Littérature scientifique sur le sujet « Riviste tedesche »

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Articles de revues sur le sujet "Riviste tedesche"

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Nadler, Robert. « Multilocalitŕ : un concetto emergente fra mobilitŕ e migrazione ». SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no 94 (avril 2011) : 119–33. http://dx.doi.org/10.3280/sur2011-094009.

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Da tempo il tema della mobilitŕ sociale e spaziale interessa discipline come la sociologia, la geografia e l'economia. I processi migratori, dall'altro, sono diventati un oggetto specifico della ricerca scientifica. Tuttavia entrambi si sono sviluppati all'interno delle societŕ industriali moderne e appare lecito dubitare del fatto che essi possano ancora rappresentare in modo adeguato la condizione di individui e di gruppi sociali post-moderni che devono organizzare la propria vita in contesti socio-spaziali altamente flessibili. L'Ufficio Federale per l'Edilizia e la Progettazione Regionale tedesco () ha recentemente dedicato un numero speciale della rivista "Informazioni sullo Sviluppo Spaziale" () al tema della multilocalitŕ. Il termine sta assumendo sempre piů importanza nel dibattito internazionale al fine di descrivere alcuni tratti specifici della vita quotidiana postmoderna. In questo saggio l'autore ripercorre i passaggi salienti del dibattito sul tema in corso nell'ambiente scientifico di lingua tedesca. In un primo momento, descrivendo il significato attribuito al concetto di multilocalitŕ e agli elementi che lo differenziano da quelli di mobilitŕ e di migrazione. In seguito, mostrandone i campi di applicazione di maggiore interesse per la ricerca scientifica.
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Gleiss, Irma. « Il contenuto conservatore dell'antipsichiatria (1975) ». PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no 3 (septembre 2011) : 379–96. http://dx.doi.org/10.3280/pu2011-003005.

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Résumé :
Vengono criticate le posizioni dell'antipsichiatria cosě come sono state espresse negli anni 1960-70 soprattutto da Ronald Laing, David Cooper e Franco Basaglia, e viene evidenziata la loro natura conservatrice riguardo alla genesi e alla cura dei disturbi mentali. Vengono anche criticate la teoria delle etichette di Ullmann e Krasner e la teoria della devianza di Talcott Parsons, che in genere vengono considerate opposte alle posizioni dell'antipsichiatria ma che in realtŕ condividono la stessa concezione dell'uomo e della societŕ. (Questo articolo č uscito originariamente in tedesco a pp. 31-51 del n. 89/1975 della rivista Das Argument, e in italiano a pp. 6-15 del n. 3/1976 della rivista Psicoterapia e Scienze Umane).
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Tekavčić, Pavao. « Ladinia XVII (1993), Istitut Ladin "Micurá de Rü", San Martin de Tur ; 207 pagine ; Ladinia XVIII (1994), ibidem ; 344 pagine ». Linguistica 36, no 1 (1 décembre 1996) : 111–14. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.36.1.111-114.

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La bella rivista ladina, sempre alla stessa invidiabile altezza tecnica, offre nei due ultirni volurni diverso materiale di vario interesse; quanto alla lingua dei contributi, in entrambi i volurni il 75% dei testi è in tedesco (9 su 12 nel vol. XVII, 6 su 8 nel vol. XVIII), uno è in ladino, il resto in italiano. Come di consueto, al primo piano della nostra recensione saranno gli articoli di interesse linguistico e filologico.
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Cignetti, Luca, Silvia Demartini, Simone Fornara et Vincenzo Todisco. « Editoriale ». DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, no 1 (9 novembre 2021) : VII—VIII. http://dx.doi.org/10.33683/didit.21.01.00.

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Résumé :
Prende l’avvio, con questo fascicolo, DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, una nuova rivista scientifica nata dalla collaborazione tra il Centro competenze didattica dell’italiano lingua di scolarizzazione del Dipartimento formazione e apprendimento della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni. Alla rivista partecipano quindi due istituzioni universitarie che si occupano della formazione degli insegnanti del Ticino e dei Grigioni, i due cantoni svizzeri in cui l’italiano è lingua ufficiale (nei Grigioni accanto al tedesco e al romancio): un contesto del tutto particolare, che vede l’italiano insieme lingua di scolarizzazione e lingua prima (in Ticino e nel Grigioni italiano), lingua seconda (in Ticino) e lingua straniera nella scuola dell’obbligo (nella parte tedesca del Canton Grigioni). In una realtà così peculiare dal punto di vista linguistico e culturale, DIDIT intende offrire uno strumento di ricerca e aggiornamento rivolto a chi opera, per ragioni di studio o di lavoro, nell’ambito della didattica dell’italiano come lingua prima, come lingua seconda o come lingua straniera. Vista la particolare situazione linguistica del Canton Grigioni, del limitrofo Alto Adige e tenuto conto delle diverse altre lingue presenti sul territorio grigionese e ticinese accanto alle lingue ufficiali, la nuova rivista prende in considerazione anche la ricerca sulla didattica del plurilinguismo. In questo senso la rivista si presenta come luogo di scambio scientifico privilegiato e unico nel panorama delle pubblicazioni scientifiche presenti sul territorio nazionale svizzero e come uno dei pochi strumenti a livello internazionale che prendono in esame l’italiano nei diversi contesti di insegnamento; l’obiettivo sul medio-lungo termine è di configurarsi come un punto di riferimento nel campo degli studi sulla didattica dell’italiano e del plurilinguismo, caratterizzati dal costante connubio tra dimensione teorica e dimensione applicativa. DIDIT è divisa in tre sezioni: Studi e ricerche, Esperienze didattiche e Recensioni e segnalazioni. La prima, affidata alla penna di studiose e studiosi di chiara fama nel settore della didattica della lingua e della letteratura italiana (in questo primo numero Maria G. Lo Duca e Giuliana Fiorentino e, per la tematica del plurilinguismo, Ruth Videsott), accoglie approfondimenti teorici su temi afferenti agli ambiti didattici sopra ricordati. La seconda è dedicata a esempi di applicazioni e percorsi didattici, affidati a studiose e studiosi, ricercatrici e ricercatori, docenti attive e attivi nella scuola di ogni ordine e grado (in questo numero Livia Radici Tavernese, Daniele Dell’Agnola, Stefania Crameri e Daniela Kappler). La terza presenta, infine, recensioni di libri e studi che possono contribuire all’innovazione didattica nelle discipline di riferimento e a segnalazioni di opere – come albi illustrati, poesie, raccolte di racconti e romanzi – rivolte a lettori di diverse fasce di età. Tenuto conto dei contesti minoritari con cui si vede confrontato l’italiano in Svizzera, la rivista ambisce a diventare anche uno strumento per il sostegno e la promozione della lingua italiana in questo contesto nazionale, e non solo. In tal senso, si propone di estendere il proprio orizzonte agli studi sulla didattica dell’italiano in un’accezione ampia, che accolga prospettive plurali e sguardi capaci di spaziare dalla teoria all’applicazione pratica, avendo sempre come obiettivo di fondo un aggiornamento costante sulle strategie, sui metodi, sulle ricerche volte a migliorare e a innovare l’insegnamento dell’italiano. In tal modo la rivista garantisce lo scambio e la comunicazione tra il mondo della ricerca e quello della scuola, a livello nazionale e internazionale: attraverso la scelta dei temi, degli ambiti di ricerca e di riflessione, DIDIT vuole così rispondere alle sfide didattiche e teoriche poste alla disciplina e stimolare il dibattito scientifico e pubblico.
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Gómez, Sebastián. « LAS TESIS DESESCOLARIZANTES DE IVÁN ILLICH EN LOS PRIMEROS AÑOS 1970 EN ARGENTINA. La traducción de una polémica italiana en la Revista de Ciencias de la Educación (1970-1975) ». movimento-revista de educação 7, no 12 (9 juin 2020) : 205–29. http://dx.doi.org/10.22409/mov.v7i12.42233.

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Résumé :
La Revista de Ciencias de la Educación (RCE) (1970-1975) estuvo dirigida por Juan Carlos Tedesco y agrupó a jóvenes egresadas y egresados de carreras de Ciencias de la Educación de universidades argentinas. La publicación animó una crítica no sólo al conservadurismo educativo y a las posiciones liberales; también a las propuestas pedagógicas que encontraban fundamentos en Paulo Freire o en las tesis descolarnizantes de Ivan Illich. En su número 10 (octubre 1973), la RCE reprodujo un debate político-pedagógico italiano entre fines de 1972 y principios de 1973 en torno a los planteos de Illich. Concretamente, tradujo y compiló una polémica aparecida en la Rivista riforma della scuola y en el periódico Il Manifesto. El artículo se propone la reconstrucción de las características de esta polémica y sugiere que su inclusión en el número 10 de la RCE, se debió, en una buena medida, a la coyuntura abierta por la asunción del gobierno de Cámpora en mayo de 1973 en Argentina. Ante una coyuntura permeable a la intervención político-pedagógica, la RCE tendió a homologar e impugnar los planteos de Paulo Freire e Iván Illich. Se considera que tal operación se efectuó para dialogar críticamente con franjas de la izquierda peronista que tenían capacidad para incidir en la orientación de las políticas y programas educativos por parte del gobierno nacional, administraciones provinciales o las universidades.
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Legnani Annichini, Alessia. « El Tractatus de proxenetis, et proxeneticis de Benvenuto Stracca (1509-1578) ». REVISTA LEX MERCATORIA Doctrina, Praxis, Jurisprudencia y Legislación 3, no 1 (13 juin 2017) : 49. http://dx.doi.org/10.21134/lex.v3i1.1249.

