Littérature scientifique sur le sujet « SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E FARMACEUTICHE »

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Thèses sur le sujet "SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E FARMACEUTICHE"

1

Leon, Castellanos Veronica. « Non conventional Techniques for the generation and modification of graphenes : applications to the synthesis of electro-active scaffolds for On-Demand Drug Delivery ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10133.

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Résumé :
2012/2013
The aim of this work is to employ non-conventional techniques in order to generate and modify new graphene derivatives for biological application.We have used ball-milling treatment and microwave irradiation, two of the interesting approaches included in the field of Green Chemistry that allow the use of softer conditions and the preparation of large quantities of materials in relatively short amounts of time
XXVI Ciclo
1985
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2

Iosio, Tamara. « Sistemi autoemulsionanti solidi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/7888.

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Résumé :
2009/2010
Visto l’attuale interesse dell’industria farmaceutica verso le formulazioni solide autoemulsionanti, il lavoro di tesi è stato direzionato verso l’analisi esplorativa di forme farmaceutiche solide innovative, utilizzando il processo di estrusione-sferonizzazione, per la preparazione di sistemi autoemulsionanti solidi (SEDDS) al fine di migliorarne l’assorbimento sistemico di farmaci poco solubili. La tecnologia suddetta è un metodo polifasico di granulazione ad umido, la quale prevede di umettare una determinata quantità di polvere, costituente la fase solida, con un liquido adatto e di processare la massa umida, così ottenuta, tramite appropriate apparecchiature in granuli destinati ad essere essiccati. La metodologia consiste nel mescolare il materiale in un apposito mixer, estruderlo in granuli cilindrici, sferonizzarlo per ottenere sferette (pellets) abbastanza uniformi, e quindi essiccarlo (Figura 10). Tale procedimento è stato sfruttato per il caricamento del sistema autoemulsionante, costituito quest’ultimo da un sistema lipidico contenente principi attivi poco solubili (silimarina: fitocomplesso del Cardo Mariano e vinpocetina), caricati su un supporto solido composto da cellulosa microcristallina e lattosio. Mediante l’utilizzo di un estrusore a pistone è stato possibile verificare la fattibilità del processo di estrusione/sferonizzazione, valutando la relazione che intercorre, nella camera d’estrusione , tra la forza di estrusione richiesta dai diversi sistemi formulativi per ottenere successivamente pellets contenenti il sistema autoemulsionante e lo spostamento del pistone. I pellets così ottenuti sono stati successivamente caratterizzati in vitro, effettuando prove di caratterizzazione tecnologica quali: densità, diametro, durezza, test di disgregazione e dissoluzione in vitro e valutandone la loro biodisponibilità in vivo dei loro principi attivi.
XXIII Ciclo
1982
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3

Laurini, Erik. « Progettazione,sintesi ed affinità recettoriali di nuovi ligandi sigma ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3608.

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Résumé :
2008/2009
Questo lavoro di tesi presenta un progetto riguardante il design, la sintesi e l'affinità recettoriale di nuovi ligandi dei recettori sigma. I recettori sigma sono coinvolti nella modulazione e nella biosintesi di vari neurotrasmettitori, nella regolazione di alcuni comportamenti umani e nella regolazione della vita cellulare. In particolare in questo lavoro viene presentata la creazione di un modello farmacoforico per i recettori sigma1 ed il suo successivo utilizzo come strumento predittivo per la progettazione e la sintesi di nuove molecole dotate di affinità sigma-recettoriale.
XXII Ciclo
1982
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4

Rubesa, Fernandez Adriana Spela. « Biovalorizzazione di substrati organici mediante processi anaerobici ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10156.

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Résumé :
2012/2013
Con il presente lavoro di tesi si è voluta esaminare la fattibilità del processo di digestione anaerobica di diversi substrati organici quali: reflui di birreria, fanghi esausti di impianti di trattamento di acque reflue, colture energetiche, scarti agro-industriali solidi e scarti organici urbani. Questo studio è stato motivato dal grande interesse scientifico ed industriale per l'applicazione della digestione anaerobica, allo scopo di perseguire fini quali: lo smaltimento controllato degli scarti organici e la produzione di energia rinnovabile. Scopo finale del lavoro è stata la valutazione della produzione di metano effettiva e lo sviluppo di un modello matematico semplice, in grado di descrivere acuratamente il processo.
XXVI Ciclo
1984
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5

Martinuzzi, Paolo. « Isolamento e determinazione strutturale di composti ad attività inibitoria della trombina da gloeophyllum odoratum e amanita virosa ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3736.

