Littérature scientifique sur le sujet « Risonanza magnetica strutturale »

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Articles de revues sur le sujet "Risonanza magnetica strutturale"

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Cirillo, S., F. Caranci, A. D'Amico, F. Briganti, F. Tortora, M. Greco et R. Elefante. « Giunzione occipito-cervicale ». Rivista di Neuroradiologia 13, no 3 (juin 2000) : 289–306. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300302.

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Résumé :
La giunzione occipito-cervicale, regione di transizione tra cranio e colonna vertebrale, possiede caratteristiche uniche per la struttura osteo-ligamentosa di cui è costituita e per le importanti formazioni neuro-vascolari con cui contrae rapporti di contiguità. Questa particolare regione può essere interessata da una serie di differenti entità patologiche: essa è infatti sede di particolari anomalie congenite, di patologie infiammatorie o degenerative, di gravi lesioni traumatiche e di lesioni espansive di differente natura. L'instabilità della giunzione conseguente a tali patologie o le diverse lesioni espansive determinano come conseguenza fondamentale la compressione del midollo cervicale superiore; altri effetti secondari sono rappresentati dalla compressione delle strutture vascolari e dall'ostacolo alla circolazione liquorale. La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica rappresentano le metodiche neuroradiologiche di elezione per lo studio della giunzione occipito-cervicale. La TC è in grado di definire con maggiore accuratezza le alterazioni osteo-strutturali e le fini calcificazioni. Malgrado tali prerogative, la RM è la metodica di scelta grazie alla possibilità di uno studio multiplanare, dell'elevata risoluzione di contrasto e dell'assenza di artefatti legati alla vicinanza di strutture ossee; un ulteriore vantaggio è costituito dalla possibilità di studio delle strutture vascolari del basicranio mediante angio-RM. La radiologia tradizionale conserva un ruolo complementare, utile soprattutto in fase di screening nello studio della patologia ossea malformativa o traumatica. Un'accurata conoscenza delle caratteristiche anatomiche e della semeiotica neuroradiologica è essenziale per affrontare uno studio corretto delle patologie della cerniera occipito-cervicale.
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Carella, A., C. F. Andreula, M. Camicia, E. A. Alloro et L. Garofalo. « La Risonanza Magnetica nella patologia non tumorale del rachide ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 1_suppl (avril 1988) : 47–57. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s106.

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Résumé :
Nello studio della patologia non tumorale del rachide la Risonanza Magnetica svolge un ruolo fondamentale non solo nel rilievo diagnostico ma anche nel seguire la sequenza dei normali processi d'invecchiamento della colonna vertebrale. Nelle malformazioni la R.M. restituirà la visione unitaria di sistema multicompartimentale alle strutture ossee e nervose, svincolandolo da uno studio singolo di struttura con successivo meccanismo di integrazione artificiale. Nei traumi permetterà il rilievo non solo della patologia in atto, ma anche di una ipotesi in prospettiva delle chances di recupero. Nelle malattie flogistiche e infiammatorie la R.M. permetterà uno studio accurato dell'estensione del processo e della progressione con coinvolgimento delle strutture vicine. Nei processi degenerativi infine la R.M. permetterà di ipotizzare il limite tra i normali processi di invecchiamento e la patologia e seguirà le situazioni potenzialmente patogene nel loro aggravamento nella loro fase di suscettibilità chirurgica. Per tutti questi obiettivi l'utilizzo di impianti affidabili, di studio dei tempi di rilassamento dei tessuti in prospettiva di opportune sequenze di impulsi, di applicazioni di tecniche di fast scanning, importanti non solo per il risparmio di tempo ma anche per la capacità diagnostica tutta in costruzione, sono e saranno campi di ricerca. Inoltre l'introduzione dei mezzi di contrasto paramagnetici in RM ha ulteriormente amplificato la sfida nelle ricerche.
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Bartolozzi, C., M. Olmastroni et G. Dal Pozzo. « La risonanza magnetica nella patologia discale ». Rivista di Neuroradiologia 2, no 1_suppl (février 1989) : 35–41. http://dx.doi.org/10.1177/19714009890020s107.

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Résumé :
La risonanza magnetica (RM) è attualmente il modo non invasivo più efficace nella rappresentazione del disco intervertebrale e nello studio delle sue alterazioni. Infatti ii carattere multiparametrico dell'indagine (dipendente dal T1, T2 e dalla densita protonica) e la visione secondo i vari piani dello spazio, associata all'ampio campo di vista, consentono il riconoscimento delle normali componenti del disco ed i rapporti che questo contrae con le strutture adiacenti quali i corpi vertebrali, il sacco durale, le radici nervose e le strutture ligamentose. Nella patologia degenerativa, accanto alla alterazione del disco, la RM è in grado di cogliere le variazioni di segnale in corrispondenza dei corpi vertebrali interessati dal fenomeno osteocondrosico. Lo studio eseguito secondo piani sagittali e coronali permette un'ottima visualizzazione del disco ed una facile identificazione di eventuali modificazioni del suo spessore. La patologia discale (protrusione, o «bulging», ed ernia nei suoi vari aspetti) comporta naturalmente variazioni morfologiche a carico del disco intersomatico: la RM ha la possibilità di documentare secondo vari piani questo tipo di patologia e le sue ripercussioni a carico degli involucri e delle strutture nervose contenute nel canale vertebrale.
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Bernardi, L. « La risonanza magnetica nella patologia maxillo-facciale ». Rivista di Neuroradiologia 4, no 3_suppl (décembre 1991) : 141–46. http://dx.doi.org/10.1177/19714009910040s325.

