Thèses sur le sujet « RIFORMA COSTITUZIONALE »

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1

Bondi', Alice <1990&gt. « La riforma costituzionale tunisina : attori politici e società civile ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6371.

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Résumé :
In seguito alla cosiddetta "Rivoluzione dei gelsomini", la Tunisia ha intrapreso un percorso di transizione democratica che ha portato, nel gennaio 2014, all’adozione del nuovo testo della Costituzione. Durante la fase della transizione costituzionale, qual è stato il ruolo della società civile tunisina? Partendo da tale quesito come punto di partenza, nella prima parte della tesi viene ripercorso il passato costituzionale del Paese, dal Patto Fondamentale del 1857 alla Costituzione del 1959; nella seconda vengono descritte le forme di autoritarismo di Bourguiba e di Ben Ali e le cause della thawra al-karema; infine, nella terza, si prende in esame il percorso che ha portato all’approvazione della nuova Carta Costituente, ponendosi l’obiettivo di indagare circa l’atteggiamento della società civile.
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Masiero, Larry <1980&gt. « IL SENATO NEL DISEGNO DI RIFORMA COSTITUZIONALE DEL GOVERNO RENZI ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9400.

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Résumé :
IL DISEGNO DI LEGGE DI RIFORMA COSTITUZIONALE PRESENTATO DAL GOVERNO RENZI MODIFICA LA COMPOSIZIONE E LE FUNZIONI DEL SENATO DELLA REPUBBLICA. VIENE ANALIZZATA LA COMPOSIZIONE ED IL FUNZIONAMENTO DEL PARLAMENTO E CONFRONTATO CON I PARLAMENTI PRESENTI NEI PRINCIPALI STATI EUROPEI E NEGLI STATI UNITI. L’ANALISI DELLA RIFORMA PARTE DAL SENATO COSTITUITOSI A SEGUITO DELLA FONDAZIONE DEL REGNO D’ITALIA SINO ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE, PASSANDO POI AI TENTATIVI DI RIFORMA POSTI IN ESSERE IN PRECEDENTI LEGISLATURE.
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3

Chirico, Domenico <1966&gt. « Il presidente del consiglio dei ministri nell'ordinamento vigente e nelle prospettive di riforma ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6603/3/domenico_chirico_tesi.pdf.

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Résumé :
“Il Presidente del Consiglio dei Ministri nell'ordinamento vigente e nelle proposte di riforma”. La tesi si propone di ricostruire i caratteri propri della figura giuridica del Presidente del Consiglio nell’ordinamento vigente, sino alla analisi delle più recenti proposte di riforma costituzionale in tema. La dimensione analitico-sistematica proposta è stata sviluppata in riferimento alle concrete dinamiche economiche, politiche ed istituzionali, in relazione alle quali si è inteso verificare il tipo di rapporto tra esigenze di stabilizzazione del ciclo economico ed esigenze di stabilizzazione degli esecutivi, dando il dovuto rilievo al processo di integrazione della Unione Europea, come “motore” delle istanze di riforma del sistema economico ed istituzionale. Nel primo capitolo, si sono esplicitate le chiavi metodologiche secondo le quali si è inteso sviluppare il percorso di ricerca. Nel secondo capitolo si è operata una ricostruzione del quadro ordinamentale a base statutaria, come termine iniziale per poter cogliere al meglio la configurazione del ruolo poi assunta nell’ordinamento repubblicano; ciò come premessa necessaria ad una corretta ricostruzione diacronica, di tutti gli elementi rilevanti per poter comprendere la portata delle proposte attuali. Nel terzo capitolo, si è cercato di ricostruire il ruolo del presidente del consiglio, collocandolo nel quadro della dinamica attuazione/inattuazione dell’ordinamento repubblicano e alla luce dei caratteri del sistema politico, in modo da poter coniugare i tratti evolutivi imposti all’inquadramento della figura dalle dinamiche del sistema politico; così da poter conseguentemente cogliere gli elementi genetici di un dibattito politico istituzionale, che genera proposte di riforma organica, mediante l’analisi degli atti delle commissioni Parlamentari per le riforme. Nel quarto capitolo, a partire dalla apertura di una fase di c.d. “transizione”, si ricostruiscono le proposte specificamente finalizzate al riassetto del Presidente del Consiglio prodotte dalle commissioni parlamentari per le riforme, segnando le tappe di un percorso ancora aperto e dall’esito incerto.
The work analyses the institutional characters of the head of the government, in particular appointing the powers about his ministers and the powers of the government in Parliament, in connections with the legislative procedures. The analysis shows the importance of the party-system in conditioning the balance bitwin parliament and government. In particular, a plularistic asset of the party-sistem, based on a proportional electoral law, favourishes the weekness of the government. On this considerations, the istances of reform are oriented to enforce the government and simplify the party-system, in order to give as a result a “deciding democracy”, based on a strength Parliament and a strength Government.
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Chirico, Domenico <1966&gt. « Il presidente del consiglio dei ministri nell'ordinamento vigente e nelle prospettive di riforma ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6603/.

