Littérature scientifique sur le sujet « Saltimbanques »

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Articles de revues sur le sujet "Saltimbanques"

1

Horn, Pierre L., et Sergio Kokis. « Saltimbanques ». World Literature Today 76, no 3/4 (2002) : 110. http://dx.doi.org/10.2307/40157665.

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2

Belkorchia, Elodie. « Des saltimbanques aux médiateurs ». La Gazette des archives 251, no 3 (2018) : 13–26. http://dx.doi.org/10.3406/gazar.2018.5627.

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3

Dasen, Véronique. « Saltimbanques et circulation de jeux ». Archimède. Archéologie et histoire ancienne 6 (2019) : 127–43. http://dx.doi.org/10.47245/archimede.0006.ds2.06.

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4

Dagnaud, Monique, et Dominique Mehl. « Chapitre II - "Géomètres" contre "saltimbanques" ». Réseaux 8, no 3 (1990) : 35–65. http://dx.doi.org/10.3406/reso.1990.3566.

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5

Cossery, Albert. « Un complot de saltimbanques(Excerpts) ». Contemporary French and Francophone Studies 13, no 2 (mars 2009) : 247–58. http://dx.doi.org/10.1080/17409290902790912.

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6

Annen, Paule. « Saltimbanques, intermittent(e)s, une lutte qui vient de loin ». Cahiers du féminisme 79, no 1 (1996) : 24–26. http://dx.doi.org/10.3406/cafem.1996.4460.

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7

Dazord, Noël. « S'éloigner devant dans Saltimbanques. Mouvement et image fixe dans Alcools ». L Information Grammaticale 73, no 1 (1997) : 36–41. http://dx.doi.org/10.3406/igram.1997.2928.

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8

Blum, Harold P., et Elsa J. Blum. « The Models of Picasso's Rose Period : The Family of Saltimbanques ». American Journal of Psychoanalysis 67, no 2 (10 mai 2007) : 181–96. http://dx.doi.org/10.1057/palgrave.ajp.3350023.

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9

Rilke, Rainer Maria, et Barbara Goldberg. « Cemetery, and : Cimetièrre, and : Acrobats, and : Saltimbanques, and : Melon, and : Comment fais-tu ». Pleiades : Literature in Context 42, no 2-1 (septembre 2022) : 97–102. http://dx.doi.org/10.1353/plc.2022.0099.

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10

Van Vuuren, H. « ‘Saltimbanque en Vriendin’ Opnuut Gelees ». Literator 7, no 2 (7 mai 1986) : 74–84. http://dx.doi.org/10.4102/lit.v7i2.882.

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Résumé :
N.P. van Wyk Louw’s poem, “Saltimbanque en vriendin” (Tristia, 1962), has to be read against the background of the saltinnbanque tradition in literature and painting. Poems of Baudelaire, IVIarsman and Rilke illustrate the mechanism of this tradition: a metaphysical world implied behind the physical world of the artist.The paintings of Georges Rouault and Pablo Picasso around the figure of the clown/saltimbanque are discussed. It is shown that the saltimbanque usually represents the poet/author/artist himself. Finally it is pointed out that "Saltimbanque en vriendin" can be read as the groundplan for "Groot Ode”.
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Thèses sur le sujet "Saltimbanques"

1

Ingrassia, Catherine. « Danseurs, acrobates et saltimbanques dans l'art du Moyen-Age : recherches sur les représentations ludiques, chorégraphiques et acrobatiques dans l'iconographie médiévale ». Paris 1, 1990. http://www.theses.fr/1990PA010522.

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Résumé :
L'iconographie de la danse du neuvième au quinzième siècle permet d'avoir une idée de l'évolution de la danse au moyen-âge. Tout au long de cette période, l'église a combattu et dénigré la danse sans jamais arriver à la faire disparaitre des scènes de la vie médiévale. Le jongleur est un artiste pluridisciplinaire ; montreur d'animaux, jongleur, prestidigitateur, acrobate, danseur, musicien, maitre à danser ou équilibriste. À la fin du moyen-âge il laisse la place à de nouvelles sortes d'artistes. À partir du douzième siècle, la carole apparait dans l'art et la littérature profane ; cette danse, dont on peut donner une définition approximative, disparait à la fin du moyen-âge. Plusieurs autres danses apparaissent à la même époque. Au quinzième siècle, les traités de danse permettent de découvrir la basse-danse et son évolution dans ses caractéristiques chorégraphiques et musicales. La moresque est une danse de spectacle, qui évolue rapidement et, bien qu'elle disparaisse à l'aube de la renaissance, sa thématique symbolique survivra dans de nombreuses danses populaires. La fin du moyen-âge va lier la danse a deux concepts; la folie et la mort, dans divers poèmes moraux tels que la danse macabre, la dance aux aveugles ou le narrenschiff.
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2

Casellato, Anna. « Rilke in München : der Weg zur Abstraktion ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2022. http://hdl.handle.net/11572/349370.