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Résumé :
La RM ha avuto un forte impatto nella diagnosi, nel trattamento e nel follow-up (post-chirurgico, post-radioterapico) delle neoplasie del massiccio facciale. Infatti mentre l'aspetto delle strutture anatomiche alla TC, anche con mdc, dipende da un solo parametro fisico, la densità, l'intensità di segnale dei tessuti alla RM dipende da almeno quattro caratteristiche fisiche: i tempi di rilassamento T1 e T2, la densità protonica ed il flusso. La superiore risoluzione di contrasto della RM rispetto alla TC deriva dalla sua capacità di individuare ed evidenziare queste varie proprietà fisiche. La capacità multiplanare della RM è particolarmente vantaggiosa nel massiccio facciale. La RM permette inoltre la diretta visualizzazione, senza l'uso di mdc, di strutture vasali ed è quindi in grado di dimostrare l'aumentata vascolarizzazione tumorale. La maggiore deficienza diagnostica della RM nel massiccio facciale è la sua insufficienza nell'evidenziare le calcificazioni e le sottili alterazioni ossee (erosione, iperostosi). Per quanto concerne la tecnica, le sequenze T1 pesate, a causa del loro alto rapporto segnale-rumore, sono le migliori per lo studio dell'anatomia ed evidenziano in modo ottimale l'interfaccia tumore-grasso. Le sequenze T2 pesate invece sono le più adatte per evidenziare l'interfaccia tumore-muscolo. Le sequenze DP rappresentano una combinazione di informazioni T1 e T2 pesate.
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D'Aprile, P., F. Macina, C. F. Andreula, G. Tripoli et A. Carella. « Gadolinio-DTPA in angiografia a risonanza magnetica ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 6 (décembre 1994) : 909–19. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700610.

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Résumé :
Scopo del presente studio è stato quello di valutare l'efficacia diagnostica della somministrazione per via ev di Gadolinio-DTPA alla dose di 0,2- mmol/Kg a completamento di esami Angio-RM «di base» del circolo intracranico, sia in soggetti normali, sia in portatori di alcune specifiche patologie: angiomi venosi, mav, meningiomi. Per lo studio Angio-RM è stato utilizzato un magnete da 1 T con tecnica di acquisizione 3D-TOF, sequenze FISP; la processazione delle immagini di base è stata eseguita con algoritmo MIP. L'impiego del Gadolinio-DTPA ha permesso di ottenere un consistente incremento della intensità del segnale del flusso ematico, soprattutto in quei distretti nei quali il flusso risultasse particolarmente lento (sia per motivi anatomici, sia per alcuni specifici adattamenti fisiopatologici), e dove, quindi, fosse massima l'influenza del fenomeno della «saturazione dei flussi lenti». Quanto sopra ha migliorato la visualizzazione delle diramazioni più distali delle arterie cerebrali medie e posteriori (negli arteriogrammi) e delle strutture venose non identificabili (nei venogrammi di base), ed ha permesso di definire con maggiore accuratezza i quadri di patologia vascolare intrinseca. Nell'intento di mantenere costante la concentrazione intravascolare di gadolinio, per un tempo sufficientemente lungo ai fini della visualizzazione dei reperti di utilità diagnostica, è stata utilizzata la somministrazione in doppia dose. La metodica proposta risente di alcuni limiti, quali la contemporanea (a volte fuorviante) visualizzazione dei vasi arteriosi e venosi; l'impregnazione (relativamente persistente) di determinate strutture anatomiche intracraniche (sia normali che patologiche) che presentino una vascolarizzazione particolarmente ricca (plessi corioidei) o prive di BEE (ipofisi, ecc.); il difficoltoso approccio al rapido decadimento della concentrazione ematica del Gadolinio in rapporto al tempo di acquisizione (solo parzialmente risolto con il raddoppio della dose somministrata).
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Triulzi, F., M. Machado, A. Righi et G. Scotti. « L'agenesia del corpo calloso : Valutazione mediante risonanza magnetica e correlazioni cliniche ». Rivista di Neuroradiologia 2, no 2 (juin 1989) : 113–24. http://dx.doi.org/10.1177/197140098900200203.