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Résumé :
“Il Presidente del Consiglio dei Ministri nell'ordinamento vigente e nelle proposte di riforma”. La tesi si propone di ricostruire i caratteri propri della figura giuridica del Presidente del Consiglio nell’ordinamento vigente, sino alla analisi delle più recenti proposte di riforma costituzionale in tema. La dimensione analitico-sistematica proposta è stata sviluppata in riferimento alle concrete dinamiche economiche, politiche ed istituzionali, in relazione alle quali si è inteso verificare il tipo di rapporto tra esigenze di stabilizzazione del ciclo economico ed esigenze di stabilizzazione degli esecutivi, dando il dovuto rilievo al processo di integrazione della Unione Europea, come “motore” delle istanze di riforma del sistema economico ed istituzionale. Nel primo capitolo, si sono esplicitate le chiavi metodologiche secondo le quali si è inteso sviluppare il percorso di ricerca. Nel secondo capitolo si è operata una ricostruzione del quadro ordinamentale a base statutaria, come termine iniziale per poter cogliere al meglio la configurazione del ruolo poi assunta nell’ordinamento repubblicano; ciò come premessa necessaria ad una corretta ricostruzione diacronica, di tutti gli elementi rilevanti per poter comprendere la portata delle proposte attuali. Nel terzo capitolo, si è cercato di ricostruire il ruolo del presidente del consiglio, collocandolo nel quadro della dinamica attuazione/inattuazione dell’ordinamento repubblicano e alla luce dei caratteri del sistema politico, in modo da poter coniugare i tratti evolutivi imposti all’inquadramento della figura dalle dinamiche del sistema politico; così da poter conseguentemente cogliere gli elementi genetici di un dibattito politico istituzionale, che genera proposte di riforma organica, mediante l’analisi degli atti delle commissioni Parlamentari per le riforme. Nel quarto capitolo, a partire dalla apertura di una fase di c.d. “transizione”, si ricostruiscono le proposte specificamente finalizzate al riassetto del Presidente del Consiglio prodotte dalle commissioni parlamentari per le riforme, segnando le tappe di un percorso ancora aperto e dall’esito incerto.
The work analyses the institutional characters of the head of the government, in particular appointing the powers about his ministers and the powers of the government in Parliament, in connections with the legislative procedures. The analysis shows the importance of the party-system in conditioning the balance bitwin parliament and government. In particular, a plularistic asset of the party-sistem, based on a proportional electoral law, favourishes the weekness of the government. On this considerations, the istances of reform are oriented to enforce the government and simplify the party-system, in order to give as a result a “deciding democracy”, based on a strength Parliament and a strength Government.
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BONASIO, Alessia. « Bicameralismo in Italia : tentativi e ipotesi di riforma alla svolta della XVI legislatura ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28806.

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Résumé :
The paper deals with the complex question of Italian bicameralism, the topic of a lively constitutional debate, which has constantly advocated a change, so as to obtain a differentiation between the two branches of Parliament, in point of composition and of function and, in particular, of the Second Chamber which, from the point of view of the reformers, should take a “regional” connotation. The first part of the work starts off and develops from this theoretical preamble; it focuses on mapping and reconstructing Italian bicameralism starting from the debate in the Constituent Assembly up to current times (through periodization of the most significant reform attempts). The second part of the dissertation is instead more of an exploratory nature, in search of alternative scenarios to the reform of bicameralism, placed within the context of the 16th legislative period; in fact, if on the one hand, toward the end of this period another new plan for reforming bicameralism was submitted and partially approved, on the other the search closes with the alternative hypothesis of revitalizing the Committee for regional affairs, through integration with the territorial component. This, in substance, would mean that not only the equal character of the two Chambers remains unchanged, but it would also push in the direction of a “de facto” unicameralism, a hypothesis that has never been considered since the debate in the Constituent Assembly.
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CARTA, ROSSELLA. « La riforma del sistema comune di asilo europeo tra principio di solidarietà e rinascita dei nazionalismi ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2021. http://hdl.handle.net/11584/313090.