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Résumé :
Dentro del rico panorama de la tratadística cinquecentesca se encuentra el De proxenetis, et proxeneticis del anconitano Benvenuto Stracca (1509-1578), publicado por primera vez en Venecia en 1558 y articulado en cuatro partes, de las cuales la última –la más extensa– reúne algunas quaestiones que, según el autor, tienen el valor de convertir el tratado «uberiorem et fertiliorem» Considerándolo casi una suerte de apéndice al famoso De mercatura, seu mercatore, la compilación, dedicada al Cardenal Rodolfo Pio da Carpi (1500-1564) legado de la Marca, tiene el indiscutible mérito de condensar en un solo texto y sistematizar la communis opinio en la materia, proporcionando un cuadro de los principales problemas inherentes al mediador y la mediación a finales de la primera edad moderna. NOTAS * La autora agradece de un modo especial la excelente disponibilidad del Dr. Gabriel Antonio García Escobar, colegial del Real Colegio de España en Bolonia, para la traducción y corrección del texto en su versión castellana. [i] Para una primera aproximación a este jurista véase L. Franchi, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, Roma 1888; L. Goldschmidt, Benvenuto Straccha Anconitanus und Petrus Santerna Lusitanus, in «Zeitschrift für das gesamte Handelsrecht», 38 (1891), pp. 1-9; A. Lattes, Lo Stracca giureconsulto, en «Rivista di diritto commerciale», 7 (1909), pp. 1-28; Benvenuto Stracca nel quarto centenario della sua morte. Convegno di studio (Ancona, 29 marzo 1980), Ancona 1981; D. Maffei, Il giureconsulto portoghese Pedro de Santarém autore del primo trattato sulle assicurazioni, in Diritto Comune Diritto Commerciale Diritto Veneziano, a cura di K. Nehlsen-von Stryk e D. Nörr, Venezia 1985 (Centro tedesco di studi veneziani, Quaderni - 31), pp. 54-60; C. Donahue jr., Benvenuto Stracca's De Mercatura: Was There a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy?, en From lex mercatoria to commercial law, a cura di V. Piergiovanni, Berlin 1987, pp. 69-120; V. Piergiovanni, Considerazioni comparative tra Benvenuto Stracca e Gerard Malynes, in Relations between the Ius Commune and English Law, a cura di R.H. Helmolz e V. Piergiovanni, Soveria Mannelli 2009, pp. 185-196 y, por último, Id., Stracca, Benvenuto, in DBGI, II, Bologna 2013, pp. 1920-1922. [ii] Benvenuto Straccha, De proxenetis, et proxeneticis Tractatus, Venetiis, apud Ioannem Baptistam, et Melchiorem Sessam fratres, 1558. [iii] Ibidem, c. 35r. [iv] Benvenuto Straccha, Tractatus De Mercatura, seu Mercatore, Venetiis, apud Michaelem Bonellum, 1575. [v] Sin pretensiones de exhaustividad sobre este ilustre personaje, distinguido con importantes misiones diplomáticas y llamado a dirigir la Comisión encargada de reformar y actualizar las Constituciones Egidianas (1357), véanse los más recientes: C. Hoffmann, Kardinal Rodolfo Pio da Carpi und seine Reform der Aegidianischen Konstitutionen, Berlin 1989; Alberto e Rodolfo Pio da Carpi collezionisti e mecenati. Atti del Seminario internazionale di studi (Carpi, 22-23 novembre 2002), a cura di M. Rossi, Tavagnacco 2004, y la bibliografía en ambos citada.
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González Fernández, Rafael, et Miguel Pablo Sancho Gómez. « La institución del domicilium (en Derecho romano) y su expresión en la epigrafía latina ». Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no 11 (22 juin 2022) : 296–310. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.13.

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Résumé :
La institución romana del domicilium convierte al sujeto en residente. Suele designar el lugar de residencia prolongada del incola o habitante que ha emigrado a una comunidad, por contraposición al municeps; por lo tanto, es un vínculo jurídico entre la ciudad y la persona que ha emigrado a ella. Frente a la expresión de la origo en los textos epigráficos, que es muy abundante, la manifestación del domicilo solo se hace de forma excepcional, en atención al escaso número de referencias conservadas, y su enunciación es muy similar a la que marca el origen. Palabras clave: domicilium, origo, ciudadano, epigrafía, latina.Topónimos: Imperio Romano.Periodo: Principado (27 a. C. – 284 d. C.) ABSTRACTThe Roman institution of the domicilium turns the subject into a resident. It usually designates the place of prolonged residence of the incola or inhabitant who has emigrated to a community, as opposed to the municeps. Therefore, it is a legal link between the city and the person who emigrates there. As opposed to the expression of the origo in epigraphic texts, which is very common, the manifestation of the domicile occurs only exceptionally, in view of the scant number of surviving references, and its enunciation is very similar to that which indicates provenance. Keywords: domicilium, origo, citizen, epigraphy, Latin.Place names: Roman EmpirePeriod: Principate (27 BC - 284 AD) REFERENCIASAncelle, A. (1875), Du Domicile, Paris, these pour le doctorat, Faculte de droit de Paris.Andreu, J., (2008), “Sentimiento y orgullo cívico en Hispania: en torno a las menciones de origo en la Hispania Citerior”, Gerión, 26(1), pp. 349-378.Ayiter, K. (1962),“Einige Bemerkungen zum Domicilium des Filius Familias im römischen Recht“, en Studi in onore di Emilio Betti, vol. II, Milano, pp. 71-84.Baccari, M. P. (1996), Cittadini, popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Torino, G. 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Strobl, Wolfgang. « DRUSUS PATER ? » Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 93, no 1 (janvier 2014). http://dx.doi.org/10.1515/qfiab.2014.93.1.303.

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RIASSUNTOUno dei principali obiettivi di Ettore Tolomei era quello di dimostrare la romanità o italianità del Sud-Tirolo/Alto Adige. In tale contesto s’imponeva anche la necessità di un mito di fondazione politico o di un heros ktistes. Tolomei lo trovò nella figura del generale romano Druso maggiore che nell’anno 15 avanti Cristo (insieme a suo fratello Tiberio) aveva conquistato per l’Impero romano gran parte delle Alpi centrali e pertanto anche i territori retici a sud del Brennero. A partire dagli anni Venti l’irredentista e nazionalista Tolomei creò un vero e proprio culto intorno all’antico romano che culminò nella richiesta di erigere un monumento a Druso nella piazza Walther, il cuore cittadino della Bolzano di lingua tedesca. Con un’instancabile campagna condotta a livello nazionale egli riuscì a convincere della sua idea numerosi studiosi dell’antichità e intellettuali, ma naufragò di fronte al veto di Benito Mussolini che nel 1935 aveva commissionato una copia della statua di Druso (Druso lateranense), ma alla fine non ne autorizzò il trasferimento a Bolzano per motivi legati alla politica estera. La campagna propagandistica di Tolomei fece però conoscere Druso su larga scala, e la sua figura venne recepita dalla stampa e le riviste specializzate, nei libri e dall’arte figurativa.
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Thèses sur le sujet "Riviste tedesche"

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GIULIANO, LUCIA. « Italien und Deutschland : storia di una rivista della Goethezeit ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/202619.