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Résumé :
2008/2009
Le malattie cardiovascolari e specialmente le varie forme di trombosi rappresentano la principale causa di morte nelle società occidentali. La formazione di un trombo occlusivo può essere il risultato di disordini del normale flusso sanguigno o di un’eccessiva attivazione delle piastrine, o di un’attivazione fuori norma dei meccanismi di coagulazione del sangue. Il sistema emostatico è responsabile della prevenzione dell’eccessiva perdita di sangue e del ripristino nel minor tempo possibile del normale torrente circolatorio dopo un danno tissutale. Le reazioni a cascata che permettono il meccanismo della coagulazione del sangue coinvolgono delle reazioni di proteolisi catalizzate da diverse serino-proteasi che stanno alla base dell’equilibrio che permette l’emostasi. Si ritiene, quindi, che intervenendo sui meccanismi che presiedono l’azione di queste molecole si possa avere anche un maggior controllo sulle cause che spesso portano ad eventi patologici. La trombina è una glicoproteina appartenente alla classe delle serino-proteasi, che svolge un ruolo centrale nella fase plasmatica del processo di emostasi. Le serino-proteasi coinvolte nel complesso meccanismo di coagulazione del sangue, come la trombina e il fattore Xa sono emerse quindi come nuovi ed importanti target per un diverso approccio alla terapia antitrombotica. I funghi del phylum Basidiomycota, pur essendo oggetto di notevole interesse scientifico per le loro molteplici proprietà farmacologiche, sono stati finora scarsamente investigati quali inibitori della trombina. Uno studio preliminare, condotto su 95 specie selezionate di funghi, ha evidenziato che gli estratti dei funghi Gloeophyllum odoratum e Amanita virosa presentavano significativa attività inibitoria della trombina e della tripsina. Nell’ambito di uno studio volto ad isolare ed identificare nuovi composti ad attività inibitoria della trombina i funghi Gloeophyllum odoratum e Amanita virosa sono stati oggetto di approfondimento da un punto di vista fitochimico, ed a tale scopo sono stati sottoposti ad una serie di frazionamenti che prevedevano il parallelo monitoraggio dell’attività inibitoria (Bioassay oriented fractionation) . Nel caso del fungo Gloeophyllum odoratum, le procedure di purificazione hanno portato all’isolamento di quattro frazioni significativamente attive per quanto riguarda l’inibizione della trombina. Sulla base di dati spettroscopici (NMR ; FT-IR) e di spettrometria di massa sono state isolate ed identificate principalmente delle molecole a struttura triterpenica tetraciclica. Tra queste gli acidi 3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-8,24-dien-29-oico e l’acido3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-24-metilen-8-en-29-oico sono nuovi, mentre l’acido trametenolico (acido 3β-idrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico) e l’acido 15α-idrossitrametenolico (acido 3β,15α-diidrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico) sono già noti in letteratura. Gli acidi trametenolico, 3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-8,24-dien-29-oico e 3β,15α-diidrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico sono stati poi considerati per il docking sulla trombina ed è stata valutata sperimentalmente, per ciascuno di essi, la costante di equilibrio per l’inibizione. Le energie libere stimate sono piuttosto simili e correlano con l’attività inibitoria osservata ed i valori di Ki . Sebbene la loro capacità di inibizione non sia così efficace, gli studi di docking suggeriscono come lo scheletro triterpenico potrebbe risultare un utile frammento per la progettazione e la sintesi di potenti inibitori della trombina. Nel caso del fungo Amanita virosa, le procedure di purificazione hanno portato all’isolamento di quattro frazioni, di cui tre con significativa attività inibitoria della trombina. Sempre sulla base di dati spettroscopici (NMR ; FT-IR) e di spettrometria di massa sono state isolate ed identificate delle miscele di trigliceridi, miscele di acidi grassi liberi e miscele di monoacilgliceroli. Inoltre è stato isolato ed identificato l’Ergosterolo, uno sterolo ubiquitario nei funghi, ancora caratterizzato da un’attività inibitoria nei confronti della trombina, sebbene non elevata.
1958
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6

Cersosimo, Ulma. « Synthesis and Pro-apoptotic activity of Arylidene-Cyclo-Alkanones ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3519.