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Résumé :
Vengono riportati 11 casi di agenesia parziale o totale del corpo calloso studiati mediante risonanza magnetica in un arco di tre anni. Sono state valutate le anomalie congenite del corpo calloso e le eventuali ulteriori anomalie encefaliche ad esso associate. I risultati ottenuti dallo studio RM sono stati correlati con il quadro clinico, evidenziando una particolare rilevanza clinica di anomalie in strutture strettamente correlate al corpo calloso quali la sostanza bianca profonda ed il sistema limbico. La RM si è dimostrata di fondamentale importanza sia nella valutazione delle anomalie del corpo calloso, sia nel delineare le correlazioni anatomiche fra corpo calloso malformato e strutture ad esso correlate.
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Mangia, S., MA Macrì, G. Garreffa et B. Maraviglia. « Prospettive e limiti dei metodi RM nello studio della funzionalità cerebrale ». Rivista di Neuroradiologia 13, no 1 (février 2000) : 85–92. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300115.

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Résumé :
In questo lavoro vengono affrontati alcuni argomenti che sono al centro della più recente indagine scientifica nel campo delle neuroscienze, in relazione alle metodologie che utilizzano la risonanza magnetica nucleare nello studio della funzionalita cerebrale. Soprattutto grazie alle sue caratteristiche di non invasività, la risonanza magnetica funzionale non soltanto si presenta come un formidabile strumento di ricerca finalizzato alla comprensione delle relazioni che intercorrono tra la struttura cerebrale, la funzionalità cerebrale e le patologie neurologiche, ma si prospetta anche come un'importante tecnica diagnostica di routine clinica. Tuttavia le problematiche legate a tale metodologia sono molteplici, e riguardano da una parte l'interpretazione stessa del segnale rivelato in condizioni di attivazione neuronale, dall'altra la definizione della risoluzione spazio-temporale, della specificità spaziale e della significatività statistica delle mappe di attivazione ottenute.
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Bonetti, M., B. S. Cotticelli, F. Albertini, G. Dalla Volta, B. Troianiello et M. Guindani. « Atrofia olivopontocerebellar sporadica : Studio con risonanza magnetica ». Rivista di Neuroradiologia 16, no 2 (avril 2003) : 307–14. http://dx.doi.org/10.1177/197140090301600211.

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Résumé :
L'atrofia olivopontocerebellare sporadica (sOPCA o MSA-C) è considerata una delle possibili manifestazioni dell'atrofia multisistemica (MSA). Nel periodo gennaio 2000-settembre 2002 sono giunti alla nostra osservazione 8 pazienti affetti da MSA-C di età variabile (42.8 +/- 18.7) che presentavano sintomatologia clinica compatibile con la diagnosi di atassia spinocerebellare. La RM ha documentato atrofia del tronco encefalico e del cervelletto con alterazione del segnale a livello delle fibre traverse del ponte ed a livello del peduncolo cerebellare medio nelle sequenze a TR lungo. In un solo paziente è stata evidenziata una alterazione dell' intensità di segnale a livello putaminale, facendo ipotizzare pertanto una possibile concomitanza con la degenerazione nigrostriatale (SND o MSA-P) considerata anch'essa una possibile espressione di MSA con pesanti ripercussioni sulle aspettative di vita del paziente. La RM, evidenziando le alterazioni delle strutture anatomiche coinvolte nella MSA-C, si rivela strumento essenziale sia per confermare una diagnosi già formulata sulla base delle manifestazioni cliniche peculiari, sia per indirizzare verso una corretto inquadramento diagnostico quei pazienti non ancora inquadrati correttamente sul piano neurologico. Risulta, inoltre, esame indispensabile per il monitoraggio dell'evoluzione della malattia.
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Colombo, N., et G. Scialfa. « Studio anatomico RM del sistema nervoso centrale ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 1_suppl (avril 1988) : 13–26. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s103.

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Résumé :
La Risonanza Magnetica (R.M.) è la metodica diagnostica che attualmente fornisce la migliore rappresentazione dell'anatomia morfologica e funzionale del Sistema Nervoso Centrale (SNC). L'alta risoluzione di contrasto e spaziale della metodica, e la possibilità di acquisire immagini dirette nei tre principali piani anatomici (assiale, sagittale e coronale), sono tra i vantaggi che sanciscono la sua superiorità rispetto ad altre modalità di imaging. Le immagini «pesate in T1» sono le più idonee per uno studio morfologico-macroscopico delle varie strutture del nevrasse, mentre le immagini «pesate in T2» meglio delineano strutture intrinseche al SNC (fasci di sostanza bianca, nuclei grigi centrali).
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Andreula, C. F., P. Ladisa, A. Nella, R. De Blasi et A. Carella. « La risonanza magnetica nella Neurosarcoidosi ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 6 (décembre 1994) : 899–907. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700609.