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Résumé :
Il presente studio prende in esame la rivista artistico-letteraria Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst (Italia e Germania. In considerazione di usi, costumi, letteratura e arte), pubblicata tra il 1789 e il 1793 dalla casa editrice della prestigiosa Accademia delle Arti e delle Scienze di Berlino. Il periodico fu ideato e curato dallo scrittore Karl Philipp Moritz che, durante il suo soggiorno romano (1786-1788), coinciso con quello di Goethe, ebbe la possibilità di collaborare con figure che si rivelarono determinanti per l’esportazione del modello classico in Germania. Tra queste, l’archeologo Aloys Hirt, secondo collaboratore della rivista e vera anima della stessa. Italien und Deutschland funge in primis da osservatorio privilegiato per cogliere i molteplici livelli della circolazione artistica italo-tedesca tra fine Settecento e inizi Ottocento. Il solo titolo si prefigura quale formula volta empaticamente a sintetizzare l’unione di due nature diverse e a evocare la sintesi di principî artistici altrettanto differenti. All’interesse di tipo comparativo si unisce poi quello antropologico che fa del giornale uno strumento utile a tratteggiare la fisionomia dell’Italia della Spätaufklärung, nei modi e nelle forme della socialità. Tuttavia, nonostante le numerose sfaccettature di un’opera dalla vita forse troppo breve perché se ne potesse decretare il successo, Italien und Deutschland è stata ingiustamente e inspiegabilmente dimenticata tanto dalla critica dell’epoca, quanto da quella attuale. Ad oggi non sono stati condotti studi o ricerche scientifiche sulla rivista e la pressoché assente letteratura critica in proposito non aiuta a far luce sui molti punti oscuri che la interessano. L’unica eccezione è offerta dai saggi di due studiosi, Jürgen Zimmer e Claudia Sedlarz, protagonisti, negli ultimi decenni, di un primo significativo passo in direzione della riscoperta del periodico, cui hanno cercato di restituire nuova importanza, sottolineando la grande lacuna che l’indifferenza nei suoi confronti ha finora rappresentato . È inoltre degno di nota il fatto che, soltanto con il progetto avviato nel 1987 dall’Accademia delle Scienze di Göttingen, il nome di Italien und Deutschland figuri in un elenco degli organi di recensione della Germania dell’Illuminismo . Tale indice, monitorato da una banca-dati in continuo aggiornamento, contenente i titoli di 195 riviste in lingua tedesca, è stato in seguito trasformato in materiale liberamente consultabile in rete dall’Università di Bielefeld che, con il programma intitolato Retrospektive Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem deutschen Sprachraum, si è proposta di eseguire la digitalizzazione di ciascun periodico individuato da Göttingen. Della seconda fase del progetto (2006-2008) fa parte l’inserimento di Italien und Deutschland, disponibile quindi online dal febbraio 2008 nell’edizione presente presso la Staatsbibliothek di Berlino. Il giornale di Hirt e Moritz ha così dovuto attendere due secoli per vedersi finalmente riconosciuto quel posto ufficiale nel novero degli organi periodici della Spätaufklärung tedesca, che gli era stato negato da tutti i preesistenti elenchi di riviste letterarie del XVIII secolo - si ricordano, tra gli altri, Die Zeitschriften des Deutschen Sprachgebietes von den Anfängen bis 1830 di Joachim Kirchner Hiersemann, il testo di Jürgen Wilke (1978), Literarische Zeitschriften des 18. Jahrhunderts (1688–1789), e infine le Zeitschriften der Berliner Spätaufklärung del 1979, di Paul Hocks e Peter Schmidt . Neppure assegnando al giornale lo status specifico di «rivista artistica» si ha una qualche probabilità di trovarne tracce negli studi dedicati all’argomento, primo fra tutti il testo canonico di Ernst Herbert Lehmann sulla storia della Kunstzeitschrift in Germania . In un’unica occasione le pagine di Italien und Deutschland hanno conosciuto l’onore di essere pubblicamente esposte, per di più in un contesto prestigioso come quello del museo. Nella mostra Auch ich in Arkadien. Kunstreisen nach Italien 1600-1900, allestita presso lo Schiller-Nationalmuseum di Marbach nel 1966, fu presentato un esemplare del frontespizio del primo numero del giornale, nonché una copia dell’incisione in rame raffigurante le sculture di Dannecker e Scheffauer, le due promesse dell’arte tedesca attive a Roma, cui Hirt dedica un articolo della rivista . Si è indotti a credere che la scarsa attenzione di cui Italien und Deutschland fu oggetto sin dall’epoca della sua uscita sia strettamente legata al più generale disinteresse della critica nei confronti della persona e dell’opera dei due autori. […] die Auslese aus dem deutschen 18. Jahrhundert [scheint] im Deutschland des 19. Jahrhunderts […] besonders einseitig betrieben worden zu sein […]. Reduziert wurde […] das Werk der Klassiker […]. Besonders reduziert wurde damit auch das Werk des Berliner Spätaufklärers Karl Philipp Moritz. Auf ein Werk - die Abhandlung »Über die bildende Nachahmung des Schönen« - hatte die Geistgeschichte am Ende des 19. Jahrhunderts die rund fünfzig von Moritz in siebenunddreißig Lebensjahren publizierten Titel reduziert, und [...] wurde auch dies dem Goetheschen Kopfe zugeschlagen . Sebbene a questa affermazione Anneliese Klingenberg faccia seguire la constatazione del grande lavoro di riscoperta ruotato attorno all’opera di Moritz nel secolo scorso, la studiosa non manca di sottolineare come, malgrado ciò, si sia continuato a tralasciare larga parte della sua produzione . In effetti, nonostante il grande interesse odierno per gli scritti di quest’autore, solo durante la seconda metà del Novecento la sua poliedrica e interessante personalità, dopo essere stata a lungo trascurata, è tornata ad attirare l’attenzione della critica. Probabilmente proprio a causa dell’ampio spettro di generi con cui Moritz osò cimentarsi e del carattere frammentario e disomogeneo della sua vasta opera - che la mancanza di un lascito e di manoscritti ha reso spesso difficile da reperire -, solo di recente si è potuta concretizzare la messa a punto di un’edizione critica completa dei suoi scritti . Gran parte della produzione del romanziere, filosofo e saggista tedesco, che pure aveva conosciuto, sul finire del Settecento, una discreta notorietà, grazie al saggio citato dalla Klingenberg e ad altri titoli fortunati , - che gli procurarono l’ammirazione di grandi protagonisti del primo romanticismo, quali Jean Paul, Tieck e Wackenroder -, passò nei decenni a venire quasi del tutto inosservata. Le insinuazioni riguardanti la subalternità e la dipendenza da Goethe - primo assertore della novità dei suoi testi, nonché affezionato amico -, pronte a mettere in discussione l’originalità delle sue teorie estetiche, non giovarono poi alla rivalutazione dello scrittore. Tra le opere presto dimenticate, anche i Viaggi di un tedesco in Italia - a cui è strettamente legato il lavoro alla rivista -, rivalutati solo in epoca attuale, ma nondimeno frutto di un’esperienza di assoluto rilievo per l’evoluzione del pensiero estetico e filosofico di Moritz. Considerato ciò, non stupisce che gli studiosi abbiano sempre dimenticato di far menzione, se non marginalmente ed esclusivamente in rapporto al resoconto del suo soggiorno romano, di Italien und Deutschland. Moritz tuttavia, com’è noto, seppure riabilitato solo recentemente dalla critica, che gli ha altresì conferito la qualifica di «precursore» («precusore di Kant», «precursore dei romantici» ), ha potuto ritagliarsi il suo spazio in quell’olimpo dei classici, che non riuscì a scalare invece Hirt, il quale già in vita perse molta della sua celebrità, per essere poi quasi completamente dimenticato dopo la morte. Eppure le sue ricerche potrebbero definirsi oggi interdisciplinari. Durante il suo lungo soggiorno romano si confrontò, da autodidatta, con l’arte antica e moderna come mai nessuno aveva fatto prima a Berlino: fu studioso dell’antico, teorico e critico d’arte e archeologia, architetto dilettante, direttore teatrale ed esponente di spicco della politica culturale della corte prussiana. In quest’ambito si fece promotore del primo museo pubblico del regno, ottenne l’incarico di consigliere artistico per l’allestimento dei castelli reali, fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze, di quella delle Arti e della Bauakademie e in ultimo gli venne assegnata la prima cattedra di archeologia presso l’Università di Berlino che, nel 1810, aveva contribuito a fondare. Nelle opere rimaste, comprendenti monografie e trattati pubblicati in piccole edizioni, insieme a decine di recensioni e saggi usciti nel corso della sua lunga carriera su periodici e giornali, si rintracciano tutte le forme della pubblicistica del XVIII secolo: dal resoconto di viaggio, anche in forma epistolare, allo scritto accademico erudito, fino al racconto aneddotico. Nonostante la ricchezza della sua produzione, l’importanza delle sue teorie e l’impegno profuso negli ambiti più diversi, Hirt dovette condividere con molti suoi contemporanei, altrettanto meritevoli di aver dato impulso alla vita culturale del tempo e di aver fatto conoscere ai connazionali le novità artistiche che fiorivano in Italia, la triste sorte della Vergessenheit. Sebbene la scomparsa dell’autore dal firmamento culturale e artistico della sua epoca non sembra essere in alcun modo giustificabile, si ritiene di poter rintracciare nel cambiamento dei tempi una prima ragione di tanta noncuranza: il classicismo restauratore, di cui Hirt si faceva portavoce, dovette risultare troppo rigido alla generazione dei suoi primi allievi che, proiettati ormai in un’ottica già completamente romantica, non riuscirono a scorgere la grande carica innovativa del suo pensiero. È stato ancora una volta grazie all’opera di Zimmer e della Sedlarz che, solo pochi anni fa, si è cercato di fissare il profilo scientifico di Hirt e di valutare la sua incidenza sulla cultura berlinese . Il presente lavoro prende le mosse proprio dall’invito che i due studiosi hanno rivolto alla ricerca: quello di dedicare a Italien und Deutschland e alla sua storia un’analisi approfondita, in grado di gettare nuova luce su un periodico rimasto troppo a lungo nell’ombra. Una prima linea di indagine sarà quella volta a ricostruire la rete di stimoli, di interessi culturali e di rapporti che si intrecciò tra i protagonisti di questa vicenda: le circostanze insomma che portarono alla nascita del sodalizio tra Moritz e Hirt. Si cercherà in primo luogo di risalire alle origini del progetto, di cui non rimane traccia alcuna se non i pochissimi riferimenti indiretti presenti nella corrispondenza di Goethe. Il carteggio tra i due autori è andato perduto, così come qualsivoglia altra testimonianza in grado di attestare lo scambio di idee intercorso fra loro e di far luce sui motivi che portarono all’improvviso abbandono della collaborazione da parte di Hirt e alla fine stessa del periodico. Si passerà di qui a valutare in che misura, nell’edizione finale del giornale, ci si sia discostati dall’idea contenuta nel programma originario. Tale questione pone, a sua volta, un problema di classificazione relativo al genere testuale della rivista. Nel tentativo di delinearne il profilo, così da attribuirle uno status specifico, si cercherà di evidenziare la novità insita nell’idea di una pubblicazione giornalistica organica volta a privilegiare lo scambio fra i due paesi, che già alcuni contemporanei di Hirt e Moritz avevano invano cercato di mettere in piedi. Capire quanta parte dell’attualità italiana venisse trasmessa, in quegli anni, ai lettori d’oltralpe rappresenterà un punto di riferimento importante per comprendere quale fosse la domanda culturale a cui Italien und Deutschland intendeva rispondere, soprattutto rispetto a una visione della penisola, diffusa nella Germania del tardo XVIII secolo, legata esclusivamente alle idealità classiche. Il riferimento al dato attuale e l’attenzione per tematiche nuove come quelle riguardanti la contemporanea produzione artistica europea rappresenteranno il primo indicatore di una problematizzazione del richiamo unilaterale al classico, che sul finire del secolo le spoliazioni napoleoniche contribuiranno a mettere ulteriormente in crisi. In effetti, le confische francesi provarono duramente l’identità culturale italiana, che si vide così depredata del suo ruolo di centro propulsore dell’arte. Ad essere messo in discussione fu il primato stesso dell’antico, cui si iniziò a preferire il fermento di Londra e Parigi, sempre più avvertite come vera alternativa alla «decadente» Roma. Si ribalta così un concetto che fino ad allora era stato predominante: quello per cui la magnificenza della «Roma antica» era tale da annullare il volto degradato della «Roma moderna», alla quale in primo luogo il sistema politico ed ecclesiastico, avvertito come corrotto dalla maggior parte dei viaggiatori stranieri, aveva impedito di rinnovarsi . Nella rivista risulta evidente proprio come, accanto all’immagine dell’Italia quale terra in cui fare l’esperienza massima dell’antico, stesse iniziando a prendere forma in questo periodo l’idea di un paese dove potersi finalmente confrontare anche con i vari aspetti della modernità. Si vedrà come anche lo stesso Moritz cominci a proiettarsi verso una tale ottica. La sua visione dell’Italia non ruotava, come per Goethe, in maniera totalizzante attorno alla rievocazione di un mondo classico, che pure rimane un punto fermo nella costituzione della propria coscienza artistica, ma poneva al centro dell’indagine l’elemento vitale della contemporaneità. Uno degli intenti che questo studio vuole perseguire è allora quello di dimostrare come la vera novità del periodico risieda nel grande interesse rivolto dai suoi autori al linguaggio artistico della «Roma moderna», fino ad allora influenzato, come detto, dal forte pregiudizio sulla decadenza italiana che aveva spinto molti tedeschi a misconoscerne il valore . Si vorrà inoltre provare che l’inizio di un ripensamento del richiamo unilaterale al classico in Italien und Deutschland risulta altresì testimoniato dall’apertura a tematiche che, quand’anche non di argomento contemporaneo, restavano comunque estranee al canone del tempo. Ciò troverà esemplificazione, tra gli altri, nel saggio sull’architettura delle basiliche paleocristiane e nello scritto che sancirà la riscoperta di un artista del primo rinascimento quale Giovanni da Fiesole, rimasto, al pari di molti suoi contemporanei, all’ombra di quei maestri come Michelangelo, Tiziano e Raffaello che, soprattutto in virtù delle teorie di Raphael Mengs, avevano oscurato il resto del panorama quattrocentesco. Dopo aver inserito il lavoro al progetto dei due autori nell’ambito dei loro rispettivi percorsi di vita, da cui non si può prescindere, soprattutto tenuto conto di quanto in essi si rifletta l’epoca di transizione cui Hirt e Moritz appartengono, si procederà alla presentazione dell’opera. Dapprima verrà dato conto dell’organizzazione generale della rivista, mentre nella seconda parte del lavoro si cercherà, in maniera più dettagliata, di restituire alla specificità dei singoli interventi la loro funzione centrale e comunicativa, disegnando, attraverso alcuni di quelli più significativi, la mappa dei motivi e dei temi offerta dal giornale ai suoi lettori. Prima ancora però l’indagine sarà indirizzata alla ricostruzione della fortuna di Italien und Deutschland, cercando di valutare quanto e quale interesse una rivista del genere abbia potuto suscitare nel pubblico dell’epoca, e che tipo di risultati concreti poté sortire l’opera sul mercato letterario. Un’ultima linea di ricerca sarà, infine, quella dedicata al confronto tra i contributi pubblicati da Moritz nel periodico e la loro riproposizione all’interno del suo diario di viaggio. In questa sede, dopo una breve ricostruzione della genesi delle Reisen, si procederà all’analisi delle varianti contenutistiche delle due stesure, cui seguirà l’esame delle modifiche sintattiche, stilistiche e ortografiche, apportate di volta in volta in entrambe le versioni dei testi moritziani. Fine ultimo della ricerca è dunque quello di salvare dall’oblio Italien und Deutschland, mostrando, attraverso la grande varietà dei riferimenti che è possibile rintracciare a partire dalle sue pagine, come questa sconosciuta rivista della Goethezeit rappresenti un mondo tutto da scoprire
