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Poma, Andrea. « Commento a Colpa e sensi di colpa di Martin Buber ». QUADERNI DI GESTALT, no 1 (octobre 2010) : 79–87. http://dx.doi.org/10.3280/gest2010-001005.

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Résumé :
L'autore prende le mosse dall'edizione italiana del testo Colpa e sensi di colpa di Martin Buber per sottolineare il rapporto fra il pensiero del filosofo e la svolta umanistica in psicoterapia, mettendone in risalto non solo la nota vicinanza, ma anche alcuni punti di distanza e differenza che le caratterizza. In particolare si sofferma su due problemi aperti che ancora interrogano la psicoterapia: la dimensione etica della colpa e il rapporto fra terapeuta e paziente. In primo luogo, la colpa, considerata in senso etico e non solo come sentimento di colpa, č interamente riconducibile all'ambito psicologico o trascende questa sfera radicandosi in un orizzonte esistenziale e quindi irraggiungibile dalla psicoterapia? In secondo luogo, come č possibile incontrare il paziente su un piano esistenziale (il che significa rinunciare a una posizione io-esso per sostare nell'autentico io-tu) senza perdere il proprio metodo, ruolo e infine se stessi? Questi interrogativi sono proposti come stimoli di riflessione per la psicoterapia e per lo sviluppo dei suoi fondamenti.
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Vilanova Becker, Patricia. « <p>LA <em>CITTÀ DELLE DAME </em>DI CHRISTINE DE PIZAN COME COSTRUZIONE DELLA MEMORIA COLLETTIVA DELLE DONNE</p> ; ». RAUDEM. Revista de Estudios de las Mujeres 10 (20 décembre 2022) : 126–45. http://dx.doi.org/10.25115/raudem.v10i1.8589.

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Résumé :
Questo saggio discute l’importanza di Christine de Pizan nella costruzione della memoria collettiva delle donne lungo la storia. La scrittrice italo-francese ha scritto La città delle Dame (Le Livre de la Cité des Dames) nel 1405, anticipando in maniera straordinaria argomenti che sarebbero stati trattati da Mary Wollstonecraft circa trecento anni dopo. Attraverso un’analisi discorsiva della Città delle Dame, tradotta in italiano da Patrizia Caraffi, la presente dissertazione cerca di collocare Christine de Pizan come autrice fondamentale per la comprensione della storia del pensiero femminista secondo un approccio politico e filosofico. In tal senso, proponiamo una riflessione su come Christine de Pizan ha reso possibile la fondazione della Città delle Dame come luogo di memoria culturale femminile, dove le donne guadagnano la gloria eterna e sono liberate dai suoi assalitori. Creando, fondamentalmente, un luogo simbolico che ha reso possibile lo sviluppo di una tradizione occidentale femminista.
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Leghissa, Giovanni. « Bellezza e tristezza, l'organizzazione nell'etŕ del neoliberalismo compiuto ». EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no 16 (septembre 2011) : 133–43. http://dx.doi.org/10.3280/eds2011-016010.

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Nella Germania nazista, giŕ nel 1934, fu creato il Büro für die Schönheit der Arbeit, che aveva come finalitŕ il miglioramento delle condizioni di vita sul posto di lavoro. Dall'analisi di questo episodio, a lungo dimenticato, della storia del taylorismo, si passa all'analisi delle nuove forme di organizzazione, tipiche dell'impresa strutturata "in rete". Pur abissalmente diversa da qualsiasi forma-impresa inserita in un contesto politico totalitario, anche l'organizzazione contemporanea spesso rischia di non sottrarsi alle critiche che Foucault muove nei confronti di quelle forme di governo che hanno di mira la vita degli individui al fine di instaurare sottili forme di controllo. Il saggio si conclude ipotizzando che sia ancora possibile, tuttavia, arginare le derive biopolitiche della vita organizzativa contemporanea riattivando il modello classico della Bildung: se l'impresa č comunque luogo di formazione, cioč luogo in cui si produce senso, si tratterŕ allora di educare gli individui ad affinare quello spirito critico che serve non solo a costruire la cosiddetta "cultura d'impresa", ma anche a formare cittadini autonomi e responsabili.
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Bona, Marzia, Andrea Carlà, Heidi Flarer, Marie Lehner, Astrid Mattes-Zippenfenig et Ursula Reeger. « Gli effetti del volontariato sul senso di appartenenza di giovani immigrati : una prospettiva europea ». MONDI MIGRANTI, no 1 (mars 2022) : 25–44. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001002.

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Questo contributo esamina gli effetti del volontariato su giovani immigrati in sei paesi europei, concentrandosi sui cambiamenti occorsi dopo un anno di coinvolgimento volontario nel loro senso di appartenenza e nei legami con il luogo di residenza. Lo studio ha dato ampio spazio all'auto-percezione dei volontari, rilevata attraverso metodi qualitativi, ricorrendo all'uso di un "control group". L'ipotesi - che l'esperienza potesse rafforzare il senso di appartenenza con intensità variabile a seconda del background migratorio del partecipante - è stata in parte confermata. L'analisi mostra variazioni apprezzabili in particolare tra i giovani con background migratorio, per chi si è impegnato per più tempo, e tra i giovani con precedente esperienza di volontariato, ad indicare l'importanza di contesti di volontariato che sostengano il capitale sociale di tipo "bridging".
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Sirolli, Arianna, et Alessandro Sirolli. « Effetti psicologici e sociologici della gestione post-sisma L'Aquila ». GRUPPI, no 3 (octobre 2011) : 77–83. http://dx.doi.org/10.3280/gru2010-003008.

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Gli autori commentano la realtŕ condivisa dagli abitanti dell'Aquila in seguito al terremoto che ha distrutto il centro cittadino dal punto di vista della perdita di un luogo identitario, una base sicura collettiva, una cornice di senso. La "cittŕ fantasma" si configura, allora, come un non-luogo, nell'accezione che Marc Augé attribuisce a questo termine. L'unica possibilitŕ di ricostruire un Sé individuale e collettivo e di riallacciare i legami sociali passa, quindi, necessariamente, attraverso la ricostruzione del centro storico. Questi commenti sottendono una critica agli interventi operati dalla Protezione Civile e decisi dalla politica che hanno effettuato una "deportazione" degli abitanti delle zone piů colpite e hanno costruito ex-novo una cittŕ senza la partecipazione democratica degli aquilani.
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Bianchini, Barbara. « La teoria del campo analitico e la psicoterapia psicoanalitica con la coppia ». INTERAZIONI, no 2 (novembre 2021) : 102–19. http://dx.doi.org/10.3280/int2021-002007.

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In questo contributo cerco di evidenziare come il modello del campo analitico, svilup¬pato da Ferro e dalla scuola di Pavia, possa essere significativo e fecondo anche per la psi¬coterapia psicoanalitica con le coppie, proprio perché può promuovere lo sviluppo degli strumenti per pensare insieme, con lo scopo di trasformare stati protoemotivi e protosenso¬riali in qualcosa di più comprensibile, e può sviluppare la creazione di nuove narrazioni cocostruite tra i partner e l'analista. Diventa così necessario un lavoro sul "luogo" dove pensare i pensieri, sul contenitore pri-ma che sul contenuto, lavoro che assume una valenza intrinsecamente estetica. L'analista, anch'egli luogo del campo, garantisce e salvaguarda il setting e partecipa all'attività creativa riorientando la percezione e il senso della relazione.
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Ellin, Nan. « Supporto vitale : Nacirema redux ». SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 40 (avril 2011) : 28–41. http://dx.doi.org/10.3280/las2011-001003.

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Questo articolo attribuisce a un pervasivo senso di paura, combinato a determinati aspetti dell'ambiente edificato, una serie di sconcertanti tendenze in tema di salute pubblica e di isolamento sociale negli Stati Uniti. Troppo spesso l'ambiente edificato non č in grado di sostenere la vita in modo adeguato, rendendo per contro necessarie altre forme di ‘supporto vitale'. Gli statunitensi hanno fatto fronte alla frammentazione urbana, al degrado ambientale e alla mancanza di ‘senso del luogo' in modo reattivo - attraverso forme di diniego, diversione e distrazione - che si manifestano attraverso un'ossessione per la sfera privata e una corrispondente deviazione di energia e attenzione dall'investimento nella sfera pubblica Allo stesso tempo ci sono stati significativi sforzi proattivi che hanno promosso in modo soddisfacente la qualitÀ della vita migliorando l'ambiente su tutti i livelli.
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Sambor, Paweł. « I dilemmi di Giuseppe di Nazareth ». Forum Teologiczne 23 (25 novembre 2022) : 17–26. http://dx.doi.org/10.31648/ft.8024.

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Nell'articolo proponiamo di rileggere i brani del Vangelo riguardanti la figura di Giuseppe di Nazareth in prospettiva esistenziale, cercando di comprendere l'aspetto umano non solo della situazione in cui si è trovato, ma anche delle sue scelte. Nell'articolo evidenziamo tre possibili forme di dilemmi umani di Giuseppe. Dapprima viene esaminato il dilemma religioso che si traduce in una difficile scelta tra le esigenze della Legge e l'intenzione di salvare la reputazione di Maria. In secondo luogo viene esaminato il dilemma sociale che riguarda la reputazione di Giuseppe per il fatto che, in un certo senso, si assume la responsabilità della gravidanza di Maria. Infine viene esaminato il dilemma esistenziale che riguarda non solo l'accettazione di una diversa forma di paternità (per adozione), ma anche la fatica di scoprire nel quotidiano un modo di essere padre per Gesù, che è consapevole di essere Figlio di Dio.
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Bocchino, Anna, Ramírez Manuel García et Eugenia M. Mosquera. « Integrazione acculturativa e psicologia della liberazione : un modello per la salute e il benessere degli immigrati ». PSICOLOGIA DI COMUNITA', no 1 (mai 2011) : 15–23. http://dx.doi.org/10.3280/psc2011-001003.