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Résumé :
Il lavoro si propone di individuare il ruolo che Picasso ha assunto nelle scelte poetologico- estetiche del Rilke monacense. Esso chiarisce quindi il modo le opere del Picasso rosa e protocubista si sono inserite nel ragionamento rilkiano che culmina nella articolazione geometrica di quella lirica figurale tra mimesi e astrazione; in che modo l’impulso picassiano strutturi l’immaginario rilkiano nella pagina poetica e all’infuori di essa dando vita a una prassi dialogica volta alla ricostruzione del Se. Esso si propone inoltre die spiegare in che modo la dialettica picassiana della frammentazione – ricostruzione pittorica venga implementata nella nuova architettura di pensiero che troviamo nelle elegie, nel loro spazio visivo e visibile, dove sguardo poetico e sguardo pittorico s’integrano per dare voce a un dissidio interiore rimasto troppo a lungo nascosto. Il compromesso formale a cui Rilke si attiene nell’accettazione e nella rielaborazione poetica dei presupposti cubisti diventa quindi oggetto d’indagine. Il lavoro procede con un’ampia descrizione contestuale al fine di individuare spunti critici e figurativi che possono aver favorito l’assimilazione di principi picassiani nel tardo Rilke. Lo si è fatto limitatamente al campo filosofico tramite la figura di Rudolf Kassner. Segue una riflessione sui modelli pittorici successivi a Rodin, e sul confronto con le nuove linee proposte dall’avanguardia in cui si distingue un filtro poetico più maturo e consapevole. Il lavoro si concentra poi sul valore della possibile rielaborazione monacense di intuizioni figurative precedenti, considerando Wendung come soglia del cambiamento nel sentire, nel vedere, nella configurazione poetica di entrambi. Segue l’analisi di scambi epistolari monacensi in cui ricompaiono esperienze passate come il viaggio a Toledo, la stesura del Malte, l’affiorare di quel tanto cercato contatto con la cosa in sé e con la propria natura umana grazie a cui Rilke comprende come ciò che subito appare come limite può rivelarsi occasione di apertura verso nuove, essenziali, geometriche ma intense possibilità espressive della poesia. Il lavoro procede quindi con la ricerca di collegamenti tematici fra lirica rilkiana e opere pittoriche del 1914, soprattutto in relazione alla nuova visione in cui sono inserite. Topo presenti in Rudolf Kassner, Paul Klee, Cézanne, Wassily Kandinsky, e in contributi di Hausenstein e Worringer diventano immagini utili a identificare una soglia nella ricerca del sé e il suo superamento tramite la restituzione figurale della stessa all’interno di una costellazione geometrica, per poi ricongiungersi all’unità, al tutto tramite l’unica tecnica compositiva possibile, quella che tende all’astrazione. Alla luce della riflessione qui proposta si rivela impossibile stabilire una diretta corrispondenza tra elementi estetici e figurativi contestuali a Wendung e la lirica rilkiana dopo il ’14. Diventa possibile però individuare nella Quarta, Quinta e Decima Elegia una assimilazione graduale, una tendenza verso il geometrico che nel caso di Rilke è frutto di un dialogo costruttivo fra matrice e risultato; fra Monaco, dove Rilke trascorre gli anni della guerra e Parigi, sempre presente nel suo immaginario. Quella Parigi che rimane ricordo fertile, luogo della matrice cezanniana su cui vengono implementate le nuove intuizioni strutturali del costruttivismo formale cubista. Diventa possibile, inoltre, individuare un principio comune tra il modello compositivo sempre più astratto che propongono Klee e Kandinsky pre-Bauhaus, non estraneo al Picasso analitico, che Rilke non riconosce esplicitamente ma nemmeno contraddice. Si tratta della volontà di attuare un cambiamento nei presupposti del ragionamento estetico su cui si basa poi la rappresentazione visibile su tela o pagina poetica. La volontà di porre enfasi sulla giustapposizione di risultato e processo; realtà e nostra conoscenza di essa, i cui presupposti sono da rivedere in base a esigenze rappresentative contingenti. L’accettazione del fatto che il la soglia, il confine Io-Mondo, tra visibile e invisibile, tra ciò che posso conoscere e ciò che invece è solo lecito immaginare sulla base di un disegno geometrico e parlante, possa essere superato ma non possa essere definito. Esso rimane un’entità indescrivibile, luogo in cui ha luogo il gesto artistico, un una combinazione di movimento e contromovimento in eterno divenire. Un luogo che consente all’Io di comprendere il meccanismo senza divenire padrone degli elementi in esso coinvolti. Un luogo in cui il Ding, intermediario fra Io e mondo, appare frammentato ma ricomponibile. Un luogo in cui si rivela quella componente spirituale dell’umano con cui egli stesso aveva perso il contatto prima di accorgersi che la figura geometrica è il compromesso accettabile tra mimesi e astrazione. L’idea di un contorno riconoscibile, ma luogo di libera interazione fra interiorità e realtà, luogo della loro parità ontologica del gesto artistico moderno. Ciò che emerge inoltre è il contributo picassiano alla soluzione formale elaborata da Rilke tra ’15 e ’22, in quanto egli partecipa al percorso verso la ricostruzione dell’Io e della sua visione. Nella finalità analitica della frammentazione su tela trova la vera e consapevole ricostruzione. Il lavoro risulta suddiviso in quattro macro-sezioni, con ragionamenti giustapposti e considerati da prospettive molteplici. A fronte di riferimenti che si ripetono e si riposizionano, per essere poi ricomposti dal lettore in questo nuovo, fluido orizzonte culturale, si offre un quadro critico altrettanto dinamico e complesso. Anche a livello critico il lavoro restituisce quindi un’impostazione consapevolmente stabilita attorno agli estremi inconoscibili del gesto letterario moderno e a una riconoscibile ma più libera topografia poetica dell’Io.