Gegenstand meiner Dissertation ist die von Karl Philipp Moritz und Aloys Hirt herausgegebene Kunst- und Literaturzeitschrift Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst, die in den Jahren 1789-1792 im Verlag der akademischen Buchhandlung in Berlin erschien. Es handelt sich dabei um ein zweibändiges Werk, das insgesamt aus sechs Heften besteht: vier im ersten und zwei im zweiten Band. Die sechste und letzte Nummer wurde 1793 posthum von unbekannten Gelehrten ediert. Das Forschungsinteresse dieses Periodikums der Goethezeit liegt u.a. in der Konstruktion und Verbreitung eines spezifischen Italienbilds im Deutschland des späten 18. Jahrhunderts. Der Titel beschwört emphatisch sowohl die Synthese zweier unterschiedlicher Kunstgrundsätze als auch die Vielfalt der Themen, die den kulturellen Austausch kennzeichnen. Italien und Deutschland fungiert also als Beobachtungsstelle für die verschiedenen Motive des deutsch-italienischen Kulturaustauschs im 18. Jahrhundert und spiegelt die Auseinandersetzung mit vielen sozialen und anthropologischen Aspekten Italiens wider. Die Forschung hat sich bisher nicht näher mit dieser Zeitschrift beschäftigt, obwohl sie aus dem in Rom um Goethe entstandenen Freundeskreis hervorgegangen ist. Italien und Deutschland erscheint aber auch nicht in den verschiedenen Listen der deutschen Zeitschriften des 18. Jahrhunderts . Erst mit dem Projekt der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen, 1987 entstanden, taucht das Periodikum offiziell in einem Index zu deutschsprachigen Rezensionsorganen des 18. Jahrhunderts auf. Die Universität Bielefeld hat dann alle Periodika dieses Registers im Rahmen der Retrospektiven Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem dt. Sprachraum online gestellt. Seit Februar 2008 - der zweiten Phase dieses Projekts - ist Italien und Deutschland somit in digitaler Form verfügbar. Der Grund dafür, dass sie bislang nicht Gegenstand der Forschung geworden ist, liegt zunächst bestimmt in der besonderen Forschungs- und Editionssituation der Schriften der beiden Herausgeber und Hauptautoren. Tatsächlich ist die Wiederentdeckung von Moritz’ Schöpfungen relativ neu, obwohl seine Schriften eine differenziertere Neueinschätzung von Aufklärungstendenzen möglich machen. Sein Werk liegt erst seit 1997 in einer vollständigen kritischen Werkausgabe vor. Besonders begrenzt scheint das Interesse der Wissenschaftler für seine Redaktionsarbeit zu sein: Das Journal Italien und Deutschland wird in der Tat von der Forschung nur im Zusammenhang mit seinen Reisen eines Deutschen in Italien erwähnt. Und doch war es neben dem Reifewerk eine weitere Folge seines Italienaufenthalts. Noch unglücklicher war das Schicksal Aloys Hirts, dessen Name lediglich mit der Vorgeschichte der Berliner Museen verbunden ist. Seine Figur ist bald ins Abseits geraten, und daher gibt es nur verstreute und unvollkommene Informationen und Meinungen über ihn bzw. über seine Schriften. Eine umfassende Forschung über sein literarisches Schaffen fehlt noch, obwohl er für einen vielseitigen Gelehrten gehalten werden kann: Er war Archäologe, »Altertumsforscher, Lehrer, dilettierender Architekt, Kunstschriftsteller, Bildungspolitiker, Schauspielintendant, Kunst- und Architekturtheoretiker, Kunstkritiker und Repräsentant der Preußischen Hofkultur« . Umfangreich war auch seine schriftstellerische Produktion, obwohl viele Exemplare seiner Werke dezimiert wurden oder nur schwer zugänglich sind. Erst in den letzten Jahren wurden zwei Aufsätze über Italien und Deutschland veröffentlicht: Die Abhandlungen der Kunsthistorikerin Claudia Sedlarz, die die Arbeitsstelle Berliner Klassik der Akademie der Wissenschaften zu Berlin leitet, und die des Archäologen Jürgen Zimmer . Beide halten die Gleichgültigkeit gegenüber dem Periodikum für ein großes Versäumnis der Kunstgeschichte. Deswegen hoffen sie auf eine gründliche Untersuchung der Zeitschrift, die sich aber aus verschiedenen Gründen nicht so einfach durchführen lässt. Zunächst bleiben bei der Rekonstruktion ihrer Geschichte bedeutende Fragen noch offen: Unter welchen Umständen und auf welchen Grundlagen entstand die Zusammenarbeit von Moritz und Hirt sowie das Projekt des Journals? Welches war das ursprüngliche Programm? Aus welchem Grund unterbrach Hirt seine Mitarbeit abrupt? Wie kann das plötzliche Ende der Zeitschrift erklärt werden? Auf all diese Forschungsprobleme gehe ich in dieser Arbeit an, obwohl sie sich in manchen Fällen leider nur schwer und partiell lösen lassen, weil dafür wesentliche Elemente noch fehlen. Dazu zählen eine editorische Einleitung und Absichtserklärung, ein Register und, noch wichtiger, ein Briefwechsel zwischen den beiden Herausgebern. Da man über keine Quellen aus erster Hand verfügt, kann man sich nur auf Erwähnungen und Andeutungen stützen, die in der Korrespondenz von Zeitgenossen der beiden Autoren enthalten sind, obwohl auch hier die Informationen gering bleiben. Im Vordergrund steht natürlich Goethe und sein Briefwechsel mit Freunden und Kunstgenossen in Italien. Nur dank dieser Grundlage konnte man in der Forschung auf die Ursprünge des Projekts und der Zusammenarbeit seiner Autoren schließen. Im ersten Teil meiner Arbeit versuche ich die Entstehungsgeschichte von Italien und Deutschland zu rekonstruieren und darüber hinaus auch die verschiedenen, oben genannten, dunklen Seiten ihrer Entwicklung, wie z. B. die Gründe für den Originalitätsmangel im zweiten Teil des Organs, für das Ende der Mitarbeit Hirts, für den Abbruch der Zeitschrift und die Veröffentlichung der letzten Nummer von »einigen« anonymen Gelehrten, aufzuklären. Über den ursprünglichen Plan des Journals kann man wohl vermuten, dass es das Ergebnis einer gleichen, jeweils unabhängig voneinander entstandenen Idee beider Autoren war, die wahrscheinlich zuerst von Goethe zusammengebracht worden waren. Was Moritz betrifft, stand er vor dem Problem, seinen Romaufenthalt selber finanzieren zu müssen. Das Geld, das er von dem Braunschweiger Verleger Joachim Heinrich Campe für die Fassung einer italienischen Reisebeschreibung bekommen hatte, reichte nicht aus und so versuchte Moritz sich weitere Finanzierungen zu beschaffen. Zu diesem Zweck unterbreitete er dem Verleger Göschen ein Zeitschriftprojekt . An dieser Stelle muss aber gesagt werden, dass der Schriftsteller bei fast allen Berliner Verlegern als »säumiger, unzuverlässiger und stets honorarbedürftiger Autor« bekannt war. Also setzte er seine Hoffnungen auf zwei Männer, zu denen er persönliche Beziehungen hatte: eben auf Campe und Göschen. Da aber Göschen verreist war und auf seinen Brief nicht geantwortet hatte, musste Moritz sein Projekt sehr wahrscheinlich zurückstellen. Erst in der letzten Phase seines Romaufenthalts wurde der Plan Moritz’ von Goethe selbst unterstützt. Der ‚Vater’ des Werthers hatte inzwischen bereits kurz nach seiner Ankunft in Rom die Dienste Hirts in Anspruch genommen und ihn in einem Brief an Wieland als »ein trockner, treuer fleißige Deutscher, der schon recht schöne historische Kenntniße von Rom und von der Kunst hat[e]« bezeichnet. Seine Absicht war, den jungen Fremdenführer als festen Mitarbeiter des Deutschen Merkurs zu etablieren. Aus Angst, das Profil seiner Zeitschrift zu ändern, lehnte Wieland dies allerdings ab und machte Goethe den Vorschlag, dass Hirt »seinen Plan in einem eigenen KunstJournal ausführen soll[te]« , wozu er ihm einen guten Verleger zu verschaffen hoffte . Wie man den Worten Wielands entnehmen kann, hatte Hirt - wie Moritz - vor, eine Kunstzeitschrift zu gründen, die »eine dauernde Verbindung zwischen Deutschland und Italien« schaffen könnte. Wahrscheinlich wollten sie also ursprünglich in ihrem Organ zwei Dinge zusammenführen: die Berichterstattung über zeitgenössische Kunst und die Unterrichtung in Kunstgeschichte, ohne die ein Studium der Kunst nicht vollständig sein konnte . Obwohl Moritz 1789 von der Akademie der Künste in Berlin gerade aus dem Grunde angestellt worden war, künstlerische Kenntnisse zu verbreiten, beschäftigt sich nur Hirt in der Zeitschrift mit Kunstthemen . Moritz dagegen konnte seine eigenen Ausführungen über römische Kunstwerke für andere Publikationen aufheben. Er veröffentlichte seine Abhandlungen über Kunst vor allem in der Monatsschrift der Akademie der Künste und mechanischen Wissenschaften zu Berlin, mit der unser Journal zusammen gesehen werden muss. Da ihm also für seine eigene Zeitschrift nicht mehr viel Zeit blieb, kam er auf die Idee, Berichte über das Land, in dem er die Kunst vorfand, zu liefern. Die von Claudia Sedlarz aufgestellte These einer Planänderung kann nur durch den Wechsel des Titels des Periodikums bestätigt werden . In den zwei Briefen, die der Kupferstecher Johann Heinrich Lips - der schweizerische Künstler, der vier der wunderbaren Illustrationen der Zeitschrift schuf - an Goethe schrieb, wird der ursprüngliche Name des Werkes bekannt gegeben: »Die Platten zu den Ephemeriden der Kunst für Moritz und Hirt sind jez fertig« . Der Übergang zu dem nicht speziellen Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst lässt auch an einen Wechsel des Inhalts denken. An dieser Stelle kann man nur vermuten, dass Hirt von der Entscheidung seines Kollegen sehr enttäuscht war und dass auch er wegen dieser zunehmenden Interesselosigkeit Moritz’ für das Projekt den Plan fallen ließ. Seine anfängliche Begeisterung und seine folgende Enttäuschung kommen sehr deutlich in dem einzig erhaltenen Brief an Goethe, in denen Hirt über die Zeitschrift schreibt, vor: Ich habe bereits alle Artikel für das erste Heft der periodischen Schrift fertig, die Herr Professor Moritz und ich zusammen herausgeben wollen. Lips hat auch schon eine Platte hiezu gestochen, nemlich die Predigt aus der Kapelle des Fra Giovanni Angelico von Fiesole, wovon ich die Beschreibung machte. Er wird nun an den Marius von Drouais gehen, mit deßen Lebensbeschreibung ich nun beschäftiget bin. Mein Artikel hiezu von der Architektur sind historisch-architektonische Beobachtungen über die christlichen Kirchen, die wie ich glaube mir nicht übel gelungen. Der chevalier d’Agincourt war sehr mit meinem Plan zufrieden, und auf sein Verlangen übertrage ich nun den ganzen Aufsaz ins französische. Ich habe die Briefform zum Vortrag gewählt, und wünschte sehr, Ihren Namen voranzusezen, aber ohne Ihre Erlaubniß, oder die Erlaubniß des Herrn Herders in Ihrem Namen werde ich mir so viele Freyheit nicht nehmen . Die ursprüngliche geplante Kunstzeitschrift verwandelte sich also in ein Journal, das nicht nur aus kunstgeschichtlicher, sondern auch aus literaturwissenschaftlicher, anthropologischer und philologischer Sicht analysiert werden kann. In diesem Sinn ist der neue Titel und besonders der Untertitel des Periodikums zu verstehen. Die Formel »Sitten und Gebräuche, Litteratur und Kunst« könnte man heute mit dem Begriff „Kultur“ ausdrücken . In dieser Hinsicht kann Italien und Deutschland als die erste deutsch-italienische kulturvermittelnde Zeitschrift betrachtet werden. Nach Michele Cometas Meinung liefert sie eine vollkommen anthropologische Darstellung der italienischen Phänomene der Kultur, denn sie konzentriert sich nicht nur auf die Kunst, sondern auch auf die Sitten des Volkes . Was aber noch bedeutender zu sein scheint, ist sicherlich die Aufmerksamkeit beider Autoren auf die aktuelle Wirklichkeit Italiens, die durch eine ansehnliche deutsche Delegation bestimmt war. Das verbreitete Bild Italiens als Wiege der Antike macht einer fortschrittlicheren Anschauung der Dinge Platz, wo unsere Halbinsel zu einem Land der Modernität wird. Hier fand die größte künstlerische Erneuerung statt, die auch durch die Vermittlung der deutschen aus Italien berichtenden Periodika für die preußischen kulturellen Reformen der Zeit von großer Bedeutung werden sollte. Auch wenn der anfänglichen Idee des Journals nicht mehr entsprochen werden konnte, stellt Italien und Deutschland einen in die Tat umgesetzten Gedankens dar, dessen Verwirklichung in der Spätaufklärung schon oft angestrebt war . Auf solche geplante und nicht ausgeführte Zeitschriften werde ich auch in meiner Analyse eingehen. Es geht um die gescheiterten Pläne von Wilhelm Heinse, Friedrich Müller und den Brüdern Genelli, die mit der Herausgabe eines solchen Magazins nicht nur den kulturellen Austausch zwischen den zwei Ländern pflegen wollten, sondern dadurch auch ihre schlechte finanzielle Lage aufzubessern hofften. Was die Struktur des Periodikums betrifft, das also die Beiträge zweier Autoren versammelt, sind die ersten drei Hefte nahezu ausschließlich von Hirt und Moritz selber geschrieben worden. Außer ihnen hat für den ersten Band nur der Maler Johann Gottlieb Puhlmann einen kleinen Aufsatz geliefert. Die Artikel sind aber stilistisch und inhaltlich sehr unterschiedlich und dadurch wird auch die Erwartung eines folgerichtigen Inhalts enttäuscht. Auch die Abfolge der einzelnen Beiträge ist durch kein festes Kompositionsprinzip geregelt. Der Verzicht auf ein systematisches bzw. methodisches Vorgehen und der Wechsel von erzählerischen zu brieflichen oder anekdotischen Formen kommen aber dem stilistischen und thematischen Eklektizismus, wie ihn Hirt und Moritz betrieben, entgegen. Die Erlaubnis dazu ist auch von der Literaturform „Zeitschrift“ selbst auf gewisse Weise gegeben. Trotzdem zeugt dieser erste Teil des Journals von beträchtlichem Elan. Die folgenden Nummern bieten dagegen keine Originalbeiträge und keine Berichte aus dem aktuellen Kunstleben in Rom mehr, sondern nur Reisebeschreibungen aus anderen Gegenden sowie Übersetzungen und Nachdrucke. Außerdem endet, wie gesagt, Hirts Mitarbeit 1790, obwohl er vorher die treibende Kraft von Italien und Deutschland gewesen zu sein scheint. Die unterschiedlichen Inhalte und Vorgehensweisen der Autoren kommen in der Dissertation ebenfalls zur Sprache. Im Allgemeinen liefert Moritz in der Zeitschrift kuriose und unterhaltsame Artikel, in denen er sich u. a. als „Menschenbeobachter“ erweist. Im Gegensatz dazu schreibt Hirt, wie es seinem Interesse entsprach, intellektuelle Abhandlungen, die das Ziel haben, objektive Berichte darzustellen. Ich werde dabei auf die methodologischen Unterschiede der beiden Autoren bei der Behandlung ähnlicher Themen eingehen und insbesondere einige Themenschwerpunkte der Zeitschrift herausarbeiten. Innerhalb des Journals stellt z.B. Moritz dem Artikel Hirts über den tragischen frühen Tod des französischen Malers Drouais den Beitrag über den früh gestorbenen deutschen Künstler August Kirsch gegenüber. Es gibt aber auch enge Parallelen zwischen einigen Abhandlungen Hirts und Passagen der Reisebeschreibung Moritz’, die ähnliche Themen behandeln, wie z.B. der Bericht über die Trockenlegung der Pomtinischen Sümpfe. Besonders wertvoll ist die Untersuchung der Beiträge Hirts, die in vielen Fällen innovativ und sich daher für die Entwicklung der Kunstgeschichte und der Architekturtheorie als sehr bedeutend erweisen. Unter seinen Texten finden sich Themen, die keineswegs zum klassizistischen Kanon gehörten. Die ausführliche Beschreibung der in Vergessenheit geratenen „Cappella Niccolina“ im Vatikan, die mit den Fresken von Fra Giovanni da Fiesole ausgemalt worden war, ist z. B. als nicht dem Klassizismus zuzuordnen. Ebenso neu ist das Thema des Goethe gewidmeten Artikels über den frühchristlichen Kirchenbau, der als Zeichen wachsender Aufmerksamkeit für Modernität zu verstehen ist. Die große Auswahl der in diesem Blatt behandelten Gegenstände bietet überdies genug Material, um die unterschiedlichen Positionen zweier Herausgeber hinsichtlich ihrer jeweiligen ästhetischen Konzeption eingehend zu behandeln. Auch der Aspekt der Rezeption muss einen der wesentlichsten Punkte der Forschung darstellen. Vermutlich ist das Periodikum lange Zeit kaum von der Wissenschaft rezipiert worden, weil zunächst einmal seine Verbreitung eher gering und kaum bewiesen war. Otto Harnack, der die Zeitschrift bestimmt gut gekannt hat , bemerkt: »[W]enigstens hatten weder die später von Hirt und Moritz gemeinsam herausgegebene Zeitschrift, noch sogar Goethe’s Propyläen sich der Gunst des Publikums zu rühmen« . Von drei Rezensionsorganen der Zeit wurden die Artikel der ersten Hefte kurz rezensiert . Darüber hinaus wurde der Quellenwert der Zeitschrift erst in jüngerer Zeit von einigen Architekturtheoretikern wahrgenommen . In der Arbeit stelle ich auch die wichtigen Informationen vor, die ich aus den verschiedenen Bibliotheken des deutschen Sprachraums, welche Exemplare von Italien und Deutschland besitzen, gesammelt habe. Meistens war es nicht möglich, Auskünfte über die Erwerbung der Hefte zu bekommen, da darüber keine Aufzeichnungen vorhanden sind. In manchem Fall lässt es sich aber durch den Besitzstempel auf dem Titelblatt oder durch einige handschriftliche Vermerke ungefähr rekonstruieren, wann und auf welchem Wege die Bände in den Besitz der jeweiligen Bibliotheken gelangten. Darüber hinaus ist ein Teil der Arbeit dem Vergleich zwischen Moritz’ Journalistenbeiträgen - den Vorabdrucken in Italien und Deutschland - und den entsprechenden Aufsätzen in seinem italienischen Tagebuch gewidmet. Etliche Artikel, die Moritz in der Zeitschrift publizierte, wurden ab 1792 zusätzlich in seinen Reisen eines Deutschen in Italien gedruckt. Sie enthalten Reiseeindrücke, Auseinandersetzungen mit dem Fremden und zentrale Fragen ästhetisch-erkenntnistheoretischer Natur. Nachdem ich mich zuerst kurz mit den Hintergründen zur Entstehung der Tagebuchfassung beschäftigt habe, werde ich auf Varianten hinsichtlich des Inhalts eingehen. Anschließend werden weitere Änderungen im Bezug auf syntaktische, stilistische und orthographische Merkmale aufgezeigt. Dabei kann man nicht davon ausgehen, dass die Reisen-Ausgabe mit der Zeitschrift-Fassung vollkommen identisch ist. Die beiden Versionen von Moritz’ Schriften weisen erhebliche Unterschiede auf, die auf verschiedene Gründe zurückzuführen sind. Im Hinblick auf stilistische und wörtliche Veränderungen dienen die Abweichungen grundsätzlich dazu, Unstimmigkeiten vielerlei Art auszubessern. Daraus lässt sich folgern, dass die Artikel aus Italien und Deutschland wohl als Vorabdrucke der Reisen eines Deutschen in Italien betrachtet werden können. Das findet seine Bestätigung auch in der Modernisierung der Reisen-Texte, die nicht einheitlich durchgeführt wurde (stellenweise ist die originale Schreibung, höchstwahrscheinlich aus Versehen, gehalten). Daraus kann man schließen, dass die Zeitschriftartikel den Tagebuchbriefen vorausgehen. In inhaltlicher Hinsicht spielt das Medium eine entscheidende Rolle. Außer der notwendigen Anpassung der Texte an die jeweilige literarische Form, unterscheidet sich die Buch- von der Zeitschrift-Fassung durch die Einschränkung der Reflexionen über die Wahrnehmung Italiens. Obwohl das Journal für sein fragmentarisches Wesen nur einige Skizzen Italiens liefern kann, ist hier das Bild des gelobten Landes viel realistischer. Durch seine Kritik, die auf viele Aspekte der italienischen Kultur gerichtet ist, relativiert Moritz das Traumbild von Italien als Paradies, das in der größeren Reisebeschreibung einen ungebrochen positiven Charakter bekommt . Der Endzweck der vorliegenden Studie besteht darin, die Zeitschrift Italien und Deutschland der Vergessenheit zu entreißen und die Vielfalt ihrer Bezüge herauszuarbeiten. Kurz gesagt möchte ich zeigen, dass dieses unbekannte Organ der Spätaufklärung eine noch zu entdeckende Welt darstellt
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Vignocchi, Ludovica. « Septische Kardiomyopathie : Eine zu selten gestellte Diagnose ? La traduzione in ambito medico : traduzione di un articolo tratto da una rivista di settore ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Résumé :
In questo elaborato si è scelto di presentare la traduzione di un testo medico, proveniente da una rivista di settore. La motivazione che mi ha spinto a scegliere questo testo in particolare era il desiderio di tradurre una tipologia testuale che potesse coniugare le mie due grandi passioni: il tedesco e la medicina. Durante il tirocinio curricolare mi era più volte capitato di rivedere traduzioni di foglietti illustrativi dei medicinali, ma volevo entrare in contatto con testi che trattassero più da vicino la medicina. L’obiettivo è quello di analizzare un testo medico in tedesco ed evidenziarne le sue caratteristiche e difficoltà durante il processo di traduzione verso l’italiano. L’elaborato è suddiviso in cinque capitoli: nel primo si introduce la traduzione specializzata, aprendo una piccola parentesi sulla traduzione dei testi medici. Nel secondo capitolo, invece, viene presentato il testo originale scelto per l’elaborato, accompagnato da un’analisi delle sue caratteristiche linguistico-sintattico-terminologiche. Nel terzo capitolo viene presentata la traduzione del testo, seguito da un breve glossario terminologico. Il quarto capitolo presenta le strategie traduttive adottate durante il processo di traduzione, sia a livello sintattico, che terminologico.
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MAROLDA, MARTINA. « Le immagini al potere, le immagini del potere. La rappresentazione fotografica dell'architettura contemporanea nelle riviste italiane di settore (1928-1943) ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1030950.

