Littérature scientifique sur le sujet « Risultati scolastici »

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Articles de revues sur le sujet "Risultati scolastici"

1

Mignani, Stefania, Marilena Pillati et Irene Martelli. « Un indicatore statistico del background familiare nello studio del successo scolastico degli studenti della provincia di Bologna ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 120 (février 2011) : 194–214. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-120010.

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Résumé :
La formazione di base, l'accesso al sapere e il successo formativo sono questioni di grande interesse in tema di politica del lavoro. Č noto come giŕ a partire dai primi anni di scuola lo status socio-economico e culturale delle famiglie eserciti un ruolo fondamentale come variabile esplicativa dei risultati conseguiti dagli studenti. Disporre di informazioni accurate non solo sugli esiti formativi, ma anche sulle caratteristiche dei contesti familiari, diventa quindi di particolare rilevanza nella definizione delle politiche scolastiche territoriali. In questo lavoro viene presentata una proposta metodologica per la costruzione di indicatore statistico dello status socio-culturale delle famiglie con riferimento ai dati di un'indagine dell'della Provincia di Bologna sugli esiti scolastici di un campione di studenti della scuola secondaria di II grado. Dalle analisi condotte emerge l'esistenza di un legame tra retroterra familiare e risultato scolastico. Nemmeno in una realtŕ ad alta scolaritŕ, quale quella bolognese la scuola sembra essere in grado di neutralizzare l'effetto di ambienti familiari sfavorevoli sul rendimento scolastico dei ragazzi.
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Fiorentino, Alice. « C’ERA UNA VOLTA L’ALUNNO STRANIERO : INDAGINE SULLE PRATICHE DI INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO LINGUA SECONDA NELLE SCUOLE DEL VENETO ». Italiano LinguaDue 13, no 2 (26 janvier 2022) : 133–51. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/17133.

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Résumé :
Nonostante il sistema scolastico italiano sia ancora legato alla concezione originaria dell’alunno così detto straniero, la recente stabilizzazione del fenomeno migratorio sta lentamente modificando il profilo di questo apprendente. In Italia, i corsi di italiano come lingua seconda all’interno della scuola sono stati promossi sin dagli inizi degli anni ’90, e tuttavia i risultati scolastici di questo gruppo di studenti risultano ancora di molto inferiori a quelli dei compagni madrelingua. In questo articolo si riportano i risultati dell’indagine IMPACT Veneto, realizzata tra il 2019 e il 2020 presso l’Università di Verona e finalizzata ad esplorare le pratiche di inclusione scolastica dell’alunno dal background migratorio attualmente in uso nelle scuole del Veneto, così come descritte da un campione di 352 docenti e impiegati scolastici. L’obiettivo dell’indagine è stato quello di individuare l’approccio con cui viene realizzata l’inclusione scolastica in questa regione e di individuare nuove piste di ricerca che possano aiutare a promuovere il successo scolastico. Once upon a time there was the foreign student: a survey on teaching practices of Italian L2 in schools in the Veneto region Although the Italian school system is still tied to the original conception of the so-called foreign student, the recent stabilization of the migratory phenomenon is slowly modifying the profile of this learner. In Italy, Italian L2 courses in schools have been promoted since the beginning of the 90s, and yet the scholastic results of these students are still much lower than those of native speakers. In this paper we report the results of the IMPACT Veneto survey, carried out between 2019 and 2020 at the University of Verona and aimed at exploring the practices of school inclusion of students from migrant backgrounds currently adopted in schools in the Veneto region, as described by a sample of 352 teachers and school employees. The aim of the survey was to identify the approach for school inclusion implemented in this region and to identify new areas of research that can help promote school success.
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Falzarano, Angelo, et Raffaele Sibilio. « Ambiente, lavoro e donne per una sostenibilità al femminile nelle istituzioni scolastiche ». WELFARE E ERGONOMIA, no 1 (août 2022) : 63–73. http://dx.doi.org/10.3280/we2022-001006.