Die vorliegende Arbeit ist das Ergebnis der Auseinandersetzung Rilkes mit der Abstraktionsfrage während seines Münchner Aufenthaltes. Mit dem Fokus auf Picasso behandelt die Arbeit den Einfluss der künstlerischen Avantgarde auf die ästhetisch-poetologischen Entscheidungen des späten Rilke. Mit besonderem Interesse an der Vierten, Fünften und Zehnten Elegie bestimmt diese Arbeit den Zusammenhang zwischen Picasso und der in der Rilke’schen Lyrik erkennbaren Neigung zur Geometrisierung. Auf welcheWeise haben Rosa und analytischeWerke des spanischen Malers Rilkes Gedankengang beeinflusst, als sich seine Dichtung neuer, geometrischer Konfigurationen bedient? Was für einen Beitrag leistet Picassos Malerei bei der Entstehung von Rilkes formalem Kompromiss zwischen Mimesis und Abstraktion? Inwiefern ist Rilkes figurale Lyrik der Münchner Zeit davon abhängig? Auf welche Weise strukturieren Picassos Gestaltungsantriebe die Vorstellungswelt Rilkes, und inwiefern generieren sie eine auf die Re-Komposition vom Ich und seine von der Kontingenz zerstörten Anschauung gerichtete, dialogische Praxis? Erweist sich Picassos kombinatorische Erkenntnisdialektik von analytischer Fragmentierung und hermeneutischer Rekonstruktion auf der malerischen Leinwand als wegweisend für die Darstellung der neuen, in München konzipierten Gedankenarchitektur Rilkes? Findet Picassos Vorbild eine erkennbare Implementierung in Rilkes Elegien? Unter welchen Aspekten können sie darauf sinnstiftend wirken? Können sie einem noch schwachen, dichterischen Wort Form verleihen und Gehör verschaffen? Wo liegt Rilkes Kompromissschwelle bei der kritischen Annahme solcher Voraussetzungen? Um solche Fragen zu beantworten, präsentiert diese Arbeit eine umfangreiche Beschreibung der kontextuellen, kritischen und figurativen Antriebe, welche die Assimilation von Picassos Gestaltungsprinzipien in den nach 1914 verfassten Elegien beeinflusst haben könnten. Rilkes Verhältnis mit dem eklektischen Philosophen Rudolf Kassner wie auch dessen physiognomische Lehre und Prinzip des Opfers werden als bedeutsame Elemente für Rilkes dichterische Wandlung herausgestellt. Mit kunsttheoretisch orientiertem Fokus schlägt die Arbeit eine Reflexion über jene malerischen Vorbilder vor, welche Rilkes Interesse nach seinem Aufenthalt in Paris bei Rodin erwecken. Die Analyse stellt Rilkes bewusste Auseinandersetzung mit den neuen Avantgarde-Kompositionsstrategien heraus. Ein Vergleich dieser neuen Strategien mit Rilkes vorherigen, figurativen Eingebungen zur Zeit der Fassung von Wendung (1914) in München verdeutlicht diesen dichterischen Wandel. Durch die Analyse von zahlreichen Briefwechseln und der in Rilkes Lebenschronik (Schnack) enthaltenen, biographischen und dichterischen Elemente lässt sich Wendung als kathartisches Erlebnis, welches Wahrnehmung und Anschauung betrifft, bezeichnen. Die neue, dichterische Konfiguration beider Aspekte lässt sich auch daraus herleiten. Darüber hinaus verzeichnen Briefwechsel mit Marie von Thurn und Taxis, Lou Andreas Salome und Lou Albert Lasard Rilkes Verarbeitung vergangener Erfahrungen wie die Toledo-Reise, die Malte-Fassung, den so angestrebten, geistigen Kontakt mit dem Ding an sich und mit jener scheinbar unannehmbaren, unverständlichen, menschlichen Natur. Aus der Analyse von Rilkes Schriftverkehr hebt sich die anfangs scheue, aber wachsende Überzeugung über eine der Anschauungsgrenze innewohnende, potenzielle Öffnung für neue, wesentliche, geometrische, aber geistig intensive Ausdrucks-Möglichkeiten der Dichtung. Die Arbeit studiert mögliche, thematische Zusammenhänge zwischen der Lyrik Rilkes und einiger malerischer Werke, die in der Kriegszeit geschaffen wurden. Der wegweisende Charakter dieser Werke bei der kritischen Reflexion über Voraussetzungen und Schlussfolgerungen von Rilkes Umkehr besteht in ihrer Zugehörigkeit zu einer neuen Gedankenanschauung, welche die Avantgardezeit charakterisiert. Motivisch ähnliche Verweise lassen sich inWerken von Rudolf Kassner, Paul Klee, Cézanne,Wassily Kandinsky sowie in kritischen Beiträgen von Hausenstein und Worringer erkennen. Die strukturellen Gemeinsamkeiten und der Einfluss dieser Werke auf die Poetik Rilkes werden durch ihre Thematisierung der Ich-Suche und Ich-Überwindung deutlich. Diesen philosophischen Konflikt präsentieren sie mitunter durch figurale, geometrische Konstellationen. Sie weisen außerdem auf eine noch mögliche Zusammenführung von dem Ich mit jenem Ganzen hin. Eine solche Ausdehnung auf der wahrnehmenden sowie auf der begrifflichen Ebene ist nur abstrakt durchführbar. Die Analyse stellt heraus, dass es keine unmittelbare Entsprechung zwischen jenen ästhetischen, figurativen und kontextuellen Elementen aus dem Gedicht Wendung und der nach dem Jahr 1914 erschaffenen Lyrik Rilkes gibt. Eine graduelle Assimilation der Neigung zur geometrischen Darstellung in der Vierten, Fünften und Zehnten Elegie Rilkes lässt sich aber erkennen. Sie erweist sich als Ergebnis eines konstruktiven Dialogs zwischen Matrix und Resultat; zwischen München, wo sich Rilke zur Kriegszeit aufhielt, und Paris. Diese Stadt gestaltet immer noch Rilkes Vorstellungswelt; sie stellt die nie vergessene, ästhetische und ethische Lehre Cézannes dar. Sie stellt den Keim dar, aus dem die neuen, strukturellen Eingebungen der Avantgarde gediehen. Unter solchen formalen Vorschlägen wird Picassos formaler, kubistischer Konstruktivismus betrachtet. Darüber hinaus stellt der Vergleich zwischen immer abstrakteren Kompositionsvorbildern von Klee und Kandinsky ein gemeinsames, strukturelles Merkmal heraus, welchen auch Picasso in seinen Werken vermittelt. Rilke erkennt die Gegenwart ähnlicher struktureller Züge in ihrer ästhetischen