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L'integrazione degli immigrati costituisce un prerequisito essenziale per la coesione sociale e il progresso economico ma allo stesso tempo, rappresenta anche una sfida per la societŕ di accoglienza a causa delle condizioni di oppressione che vivono molti immigrati. Il presente articolo, descrive un approccio all'integrazione acculturativa a partire dal contributo della psicologia della liberazione. Secondo tale prospettiva, l'integrazione sociale puň essere intesa come un processo di empowerment e costruzione del sé, attraverso cui gli immigrati raggiungono uguale accesso alle risorse, alla partecipazione e al senso di appartenenza nel nuovo contesto. L'articolo č strutturato in tre parti: in primo luogo, abbiamo effettuato una rivisitazione dei modelli acculturativi maggiormente studiati in letteratura e i principali limiti ad essi connessi; in secondo luogo, abbiamo esaminato l'integrazione acculturativa partendo da un'ottica della psicologia della liberazione in cui l'integrazione č definita come un processo permanente di empowerment psicologico e politico attraverso cui gli immigrati, cambiano, ricreano, de-costruiscono e ri-costruiscono loro stessi e il loro ambiente per essere parte accettata della societŕ di accoglienza; in terzo luogo, abbiamo tentato di definire i principi teorici ed organizzativi per la costruzione di un sistema di salute giusto in cui gli immigrati hanno uguali diritti e opportunitŕ delle persone autoctone per ciň che concerne l'accesso ai servizi sanitari.
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Filipovic, Aleksandra. « L’ipotesi sulla progettazione dello spazio della chiesa Djurdjevi Stupovi ». Starinar, no 59 (2009) : 221–36. http://dx.doi.org/10.2298/sta0959221f.

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Résumé :
(italijanski) Quest?articolo tratta l?analisi del progetto della chiesa monastica dedicata a S. Giorgio (1170/71), situata nei pressi di Novi Pazar, fondazione del gran giuppano Stefan Nemanja. Il metodo dell? autore richiedeva un cambio dei canoni di lettura di quelli applicati a S. Nicola a Toplica, la fondazione precedente della stessa committenza, per poter comprendere l?organizzazione della pianta di S. Giorgio, progettazione del suo spazio interno, modellazione del suo volume e realizzazione da parte dallo stesso costruttore. Secondo l?autore l?interno della chiesa sia stato congeniato attraverso le due assialit? - longitudinale e trasversale configurando una nuova concezione dello spazio, cui contribuisce, anche notevole altezza. La pianta della chiesa presenta una superficie quadrata in cui centro ? posizionata l?aula centrale, coperta da cupola. L?aula centrale ? il luogo che ammetteva due diverse assialit? (per questo volutamente rettangolare in pianta), e aveva perseguito senso della verticalit? che ha dato movimento all?intera volumetria centrale offrendo luogo alla terza asse, quella verticale. Le simili misure di queste tre assi (13.8 m, 14.24 m, 14.3 m) hanno fatto pensare all?autore che la genesi progettuale sottostante sia una forma cubica, la cui base sono tre assi avvalorati dalle prospettive conseguenti: una parte dall?ingresso ad ovest toccando il culmine dell?abside centrale; questo asse ? tagliato ortogonalmente dal secondo che unisce i due portali laterali; il terzo asse parte dal centro geometrico d?incontro delle prospettive a terra salendo al sommo della cupola. L?analisi ha mostrato anche l?ingresso principale era il luogo delle generatrici visive: una ortogonale (l?ase longitudinale) e due oblique (che si creano lungo i fuochi dell?elisse centrale che immettevano nelle abside laterali).
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De Salvo, Dario. « “Non è senza timore che inizio la mia opera di insegnante”. Leonardo Sciascia maestro elementare (1949-1957) ». Quaderns d’Italià 27 (22 décembre 2022) : 83–92. http://dx.doi.org/10.5565/rev/qdi.551.

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Il 12 ottobre del 1949 Leonardo Sciascia comincia la sua carriera di maestro elementare. Avverte, fin da subito, un forte senso di disagio che espliciterà chiaramente nel 1956 con Le Parrocchie di Regalpetra. Un’opera che, sebbene venga ambientata in un luogo fantastico, descrive mirabilmente la sfiducia degli insegnanti, il contesto in cui sono costretti a vivere gli alunni e l’inadeguatezza dei programmi scolastici. Ma il disagio avvertito fu senza dubbio il punteruolo, come testimoniano i suoi registri di classe, per descrivere con una straordinaria sensibilità letteraria il clima pedagogico siciliano degli anni Cinquanta del Novecento.
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Ortona, Guido. « How a Convention is Adopted : The Choice May Be Casual * ». Journal of Public Finance and Public Choice 6, no 3 (1 octobre 1988) : 227–35. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344578.

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Abstract In questo scritto s’intende per « convenzione » un equilibrio stabile di un giuoco con due o più possibili equilibri.Secondo la tesi comunemente accolta, una convenzione avrebbe luogo come soluzione di equilibrio di un dilemma del prigioniero.Si dimostra, invece, che il risultato può semplicemente essere casuale, dato che in assenza d’informazioni i giuocatori si comporteranno in modo tradizionale. Inoltre, qualora le probabilità assegnate alle varie strategie non siano molto diverse, la scelta, anche se rion «casuale» in senso stretto, può tuttavia essere considerata « quasi-casuale ».
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Frigerio, Luca. « La "Teoria fisiologica dell'anima" di Andrea Verga ». STORIA IN LOMBARDIA, no 2 (janvier 2022) : 25–50. http://dx.doi.org/10.3280/sil2020-002002.

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Résumé :
A partire dalla metà dell'Ottocento in Italia si sviluppò una psichiatria nazionale, di matrice medico-scientifica, che rivendicò il monopolio medico-psichiatrico della malattia mentale, con l'obiettivo di emanciparla da ogni retaggio filosofico e teologico. Figura chiave di questa transizione fu il medico e psichiatra lombardo Andrea Verga. Il saggio analizza le lezioni che Verga tenne per la cattedra di Dottrina e Clinica delle alienazioni mentali nel biennio 1884-86, nelle quali delineò la "Teoria fisiologica dell'anima", in base alla quale «l'anima non è che la funzione dell'encefalo». Egli difese in primo luogo l'idea che fra il sistema nervoso e gli altri organi del corpo umano esistessero solo differenze quantitative: tale elemento rendeva possibile uno studio dell'anima come puro e semplice prodotto del funzionamento dell'organismo umano e, specialmente, come un oggetto di studi scientifici liberati da ogni ipoteca religiosa o metafisica. In secondo luogo, sostenne che fosse infondata l'idea che tale concezione dell'anima potesse minare il senso morale degli esseri umani e dunque danneggiare la società, perché l'agire morale umano sarebbe indipendente dalla convinzione che l'anima sia o meno immortale, che esista un Dio e che l'uomo disponga o meno del libero arbitrio.
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Horn, Vera. « Assaporare la Tradizione : Cibo, Identità e Senso di Appartenenza nella Letteratura Migrante ». Revista de Italianística, no 19-20 (30 décembre 2010) : 155. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i19-20p155-175.

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Come sostiene Vito Teti, il cibo per l’immigrato è una formadi difesa di un’identità culturale e riflette il bisogno di riconoscersi e diaggregarsi. Il bisogno di trovare senso e posto in un nuovo luogo vengonosegnati da un attaccamento ai cibi perduti, con un senso di sacralità che accompagnail pasto. A partire dalla premessa di Teti, verranno presi in considerazionei romanzi Volevo diventare bianca di Nassera Chohra (1993)e Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio di Amara Lakhous(2006) e i racconti Curry di pollo di Laila Wadia; Salsicce di Igiaba Scego e Il cuoco di Arbëria di Carmine Abate. Tali testi impongono uno sguardo determinante sul cibo come un indice culturale che può rappresentare ocostruire l’identità o determinare l’appartenenza ad una certa comunità, così come rifiutare decisamente qualsiasi contaminazione con la cultura della società ospitante o tentativo di assimilazione o, diversamente, offrire un punto di vista fondato sull’ibridismo; inoltre può favorire la formazione di stereotipi. In questo modo vengono definite prospettive diverse di costruzione dell’identità, sintetizzate da Stuart Hall nel binomio traduzione/tradizione.
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Crivello, Silvia. « Il senso del luogo fra trasformazione e autenticità : il caso di via del Campo a Genova ». SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no 114 (novembre 2017) : 37–55. http://dx.doi.org/10.3280/sur2017-114003.

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Lattes, Gianfranco Bettin, et Annick Magnier. « I NUOVI SINDACI : COME CAMBIA UNA CARRIERA POLITICA ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 25, no 1 (avril 1995) : 91–118. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200023340.

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La carriera del sindaco nella ricerca pionieristicaIl termine carriera, qualunque sia il campo concreto di riferimento, unisce un elemento dinamico – usualmente percepito con una valenza ascendente – con un elemento tendenzialmente stabile, riconducibile ad un progetto prefigurato in un dato ambito istituzionale. A comprovare l'ambiguità semantica del termine stanno due suoi caratteri antitetici solo in apparenza. In primo luogo, l'aspetto istituzionale storicamente consolidato nei termini di un percorso potenziale a disposizione degli attori dotati ed interessati; in questo senso, la carriera è lo schema organizzativo d'una professione ordinata. In secondo luogo, l'aspetto soggettivo connesso all'attore che intraprende, svolge e matura la sua carriera. Questo secondo aspetto, non certo secondario sotto il profilo sociologico, introduce un elemento di alea legato all'adempimento effettivo della carriera, la quale in quasi tutti gli ambiti istituzionali non prevede uno svolgimento completo in una forma rigida. La definizione della carriera dipende dalle modalità della sua interpretazione soggettiva in una misura che sembra assai interessante studiare empiricamente.
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Bovati, Marco. « L'indagine del contesto climatico-ambientale come supporto al progetto sostenibile negli interventi di riqualificazione urbana ». TERRITORIO, no 59 (novembre 2011) : 83–88. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-059014.

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Dopo una premessa sul tema del rapporto tra sostenibilitŕ energetico-ambientale e progetto di riqualificazione di quartieri esistenti degradati, e dopo alcune considerazioni sul rapporto tra il progetto architettonico e urbano, la sua capacitŕ modificativa, il contesto ambientale oggetto della trasformazione e piů in generale le istanze della sostenibilitŕ, lo scritto intende indagare in senso metodologico il tema della lettura dei caratteri e delle perturbazioni ambientali di un sito, quale strumento di definizione di un quadro che orienti le scelte insediative verso un impianto progettuale compatibile con le risorse ambientali del luogo. L'obiettivo č la definizione di procedure che consentano l'individuazione di potenzialitŕ e criticitŕ ambientali, e lo studio dei loro criteri di rappresentazione.
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Mancini, Alessandra. « Imagery Rescripting tra vendetta e perdono : una breve rassegna della letteratura ». QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no 51 (janvier 2023) : 91–104. http://dx.doi.org/10.3280/qpc51-2022oa15183.