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Résumé :
La sarcoidosi è una malattia infiammatoria granulomatosa poco comune, ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da abnorme incremento dell'immunità cellulo mediata nei siti di lesione, sotto forma di noduli sarcoidei. Il sesso più colpito è quello femminile con età di insorgenza compresa fra i 20 e i 40 anni. Sono state formulate diverse ipotesi eziopatogenetiche nel tentativo di identificare l'agente capace di coinvolgere i meccanismi responsabili dell'accumulo di linfociti e di macrofagi nella sede di lesione. Oltre alla teoria similtumorale alcuni autori propongono che alla base del processo vi sia un'anomala risposta immunitaria ereditaria e/o acquisita ad uno stimolo virale. Il maggior numero degli studiosi propende per una terza ipotesi che prevederebbe un antigene specifico, la cui eliminazione risulterebbe difficoltosa, innescando una cronica reazione di risposta immunitaria. La diagnosi di sarcoidosi si basa attualmente sulla positività scintigrafica di Gallio 67 con accumulo in sedi polmonari e delle ghiandole salivari accoppiata alla ricerca del SACE (enzima sierico di conversione dell'angiotensina). Il coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale in corso di Sarcoidosi avviene in una percentuale variabile dal 10 al 20% dei casi, talvolta di solo riscontro autoptico. Una sintomatologia d'esordio di tipo neurologico avviene nel 2,5% dei casi. La neurosarcoidosi isolata è rara e costituisce il 5% dei casi. La diagnosi di neurosarcoidosi isolata è spesso difficile per l'impossibilità di giungere ad una diagnosi di certezza non ricorrendo al dato bioptico. Nel SNC le sedi di localizzazione possono essere molteplici, interessando strutture in rapporto alla presenza del sistema reticolo istiocitario, quali il peduncolo vascolare ipofisario, l'ependima, i plessi corioidei, le leptomeningi. Il nostro studio si basa sull'esperienza personale di 7 casi, esaminati mediante RM prima e dopo somministrazione di Gadolinio DTPA. In 5 casi su 7 è stata rilevata la localizzazione del processo a livello dell'asse ipotalamo ipofisario e di tali pazienti 3 presentavano sintomi riferibili alla sede di lesione (diabete insipido, amenorrea, riduzione della libido, obesità). In 3 pazienti sono state rinvenute lesioni meningee a livello del seno cavernoso e della meninge corticale. In 1 paziente infine erano presenti localizzazioni multiple rilevate in successione temporale: peduncolo ipofisario, meninge corticale, epifisi, VII° e VIII° nervo cranico di sinistra e quindi del II° e VIIP° di destra. I rilievi neuroradiologici non sono patognomonici ma mimano lesioni di diversa eziologia nelle sedi succitate. Nella localizzazione al SNC di malattia sarcoidosica sistemica la RM conferma il dubbio clinico di lesioni in sedi tipiche. D'altro canto in assenza di altre localizzazioni la RM ha infatti solo il ruolo di diagnosi di esistenza di lesione. Solo nei casi di scomparsa o riduzione di lesioni meningee e dell'asse ipotalamo ipofisario dopo terapia steroidea mediante un accurato studio longitudinale di immagini, la RM puo' supportare l'ipotesi diagnostica di neurosarcoidosi isolata.
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Thèses sur le sujet "Risonanza magnetica strutturale"

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Marchetti, Alessandro. « Sviluppi metodologici per la cristallizzazione e l’analisi strutturale di proteine tramite Risonanza Magnetica Nucleare allo stato solido ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2012. http://hdl.handle.net/11384/85789.

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Résumé :
High-resolution solid-state NMR (ssNMR) has recently emerged as a powerful characterization technique for systems that cannot be investigated by solution NMR or X-ray crystallographic methods, and represents a subtle complementary technique for any atomic-scaled study. This is particularly true in structural biology. There exist nowadays well established protocols for sample preparation, resonance assignment and collection of structural restraints, that have paved the way to the first three-dimensional structure determinations at atomic resolution of biomolecules in the solid state, from microcrystalline samples to fibrils and membrane-associated systems. Despite rapid uptake in the field of structural biology, however, these methods for structure determination are far from being routine, and several important problems remain however to be solved before ssNMR is applied to the study of challenging solid protein assemblies. Many methodological developments are still expected in this fast evolving field. Most of the model systems used up-to-date for method development in biological solid-state NMR, are relatively small globular proteins, in the range of 50 to 80 residues (approximately 5.5 to 9.5 kDa). In order to extend the capabilities of ssNMR to larger substrates, the objectives of this thesis are twofold: a) to establish a new, large and more complex model system, and b) to develop new, sophisticated NMR experiments in order to improve the sensitivity and the resolution of the currently existing schemes for resonance assignment, which is one of the main barrier to progress to structural investigation in solid proteins. The N-terminal domain of the subunit of E. coli DNA polymerase III (186 : 186 residues, 18 kDa) was selected as a target. This domain represents the catalytic core of the E. coli replisome, the large molecular machine that replicated DNA in bacteria. In a first part, preparation conditions for solid-state NMR are obtained, notably in combination with automated screening processes for high-throughput protein crystallography, and almost complete resonance assignment is performed by the application of established experiments based on high-power rf irradiations and slow magic-angle spinning (MAS) at high magnetic fields. In a second part, we explore the use of MAS at so-called ultra-fast spinning rates (60 kHz). We show that this makes possible the use of “totally low power” experiments. This yields an extraordinary increase in resolution and sensitivity, enabling the acquisition of selective cross- polarization (CP) transfers, through-bond correlations and 1 H-detected correlations. In particular, we demonstrate that narrow 1 H NMR line widths can be obtained for fully protonated protein samples in the solid state under ultra-fast magic-angle spinning for medium-size microcrystalline and non-crystalline proteins, without any need for dilution against a deuterated background. This provides extensive, robust and expeditious assignments of the backbone 1 H, 15 N, 13 Cα and 13 CO resonances of proteins in different aggregation states, without the need of deuteration. The final part of this thesis concerns the study of thermotropic liquid crystals (LC or LX) phases of a de Vries smectogen, the (S)-hexyl-lactate derivative abbreviated as 9HL, selectively deuterated in a phenyl moiety of the aromatic core. de Vries mesophases show a substantially constant layer spacing in the transition between smectic C and smectic A mesophases and are for this reason of great interest for the development of new ferroelectric (FLC) and antiferroelectric (AFLC) electrooptic devices. Our work is the first attempt to apply NMR to characterize the nature of the de Vries transition, discriminating among possible models. It is also one of the first examples in the scientific literature of application of high magnetic field (above 16 T) for the analysis of LX phases.
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VILLANI, UMBERTO. « Dall'imaging di microstruttura alla connettività strutturale : l'utilizzo della risonanza magnetica di diffusione per investigare l'impatto dei gliomi sul cervello umano ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3450310.