Vision und in ihren Werken explizit nicht, aber er widerspricht ihr auch nicht. Was diese drei Avantgarde-Maler gemeinsam haben, bevor sie sich radikal abstrakteren Darstellungen widmen, hängt mit demWunsch zusammen, die dem ästhetischen Gedankengang innewohnenden Voraussetzungen, auf denen die sichtbare, malerische oder dichterische Komposition beruht, zu verändern. Bauhaus-Zeit und synthetischer Kubismus werden die radikalsten Entwicklungen einer figuralen Tendenz, die Resultat und Prozess sowie Realität und unsere Kenntnis davon nebeneinanderstellen. Künstlerische Intention und formale Antwort von Klee und Kandinsky variieren je nach individuellen Darstellungsbedürfnissen. Solche Kompositionsvorbilder beeinflussen Rilkes Verständnis des Schwellenbegriffs und dessen Anwendung bei der Formulierung der ewigen Fragen nach der künstlerischen Darstellung und ihrem Objekt. Diese Schwelle ermöglicht die flexible und durchlässige Unterscheidung zwischen Sichtbarem und Unsichtbarem, zwischen Erkennbarem und dem mithilfe einer geometrischen, sprechenden Kontur Vorstellbarem. Diese Schwelle, so merkt Rilke bei dem kritischen Vergleich mit den Avantgardetheorien, kann er überwinden, aber nie eindeutig definieren. Diese Grenze bleibt eine unbeschreibbare Entität, auf der die künstlerische Gebärde stattfindet. Die Kombination von Bewegung und Gegenbewegung zeigt das ewige Werden der Welt. Die Schwelle erlaubt dem Ich, diesen irdischen Mechanismus zu begreifen, ohne die davon betroffenen Elemente zu beherrschen. Auf dieser Sichtbarkeitsschwelle wird Rilke auf die dingliche Zerlegung aufmerksam, aber zugleich bemerkt er dessen konstruktive Natur. Durch diese seit Wendung anerkannte Grenze des Anschauens zeigt sich dem Dichter erneut jene geistige Komponente des Menschlichen, zu welcher er zuvor den Kontakt verloren hatte. Die frühe Avantgarde-Kunst lässt Rilke erkennen, dass die geometrische Figur den annehmbaren Kompromiss zwischen Mimesis und Abstraktion darstellen kann. Der Kontakt mit solcher Avantgarde-Kunst beeinflusst Rilke bei der Annahme ihrer Voraussetzungen. Aus struktureller Sicht lassen sich die neuen Kompositionsvorbilder bereits in dem von Cézanne gezeichneten Rahmen erkennen. Die Vorstellung eines erkennbaren Umrisses hängt mit dem einer freien Interaktion zwischen Innerlichkeit und Realität zusammen, welche die Avantgarde-Kunst auf der Leinwand explizit macht. Rilke transponiert diese Vorstellung in seine Elegien. Der Umriss stellt eine neue Linie des gnoseologischen Horizontes dar, welche sich in der Moderne verschoben hat; er wird zum Ort einer bereits von Cézanne bezeichneten, ontologischen Gleichheit zwischen Innen und Außen sowie zwischen Subjekt und Objekt der Darstellung. Das Ding bleibt übrigens unentbehrlicher Vermittler von einem neuen Verhältnis mit dem Ganzen, das die Malte-Krise zuvor zerstört hatte. Picasso leistet seinen Beitrag zur Verarbeitung der formalen Lösung Rilkes zwischen 1915 und 1922; er nimmt an seiner Suche nach der eigenen Rekonstruktion teil. Durch die Zerlegung auf der Leinwand beabsichtigte der Maler die wahre und bewusste Rekonstruktion seiner Anschauung. Diese Arbeit ist in vier Abschnitte unterteilt. Im ersten Kapitel wird ein Überblick über die historisch-kontextuellen Elemente gegeben, welche die Entwicklung von dem schöpferischen Akt Rilkes geprägt haben. Mit besonderem Augenmerk auf die Figur Kassners wird dem Leser eine Übersicht über das Münchner Milieu präsentiert. Das zweite Kapitel widmet sich der Beschreibung jener zur Kriegszeit verbreiteten Gestaltungsprinzipien und Theorien, mit denen Rilke in Kontakt getreten sein könnte. Das dritte Kapitel fokussiert sich auf die Voraussetzungen für seine Herzpoetik, welche sich mit diesen formalen Antrieben in einer ontologisch neuen Auffassung kombiniert haben. Das vierte Kapitel beschriebt Rilkes dichterische Schlussfolgerungen, welche aus dem produktiven Vergleich zwischen Tradition und Avantgarde entstanden. Beobachtungen über Themen und Strukturen der Münchner Elegien1 werden im Laufe der Arbeit mehrperspektivisch in Betracht gezogen und kritisch verglichen. Beim Hervorheben von Berührungspunkten und Unterschieden zwischen Rilke und der Avantgarde weist die Arbeit auf die Besonderheiten von Rilkes Weg zur Abstraktion hin und vermittelt Vorkenntnisse und neue Vorschläge in einem facettierten, undefinierbaren, kritischen Rahmen. Das Wesen der illustrierten, ästhetischen Reflexion ist, wie die von Cézanne bezeichnete Kontur der Dinge, flüssig und schillernd. Die Wiedergabe einer scheinbar fragmentierten Gedankenstruktur, in der sich Hinweise in dem Gewissen des Leser ständig neu aufstellen, fordert vom Leser selbst eine Rekonstruktion des kulturellen Horizonts, welcher für Kassner physiognomische Züge trägt und sich als sichtbarer Ausgangspunkt und als Wiederkehr des modernen Ichs vorstellt. Diese Arbeit sondiert die bisher unerforschte Begründungen, welche zur Rilkes Annahme des analytischen, kubistischen Gerüsts geführt haben.Mit der Absicht, die Gefahr steriler, formalen Klassifizierungen abzuwenden, wird in dieser Arbeit Rilkes ganz persönliches und reifes Wahrnehmungsvermögen bei der Münchner Zeit wiedergegeben. Ein breites Diskurs zwischen Dichtung und Malerei wird anhand der Hauptfiguren der ersten Avantgardezeit geführt, um die Genese eines zwischen Wort und Bild entstehenden literarischen Akt zu illustrieren. Auf der durchlässigen Grenze zwischen dieser künstlerischen Bereichen beruht die zwischen Picassos Saltimbanques und Rilkes Fünfter Elegie auftauchenden Kenntnisdialektik.
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Bazile, Sandrine. « Le saltimbanque dans l'art et la littérature de 1850 à nos jours ». Bordeaux 3, 2000. https://extranet.u-bordeaux-montaigne.fr/memoires/diffusion.php?nnt=2000BOR30025.