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L'Imagery Rescripting &egrave; una tecnica terapeutica che ambisce a modificare la rappresentazione mnestica di esperienze passate, collegate a dei sintomi. La sua efficacia &egrave; stata dimostrata nel trattamento del disturbo da stress postraumatico e in quello della fobia sociale. In questi disturbi, il rescripting prevede che il ricordo sia cambiato fermando l'abuso, togliendo potere all'aggressore e proteggendo la vittima. In tale contesto, una domanda interessante &egrave; se sia utile e sicuro oppure rischioso incoraggiare le persone a immaginare di vendicarsi e a esprimere impulsi aggressivi contro il carnefice. Questo contributo si propone di analizzare brevemente gli studi che hanno confrontato gli effetti di rescripting di: vendetta, evitamento e perdono.Dall'analisi della letteratura sembra emergere che i rescripting di vendetta non aumentano l'aggressivit&agrave; ma anzi la diminuiscono in maniera simile a rescripting non-violenti e all'immagine del luogo sicuro. Inoltre, l'aumento dell'affettivit&agrave; positiva nei rescripting di vendetta sembra essere mediato da un incremento del senso di giustizia dei partecipanti. Tuttavia, studi che hanno confrontato vendetta e perdono, hanno mostrato che essa diminuisce il senso di autoefficacia e non porta a una riduzione dell'affettivit&agrave; negativa rispetto al perdono e all'evitamento.Infine, le misure psicofisiologiche mostrano che il perdono &egrave; un processo che implica un maggiore impatto emotivo a breve termine. Pertanto, una combinazione di evitamento cognitivo (effettuato in questi studi tramite scenari positivi) a breve termine e un lavoro orientato al perdono a lungo termine sembrerebbe fornire l'equilibrio pi&ugrave; promettente.
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Zaccaro, Vanna. « “POI, DOPO L’ESODO, C’È IL TEMPO DELL’ESILIO : PIÙ CHE I CORPI RIGUARDA LE ANIME”. L’ESILIO COME PERENNE ESCLUSIONE NELLA SCRITTURA DAI MARGINI DI ANNA MARIA MORI ». Revista Internacional de Culturas y Literaturas, no 13 (2013) : 210–20. http://dx.doi.org/10.12795/ricl.2013.i13.19.

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“Poi, dopo l’esodo, c’è il tempo dell’esilio: più che i corpi riguarda le anime”. L’esilio come perenne esclusione, senso di disappartenenza, condizione ‘centrifuga’ nella scrittura dai ‘margini’ di Anna Maria Mori. Nata in Istria (2006): viaggio geografico, storico, esistenziale, memoriale alla\dalla\nella terra d’origine (viaggio che aveva già cominciato a raccontare in Bora) per ricostruire la propria identità. L’anima altrove (2012): la Mori affronta “quasi come una conclusione” il tema dell’esilio, ormai condizione dello spirito, luogo mentale. Parole chiave: Anna Maria Mori, esilio, scrittura dai margini, viaggio.
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Benini, Stefania. « Tra Mogadiscio e Roma : Le mappe emotive di Igiaba Scego ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 48, no 3 (27 août 2014) : 477–94. http://dx.doi.org/10.1177/0014585814543246.

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Il gesto di tracciare una mappa è atto di ordinamento cognitivo e di organizzazione dell’immaginazione, ma è anche atto fondante dell’identità e del suo posizionamento in relazione ai luoghi. Il saggio rintraccia le dinamiche affettive del vissuto della scrittrice italo-somala Igiaba Scego nella struttura di un libro – La mia casa è dove sono (2010) – pensato come mappa di due luoghi in dialogo l’uno con l’altro, Roma e Mogadiscio, fra memoria individuale ed epos familiare, fra scrittura autobiografica e narrazione orale, fra genealogia femminile e soggettività nomade, fra ex impero ed ex colonia, in senso letterale e in senso esistenziale. Tuttavia, il progetto benjaminiano di una mappa del vissuto di Igiaba si accompagna alla sua ironia e alla sua saudade, a un’appartenenza italiana che va dalla letteratura al calcio, e a un’appartenenza somala che non cessa di ricordare al pubblico italiano i crimini coloniali dell’età fascista e l’ancor più criminale amnesia che è seguita loro. Memorie auratiche e memorie funebri di Mogadiscio traspaiono dietro le sagome di monumenti e luoghi mitici di Roma, dal teatro Sistina all’elefantino del Bernini, dalla stele di Axum alla stazione Termini, in una condizione che va dalla diaspora alla rivendicazione di un’identità ibrida e in movimento, dove la mappa è luogo ma è anche, soprattutto, corpo.
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Russo, Vittoria. « Storia di una battaglia senza guerra ». EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no 37 (septembre 2022) : 92–102. http://dx.doi.org/10.3280/eds2022-037008.

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Parlare di disabilità in un contesto di psicoterapia psicoanalitica non è usuale, ancora meno quando ci si confronta con disabilità sensoriali specifiche. Consideriamo la sordità, la possibilità di incontrare un paziente sordo, di interagire con lui in maniera diretta utilizzando come strumento di comunicazione la LIS (Lingua Italiana dei Segni). La terapia diventa in questo modo un viaggio nel viaggio, tanto per la terapeuta che incontra il paziente quanto per la persona sorda che decide in maniera autonoma di entrare in contatto con un soggetto udente, che utilizza la sua modalità di interazione con il mondo della sordità. Il setting della terapia, che prende forma dalla sua concretezza nell'essere prima di tutto luogo dell'incontro di due persone, poco per volta diventa luogo dell'incontro di due menti, due sensibilità, due mondi. Nella psicoterapia con i pazienti sordi le caratteristiche del setting sembrano ampliarsi, acquistano una forma tridimensionale: ci sono corpi che si incontrano, stili narrativi che prendono forma attraverso l'utilizzo di una lingua nuova definita da regole specifiche, segni, significati come nell'interazione con una lingua straniera. Paziente e terapeuta si conoscono anche attraverso l'espressione dello stile narrativo, dell'utilizzo delle mani per segnare, delle modalità di interazione di quelle mani sui propri corpi nell'esecuzione del segno. Si tratta di un viaggio affascinante, complesso e faticoso. Lo sguardo tra paziente e terapeuta a volte celato, negato o desiderato in altri casi, nell'incontro con la persona sorda diviene forma essenziale del setting: è importante lo sguardo che si rivolge al segno disegnato dalle mani, è rilevante lo sguardo che si posa sui volti per coglierne espressioni e caratteristiche elementi fondamentali nella LIS. L'incontro con Edoardo, giovane paziente adulto all'epoca del primo contatto per iniziare una terapia, presenta poco per volta la trama di una narrazione mai ascoltata ma forse ancora prima mai narrata. Nei segni che quasi timidamente si concedono paziente e terapeuta si coglie l'evoluzione di un percorso, che all'interno del setting prende forma e si trasforma. Edoardo cresce, la sua terapeuta insieme a lui e il luogo delle sedute diventa momento prezioso di condivisione emotiva ed affettiva. Il desiderio di autonomia di Edoardo, i suoi progetti delineati all'interno della terapia un giorno purtroppo vengono bruscamente tagliati, negati da un ambiente familiare chiuso e intimorito di fronte ai progressi del figlio. Edoardo esce di scena, costretto ad abbandonare il luogo della terapia diventa nuovamente sordo di fronte alle sue possibilità di crescita. Il setting della terapia perde la presenza di Edoardo, il tempo si dilata e i mesi diventano anni nel ricordo della sua assenza. L'irrompere nella vita di tutti della pandemia stravolge ritmi e consuetudini, le terapie cercano nuovi assetti per definire nuove forme di incontro e far fronte alla nuova realtà. In questo clima Edoardo dopo anni decide di riprendere la sua terapia, di ridare forma viva al setting del suo lavoro clinico. Edoardo desidera l'incontro in presenza, l'utilizzo delle mascherine simbolicamente gli ha fatto sentire il dolore provato per la negazione della comunicazione, con emozione ritrova il suo luogo con la sua terapeuta e può riprendere la trama della sua narrazione. Il lavoro con Edoardo permette di cogliere la specificità del setting, che ha trovato spazio nella mente del paziente, facendogli compagnia durante gli anni di assenza dal luogo della terapia. Edoardo ha custodito dentro di sé il senso del lavoro terapeutico, è riuscito ad ascoltarsi e riconoscere nella ricerca del setting perduto la voce di quella relazione che lo ha fatto sentire vivo.
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Rivetti, Paola. « Alcune spedizioni alpinistiche italiane in Iran secondo le fonti d'archivio ». STORIA URBANA, no 131 (novembre 2011) : 129–48. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-131007.

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Résumé :
Il contributo propone alcuni documenti relativi a talune spedizioni alpinistiche italiane verso i monti persiani. La presenza italiana nel paese mediorientale appare in ritardo rispetto ad altre esperienze europee, rivelando in questo senso il "carattere nazionalista" dell'impegno del Club Alpino Italiano, il Cai, nel sostenere le prime imprese che ebbero luogo nel paese. Tale carattere, tuttavia, verrŕ sempre meno, lasciando il posto alla curiositŕ scientifica, all'agonismo sportivo e alla fascinazione per una realtŕ tanto distante, sentimenti dominanti espressi dagli alpinisti nei resoconti di viaggio.
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Dapit, Roberto. « Relazioni semantiche tra lo Sloveno standard e i dialetti con riferimento alle lungue di interazione ». Linguistica 49, no 1 (29 décembre 2009) : 277–93. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.49.1.277-293.