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Résumé :
Questo contributo presenta i risultati di uno studio qualitativo mediante intervi-ste a dirigenti scolastici di diverse regioni italiane sul lavoro e donne per una sostenibilità al femminile nelle Istituzioni scolastiche. In particolare, lo studio si è proposto di esplorare l'ordine delle disuguaglianze di genere e le sue conse-guenze nell'attuale configurazione dell'ambiente scolastico. La ricerca ha rileva-to che gli impegni professionali e familiari trovano non pochi vincoli nel momen-to in cui le docenti decidono di costruire un percorso familiare. La difficoltà di conciliazione produce effetti negativi sulle condizioni di lavoro e sulla carriera professionale delle donne, generando una metamorfosi nel loro rapporto con la scuola.
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4

Grion, V., S. Roberts et G. Casanova. « Valutare gli insegnanti italiani ? Uno sguardo alle esperienze europee ». RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no 49 (mai 2012) : 119–35. http://dx.doi.org/10.3280/riv2011-049008.

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La problematica della valutazione degli insegnanti italiani risulta oggi al centro di un emergente dibattito sia all'interno delle scuole, sia in ambito di politica scolastica. L'evoluzione del ruolo e dei compiti dell'insegnante nel contesto dei processi di autonomia delle scuole e i richiami, provenienti dall'Europa comunitaria, alla ricerca di una migliore qualitŕ dei sistemi scolastici nazionali rendono sempre piů urgente la necessitŕ di fornire alle scuole e ai decisori politici, strumenti per valutare la professionalitŕ del personale scolastico. L'Italia, in effetti, rappresenta in tal senso il fanalino di coda dei paesi europei, non disponendo di alcun sistema di valutazione degli insegnanti. In questo contesto, il contributo qui presentato, frutto di un lavoro di ricerca teorica comparativa, svolta su documenti di ricerca relativi alla valutazione degli insegnanti in ambito internazionale, intende mettere in luce vantaggi e limiti di diversi sistemi e strumenti di valutazione dei docenti, abbozzando una proposta per la messa in atto di un sistema valutativo nazionale. I risultati ottenuti sono discussi in relazione allo specifico punto di vista pedagogico assunto dalle ricercatrici.
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Rabaglietti, Emanuela, Maria Fernanda Vacirca et Silvia Ciairano. « Il tempo virtuale nello sviluppo degli adolescenti : opportunitŕ o rifugio ? » PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 1 (mai 2011) : 67–82. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-001006.

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I giovani trascorrono parte del loro tempo quotidiano esplorando lo spazio virtuale offerto dalle nuove tecnologie, soprattutto il computer, utilizzato per studio o per svago. Attraverso questo studio condotto su 189 adolescenti di ambo i sessi, con un'etŕ media di 16 anni e frequentanti la scuola media di secondo grado, ci proponiamo di: 1) descrivere il tempo giornaliero da essi dedicato all'uso del computer per studio e per svago, le relazioni tra questi due comportamenti e le differenze di genere, fascia d'etŕ e tipo di scuola; 2) indagare nei due generi le relazioni fra tempo dedicato all'uso del computer per studio e per svago e: a) senso di alienazione e percezione positiva di sé; b) soddisfazione per l'esperienza scolastica e autoefficacia scolastica; c) autoefficacia sociale e regolatoria; d) popolaritŕ nel contesto scolastico. I risultati (frequenze, correlazioni, medie, analisi della varianza fattoriale, analisi di regressione gerarchica) evidenziano che per gli adolescenti, soprattutto maschi e studenti di istituti tecnici e professionali, il computer per studio e per svago č un compagno con cui trascorrere parte del tempo quotidiano. Inoltre, le due attivitŕ al computer, formativa e di svago, sono molto legate. Infine, nei maschi emergono relazioni tra bassa popolaritŕ e maggiore uso di computer per studio e tra bassa percezione di sé e maggiore uso di computer per svago; nelle ragazze la bassa soddisfazione per i risultati scolastici si associa ad un maggiore uso del computer per studio.
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Barbara Letteri et Giuseppe Filippo Dettori. « Inclusione e leadership : il ruolo del dirigente scolastico nella promozione della valorizzazione delle differenze ». IUL Research 3, no 5 (17 juin 2022) : 87–102. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v3i5.202.