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Résumé :
Entre la deuxième moitié du 19e s. Et la première moitié du 20e, la figure du saltimbanque est récurrente dans l'art. Son évolution coïncide avec la transformation de la figure de l'artiste et l'entrée dans la modernité. Le saltimbanque apparaît d'abord dans la littérature romantique ; simple représentation pittoresque et manichéenne, il devient chez Musset, Hugo, Sand, une figure allérorique de l'artiste. Alter ego idéalisé chez Banville, double distance du poète chez Baudelaire ou Mallarmé, sa présence s'assortit d'une réflexion sur le sens d'une parole poétique que le poète pressent menacée. Le poète n'est d'ailleurs qu'un pitre méprisé par le public qui se livre a un art dérisoire et vénal. Ce questionnement s'amplifie avec la fin du siècle : chez les symbolistes et les décadents la récurrence du thème de la pantomime et l'engouement pour les arts populaires résonnent comme la chronique d'une mort annoncée de la littérature et des mythes. Les décadents trouvent alors dans la figure du Pierrot et dans l'imaginaire de la foire un reflet déformé et parodique de leurs propres hantises. Or, c'est ce Pierrot moribond, par l'importance qu'il accorde conjointement aux arts populaires et à l'inconscient, qui va servir de tremplin à l'émergence d'un art nouveau. Chez Apollinaire comme chez Picasso, corps et spiritualité se retrouvent unis dans la même vision messianique du poète/ saltimbanque à qui incombe la tâche -légère- de révéler au peuple la modernité du monde. La reconstruction de nouveaux mythes se réalise alors, dans un syncrétisme de fantaisie. Dès lors, l'artiste, le plasticien (Léger, Calder. . . ), poète (Mc Orlan, Prévert. . . ), dramartuge ou comédien se fait saltimbanque en reprenant à son compte les outils et la fantaisie du cirque. Ainsi, cet art vivant qui se réclame du cirque a, comme lui, partie liée avec le danger et la mort ; la création s'assimile alors à la piste circulaire en devenant un lieu de tentatives, de péril et d'exposition
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Trevisan, Marion. « Chair spectaculaire : la représentation du corps de l’artiste saltimbanque féminine dans Lulu, roman clownesque de Félicien Champsaur ». Thèse, Université d'Ottawa / University of Ottawa, 2013. http://hdl.handle.net/10393/23678.