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Résumé :
Il contributo si propone mettere a confronto, sul piano semantico, un corpus lessicale dialettale con le relative voci della lingua standard contemplate nello slovar slovenskega knjižnega jezika. Il tentativo di analisi semantica viene realizzato sulla base di nomi di luogo rilevati a Resia che, in questa sede, vengono classificati in varie categorie secondo il livello di convergenza individuato tra i due livelli linguistici. Oltre al resiano si tiene conto nella discussione anche di altre varietà, in particolare del dialetto del Torre e, a causa dell’intensa interazione, del friulano, da cui deri- vano numerosi toponimi; il tedesco invece ha svolto in questo senso un ruolo assai limitato.Secondo i risultati dell’analisi, la categoria più numerosa comprende voci che indicano un’ampia convergenza tra i livelli della lingua slovena (51,30%), mentre risulta piuttosto limitata la categoria della divergenza (9,67%); la categoria delle voci desemantizzate assume invece un peso maggiore (21,93%); i prestiti, provenienti quasi esclusivamente dall’ambito romanzo e prevalentemente friulano, compongono l’ultima e relativamente ampia categoria (17,10%).L’autore sottolinea inoltre la questione del rapporto instauratosi non soltanto tra i livelli linguistici ma anche tra questi e le lingue di interazione. Infatti, oltre a constatare che i tratti semantici individuati nei nomi di luogo resiani confermano, anche sul piano della semantica, una stretta relazione con la lingua standard, ovvero la lingua slovena centrale, pone l’accento sulla necessità di definire, anche attraverso un processo di analisi etimologica, alcuni altri aspetti. Si riferisce più precisamente alle caratteristiche semantiche del lessico appartenente a sistemi lingusitici che si sono sviluppati in una dimensione di interazione linguistica e culturale. L’accento viene posto infine sulla rilevanza dei dati riguardanti la storia del lessico auspicando una ricerca che tenga conto della diversità linguistica e delle relazioni tra le lingue. Un simile approccio infatti consentirebbe non soltanto di approfondire le conoscenze relative all’evoluzione della semantica e alla lessicografia, ma anche di comprendere una condizione in cui la convivenza di varie lingue e culture è destinata normalmente a svolgere, nel lungo periodo, un ruolo preminente.
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Silvano, Tagliagambe. « Il sacrificio e la relazione tra Sé/Io ». EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no 17 (décembre 2011) : 17–39. http://dx.doi.org/10.3280/eds2012-017003.

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Résumé :
L'Asse Io-Sé č struttura fondamentale dell'articolazione interna del mondo interiore. Lungo l'insegnamento di Jung l'autore pone la relazione Io-Sé come quella tra oggetto e soggetto sostenendo che come l'inconscio "il Sé č l'esistente a priori dal quale promana l'Io". Per approfondire l'individualitŕ nel senso piů alto, che si manifesta nel Sé e che corrisponde a condizioni psichiche aprioristiche non empiricamente acquisite, in relazione al complesso delle sue potenzialitŕ, l'autore introduce la questione del sacrificio, testimoniata nella tradizione della cultura vedica. Il sacrificio secondo tale cultura č un rito durante il quale avviene la distruzione di qualcosa in rapporto a una controparte invisibile. Il significato profondo del sacrificio č la convinzione non dimostrabile - ma presupposta in ogni suo atto - che il visibile agisca sull'invisibile e, ricorsivamente, che l'invisibile agisca sul visibile. Il sacrificio č un viaggio da un luogo visibile a un luogo invisibile, con ritorno. L'autore rilegge il significato del sacrificio alla luce dell'"Asse Io-Sé", per portare la sua riflessione a una esplorazione del "mondo intermedio", sostenendo che la funzione del confine tra coscienza e inconscio deve dunque essere quella di "unire distanziando" e di "distanziare unificando", territorio questo che realizza il dialogo intrapsichico, assicurando il pieno sviluppo della personalitŕ. Una rappresentazione del "mondo intermedio" č quella del "terzo stato" che si genera tra il sonno e la veglia, realtŕ onirica che consente di entrare in contatto con l'invisibile, transitando tra territori diversi dei processi mentali. Lungo questa traccia se il tempo dell'Io č Kp&ograve;vo&sigma; il Sé e la realtŕ onirica si orientano verso il tempo come K&alpha;p&ograve;&sigma; nella realtŕ onirica quella che era soltanto una possibilitŕ tra le tante viene trasformata nell'unica possibilitŕ, in quanto considerata una tappa intermedia del processo, che deve necessariamente portare all'esito finale, la conclusione del sogno, il suo epilogo narrativo.
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Greco, Cristina. « La costruzione dell’identità dello scienziato nel graphic novel. » Mnemosyne, no 6 (15 octobre 2018) : 16. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i6.13673.

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Résumé :
Negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di una produzione di graphic novel sempre più attenta alle narrazioni del sé e al fumetto come luogo di valorizzazione della memoria individuale e collettiva. In Logicomix, che racconta la storia di Bertrand Russell, la costruzione dell’identità dello scienziato si fonda su una forma di narrazione a metà strada tra finzione autobiografica e racconto biografico. La prospettiva semiotica ci ha permesso di indagare le modalità di costruzione dell’Io dello scienziato adoperate dal testo. Emerge in maniera significativa il rinvio alla dimensione di affettività del soggetto narrativo, che si intreccia al tema della ricerca della verità, tra genio e follia. Si potrebbe parlare, allora, di una fusione tra romanzo biografico e autobiografico, tra documento e finzione, tra passato e presente. Il testo sembrerebbe, dunque, in grado di produrre nuovi ambiti di senso e, per mezzo del dispositivo dell’immaginazione, ridefinire significati già noti.
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Ponzio, Luciano. « Enunciazione non iterabile e interrelazione tra scrittura e immagini del mondo ». Letrônica 14, sup. (31 décembre 2021) : e42539. http://dx.doi.org/10.15448/1984-4301.2021.s.42539.

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Résumé :
Produrre e comprendere segni significa partecipare ai processi comunicativi. Il segnico è il campo dell’ambivalenza, della somiglianza, della deviazione, della creatività, in cui tutto si decide per relazioni e pratiche sociali (io-per-me, l’altro-per-me e io-per-l’altro, come dice Bachtin). Il testo artistico fornisce la possibilità di cogliere al meglio la struttura dialogica dell’enunciazione. Bachtin mostra come il senso del testo non dipenda dagli elementi ripetibili del sistema di segni con cui è composto (interpretanti di identificazione) ma nella sua stessa costituzione, e non solo nella sua manifestazione; esso è situato nei rapporti di rinvio, di differimento (interpretanti di comprensione rispondente) che danno luogo ad una catena di testi ad esso antecedenti e ad esso successivi. Nel dispiegarne la trama, pur rispettandone regole, forme e strutture, l’enunciazione letteraria del discorso indiretto libero è capace di trasgredirle in un fitto dialogo intertestuale e, diacronicamente, tra autori differenti.
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Borelli, Caterina. « The House He Built ». Mnemosyne, no 10 (15 octobre 2018) : 14. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i10.14123.

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Résumé :
Quanto del senso di sé è intriso nello spazio e negli oggetti di cui ci circondiamo ? È possibile fare la biografia di una persona attraverso lo spazio dove vive e gli oggetti che possiede ? Queste due domande sono alla base del documentario The House He Built, la biografia di mio padre, il giornalista 93enne Sergio Borelli. Il film ha luogo interamente nella sua casa, piena degli oggetti, immagini e dei più di 50,000 libri che ha accumulato in una vita da viaggiatore. Ciascuna di queste cose è intimamente legata a lui e diventa un detonatore che gli permette di accedere ai ricordi e alla narrazione del se’. In questo contributo seguo le ragioni dietro al documentario, dall’idea iniziale di biografia al suo sviluppo in un’osservazione della relazione sensoriale che si crea tra persona, spazio e oggetti e alla relazione tra memoria, spazio e tempo. (Il film è ancora in lavorazione).
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Testa, Carlo. « Per una traduzione multidimensionale della poesia : “Notte, strada, lampione, farmacia” di Aleksandr Blok tra esistenzialismo e simbolismo ». Quaderni d'italianistica 34, no 1 (22 juillet 2013) : 217–40. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v34i1.19880.

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Résumé :
Questo articolo propone al pubblico di lingua italiana una nuova traduzione in verso e rima, commentata e ragionata, della classica poesia blokiana “Notte, strada, lampione, farmacia,” anche nota come Danza macabra II (1912), tratta dalla raccolta Un mondo terribile (Strashnyi mir). La mia proposta viene presentata analiticamente attraverso un confronto puntuale con quattro preesistenti traduzioni in italiano: in primo luogo quella di Renato Poggioli, ne Il fiore del verso russo (1949), e successivamente quelle di Angelo Maria Ripellino (1975), Bruno Carnevali (1977) e Sergio Pescatori (1981). La caratteristica precipua di questa mia proposta è la presentazione di una traduzione poetica, ovvero una traduzione “multidimensionale” che nella lingua destinataria conservi, oltre ovviamente ad un massimo possibile della dimensione semantica (il “senso” strettamente letterale), anche tratti di verso e rima quanto più possibile simili a quelli che il testo di partenza possiede nella propria veste originale.
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Lunghi, Carla. « Il riuso fra produzione e consumo ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 116 (avril 2010) : 147–59. http://dx.doi.org/10.3280/sl2009-116013.

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Résumé :
Questo saggio analizza alcune prassi e alcune aspetti della cultura del riuso, che aprono nuovi orizzonti nel circuito produzione-consumo. In primo luogo mettono in crisi il presupposto basilare secondo cui si producono e si comprano solo cose nuove. Inoltre la vendita e/o lo scambio di oggetti usati rivelano un lavoro del consumo sconosciuto agli oggetti nuovi. In sintesi le merci usate sono il risultato di una produzione, che solo in senso lato puň dirsi tale (poiché č mediata fortemente dalle modalitŕ del consumo del nuovo) e di un consumo che a sua volta si manifesta attraverso nuove modalitŕ di produzione per i lavori aggiuntivi che spesso l'usato implica. Il saggio analizza poi un caso particolare di pratiche di riuso: la moda e l'abbigliamento del second hand, in cui si intrecciano motivazioni molto variegate, dalla necessitŕ economica all'attenzione all'ambiente, dalla sobrietŕ alla ricerca stilistica sofisticata.
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Bizzarri, Virginia. « Anima e coraggio. Il paziente svela il sintomo, il terapeuta cerca il simbolo ». STUDI JUNGHIANI, no 35 (février 2013) : 113–24. http://dx.doi.org/10.3280/jun2012-035007.

