Thèses sur le sujet « SCIENZE AMBIENTALI (AMBIENTE FISICO,MARINO E COSTIERO) »

Pour voir les autres types de publications sur ce sujet consultez le lien suivant : SCIENZE AMBIENTALI (AMBIENTE FISICO,MARINO E COSTIERO).

Créez une référence correcte selon les styles APA, MLA, Chicago, Harvard et plusieurs autres

Choisissez une source :

Consultez les 27 meilleures thèses pour votre recherche sur le sujet « SCIENZE AMBIENTALI (AMBIENTE FISICO,MARINO E COSTIERO) ».

À côté de chaque source dans la liste de références il y a un bouton « Ajouter à la bibliographie ». Cliquez sur ce bouton, et nous générerons automatiquement la référence bibliographique pour la source choisie selon votre style de citation préféré : APA, MLA, Harvard, Vancouver, Chicago, etc.

Vous pouvez aussi télécharger le texte intégral de la publication scolaire au format pdf et consulter son résumé en ligne lorsque ces informations sont inclues dans les métadonnées.

Parcourez les thèses sur diverses disciplines et organisez correctement votre bibliographie.

1

LANCI, LUCA. « CAMBIAMENTI AMBIENTALI IN SEDIMENTI MARINI RECENTI E PALEOGENICI STUDIATI TRAMITE LE PROPRIETA' MAGNETICHE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12934.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
2

GERIN, RICCARDO. « OTTICA MARINA ED ALTRE TECNOLOGIE AVANZATE APPLICATE ALLO STUDIO AMBIENTALE NELL'ADRIATICO SETTENTRIONALE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12180.

Texte intégral
Résumé :
2003/2004
A partire dal gennaio 2002 è iniziato un progetto di ricerca finalizzato all'acquisizione e all'analisi di parametri bio-ottici nel Golfo di Trieste. I campionamenti sono stati realizzati grazie al rapporto di collaborazione tra il Laboratorio di Biologia Marina di Trieste (LBM) e la Riserva Naturale Marina di Miramare (RNMM). Le linee di ricerca riguardano: misure di produzione primaria in situ ed in laboratorio allo scopo di confrontare i diversi metodi impiegati per la stima della produzione pnmana; confronto tra misure di abbondanza planctonica ottenute mediante conteggio al microscopio e Optical Plankton Counter; misure di parametri chimico-fisici della colonna d'acqua. Tali misure vengono effettuate durante le uscite relative agli esperimenti di produzione primaria in situ ed in caso di particolari eventi biologici e/o fisici in ulteriori crociere. La ricerca viene svolta in acque costiere in una stazione ben definita all'interno dell'area protetta. Molti sono i parametri monitorati che potranno essere sfruttati anche per futuri lavori di ricerca. Personalmente mi occupo della parte ottica-radiometrica di competenza della Riserva Naturale Marina di Miramare partecipando attivamente alle campagne oceanografiche di misura ed elaborando successivamente i dati raccolti. I parametri ottici vengono monitorati mediante una strumentazione scientifica di qualità e di concezione moderna (radiometri selettivi) che indaga su sette lunghezze d'onda entro la banda del visibile e che solitamente viene utilizzata in acque oceaniche per la taratura dei radiometri satellitari. Nel Golfo di Trieste tale strumentazione radiometrica è stata adottata in precedenza solo per la mia Tesi di Laurea e tutt'oggi non gode di un largo impiego nell'ambiente costiero. Nel corso dell'attività di Dottorato si è approfondito il lavoro già svolto durante la suddetta Tesi testando con accuratezza i radiometri e prestando particolare attenzione soprattutto al trattamento dei dati in modo da offrire un modello riproducibile in future applicazioni. Dal novembre 2002 collaboro con l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale ( OGS) per commisurare i dati radiometrici raccolti in situ con quelli di tipo satellitare e per l'applicazione di una nuova tecnologia avanzata per lo studio delle correnti superficiali nell'Adriatico Settentrionale mediante radar ad alta frequenza. Questa Tesi è suddivisa in tre parti ove vengono esposti i lavori svolti nei campi inerenti alla radiometria in situ, alla radiometria satellitare ed infine all'impiego della tecnologia radar. La radiometria in situ costituisce la parte più cospicua di questo lavoro di Tesi di Dottorato. Dopo una breve descrizione fenomenologica della luce e delle sue interazioni con l'atmosfera e con l'acqua, si definiscono i parametri fisici che caratterizzano il campo radiante e le proprietà ottiche intrinseche ed apparenti. Successivamente viene illustrata la strumentazione impiegata in questa ricerca dai due enti coinvolti (LBM e RNMM), viene spiegata la metodologia di campionamento seguita, con particolare attenzione alla parte ottica, ed infine viene inquadrata l'area di studio. Nel quarto capitolo viene presentata la tecnica di compressione delle variabili oceanografiche, denominata Empirica! Orthogonal Functions (EOF), che ho avuto modo di apprendere durante la collaborazione con l' OGS. Utilizzando tale tecnica sul data-set ottico raccolto nel biennio 2000-2001 durante la mia Tesi di Laurea, si è dimostrato che la stazione oggetto di questo studio non è esclusiva, ma è invece caratterizzata da acque tipiche del Golfo di Trieste che si ritrovano anche più al largo. Nei due capitoli successivi viene illustrato il lavoro di elaborazione ed analisi effettuato sui dati radiometrici selettivi, dimostrando l'inefficacia del programma fornito assieme alla strumentazione radiometrica (Prosoft 6. 3d) se applicato ad acque basse. Si suggerisce una soluzione alternativa definendo il software da me programmato in ambiente Matlab e se ne mostrano i risultati. Si presentano ancora gli andamenti annuali dei parametri indagati e le possibili correlazioni con altre variabili a disposizione quali irradianze PAR, temperatura, salinità, clorofilla a, produzione primaria e profondità di scomparsa del disco Secchi. Le comparazioni hanno dimostrato un buon accordo tra i parametri, ma molti sono ancora gli aspetti da indagare. La ricerca e la collaborazione tra i locali enti continua proprio in questa direzione. La Tesi si conclude analizzando la possibile applicazione nell'area dell'Adriatico Settentrionale di altre due tecnologie avanzate: la radiometria satellitare ed il telerilevamento mediante radar. Nel settimo capitolo si evidenziano i primi risultati ottenuti, grazie alla collaborazione con l' OGS, dai confronti tra i dati radiometrici da satellite e quelli monitorati in situ. La taratura satellitare si è rivelata di difficile realizzazione a causa della morfologia altamente variabile della costa dell'Adriatico Settentrionale e della difficile predizione della stratificazione atmosferica in vicinanza della costa stessa. Nell'ultimo capitolo viene esposto lo studio di fattibilità della tecnologia radar ad alta frequenza presso le coste del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Ad aprile 2003 ho partecipato all'installazione di un sito radar tipo Codar presso Ancona in collaborazione con la Naval Postgraduate School di Monterey (California). Ho potuto studiare il funzionamento teorico di questi strumenti, la loro realizzazione ingegneristica, le metodologie operative ed il relativo software per la gestione e l'analisi dei dati. Sono stati messi in evidenza i pregi ed i limiti della strumentazione e si è studiata la possibilità di sfruttare questa tecnologia, con le dovute cautele, per il costante monitoraggio delle correnti marine superficiali e lo stato del mare, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche come valido aiuto per la navigazione e per la protezione civile. Infine, alla tesi si allega un pratico Cd-Rom di facile consultazione, dove si possono ritrovare tutti i dati ottici-radiometrici grezzi ed elaborati, i programmi creati ed una serie di fotografie che ritraggono l'attività di ricerca in situ.
XVII Ciclo
1976
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
3

CAPELLO, MARCO. « RAPPORTI TRA STRUTTURA FISICA E FLUSSI DI MATERIALE SOSPESO IN AREE DI FORMAZIONE DI ACQUE DI FONDO (MARE DI ROSS ANTARTIDE) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1997. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12747.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
4

DEL, NEGRO PAOLA. « CARATTERISTICHE PALEOAMBIENTALI IN AMBIENTI MARINI ATTUALI E SUBATTUALI MEDIANTE L'USO DI MARKERS BIOGEOCHIMICI ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12536.

Texte intégral
Résumé :
2002/2003
Le interazioni che avvengono nella regione antartica tra atmosfera, ghiaccio, oceano e comunità biologiche influenzano il sistema globale attraverso meccanismi a feedback che coinvolgono i cicli biogeochimici, la circolazione oceanica profonda, il trasporto atmosferico dell'energia e degli agenti inquinanti e le variazioni nel bilancio di massa glaciale (SCAR, 1992). Lo studio del ghiaccio e del sedimento consentono pertanto di ricostruire sia le sequenze climatiche sia, dall'analisi delle loro caratteristiche, ottenere informazioni paleoambientali, importanti in particolare per valutare le modificazioni del ciclo del carbonio. Vista l'assenza di input antropici e continentali, la matrice organica sedimentata risulta tipicamente marina ed è riconducibile ai processi biologici che avvengono lungo la colonna d'acqua. E' possibile ipotizzare, pertanto, che le caratteristiche composizionale della sostanza organica sedimentata, stante i processi di degradazione e rimineralizzazione, riflettano le condizioni ambientali nelle quali c'è stata la produzione. Va comunque rimarcato che, per quanto riguarda l'ambiente antartico, sono note le quantità complessive di sostanza organica nelle successioni plioquaternarie, ma quasi esclusivamente in termini di Carbonio organico e Silice biogenica, mentre sono scarsissimi le informazioni sulla composizione qualitativa. Alla luce di queste osservazioni il lavoro della presente tesi è stato rivolto allo studio della composizione biopolimerica della sostanza organica dei sedimenti profondi antartici al fine di: 1. ottenere informazioni sulla distribuzione, lungo il sedimento della frazione labile (proteine, lipidi, carboidrati) maggiormente legata ai processi biologici della colonna d'acqua 2. definire se le quantità in gioco sono associate a processi di produzione o a processi di preservazione/degradazione 3. verificare la possibilità di utilizzare le informazioni derivanti dalla composizione biochimica della sostanza organica in chiave paleoambientale Il protocollo sperimentale ha previsto il campionamento di due carote di sedimento nel bacino Joides, caratterizzato da elevati tassi di sedimentazione di materiale biogenico, a loro volta legati ad un intenso sviluppo delle comunità planctoniche. Vista l'ipotesi di partenza che prevedeva di utilizzare parametri di tipo biologico, generalmente non considerati nel corso degli studi sedimentologici, si è scelto di operare in un'area in cui esistesse una conoscenza pregressa dei processi sedimentari e dell'evoluzione paleoambientale. Le carote studiate sono state raccolte nel corso di due diverse campagne oceanografiche effettuate nell'ambito del Progetto Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA). Durante la XVI campagna (2000-2001) è stata campionata la carota ANTAOl-07 mentre la carota ANTA03-01 è stata prelevata nel corso della XVIII spedizione (2002-2003). Il campionamento è stato realizzato utilizzando un carotiere a gravità da 2.3 ton, con diametro interno di 90 mm. Dopo la misura della suscettività magnetica, le carote sono state sezionate, descritte, fotografate e successivamente campionate. I campioni sono stati sottoposti alle classiche analisi sedimentologiche (contenuto d'acqua, granulometria, carbonio organico, azoto totale) e alla determinazione dei biopolimeri (lipidi, proteine, carboidrati). Sulla carota ANTA03-01 è stata eseguita, immediatamente dopo il campionamento, anche la valutazione dell'attività enzimatica degradativa. Dai risultati ottenuti emerge che la sostanza organica di origine biogenica, sedimentata nel bacino Joides, è costituita, per circa il 10%, da biopolimeri (lipidi, proteine, carboidrati), concentrazioni analoghe a quanto rilevato in sedimenti profondi di zone temperate fortemente produttive. Questa frazione labile della sostanza organica subisce degli intensi processi di degradazione ai livelli superficiali che si protraggono fino a profondità che raggiungono il metro. La presenza di ossigeno nelle acque di fondo facilita, infatti, la degradazione aerobia diminuendo la preservabilità delle molecole più labili. La sostanza organica sedimentata risulta fortemente arricchita in materiale proteico che viene velocemente degradato poiché rappresenta un'importante serbatoio di azoto. Il rapporto C/N, infatti, aumenta con la profondità del sedimento a dimostrazione del progressivo arricchimento in carbonio. / I maggiori input di materiale organico corrispondono ai periodi di optimum climatico e si riflettono in una più elevata concentrazione della frazione biopolimerica. I carboidrati, in particolare, sembrano fornire buone indicazioni paleoambientali facendo ipotizzare una loro possibile utilizzazione come marker. Questa frazione organica risulta diversamente concentrata nelle due carote studiate sottolineando le differenze esistenti tra il bacino Joides settentrionale e quello meridionale. · I risultati ottenuti rappresentano un primo approccio ad una problematica estremamente complessa che riguarda, nell'aspetto più ampio, il ciclo del carbonio ed il ruolo del sedimento come serbatoio sia di molecole organiche che, e forse soprattutto, di informazioni pregresse.
XV Ciclo
1959
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
5