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Résumé :
La tesi di dottorato di Martina Marolda, dal titolo "Le immagini al potere, le immagini del potere. La rappresentazione fotografica dell'architettura contemporanea nelle riviste italiane di settore (1928-1943)", pone alla base di tutto il lavoro di ricerca un riscontro diretto tra le fonti primarie - ovvero le otto testate oggetto di studio: “Architettura”, “L'Architettura italiana”, “Casabella”, “Domus”, “Emporium”, “Quadrante”, “Rassegna di architettura”, “lo Stile” e le due riviste estere di “Moderne Bauformen” e “L'Architecture d'Aujourd'hui” - e le fonti archivistiche. Dal recupero di documenti quali lettere, atti notarili, fotografe e testi originali l'autrice ripercorre la vita e l'evoluzione di ogni testata, i rapporti tra le stesse così come quelli con il regime. Attraverso il materiale fotografico di prima mano, la tesi ricostruisce la politica editoriale iconografica e l'orientamento visivo di ogni singola rivista grazie ai segni tipografici e alle annotazioni riportate sul verso delle immagini ma anche all'analisi dei materiali scelti e inclusi nelle pubblicazioni posti a confronto con quelli scartati. La verifica delle immagini fotografiche pubblicate nelle riviste attraverso gli originali presenti nei fondi archivistici consultati, ha permesso anche l'attribuzione certa delle stesse a determinati fotografi e dunque di ricostruirne l'autorialità. Tra gli archivi studiati dall'autrice si ricordano: l'Archivio Anna Maria Mazzucchelli, il Fondo Marcello Piacentini e il Fondo Roberto Papini, l'Archivio Pietro Maria Bardi, il Centro Studi Giuseppe Terragni, il Fondo Angiolo Mazzoni. Per i fotografi e gli architetti-fotografi sono stati determinanti: il Fondo Ico Parisi, l'Archivio Fotografico Pagano, il Fondo Anderson, l'Archivio Fotografico La Triennale di Milano. Lo stesso approccio metodologico è stato mantenuto anche per la rivista francese de “L'Architecture d'Aujourd'hui”. Dall'indagine dei fondi di coloro che hanno animato più direttamente la vita del periodico tra le due guerre, l'autrice ha prestato particolare attenzione a quelli di Pierre Vago, redattore capo, di Auguste Perret, di André Lurçat e di Le Corbusier, dai quali sono emersi carteggi e materiali fotografici originali di notevole importanza. La tesi di dottorato di Martina Marolda si muove su cinque nodi tematici principali, esplicitati in cinque diversi capitoli. Il primo capitolo pone in evidenza e ripercorre la vita e l'evoluzione delle nove riviste italiane studiate, dalla loro nascita alla loro dissoluzione. Si tratta di una vera introduzione metodologica che, attraverso il recupero e la ricostruzione delle fonti archivistiche, evidenzia connessioni, retroscena e aspetti inediti di una fervida stagione, ponendo in relazione l'attività dei periodici di settore con gli eventi socio-politici negli anni tra il 1928 e il 1943. Sono inoltre indagati tutti i tentativi, a volte portati a termine, di tentate fusioni e di accorpamenti tra un periodico e l'alto, dai quali emergono alcune figure di spicco, primo fra tutti l'architetto Marcello Piacentini. Infine sono ricostruite le tirature di alcune riviste principali per determinati anni tra il 1930 e il 1936, che sono utili a indicare la diffusione effettiva di “Casabella”, “Domus” e “Quadrante”. Il secondo capitolo indaga invece in dettaglio le riviste come oggetto fisico e dunque la loro materialità. Partendo dalla copertina, passando per gli interni e arrivando alla quarta di copertina, i periodici sono dunque analizzati da un punto di vista soprattutto grafico e tipografico attraverso un'ampia indagine storiografica e in continuo dialogo con i loro modelli visivi di riferimento, in particolar modo europei. L'impaginato e la griglia grafica, così come la tipografa, risultano infatti elementi imprescindibili e fondamentali per la lettura delle stesse: sono oltretutto il contesto in cui l'immagine fotografica trova la sua collocazione, rappresentando in definitiva il legante di questa con il testo. Un ultimo paragrafo è infine dedicato alle riviste come “oggetto da esposizione”, ovvero alla profusione di mostre di arte grafica negli anni Trenta, in Europa come in Italia, che portano in scena i periodici in qualità di vera opera d'arte, appendendoli a parete e allestendoli con modalità non canoniche e con artifici dedotti dalla grafica stessa. Il terzo capitolo entra invece nel vivo dell'immagine fotomeccanica, ovvero della fotografia pubblicata nei principali periodici italiani di settore indagati nel periodo compreso tra il 1928 e il 1943. Dopo aver preso in considerazione la tipografa e l'impaginato, si pone in relazione l'utilizzo delle immagini sia con gli artifici grafici che con i testi, trovando analogie e divergenze tra i diversi linguaggi e prendendo come esempio il caso rappresentativo della Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932 per la risonanza mediatica che questa riscuote tra le pagine dei periodici nazionali. Inoltre si indagano anche i nessi e le diversità tra le varie immagini pubblicate: si riscontrano allora ricorrenze formali e semantiche o scelte iconografiche completamente diverse; la prevalenza dell'uso della fotografa rispetto al disegno o viceversa; la predilezione degli esterni o degli interni dei manufatti architettonici, così come la presentazione dei particolari o degli interi. Un paragrafo importante si ferma ad analizzare il “tempo” della fotografa, prendendo in considerazione particolari montaggi e soprattutto fotomontaggi, assai diffusi e dunque elemento narrativo fondamentale ad esempio in “Quadrante”. Infine, grafici e tabelle restituiscono scientificamente nomi di autori e di soggetti architettonici maggiormente rappresentati, a livello di immagine, e dunque più diffusi nelle riviste analizzate, in un'analisi di ricorrenze numeriche che delineano una vera e propria fortuna visiva di determinati architetti e manufatti negli anni tra le due guerre in Italia. Un ultimo paragrafo indaga in dettaglio i modelli iconografici stranieri presenti all'interno degli stessi periodici italiani, anche in questo caso con rigore scientifico e con ricorrenze numeriche: il risultato è un vero e proprio orientamento visivo di alcune riviste nazionali nei confronti di architetti esteri. Il quarto capitolo rappresenta il cuore della tesi: in questo contesto si analizzano dettagliatamente le immagini fotografiche pubblicate all'interno delle riviste per capire il peso da esse assunto per la definizione delle politiche editoriali iconografiche dei diversi periodici e soprattutto come elementi visivi discriminanti per la comunicazione e divulgazione dell'architettura negli anni Trenta. Dopo aver analizzato un primo e fervido dibattito storiografico, sorto in Italia negli Ottanta e che vede Italo Zannier tra i suoi principali fautori, l'autrice ne evidenzia i limiti, procedendo poi a una vera e propria definizione delle diverse politiche iconografiche espresse dalle testate italiane degli anni e che si esplicano attraverso un'analisi formale e contenutistica delle immagini più ricorrenti, soprattutto in riferimento ai programmi espressi dai direttori. In definitiva, si è voluto indagare come le parole si sono tradotte visivamente, se c'è stata una coerenza o meno negli intenti iniziali e soprattutto come ciascuna rivista abbia interpretato e comunicato l'architettura negli anni tra le due guerre, in un periodo che ha visto l'affermazione del fascismo e la sua svolta totalitaria. Infine viene messa in luce l'immagine divulgata di quattro tra gli autori più rappresentati all'interno delle riviste: Marcello Piacentini, Gio Ponti, Giuseppe Terragni e Giuseppe Pagano. Si analizzano allora le modalità di autorappresentazione, il loro rapporto con la fotografa pubblicata e commissionata e infine le analogie o le differenze con l'immagine che di essi viene data negli altri periodici. Il quinto e ultimo capitolo analizza invece due esempi di riviste straniere europee, geograficamente prossime e in stretto rapporto con quelle italiane per più motivi: “L'Architecture d'Aujourd'hui” per la Francia e “Moderne Bauformen” per la Germania. Due riviste significative in quanto espressione, la prima, di un paese in cui non si instaura un regime totalitario, mentre, è il caso della seconda, di una nazione dove invece irrompe il Nazionalsocialismo, dittatura ad ogni modo diversa dal fascismo in Italia. Due riviste inoltre importanti poiché si definiscono l'una tribuna della modernità, l'altra invece come portavoce del tradizionalismo o comunque del centrismo. Dopo aver dedicato un primo paragrafo alla rappresentazione fotografica dell'architettura francese e tedesca nelle riviste italiane, l'autrice affronta e delinea il progetto grafico così come la ricezione e divulgazione dell'architettura italiana all'interno di entrambi i periodici d'oltralpe, trovando differenze sia nell'impaginato che nella fotografa utilizzata. L'attenzione rivolta all'aspetto iconografico delle riviste, ha reso necessaria un'operazione di digitalizzazione (per pagina tipografica) e di catalogazione delle stesse, che ha portato alla raccolta di oltre 40000 immagini di architetture coeve (realizzate dal 1920 al 1943) e alla costituzione di un database a corredo della stessa tesi di dottorato. Tale banca di dati è risultata uno strumento fondamentale e indispensabile a tutto il lavoro per la sua estrema utilità e per la rapidità di consultazione. Tale database è interrogabile su più fronti, dal momento che ogni immagine è stata catalogata per nome dell'autore (architetto singolo o gruppo), soggetto, occasione/evento (concorso, esposizione), luogo, numero e tipo di rappresentazioni (disegno o fotografa), fotografo (autore dell'immagine), fascicolo della rivista e anno.
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BUCCIARELLI, Paola. « Incertezza : marcatori linguistici in un corpus di articoli biomedici di lingua tedesca tratti dalla rivista divulgativa "Spektrum der Wissenschaft" (1993-2012) ». Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11393/192695.