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Résumé :
L'autrice s'interroga sul senso attribuibile al tertium, riferimento spaziale e temporale ricorrente nell'opera junghiana. Partendo dal sintomo alla volta del simbolo e, parallelamente, procedendo dalle parole alle immagini, l'autrice presenta la funzione trascendente come ponte interpersonale e intrapersonale che permette alla diade analitica di creare con sacrificio lo spazio per accogliere contemporaneamente il reale e il potenziale, l'immanente e il trascendente. Il materiale del paziente, che rinasce ed č contenuto nel presente dal setting e dalla relazione analitica, diventa un altro terzo elemento, nuova energia psichica liberata e disponibile per proseguire il processo di guarigione di sé. In quest'ottica, anche la sabbia č presentata come terzo luogo possibile ove rappresentare e congedare vecchie e nuove forme di esistenza ed esperienza: toccando il complesso e lasciando risuonare gli archetipi, si procede sul sentiero dell'individuazione di cui paziente e analista sono a tratti alterni, guardiani e ladri.
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Loreto, Paola Maria. « Cedevole al tatto // To Be in Any Form // Ser en cualquier forma ». Ecozon@ : European Journal of Literature, Culture and Environment 5, no 2 (27 septembre 2014) : 157–59. http://dx.doi.org/10.37536/ecozona.2014.5.2.621.

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Résumé :
La silloge è stata ispirata dall’osservazione e dall’ascolto, ricettivi, degli elementi della natura in ambiente montano, alpino, che potrebbe essere quello “di casa”, le Prealpi Orobie, ma anche qualsiasi altro luogo di montagna frequentato dall’autrice. Esprime il senso di un’appartenenza profonda, ineludibile, pacificante a un mondo di relazioni eque, oggettive, multidirezionali. The poems were inspired by the keenly receptive observation of natural elements in a mountainous environment - possibly the author’s “home,” the Prealpi Orobie in Italy, but also whatever other mountain landscape she has happened to experience in her hikes and climbing. The triptych expresses the profound sense of an unavoidable and pacifying belonging to a world of even, objective, and multiple relations. La inspiración para los poemas vino de la observación intensamente receptiva de los elementos naturales en un entorno montañoso (probablemente el "hogar" de la autora, el Prealpi Orobie en Italia, pero también de cualquier otro paisaje de montaña que haya experimentado mientras hacía senderismo y escalada). El tríptico expresa el sentido inevitable y pacificador de pertenecer a un mundo de relaciones regulares, objetivas y múltiples.
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Rossi Sciumè, Giovanna. « Problemi sociologici emergenti nel merito del dibattito sulla procreazione assistita ». Medicina e Morale 42, no 1 (28 février 1993) : 165–81. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1074.

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Résumé :
Il contributo si propone di analizzare sotto il profilo sociologico alcuni dei principali nodi problematici evidenziatisi in seguito alla diffusione delle tecniche di procreazione assistita. Il punto di partenza di questa analisi è costituito dal superamento della definizione strettamente medica della sterilità e della considerazione di tale fenomeno come "questione sociale totale", che coinvolge l'individuo nella sua interezza, vale a dire nella sua dimensione fisica, psichica, affettiva e relazionale. L'assunzione di tale prospettiva implica inevitabilmente un'attenta valutazione dell'impatto delle tecniche di procreazione assistita sulla specifica configurazione della famiglia e della coppia che a tali tecniche si rivolge; inoltre, la diffusione di queste procedure, che, come si può intuire, ha comportato un mutamento di segno problematico del significato della genitorialità, richiede, al fine di evitare un ripiegamento in senso puerocentrico e narcisistico della cultura familiare, la delineazione dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nel procedimento di procreazione assistita - ed in primo luogo di quelli del bambino nato tramite queste tecniche - ed un leale confronto tra i diritti stessi.
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Barbetta, Pietro. « Odio : cinque speculazioni e una provocazione ». PSICOBIETTIVO, no 1 (mars 2021) : 47–58. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-001005.

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Résumé :
In questo saggio produrrò 5 variazioni sul tema dell'odio, in ognuna si sostiene che l'odio - a differenza dei sentimenti di rancore, rabbia, invidia, gelosia, rivalsa - non è un sentimento. L'odio è un gesto del tutto consapevole, è una scelta che può dipendere dalla reazione ai sentimenti elencati sopra, o ad altri, ma i sentimenti, che sono disposizioni all'azione, non determinano ancora la decisione, la deliberazione. L'odio invece è deliberazione. Questa distinzione si è sempre più offuscata, in ambito psicologico, da quando si confonde il "benessere", qualsiasi cosa sia, con la consapevolezza, riducendo la "guarigione" psichica alla consapevolezza. Ma la Shoah, i processi stalinisti e ogni forma di totalitarismo è, in primo luogo, progetto materiale, finalità cosciente e consapevolezza. In questo senso, se Freud disse «la consapevolezza non basta», Bateson aggiunse «la consapevolezza è dannosa».
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Muratore, Vicenza, Margherita Maniscalco, Stefania Pitingaro et Francesco Fazio. « MAGISTER VITAE : EDUCARE OGGI SECONDO UNA PROSPETTIVA ERMENEUTICA ». International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 1, no 1 (11 juin 2016) : 297. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2015.n1.v1.256.

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Résumé :
Tutti noi nasciamo, ma nessuno nasce libero: a nessuno è concesso di scegliere dove, come e quando nascere; Heidegger parla, infatti, di originaria finitezza.La nascita dell’uomo è caratterizzata da una certa datità, che consegna l’uomo all’intero anonimato, che lo accompagna fino a quando egli stesso non sarà capace di prendere coscienza di sé, di giungere ad una vita autentica.Il mezzo, lo strumento per realizzare il passaggio dall’inautenticità all’autenticità è individuabile nell’educazione; essa, infatti, consente all’uomo di crescere nel terreno fertile delle relazioni.I rapporti con gli altri, infatti, si configurano come il “luogo” per esercitare la propria libertà,caratteristica fondamentale per dar vita ad un sé autentico, reale e non più ignoto.In questo fondamentale passaggio, si inserisce il ruolo del magister vitae, colui che aiuta a raggiungere il “Bene” all’interno di una relazione diadica, fatta di scambi cooperativi, ed interpersonali. Un rapporto, non occasionale né formale, ma un vero e proprio “apprendistato” nel quale lo scolaro acquisisce gli strumenti cognitivi, affettivi e relazionali per attribuire significati sempre nuovi ed originali alla realtà circostante ed il magister si impegna a gestire le antinomie legate al rapporto autorità/libertà.Un’autorità nel senso pieno dell’etimologia della parola, essere “autore di autori”, ed una “libertà liberante”, nel senso che ciascun uomo è libero di realizzarsi secondo la propria volontà, ma soprattutto secondo le proprie potenzialità.È in questo scambio dialogico che l’educazione assume le caratteristiche di un “dono”, intesocome atto di amore che ha come fine la realizzazione dell’altro, attraverso l’espressione piena di tutto se stesso, in una logica di scoperta, di costruzione della “verità”. Una verità che non è assoluta, ma che si costruisce passo dopo passo, per mezzo sia delle competenze, non aride e sterili, del magister ma anche e soprattutto attraverso le sue doti umane che fanno di lui un uomo, un educatore, un magister vitae che nemmeno il tempo potrà far dimenticare.
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Origgi, Giancarlo. « Apprendimento ». EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no 15 (décembre 2010) : 19–25. http://dx.doi.org/10.3280/eds2011-015003.

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Résumé :
Il saggio tenta di dare forma alle tante dimensioni del concetto di apprendimento nella societŕ della conoscenza, in relazione alle tematiche del lifelong learning ed a quelle relative all'innovazione dei modelli di conoscenza e di formazione legati all'introduzione delle nuove tecnologie ed al ruolo, sempre piů significativo, che l'individuo assume all'interno della realtŕ virtuale. Un concetto fondamentale dell'articolo č il concetto di "rete" assunto come metafora essenziale capace di delineare la vita degli individui nella knowledge society. Il termine "rete" fa riferimento, in tal senso ed allo stesso tempo, a tanti concetti estremamente significativi della societŕ contemporanea e della vita degli individui: la rete designa al tempo stesso la conoscenza, la cittŕ, la societŕ, internet, la navigazione tra mondi reali e virtuali disegnati, dalle nuove tecnologie, nella formazione cosě come nel cinema, nella letteratura cosě come nelle discipline del costruttivismo. L'articolo si conclude con un breve rimando alla cultura del rinascimento anticipatrice di uno spirito in cui scienza, conoscenza e tecnica sono tra loro fortemente legate. La sperimentazione che ha luogo nel rinascimento, nella bottega dell'artigiano, diventa punto di partenza e filo unificante di diverse istanze della conoscenza e dell'arte, della ricerca scientifica e dell'esplorazione tecnica.
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Finelli, Roberto. « NUOVE TECNOLOGIE, SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA E “MENTE ORIZZONTALE” ». Revista Dialectus - Revista de Filosofia, no 18 (25 octobre 2020) : 350–64. http://dx.doi.org/10.30611/2020n18id61190.

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La tesi di fondo è che le nuove tecnologie rappresentano un enorme sviluppo dell‟umanità sul piano della trasmissione e dell‟elaborazione delle informazioni. Ma questa gigantesca innovazione, per la cornice dell‟accumulazione capitalistica in cui viene svolta e sviluppata, dà luogo ad una antropologia e ad una formazione della soggettività umana in cui il “conoscere” prevale e domina sul “sentire”. La natura astratta della ricchezza del capitale, e la sua accumulazione, richiedono un individuo parimenti astratto, in cui la conoscenza diventa sempre più informazione. Questa fallace identificazione della conoscenza con l‟informazione è basata su una epocale distorsione del sentire, per la quale il senso del conoscere non proviene più dal corpo emozionale e interiore del soggetto umano ma dall‟esterno, secondo programmi e definizioni di senso in qualche modo già predefiniti e precompilati. In questo ambito di problemi il saggio utilizza una distinzione profonda di significato tra il lemma “tecnica” e il lemma “tecnologia”, a partire da sollecitazioni presenti nelle pagine del Marx maturo, per mettere in discussione una contestualizzazione “umana” e non “capitalistica” della tecnologia. Nello stesso tempo l‟autore svolge una critica profonda della concezione heideggeriana e della tecnica e del modo in cui le filosofie della postmodernità, soprattutto quelle della cosiddetta French Theory, sotto la guida di Nietzsche e di Heidegger, hanno registrato solo la superficializzazione del mondo messa in atto dalla nuova tipologia “flessibile” dell‟accumulazione capitalistica. La liquidazione di ogni forma di soggettività operata dai pensatori francesi, se ha avuto il merito di criticare giustamente forme troppo identitarie e dogmatiche di soggettività, ha nello stesso tempo del tutto liquidato l‟ipotesi marxiana del capitale come vero soggetto della società moderna e contemporanea, con la sua necessità intrinseca di creare un mondo sempre più omogeneo alla sua espansione e universalizzazione.
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Pavan, Luca. « Una nuova lista di “falsi amici” e di “interferenze onomastiche” nella lingua italiana e lituana ». Verbum 5 (6 février 2015) : 238–46. http://dx.doi.org/10.15388/verb.2014.5.5012.