DINI, MICHELA. « APPLICAZIONE DI TECNICHE ISOTOPICHE (ISOTOPI STABILI E RADIOATTIVI) A STUDI PALEOAMBIENTALI IN AREE ANTARTICHE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12907.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
6

SALVI, GIANGUIDO. « EVENTI NELL'EVOLUZIONE TARDO-QUATERNARIA DI UN SETTORE DEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) E DELLO STRETTO DI MAGELLANO (RAMO PACIFICO) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12906.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
7

TOLOTTI, RAFFAELLA. « ASSOCIAZIONI A DIATOMEE POLARI NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) : RICOSTRUZIONE PALEOAMBIENTALE E PALEOCLIMATICA ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2002. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12969.

Texte intégral
Résumé :
2000/2001
Questo studio sperimentale si inserisce nel Progetto Nazionale Ricerche in Antartide (Area tematica Global Change) con lo studio di carote di bacino e/o di piattaforma continentale finalizzato all'ottenimento di informazioni paleoclimatiche mediante analisi multidisciplinari (sedimentologiche, mineralogiche, micropaleontologìche, geochimiche, ecc.). L'indagine è rivolta, in particolare, agli aspetti micropaleontologici corrispondenti ai taxa silicei e la loro risposta conservativa e sedimentaria relativa ai cambiamenti climatici e quindi ambientali (come per esempio l'espansione ed il ritiro della West Antarctic Ice Sheet cioè la Calotta Orientale Antartica) occorsi nel Mare di Ross durante il tardo Quatemario, in particolare relativi alle finestre temporali degli ultimi 250-300000 e 30-40000 anni. Sono state a tal fine scelte tre carote prelevate durante spedizioni antartiche svoltesi in anni differenti e relative alle sporacitate finestre temporali e ad ambienti bacinali esterni (ANTA91 8 ed ANTA99 23) ed interni alla piattaforma continentale (ANTA96 5bis). L'opportunità di studiare i taxa silicei deriva dal fatto che questi risultano essere gli organismi che maggiormente contribuiscono alla genesi dei sedimenti antartici e periantartici. La sedimentazione biogenica silicea in Antartide è infatti rappresentata in gran parte da sedimenti diatomacei con un contributo secondario di radiolari e spicole di spugne. E' strettamente correlata alla produttività primaria delle masse d• acqua; quest'ultima è legata a situazioni ambientali particolari quali l'estensione della copertura glaciale ed i sistemi frontali oceanici e periantartici, dovuti a scontro di masse d'acqua con caratteristiche chimico-fisiche differenti, tutti fattori influenzati dalle variazioni climatiche antartiche. Lo studio proposto Si è rivolto principalmente all'analisi del potenziale paleoclimatico e biostratigrafico delle diatomee e delle loro associazioni applicato ad alcune carote raccolte in ambienti bacinali esterni ed interni alla piattaforma continentale nel Mare di Ross ed ha approfondito alcuni strumenti di indagine quali indici biotici relativi a determinate specie. Le diatomee e le relative associazioni, esaminate nelle carote, si sono dimostrate particolarmente sensibili alle variazioni ambientali e climatiche, nonostante siano forme generalmente planctonche e soggette a possibili fenomeni di disturbo, quali trasporto laterale con selezione, dissoluzione selettiva ecc. Sono legate infatti a masse d'acqua con caratteristiche chimico-fisiche ben determinate; è stato infatti notato che, in certe condizioni ambientali, possono dare origine ad intense fasi vegetative (blooms vegetativi) che marcano zone caratterizzate da particolari condizioni ambientali o idrodinamiche. Ciò le rende indispensabili nella comprensione dell'evoluzione temporale ambientale (segnale di paleoproduttività della colonna d'acqua), delle facies sedimentarie e degli equilibri idrodinamici antartici. Questo studio ha messo in evidenza la risposta data dalle dalle microflore silicee ai cambiamenti climatici, che si rivelata particolare in quanto legata a variabili biotiche ed in alcuni casi in anticipo rispetto a quella data da altri strumenti di indagine ambientale (ad esempio i parametri sedimentologici, ecc ... ). Le diatomee hanno dimostrato inoltre di essere raffinati strumenti biostratigrafici, indispensabili per caratterizzare le diverse facies sedimentarie, anche se soggette a rimaneggiamento, suggerendo un loro utilizzo per la comprensione delle dinamiche di trasporto ed erosione glaciale. l principali obiettivi conseguiti mediante il presente lavoro sono di seguito riassunti: -Inizialmente si è resa necessaria una approfondita ricerca bibliografica sull'Antartide in generale e sul Mare di Ross in particolare, sulla tassonomia ed ecologia delle diatomee; questo ha consentito di evidenziare lo stato attuale degli studi relativi all'utilizzo delle diatomee quali indicatori biostratigrafici ed ambientali; sono stati quindi identificati i taxa presenti e le specie di diatomee antartiche più significative ai fini di una interpretazione paleoambientale e paleoclimatica. -Sono state definite le metodologie di preparazione dei sedimenti, di studio dei campioni e di analisi dei dati anche con l'ausilio di tecniche dr analisi matematica e statistica quali la correlazioni tra specie, la Cluster Analysis e lo sviluppo di procedure automatiche su programmi applicativi Excel ed R. -Sono state approfondite problematiche tassonomiche ed ambientali relative ad alcune forme. Tali approfondimenti, assieme all'utilizzo del SEM, hanno reso possibile ottenere un valido supporto iconografico e produrre un manuale tassonomico corredato di informazioni ecologiche attuali, biostratigrafiche e fotografie al microscopio ottico e al SEM (Appendice tassonomica). - Sono stati identificati alcuni taxa miocenìci e plio-pleistocenici rimaneggiati, probabilmente legati a trasporto da zone di piattaforma continentale più interne dovuto alle lingue glaciali (Ice streams) in fasi di avanzamento. Sono inoltre state selezionate alcune specie caratterizzate da particolari va lenze ambientali per la definizione degli indici biotici, ad esempio relativi al rapporto tra taxa del Genere Fragilariopsis ed Eucampia (Eucampia lndex). -Dallo studio qualitativo e quantitativo si è potuto ricavare una stima delle modalità ed intensità di risposta sia delle associazioni che degli indici biotici. l dati ottenuti, pur avendo attualmente valore sperimentale e preliminare, hanno comunque evidenziato gli indici biotici proposti quali strumenti biostratigrafici validi e sensibili anche in biostratigrafia. E' stato possibile infatti analizzare il toro andamento anche rispetto ad altri parametri con i quali sono risultati in accordo, confermando cosl la loro utilità ai fini di una ricostruzione evolutiva della situazione di copertura glaciale, soprattutto olocenica. Significativo si è rivelato anche il rapporto Chaetoceros sporelcellule vegetative, soprattutto se confrontato ai segnali di alta produttività ricavati da altri parametri. l dati ottenuti hanno indotto a considerare la presenza di forme dal basso tasso di silicizzazione (quali le cellule vegetative di Chaetoceros ma anche F. cylindrus), sintomatica di un miglioramento dello stato di conservazione della frazione silicea lungo la colonna d'acqua e nel sedimento. - Dai dati ed osservazioni ottenute ed in base all'integrazione con altri studi multidisciplinari inerenti le stesse carote, è stata quindi proposta una interpretazione paleoambientale e paleoclimatica relativa alle fluttuazioni climatiche del tardo Quaternario. In particolare sono state evidenziate chiare variazioni nelle associazioni relative agli ultimi 7 (8) cicli climatici (finestra temporale dei 250-300000 anni B.P.) ed ai 30-40000 anni B.P. in ambienti bacinali di piattaforma interna ed esterna alla scarpata continentale. - Infine sono stati individuati, in base al segnale di paleoproduttività relativa e delle associazioni, eventi pa1eoambientali e biostratigrafici di ampia portata: un intervallo corrispondente allo stage isotopico Se (Eemiano) relativo ad un 'optimum climatico', già noto in bibliografia come molto simile alla situazione climatica attuale una fase di chiaro passaggio a condizioni interglaciali oloceniche. Questi due eventi hanno permesso di definire eventi precisi e validi per fromulare una proposta di correlazione biostratigrafica tra le carote. Questo studio può quindi fornire un contributo alla interpretazione paleoambientale e paleoclimatica in particolare delle aree bacinali interne ed esterne del Mare di Ross e più in generale delle aree periantartiche dell'Oceano Meridionale. Le ricerche svolte hanno inoltre evidenziato particolari tematiche e problematiche tuttora aperte e non del tutto chiare o sufficientemente rilevate in bibliografia. Data l'importanza che esse assumono, potrebbero essere suggeriti alcuni spunti per future indagini, in particolare: un approfondimento sulle problematiche tassonomiche ed interpretative relative ad alcuni taxa (ad esempio E. antarctica, Chaetoceros spp. e Paralia sulcata) dei quali non è stato ancora definito il valore ambientale attuale e biostratigrafico da applicare in ambiente antartico; - un approfondimento integrato con dati multidisciplinari delle eventuali dinamiche neritiche ed oceaniche di circolazione e di sedimentazione del biogeno siliceo nei vari siti di interesse, durante le sopracitate finestre temporali . In particolare sarebbe utile approfondire il rapporto tra la presenza e la differente diffusione spaziotemporale di determinate specie di mare aperto e/o oceaniche (ad esempio F. kerguelensis) e gli influssi di Circumpolar Deep Water con apporti di acque temperate (North Atlantic Deep Water- NADW) durante i periodi di optimum climatico interglaciale (Bonn et al., 1994); dei chiarimenti sull'influenza della circolazione e correnti sul trasporto verticale e laterale del particellato biogenico (vedi rapporto Chaetoceros!Eucampia) e sulla sua conservazione lungo al colonna d'acqua e nel sedimento (vedi problematiche relative al rapporto tra Chaetoceros sporelcellule vegetative, alla conservazione o asporto selettivo di F. cylindrus ed all'apporto selettivo dei fecal pellets nel sedimento).
XIII Ciclo
1965
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
8

CAFFAU, MAURO. « EVOLUZIONE DELLE PALEOCOMUNITA' PLANCTONICHE (NANNOFOSSILI CALCAREI E FORAMINIFERI PLANCTONICI) IN RELAZIONE ALLE VARIAZIONI CLIMATICHE E AMBIENTALI TARDO QUATERNARIE NELL'AREA POSTA A NORD-OVEST DELLO STRETTO DI MAGELLANO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1999. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12455.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
9