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Il contributo presenta i risultati emersi da una ricerca che ha coinvolto 24 dirigenti scolastici, che hanno partecipato a dei focus group sul loro ruolo nel favorire l’inclusione degli studenti con Bisogni Educativi Speciali. I focus group hanno focalizzato l’attenzione sulla responsabilità del capo d’istituto nella promozione del benessere a scuola di tutti gli studenti, specie di coloro che presentano maggiori difficoltà. Dall’indagine emerge la grande importanza del dirigente nel promuovere l’inclusione. La ricerca evidenzia, inoltre, la necessità di una maggiore formazione di tutto il personale scolastico (compresi i dirigenti) sulla pedagogia e didattica speciale, per avere strumenti più incisivi da realizzare per un clima più attento alla valorizzazione delle differenze.
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Di Pietro, Maria Luisa. « Inserimento della bioetica nei curricoli scolastici : i risultati dei un’indagine conoscitiva ». Medicina e Morale 49, no 2 (30 avril 2000) : 237–59. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.755.

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La riflessione sui temi di bioetica ha superato i confini della ricerca bioetica e dell’assistenza clinica, coinvolgendo sempre di più anche l’opinione pubblica. Questa, sollecitata e sconcertata dalle informazioni dei media, risponde con sentimenti controversi. Al di là, però, della notizia contingente, le problematiche bioetiche chiedono di essere affrontate con continuità e competenza e far parte di momenti di formazione anche delle nuove generazioni. Si tratta, in latri termini, di favorire una cultura bioetica o una educazione alla bioetica. Per questo anche la scuola, quale fondamentale agenzia educativa, è stata chiamata a fornire il suo contributo, attraverso il Protocollo d’intesa siglato nell’ottobre 1999 tra il Ministero della Pubblica Istruzione e il Comitato Nazionale per la Bioetica riguardo l’inserimento stabile della bioetica nelle scuole italiane. Da queste premesse, l’Autore offre all’attenzione del lettore i risultati di una indagine conoscitiva svolta tra oltre mille insegnanti di scuole di ogni ordine e grado distribuite nel territorio nazionale, ricerca volta a rilevare le opinioni dei docenti sull’inserimento della bioetica nella scuola (motivazioni, programmi, orientamenti etici di riferimento, metodologie didattiche, ecc.). tra gli altri risultati, l’indagine evidenzia che il 95% degli intervistati ritiene utile l’inserimento della bioetica nei curricoli scolastici a scopi formativi, mentre il 66% pensa che sia necessario indicare un orizzonte etico, orizzonte scelto in accordo con la famiglia (83%). Il 61%, infine ritiene che l’educazione alla bioetica vada fatta dagli insegnanti e che vada integrata con continuità nei curricoli scolastici.
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Colombo, Maddalena. « I giovani migranti nelle scuole italiane : percorsi formativi, disuguaglianze, risorse ». REMHU : Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 22, no 42 (juin 2014) : 159–70. http://dx.doi.org/10.1590/s1980-85852014000100010.

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Résumé :
Nel 2013 la presenza di minori stranieri in Italia ha raggiunto quote numeriche importanti, soprattutto per la presenza di seconde generazioni (44%). Famiglie e giovani stranieri puntano sull'istruzione anche a compensazione di diritti sociali che sentono negati (ius sanguinis); i livelli formativi degli immigrati stanno aumentando gradatamente, ma si segnalano alcune criticità: a) la persistenza di un gap negativo tra i risultati scolastici degli alunni di nazionalità italiana e straniera; b) in certi istituti la maggiore visibilità delle diverse provenienze etniche in alcune aree sembra provocare disagi nelle interazioni tra autoctoni e immigrati; c) in alcune sezioni scolastiche ad elevata incidenza di stranieri, la concentrazione di problematiche sociali mette in allarme la concezione anti-discriminatoria e liberale della scuola. Tuttavia anche in tali sezioni ci sono risorse educative che non vanno sottovalutate.
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Seveso, Gabriella. « Differenze di genere e libri per l’infanzia : riflessioni sugli stereotipi di genere nei libri scolastici italiani [Diferenças de gênero e livros para a infância : reflexões sobre os estereótipos de gênero nos livros escolares italianos] (Gender differences and books for children : reflections on gender stereotypes in italian Schoolbooks) ». Crítica Educativa 2, no 2 (13 février 2017) : 107. http://dx.doi.org/10.22476/revcted.v2i2.100.