Texte intégral
Résumé :
2008/2009
Screening of a small chemical library (the Developmental Therapeutics Program-National Cancer Institute "challenge set") on cells expressing mutated caspase-9, allowed the identification of two compounds, named G5 (3,5-bis(4-nitro-benzyliden)-tetrahydrothiapyran-4-one-1,1-dioxide) and F6 (3,5-bis(4-methyl-benzyliden)-4-piperidone hydrochloride) (Fig. 1), capable of activating caspases and to induce cell death with an apoptosome-independent apoptotic pathway. G5 and F6 are typified by a cross-conjugated α,β-unsatured dienone with two sterically accessible electrophilic β-carbons , a determinant that confers isopeptidase (DUBs) inhibitory activity. G5 and F6 inhibit isopeptidases (DUBs) by reacting with the sulfhydryl group of the catalytic cysteine with the olefinic carbon atoms. Infact compounds with 1,5-diaryl-3-oxo-1,4-pentadienyl pharmacophore react preferentially with thiols rather than hydroxy and amino group, so these conjugated enones may lack the genotoxic effects associated with currently used anticancer alkylating agents However it is likely that these compounds may exert their bioactivities by interacting with a number of different molecular target. Compounds wit 1,5-diaryl-3-oxo-1,4-pentadienyl pharmacophore are analogues of the natural product Curcumin, a yellow pigment obtained from the indian spice turmeric, that exhibits numerous biological activities, including anti-cancer, anti-inflammatory, anti-angiogenesis, anti-viral, anti-oxidant properties. Curcumin is selective towards neoplastic cell and it do not show toxicity in vivo. The present work consist of the studies of the synthesis and the evaluation of cytotoxic activity of a small focused library of symmetrical and non-simmetrical bis-arylidene-cycloalkanones and mono-arylidene-cycloalkanones. The aim of this work was to find a compound with a greater pro-apoptotic activity than G5. Besides a representative compound, 2f (2,6-bis(4-nitro-benzylidene)-4-hydroxy-cyclohexanone), was selected for further development and conjugated to PEG5000 to improve water solubility with the aim to start in vivo studies.
Uno screening, effettuato su cellule tumorali esprimenti una forma mutata di caspasi-9 con una piccola libreria di 57 composti inseriti nel "Challenged set" del “Developmental Therapeutics Program” (National Cancer Institute), ha portato alla identificazione di due molecole capaci di attivare un pathway apoptotico indipendente dall’apoptosoma: il chetosolfone G5 e l’analogo F6. G5 e F6 sono strutturalmente caratterizzati da un sistema coniugato α,β-insaturo e dalla presenza di due Cβ elettrofili, stericamente non ingombrati, una caratteristica che conferisce a questi composti la capacità di inibire le isopeptidasi dell'ubiquitina (DUBs). L’attività del farmacoforo 1,5-diariliden-3-oxo-1,4-pentadienile sarebbe da attribuire alla presenza dei due atomi di carbonio β fortemente elettrofili che conferiscono a queste molecole un’elevata e selettiva reattività verso i tioli cellulari piuttosto che verso i gruppi ossidrilici o amminici, questo lascia supporre che questi composti potrebbero essere privi degli effetti genotossici associati all’uso degli attuali chemoterapici. Il raggruppamento 1,5-diariliden-3-oxo-1,4-pentadienile è strettamente analogo alla struttura di un principio attivo naturale, la curcumina, pigmento di un intenso colore giallo-arancio, estratto dal rizoma di Curcuma Longa e noto già da tempo per le sue numerose attività biologiche, quali: antiflogistica, antiossidante, antivirale e soprattutto una considerevole attività antitumorale, attribuibile secondo alcuni studi all'inibizione della crescita cellulare, all’inibizione dell’angiogenesi e all'induzione dell'apoptosi. Il lavoro di dottorato, che viene qui presentato, è stato focalizzato sullo studio della sintesi e dell’ attività come attivatori della apoptosi in cellule neoplastiche di una piccola libreria di bis-arilidene-cicloalcanoni, simmetrici e asimmetrici, e mono-ariliden-cicloalcanoni analoghi di G5, al fine di ottenere una maggiore citotossictà e indagare le relazioni struttura-attività.. Inoltre il composto 2f, dotato di buona attività citotossica, è stato successivamente scelto per ulteriori sviluppi e coniugato al PEG5000 con lo scopo di aumentarne la solubilità in acqua e intraprendere gli studi in vivo.
XXII Ciclo
1981
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7