SALVI, CRISTINAMARIA. « EVENTI PALEOCLIMATICI TARDO-QUATERNARI IN AREE MEDITERRANEE (MAR ADRIATICO), ANTARTICHE (MARE DI ROSS) E PERIANTARTICHE (STRETTO DI MAGELLANO) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2000. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12729.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
10

PROTOPSALTI, IOANNA. « APPLICAZIONE DI UN METODO AUTOMATICO PER L'ESTRAZIONE DI PARAMETRI MORFOMETRICI DA CLASTI PER UNA CARATTERIZZAZIONE DI SEDIMENTI MARINI E COSTIERI ANTARTICI IN OTTICA PALEOAMBIENTALE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1997. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13041.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
11

COVELLI, STEFANO. « CICLO BIOGEOCHIMICO DEL MERCURIO NEI SEDIMENTI DEL GOLFO DI TRIESTE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1997. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12758.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
12

CIRILLI, STEFANO. « MORFODINAMICA DELLE BOCCHE LAGUNARI E POTENZIALITA' DI UTILIZZO DELLE SABBIE DI DELTA DI RIFLUSSO COME CAVE DI PRESTITO PER INTERVENTI DI RIFLUIMENTO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13118.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
13

CUPPARI, ANGELA. « CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI CANYONS SOTTOMARINI DEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE : LORO GENESI, EVOLUZIONE E RUOLO NELLA DINAMICA AMBIENTALE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2003. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12525.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
14

CAVALLO, CARLO. « DINAMICA E TENDENZA EVOLUTIVA DEL LITORALE TRA VARAZZE E GENOVA-VOLTRI (LIGURIA OCCIDENTALE) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1994. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12871.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
15

FORTE, EMANUELE. « SPERIMENTAZIONE DI METODI GEOFISICI INTEGRATI PER L'ANALISI E LA CARATTERIZZAZIONE DI ACQUIFERI IN AMBIENTI COSTIERI ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12338.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
16

CABRAS, MASSIMILIANO. « LA SEDIMENTAZIONE SUI FONDALI MERIDIONALI DELL' ARCIPELAGO DI LA MADDALENA (SARDEGNA SETTENTRIONALE) IN RAPPORTO ALLA LORO MORFOLOGIA E ALLA DISTRIBUZIONE SPAZIALE DELLE PRATERIE DI POSIDONIA OCEANICA ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12337.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
17

Acquavita, Alessandro. « Mobilità delle specie mercurifere in condizioni naturali e perturbate in ambiente lagunare ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7347.

Texte intégral
Résumé :
2010/2011
L’areale marino costiero del Friuli Venezia Giulia, posto nel settore più orientale del Nord Adriatico, è conosciuto come uno degli ecosistemi maggiormente contaminati dal mercurio (Hg), metallo pesante il cui notevole interesse è legato alla spiccata neuro-tossicità della sua forma organica, il metilmercurio (MeHg), e alle sue proprietà di bioaccumulo e biomagnificazione lungo l’intera catena trofica fino all’uomo (Fitzgerald & Clarkson, 1991; Clarkson, 1999). La fonte principale di Hg è dovuta agli apporti di materiale particellato veicolati nel Golfo di Trieste dal Fiume Isonzo. Quest’ultimo riceve nel suo percorso il risultato del dilavamento cui sono soggetti i terreni e le sponde fluviali dell’area di Idrjia (Slovenia occidentale) da parte di un suo affluente, il torrente Idrijca. In questo sito, per un periodo di circa 500 anni, è stata condotta una intensa attività estrattiva che si è protratta fino alla definitiva chiusura dell’impianto avvenuta nel 1996. E’ stato stimato che circa cinque milioni di tonnellate di roccia mineralizzata a Hg, essenzialmente cinabro (HgS), e, in misura minore, Hg nativo, siano state scavate e che solo una percentuale pari al 73% del Hg ad esse associato (105.000 t) sia stato recuperato (Gosar et al., 1997). Il rimanente è stato dissipato nell’ambiente a causa della scarsa efficienza dei processi di arrostimento del minerale: in conseguenza alle ricadute umide, i terreni circostanti, le sponde e i sedimenti del torrente Idrijca sono stati fortemente contaminati. L’influenza del Hg proveniente dal distretto minerario si è estesa all’intero Golfo di Trieste ma anche all’adiacente Laguna di Marano e Grado. A livello della Laguna, nel periodo compreso tra il 1949 e il 1984, si è sommato un ulteriore apporto dovuto allo scarico incontrollato di reflui contenenti Hg, utilizzato come catalizzatore, nell’impianto cloro-soda sito nella zona industriale di Torviscosa (Daris et al., 1993). Nella Laguna di Marano e Grado la contaminazione è stata accertata sia nei sedimenti sia lungo l’intera catena trofica (Mattassi et al., 1991; Brambati, 1997, 2001) ponendo così seri quesiti sul comportamento (ciclo biogeochimico, trasformazione, bioaccumulo e biomagnificazione) di questo metallo in un ecosistema dove coesistono importanti attività economiche per la popolazione ivi residente (pesca, acquacoltura, venericoltura e turismo). In particolare, come riportato in Sladonja et al. (2011), a partire dagli anni ’80, è stata introdotta in laguna la vongola filippina (Tapes philippinarum), che ha colonizzato quasi tutto l’areale risalendo il cuneo salino dei sistemi fluviali per circa 4-5 km. L’attività di raccolta e commercializzazione del bivalve rappresenta una notevole risorsa a supporto dell'economia delle popolazioni locali, tuttavia è fortemente subordinata alle condizioni ambientali e sanitarie dell’ambiente derivanti dalla condizioni chimico-fisiche dei suoi fondali. In questo contesto, a partire dal mese di Giugno 2008, è stato avviato un progetto di ricerca a carattere multidisciplinare denominato “MIRACLE” (Mercury Interdisciplinary Research for Appropriate Clam farming in Lagoon Environment), coordinato dal Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Trieste (responsabile scientifico dott. Stefano Covelli) e finanziato dal Commissario Delegato per l’emergenza Socio-Economico Ambientale determinatasi nella laguna di Marano Lagunare e Grado. Il progetto ha visto il coinvolgimento di numerose unità operative istituzionali e scientifiche a livello nazionale (ARPA FVG, OGS-BIO, ISPRA, Università di Venezia) e internazionale (Istituto “Jožef Stefan" di Lubiana, Stazione di Biologia Marina di Pirano, University of Massachusetts-Lowell). Lo scopo finale era l’individuazione di nuove aree idonee da destinarsi alla venericoltura tenendo conto della diffusa contaminazione da Hg a livello dell’intera area lagunare. In virtù del ruolo centrale svolto nei cicli biogeochimici dell’ambiente marino, una particolare attenzione è stata posta alla caratterizzazione e al comportamento dei sedimenti. I risultati della ricerca approfondita su questa matrice costituiscono l’oggetto della presente dissertazione. L’attività di ricerca ha previsto una intensa fase di campionamento condotta a livello dell’intera Laguna seguita da una parte sperimentale di laboratorio che ha fatto luce su diversi aspetti biogeochimici del Hg. La distribuzione spaziale del metallo nei sedimenti superficiali è stata aggiornata prendendo in esame anche la forma metilata della quale non erano a disposizione dati pregressi a livello di intero areale. Le due forme mercurifere sono state correlate con i principali descrittori geochimici (granulometria, contenuto e qualità della sostanza organica) ponendo una particolare attenzione alle implicazioni che derivano dalla speciazione chimica del metallo tra le forme biodisponibili e refrattarie ai fenomeni di rimobilizzazione. L’indagine è stata successivamente estesa anche ai sedimenti sub-superficiali allo scopo di determinare lo spessore interessato dalla contaminazione. Sulla base dei tassi di sedimentazione, calcolati per la prima volta in laguna, è stata valutata l’evoluzione storica dell’accumulo di Hg, estrapolato l’inventario a livello dell’intero bacino lagunare e considerata la possibile evoluzione della contaminazione. Nella seconda fase della ricerca, sulla base delle possibili destinazioni d’uso del sistema lagunare e i fenomeni fisici a esse associato, sono state prese in esame le dinamiche delle specie mercurifere in colonna d’acqua a seguito di fenomeni di risospensione. Questa seconda parte delle attività è stata svolta allestendo esperimenti in condizioni controllate di laboratorio (mesocosmo) su sedimenti prelevati in due siti scelti laddove le operazioni di dragaggio, necessarie per consentire l’operosità dei canali, vengono eseguite periodicamente.
XXIII Ciclo
1969
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
18

Michelini, Marzia. « Studio geochimico-isotopico delle precipitazioni del Friuli-Venezia Giulia ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8666.

Texte intégral
Résumé :
2011/2012
L’approvvigionamento dell'acqua per usi potabili ed agricoli, rappresenta una delle maggiori emergenze che i governi, sia di paesi economicamente evoluti che in via di sviluppo, devono affrontare in tempi rapidi. La continua richiesta di questo bene prezioso, l’inquinamento diffuso e i recenti mutamenti climatici hanno portato alla diminuzione della già limitata quantità d’acqua dolce disponibile, rendendo assolutamente necessario affrontare con metodi rigorosamente scientifici le problematiche legate alla protezione di questa risorsa. Nelle indagini idrogeologiche un importante strumento per la comprensione della struttura di un acquifero è dato dalla composizione isotopica dell'ossigeno (δ18O) e dell’idrogeno (δD), definita come la deviazione in parti per mille del rapporto isotopico di un campione rispetto ad uno standard di riferimento, che nel caso delle acque è rappresentato dalla composizione isotopica media oceanica. Ogni indagine idrogeologica deve partire dalla conoscenza delle caratteristiche idrogeochimiche della fonte di alimentazione delle acque superficiali e di falda che, nella quasi totalità dei casi, è identificabile con le acque meteoriche. Questo dottorato si pone come obiettivo la caratterizzazione ad alta risoluzione spaziale della composizione di ossigeno e idrogeno nelle acque meteoriche del Friuli-Venezia Giulia, a questo scopo le acque provenienti dal 20 pluviometri dislocati in tutta la regione sono state raccolte mensilmente e analizzate tramite IRMS e CRDS per determinarne la composizioni isotopica di idrogeno e ossigeno. Il periodo di campionamento va dal 2004 al 2011, con alcuni pluviometri, L1 ed L3, attivi dalla prima metà degli anni 80. I risultati delle analisi mostrano un 18O variabile nella regione, con valori medi pluriannuali pesati per la quantità di precipitazione intorno al -6‰ per i pluviometri costieri e di pianura, tra il -7‰ ed il -8‰per i pluviometri situati in valli nell’entroterra intorno al -9‰ per i pluviometri situati in quota. La composizione isotopica dell’ossigeno è stata confrontata con temperatura e quantità di precipitazioni per determinare quale sia l’influenza di questi fattori sulla distribuzione del 18O nelle precipitazioni della regione. Dai confronti è emerso che i siti in montagna sono fortemente influenzati dalla temperatura, influenza che diminuisce mano a mano che ci si avvicina alla costa. L’ammontare della precipitazione non sembra avere effetti consistenti sulla composizione isotopica, sono state osservate delle correlazioni positive tra quantità di precipitazioni e aumento dei valori di 18O e D, dovute però ad un aumento della temperatura corrispondente all’evento di precipitazione. I pluviometri L1 ed L3, situati a Basovizza e Trieste mostrano dei valori meno negativi di quanto la temperatura non farebbe supporre, per chiarire le cause di queste anomalie la zona di Trieste è stata oggetto di un’ulteriore monitoraggio su base giornaliera. I valori di 18O e d dei singoli eventi di pioggia così ottenuti, confrontati con le retrotraiettorie delle masse d’aria che hanno dato origine alle precipitazioni, hanno evidenziato una forte influenza della provenienza delle precipitazioni sulla composizione isotopica delle precipitazioni nella zona di Trieste. Utilizzando i valori mensili di 18O e D è stata elaborata una linea locale per le acque meteoriche (LMWL) di equazione: D = 7,98* 18O + 10,62 La LMWL ottenuta per il Friuli Venezia Giulia ha valori molto simili alla linea relativa alle precipitazioni globali (Craig, 1961) ed a quella determinata per l’Italia del nord (Longinelli e Selmo, 2003). È stato poi calcolato il gradiente isotopico verticale, ovvero la variazione della composizione isotopica all’aumentare della quota, del 18O utilizzando i valori medi pesati pluriannuali. Il gradiente medio per la regione risulta essere -0.17‰ ogni 100 m di quota. Infine si è cercato di dare una caratterizzazione isotopica di alcune acque superficiali della valle del But: il torrente But, quattro sorgenti in destra But e due sorgenti in sinistra But. Dalle analisi sono emersi tre andamenti ben distinti per le sorgenti e la difficoltà di situare nell’area l’origine di una esse, il Fontanone, suggerendo la necessità di ulteriori indagini.
XXV Ciclo
1981
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
19

Braida, Martina. « Ricostruzione ad alta risoluzione delle variazioni climatiche dell'Antartide orientale durante l'Olocene ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10159.