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In un precedente studio (Pavan 2010 ) si è messa in rilievo l’influenza dei “falsi amici” tra gli apprendenti lituani della lingua italiana presso l’Università di Vilnius. I “falsi amici”, cioè i termini di una lingua che somigliano a quelli di un’altra ma che producono significati diversi, sono presenti in numero ridotto anche tra la lingua lituana e quella italiana. Nello stesso studio era stata anche fornita una lista di “falsi amici”, molti dei quali utilizzati per valutarne l’influenza nell’apprendimento dell’italiano. Questo studio intende da un lato ampliare la lista di “falsi amici” proponendone e commentandone una nuova serie, dall’altro introdurre un nuovo tipo di interferenza linguistica che viene qui definita “interferenza onomastica”. L’onomastica in questo caso è quella dei nomi propri di persona, tralasciando in questo caso l’onomastica geografica dei nomi propri di luogo. Viene evidenziato un nuovo problema di false analogie linguistiche che, in certi casi, potrebbe influire in senso negativo sulla comprensione della lingua, soprattutto ai livelli più bassi di apprendimento. Alcuni nomi propri di persona lituani, infatti, producono termini con un significato nella lingua italiana, generando una possibile interferenza nella comprensione linguistica ai livelli più bassi di apprendimento. Lo scopo principale delle liste di termini qui esposti è quello di contribuire alla auspicabile stesura di un dizionario di “falsi amici” per la lingua lituana e quella italiana, che possa tornare utile agli studenti e agli studiosi delle due lingue.
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Lombardi Ricci, Mariella, et Andrea Grillo. « Riflessioni sull'intervento del Ministro olandese della Giustizia M.H. Hirsch Ballin ». Medicina e Morale 43, no 3 (30 juin 1994) : 443–52. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1013.

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Sollecitati dalla crescente attenzione, anche da parte dell'opinione pubblica, al dibattito sul tema della eventuale legalizzazione della eutanasia, gli Autori commentano il documento del ministro olandese Hirsch Ballin, che presenta il recente provvedimento legislativo con cui i Paesi Bassi hanno avanzato una sia pur minima regolamentazione giuridica della prassi eutanasica. Gli Autori procedono ad individuare nel Documento un mutamento di prospettiva che - se recepito nella prassi concreta - realizza uno di quegli slittamenti verso l'allargamento dell'atto eutanasico. Esso pare ravvisabile nel concetto "essere di peso" riferito alla condizione del malato e che finisce per sovrapporsi al concetto di "sofferenza senza speranza", solitamente richiamato dai sostenitori della legalizzazione dell'eutanasia. Ci si sofferma in particolare sull'uso dei concetti di "forza maggiore", "stato di necessità" e - indirettamente - di "legittima difesa", richiamati dal Documento in funzione dell'esclusione della punibilità dell'équipe medica. In essi gli Autori ravvisano, anzitutto, intrinseche contraddizioni sul piano giuridico, dovute anche al sistema giuridico olandese, solo parzialmente confrontabile con il sistema giuridico italiano. In secondo luogo sollevano perplessità sul piano teologico-morale e sul significato culturale dell'intervento del Ministro, mettendo in luce non solo il concretizzarsi dei rischi impliciti di una normativa eutanasica, ma anche la necessità di una serena riflessione sul senso della vita umana.
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Slaby, Jan. « Appunti per una critica delle neuroscienze ». COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, no 20 (décembre 2010) : 105–26. http://dx.doi.org/10.3280/cost2010-020008.

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Résumé :
Questo studio introduce le motivazioni e l'idea sottese al varo recente di un'iniziativa interdisciplinare dal titolo Neuroscienza Critica. (www.criticalneuroscience. org). Si tratta di un approccio che si sforza di capire, spiegare, contestualizzare e - qualora chiamata farlo - criticare, gli sviluppi attuali nel campo nelle neuroscienze e in quei settori sociali in cui tali sviluppi si applicano, allo scopo di creare le competenze necessarie a trattare responsabilmente le nuove sfide e interessi emergenti in materia di scienze del cervello. Neuroscienza critica si rivolge agli studiosi di discipline umanistiche cosě come (e non si tratta di figure di minore importanza) a coloro che svolgono una pratica in campo neuroscientifico, a chi si occupa di polizze di assicurazione, e a coloro che operano nel settore pubblico in senso lato. La neuroscienza suscita davvero effetti a largo raggio, oppure stiamo collettivamente sovrastimando il suo impatto, a spese di altri importanti vettori di mutamento sociale e culturale? Quali sono i canali e i tramiti grazie ai quali le neuroscienze interagiscono con le idee correnti in tema di personalitŕ, identitŕ e benessere? Inoltre, cosa altrettanto importante, Neuroscienza critica si sforza di rendere i risultati di tali valutazioni, rilevanti per la pratica scientifica stessa. Essa aspira a motivare i neuro scienziati, a lasciarsi coinvolgere nell'analisi dei fattori contestuali, delle traiettorie storiche, delle difficoltŕ concettuali e delle conseguenze potenziali in connessione con il lavoro empirico. Questo studio comincia ad abbozzare un fondamento filosofico che sostenga il progetto di delineare esempi d'interazione che hanno luogo fra neuroscienze e contesto sociale e culturale nel quale esse sono inserite, esponendo alcune delle assunzioni e dei modelli interpretativi che sottostanno agli approcci dominanti. Un recente lavoro antropologico verrŕ discusso, al fine di porre i profani nelle condizioni di capire il senso di interazioni de facto interno al sapere neuroscientifico, le sue proiezioni future, nonché la propria auto comprensione. Questo puň costituire un primo passo verso una fenomenologia di quella "allure seducente" che le neuroscienze stanno esercitando sia sul mondo accademico sia nell'immaginazione popolare.
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Adams, William D. « A Sense of Place ». Chiasmi International 21 (2019) : 277–88. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192127.

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Résumé :
Merleau-Ponty spent the summer of 1960 in the small French village of Le Tholonet writing Eye and Mind. His choice of location was no accident. Le Tholonet was the physical and emotional epicenter of Paul Cezanne’s late painting, the ultimate proving ground of his relentless quest to reveal the truth of landscape in art.It makes perfect sense that Merleau-Ponty wrote Eye and Mind in Le Tholonet. The essay is a philosophical meditation on vision and painting. But it also is a meditation on place, in the deeply saturated sense that encompasses the landscape, its natural and human history, and the history of the painter who brought this part of Provence to universal visibility in his art. Le Tholonet is the terroir of Eye and Mind, the site and soil of this final, extraordinary expression of Merleau-Ponty’s thinking. Merleau-Ponty passa l’été 1960 dans le petit village français de Le Tholonet en écrivant L’OEil et l’Esprit. Le choix de ce lieu n’est pas accidentel. Le Tholonet était l’épicentre physique et émotionnel de la dernière peinture de Paul Cézanne, le terrain d’essai final de sa quête incessante pour arriver à révéler la vérité du paysage dans l’art. C’est tout à fait sensé que Merleau-Ponty ait écrit L’OEil et l’Esprit à Le Tholonet. L’essai est une méditation philosophique sur la vision et sur la peinture. Mais c’est aussi une méditation sur le lieu, sur le sens profondément saturé qui entoure le paysage, sur son histoire naturelle et humaine, et sur l’histoire du peintre qui porta, par son art, ce coin de la Provence à la visibilité universelle. On pourrait alors dire que Le Tholonet est le terroir de L’OEil et l’Esprit, le site et le sol de cette expression finale et extraordinaire de la réflexion de Merleau-Ponty. Merleau-Ponty trascorse l’estate del 1960 nel piccolo villaggio francese di Le Tholonet, dedicandosi alla scrittura de L’occhio e lo spirito. La scelta di questo luogo non fu casuale. Le Tholonet fu infatti l’epicentro fisico ed emotivo della pittura dell’ultimo Cézanne, il campo di prova finale del suo tentativo instancabile di rivelare la verità del paesaggio nell’arte. È del tutto coerente che Merleau-Ponty abbia scritto L’occhio e lo spirito a Le Tholonet. Il saggio costituisce una riflessione filosofica sulla visione e sulla pittura, ma rappresenta anche una meditazione sul senso di un luogo, secondo un’accezione densa che comprende il paesaggio, la sua storia naturale e umana, e la storia del pittore che attraverso la sua arte ha portato questa parte della Provenza a una visibilità universale. Le Tholonet è il terroir de L’occhio e lo spirito, il sito che ospita e il terreno che nutre quest’ultima straordinaria espressione del pensiero di Merleau-Ponty.
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Mackie, Gillian. « The Zeno chapel : a prayer for salvation ». Papers of the British School at Rome 57 (novembre 1989) : 172–99. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009132.

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LA CAPPELLA DI S. ZENO: UNA PREGHIERA PER LA SALVEZZAIl programma decorativo del mosaico di nono secolo della cappella di S. Zeno in Santa Prassede a Roma dove è sepolta Teodora, madre di Papa Pasquale I (817–824), è analizzato nella tradizione iconografica dei suoi componenti e nel senso specifico della composizione nel suo insieme. Il significato sotteso è identificato come intimemente connesso al tema della salvezza di Teodora. Tutti gli elementi del programma decorativo fanno riferimento alia sua morte, ai riti funerari, alle intercessioni dei suoi santi protettori, ed al suo destino nel giorno del giudizio. Il programma in se' è riconosciuto come bizantino e fondato sui dettati del secondo concilio di Nicea del 787. La fattura, invece, è romana ed i moduli iconografici furono scelti nel repertorio tipico dell'arte cristiana delle origini in Italia.Il tipo di composizione scelto da Pasquale I per la decorazione mosaica che, tra quelle conservate, riveste un significato maggiormente personale, rivela un aspetto nuovo del suo mecenatismo, fino ad ora ritenuto di natura essenzialmente antiquaria ed interessato alia riproposizione delle glorie della Chiesa critstiana delle origini in Roma. Per la cappella di S. Zeno, al contrario, Pasquale I scelse una moderna composizione di stile orientale per il luogo di sepoltura della madre, unico esempio sopravvissuto di un suo mecenatismo di natura maggiormente privata che officiale.
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Conti, Adelaide. « Trasferimento sperimentale del nervo ulnare sull'arto inferiore : aspetti medico-legali ed etici ». Medicina e Morale 43, no 6 (31 décembre 1994) : 1161–71. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1003.