Fattor, Diana. « Stability and stabilization of industrial biocatalysts ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7778.

Texte intégral
Résumé :
2010/2011
Catalytic potential of enzymes is not fully exploited at industrial level and in chemistry due to technical difficulties and long time required for development of new processes. The main issues are: 1) The choice of the biocatalyst and the planning of reaction conditions still relies largely on empirical approaches, leading to long experimental studies; 2) There is still a short knowledge about molecular phenomena occurring in the microenvironment surrounding the enzyme and affecting biocatalyst efficiency; 3) The experimental systems are very complex and influenced by a wide number of experimental variables that cannot be monitored nor measured. This is particularly true when immobilized enzymes are considered. 4) Enzymatic preparations available on the market are not homogeneous in their components and protein content. The present study concerned the stability of both native and immobilized enzymes in aqueous media, aqueous/organic solvent mixture and low water media (either organic solvent or neat substrates). Moreover, thermal stability and effect of microwave radiations was also considered. The enzymes taken into consideration were lipases (hydrolases EC 3.1.1.3), and laccases (oxydoreductases EC 1.10.3.2). Aiming at overcoming the above mentioned limitations, this research was focused on the combination of experimental and computational approaches to: a) analyze enzyme stability under potentially denaturing conditions (polar solvents, temperature, microwave radiation) trying to identify by molecular descriptors for constructing correlation models (chapters 1 and 3); b) stabilize biocatalysts through immobilization while preserving catalytic activity (chapter 2); c) investigate experimentally the impact on immobilized biocatalysts of stabilizers and additives present in native crude enzyme preparations (chapter 4). The computational methods used for this study are Molecular Dynamic simulations (MD) that, together with experimental data, tried to explain changes in the protein structure and thus evaluate their stability in a given environment to better understand the behaviour of a biocatalyst. The study of the stability of native lipases in water-solvent monophasic systems has pointed out how the three lipases considered (Candida antarctica Lipase B, Pseudomonas cepacia Lipase and Rhizopus oryzae Lipase) behave very differently. Organic solvents for some extent can even mimic more efficiently the physiological environment of lipases, since in nature they are not working on soluble substrates in diluted aqueous solutions. When another class of enzymes, such as laccases, were taken into account, the stability of the different proteins (Laccase from Basidiomycetous Panus tigrinus, Lentinus strigosus and Steccherinum ochraceum) resulted to be strongly dependent on the extent of glycosylation and not only on the protein structure. Again, the heterogeneity of the glycosylation pathways makes the construction of any rational model, based on enzyme structures, quite a formidable task. These observations suggest that when working with native enzymes each protein must be studied separately even if belonging to the same class. Therefore, general conclusions and models are hardly applicable when planning stabilization strategies in biocatalysis. This is also important when designing immobilization protocols aiming at stabilizing enzymes. Furthermore, when these proteins are immobilized, not only structural features of the enzymes must be considered but also the formulation of the native biocatalyst resulted to play a key role in the performances of the resulting immobilized protein. Additives and stabilizers are often the predominant components in commercial enzymatic preparations which most often are produced for different scopes than biocatalysis (e.g. formulation of detergents) and inevitably severely affect the efficiency of immobilization strategies. Although, the purification of the protein would be desirable for avoiding the interference of non-enzymatic components. It must be underlined that the use of very crude enzymatic preparations is generally mandatory at industrial level when the cost of the immobilized biocatalyst has a major impact on the economic sustainability of the process. Therefore, enzymes to be applied in biocatalysis ideally should be fermented and processed according to tailored and optimized protocols, which enable the full exploitation of the catalytic potential of the enzyme upon immobilization. In conclusion, a larger and most efficient exploitation of enzymes in novel biotransformations will be feasible only through a strict integration of all the technological steps leading to the development of effective and economically competitive biocatalysts.
XXIV Ciclo
1984
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8

Federico, Stephanie. « Design, synthesis and biological investigations of new potent and selective adenosine receptor antagonists ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4504.