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Résumé :
Si la littérature et la critique se sont abondamment intéressées aux figures du clown et du saltimbanque depuis le XIXe siècle, force est de constater que les artistes féminines n’ont connu ni la même gloire ni la même légitimation. Tandis que leurs homologues masculins peuplent les romans, les femmes saltimbanques sont peu mises en scène dans les œuvres littéraires et n’ont en général qu’un rôle secondaire. À sa publication en 1901, Lulu, roman clownesque, de Félicien Champsaur, change cette donne en plaçant au centre de son récit un personnage féminin fort. Le roman relate alors l’ascension et la gloire sans précédent de Lulu la clownesse. En nous attardant plus spécifiquement au traitement du corps de l’artiste féminine dans le roman, nous dégagerons le rôle essentiel que joue l’enveloppe charnelle dans la réussite du parcours de la saltimbanque, ainsi que dans les rapports qu’entretient cette dernière avec le public. Nous verrons dans un premier temps que le corps s’impose dans l’œuvre comme un puissant outil d’agentivité. Par la suite, nous constaterons que ce travail est mis à mal dès lors que la chair du personnage féminin devient l’objet du spectateur masculin. Lulu n’est plus définie selon ses actes, mais plutôt selon les termes de celui qui l’observe. Nous montrerons que le corps féminin constitue un enjeu primordial et ambigu dans le roman de Champsaur dans la mesure où il se situe au cœur de la construction du personnage romanesque et de son parcours.
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5