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Résumé :
Moving from the m the proposals for the reform of the current Common European Asylum System (CEAS) and in particular of the Dublin Regulation, the thesis analyses the concrete possibility of overcoming and modifying the current system, questioning in particular the role that Member States play and can play in this process. The focus of the research is on the difficult coexistence of two elements that seem to be fundamental at the European level: on the one hand, the principle of Art. 80 TFEU that imposes an obligation of solidarity and shared responsibility among Member States and, on the other hand, the resurgence of nationalist and restrictive policies in some European countries. Specifically, as far as the content of the thesis is concerned, chapter I analyses three general theories on asylum: the open borders thesis, which sees the right to migrate as a fundamental right; the restrictive thesis, which sees immigration control as a necessary tool to preserve national identity; and finally, a third thesis, summarised in the expression "controlled borders and open doors", which balances the regulation of flows with the protection of fundamental rights. This last thesis seems to be clearly expressed by the constitutional provisions in art. 10, paragraph 3. The second chapter, therefore, deals with the analysis of art. 10, par. 2, 3 of the Constitution, i.e. the legal condition of the foreigner in the Italian system and the constitutional right of asylum as a perfect subjective right. The third chapter deepens the analysis of the discipline of international protection by examining both the European and national contexts. The fourth chapter focuses on the crisis of the CEAS, and of the Dublin system in particular, which show their weakness and ineffectiveness especially during the refugee emergency of the 2015. In the light of the CEAS crisis, the fifth chapter analyses the projects of reform of this system, starting from the proposals of 2016 and ending with the European Pact on Immigration and Asylum of September 2020, which seem to highlight the tendency towards policies of control of the migratory phenomenon and external borders, with a compression of the fundamental rights of applicants for international protection. In conclusion, the work shows that despite the fact that there is, both at national and European level, a noble legal framework, aimed at balancing the need to manage flows and the protection of fundamental rights, in practice the policies implemented often seem to be marked by restrictive aims, aimed more at controlling flows than balancing their regulation and the right to asylum.
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BORRONI, MARIA GRAZIA ELEONORA. « LA PRASSI DELLA CONTRATTAZIONE TRA STATO E REGIONI NEI GIUDIZI IN VIA PRINCIPALE. QUANDO I GOVERNI 'NEGOZIANO' IL CONTENUTO DELLE LEGGI : PROFILI CRITICI E PROSPETTIVE DI RIFORMA ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/490619.

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Résumé :
This essay investigates one of the most controversial aspects of the relationships between the Italian State and the Regions defined by the italian doctrine as “contrattazione di legittimità”, which refers to the negotiation of regional laws in order to overcome the objections of legitimacy raised by the Government. A significant part of the conflicts before the Italian Constitutional Court deals with this aspect which is evident in the numerous decisions with which the Court declares the proceeding or the contested subject matter terminated. This research looks into the ways in which this negotiation takes place highlighting at the same time its main issues. The analysis is also aimed at proposing suitable solutions for a system, like the Italian one, which lacks institutions where the state and the regional legislators can effectively cooperate. In so doing, a moment will be dedicated to the recent attempt of constitutional reform and to its ability to put an end to the ongoing conflicts between State and Regions.
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8

D'ALFONSO, Luciano. « Il governo territoriale regionale e il tessuto imprenditoriale : tra esigenze di semplificazione, velocizzazione e innovazione ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2017. http://hdl.handle.net/11695/74912.

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Résumé :
Il presente lavoro di ricerca è orientato all’analisi dei molteplici fattori che hanno determinato il rallentamento della crescita dell’Italia, soprattutto in una prospettiva di comparazione con i diversi processi di sviluppo seguiti dagli altri Paesi europei. L’analisi si propone di verificare le ricadute reali che simili dilatazioni della tempistica procedimentale hanno prodotto sul Governo del territorio, sul tessuto produttivo e sulla capacità di riprodurre risultati in termini occupazionali e di opportunità d’impresa. Fondamentale appare, al riguardo, una ricognizione delle principali riforme giuridiche messe attualmente in campo, come le misure di semplificazione previste nella Legge 125/2014 o quelle a favore del meridione, recentemente approvate in parlamento. Il vero e attuale cambio di prospettiva è rappresentato dalla circostanza per cui tutte le dette acquisizioni della scienza amministrativa vanno necessariamente ripensate anche alla luce del nuovo ruolo riconosciuto ai Governi Territoriali Regionali e agli Enti Locali, nel passato invece emarginati dai processi decisionali d’interesse per lo sviluppo del tessuto economico e imprenditoriale del Paese.
This research work is oriented to the analysis of the many factors that have led to the slowdown in Italy’s growth, especially from a perspective of comparison with the different development processes followed by other European countries. The analysis aims to verify the real effects that similar dilations of procedural timing have produced on the territory’s government, on the production fabric and on the ability to reproduce results in terms of employment and enterprise opportunities. In this regard, a key review of the main legal reforms currently in the field is to be found, such as the simplification measures provided for in Law 125/2014 or those in favor of the South, which have recently been approved by parliament. The real and current perspective change is the fact that all these acquisitions of administrative science need to be rethought also in the light of the new role recognized to Territorial Regional Governments and Local Authorities in the past instead marginalized by the decision-making processes of interest for the development of the country's economic and entrepreneurial fabric.
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9