Texte intégral
Résumé :
2009/2010
RIASSUNTO L'adenosina è un nucleoside endogeno che svolge svariate funzioni sia in condizioni fisiologiche che patologiche interagendo con recettori accoppiati a proteine G denominati recettori adenosinici. Essi si suddividono in 4 sottotipi: A1, A2A, A2B ed A3. Antagonisti per i vari sottotipi recettoriali hanno un diverso possibile impiego terapeutico. L'antagonismo verso il sottotipo recettoriale A1 può essere sfruttato per avere un effetto diuretico ma anche in disordini cognitivi come la malattia di Alzheimer. Antagonisti A2A hanno un effetto neuroprotettivo e quindi sono utilizzabili in malattie neurodegenerative; inoltre esiste un accoppiamento negativo tra i recettori A2A e D2 della dopamina che negli ultimi anni ha spinto alla ricerca di potenti antagonisti verso il sottotipo recettoriale A2A per combattere la malattia di Parkinson. L'antagonismo verso A2B ha un possibile impiego nell'asma e nella terapia contro il diabete. Infine A3 antagonisti sono in grado di abbassare la pressione intraoculare, effetto utile nel casi di glaucoma. A ciò si aggiunge il fatto che tali recettori sono presenti in alte concentrazioni in molte linee tumorali, e recentemente molti sforzi sono stati fatti per comprendere il ruolo di tale sottotipo recettoriale nella genesi e progressione tumorale. In questo lavoro è stata svolta un'analisi approfondita sul ben noto nucleo pirazolo[4,3-e]1,2,4-triazolo[1,5-c]pirimidinico che in passato ha portato a potenti antagonisti soprattutto verso A2A e A3. Sono state investigate le posizioni 5, dove non erano mai state inserite catene non aventi un gruppo carbonilico, e la posizione 2 dove è stato introdotto un fenile variamente sostituito al posto del ben noto furano, che rappresenta invece un punto di instabilità metabolica. In aggiunta si è cercato di trovare un punto di ancoraggio per molecole fluorescenti in modo da ottenere delle sonde recettoriali con possibili applicazioni per la localizzazione e lo studio del recettore stesso. Essendo però tale nucleo di natura complessa che comporta una difficile sintesi ma anche poca solubilità in acqua, è stato applicato un approccio di semplificazione molecolare sintetizzando derivati di natura 1,2,4-triazolo [1,5- a]-1,3,5-triazinica, 1,2,4-triazolo[1,5-c]pirimidinica, stilbenica e stirilfuranica; in ordine di semplificazione crescente. Infine sono state realizzate alcune serie di composti come test set per la validazione di modelli computazionali che hanno lo scopo di predire contemporaneamente affinità e soprattutto selettività verso i vari sottotipi di recettori adenosinici. ABSTRACT Adenosine is an endogenous nucleoside which possesses different physio-pathological actions that were obtained through its interaction with G-protein coupled receptors, named adenosine receptors. There are four different adenosine receptors subtypes: A1, A2A, A2B and A3. Antagonists at the various adenosine receptor subtypes have a different possible therapeutic applications. A1 antagonists are useful as diuretic drugs but also in cognitive disorders such as Alzheimer's disease. A2A antagonists are neuroprotective and so they could be used for the treatment of neurodegenerative diseases. In addition, A2A adenosine receptor is negatively-coupled with D2 dopamine receptor, thus leading to the research of new potent antagonists towards A2A adenosine receptor subtype against Parkinson's disease. Antagonism at the A2B receptor have a possible application against asthma and diabete, while A3 antagonism was able to decrease intraocular pressure in patients with glaucoma. In addition, very recently, high levels of A3 adenosine receptors were found in several tumoral lines suggesting an active role of this receptor in tumor genesis and/or progression. In this work the well known pyrazolo[4,3-e]1,2,4-triazolo[1,5-c]pyrimidine scaffold, that led to potent adenosine receptor antagonists (especially towards A2A and A3 subtypes) was deeply investigated. At the 5 position were introduced amino moieties in order to investigate if affinity could be maintained even if a carbonyl group, which give potency at the A3 and A2B receptor, is lacking. Instead at the 2 position was introduced a phenyl ring instead of the always present furan ring that was metabolically unstable. In addition an anchoring point for fluorescent molecules was investigated in order to obtain receptor probes that could be used for localization and study of the adenosine receptors. The pyrazolo[4,3-e]1,2,4-triazolo[1,5-c]pyrimidine scaffold possesses a complex nature that leads to a complex synthesis route and a low water solubility, thus it is evident the usefulness of a molecular simplification approach. For this reason we have synthesised 1,2,4-triazolo [1,5- a]-1,3,5-triazine, 1,2,4-triazolo[1,5-c]pyrimidine, stilbene and stirylfurane derivatives. In conclusion few series were synthesised as test sets for the validation of computational approaches to predict both selectivity and affinity at the various adenosine receptor subtypes.
XXIII Ciclo
1983
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9