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Résumé :
La Risonanza magnetica di diffusione (dMRI) sta diventando lo strumento più adatto per indagare la microstruttura del cervello umano in vivo. Modellando le proprietà della diffusione dell’acqua nei tessuti cerebrali, è infatti possibile ottenere delle misure simili a quelle derivate dall’istologia, come la densità di fibre, la loro conformazione e la loro direzione di propagazione, in maniera non invasiva. In più, misure locali di integrità e di orientazione della materia bianca possono essere usate da algoritmi di trattografia per ricostruire globalmente il percorso seguito dalle fibre in tutto il cervello, permettendo di studiare come le varie regioni corticali sono connesse. Nonostante ciò, l’utilizzo della dMRI deve essere condotto con attenzione in presenza di patologie che alterano drasticamente la fisiologia del cervello, come nel caso dei tumori cerebrali. La varietà di microambienti cellulari che caratterizza questo tipo di patologie invalida alcune ipotesi sul quale si fondano i modelli di microstruttura basati sulla dMRI. In più, il processo di ricostruzione della trattografia nel cervello presenta particolari difficoltà tecniche nelle regioni affette dalla patologia. Date queste limitazioni, vi è del valore nell’utilizzare tecniche basate sulla dMRI in questo complesso ambiente patologico? Negli ultimi tre anni, ho avuto modo di esplorare diverse di queste metodologie in una popolazione di pazienti con tumore cerebrale. La presente tesi vorrebbe quindi essere una sintesi di questo lavoro, che costituisce una base verso l’integrazione di tecniche di diffusione avanzate all’interno della pratica neuro-oncologica. Nella sua interità, la tesi presenta tre lavori, organizzati come segue: La prima parte presenta uno studio analitico su due noti modelli di microstruttura, Neurite Orientation Dispersion and Density Imaging (NODDI) e la Spherical Mean Technique. Questo lavoro è volto alla quantificazione della bontà del fit e precisione parametrica delle due tecniche all’interno della lesione tumorale. Alcuni lavori, concentrati principalmente su NODDI, usano queste tecniche come modelli di segnale e non biofisici, cercando di trovare biomarker capaci di caratterizzare aspecificamente il tessuto patologico. L’analisi qui svolta supporta i risultati di letteratura da un punto di vista tecnico, senza considerazioni sul significato biologico di questi modelli. La seconda parte contiene uno studio di confronto tra due diversi metodi per la quantificazione di regioni di materia bianca sconnessa a causa del tumore. Due categorie di approcci qui sono stati studiati: approcci diretti, e approcci indiretti. I primi fanno uso della trattografia singolo-soggetto per investigare quali fasci di fibre siano affetti nel loro decorso dalla presenza del tumore. I secondi invece non hanno bisogno di acquisizioni dMRI, e utilizzano un atlante normativo di fasci di materia bianca per investigare, probabilisticamente, quali di questi potrebbero essere affetti data la locazione e l'estensione della zona tumorale. Utilizzando noti strumenti di analisi dell’immagine, i due approcci vengono qui confrontati, discutendo pregi e difetti di ciascun metodo. Nella terza e ultima parte della tesi, viene studiata la relazione tra alterazioni di matrici di connettività strutturale (SC) di pazienti tumorali e variazioni regionali di metabolismo misurate usando la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) con tracciante [18F]-FDG. All'interno di questo studio, viene prima proposta una procedura per la selezione dell’algoritmo di trattografia ottimale per le analisi. A seguire, viene sviluppata una metodologia statistica per rilevare le loro connessioni della matrice SC alterate dalla presenza del tumore. La presenza di queste alterazioni viene infine correlata con la PET, e si discutono i risultati ottenuti, ponendo particolare attenzione alle limitazioni di entrambe queste modalità di imaging.
Diffusion-based Magnetic Resonance Imaging (dMRI) is rapidly becoming the instrument of choice to probe the structure of the human brain in vivo. By modelling the properties of water diffusion inside cerebral tissues, it is indeed possible to extract surrogates of histological measures, such as fibre density, conformation and preferential direction, in a non-invasive manner. Furthermore, local orientational features can be used to reconstruct axonal pathways that link different brain regions, allowing the study of how they are structurally connected. Nevertheless, the quantification of dMRI measures must be cautious when the physiological environment of brain tissues is drastically altered. Such is the case of brain tumours. The microstructure of brain tumours is highly heterogeneous, being diverse between and inside specific types and malignancy grade. The wide spectrum of cellular environments they feature invalidates several hypotheses on which diffusion-based microstructure models are built and, contemporarily, poses difficulties in the process of tracking white matter in affected regions. Given these limitations, are these techniques worth using in this complex pathological environment? During the last three years I explored several state of the art diffusion-based methodologies in a cohort of patients suffering from a range of brain tumours. Hence, this thesis strives to be a summary of this work, laying the foundation for future studies aiming to integrate the use of advanced dMRI in the clinical neuro-oncological practice. The thesis is divided in three main parts, which are organized as follows: In the first part, an assessment is made whether two widely known diffusion advanced models, Neurite Orientation Dispersion and Density Imaging (NODDI) and the Spherical Mean Technique (SMT) are properly fitted in the tumoral lesion in terms of goodness-of-fit and parameter precision. Several works, concentrating mainly on NODDI, used such techniques not as biophysical models but as signal representations, trying to find biomarkers that differentiate more and less isotropic environments which contribute to the totality of the diffusion signal in ‘tumoral’ voxels. These studies were performed without first checking whether these diffusion metrics are mathematically reliable. This issue is here assessed from a technical point of view, without giving specific biophysical meaning to the models in exam inside the tumoral tissues The second part features a comparison study between methods for the identification of structurally disconnected white matter (WM) in brain tumour patients. Here, two branches of methodologies were identified, namely direct and indirect approaches. The formers use single-subject tractography to directly investigate which fibre bundles may be affected by the presence of the tumour. The latters, instead, embed the focal lesion on a normative atlas of white matter tracts, identifying the probability of a WM voxel being disconnected by the pathology. Employing known image analysis metrics, both approaches are discussed, highlighting points of convergence, but also of disagreement, in terms of the physio-pathological information they can convey. In the third and last part of this thesis, tumour-related anomalies of diffusion-based structural connectivity (SC) matrices are put in relationship with metabolic measures from [18F]-FDG PET. A procedure for tractography algorithm selection was firstly performed, and after the SC quantification, a statistical method of detecting altered connections in the tumour-affected SC matrix is presented. Within such a framework, the amount of affected SC entries was eventually quantified in the available cohort of patients and put in relationship with standardized uptake values from PET. Finally, a discussion of the results of this association is provided, paying particular attention to the limitations of these imaging modalities in the brain oncological field.
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Muratori, Luca. « Tecniche di neuroimaging strutturale avanzato nei disturbi dello spettro autistico ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Résumé :
Lo scopo dello studio in questione è quello di fornire una panoramica sulla ricerca nel campo del neuroimaging strutturale avanzato incentrata sui disturbi dello spettro autistico. Viene trattato l’autismo partendo dal suo riconoscimento nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, catalogato tra i disturbi pervasivi dello sviluppo, fino ad arrivare alle più moderne tecniche di analisi strutturale con risonanza magnetica. Viene evidenziata l’altissima eterogeneità dello stesso che ha portato alla necessaria divisione in sottogruppi eziologicamente più omogenei. Vengono illustrate le fasi dello sviluppo cerebrale inerenti ai primi anni di vita, antecedenti al periodo tipico di diagnosi, che accomunano la maggioranza dei casi, grazie alle quali si spera di poter anticipare significativamente l’età media di una diagnosi attendibile. Negli ultimi anni si è cercato di sviluppare framework in grado di riconoscere i soggetti che ne sono colpiti solo sulla base di scansioni di risonanza magnetica mediante tecniche di machine learning. In particolar modo, sono di interesse le acquisizioni a 6, 12 e 24 mesi, illustrative di un periodo di elevata plasticità cerebrale. Oltre alle anomalie macroscopiche di volume e di estensione tipiche di questa fascia sensibile, vengono riportati anche alcuni cluster corticali distintivi dell’autismo. Questi si sono rivelati utili non tanto per la diagnosi, quanto per la classificazione dei sottogruppi, giustificando la relazione tra una malformazione corticale localizzata in un lobo ed una relativa funzionalità cognitiva o motoria inusuale. Viene fatta menzione di alcuni network internazionali e pubblici dediti alla raccolta di dataset di soggetti affetti dal disturbo in parallelo a soggetti sani, i quali hanno reso possibile una collaborazione tra la comunità scientifica permettendo ai ricercatori di condividere i dati da loro raccolti e le rispettive conclusioni che ne sono derivate.
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ANZUINO, ISABELLA. « COMPROMISSIONE DELL'ELABORAZIONE EMOZIONALE NELLA MALATTIA DI PARKINSON : PRODUZIONE E RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI TRASMESSE DAL VOLTO E DALLA VOCE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/112847.