Ferretto, Chiara. « L'immigrazione tra Stato, Regioni e integrazione europea : profili di criticità nel riparto delle competenze e proposte di riforma ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426171.

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Résumé :
The following work aims to investigate the problematic issues concerning the allocation of responsibilities among various levels of government with regard to the regulation of immigration. The issue is covered from different perspectives: the admission of foreign workers, the safeguard of social and political rights, the effects of immigration on the constitutional order, till the provision and content of the citizen status. The levels of government identified as an object of analysis are the Regions, the State and the European Union. These authorities, in fact, are mostly concerned by the basic issues of immigration, such as the admission of aliens and the border control. Each chapter of this thesis is based on an actual conflict risen between case law, legislation and enforcement of rules, about the administration of foreigners. The purpose of the analysis is not only to identify problems and to furnish a regulatory framework, but it is also to make - where possible - concrete reform proposals. The first chapter is focused on the conflict developed in recent years between the State and the Regions, with regard to the regulation of the admission of aliens and their regularization: even if Regions have to administrate the most important social structures and have to bear the heaviest financial implications relating to the entry of foreigners – such as health care and public housing - the State has never recognized them a significant influence on the determination of the number of aliens to admit annually. The issue of social rights, in particular, is crucial in this study not only because they affect some constitutional guarantees and some fundamental rights – especially the right to health and the right to education - but also because they have a heavy impact on public budget. In fact, while civil rights have no immediate effect on the financial system of the nation, the decision to grant the foreign population the enjoyment of social rights has an enormous importance on financial policies. For this reason, the relationship between the State and the Regions on immigration is closely related with the analysis of the conditions under which social rights should be assured to foreigners. The chapter also contains a concrete proposal for reforming the allocation of powers on admission of aliens, which takes into account the principles of autonomy, responsibility and solidarity. This proposal, in particular, trys to blend the immigration policy with the recent reform on fiscal federalism. The second chapter relates to the issue of political rights and, in particular, the right to vote. The Italian legislation - which still denies the right to vote to foreign residents, even at the administrative level – appears to be in contrast with the EU principles, the legislation of most European countries and the requests of some Regions, which move in the direction of allowing political representation to immigrants. The third chapter focuses on the legal treatment of illegal aliens. This topic, in recent years, has been taken into account by several judgments of Italian and international courts, which have revealed various contrasts between law and jurisprudence. Italian legislation, in fact, seems to be affected by a gradual process of "erosion" by the european and national case law, in particular with reference to the provisions introduced in 2009 (Law no. 94/2009), that tried to prevent the arrival of an inordinate number of immigrants. This law, known for having criminalized illegal presence in the Italian territory, since its origins has been accused of harmfulness against some fundamental constitutional principles, such as reasonableness, proportionality and non-discrimination. In recent months, however, the intervention of judges has taken a huge proportion. In particular, the chapter analyze some case law of the Constitutional Court, the Court of Justice of the European Union and the ECHR. Following these guidelines, the chapter detects the significant contrast arisen in little more than a year between the state legislature and the decisions of national and