Texte intégral
Résumé :
2011/2012
Le carote di ghiaccio sono uno degli strumenti più utili nella ricostruzione delle variazioni climatiche del passato. In questo studio i principi della Geochimica Isotopica sono stati applicati alla carota di ghiaccio di TALDICE (159°11'E 72°49'S, quota 2315 m s.l.m., temperatura media annua superficiale -41°C, tasso di accumulo 80 mm we yr-1, lunghezza della carota 1620 m) raccolta nell’ambito del progetto internazionale TALDICE (TALos Dome ICE core project). Il lavoro scientifico sviluppato in questa tesi è stato portato a termine nell’ambito del progetto HOLOCLIP (www.holoclip.org) volto all’integrazione dei proxy climatici ottenuti dalle carote di ghiaccio e di sedimento marino dell’Antartide con i dati della modellistica (modello climatico di complessità intermedia LOVECLIM) relativi al presente interglaciale, l’Olocene. Lo scopo di questa tesi è di ricostruire, con un’alta risoluzione temporale (decennale), la variabilità climatica nel sito di Talos Dome per l’intero Olocene (circa gli ultimi 12.000 anni), attraverso l’analisi degli isotopi stabili dell’ossigeno (δ18O) sui campioni di dettaglio (10 cm) dei primi 690 metri di questa carota. Sulla base della scala dell’età messa a punto da Severi et al. (2012), ottenuta sincronizzando il segnale dei solfati vulcanici di TALDICE con quello di EDC, questo passo di campionamento corrisponde ad una risoluzione temporale media relativa all’Olocene di 1.8 anni. Il trend a lungo termine ottenuto dal profilo del δ18O di TALDICE, mostra degli andamenti in comune con quelli già osservati in altre carote di ghiaccio provenienti dal plateau dell’Antartide orientale ossia un optimum, all’inizio dell’Olocene tra circa 11.6 e 9.2 ka BP, un minimo centrato intorno agli 8 ka e un optimum secondario intorno ai 2 ka. Applicando uno smoothing binomiale a 500 anni sul record isotopico e sottraendo il trend a lungo termine sono stati identificati 12 sub-eventi caldi significativi, intervallati da altrettanti sub-eventi freddi occorsi durante l’Olocene, corrispondenti ad una variazione di temperatura di circa 0.8°C. Le fasi corrispondenti a trends di raffreddamento corrispondono ad una diminuzione della frequenza, dell’ampiezza e della durata dei sub-eventi significativi. La wavelet analysis effettuata sul profilo delle anomalie isotopiche permette di individuare due periodi, prima e dopo i 6.5-6.8 ka BP, caratterizzati da diverse frequenze predominanti. Questa transizione delle periodicità avviene subito dopo il completamento dell’apertura del Mare di Ross (Baroni and Hall, 2004; Baroni et al., 2005) ed è visibile anche dai risultati della wavelet analysis effettuata sui record delle polveri e sul record isotopico della carota di ghiaccio di Taylor Dome. L’analisi della variabilità (deviazione standard mobile di 3000 anni) applicata su TALDICE, Taylor Dome, EDC e EDML mostra una somiglianza della distribuzione della variabilità climatica nei siti più costieri rispetto quelli più interni (EDC), probabilmente associabile a processi legati alla variazione del ghiaccio marino. Dall’osservazione dei principali trend di temperatura ricavati sia dalle carote di ghiaccio antartiche che da carote di sedimento marino dell’emisfero meridionale per i periodi 10-8, 4-6, 6-4, 4-1 ka BP si evidenzia un generale trend di raffreddamento alle alte latitudini dell’emisfero meridionale durante l’Olocene. Nelle carote di ghiaccio antartiche questo trend di raffreddamento non è presente in maniera omogenea in tutti i record isotopici: in alcuni casi si verifica una situazione di relativa stabilità (EDC), in altri un trend di leggero riscaldamento (TALDICE) e in altri ancora un trend di raffreddamento (Vostok). Dal record composito riferito agli ultimi 2000 anni, prodotto per l’Antartide Orientale nell’ambito di questo lavoro di tesi, risulta che nel periodo che va dal 400 al 900 CE (Common Era) c’è una prevalenza di anomalie positive (calde) mentre nel periodo successivo, che va dal 1300 CE al 1800 CE, c’è una prevalenza di anomalie negative (fredde), superiori in numero, durata ed intensità rispetto alle prime. Nel corso degli ultimi 2000 anni si osserva un debole trend di raffreddamento di -0.1‰/1ka ossia di -0.2°C/1ka in accordo con i risultati del recente lavoro pubblicato nell’ambito del programma PAGES 2k che evidenzia un trend di diminuzione della temperature a scala globale nel corso degli ultimi 2000 anni fino al periodo pre-industriale.
XXV Ciclo
1975
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
20

Vargas, Cordero Ivan De La Cruz. « Gas hydrate occurrence and Morpho-structures along Chilean margin ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3207.

Texte intégral
Résumé :
2007/2008
During the last decades, the scientific community spent many efforts to study the gas hydrates in oceanic and permafrost environments. In fact, the gas hydrate occurrence has a global significance because of the potential energy resource represented by the large amount of hydrocarbon trapped in the hydrate phase. Moreover, it may play a role in global climate change, and it is also study because of the hazard that accumulations of gas hydrate may cause to drilling and seabed installations. In seismic data, the base of the gas hydrate presence is detected by a strong reflector, called BSR. Along the Chilean continental margin, in the last decades the BSR is well reported by several geophysical cruises. In particular, the BSR is recognized along the accretionary prism. An important aspect related to the gas hydrates is the estimate of gas concentration in the pore space by using seismic data. In fact, both compressional and shear wave velocities provide information about the presence of gas hydrate and free gas in marine sediments. A quantitative estimate of gas hydrate and free gas concentrations can be obtained by fitting the theoretical velocity to the experimental velocity. For this purpose, in this Thesis several seismic data are analyzed in order to detect, quantify and explain the gas hydrate presence in this region. Frontal and basal accretions were identified by interpreting six post-stack time migrated sections, which across the entire margin (continental shelf, continental slope, oceanic trench and oceanic crust). The trench infill southwards of Juan Fernandez Ridge is characterized by a succession of reflectors with high and low amplitude associated to turbidites. A thinner bed (0.3 s) was recognized in correspondence to the accretionary prism characterized by several morphological highs. These morphological highs were associated to different accretional stages. On the contrary, a thicker bed (0.8 s) was recognized in correspondence to an uplifted accretionary prism characterized by a smoother topography. Basal and frontal accretions can be related to the morpho-structures recognized in this part of the Chilean margin. Negative and positive flower structures can help to explain the deformational variability of the Chilean margin, because negative flowers structures are associated to transtensional domain, where the continental slope morphology is characterized by normal faults, submarine erosive channels and slump heads. Positive flower structures, instead, are associated to transpresional domain and could explain the presence of older re-activated thrusts, slightly deformed slope basins. Moreover a strike-slip component affecting the oceanic crust, can also involve the continental margin, in fact on the continental slope, positive and negative flower structures can be associated to strike-slip faults parallel to the coast or to Riedel shear. The BSR is an important indicator of gas hydrate and free gas presence and we performed a processing to enhance its presence. In all analysed sections, the BSR was recognized in correspondence to an ancient accretionary prism with different seismic characteristics along the margin. A strong and continuous BSR was recognized in the northern sector (offshore Itata) and southern sector (offshore Coyhaique), while a discontinuous and weak BSR was recognized in the central Chile (offshore Arauco and Valdivia). In order to quantify the gas-phase, an advanced processing was performed. Two portions of sections were selected of about 20 km length. The first one is located in the central part (offshore Arauco) and another one is located in the southernmost part (offshore Coyhaique). In the Coyhaique offshore, the seismic section evidences the presence of a structural high that acts as structural trap for the gas and the fluid upwards migrating. Here, the BSR depth varies from 250 mbsf (in the middle of the accretionary prism) to 130 mbsf (in the structural high), reaching its maximum (330 mbsf) in the fore-arc basin. This depth variability is partially due to the different water depth and partially to the variable geothermal gradient, which varies from 35 to 95° C/km, caused by fluid migration that modifies the gas hydrate stability field. In the Arauco offshore, the BSR is strong and continuous only in a limited area, where it is possible suppose that the fluid is accumulated below the gas hydrate layer and, somewhere, the fluid reaches the seafloor. In this area, the BSR depth reaches 500 mbsf. Here, the higher BSR depth with respect to offshore Coyhaique can be justified by the high water depth and the presence of a lower geothermal gradient (about 30° C/km). The results allowed us to recognize a high (2200 m/s) and low (1270 m/s) velocity layers associated to gas hydrate and free gas presence respectively. The highest gas hydrates and free gas concentrations were detected in the Coyhaique offshore (at 44.5 °S) with an average of 12% and 1% of total volume respectively. By using the instantaneous amplitude, in particular using the BSR/seafloor ratio, it is possible conclude that the section located northernmost in offshore Itata (close to 36 °S; RC2901-728 section), can be considered an interesting reservoir of gas hydrates and free gas, because of the high estimated values of the BSR/seafloor ratio (>0.5). This study suggests that the gas hydrate can play an important role in this part of the Chilean margin for two main reasons. The first one is related to the potentiality of the hydrate reservoir. In fact, the local high concentrations of both hydrate and free gas, as suggested by previous and our studies, could be considered as a future energy resources. The second one is related to the important geo-hazard related to the gas hydrate destabilization. For example, high amount of the free gas, presumably in overpressure condition (Coyhaique offshore), could be naturally released and trigger submarine slides, inducing hydrate instability. Moreover, a possible strong earthquake could generate anomalous sea waves, which could affect at vicinity coast, inducing the gas hydrate destabilization.
XX Ciclo
1977
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
21

Zavagno, Enrico. « Interazione tra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7348.