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Résumé :
Oggetto di studio e significance La presente tesi di dottorato ha per oggetto la comunicazione dell’incertezza in testi di medicina in lingua tedesca. Distinguere le informazioni certe da quelle incerte è di cruciale importanza, poiché il modo in cui viene comunicata una stessa informazione può determinare opposti esiti applicativi. Le politiche sanitarie nazionali sono costruite in base a come vengono comunicati i risultati della ricerca biomedica; la pratica clinica segue la stessa logica nell'adozione di nuove terapie, nella prevenzione e nella diagnosi. Anche la comunicazione scientifica a carattere divulgativo (riviste, tv, dvd,web etc.) svolge un importante ruolo nella diffusione della conoscenza scientifica, nella sensibilizzazione della popolazione e nella conseguente adozione di atteggiamenti e comportamenti. Il gap Esistono studi riguardanti i marcatori di incertezza nella lingua tedesca parlata e in corpora scritti riguardanti l’economia, ma per quanto io ne sappia, non sono ancora stati eseguiti studi riguardanti l’incertezza in corpora di testi medici tratti da riviste scientifiche. Gli obiettivi, il corpus e le procedure di analisi e background teorico La mia ricerca mira a colmare questo gap attraverso l’analisi di un corpus appositamente costruito per l’indagine composto da 60 articoli biomedici di circa 150.000 parole tratti dalla rivista scientifica divulgativa “Spektrum der Wissenschaft” disponibile on line dal 1993 all’indirizzo (http://www.spektrum.de). Ho deciso di effettuare la mia analisi su un corpus di articoli di medicina, scelti in maniera random da suddetta rivista mensile, in quanto è l’unica che ad oggi continua a pubblicare articoli bio-medici in lingua tedesca; mentre altre riviste sia a carattere scientifico, sia a carattere divulgativo, come Monatsschrift Kinderheilkunde, Langenbecks Archives of Surgery and Virchow’s Archiv hanno smesso di scrivere in lingua tedesca nel 1993 e oggi stanno pubblicando esclusivamente in lingua inglese. Il primo obiettivo è stato pertanto quello di effettuare una ricerca qualitativa e quantitativa volta ad individuare quali e quanti marcatori di incertezza utilizzati da chi scrive questo genere di contributi. Gli articoli sono stati analizzati da me e dalla Dott.ssa Christine Berthold, di madrelingua tedesca e docente di lingua tedesca presso l’Università di Lingue e Letterature straniere di Macerata. Le due analiste hanno analizzato i marcatori di incertezza separatamente (l‘indice di accordo – K di Cohen – è risultato pari a 0.80. h . Tale valore è indice di un accordo elevato e dunque di una buona attendibilità dei risultati). Successivamente all’analisi manuale è’stato eseguito un controllo automatico mediante il Software Wordsmith al fine di accertare che tutte le occorrenze fossero state individuate correttamente. Conclusa l’analisi qualitativa e quantitativa, è stato eseguito il test Chi-square (usando SPSS8.0) per verificare se fossero significative le differenze tra: 1) marcatori lessicali e morfosintattici, 2) i diversi marcatori all’interno di ogni categoria. Come ultima analisi sto effettuando il calcolo del dominio (der Skopus in tedesco, scope in inglese) di ciascun singolo marcatore di incertezza, cioè sto calcolando il numero di parole (stringhe) dominato dai marcatori sopra citati. Di ciascun articolo verrà calcolato il numero di parole comunicanti incertezza e certezza. Al momento della redazione del presente abstract, il calcolo non è ancora completo. Il background teorico della mia ricerca è costituito principalmente dalla Teoria del Testo del linguista ungherese J.S.Petöfi (1973, 2004), dal modello teorico del Noto/Certo, Ignoto e Creduto/Incerto (Bongelli, Zuczkowski 2008) e dalla bibliografia specifica sui marcatori di incertezza in lingua tedesca. Risultati Nel corpus sono stati identificati i marcatori di incertezza, sia lessicali [verbi; sostantivi; avverbi e aggettivi; verbi modali; semimodale sich lassen] che morfosintattici [congiuntivo e condizionale; if clauses], che si riferiscono all’autore nel qui e ora della comunicazione. Nei 60 articoli analizzati, la comunicazione di incertezza avviene maggiormente tramite l’uso di marcatori lessicali (55,75%) che morfosintattici (44,25%). Tra i marcatori lessicali di tipo verbale:  il verbo più utilizzato è scheinen con 41 occorrenze su un totale di 51.  il verbo modale: können all’indicativo presente con 274 occorrenze su un totale di 283  il verbo semi-modale sich lassen con 18 occorrenze. Tra i marcatori lessicali di tipo non verbale, i più utlizzati sono;  per gli avverbi : vielleicht con 41 occorrenze su un totale di 142.  per gli aggettivi möglich con 26 occorrenze totali.  per i sostantivi: die Möglichkeit con 10 occorrenze su un totale di 13. Tra i marcatori di tipo morfosintattici, sono emersi :  per la categoria Congiuntivo/Condizionale, il verbo könnten con 124 occorrenze su un totale di 392.  per la categoria if clauses, wenn con 23 occorrenze su un totale di 31. Come mostrano i dati appena presentati, tra i marcatori lessicali, quelli più frequenti sono i verbi modali (283), seguiti dagli avverbi e dagli aggettivi (142+26 =168), dai verbi (51). Tra i verbi modali, il più frequente è können all’indicativo presente; questo dato risulta essere in accordo con quanto sostiene Hyland (1998b): i verbi modali rappresentano la categoria con maggiori occorrenze negli articoli scientifici e la frequenza del verbo modale è di uno su cento parole. Tra gli avverbi, il più frequente è vielleicht, tra gli aggettivi möglich. Il verbo semi-modale sich lassen appare con 18 occorrenze. Tra i verbi, il più utilizzato è scheinen. Questi risultati sembrano evidenziare che gli scrittori preferiscono comunicare la loro incertezza tramite l’uso di marcatori di possibilità piuttosto che con marcatori di soggettività, in quanto preferiscono usare il soggetto in terza persona seguito dal verbo modale come per esempio können rispetto all’utilizzo del soggetto in prima persona seguito dai verbi di pensiero come denken, glauben. Secondo Hyland (1998b, p. 364), questa strategia è utilizzata allo scopo di “minimizing writer presence” ed è dovuta alla “predominant view of science as an impersonal, inductive enterprise.” Per quanto riguarda l’uso dei marcatori morfosintattici, è stato notato un maggiore utilizzo di verbi modali nella forma del congiuntivo e del condizionale, rispetto alle if clauses. Questo dato lascia pensare che lo scrittore preferisca comunicare l’incertezza mitigando con verbi al condizionale piuttosto che utilizzare frasi con wenn, als ob, als wenn. Presa visione. Il prodotto 157020 non ha ISBN ma ISSN, in quanto numero monografico di una serie online (internazionale con referaggio). Perché non può essere valutato?
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IANNUCCI, GIULIA. « La topografia dell'omosessualità nella Berlino della Repubblica di Weimar ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/939863.