international Courts. The final chapter proposes a reflection on the conceptual change of the meaning of “citizenship”, as a result of globalization and "de-nationalization" of democracy and rights. This phenomenon is fundamentally due to the Italian participation in the European Union, to the recent jurisprudence of the Constitutional Court and to the adoption of numerous international conventions on the protection of human rights. After having analyzed the evolution of citizenship, the article explores the advisability of rethinking the legal system of acquisition of citizenship through a process that begins "from below", on the Swiss model. In fact, the acquisition of Swiss citizenship is the result of a long and gradual process that starts with the integration in the local community and then rises to the cantonal level and, finally, federal. The Swiss model, during the crisis of citizenship and national sovereignty, may provide an alternative model of social inclusion, that enhances the integration of foreigners into the local community. The progressive loss of national sovereignty, indeed, has given rise to increasing "global-local" pressures, which involve a request for participation in local public life, perceived as a privileged opportunity of community inclusion
Il presente lavoro intende indagare gli ambiti di problematicità nel riparto delle competenze tra i diversi livelli di governo per quanto concerne la disciplina dell'immigrazione. La tematica viene affrontata da diverse prospettive, a partire dalla regolamentazione dei flussi di ingresso, fino alla garanzia dei diritti sociali e politici, giungendo ad analizzare gli effetti prodotti dal fenomeno migratorio sui fondamenti dell'ordinamento costituzionale, tra i quali la concessione e il contenuto dello status di cittadino. Gli ambiti individuati come oggetto di analisi sono i livelli di governo delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea, nei confronti dei quali maggiormente rileva il profilo del riparto delle competenze in materia di disciplina del fenomeno migratorio, controllo delle frontiere e regolamentazione dell'ingresso degli stranieri. Ogni capitolo della tesi prende spunto dai contrasti, recentemente emersi, tra i diversi livelli di governo, oppure tra il diritto vigente e le elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali, che testimoniano la presenza di irrisolti conflitti normativi. Scopo dell'analisi, oltre a individuare gli aspetti problematici e a fornirne un inquadramento legislativo e una lettura costituzionalmente orientata, è anche quello di formulare – ove possibile – proposte concrete di riforma. Andando a proporre una breve visuale delle tematiche oggetto di analisi, il primo capitolo muove dalla conflittualità sviluppatasi negli ultimi anni tra lo Stato e le Regioni per quanto concerne la regolamentazione dei flussi di ingresso degli stranieri e la loro regolarizzazione: nonostante le Regioni siano titolari delle più significative competenze in materia sociale e quindi sopportino le più intense implicazioni finanziarie relative all'ingresso degli stranieri – si pensi alla gestione della sanità e dell'edilizia pubblica – lo Stato non ha mai riconosciuto al territorio la possibilità di influire significativamente sulla determinazione dei flussi. La tematica dei diritti sociali, in particolare, risulta fondamentale nell’ambito di questa ricerca non solo perché tali diritti interessano alcune garanzie costituzionali fondamentali - si pensi al diritto alla salute e al diritto d’istruzione - ma anche perché si tratta dei diritti che hanno un maggiore impatto sulle finanze statali, regionali e locali. Mentre, infatti, la concessione dei diritti civili non ha alcun effetto immediato sul sistema di bilancio della nazione, la scelta di concedere alla popolazione straniera il godimento dei diritti sociali comporta un riverbero di enorme rilevanza sulle politiche finanziarie. Per questa ragione, il rapporto tra lo Stato e le Regioni in materia d’immigrazione risulta strettamente connesso con l’analisi delle condizioni alla quali si debbano ritenere applicabile agli stranieri le prestazioni di welfare. Il capitolo si conclude con l’elaborazione di una proposta concreta di revisione del sistema di determinazione delle quote di ingresso degli stranieri, che tenga conto, in particolare, dei principi di autonomia, responsabilità