Marcotte, Viviane. « Les voix du saltimbanque et leur mise en scène dans L'homme qui rit de Victor Hugo ». Thèse, 2016. http://hdl.handle.net/1866/18713.

Texte intégral
Résumé :
Malgré sa disparition progressive dans l’espace public, le saltimbanque, objet constant de méfiance et de mépris du côté des élites sociales, connaît un regain dans l’art et la littérature du XIXe siècle. Publié en 1869, L'Homme qui rit de Victor Hugo offre une représentation particulièrement élaborée de cette figure. Le roman déploie un encyclopédisme et une polyphonie qui permettent de situer l’art du saltimbanque dans l’ensemble des théâtralisations de la parole publique qu’il passe en revue. Les deux personnages principaux, des bateleurs du nom de Gwynplaine et d’Ursus, sont conduits à franchir des frontières sociales et culturelles habituellement étanches : ils évoluent entre autres dans les villes, sur les places, sur les routes, dans les tribunaux, dans les caves pénales, dans les auberges et dans les chambres parlementaires. L’étude sociocritique de leurs parcours met en lumière le dialogue que le roman hugolien entretient avec l’imaginaire social du Second Empire, tout particulièrement à l’égard des débats sur la misère, sur le sens du pouvoir et sur la valeur du théâtre qui le traversent.
Although the mountebanks as progressively disappeared from the public space, led by the constant mistrust and the aversion of the elite society, the subject knows a renewal of popularity in art and literature of the 19th century. Published in 1869, L'Homme qui rit written by Victor Hugo offers an especially elaborated representation of that figure. The book unfolds an encyclopaedism and an impressive polyphony that help to narrow the art of the mountebanks into the entirety of the theatricalisation of the public voice. The two main characters, both street performers named Gwynplaine and Ursus, are led to step over social and cultural frontiers that are normally hermetic: they evolve inter alia in the cities, on the places, the roads, through court houses, jails, inns and parliament chambers. The sociocritic study of those different paths clarifies the dialogue between the novel and the spirit of the second empire’s society, particularly with regard to the debates on misery, the meaning of the authority and the value of the theatre which cross it.
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Livres sur le sujet "Saltimbanques"

