi specie sulle immagini «pesate» in T2, dovuto a deposito di ferro, si rileva in pazienti talassemici post-trasfusi che sono spesso affetti da ritardo puberale correlabile all'ipopituitarismo. L'RM, in tal caso, si è dimostrata un utile test qualitativo della funzionalità gonadotropinica in quanto un maggior grado di ipointensità dell'adenoipofisi alla RM sembra correlabile con una scarsa risposta dell'LH al test di stimolazione con GnRH.
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Manfrè, L., A. Banco, A. Affronti, M. Accardi, F. Ponte, C. Sarno et R. Lagalla. « Dacriocistografia con risonanza magnetica con Gadolinio : Prime esperienze ». Rivista di Neuroradiologia 10, no 2_suppl (octobre 1997) : 168. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s270.

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Résumé :
Esistono diversi sistemi di indagine della pervietà delle vie lacrimali (sondaggio, dacrioscintigrafia, dacriografia, dacrioTC). I sistemi suddetti presentano alcuni svantaggi, quali l'uso di radiazioni ionizzanti e la mancata ottimale valutazione dei tessuti molli circostanti. Valutazioni anatomo-patologiche hanno documentato la tollerabilità del Gd-DTPA da parte delle cellule endoteliali vascolari e dell'epitelio corneale stesso. Scopo del lavoro è quello di valutare la sensibilità della RM nella valutazione del normale ed anormale deflusso lacrimale mediante istillazione per via topica nel sacco congiuntivale di Gd-DTPA. Sono stati esaminati 6 volontari sani e 14 pazienti affetti da patologia ostruttiva delle vie lacrimali (stenosi secondaria a flogosi, mucocele, fibrosi post-chirurgica), preventivamente valutata mediante dacriocistografia o dacriocistoscintigrafia. L'indagine RM è stata effettuata mediante unità operante a 0.5T. Il mezzo di contrasto paramagnetico è stato diluito in concentrazioni dell'1% con lacrima artificiale e sono state istillate 5 gocce per sacco congiuntivale. In 4 pazienti è stata effettuata anche una incannulazione del canalicolo lacrimale inferiore. In nessuno dei volontari sani o dei pazienti esaminati è stato rilevato alcun disturbo obiettivo o soggettivo nei confronti della congiuntiva e cornea, né irritazione oculare. Nei 6 volontari sani le sequenze T1 ponderate hanno dimostrato la visualizzazione del sacco lacrimale e delle vie lacrimali. Nei pazienti con patologia ostruttiva, in 2 casi si è dimostrata una pervietà parziale delle vie lacrimali, con impcrvietà completa nei rimanenti pazienti. La dacriocistografia con RM ed uso del Gd-DTPA semplicemente istillato nel sacco congiuntivale costituisce una metodica innocua. In considerazione della frequente necessità di effettuare nei pazienti con patologia ostruttiva delle vie lacrimali un bilancio RM orbitario e dell'ottimale valutazione dei tessuti molli mediante RM, la dacriocistoscintigrafia per istillazione potrebbe costituire una interessante tecnica da aggiungere all'esame standard dell'orbita. La diluizione del mezzo di contrasto (1cc Gd-DTPA: 100 cc lacrima artificiale) ne minimizza peraltro le spese.
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De Canale, E., A. Tessari, L. Lo Russo et L. Campion. « VALUTAZIONE DI UN NUOVO SISTEMA PER LA CONCENTRAZIONE DEI PARASSITI INTESTINALI ». Microbiologia Medica 19, no 2 (30 juin 2004). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2004.3959.

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Bianchi, V., F. Martino, S. Piccinini, A. Pinca, G. Sida et F. Riva. « Monitoraggio terapeutico del levetiracetam (Keppra®) : confronto tra un nuovo metodo immunologico e il metodo di riferimento in cromatografia liquida ad alta prestazione ». Working Paper of Public Health 4, no 1 (15 juin 2015). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2015.6702.