e solidarietà introdotti dalla riforma sul federalismo fiscale. Il secondo capitolo, invece, ha ad oggetto la tematica della spettanza agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio italiano dei diritti politici e, in particolare, del diritto di voto. In materia, la disciplina nazionale – che tuttora nega tale diritto agli stranieri residenti, anche a livello amministrativo – si contrappone ai principi comunitari, alla normativa della maggior parte dei Paesi dell'Unione europea e alla formulazione di alcuni statuti regionali, che invece si sono mossi nella direzione di consentire una maggiore rappresentanza politica agli immigrati. Il terzo capitolo è dedicato al trattamento giuridico dello straniero irregolare. L'ambito de quo è stato oggetto, negli ultimi anni, di diverse pronunce da parte della giurisprudenza interna e sovrastatale, che hanno posto in luce significativi contrasti tra la produzione legislativa statale e le elaborazioni pretorie. La giurisprudenza, infatti, sembra aver intrapreso un graduale processo di “erosione” delle norme che regolamentano l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio italiano, in particolare con riferimento alle disposizioni introdotte dal Pacchetto Sicurezza del 15 luglio del 2009 (legge n. 94/2009). Questa legge, nota per aver criminalizzato la presenza clandestina nel territorio italiano, fin dai suoi albori è stata tacciata di lesività nei confronti di alcuni principi costituzionali fondamentali, come quello di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione. Solo negli ultimi mesi, tuttavia, l'intervento giurisprudenziale in materia ha assunto una dimensione sistematica. In particolare, sono oggetto di analisi alcune pronunce della Corte costituzionale (sentenza n. 245 del 25 luglio 2011, con la quale è stato dichiarato illegittimo l'articolo 116 del Codice Civile, nella parte in cui vieta la celebrazione delle nozze a chi non risulti essere in possesso di un documento comprovante la regolarità del soggiorno in Italia), della Corte di Giustizia dell'Unione europea (sentenza El Dridi del 28 aprile 2011, con la quale la Corte ha dichiarato non conforme alle Direttive e ai principi comunitari la comminazione della pena della reclusione per l'immigrato irregolarmente soggiornante in Italia) e della CEDU (sentenza del 23 febbraio 2012 sul caso Hirsi, con la quale l'Italia è stata condannata per la pratica dei c.d. respingimenti in mare, messa in atto nel 2009 in cooperazione con il governo libico). A seguito dell'analisi degli orientamenti citati, il capitolo porta a rilevare il significativo contrasto creatosi in poco più di un anno tra la produzione legislativa statale e le pronunce della giurisprudenza costituzionale ed europea. Il capitolo finale, invece, estende l'analisi fino a prendere atto dell'inevitabile mutamento concettuale e normativo che ha riguardato negli ultimi anni il concetto di cittadinanza. Tale fenomeno è principalmente dovuto alla graduale parificazione del trattamento degli stranieri residenti rispetto a quello dei cittadini, in particolare per quanto riguarda la tutela dei diritti sociali. Tale evoluzione, da attribuirsi in larga misura all'elaborazione giurisprudenziale della Consulta. ha portato a un sostanziale “svuotamento” della portata giuridica dello status di cittadino, attraverso l'estensione dei diritti tradizionalmente garantiti ai membri di una nazione a favore di tutti i soggetti regolarmente residenti in un determinato territorio. Al fine di analizzare i possibili sviluppi della condizione giuridica dei non-cittadini, viene proposta la comparazione con un modello, quello svizzero, nel quale la cittadinanza "parte dal basso", in quanto è l'autorità comunale a essere deputata a valutare il grado di integrazione dello straniero nella comunità di riferimento, che costituisce il presupposto indispensabile per l'ottenimento della cittadinanza federale. L'intero processo di naturalizzazione, pertanto, comincia dal livello municipale, ove la decisione è assunta dagli organismi rappresentativi, dagli esecutivi o anche da assemblee di cittadini appositamente riunite. Ciò consente, a differenza di quanto accade nel caso italiano, di subordinare l'acquisizione della cittadinanza all'effettiva integrazione nella comunità di riferimento, attestata dalla collettività stessa
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10