Texte intégral
Résumé :
2010/2011
Riassunto: Nell’ambito del dottorato è stata esaminata l’interazione tra le acque marine e le acque di falda in un’area della Bassa Pianura Friulana che si colloca all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) della Laguna di Grado e Marano. Il SIN è stato oggetto di diversi studi da parte dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG). Per questo motivo è stata instaurata una collaborazione in particolare con il Settore Laboratorio Unico Regionale – Laboratorio di Udine, che negli anni si è occupato di definire e valutare l’influenza e gli effetti dell’interazione tra le acque lagunari e le falde sotterranee. Quanto elaborato conferma ed integra le teorie ed i risultati sviluppati da ARPA FVG e fornisce ulteriori dati e prove della presenza e degli effetti del cuneo salino. La ricerca ha permesso di approfondire le conoscenze relative all’interazione fra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana. Questo fenomeno si verifica laddove le acque saline del mare e della laguna risalgono i tratti terminali dei corsi d’acqua (ingressione marina) e, infiltrandosi all’interno dei depositi permeabili che ne costituiscono l’alveo, raggiungono le falde sottostanti determinandone la salinizzazione (intrusione salina). Tutti i corsi d‘acqua della Bassa Pianura Friulana sono soggetti ad ingressione marina, la cui intensità dipende dalle portate e dalla morfologia del loro alveo. Per questo si sono effettuati profili di conducibilità elettrica e temperatura all’interno di alcuni dei principali corsi d’acqua e dai dati ottenuti si è elaborata una mappa relativa alla massima ingressione marina. All’interno degli alvei dei Fiumi Aussa, Corno e Stella, inoltre, sono state installate delle stazioni di misura con sonde per il monitoraggio in continuo dei valori di conducibilità elettrica, temperatura ed oscillazione del livello piezometrico. La stazione di monitoraggio sul Fiume Corno (che ricade all’interno del SIN della Laguna di Grado e Marano), data la sua posizione strategica, è stata mantenuta attiva per un periodo di 7 mesi, permettendo di effettuare delle comparazioni dei parametri registrati in continuo con i dati di livello del mareografo di Marano Lagunare (Protezione Civile) e con quelli registrati all’interno di diversi piezometri. L’elaborazione informatica di nuovi dati stratigrafici raccolti per questa parte del SIN della Laguna di Grado e Marano si è concretizzata in un modello idrostratigrafico (dal piano campagna a 35 m di profondità), basato sul grado di permeabilità dei depositi che costituiscono l’area oggetto dello studio delle falde sotterranee. Dal modello sono state estratte diverse sezioni che hanno evidenziato la presenza di tre falde principali. La più superficiale, falda “0”, posta tra 0 e 5 m da p.c., è caratterizzata da una forte discontinuità laterale e da materiali a moderata permeabilità. La falda intermedia, falda “1”, è posta generalmente fra 8 e 20 m da p.c., è continua lateralmente ed è costituita prevalentemente da materiali permeabili. La falda più profonda, falda “2”, è posta fra 25 e 35 m da p.c., costituita da materiali permeabili, risulta discontinua alla scala considerata (questa falda non è stata oggetto di studio dal punto di vista geochimico). Diverse sezioni idrostratigrafiche trasversali al Fiume Corno hanno messo in evidenza che in alcuni tratti l’alveo del fiume poggia direttamente su materiali permeabili, che permettono la comunicazione tra le acque del fiume e le falde “0” e “1”, causandone la salinizzazione. Per determinare le caratteristiche geochimiche delle acque sotterranee nell’area di studio, sono stati monitorati, con diverse metodiche, 41 piezometri. Per ognuno di essi è stato effettuato almeno un profilo di conducibilità elettrica e temperatura per verificare le variazioni di questi due parametri con la profondità. Si sono quindi evidenziati i piezometri al cui interno sono presenti acque saline stratificate, significative della miscelazione delle acque di falda con quelle marine. Per mezzo di sonde multiparametriche sono stati monitorati in continuo 13 piezometri, di cui 2 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “0” e i restanti 11 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “1”. I valori dei livelli piezometrici hanno evidenziato oscillazioni con frequenze paragonabili a quelle delle maree e ampiezze attenuate in modo differente da piezometro a piezometro. Confrontando i dati ottenuti con quelli relativi alle misure in continuo effettuate all’interno del Fiume Corno, è stata verificata la presenza di una relazione, in 6 piezometri, tra il corso d’acqua superficiale e le due falde sottostanti, confermando quanto mostrato dalle sezioni idrostratigrafiche. Inoltre, i valori di conducibilità elettrica, ottenuti dalle misure in continuo, hanno confermato ancora una volta quanto già evidenziato dai profili verticali e cioè la presenza di acque di origine marina. A supporto delle misure in continuo e dei profili verticali di conducibilità elettrica e temperatura, sono stati effettuati numerosi campionamenti puntuali volti a caratterizzare dal punto di vista geochimico le acque sotterranee. Per quanto concerne la geochimica tradizionale sono stati prelevati campioni d’acqua per la determinazione di: pH, Eh, T, EC, O2, S2- e Fe tot. Questi parametri sono stati utili per definire alcune peculiarità delle falde monitorate. La determinazione delle concentrazioni di ferro totale disciolto, abbinato alle misure di EC effettuate in diverse condizioni di marea, si è dimostrata utile per definire un metodo di campionamento il più possibile idoneo, ripetibile e riproducibile in funzione delle specifiche problematiche presenti nell’area di studio. Il metodo infatti tiene in considerazione variabili di campo quali tempo, volumi e velocità di spurgo, posizione della pompa, diversi pretrattamenti del campione e variabili esterne come la marea, che possono modificare i valori dei principali parametri fisici e le concentrazioni degli ioni presenti nelle acque prelevate, così da ottenere un campione il più possibile rappresentativo della falda monitorata. Per 18 piezometri sono stati resi disponibili dal Laboratorio Unico Regionale - ARPA FVG i dati relativi ai principali componenti chimici, provenienti dalle campagne di monitoraggio degli anni compresi fra il 2006 e il 2011. Questi dati sono stati utili per determinare le facies chimiche a cui appartengono le acque presenti nella falda “0” e “1”. Attraverso l’elaborazione di diagrammi qualitativi si è potuta verificare la presenza di acque a facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca, a facies cloruro alcalina e acque a composizione intermedia. Si è dunque avuta la conferma, anche dal punto di vista chimico, della presenza di acque dolci (facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca) mescolate con diverse intensità ad acque di origine marine (facies cloruro alcalina). Risolutiva è infine stata la determinazione, per alcuni piezometri, dei valori di δ18O e δD. I valori dei rapporti isotopici di alcuni piezometri sono risultati maggiori rispetto ai valori isotopici medi delle piogge locali ad ulteriore conferma della presenza di miscelazione fra acque di falda e acque di origine marina. Inoltre, a seguito di campionamenti effettuati ad intervalli regolari durante lo spurgo di alcuni piezometri, si è osservato una decisa variazione dei rapporti isotopici nel tempo, evidentemente dovuta al richiamo di acque a composizione isotopica diversa da quella che caratterizza la falda all’inizio dell’emungimento. Si può quindi affermare con sicurezza che le acque saline del mare, attraverso la laguna, risalgono per ingressione marina il Fiume Corno per diversi chilometri e in corrispondenza dei depositi più permeabili che costituiscono l’alveo si infiltrano, mescolandosi con le acque dolci che caratterizzano la falda “0” e la falda “1” sottostanti. I risultati ottenuti confermano in modo inconfutabile alcune delle tesi già maturate ed affermate da ARPA FVG per il SIN di Grado e Marano (Lutman A. & Pezzetta E., 2007; Pezzetta E. & al., 2008; Pezzetta et al., 2011) La tesi in oggetto costituisce la chiave di volta per spiegare la presenza di squilibri nel chimismo delle acque sotterranee derivanti dalle naturali interazioni con la laguna ed il mare. Di conseguenza supporta e approfondisce le relazioni formulate dall’Agenzia sui valori di fondo nell’area del SIN e risulta di fondamentale importanza per lo sviluppo attuale e futuro dell’area industriale. Inoltre, in generale fornisce indicazioni utili e suggerimenti pratici in merito al corretto, efficace ed efficiente monitoraggio delle acque sotterranee in aree soggette al cuneo salino.
XXIV Ciclo
1981
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
22

Bensi, Manuel. « Thermohaline variability and mesoscale dynamics observed at the E2M3A deep-site in the South Adriatic Sea ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7387.

Texte intégral
Résumé :
2010/2011
Continuous measurements are strictly essential to better understand the deep convection as well as for monitoring the seasonal and interannual thermohaline variability in the ocean. For these reasons, the south Adriatic Sea has been constantly monitored by means of the E2M3A deep observational site, located in its central part (Latitude 41° 50’ N, Longitude 17° 45’ E, maximum depth 1250m) since 2006. Temperature, salinity and current time series collected between 2006 and 2010 are analysed in this thesis and they represent the longest time series available for this region. Moreover, these time series are merged with Conductivity-Temperature-Depth (CTD) profiles obtained from several oceanographic cruises to provide the necessary spatial distribution of data for describing the thermohaline properties in the study area. The analysis of the data presented here shows that winter 2007 was characterized by a weak convection, while winter 2008 and following winters revealed a stronger deep convection able to reach 800-900m in February 2008. Time series highlight the abrupt temperature (T) and salinity (S) decrease, noticeable down to 600-700m depth from March 2008 on. The intermediate layer experienced a maximum decrease in T and S of ~0.4°C and ~0.06 respectively, clearly evident after each strong winter convection phase. The bottom layer (~1200m), instead, shows an opposite behaviour: it suffered a continuous T and S increase (linear trend of ~0.05 °C y-1 and ~0.004 y-1, respectively) during the whole observational period. These changes are discussed in a context of strong relationship between the variability of the Ionian surface circulation recently discovered, and the heat and salt content changes in the South Adriatic presented in this study. The results show that the mechanism triggering the salt content changes in the South Adriatic is based mainly on the winter convection, which transfers surface fresher water towards deeper layers. Nevertheless, current measurements also indicate that the passage of mesoscale eddies in the region can produce sudden thermohaline perturbations along the water column for 10-15 days. Cyclonic eddies seem to be more frequent in the proximity of the observational site than the anticyclonic ones. Interestingly, the comparison between time series and satellite images (Chl-a surface distribution) reveals, for the first time, that the vortices act along the whole water column. Their passage produces a twofold effect: the contribution to the re-stratification of the water column during the post convection phase, by exchanging the buoyancy between the mixed path and the surrounding waters, and the transfer of heat and salt between the deep and the intermediate layers.
Misure oceanografiche in continuo sono essenziali per comprendere meglio il processo di formazione delle acque dense e per monitorare la variabilità termoalina stagionale e interannuale in oceano. Per queste ragioni, a partire dal 2006 il Sud Adriatico è stato costantemente monitorato grazie all’utilizzo del sito di osservazione denominato E2M3A, ancorato nella parte centrale del Sud Adriatico (latitudine 41° 50’ N, longitudine 17° 45’ E, profondità massima 1250m). Le serie temporali di temperatura, salinità e correnti marine raccolte tra il 2006 e il 2010 sono analizzate in questa tesi e rappresentano la serie di dati più lunga mai ottenuta in questa regione. Oltretutto, per fornire la necessaria copertura spaziale dei dati utile a descrivere le proprietà termoaline nell’area di studio, le serie temporali sono state integrate con profili CTD (Conductivity-Temperature-Depth) provenienti da diverse crociere oceanografiche. L’analisi dei dati presentata qui mostra che l’inverno 2007 è stato caratterizzato da una debole convezione, mentre l’inverno 2008 e i successivi hanno mostrato una convezione più intensa, capace di raggiungere 800-900m di profondità a Febbraio 2008. Le serie temporali evidenziano una diminuzione repentina di temperatura (T) e salinità (S), visibile fino a 600-700m a partire da Marzo 2008. Lo strado intermedio ha subito rispettivamente una diminuzione massima di T e S di ~0.4°C e ~0.06, chiaramente evidente a seguito di ogni fase di intensa convezione invernale. Lo strato di fondo (~1200m) ha mostrato invece un comportamento opposto: un inaspettato e continuo aumento di T and S (trend lineare ~0.05 °C y-1 e ~0.004 y-1, rispettivamente) durante tutto il periodo di studio. Questi cambiamenti sono discussi nell’ambito della forte relazione tra la variabilità della circolazione superficiale dello Ionio recentemente scoperta e i cambiamenti nel contenuto di calore e sale del Sud Adriatico presentati in questo studio. I risultati mostrano che il meccanismo in grado di produrre cambiamenti nel contenuto di sale nel Sud Adriatico è principalmente basato sulla convezione invernale, che trasferisce acqua superficiale meno salata verso strati più profondi. Tuttavia, le misure di corrente mostrano che anche il passaggio di vortici a mesoscala può indurre repentine perturbazioni delle proprietà termoaline lungo la colonna d’acqua anche per 10-15 giorni. Vortici di tipo ciclonico sembrano essere più frequenti in prossimità del mooring rispetto a quelli di tipo anticiclonico. È interessante notare che il confronto tra le serie temporali e le immagini da satellite della distribuzione superficiale di clorofilla-a rivela, per la prima volta in questa regione, che i vortici agiscono su tutta la colonna d’acqua. Il loro passaggio produce un duplice effetto: il contributo alla ri-stratificazione della colonna d’acqua a seguito della fase di convezione invernale e il trasferimento di calore e sale tra gli strati intermedio e profondo.
XXIV Ciclo
1978
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
23

Colucci, Renato. « Some evidences of recent and holocenic evolution of the cryosphere in Friuli Venezia Giulia (Italy) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8664.