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L'Autore, prendendo spunto da un caso di sperimentazione chirurgica giunto all'esame del Comitato Etico (CE) degli Spedali Civili di Brescia, analizza le problematiche etiche inerenti a tale pratica medica. Consapevoli del fatto che ogni caso clinico rappresenta una sperimentazione, l'attenzione è rivolta all'ambito chirurgico, che ha come principale scopo l'apporto di un beneficio per il paziente fruitore del trattamento "nuovo". Dapprima vengono considerati i principi generali eticamente validi applicabili alla sperimentazione; in particolare il principio di beneficità, owero di non maleficienza e il principio di autonomia. In un secondo momento viene esaminato il caso clinico proposto al CE. E' proposta una tecnica chirurgica da effettuare su pazienti paraplegici: il trasferimento del nervo ulnare con le sue tre branche motrici sui nervi dei muscoli grande gluteo, medio gluteo, retto anteriore. Tale sperimentazione ha lo scopo di consentire la deambulazione usando apparecchi di ortesi dal ginocchio in giù. I problemi etici che emergono sono numerosi: in primis è rilevante il fatto che la sperimentazione effettuata solamente su animali non è priva di incognite. In secondo luogo i principi fondamentali dell'etica non sono rispettati e, non ultimo, il rapporto medico-paziente notevolmente trascurato. In tal senso i CE si pongono come "intermediari" in questa relazione che sottende numerose problematiche. L'etica della sperimentazione deve in tal modo essere verificata in rapporto al paziente in quanto persona con le sue peculiarità.
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Giannakoulas, Andreas. « Il bambino come "terapia" della difesa maniacale post-traumatica genitoriale ». INTERAZIONI, no 1 (avril 2022) : 13–25. http://dx.doi.org/10.3280/int2022-001003.

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Con questo mio contributo vorrei portare una critica articolata alla scarsa attenzione rivolta ai diversi processi della funzione cosiddetta di genitorialità e, allo stesso tempo, considerare questi processi come aspetti collusivi inconsci che spesso sono fondamentali, non solo per la fenomenologia del rapporto tra i partner, ma anche per un preciso rapporto tra la sintomatologia dei figli e gli aspetti della patologia collusiva organizzata dalla coppia. Questa affermazione implica tutto il complesso campo della selezione del compagno o della scelta oggettuale coniu-gale. Questa reciprocità collusiva emerge in una varietà di forme. Ad esempio motivazioni reciproche di individui deprivati, traumatizzati, shoccati, o profondamente depressi a scegliere partner analoghi per perpetuare il proprio stato d'animo senza investire o essere investiti affettivamente dall'altro: "Come posso parlare del mio dolore conoscendo l'immensità del tuo!". È stata sottolineata da Winnicott, a questo proposito, la "Falsa Restituzione" dei figli nei confron-ti dei genitori. Questa falsa restituzione e riparazione si esprime attraverso l'identificazione del bambino con la parte dei genitori che non ha subito la dissociazione della difesa maniacale, cioè con la loro parte più profonda, traumatizzata e terrifica, il luogo dove ogni loro difesa maniacale fallisce, il punto dolente, mai elaborato, l'interruzione traumatica dei loro rispettivi Sé, che ha acquisito il senso di un punto di non ritorno. C'è come un tentativo onnipotente da parte del bambino di ristabilire la continuità.
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Lupoi, Sergio, Paola Cipolla, Simona Dell'Atti, Adele M. R. Francavilla et Roberta Menichelli. « Unioni vaganti : alla ricerca della quadratura del cerchio ». RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, no 34 (décembre 2011) : 91–109. http://dx.doi.org/10.3280/pr2011-34007.

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Questo articolo analizza l'evoluzione della coppia nel XX secolo, partendo dall'osservazione che l'amore č cambiato, in quanto č diventato il luogo della radicalizzazione dell'individualismo, dove uomini e donne cercano nel "tu" il proprio "io". L'individualismo č un elemento fondante della "modernitŕ liquida", effetto di una serie di cambiamenti (economici, politici, sociali, esistenziali e culturali) che stanno attraversando le societŕ dall'inizio del secolo. Anche i rapporti di coppia diventano liquidi, ovvero fragili e vacui, devono essere facilmente allentabili non appena si avverte la necessitŕ di cambiare. L'effetto č da un lato la riduzione drastica dei matrimoni, dall'altro l'emergere di nuove forme di convivenze (LAT, childfree/childless coppie, coppie omosessuali, ecc.) attraverso le quali l'individuo puň scegliere liberamente come realizzarsi. Il nostro lavoro ipotizza che le nuove forme di coppie siano un segno visibile di un grande cambiamento storico e di una crisi culturale ma al tempo stesso una risposta adattativa e funzionale per combattere il senso di impotenza ed incertezza. Seguendo questo punto di vista, gli psicoterapeuti dovrebbero valutare la richiesta d'aiuto da parte della coppia (o individuo) come una crisi in una societŕ in crisi. L'obiettivo terapeutico dovrebbe essere quello di disilludere dell'esistenza di una soluzione sicura e perenne, e aiutare i partner da una parte a pensare la coppia come un'unione imperfetta dove l'altro sarŕ sempre diverso da come uno se lo aspetta, dall'altra ad accettare il cambiamento dell'altro e il proprio e infine portare i singoli partner a conoscere ciň che porta la crisi e come di volta in volta cercare di fronteggiarla.
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Di Pietro, Maria Luisa. « Sessualità umana : verità e significato. Una guida per i genitori ». Medicina e Morale 45, no 2 (30 avril 1996) : 209–35. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.913.

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L’articolo si propone di commentare il recente documento del Pontificio Consiglio per la Famiglia (PCF) su Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, il quale intende porsi non come un trattato di teologia morale né di psicologia, bensì un momento di formazione per i genitori, anzitutto. L’Autore affronta poi i due aspetti cardine del documento pontificio: l’antropologia di riferimento e le indicazioni metodologiche. Sul primo punto, il riferimento fondamentale è la persona nella sua totalità di spirito e corpo. E la sessualità è vista come modalità dell’essere da una parte, e dimensione relazionale dall’altra. Essa, perciò, è segno di reciprocità e di complementarità, e come tale naturalmente strutturata all’apertura e al dono all’altro. Sulle indicazioni metodologiche, l’articolo nota che nel documento del PCF si sostiene l’opportunità di educare la persona alla differenza sessuale e alla vita nel senso di una educazione del sentimento morale, ovvero dell’educazione alla gestione responsabile della libertà. Tale opera deve poter avvenire nella famiglia, primo luogo educativo, ad opera dei genitori, eventualmente aiutati - in modo sussidiario e subordinato - da opportune agenzie educative. L’articolo si conclude con le indicazioni che il documento del PCF fornisce sulle modalità educative: 1. informare formando e formare informando, secondo i criteri della verità, dell’adeguazione e dell’individualizzazione, della progressività, della tempestività, della decenza e del rispetto del fanciullo; 2. la diversificazione per epoca di sviluppo e per vocazione dell’individuo; 3. l’affrontamento in termini educativi di situazioni impegnative, come l’omosessualità e la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale.
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Spagnuolo Lobb, Margherita. « Dialoghi sulla psicoterapia al tempo del Coronavirus : un'introduzione ». QUADERNI DI GESTALT, no 1 (juin 2021) : 11–19. http://dx.doi.org/10.3280/gest2021-001002.

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Questo report fornisce un quadro della sezione speciale intitolata "Dialoghi sulla psicote-rapia al tempo del Coronaviru". Dodici eminenti psicoterapeuti e formatori della Gestalt pro-venienti da diverse parti del mondo sono stati invitati dall'Istituto di Gestalt HCC Italy - Scuo-la di Specializzazione in Psicoterapia riconosciuta dal Ministero dell'Università e della Ricerca - a condividere la loro esperienza della pandemia. Il webinar, organizzato il 15-16 maggio 2020, ha ospitato 850 partecipanti da tutto il mondo, che hanno potuto riflettere su come mi-gliorare le loro competenze come psicoterapeuti in questo momento di trauma globale, e tra-sformare questo evento epocale in un'opportunità di crescita. Dal loro dialogo sono emersi nuovi valori umanistici: uno spostamento dal sostenere lo sviluppo del potere personale al nuovo valore dell'essere-con e riconoscere l'altro. Questa discussione ha rivelato come la psi-coterapia della Gestalt, con la sua prospettiva sul sé come processo che ha luogo al confine di contatto con l'ambiente, e la sua anima relazionale che guarda alla co-creazione tra terapeuta e paziente, può contribuire significativamente a questa svolta. I relatori hanno riportato in questa sezione le loro riflessioni personali, cliniche e teoriche offerte durante il webinar. Il loro obiet-tivo può essere espresso con la domanda "Come possiamo raccontare ai nostri figli ciò che stiamo vivendo con un senso di bellezza e coraggio, in modo che possano andare avanti nella loro vita, contando su una base sicura e significativa?".
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Cignetti, Luca, Silvia Demartini, Simone Fornara et Vincenzo Todisco. « Editoriale ». DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, no 1 (9 novembre 2021) : VII—VIII. http://dx.doi.org/10.33683/didit.21.01.00.