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Résumé :
A partire dagli anni Settanta, in Italia si è avviata una riflessione sull’importanza dei modelli di genere presenti nella letteratura per l’infanzia.Contemporaneamente, si è verificato un interessante cambiamento nella produzione editoriale di testi di narrativa rivolta a bambini/e e ragazzi/e, perché molte case editrici hanno proposto storie e personaggi che introducevano stereotipi non tradizionali riguardo al genere. Un settore particolare di questa produzione è quello dei libri scolastici. In questo ambito, c’è stata, negli ultimidecenni, qualche riflessione che ha sottolineato l’importanza dei modelli di identità e dei codici di comportamento veicolati nei testi scolastici. Inoltre,a livello europeo, è stato redatto un regolamento che invita le case editrici a diventare sensibili al problema delle differenze di genere (Progetto POLITE). Nonostante questo, la produzione sembra essere rimasta legata a immagini e modelli molto stereotipati in senso tradizionale. Il contributo ricostruisce la storia del dibattito italiano negli ultimi decenni e propone i risultati di una micro ricerca svolta in Lombardia su testi scolastici rivolti alla scuola primaria.
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Ujcich, Veronica. « La correzione tra italiano contemporaneo e usi scolastici : 16 frasi corrette da 200 docenti di scuola primaria ». DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, no 2 (16 novembre 2022) : 69–97. http://dx.doi.org/10.33683/didit.22.02.03.

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Résumé :
Nell’articolo vengono riportati i risultati di un’indagine svolta tramite questionario online sul tema della correzione del testo scritto nella scuola primaria. In particolare sono esposti i risultati di una batteria di domande volte a raccogliere dati sulla percezione dell’errore da parte dei docenti e sulle loro proposte di correzione in relazione a 16 tratti scelti tra quelli caratteristici dell’italiano contemporaneo o dell’uso scolastico, con lo scopo di indagare la “zona grigia” della correzione.
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Thèses sur le sujet "Risultati scolastici"

1

COSTA, FRANCESCA. « BILINGUALISM IN DIFFERENT CONTEXTS : ACADEMIC OUTCOMES IN PRIMARY SCHOOL CHILDREN ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/329993.