Laboragine, Valeria. « Inibitori peptidomimetici e non peptidici di proteasi aspartiche ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10978.

Texte intégral
Résumé :
2013/2014
Le proteasi aspartiche svolgono un ruolo fondamentale in molti processi patologici ed è per questo che vengono considerati degli ottimi target terapeutici verso cui dirigere la ricerca per la cura delle malattie. Sia l’AIDS (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita) che il morbo di Alzheimer sono regolate da una proteasi aspartica la cui inibizione rappresenta, quindi, un importante obiettivo farmacologico, che coinvolge diverse discipline. Nel campo della chimica organica, la ricerca di efficaci inibitori peptidomimetici ha dato impulso allo sviluppo di nuove metodologie per la sintesi stereoselettiva di composti contenenti più centri chirali in forma enantiomericamente pura, da usarsi come isosteri dipeptidici per la sintesi di inibitori reversibili. Di recente vengono sviluppate sempre di più nuove molecole di tipo non peptidico, che siano in grado di massimizzare le interazoni nel sito attivo della proteasi, che abbiano una migliore biodisponibilità, ma soprattutto che siano semplici da sintetizzare. La prima parte di questa tesi di dottorato è stata rivolta alla sintesi di inibitori peptidomimetici dell’HIV-proteasi. Nel capitolo 2 viene descritta la sintesi di un isostere diamminodiolico del dipeptide Phe-Pro con stereochimica (S,R,R,S). Oggetto del capitolo 3 sono invece gli isosteri diamminoalcolici del dipeptide Phe-Pro: nella prima parte del capitolo è descritta la sintesi di un isostere in cui l’anello della prolina è sostituito da un triazolo ed è presentata la valutazione della sua attività biologica attraverso un saggio fluorimetrico; la seconda parte del capitolo è invece dedicata ad una metodologia per l’ottenimento di isosteri monoidrossietilenici Phe-Pro mediante l’utilizzo della ciclizzazione intramolecolare di aza-Michael organocatalizzata diastereoselettiva. Il capitolo 4 è dedicato alla sintesi di allilammine chirali derivate da aminoacidi, utili nella sintesi di isosteri dipeptidici con l’ausilio della reazione di Ring Closing Metathesis (RCM). L’ultima parte della tesi è invece rivolta alla sintesi di inibitori non peptidici della β-secretasi, proteasi aspartica coinvolta nei processi degenerativi che portano al Morbo di Alzheimer. Nel capitolo 5 è presentata la sintesi e la valutazione dell’attività biologica di una serie di diidropirimidine ottenute tramite la reazione multicomponente di Biginelli e che presentano valori di IC50 dell’ordine del micromolare.
XXVI Ciclo
1982
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10

Padovese, Elena. « Effetti di strutturazione di materiali a base di ossidi inorganici di tipo "aerogel-like" per applicazioni nel campo di catalisi e di isolanti ad alta efficienza ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3607.