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Résumé :
Prende l’avvio, con questo fascicolo, DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, una nuova rivista scientifica nata dalla collaborazione tra il Centro competenze didattica dell’italiano lingua di scolarizzazione del Dipartimento formazione e apprendimento della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni. Alla rivista partecipano quindi due istituzioni universitarie che si occupano della formazione degli insegnanti del Ticino e dei Grigioni, i due cantoni svizzeri in cui l’italiano è lingua ufficiale (nei Grigioni accanto al tedesco e al romancio): un contesto del tutto particolare, che vede l’italiano insieme lingua di scolarizzazione e lingua prima (in Ticino e nel Grigioni italiano), lingua seconda (in Ticino) e lingua straniera nella scuola dell’obbligo (nella parte tedesca del Canton Grigioni). In una realtà così peculiare dal punto di vista linguistico e culturale, DIDIT intende offrire uno strumento di ricerca e aggiornamento rivolto a chi opera, per ragioni di studio o di lavoro, nell’ambito della didattica dell’italiano come lingua prima, come lingua seconda o come lingua straniera. Vista la particolare situazione linguistica del Canton Grigioni, del limitrofo Alto Adige e tenuto conto delle diverse altre lingue presenti sul territorio grigionese e ticinese accanto alle lingue ufficiali, la nuova rivista prende in considerazione anche la ricerca sulla didattica del plurilinguismo. In questo senso la rivista si presenta come luogo di scambio scientifico privilegiato e unico nel panorama delle pubblicazioni scientifiche presenti sul territorio nazionale svizzero e come uno dei pochi strumenti a livello internazionale che prendono in esame l’italiano nei diversi contesti di insegnamento; l’obiettivo sul medio-lungo termine è di configurarsi come un punto di riferimento nel campo degli studi sulla didattica dell’italiano e del plurilinguismo, caratterizzati dal costante connubio tra dimensione teorica e dimensione applicativa. DIDIT è divisa in tre sezioni: Studi e ricerche, Esperienze didattiche e Recensioni e segnalazioni. La prima, affidata alla penna di studiose e studiosi di chiara fama nel settore della didattica della lingua e della letteratura italiana (in questo primo numero Maria G. Lo Duca e Giuliana Fiorentino e, per la tematica del plurilinguismo, Ruth Videsott), accoglie approfondimenti teorici su temi afferenti agli ambiti didattici sopra ricordati. La seconda è dedicata a esempi di applicazioni e percorsi didattici, affidati a studiose e studiosi, ricercatrici e ricercatori, docenti attive e attivi nella scuola di ogni ordine e grado (in questo numero Livia Radici Tavernese, Daniele Dell’Agnola, Stefania Crameri e Daniela Kappler). La terza presenta, infine, recensioni di libri e studi che possono contribuire all’innovazione didattica nelle discipline di riferimento e a segnalazioni di opere – come albi illustrati, poesie, raccolte di racconti e romanzi – rivolte a lettori di diverse fasce di età. Tenuto conto dei contesti minoritari con cui si vede confrontato l’italiano in Svizzera, la rivista ambisce a diventare anche uno strumento per il sostegno e la promozione della lingua italiana in questo contesto nazionale, e non solo. In tal senso, si propone di estendere il proprio orizzonte agli studi sulla didattica dell’italiano in un’accezione ampia, che accolga prospettive plurali e sguardi capaci di spaziare dalla teoria all’applicazione pratica, avendo sempre come obiettivo di fondo un aggiornamento costante sulle strategie, sui metodi, sulle ricerche volte a migliorare e a innovare l’insegnamento dell’italiano. In tal modo la rivista garantisce lo scambio e la comunicazione tra il mondo della ricerca e quello della scuola, a livello nazionale e internazionale: attraverso la scelta dei temi, degli ambiti di ricerca e di riflessione, DIDIT vuole così rispondere alle sfide didattiche e teoriche poste alla disciplina e stimolare il dibattito scientifico e pubblico.
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Labate, Mario. « Rolling words : un’idea dell’espressione oratoria e dell’ispirazione poetica fra Antichità e Rinascimento ». DILEF. Rivista digitale del Dipartimento di Lettere e Filosofia, no 1 (8 mars 2022) : 17–35. http://dx.doi.org/10.35948/dilef/2022.3297.

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AbstractL’articolo intende portare nuovi contributi all’interpretazione di un luogo famoso dell’Ars poetica di Orazio (323 ore rotundo...loqui) in cui il poeta esprime apprezzamento e ammirazione nei confronti dei Greci per le loro nobili attitudini e le eccellenti realizzazioni sul piano artistico e linguistico-letterario. Qual è il preciso significato nel contesto oraziano? Quali sono i precedenti greci e/o latini di una formula destinata, come tante altre incisive espressioni del poeta, ad assumere valore di proverbio? Quale ne è stato l'impiego nella significativa ricezione umanistica e quali eventuali slittamenti di senso ha comportato? In particolare ci si sofferma su aspetti trascurati della terminologia retorica e critico-letteraria come volubilis/volubilitas, in relazione all’asianesimo e alla poetica dell’ispirazione divina.This paper intends to make new contributions to the interpretation of a famous passage in Horace's Ars poetica (323 ore rotundo...loqui) in which the poet expresses his appreciation and admiration of the Greeks for their noble attitudes and excellent achievements in the artistic and linguistic-literary spheres. What is the precise meaning in the Horatian context? What are the Greek and/or Latin precedents of a formula destined, like so many other incisive expressions of the poet, to take on the value of a proverb? What was its use in the significant humanistic reception and what shifts in meaning did it entail? In particular, we focus on neglected aspects of rhetorical and critical-literary terminology such as volubilis/volubilitas, in relation to Asianism and the poetics of divine inspiration.
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Whitney, Shiloh. « From the Body Schema to the Historical-Racial Schema ». Chiasmi International 21 (2019) : 305–20. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192129.

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Résumé :
What resources does Merleau-Ponty’s account of the body schema offer to the Fanonian one? First I show that Merleau-Ponty’s theory of the body schema is already a theory of affect: one that does not oppose affects to intentionality, positioning them not only as sense but as force, cultivating affective agencies rather than constituting static sense content. Then I argue that by foregrounding the role of affect in both thinkers, we can understand the way in which the historical-racial schema innovates, anticipating and influencing feminist theories of the affective turn – especially Sara Ahmed’s theory of affective economies. The historical-racial schema posits the constitution of affective agencies on a sociogenic scale, and these affective economies in turn account for the possibility of the collapse of the body schema into a racial epidermal schema, a disjunction of affective intentionality Fanon calls “affective tetanization.” Quelles ressources l’analyse du schéma corporel faite par Merleau-Ponty fournit-elle au schéma historico-racial proposé par Fanon ? En premier lieu, je vise à montrer que la théorie du schéma corporel de Merleau-Ponty est déjà une théorie de l’affect : une théorie qui n’oppose pas les affects à l’intentionnalité, qui ne les considère pas seulement comme un sens, mais comme une force, en cultivant des agentivités affectives plutôt qu’en constituant des contenus de sens statiques. Ensuite, j’affirmerai qu’en mettant en premier plan le rôle de l’affect chez ces deux penseurs, nous pouvons comprendre les innovations qu’apporte le schéma historico-racial, en anticipant et en influençant les théories féministes du tournant affectif – surtout la théorie de Sara Ahmed au sujet des économies affectives. Le schéma historico-racial établit la constitution d’agentivités affectives sur une échelle sociogénique, et ces économies affectives expliquent à leur tour la possibilité d’une dégradation du schéma corporel en schéma épidermique racial, une disjonction de l’intentionnalité affective que Fanon appelle « tétanisation affective ».Quali risorse può offrire la nozione merleau-pontiana di schema corporeo a quella di Fanon? In primo luogo, mi propongo di mostrare che la teoria dello schema corporeo elaborata da Merleau-Ponty è allo stesso tempo una teoria dell’affetto: una teoria che non oppone la dimensione degli affetti all’intenzionalità, poiché li considera non solo come senso ma come forze, in quanto implicano delle agentività affettive piuttosto che costituire meri contenuti statici di senso. Intendo quindi sostenere che mettendo in evidenza il ruolo dell’affetto in questi due autori sia possibile comprendere il portato innovativo dello schema storico-razziale, che anticipa e influenza le teorie femministe legate all’affective turn – e in particolare la teoria delle economie affettive elaborata da Sara Ahmed. Lo schema storico-razziale afferma la costituzione di agentività affettive a un livello sociogenetico, mentre le economie affettive rendono conto della possibilità del collasso dello schema corporeo in uno schema razziale epidermico, una disgiunzione dell’intenzionalità affettiva che Fanon definisce “tetanizzazione affettiva”.
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Di Pietro, Maria Luisa, et Marina Casini. « Il dibattito parlamentare sulla “procreazione medicalmente assistita” ». Medicina e Morale 51, no 4 (31 août 2002) : 617–66. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.688.

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Résumé :
La Camera dei Deputati nel giugno 2002 ha approvato una proposta di legge (PDL) ora in attesa di una valutazione da parte del Senato. In questo articolo viene ricordata dapprima l’evoluzione storica che ha portato all’attuale PDLa partire dalla IX legislatura, ci si sofferma sulle tappe principali e più significative, si tiene conto non solo dell’iter legislativo in senso stretto, ma anche del contributo della giurisprudenza, degli atti governativi, delle Commissioni ad hoc e dei movimenti operanti a livello sociale. Successivamente viene esaminato il contenuto della PDL nei suoi profili più rilevanti. Il principio dei prevalenti interessi/ diritti del concepito - che costituisce il motivo ispiratore di tutta la normativa - trova coerenti e apprezzabili applicazioni. In primo luogo viene declinato nella protezione del nuovo essere umano fin dalla fecondazione perseguendo l’obiettivo della sua destinazione alla nascita (diritto alla vita) senza che siano possibili atti manipolatori del suo patrimonio genetico (diritto alla identità genetica); secondariamente viene difeso il suo diritto alla famiglia sotto il profilo della coincidenza tra genitorialità biologica, affettiva e legale (diritto alla identità psicologica ed esistenziale). Rimangono comunque delle riserve etiche in ordine alla dignità dell’atto procreativo, all’insufficiente tutela del diritto del nascituro ad una famiglia fondata sul matrimonio quale garanzia di certezza e stabilità dell’affetto dei genitori (è infatti previsto l’accesso alle coppie conviventi), alla perdita di embrioni dovuta alla bassa percentuale di successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Rimane comunque apprezzabile - tenuto conto del libertarismo e permissivismo dominanti volti a legalizzare tutto quanto è già fattibile - l’impegno manifestato per ottenere l’approvazione della PDL. In ogni caso L’obiezione di coscienza, prevista dalla PDL, acquista dunque tutta la sua valenza di fronte al significato del generare e dell’essere generati.
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