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Résumé :
I tre studi presentati nella tesi hanno esplorato diversi contesti di bilinguismo in Italia. Sono stati analizzati la relazione tra bilinguismo e doppia-alfabetizzazione e i loro effetti sugli apprendimenti scolastici. Ad oggi, l’educazione bilingue è ancora vista con scetticismo, sebbene anche come una risorsa. Il primo contesto è quello delle scuole di immersione Italiano-Inglese, dove i bambini sono educati in modo bilingue, con una continua e consistente esposizione alle due lingue. Il secondo è quello dei bambini immigrati, che imparano l’Italiano come seconda lingua nelle scuole pubbliche monolingui, e che vengono alfabetizzati solo in Italiano, oppure anche nella loro lingua madre (minoritaria). Gli studi hanno investigato lo sviluppo cognitivo, linguistico e delle abilità di lettura, e la relazione tra linguaggio e alfabetizzazione. I bambini delle scuole di immersione erano bilingui sequenziali precoci, esposti all’Inglese come seconda lingua (L2) entro i tre anni alla scuola dell’infanzia. I bambini immigrati erano bilingui sequenziali che vivevano stabilmente in Italia, con differenti lingue minoritarie, esposti all’Italiano come seconda lingua maggioritaria (L2) entro i cinque anni, in concomitanza con l’ingresso alla scuola primaria. I risultati emersi dai due studi sui bilingui delle scuole di immersione hanno dimostrato che essi non sono disavvantaggiati né in ritardo rispetto ai pari monolingui Italiani nello sviluppo cognitivo, linguistico, narrativo e delle abilità di lettura. Essi inoltre migliorano in entrambe le lingue durante il percorso scolastico. Sono emerse correlazioni positive tra le performance di lettura e linguaggio in Italiano e in Inglese, a supporto delle evidenze sul transfer di abilità dall’Italiano L1 all’Inglese L2. Infine, le abilità linguistiche correlano con quelle di lettura nella stessa lingua, a conferma che l’età di prima esposizione bilingue impatta positivamente sugli apprendimenti, ove il linguaggio orale supporta lo sviluppo delle abilità di lettura (così come le abilità mnestiche). In conclusione, il metodo di immersione Italiano-Inglese non rappresenta uno svantaggio per l’acquisizione e lo sviluppo degli apprendimenti nei bambini, che anzi raggiungono buone capacità linguistiche di lettura. L’immersione bilingue rappresenta dunque un affidabile sistema educativo, che offre grandi opportunità per il futuro dei nostri bambini. I risultati raggiunti dallo studio sui bilingui immigrati hanno dimostrato un vantaggio a livello dell’intelligenza non verbale a favore dei bi-alfabetizzati, rispetto a quelli istruiti solo in Italiano L2 (mono-alfabetizzati). Al contrario i bilingui mono-alfabetizzati hanno ottenuto migliori performance al test di memoria a breve termine. I bilingui bi-alfabetizzati hanno dimostrato un vantaggio rispetto ai mono-alfabetizzati nella comprensione scritta, abilità fondamentale per lo studio e il successo scolastico, sebbene non nelle abilità di lettura nel loro complesso. Nessuno svantaggio comunque è emerso nelle misure di velocità e accuratezza in lettura nei bi-alfabetizzati. Infine, le abilità cognitive e linguistiche correlano con quelle di lettura. Anche se potrebbe non esserci un vantaggio globale su tutti i parametri considerati, educare i bilingui immigrati anche nella loro L1 sembra potenziare alcune abilità cruciali per il loro successo scolastico, e non inficia lo sviluppo degli apprendimenti in Italiano. Implementare l’immersione bilingue e la doppia-alfabetizzazione nelle politiche educative Italiane sembra essere una scelta vincente da sostenere. Entrambi i sistemi educativi bilingui considerati si sono dimostrati efficaci, e rappresentano un’esperienza educativa positiva, di cui le future generazioni possono e dovrebbero giovare.
The three studies presented in this thesis aimed at exploring different contexts of bilingualism in Italy. We explored the relationship between bilingualism and biliteracy and their effects on academic outcomes. For educational stakeholders, biliteracy is partly perceived with concern, partly considered a resource. The first context studied in this project are Italian-English immersion schools, where children are educated bilingually, being consistently and continuously exposed to both languages. The second context focuses on immigrant children (heritage bilinguals), who learn Italian as a second language in mainstream monolingual, public schools, and receive formal reading and writing instruction only in Italian or additionally in their respective mother language (minority language). The studies investigated cognitive, linguistic, and reading development, and the relation between language and literacy. Children in immersion schools were early sequential bilingual, exposed to English as a second language (L2) by the age of three in kindergarten. Heritage bilinguals were sequential bilinguals living stably in Italy, with heterogeneous minority languages, and exposed to Italian as a second-majority language (L2) at last from the age of five, when starting Italian public primary school. The results from the two studies with children in Italian-English immersion programs showed no disadvantage or delay in their cognitive, linguistic, reading, and narrative development in Italian (L1) compared to Italian monolinguals and an improvement in both the languages across grades. Positive correlations were found between Italian and English performances in reading and language measures, supporting the evidence of a presumable transfer of skills from Italian L1 to English L2. Finally, language abilities in one language correlated with reading abilities in the same language, confirming that the age of first oral bilingual exposure impacts literacy development, with oral language supporting reading development (as well as memory skills). We concluded that Italian-English immersion education does not disadvantage literacy acquisition in children, but they obtain a good language proficiency and reading development. Bilingual immersion education represents a reliable education system, which gives access to many possibilities for children’s future. The results from the study with immigrant bilinguals showed that children who were instructed in both their languages (biliterates) performed better in the non-verbal intelligence test than those literate only in Italian L2 (monoliterates). In contrast, monoliterates were better at short-term memory. Biliterate bilinguals did not performed better than monoliterates in general reading skills, but in reading comprehension, which is generally considered a fundamental ability for academic success. However, no disadvantages emerged for the biliterate children in reading speed and accuracy. Finally, the cognitive and language measures correlated with reading proficiency measures. Even if there might not be a comprehensive advantage in all the reading measures, educating heritage bilinguals also in their L1 enhances some crucial skills for their academic success and does not hamper literacy development in Italian. Sustaining bilingual immersion and a biliteracy route to learning appears to be an excellent choice to be implemented in Italian educational policy. Bilingual immersion programs and immigrant children's biliteracy education showed to be both effective and represent a beneficial educational experience for future generations of children.
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2

BULGINI, Giulia. « Il progetto pedagogico della Rai : la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo›› ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

Texte intégral
Résumé :
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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