Texte intégral
Résumé :
2008/2009
La nanotecnolgia rappresenta un approccio innovativo nella produzione industriale, e riflette la generale tendenza alla miniaturizzazione ed alla riduzione di scala che prevale in tutte le discipline tecnologiche. Da qui il crescente interesse nei confronti nei nanomateriali e dei materiali nanostrutturati, per lo sviluppo di nuovi prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati, che trovino applicazione in molteplici campi. La presente tesi di dottorato si focalizza sulla strutturazione di nanomateriali a base di ossidi metallici, per applicazione come isolanti termici ad alta efficienza o come fotocatalizzatori per l’abbattimento dei contaminanti da acque reflue. Nel campo dell’isolamento termico l’attenzione è stata focalizzata su Al2O3, che, grazie alle sue uniche proprietà di tessitura, ottenute attraverso una scelta accurata delle condizioni di sintesi, ed all’elevata stabilità termica, è un materiale di forte interesse in questo settore. Lo studio della capacità di termoisolamento di materiali a base di Al2O3 ha rivelato una diretta dipendenza della diffusività e conducibilità termica dalle caratteristiche di tessitura e di struttura dell’ossido, e dalle modalità di agglomerazione. I risultati più rilevanti riscontrati nell’ambito di questa parte del lavoro hanno dato chiare indicazioni su come disegnare la strutturazione di un isolante termico: 1. Effetto del tipo di porosità presente (macro vs meso): l’aumento del contenuto di macropori determina una diminuzione del valore di conducibilità, ed un aumento di diffusività, per cui il materiale è un isolante termico; al contrario, la presenza di mesopori favorisce la riduzione di entrambe conducibilità e diffusività, per cui il materiale presenta proprietà di termoisolamento ed antifiamma; 2. Effetto del diametro dei mesopori: la modulazione del diametro dei pori a parità di porosità nella regione meso, non incide sul valore di diffusività e conducibilità, con il vantaggio che, aumentando le dimensioni, aumentano anche la resistenza meccanica e la stabilità termica dell’ossido; 3. Effetto della morfologia di assemblaggio del materiale: incide pesantemente sul trasferimento dell’energia termica, poiché, in presenza di un agglomerato hard, la conducibilità e la diffusività aumentano di un ordine di grandezza. Ne consegue che un materiale termoisolante deve avere una struttura mesoporosa ed una morfologia di tipo aggregato soft. È necessario evitare la sinterizzazione massimizzando la stabilità termica (es. mesopori di “grandi” dimensioni). L’analisi dei parametri di sintesi ha rilevato degli effetti sui processi di aggregazione nel gel-precursore di aerogel, che indirizzano in modo critico le proprietà di tessitura del prodotto finale. Il lavoro di ottimizzazione di tali parametri ha permesso di realizzare lo scale up del processo su scala industriale, da 200 ml a 25 L. La seconda parte del lavoro di ricerca è stata focalizzata sull’abbattimento di contaminanti da percolato di discarica ed acque reflue industriali per via fotocatalitica mediante processi di tipo APO. L’APO, ed in particolare la fotocatalisi con TiO2, si è rivelato un metodo di trattamento di efficiente e versatile, rendendo possibile la decontaminazione di reflui di diversa natura, dalle acque industriali al più complesso percolato di discarica. Lo studio dei parametri di processo ha evidenziato, infatti, la possibilità di semplificare il trattamento, a seconda della complessità del refluo. Mentre nel caso del percolato di discarica è necessario un trattamento con il sistema TiO2/H2O2/UV, in quanto, in virtù del sinergismo H2O2/UV, il contenuto di COD può essere portato a livelli sufficientemente bassi da permettere il completamento della decomposizione per via fotocatalitica, il refluo proveniente dall’industria del sughero può essere depurato anche in presenza del solo agente ossidante, o per effetto della sola fotocatalisi, in tempi ragionevolmente brevi rispetto a quelli richiesti per la decontaminazione del percolato (8 ore). In entrambi i casi è probabilmente possibile aumentare l’efficienza del processo mediante un’alimentazione in continuo dell’agente ossidante. In particolare, con l’approfondimento dello studio del trattamento delle acque industriali nel prototipo di reattore pilota, e la modellizzazione matematica dell’abbattimento dei contaminanti, è stato possibile parametrizzare il processo sulla base delle dimensioni dell’impianto, confermandone la fattibilità ed applicabilità su scala industriale.
XXII Ciclo
1980
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