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Résumé :
La classica descrizione della Malattia di Parkinson (MP) come caratterizzata esclusivamente da sintomi motori è stata superata perché i pazienti sperimentano frequentemente, tra gli altri, anche disturbi dell'elaborazione emozionale che portano a difficoltà nell’esprimere e nel riconoscere le emozioni altrui dalla prosodia e dall'espressione facciale. Nella presente tesi è stato indagato, a livello comportamentale, se la MP può indurre modificazioni nella produzione e nel riconoscimento delle emozioni trasmesse dal volto e dalla voce. A livello neurostrutturale, sono state esplorate le alterazioni della materia grigia in una sottopopolazione di pazienti con MP, testando se le prestazioni ottenute nei vari compiti ideati per studiare l'elaborazione emozionale siano associate a indici di integrità strutturale. Nel complesso, le evidenze raccolte in questa tesi confermano che la MP è caratterizzata da un deficit nella produzione e nel riconoscimento delle espressioni facciali e vocali fin dall'esordio della malattia, che potrebbe essere spiegato non solo dal coinvolgimento funzionale delle vie dopaminergiche e dei gangli della base in questi processi, ma anche dal reclutamento di un più ampio network cerebrale sottostante l'elaborazione emozionale.
The original description characterizing Parkinson’s Disease (PD) by motor symptoms has been updated because patients also frequently experience, among others, emotional‐processing impairments leading to difficulty in expressing and recognizing others’ emotions from prosody and facial expression. In the current thesis, it was investigated, at the behavioural level, if PD could induce modifications in the production and recognition of emotions conveyed by face and voice. At the neurostructural level, grey matter alterations in PD subgroup were explored, testing if the performance obtained in the various tasks devised to study the emotional processing is associated with indices of grey matter integrity in PD. Taken together, the evidence collected in this thesis confirms that PD is characterized by a deficit in the production and recognition of facial and vocal expressions from disease onset, which could be explained not only by the functional involvement of the dopaminergic pathways and basal ganglia in these processes, but also by the engagement of a more extensive network underlying emotional processing.
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Nanni, Michela <1976&gt. « Variabilita delle strutture commessurali nell'agenesia isolata del corpo calloso in un'ampia casistica di risonanza magnetica fetale ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7626/2/tesi_08-04-2016.pdf.