Texte intégral
Résumé :
2011/2012
The cryosphere, an integrated part of the Earth system, refers to that portion of the physical world that exists in its frozen state. Ice caps, sea ice, icebergs, lake ice, snow cover, ground ice, glaciers and ice sheets and shelves obviously belong to this set. It also comprises all those parts of territory which, though not presenting water in solid state, always maintain temperatures below zero (i.e. permafrost environments). Studies on the cryosphere of Friuli Venezia Giulia were almost always referred to the attempt of reconstructing the major glacial phasesof the Pleistocene period. The only studied aspect of today’s cryosphere is that of the small glaciers of the Julian Alps, on which terminus shrinkage or advances measurements were taken since the end of the 19th century. The fact that today’s cryosphere isn’t studied that much is probably due to its scarcity compared to other sectors of the Alps. This work intends to fill this gap, trying to characterise as best as possible the present state of the cryosphere on the Friuli Venezia Giulia territory. In order to do so the whole mountain territory of Friuli Venezia Giulia was taken into consideration, ultimately focusing on two distinct sectors: the Julian Alps (south-east area), which hosts the last glacial remains on the Canin and Montasiomassifs, and the Carnic sector of the Alps (north-west area). The latter is the only one that was involved in a survey aiming at the characterisation of mountain permafrost, due to investigations made to realise the rock glaciers inventory of the Italian Alps. A third aspect, still not deeply analysed also on a global level though potentially capable of bringing crucial developments in the future, is that of permanent ice deposits inside cavities. The so named IceCaves are just one of several peculiar phenomena which show a reaction to climate and somewhat sparse research over the past few decades has shown that ice in temperate caves holds similar and complementary secrets to ice elsewhere. Friuli Venezia Giulia contains a great number of cavities (over 7000) also at high altitudes, since of the almost 5000km2 mountain area 1900 are interested by carbonate rocks (limestones and dolostones). This work therefore focuses on the following three aspects: define the present-day state of glacial remains on Mount Canin, also to test new methodologies; update the rock glaciers national inventory thanks to the recent and ongoing developments in earth observation techniques and related geoinformatics; finally, begin a systematic monitoring of cavities with permanent ice remains. As far as the Canin glaciers are concerned the attention focused on the Canin Orientale glacier, actually representing one of the lowermost glaciers of the Alpine chain. A combined strategy involving Ground Penetrating Radar (GPR) and Light Detection And Ranging (LiDAR) technologies was used. GPR profiles were performed during Autumn 2011, to reveal the thicknesses of the glacier, test a methodology to image the internal structure and to estimate the volume of main glaciological units. LiDAR surveys on the area of the Canin Orientale glacier were purposely performed at the same time of the GPR surveys, to allow the creation of a complete and highly precise data set also from a topographic point of view. Thanks to a further LiDAR survey undertaken in 2006 by the Civil Defence of Friuli Venezia Giulia and integrating GPR measurements with these LiDAR surveys, we also quantified the volumetric variations of the glacier from 2006 to 2011. The revision of the Friuli Venezia Giulia part of the Italian rock glacier inventory was performed using both GIS techniques and activity on field. Aerial Orthorectified photographs (orthophotos) at high (2006 – 2009) and low (1998 and 2003) resolutions were used. A high resolution digital terrain model (DTM) was also used (cell size: 1m) interpolated from Aerial laser scannings (LiDAR) acquired between September 2006 and 2009 by the Civil Defence of Friuli Venezia Giulia. Terrain attributes (geometrical and spatial) were evaluated by using ArcGis10 software and its tools. Oblique terrestrial view (pseudo-3D image) of the DTM-hillshadehas been very useful in terms of interpretation of the topography and identification of lobes and shapes. The revision of this inventory uses the morphological classification by Barsch (1996) without taking in account the eventual mobilization of the landforms,and comprehends both rock glaciers and protalus ramparts, the latter taken into consideration for the first time on the Friuli Venezia Giulia territory. Results were analysed from a merely statistic point of view and then related to climate settings, testing the accuracy of a number of existing permafrost distribution models. To face the study of the underground cryosphere it was decided to install instruments in a cavity that would be suitable for the purpose. Attention mainly focused on monitoring the air temperature in several points of the cavity, the temperature of rock at several depths (2cm, 30cm and 100cm) to understand the evolution through time, and the temperature of ice. Moreover two benchmarks were placed to evaluate possible mass variations of the ice deposit. Again, in order to evaluate the thickness of ice and the internal stratifications, GPR was used in the above cave, as well as in another cave not installed with instruments as much. In view of performing further, more detailed inspections on ice in the future, a full stratigraphy of the visible layers on one side of the ice body was executed, together with an analysis of some clay samples extracted from the ice (X-ray difrattometer, LOI). Furthermore, to define the distribution of underground cryosphere in Friuli Venezia Giulia, all caves reporting the presence of snow, ice-snow and only ice were selected from the regional cave inventory of Friuli Venezia Giulia, therefore creating a useful working tool to start from for future studies. Despite of the gap of knowledge on the frozen karst caves in the area, all this instrumental and direct observations could provide a useful key to understand the permafrost distribution and its connections with the underground cryosphere and the glaciological evolution of the landscape.
XXV Ciclo
1971
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
24

Gordini, Emiliano. « Integrazione di metodologie geofisiche, geomorfologiche, sedimentologiche e geochimiche, per la definizione della genesi e dell'età degli affioramenti rocciosi presenti sul fondale marino dell'Adriatico settentrionale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3206.

Texte intégral
Résumé :
2007/2008
Da molti anni i fondali marini dell’Adriatico Settentrionale sono oggetto di interesse scientifico. Si annoverano studi accademici già dal 1792 ma solamente dalla seconda metà degli anni sessanta, grazie agli studi geologici, geofisici e geomorfologici, intrapresi da alcuni ricercatori è stato possibile evidenziare che i fondali marini del Golfo di Venezia unitamente al Golfo di Trieste sono prevalentemente sabbioso-limosi e monotoni dal punto di vista morfologico e delle forme di vita animali e vegetali. Questa monocorde caratteristica del fondo dell’alto Adriatico viene interrotta solamente dalla presenza di elevazioni a substrato roccioso denominate localmente Grebeni, Trezze, Tegnùe e Scagni. I risultati di questo dottorato di ricerca hanno permesso, attraverso l’integrazione di acquisizioni geofisiche, campionamenti diretti in situ, registrazioni video e fotografiche, misure in laboratorio, di ampliare il quadro delle conoscenze acquisite fino ad ora sugli affioramenti rocciosi presenti nel fondale marino dell’alto Adriatico, e di aggiungere nuove indicazioni sull’età dei depositi cementati e sui processi diagenetici che hanno portato alla loro formazione. Dall’attività di studio morfo-batimetrico e sismostratigrafico è stato possibile trarre una prima considerazione sulla distribuzione, numero e forma degli affioramenti segnalati facendo emergere che il loro numero è diseguale nel Golfo di Venezia rispetto a quello di Trieste, con i primi di gran lunga superiori ai secondi, e che questi si presentano in entrambi i golfi eccezionalmente in forma solitaria, normalmente in gruppi di affioramenti di densità variabile da 0,5 sino a 3,25 affioramenti per km2. Dalla tipologia di questi raggruppamenti è stato possibile distinguere quelli a gruppo puntuale, quelli a gruppo allineato ed infine, quelli a gruppo frastagliato. Si è cercato infine di verificare se esistesse un rapporto tra forma di affioramento e processo genetico; è emerso che almeno al momento non si sono riscontrate relazione univoche tra forma e processi diagenetici. Questi avvengono su depositi di ambiente continentale, oppure marino con caratteri molto simili, dove il tipo di deposito sembra essere responsabile solamente di un eventuale effetto accumulo o influenzante il regime di flusso del gas attraverso i sedimenti portando ad una maggiore concentrazione di emanazioni gasose e dunque all’instaurarsi di processi di precipitazione di carbonato di calcio, tipici delle aree di seepage, lungo aree preferenziali. L’indagine sull’immediato sottofondo marino ha messo in evidenza da un lato lo scarso radicamento degli affioramenti nella coltre sedimentaria e dall’altro la presenza di numerose sacche di gas nell’immediate vicinanze degli affioramenti. Lo studio delle sezioni sottili di roccia realizzato con microscopio petrografico ed elettronico in dispersione di energia, ha portato all’individuazione di cementi riconducibili ad una precipitazione avvenuta prevalentemente in ambienti francamente marini subtidali o al limite della fascia più profonda intertidale, mentre in alcuni casi, il cemento è risultato talmente scarso da non permettere alcuna interpretazione. Confrontando i cementi aragonitici a struttura aciculare e/o fibroso raggiata individuati in alcune rocce dell’ alto Adriatico con quelli osservati in lastre carbonatiche campionate all’interno di alcuni pockmarks presenti al largo delle coste norvegesi è evidente una forte similitudine morfologica. In tal senso risulta rafforzata una genesi legata alla fuoriuscita di gas metano originatosi per la combinazione di processi di ossidazione anaerobica e solforiduzione batterica della sostanza organica presente nei sedimenti sottostanti. Dalle analisi isotopiche è emersa la conferma di quanto dedotto dalla semplice forma dei cementi. E’ risultato che il rapporto isotopico del carbonio dei campioni bulk analizzati (frazione detritica + bioclastica) si colloca in un intervallo compreso tra -26,30 / -10,28 ‰ , mentre sono risultati valori nettamente più negativi per quanto riguarda i soli campioni di cemento accuratamente prelevato al microscopio (intervallo compreso tra -49,8 / -38,0 ‰). Infine sono state condotte analisi 14C su due campioni di cemento aragonitico e su tre bioclasti inglobati sulla roccia cementata. E’ risultato che la probabile età delle torbe da cui è iniziato il processo di metanogenesi è compatibile con l’età dei cementi analizzati, che risulta variabile da 15.940 a 21.700 anni B.P., come d’altra parte supposto in altri lavori, mentre la cementazione è avvenuta in lassi di tempo inferiori da 8.220 a 4.990 anni B. P. e si è realizzata in tempi probabilmente recenti e tutt’oggi in atto. A conclusione di questo dottorato è possibile evidenziare che è stata raggiunta una esaustiva conoscenza degli affioramenti rocciosi presenti nel fondale marino dell’alto Adriatico, definendo dettagliatamente la loro diffusione, e per alcuni la loro genesi ed età. E’ stata accertata la formazione metanogenica di alcuni di questi litosomi e la loro formazione in ambiente marino. Per altri affioramenti questa definizione non è stata possibile a causa della scarsità di materiale reperibile per analisi ottiche ed isotopiche. E’ stata accertata per questi litosomi l’età olocenica della loro cementazione; rimane comunque, da accertare se questo tipo di genesi sia la sola responsabile delle migliaia di rocce sottomarine individuate, o se questa sia solamente quella preponderante su altre tipologie, attualmente non confermate. Per ultimo ma non meno importante, va sottolineato che anche in relazione a questo dottorato di ricerca si assiste oggi ad una maggior attenzione della classe politica locale e nazionale al problema della gestione e della difesa di questi particolari geo-biositi che oltretutto possono essere utilizzati e valorizzati come aree di ripopolamento bentonico e nectonico e che recentemente sono stati censiti come probabili aree SIC.
XX Ciclo
1970
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
25

Mocnik, Arianna. « Processing and analysis of seismic reflection data for hydrocarbon exploration in the plio-quaternary marine sediments ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7763.