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Résumé :
Il progetto proposto vuole essere un'indagine di due tematiche di interesse sociale: la metropoli e l'omosessualità nella Berlino della Repubblica di Weimar. Per quanto riguarda la sfera dell'omosessualità è primariamente opportuno tener conto della questione giuridica concernente tale fenomeno e la accesa discussione nata attorno all'abrogazione dell’articolo di legge 175, che portò ad una illusoria liberalizzazione nel 1929. In riferimento allo sviluppo urbano della metropoli, in quanto entità che influenza ed è contemporaneamente influenzata dai fenomeni sociali, “il grande mostro che tutto divora”, è invece necessario avere presente le numerose indagini portate avanti da autori come Georg Simmel, Siegfried Kracauer, Walter Benjamin e Franz Hessel. Questi autori indicano le coordinate attraverso cui la città viene ad assumere l'appellativo e le connotazioni di metropoli moderna. E’ proprio all'interno di questi nuovi spazi urbani che il fenomeno dell'omosessualità vuole essere analizzato, come parte integrante di quella subcultura urbana razionalizzata che è caratterizzata da due elementi fondamentali e tipici dell'omosessualità weimariana ossia l'anonimato della massa che abita la grande metropoli e la definitiva reificazione dell'individuo e del divertimento stesso. A questo proposito l'interesse intende spostarsi verso l'interazione dell'omosessuale con la città in due direzioni, una esterna ed una interna. La dimensione interna si riscontra nel contatto con i kracaueriani asili per senzatetto dove viene perpetuato il culto del divertimento. L'elemento esterno, invece, si estrinseca nell'attraversamento reale della città, in strade, piazze, vicoli e parchi, i cosiddetti Schwuler-Wege ed in primis nel Tiergarten. Di conseguenza lo scopo è quello di cercare di delineare una vera e propria mappatura della topografia della Berlino omosessuale del periodo 1919-1933 ed in particolare delle sue luci ed ombre intese in senso letterale.
The project aims at investigating two social topics: the metropolis and the homosexuality in Berlin during the Weimar Republic. In reference to homosexuality, it is necessary to take into account the juridical question about such a phenomenon and the lively debate concerning the abrogation of paragraph 175. With regards to the urban development of the metropolis, the main references are the analysis carried out by Georg Simmel, György Lukács, Siegfried Kracauer, Walter Benjamin e Theodor Wiesengrund Adorno. Such authors have underlined the coordinates throughout which the city turns into a modern metropolis. Consequently, the phenomenon of homosexuality is analysed within these new urban spaces: on the one hand, internal spaces where entertainment is worshipped; on the other hand, external spaces such as streets, squares, and parks – notably the so-called schwuler Wege and Tiergarten. Therefore, homosexuality is understood as a fundamental part of the rationalized urban sub-culture that is characterized by the anonymity of the masses and the reification both of the individual and the entertainment itself. The final part is addressed to the delineation of a real topography of the homosexuality in Berlin during the Weimar Republic.
Dem Projekt, das hier vorgelegt wird, liegt die Erforschung zweier Thematiken sozialen Interesses und ihrer gegenseitigen Beeinflussung zugrunde: die Großstadt und die Homosexualität. Der soziologische Ansatz beider Kernpunkte nimmt Ausgang von Analysen, die sich direkt auf den gleichen geschichtlichen und politischen Kontext, die Weimarer Republik, aber auf verschiedene Anwendungsbereiche beziehen. In Hinblick auf den Bereich der Homosexualität ist es nötig, die Rechtslage – vor und während der Weimarer Republik – und die hitzigen Debatten zu berücksichtigen, die die Abschaffung des § 175 und die illusorische Liberalisierung im Jahre 1929 ausgelöst haben. In Bezug auf die städtische Entwicklung der Metropole – als eine Entität, die die Sozialphänomene beeinflusst und zugleich von diesen beeinflusst wird – die von Peter Gay als ein all-devouring monster definiert wird, ist es wichtig, die zahlreichen Erforschungen, die von Soziologen und Philosophen wie Georg Simmel, György Lukács, Siegfried Kracauer, Walter Benjamin und Theodor Wiesengrund Adorno durchgeführt worden sind, zu betrachten. Diese Autoren zeigen die Koordinaten auf, die die Charakteristiken der modernen Metropole ausmachen. Es ist gerade eben in diesen neuen urbanen Räumen, dass das Phänomen der Homosexualität analysiert werden kann. Sie sind ein wesentlicher Bestandteil dieser rationalisierten städtischen Subkultur, die von zwei grundlegenden Elementen, die typisch für die Homosexualität in der Weimarer Zeit sind, charakterisiert wird: die Anonymität der Masse, die die Großstadt bewohnt, und die Verdinglichung des Menschen im Sog des Unterhaltungstriebs. Hierzu verlagert sich das Interesse des Projekts bezüglich der Interaktion der Homosexuellen mit der Stadt in zwei verschiedenen Dimensionen: auf eine „externe“ und auf eine „interne“ Dimension. Die externe Dimension zieht das reale Gewirr der Straßen, Plätze, Gassen und Parks in Betracht. Die interne Dimension hat mit den kracauerschen “Asylen für Obdachlose” zu tun, wo der Kult der Zerstreuung gepflegt wird. Sie sind die Lokale und die zur Subkultur gehörende Clubs wie z.B. „Eldorado“ und „Violetta“, wo sich „das dritte Geschlecht“ treffen konnte. Die innere Dimension könnte sich aber auch auf die spezifische, interne Optik der Homosexuellen beziehen, wobei die externe Dimension den Gesichtspunkt der „Betrachter“ reflektiert. Die zwei Dimensionen finden einen symbolischen und zugleich konkreten Treffpunkt im Motiv der sogenannten backward glances, die das Leben der Homosexuellen in der Stadt charakterisieren. Um das Phänomen anhand dieser doppelten Bewegung - nach außen und nach innen – richtig zu verorten, soll man eine regelrechte Topographie der Homosexualität im Berlin der Weimarer Republik erstellen.
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Livres sur le sujet "Riviste tedesche"