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Résumé :
Introduzione e Scopo dello Studio L’agenesia completa del corpo calloso (ACC) anche quando isolata può essere espressione di eterogeneità anatomica. Lo scopo dello studio è descrivere la variabilità delle altre strutture commissurali in un’ ampia corte di feti con apparente agenesia completa isolata del corpo calloso con risonanza magnetica (RMN) in epoca pretale Materiale e Metodi In tutti i feti con a ACC riferiti all’ analisi con RM dal 2004 al 2014 presso la Neuroradiologia Pediatrica dell’ Ospedale Buzzi di Milano è stata valutata, da parte di due neuroradiologi esperti con più di 10 anni di esperienza in questo campo, la presenza di altre strutture commissurali: la commissura anteriore (CA) e la commissura ippocampale (CI) Risultati Complessivamente sono stati reclutati 62 casi: 3/62 (4,8%) non presentavano nessuna struttura commissurale cerebrale; 23/62 (37,1%) presentavano solo la CA, 20/62 (32,3%) presentavano sia la CA che la CI in una forma vestigiale, mentre i rimanenti 16/62 casi evidenziavano la presenza di una commissura ibrida (CIB) risultanza della fusione della CI vestigiale con un corpo rudimentale e prematuro del corpo calloso. I reperti prenatali sono stati successivamente confermati dalle immagini ottenute con la RM post-natale quando disponibili. Conclusioni Nella maggioranza dei feti della nostra corte era stata documentata allo studio prenatale con RM la presenza almeno di una commissura (CA); in circa la metà di essi era stata identificata in concomitanza la presenza di una seconda commissura: CI in una forma vestigiale o la CIB composta dalla fusione di due commissure; la CI vestigiale e il prematuro corpo del corpo calloso. Ulteriori studi sono necessari al fine di verificare se tale variabilità commissurale nei feti affetti da ACC isolata possa associarsi a diverse caratteristiche genetiche e avere un impatto sull’ outcome neurologico a lungo termine di questi giovani pazienti.
Background and Purpose Agenesis of corpus callosum (ACC), even when isolated, may be characterized by anatomical variability. The aim of this study was to describe the types of other forebrain commissures, in a large cohort of randomly enrolled fetuses with apparently isolated ACC at prenatal magnetic resonance (MR) imaging. Materials and Methods From 2004 to 2014 in all fetuses with apparently isolated ACC submitted to prenatal MR imaging, the presence of the anterior (AC) or a vestigial hippocampal commissure (HC) was assessed "in consensus" by two pediatric neuroradiologists. Results Overall 62 cases of ACC were retrieved from our database. In 3/62 fetuses (4,8%) no forebrain commissure was visible at prenatal MR imaging, 23/62 cases (37,1%) presented only the AC, 20/62 cases (32,3%) showed both the AC and a residual vestigial HC, whereas in the remaining 16/62 cases (25,8%) a hybrid structure (HS) merging a residual vestigial HC and a rudiment of CC body was detectable. Postnatal MR imaging, when available, confirmed prenatal forebrain commissure findings. Conclusions The vast majority of fetuses with apparently isolated ACC showed at least one forebrain commissure at prenatal MR imaging, and about half of cases also a second commissure: a vestigial HC or a hybrid made of HC and rudiment CC body. It remains to be assessed if such variability is the result of different genotype and if it may have any impact on the long term neurodevelopmental outcome
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Nanni, Michela <1976&gt. « Variabilita delle strutture commessurali nell'agenesia isolata del corpo calloso in un'ampia casistica di risonanza magnetica fetale ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7626/.