Texte intégral
Résumé :
2010/2011
RIASSUNTO Durante i tre anni di Dottorato di Ricerca sono state studiate ed applicate delle specifiche tecniche di analisi del segnale sismico a riflessione mirate alla identificazione di livelli di idrocarburi all’interno di sedimenti marini Plio-Quaternari. Particolare attenzione è stata inoltre dedicata alla correlazione tra questi reservoir di idrocarburi e le strutture geologiche profonde che ne possono aver favorito l’accumulo. Le metodologie utilizzate sono costituite da: 1) metodi diretti, chiamati Direct Hydrocarbon Indicators, che si basano sull’osservazione delle caratteristiche acustiche di un riflettore legato a gas; 2) metodo AVO-Amplitude Variation with Offset, che si basa sull’analisi delle variazioni delle ampiezze di riflessione in funzione dell’offset, fortemente dipendente dalla presenza di idrocarburi; 3) calcolo degli attributi sismici, grazie al quale è possibile estrarre dall'onda sismica informazioni supplementari non direttamente evidenziate nei profili sismici standard osservabili dal dato originale, che contribuiscono a verificare la presenza di gas. E’ questo il caso analizzato nel Canale d’Otranto: lungo il profilo sismico MS-29 si sono riscontrate evidenze di possibili accumuli di idrocarburi all’interno della sequenza Plio-Quaternaria; gli attributi sismici sono stati applicati al bright spot osservato, sia in fase pre-stack che in fase post-stack; il metodo è risultato fondamentale per individuare le caratteristiche di ampiezza, fase e frequenza che caratterizzano un riflettore legato a idrocarburi. L’analisi AVO, ha consentito di rinvigorire l’ipotesi di un livello saturo a gas. Il bright spot osservato è ubicato in corrispondenza del margine della piattaforma carbonatica Apula. Questa avrebbe costituito l’elemento strutturale all'origine della deformazione dei sedimenti in una blanda anticlinale: in essa sarebbero stati intrappolati gli idrocarburi grazie allo sviluppo di fenomeni di compattazione differenziata tra i sedimenti di copertura di bacino e di piattaforma. Anche in Adriatico Centrale l’analisi di un possibile livello a gas lungo il profilo sismico ADRIA-95 ha fatto supporre l’esistenza di orizzonti saturi a gas all’interno della serie sabbiosa-argillosa Plio Quaternaria. In questo caso è stato effettuato l’analisi del bright spot mediante attributi sismici e AVO, i quali hanno confermato l’ipotesi. Oltretutto, sul dato sismico è stato eseguito il re-processing mirato alla definizione delle unità sedimentarie che caratterizzano la sequenza Post-Messiniana dell’area attraversata dal profilo. Sulla base dei risultati ottenuti è stato proposto l’utilizzo degli attributi per il miglior riconoscimento delle geometrie degli strati, da cui si è potuta affinare l’interpretazione dell’assetto geologico. Si è osservato nel dettaglio che l’evidenza di gas risulta collocata in corrispondenza di strati deformati da spinte profonde legate a domi salini triassici. Oltre a questi casi di studio, sono state effettuate delle analisi di possibili livelli saturi in gas riconosciuti lungo profili sismici ubicati nel Bacino Mediterraneo, in particolare nell'offshore della Sardegna Occidentale, nel Canale di Sicilia e nel Bacino Levantino. AVO e attributi sismici sono serviti a validare l’ipotesi di presenza di idrocarburi nei sedimenti Plio-Quaternari, valutando le correlazioni ai diversi contesti geologici in cui si sono impostati. L’effetto delle procedure è stata anche testata al caso specifico dei gas-idrati, con l’obiettivo di definire se un riflettore individuato lungo un profilo sismico della Penisola Antartica, potesse essere un bottom simulating reflector (BSR); questo rappresenta la tipica manifestazione sismica di gas idrato. Le procedure di AVO sono risultate efficaci anche in presenza di idrocarburi che si trovano in specifiche condizioni di temperatura, pressione e composizione. Le medesime procedure di analisi del segnale sismico sono state quindi applicate a dati che furono acquisiti con diverse sorgenti, modalità di registrazione e geometrie di acquisizione, in funzione dei diversi target da raggiungere. Grazie a ciò è stato possibile fare un confronto tra le varie risposte del metodo a questi “parametri" e giudicare le condizioni del dato originale che consentono di ottenere i risultati più soddisfacenti. L'insieme delle analisi effettuate conferma l'utilità di un approccio sempre più avanzato di analisi AVO e di Attributi Istantanei via via più complessi. Suggerisce inoltre l'opportunità di correlare la presenza di idrocarburi agli elementi geologici presenti, riconoscibili attraverso una accurata interpretazione del dato sismico.
ABSTRACT During the three years of the PhD course specific techniques of analysis of seismic reflection data have been studied and applied, aimed at identifying the hydrocarbon saturated levels within Plio-Quaternary marine sediments. Particular attention was also devoted to the correlation between these hydrocarbon reservoirs and some deep geological structures that have favored their accumulation. The used techniques consist of: 1) direct methods, called Direct Hydrocarbon Indicators, which are based on observation of the acoustic characteristics of a gas-related reflector; 2) AVO Amplitude Variation with Offset method, which is based on the analysis of amplitude variations as a function of the offset, strongly influenced by the presence of hydrocarbons; 3) estimation of seismic attributes, from which additional information, not directly evidenced in standard seismic data, can be extracted from the reflected wave, thus contributing to verify gas presence. A first case study has been analyzed in the Otranto Channel: evidences of possible hydrocarbon accumulations along the seismic profile MS-29 have been shown within the Plio-Quaternary sequence. Seismic attributes have been applied to the observed bright spots in both pre-stack and post-stack data; the method has resulted essential to identify the characteristics of amplitude, phase and frequency parameters, that usually contribute to define an hydrocarbon related reflector. AVO analysis has allowed to strengthen the hypothesis of a gas filled layer. The studied bright spots is located over the margin of the Apulia Carbonate platform. This would represent the structural feature at the origin of the sediments deformation in a gentle anticline: here, the hydrocarbons would be trapped due to the development of differential compaction phenomena between the sediments covering the basin and the platform. A possible gas saturated level identified along the seismic profile ADRIA-95 in the Central Adriatic suggested the existence of another reservoir within the Plio-Quaternary sediments. In this case study, the analysis of the bright spots has been achieved with application of seismic attributes and AVO, which have confirmed the hypothesis. Furthermore, re-processing of the seismic data was performed, aimed at the definition of the sedimentary units that characterize the post-Messinian sequence of the area. Based on the obtained results, the attributes analysis were also applied to the improvement of definition of the strata geometries: this allowed the refining of the interpretation. It has been observed, in detail, that the evidence of gas is placed in correspondence of deformed layers by pressures derived from deep Triassic salt domes. In addition to these case studies, some other analysis have been performed after the recognition of possible gas saturated horizons along seismic profiles located in the Mediterranean Basin, especially offshore of West Sardinia, Sicily Channel and in the Levantine Basin. AVO and seismic attributes have been used to validate the hypothesis of the presence of hydrocarbons in Pliocene-Quaternary sediments, also considering the correlations to the different geological contexts in which they are set. Finally, the effect of these procedures was also tested for gas-hydrates, with the aim of defining if a reflector observed along a seismic profile of the Antarctic Peninsula, could be a bottom simulating reflector (BSR), that represents the typical seismic manifestation of gas hydrate. The procedures for AVO are found to be effective even in the typical conditions of temperature, pressure and composition related to the BSRs. The same procedures of seismic signal analysis have been applied to data that were acquired with different sources, recording mode and acquisition geometries, depending on the different target to be reached. Thanks to that, the comparison among the different responses of the methods to these "parameters" has been possible, evaluating the conditions of the original data that could produce the most satisfactory results. All the applied methods confirm the utility of a more and more advanced approach for analysis of AVO and instantaneous attributes increasingly complex. It also suggests the opportunity to correlate the presence of hydrocarbons presence with the geological elements, identified through a rigorous seismic data interpretation.
XXIV Ciclo
1982
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
26

Grillo, Barbara. « Ricostruzione dell’idrodinamica delle acque di falda del Carso Classico ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8665.

Texte intégral
Résumé :
2011/2012
All'interno del massiccio carsico del Carso Classico si sviluppa il reticolo del cosiddetto Timavo ipogeo, uno tra i più famosi fiumi carsici al mondo, il cui percorso stimato in circa 80 km di sviluppo lineare tra Slovenia e Italia, nonostante sia stato oggetto di oltre due secoli di studi scientifici, è per alcuni aspetti misterioso. L’obiettivo di questa Tesi è: 1)la riorganizzazione e ottimizzazione della rete di monitoraggio delle acque di falda del Carso Classico; 2)l’analisi dei dati in continuo esistenti (portate, precipitazioni, livello, temperatura e conducibilità); 3)l’analisi dell’influenza del carico idraulico sull’idrostruttura; 4) la ricostruzione dell’idrodinamica nelle diverse condizioni di impinguamento per una valutazione della vulnerabilità e dell’entità delle risorse. L’attività di ricerca si è articolata essenzialmente in una prima fase di ricerca bibliografica e acquisizione delle competenze di gestione della rete di monitoraggio; una seconda parte di acquisizione delle competenza informatiche per l’analisi dei dati; una terza parte di interpretazione dei dati e costruzione di un nuovo modello idrodinamico considerando i parametri chimico-fisici degli eventi di piena principali. Il punto di forza del presente studio è la riorganizzazione, l’aggiornamento e l’analisi congiunta di tutta la serie temporale a disposizione permettendo di ottenere un robusto modello idrodinamico dell’area in esame. Infatti sono stati considerati quasi 4000000 di dati complessivi raccolti a cadenza oraria o bioraria in 17 anni: essi consistono in misure di livello, temperatura, conducibilità e torbidità delle acque di 29 punti di misura in 13 cavità, 4 piezometri, 7 sorgenti, 2 laghi, 4 fiumi. Inoltre sono stati considerati anche dati idrometrici, pluviometrici, di portata e dati geofisici di stazioni geodetiche. L’intervallo temporale analizzato va dal 1995 al 2012. La ricerca svolta costituisce un contributo allo studio secolare della complessa idrostruttura del Carso Classico e ha permesso di approfondire le conoscenze sulla sua idrodinamica. Si sono potuti evidenziare e caratterizzare i diversi comportamenti della circolazione idrica nei grandi condotti e nel reticolo fessurato, rilevando i settori a diversa idrodinamica e gettando le basi per una dettagliata mappatura di vulnerabilità e gestione della risorsa idrica. Sono stati raggiunti i seguenti obiettivi: 1)Realizzazione di una rete di monitoraggio integrata tra Italia e Slovenia per il monitoraggio qualitativo e quantitativo della falda del Carso classico; 2)Creazione di un ricco archivio dei dati idrologici (precipitazioni, temperature, portate, livelli, torbidità, conducibilità e temperature) dal 1995 ad oggi quale base fondamentale per la creazione di un sistema di gestione del territorio; 3)Aggiornamento della mappa delle precipitazioni del Carso Classico, unificando i dati italiani e sloveni e tenendo conto del quadro generale dato dall’OSMER e ARSO; 4)Analisi statistica comparata di tutti i dati acquisiti per caratterizzare ogni sito monitorato dal punto di vista chimico - fisico; 5)Analisi idrodinamica con l’elaborazione di un protocollo per il confronto del calcolo delle velocità apparenti da dati di temperatura e di conducibilità, grazie al quale poi è stato possibile calcolare le velocità apparenti su 17 eventi a regime diverso, validando la procedura mediante l’uso di tracciamenti storici; 6)Creazione di mappe isofreatiche in regime di magra e di piena del Carso Classico e della fascia delle sorgenti per la valutazione della distribuzione del carico idraulico; 7)Analisi quantitativa del livello, della temperatura e conducibilità di serie temporali mediante l’applicazione di funzioni matematiche (cross-correlazione e periodogramma) per testare e validare alcuni algoritmi; 8)Analisi multidisciplinare con la quale sono stati messi a confronto il segnale clinometrico dei pendoli in Grotta Gigante, il segnale GPS, i livelli della falda nell’Abisso di Trebiciano, nella Grotta Gigante e nel piezometro di Opicina per valutare l’influenza del carico idraulico.
XXV Ciclo
1977
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
27

Romeo, Roberto. « Studio geofisico integrato ad alta risoluzione dei depositi marini e della struttura del substrato della riviera di Miramare (Golfo di Trieste) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3205.