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Résumé :
Obiettivi: Il monitoraggio terapeutico levetiracetam, nuovo farmaco anti-convulsivante può essere indicato in pazienti le cui condizioni potrebbero alterare le caratteristiche farmacocinetiche, nella personalizzazione della singola posologia e nella valutazione della compliance del paziente. In questo studio, per il dosaggio del levetiracetam viene confrontato il metodo validato Bio-Rad HPLC attualmente in uso con il metodo ARKTM immunologico con strumenti statistici avanzati. Metodi: Le concentrazioni di levetiracetam di 63 campioni sono stati determinati utilizzando: 1) "Levetiracetam mediante HPLC" kit da Bio-Rad (Hercules, CA) sul sistema HPLC Agilent 1100 e 2) immunologico "ARKTM Levetiracetam" di ARK Diagnostics Inc. (Fremont, CA) sulla piattaforma CDx90 da Thermo Fisher Scientific Inc. Risultati: L’imprecisione e il bias intra-laboratorio del nuovo metodo, valutati su un periodo di 20 giorni, sono stati rispettivamente 7,4% e 0,5% a 7,5 μg/mL, 4,5% e 1,9% a 30 μg/mL, 3,1% e 2,0% a 75 μg /mL. Analisi di regressione Passign-Bablok (X: Bio- Rad, Y: Ark) ha mostrato una intercetta non significativo di 0,16 (95% CI -0.55- 0.72) e una pendenza marginalmente significativa di 0,95 (95% CI ,90-0,99) che suggerisce un minimo errore sistematico proporzionale. Anche l’analisi Bland- Altman ha mostrato un minimo bias sistematico di 1,0 mg/mL (95% CI 0,32-1,69) con il 95% delle differenze HPLC-Ark vanno da -4.3 (95% CI -5,52 - (-) 3.16) e 6,3 (95% CI 5,16-7,52). I dati hanno mostrato che i valori ottenuti dai due metodi sono da considerarsi identici sia entro l’imprecisione intrinseca così come per le specifiche di qualità analitiche (errore massimo ammissibile il 15%). Conclusioni: Il nuovo metodo ARKTM sulla piattaforma CDx è accettabile e può essere utilizzato per misurare la concentrazione di routine levetiracetam. In particolare, poiché il metodo immunologico abbassa drasticamente il TAT è più facile ed immediato l’aggiustamento della posologia nei pazienti critici.
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Felippe, Gibran, et Luís Pérez Zotes. « Futuro del mercato finanziario nazionale : momento di innovazione da parte di FinTechs in trasformazione nel contesto bancario nazionale ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 14 octobre 2020, 31–62. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/contabilita/mercato-finanziario.

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Résumé :
Il sistema bancario brasiliano è in una fase di maturità favorevole al ricevimento di un nuovo concorrente che, seguendo la tendenza globale, sono FinTechs[3]. In questo modo, queste società che utilizzano la tecnologia per fornire servizi finanziari, stanno cominciando ad avere un impatto sul mercato finanziario nazionale, portando con sé il potenziale per scuotere i risultati delle grandi società finanziarie del paese. Questo articolo ha un’ampia panoramica della concentrazione del mercato bancario nazionale, rispetto agli standard globali, nonché la dimensione delle opportunità per i nuovi operatori attraverso tecnologie stabilite dalle startup[4], in un processo irreversibile in termini di innovazione. La metodologia qui utilizzata si basava su un’ampia revisione della letteratura che ha portato all’identificazione e alle conseguenze dei principali impatti di questo nuovo ordine finanziario, in cui le dimensioni non sono più così rilevanti, data l’attuazione di nuove pratiche per uno spettro costantemente rinnovato di clienti. I nuovi operatori del mercato finanziario dovrebbero essere veramente incentrati sul cliente, agili e in grado di adattarsi a un ambiente in rapida evoluzione, abili a lavorare con le aziende in un complesso ecosistema di partnership e mercati. Dovrebbero cercare l’eccellenza nell’analisi dei dati, nella determinazione dinamica dei prezzi e nella costruzione di tecnologie che consentano di sviluppare e implementare nuove funzionalità. Nuove esigenze, pratiche, senza gli status symbol bancari.
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