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Résumé :
Introduzione e Scopo dello Studio L’agenesia completa del corpo calloso (ACC) anche quando isolata può essere espressione di eterogeneità anatomica. Lo scopo dello studio è descrivere la variabilità delle altre strutture commissurali in un’ ampia corte di feti con apparente agenesia completa isolata del corpo calloso con risonanza magnetica (RMN) in epoca pretale Materiale e Metodi In tutti i feti con a ACC riferiti all’ analisi con RM dal 2004 al 2014 presso la Neuroradiologia Pediatrica dell’ Ospedale Buzzi di Milano è stata valutata, da parte di due neuroradiologi esperti con più di 10 anni di esperienza in questo campo, la presenza di altre strutture commissurali: la commissura anteriore (CA) e la commissura ippocampale (CI) Risultati Complessivamente sono stati reclutati 62 casi: 3/62 (4,8%) non presentavano nessuna struttura commissurale cerebrale; 23/62 (37,1%) presentavano solo la CA, 20/62 (32,3%) presentavano sia la CA che la CI in una forma vestigiale, mentre i rimanenti 16/62 casi evidenziavano la presenza di una commissura ibrida (CIB) risultanza della fusione della CI vestigiale con un corpo rudimentale e prematuro del corpo calloso. I reperti prenatali sono stati successivamente confermati dalle immagini ottenute con la RM post-natale quando disponibili. Conclusioni Nella maggioranza dei feti della nostra corte era stata documentata allo studio prenatale con RM la presenza almeno di una commissura (CA); in circa la metà di essi era stata identificata in concomitanza la presenza di una seconda commissura: CI in una forma vestigiale o la CIB composta dalla fusione di due commissure; la CI vestigiale e il prematuro corpo del corpo calloso. Ulteriori studi sono necessari al fine di verificare se tale variabilità commissurale nei feti affetti da ACC isolata possa associarsi a diverse caratteristiche genetiche e avere un impatto sull’ outcome neurologico a lungo termine di questi giovani pazienti.
Background and Purpose Agenesis of corpus callosum (ACC), even when isolated, may be characterized by anatomical variability. The aim of this study was to describe the types of other forebrain commissures, in a large cohort of randomly enrolled fetuses with apparently isolated ACC at prenatal magnetic resonance (MR) imaging. Materials and Methods From 2004 to 2014 in all fetuses with apparently isolated ACC submitted to prenatal MR imaging, the presence of the anterior (AC) or a vestigial hippocampal commissure (HC) was assessed "in consensus" by two pediatric neuroradiologists. Results Overall 62 cases of ACC were retrieved from our database. In 3/62 fetuses (4,8%) no forebrain commissure was visible at prenatal MR imaging, 23/62 cases (37,1%) presented only the AC, 20/62 cases (32,3%) showed both the AC and a residual vestigial HC, whereas in the remaining 16/62 cases (25,8%) a hybrid structure (HS) merging a residual vestigial HC and a rudiment of CC body was detectable. Postnatal MR imaging, when available, confirmed prenatal forebrain commissure findings. Conclusions The vast majority of fetuses with apparently isolated ACC showed at least one forebrain commissure at prenatal MR imaging, and about half of cases also a second commissure: a vestigial HC or a hybrid made of HC and rudiment CC body. It remains to be assessed if such variability is the result of different genotype and if it may have any impact on the long term neurodevelopmental outcome
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Chapitres de livres sur le sujet "Risonanza magnetica strutturale"

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Meduri, Agostino, Luigi Natale et Lorenzo Bonomo. « Come strutturare un esame RM completo ». Dans Risonanza magnetica cardiaca, 65–79. Milano : Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_7.

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