Sgro', F. « ASPETTI E PROBLEMI ATTUALI DEL BICAMERALISMO ITALIANO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150214.

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Résumé :
Aspects and current problems of the Italian bicameralism. The research focus on analysis of the Italian bicameralism and the most important proposals to reform the Senate of the Republic in order to verify the current requirement for the revision of Parliament and asses – through a legal evaluation – the most appropriate solutions. The research starts from the theory of separation of the public powers and deepens the two prototypes of bicameralism (European model and North American type). Then it analyzes the Italian system, that is a very rare example of perfect bicameralism covering both the legislative and the political functions. Following the course of Republican history, the study appreciates the possibility of revision of perfect bicameralism, focusing on the most organic projects that are currently under investigation in Parliament. The research proposes, at this point, an overview of the main experiences of bicameralism in the contemporary democracies. Finally it checks the impact of a possible reform of the Italian bicameralism on the institutional balance and the connotation of the form of government.
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Greco, Antonio. « Competitività e semplificazione normativa nel federalizing process ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426601.

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Résumé :
The research proposes to analyze the policies of normative and bureaucratic simplification, especially looking on the up – to - date and the most important innovations the legislator has introduced in the national and regional legal system. The issue seems to be a very living matter, not only because of the uninterrupted overstock of the regulatory outturn in the matter, but also because it pulls down in the vive debate about the federal structure the constitutional legal system has taken on further to the reformation of the Title V of the Constitution, notably with respect to the never finished debate about the national and the regional legislative power. The most recent researches in the field confirm the relevance of the investigation, and they reinforce data that are not comforting at all: the World Bank has recently positioned Italy at the 70th place in a ranking comparing 155 countries depending on their normative environment and their red tapes. Italy has been the next –to – last country among the OCSE ones, and just put ahead of Greece. The same report puts into prominence that in Italy the business start – up requires nine administrative procedures to be ended, and that the respective medium charge is ten time bigger than the one in the other OCSE countries. It is not by accident that the organizations representing the different realities of the economic world (Confindustria and he National Union of the Chambers of Commerce, for instance) are going on demanding the setting up of slimmer administrative procedures, just to warrant a more intense effectiveness to the requirement of citizens. The also invoke a better regulation able to detect the laws and the rules of each field. The research will begin with the spotting of the reasons that have triggered this empasse, also explaining the different stages follow that have one after the other in the governance of simplification. The first rudimental attempt of simplification is to be set in the enabling act n. 537/1993, that aimed to realize a model of normative and bureaucratic simplification at the same time: it delegated Italian govern to enact a sequence of governmental acts following the procedure of the art. 17 co. 2 l. n. 400/1988 with the aim of oversemplying 123 administrative procedures listed in an apposite attachment to the law. Therefore, this law did not want to simplify the administrative procedure itself, but it contemplated the criteria of simplification the Government should had to follow. It lets us to understand immediately the limit of this model: at the end, the enabling act became itself a normative sheet, enabling floods of governmental rules. It seemed to be a mytological monster: everytime a law was repealled, a new governmental rule revived, everytime a rule of simplification was set up, one or more rule of complication appeared. The yearly law of simplification, introduced in the Italian legal system by the law n. 59/1997 and continued by the laws n. ll. nn. 127/1999, 191/1998, 50/1999, 340/2000, was introduced from the beginning of its appearence like an operative weapon able to achieve policies of normative and administrative simplification, but it demonstrated be a mere enabling act too, even if tried to outperform the limits of the previous law. Especially, it enlarged the criteria the Government had to follow in the exercise of the delegation power, with the aim of simplifying the activity of Public Administration. These criteria expressed in the art. 20 of the law wanted the administrative procedures about the same fields to be individuated, just to reduce the number of administrations and agencies involved in them. They also wanted to reduce the administrative phases in which the procedures consisted, and to let the space to the re-arrangement of the administrative structures. Another goal consisted the government bodies envolved in the same procedure to cooperate in the so called “Conferenza di servizi”, and to reduce the deadlines of the same procedures. The problem was very the legislator seemed to have no clear ideas about the criteria of the delegation. Just a year passed and the Parliament changed the criteria enabling the act n. 191/1988. The new criteria were made to consist in the suppression of the old inactual criteria regardin to the several aims of the legislation in each field and the european communitarian principles; the suppression of the administrative procedures implying more costs than advantages; the suppression of the dispension from the Foundamental law about the administrative procedure. These considerations let us to understand that even if the new criteria were intended to enlarge the delegated power of the Government, they caused the reform of the rules the Government had prepared in the meantime. Moreover, the accrueing of such different criteria caused the check of compatibility with the European legal system. It deserves also do be put into prominence that the enlargement of the criteria did not solve the problems occurred in the law n. 537/1993. On the contrary, it