1

Carpi, Anna Maria. La scuola dell'esilio : Riviste e letteratura della migrazione tedesca. Roma : Artemide, 2009.

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La scuola dell'esilio : Riviste e letteratura della migrazione tedesca. Roma : Artemide, 2009.

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Dolfi, Anna, dir. Gli intellettuali/scrittori ebrei e il dovere della testimonianza. Florence : Firenze University Press, 2017. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-562-3.

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Résumé :
«Un’umanità che dimenticasse Buchenwald, Auschwitz, Mauthausen, io non posso accettarla. Scrivo perché ci se ne ricordi»: così Giorgio Bassani a chi gli chiedeva notizie sull’origine della sua scrittura. Guidata da queste parole Anna Dolfi ha costruito un tessuto di suggestioni che hanno spinto studiosi italiani e stranieri e persino alcuni protagonisti a riflettere su narratori, poeti, saggisti, storici, filosofi, editori, artisti, che dalla storia di una difficile appartenenza sono stati indotti a una sorta di fatale, testimoniale dovere morale. Ne è nato un libro di grande novità per taglio e proposte di lettura che, partendo dalla tradizione ebraica antica, da leggende rivissute in chiave politica e libertaria, dopo il Romanticismo e l’Ottocento tedesco porta in primo piano le moderne voci della letteratura/cultura europea e nord americana, della tradizione yiddish e orientale. A ricorrere sono i nomi della grande intellettualità ebraica della Mitteleuropa, di Canetti, Schulz, Döblin, Antelme, Wiesel, Sebald, Oz, Grossman, Nelly Sachs, Irène Némirovsky…, tra gli italiani quelli di Loria, Natalia Ginzburg, Giacomo Debenedetti, Cesare Segre…, soprattutto di Giorgio Bassani e di Primo Levi che, per serbare memoria della tragedia della persecuzione e della Shoah, hanno scelto di collocare la loro intera opera entre la vie et la mort. Inducendo a ricordare come il dovere di testimoniare si leghi all’affetto e al lavoro del lutto, all’effetto duraturo di una ferita immedicabile che ha nutrito la connessione tra la verità dell’accaduto e quello che si potrebbe chiamare il vero della creazione, le vrai du roman.
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Rubolini, Aldo. Besonderheiten der deutschen Sprache : Particolarità della lingua tedesca illustrate con esempi tratti dai principali narratori e poeti nonché da giornali e riviste del mondo germanico : con breve appendice di critica letteraria. Roma : Herder editrice e libreria, 2006.

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vv, aa. Kaskal. Rivista di storia, ambienti e culture del Vicino Oriente antico . Ediz. italiana, inglese e tedesca vol. 8. LoGisma Editore, 2011.

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Chapitres de livres sur le sujet "Riviste tedesche"

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Tacchi, Francesco. « 3 La Socialdemocrazia nelle riviste tedesche (1890-1900) ». Dans Studi di storia. Venice : Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-336-6/003.

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Sisto, Michele. « La letteratura tedesca del «Baretti» : Piero Gobetti e la genesi di un nuovo habitus editoriale (1919-26) ». Dans I modernismi delle riviste, 131–52. Ledizioni, 2017. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.2870.

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Baldini, Anna. « La cultura tedesca nelle riviste dell’avanguardia fiorentina (1903-15) ». Dans La densità meravigliosa del sapere, 147–65. Ledizioni, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.7399.

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Cantarutti, Giulia. « Due riviste romane nel transfert culturale italo-tedesco dell’età di Winckelmann ». Dans La densità meravigliosa del sapere, 29–55. Ledizioni, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.7354.

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