1

Saltimbanques : Roman. Montréal : XYZ éditeur, 2000.

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2

Fourès, Auguste. Saltimbanques du Languedoc. Bouhet : Découvrance, 2005.

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3

Roudy, Pierre. Les saltimbanques de l'éducation nationale. [Paris] : M. Dansel, 1985.

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4

Saltimbanques : Suivi de, Kaléidoscope brisé : romans. Montréal : Lévesque éditeur, 2011.

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5

Blyton, Enid. Le Club des Cinq et les saltimbanques. Paris : Hachette jeunesse, 1997.

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6

Gury, Christian. Académiciens et saltimbanques : De Molière à Trenet. Paris : Editions Kimé, 1997.

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7

Cirque & saltimbanques : La collection J.-Y. et G. Borg. Cinisello Balsamo, Milano : Silvana editoriale, 2021.

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8

Les saltimbanques : Le Grand Exode et autres récits : nouvelles. Paris : Éditions L'Harmattan, 2015.

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9

Valetas, Kōstas G. Les Saltimbanques, la muraille de Chine et autres recits : Nouvelles. [Greece] : Lettres Eoliennes, 2005.

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10

Bordier, Roger. Les saltimbanques de la Révolution, ou, Gracchus Babeuf raconté aux citoyens. [Paris] : Messidor, 1989.

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Chapitres de livres sur le sujet "Saltimbanques"

1

di Carpegna Falconieri, Tommaso. « Chapitre VI. Le peuple et les saltimbanques : un Moyen Âge anarchique et de gauche ». Dans Médiéval et militant, 111–28. Éditions de la Sorbonne, 2015. http://dx.doi.org/10.4000/books.psorbonne.26573.

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2

Gaber, Floriane. « Street Performance, The unintended consequences of festivals ». Dans Focus On Festivals. Goodfellow Publishers, 2015. http://dx.doi.org/10.23912/978-1-910158-15-9-2630.

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Résumé :
Many describe France as ‘the Mecca ’ for street performance and, worldwide, artists and festival organisers can only dream of the 10 million euros granted by the Ministry of Culture to street companies and festivals; and of the 1000 groups and 250 festivals (or events) dedicated to street performance. Unfortunately, all earthly paradise includes its version of hell, and after 40 years of existence, street performers and organisers in the French context are still struggling to win acknowledgement from the wider cultural sector and public authorities. This chapter will address the issues that have contributed to this difficult situation, one in which some festivals, as ‘one shot big events’, play a perverse role, albeit perhaps, unwillingly and unwittingly. The first festival in France that was entirely dedicated to street performance was that held in Aix-en-Provence in 1973. It was called Aix, ville ouverte aux saltimbanques (Aix, city open to street acrobats). It presented a mixed programme that ranged from traditional buskers through to young artists who aspired to work in venues/places other than theatres, galleries, museums, cultural centres and their middle class audiences. These were artists who wanted to perform for people who never or rarely attended formal cultural activities; to provide them with artistic experiences that were part of the ‘rhythm of their daily lives’, not as part of a more formal arts experience as may be enjoyed in a theatre or gallery.
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3

Metel, Helmut. « Apollinaire, Rilke et les saltimbanques : « Un fantôme de nuées » et la « Cinquième Élégie de Duino », ou au croisement de modernités différentes ». Dans Apollinaire à travers l'Europe. Warsaw University Press, 2015. http://dx.doi.org/10.31338/uw.9788323519157.pp.95-112.

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4

Morachioli, Sandro. « Portrait du journal en saltimbanque ». Dans L’Image railleuse. Publications de l’Institut national d’histoire de l’art, 2019. http://dx.doi.org/10.4000/books.inha.8185.

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5

« 9 Apollinaire, Rilke et les saltimbanques : Un fantôme de nuées et la Cinquième Élégie de Duino, ou au croisement de modernités différentes ». Dans Facetten polymorpher Lyrik, 145–62. Göttingen : V&R unipress, 2021. http://dx.doi.org/10.14220/9783737013147.145.

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6

Scepi, Henri. « XLI. Notes en marge du « vieux saltimbanque » de Baudelaire ». Dans « Une transparence du regard adéquat », 501–12. Hermann, 2023. http://dx.doi.org/10.3917/herm.fores.2023.01.0501.

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7

Pearson, Roger. « The Poet in the World ». Dans The Beauty of Baudelaire, 553–71. Oxford University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780192843319.003.0025.

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Résumé :
This chapter switches attention from the poet as solitary dreamer to the poet as street performer. This is the man of the crowd who takes his imagination out into public spaces (the boulevard, park, fairground, or gambling den) and invests it in other people. The poet of Le Spleen de Paris is considered as a performer of masques, staging verbal spectacles of empathy with those who, like him, are different (‘Les Veuves’, ‘Le Vieux Saltimbanque’, ‘La Belle Dorothée’). He is also the poet as comic artist: the Étranger who resists ready-made thinking by sending up fairy-tale conventions (the fairy godmother, the loathly lady) and clichéd legend (the devil and his temptations), by turning political violence into farce (‘Le Gâteau’, ‘Assommons les pauvres!’) and the poet into a figure of fun (‘La Soupe et les nuages’, ‘Perte d’auréole’)—and the prose poem into an adult toy (‘Le Joujou du pauvre’).
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8

Bazile, Sandrine. « En coulisses ou sur la route, la figure du saltimbanque exilé : de l’exil comme principe de création ». Dans Écritures de l’exil, 269–77. Presses Universitaires de Bordeaux, 2009. http://dx.doi.org/10.4000/books.pub.40002.

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