Texte intégral
Résumé :
2007/2008
L’obiettivo della presente tesi di Dottarato è lo studio della sequenza sedimentaria marina e continentale e del substrato di Flysch sottostante, presente nella Riviera di Miramare (Golfo di Trieste) al fine di comprendere l’evoluzione deposizionale e tettonica dell’area. A tale scopo è stato eseguito uno studio geofisico integrato con cinque metologie geofisiche marine ad alta risoluzione, due di tipo sismico e tre di tipo Sonar: 1. Sub-bottom profiler Boomer; 2. Sub-bottom profiler CHIRP; 3. Singlebeam Echosaunder (SBES); 4. Multibeam Echosounder (MBES); 5. Side Scan Sonar (SSS). I rilievi sub-bottom profiler Boomer e CHIRP hanno fornito le informazioni necessarie per l’interpretazione del basamento acustico costituito dal Flysch eocenico, con da morfologia caratterizzata da scarpate e piattaforme costiere di origine tettonica ed erosione marina, le strutture tettoniche principali, e dei sedimenti marini e continentali quaternari, con strutture progradanti HST oloceniche e pleistoceniche, depositi fluviali e canali sepolti ricollegabili ad una rete idrica superficiale. I rilievi Sonar Singlebeam, Multibeam e Side Scan Sonar, ad alta frequenza, hanno permesso di rilevare la batimetria e la morfologia dei fondali marini antistanti la riviera di Miramare e Barcola, all’interno della Riserva Naturale Marina di Miramare. E’ stata realizzato un modello tridimensionale digitale del fondo mare e una cartografia tematica ove sono riportate le batimetrie con isobate a 1 m, le morfologie rocciose sub-affioranti, la tessitura dei depositi sedimentari e le forme di fondo, inoltre alcune praterie di fanerogame, ormeggi, relitti e condotte sottomarine. Nel Capitolo 1 – Introduzione è esposto il tema della Ricerca di Dottorato in Scienze Ambientali, sono descritti i principali obiettivi del lavoro e una sintesi dello stato dell’arte sul tema proposto. Nel Capitolo 2 - Inquadramento geologico e studi precedenti sono presentate una descrizione generale del Golfo di Trieste, con le caratteristiche delle coste, la batimetria e la geomorfologia del fondale marino, il mare (correnti e clima), la geologia della Provincia di Trieste (la Formazione dei Calcari del Carso Triestino e la Formazione del Flysch di Trieste), i depositi recenti continentali e marini, datazioni di sedimenti recenti, gli studi geofisici marini precedenti, gli aspetti strutturali, una ricostruzione paleogeografica generale, la sismicità, i sondaggi geognostici presenti in bibliografia ed utilizzati nella taratura sismo-stratigrafica e nella conversione tempi in profondità dei profili sismici, un inquadramento topografico dell’area oggetto di studio e la descrizione del Parco WWF della Riserva Naturale Marina di Miramare. Nel Capitolo 3 - Acquisizione dati sismici e morfo-batimetrici sono descritte le imbarcazioni utilizzate nei rilievi geofisici, il sistema di riferimento adottato, le metodologie adottate, la strumentazione utilizzata, ed i rilievi relativi ad ogni metodologia ad alta risoluzione che è stata esaminata nel lavoro di dottorato. Nel Capitolo 4 - Elaborazione dati e conversione tempi-profondità vengono descritte le procedure per l’elaborazione dei dati geofisici digitali, suddivisi per paragrafi separati per ogni metodologia utilizzata, i sistemi di taratura e le operazioni per la conversione della scala verticale da tempi (TWT two way time) in profondità metrica con l’ausilio delle stratigrafie dei sondaggi geognostici. Il Capitolo 5 - Interpretazione geologica e geomorfologia: risultati e discussione comincia con una valutazione qualitativa fra la metodologia sub-bottom Boomer e quella Chirp. Si prosegue con l’interpretazione sismostratigrafica delle sezioni sismiche Boomer, valutate con miglior risoluzione e maggior penetrazione investigativa. E’ stato interpretato il basamento acustico in Flysch caratterizzato da una serie di scarpate e piattaforme di origine erosiva e tettonica, e in prossimità della costa da faglie inverse relative alla struttura dinarica. E’stata interpretata la successione di depositi sedimentari Quaternari, distinta in diverse facies acustiche separate da orizzonti significativi, in cui sono stati riconosciuti il piano di emersione riferibile al massimo glaciale würmiano e i soprastanti deposti marini olocenici con il cuneo progradante di stazionamento alto, e la correlazione di un cuneo progradante a profondità compresa fra 45 e 50 metri, relativo allo stazionamento alto probabilmente della base Pleistocene Superiore (125.000 anni fa), datate attraverso la correlazione con datazioni dei sedimenti nel Golfo di Trieste e mediante l’utilizzo delle curve eustatiche. Segue l’interpretazione batimetrica e geomorfologica dell’area di Miramare e Cedas, con la descrizione del DTM generato dai dati Multibeam e con la descrizione degli elementi riconosciuti nei rilievi Side Scan Sonar, con la mappatura del substrato roccioso sub-affiorante e di blocchi isolati, la tessitura dei sedimenti e delle forme di fondo, la mappatura di facies biologiche delle praterie di fanerogame, ormeggi, relitti e condotte sottomarine. Nel Capitolo 6 – Conclusioni vengono sintetizzate le metodologiche utilizzate, evidenziando i metodi di elaborazione del dato per migliorare la risoluzione, ed i risultati dell’interpretazione che ha permesso la ricostruzione dell’evoluzione del Pleistocene Superiore e dell’Olocene nell’area di studio. Viene infine descritta in un modello tridimensionale una sintesi dei risultati della Ricerca di Dottorato.
The aim of the present thesis is the study of the marine and continental sedimentary sequences and of the underlying Flysch bedrock occurring in the Riviera di Miramare (Gulf of Trieste), to enhance the comprehension of the sedimentary and tectonic evolution of the area. An integrated geophysical study with five different geophysical methodologies, has been done. The first two methodologies are seismic, while the last three belong to the sonar kind: 1. Sub-bottom profiler Boomer; 2. Sub-bottom profiler CHIRP; 3. Singlebeam Echosaunder (SBES); 4. Multibeam Echosounder (MBES); 5. Side Scan Sonar (SSS). The Sub-bottom profiler Boomer and CHIRP surveys provide information for the interpretation of the acoustic basement constituted by the Eocene Flysch, with the morphology characterized by escarpments and shore platforms of tectonic and marine erosion origin, the main tectonic structures, and the Quaternary marine sediments, with Holocenic and Pleistocenic prograding HST features, fluvial deposit and buried channels linked to the subaerial hydrographic network. The Singlebeam Sonar, the Multibeam Sonar and the Side Scan Sonar high-frequency surveys allowed to investigate the bathymetries and the morphologies of the sea bottom in front of the Miramare seacoast and Barcola, within the Natural Sea Reserve. It has been produced a three-dimensional digital model of the sea bottom as well as a thematic cartography with 1 m interval isobaths, the sub-outcropping rock, the weaving of the sedimentary deposits and the bottom shapes, some prairies of marine phanerogams, moorings, marine wrecks and submarine conducts. Chapter 1 - Introduction. I have explained the subject of my research for the Ph.D. in Environmental Sciences, where I have described the main purposes of the work and a summary of the state of the art of the above subject. Chapter 2 – Geological note and bibliography. I have provide a general description of the Gulf of Trieste with some notes on the seacoasts, the bathymetry and the geomorphology of the sea bottom, the sea (currents and climate), the geology of the Province of Trieste (formation of Trieste Karst’s limestones and Flysch), the recent continental and sea deposits, the previous marine geophysical studies, the structural framework, the seismicity, the geognostic surveys (four wells) used to seismostratigraphic calibration and for times to depth conversion, a general paleogeographic reconstruction, a topographic framework of the examined area and the description of the WWF Park inside the Natural Marine Reserve of Miramare. Chapter 3 – Acquisition seismic and morpho-bathimetric data. I have described the seismic and morphobathymetric data acquisition, the boats used for the geophysical surveys, the reference system, a short description of the methodologies, and then in detail the instruments and the surveys of every high-resolution methodology which has been examined during the Ph.D. Chapter 4 – Geophysical data processing and times-depth conversion. For each methodology I have described the procedures of calibration system and data processing, and the operations for times to depth conversion, using the stratigraphies of geognostic surveys. Chapter 5 - The geological and geomorphological interpretation: results and discussion, begins with a qualitative assessment between the Sub-bottom Boomer and the Chirp methodologies, continuing with the seismic-stratigraphic analysis of the Boomer seismic sections, evaluated with a better resolution and penetration. The seismic interpretation provide the identification of the Flysch bedrock, characterized by escarpments and shore platforms of marine erosion and tectonic origin and by inverse faults related to the coastal Dinaric thrust. Different acoustic facies have been identified in the Quaternary sediment: the sub-aerial surface dating back to the Würm glacial maximum overlying by marine deposit and close to the coast by the Holocenic prograding wedge of HST, the 45-50 m deep prograding wedge of HST probably related, according to the eustatic curves, to the base of the Late Pleistocene (125.000 year B.P.). Then, it is described the bathymetric and geo-morphological interpretation of the areas of Miramare and Cedas, together with the DTM created by the Multibeam data, the identified elements in the Side Scan Sonar surveys and the mapping of the rock sub-outcropping substrate and isolated blocks, ripples, bottom shapes, biological facies as the prairies of marine phanerogams, moorings, marine wrecks and submarine conducts. Chapter 6 - Conclusions. I have described the methodological conclusions, pointing out the processing methods in order to improve the resolution, as well as the experimental conclusions, to highlight and comment upon the results which I have obtained from the data processing and the interpretation. In the end I have presented through a three-dimensional model a summary of the results of the Ph.D. research.
XX Ciclo
1971
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
Nous offrons des réductions sur tous les plans premium pour les auteurs dont les œuvres sont incluses dans des sélections littéraires thématiques. Contactez-nous pour obtenir un code promo unique!

Vers la bibliographie