replied its bad habits. The law n. 59 and its following reviews perpetuatd a manner of simplification strictly joined to the administrative procedures listed in an apposite attachment,and, at the end, they accentuated the hypertrophic feature of the governmental rules one more time. The last ones also maintenined a very limitated capacity of semplifyng the procedures. As a consequence, the outturns were very unsatisfying: the enabling act wanted 206 administrative procedure to be simplified, but only 91 of those were, and 62 governmental rules were to be hired. That being so, even if a lot of scholars have overemphasized the results that were reached, it is clear the first policies were too experimental to reach remarkable goals. Overall, the lack of a clear strategy was unmistakable. In front of the uneffectiveness of the efforts outlined above, the latest normative processingshows important innovations with respect with the traditional models. The yearly law of simplification occurred in 2004 (2003 passed without a yearly law), the last to be passed, is featured by the so called technique of the “guillotine”, also known as “cutting laws”. Its frame is described by the art. n. 14 co. 12. It prescribes the Government has 24 months (from the day the same law of simplification was enacted) to identify the in-force-laws of the entire legal system and to put into prominence the normative contradictions and the inconsistencies referred to the several legislative fields. At this aim it establishes some criteria, especially viewing at the implicitly or explicitly repealed laws, and the oldest ones (let. a,b); at the normative prescriptions that are necessaries to the regulation of each field, and at those that can not be repealed without the violation of the constitutional rights of the citizens or without producing prompt or unprompt effects on public finance (let. c, d, g); at the set up of the normative prescriptions in each legal field or in each matter (let. e). According to the art. 15 of the yearly law, the Govenmental acts are supposed to repeal the laws enacted before January, 1th 1970 (even if afterwards modified), and to armonize the unrepealed laws enacted before January, 1th 1970 with the following ones. These prescriptions represent a turning-point of the policies of simplification and the attempt to decrease the “normative stock”, but they still reveal a problematic aspect that will deserve to be considered looking at the constitutional jurisprudence. What especially outcrops is the long range of the delegated power. It appears to be very problematic referring to the art. 76 Cost., that requires the enabling acts to be very defined an clear about the object of the power delegated. On the opposite, the reference referred to the whole legislation enacted before January 1th 1970 seems to be too much enlarged. The problem also shows to be very interesting if considering that, even if the 2005 yearly law remained unenforced, the very recent proposal of anabling act proposed by Prof. Bassanini on March 31th, 2008 suggests again to adopte technique of the “guillotine”. The so called “Schema di disegno di legge per la semplificazionee la qualità della regolazion” requires the Government to adopt decree laws intended to enumerate the laws or the normative acts with no effectiveness or, even if, that are obsolete. The setting of these proposals reveal the opportunity of the method of this research in the measure in which, beginning from the 90’s as it can be seen above, it wants to discover and to explain the different steps in the process of simplification. Indeed, like in the historical courses and recourses, the proposal of Prof. Bassanini reverberates the structure of the law n. 537/1993, because it delegates the Government to enact laws following the procedure of the art. 17 co. 2 l. n. 400/1988.
Nelle pagine che seguono ci si propone di ricostruire le politiche di semplificazione normativa ed amministrativa, in considerazione dei significati delle riforme di recente attuate o promosse. L’attualità del tema è infatti riferibile all’incessante produzione normativa in materia, come al vivo dibattito sulla forma federale disegnata dal riformato Titolo V. L’allarme destato da autorevoli ricerche di settore (nel 2006 la Banca mondiale ha posizionato l’Italia penultima tra i Paesi OCSE per complicazione normativa e amministrativa) e le pressioni di Confindustria e Unioncamere per la definizione di procedure adeguate alle istanze dell’economia, evidenziano un empasse di cui occorre individuare le cause. Punto di partenza è a tal fine la riconsiderazione dei pregressi tentativi di semplificazione, anzitutto a livello statale. L’apripista l.n. 537/93 prevedeva la semplificazione di 123 procedimenti tramite l’emanazione di appositi regolamenti. In ciò stava però il limite del modello, che finiva per attuarsi in un’alluvione di regolamenti e dunque in una complicazione. Stessa sorte per le ll. nn. 127/99, 191/98, 50/99, 340/00: la volontà di attribuire maggiori spazi ad interventi governativi di semplificazione portava a successive riformulazioni dei principi di delega, con confusione nelle direttive legislative e con la sostituzione dell’ipertrofia legislativa di primo grado con quella di secondo. Le innovazioni arrivavano con la l. 246/05 che, col meccanismo ghigliottina o taglia–norme, prevedeva un’ampia delega al Governo per l’abrogazione della normativa anteriore al 1.01.70 non ritenuta indispensabile. I dubbi di legittimità costituzionale sono però evidenti e quanto mai attuali visto il disegno di legge Bassanini del 31.03.08, che all’art 2 co. 3 e 4 ripropone la ghigliottina per tutte le disposizioni ormai prive di contenuto normativo o obsolete. Se si aggiunge che in tale proposta si ritrova lo spettro della proliferazione dei regolamenti giusta l’assunzione a modello della l. 537/93, si ha conferma della validità metodologica dello studio dei “corsi ed i ricorsi storici” nella nostra legislazione. Rileva altresì la normativa regionale, anzitutto per verificare la legittimità di una delegificazione statale in materie di competenza regionale, quale si avrebbe secondo il disegno Bassanini, basato su un’interpretazione estensiva del potere sostitutivo (art. 120 Cost.) quantomeno controvertibile. La ricerca considera pertanto i precedenti sui “livelli minimi essenziali”(sent.181/06, sull’interpretazione stretta dell’art. 117 Cost.) e l’attualità della collaborazione tra livelli di governo ex l. 246/05 (intese Stato–Regioni). Più nel dettaglio, provvede a comparare i modelli di semplificazione regionali (talvolta precorritori di quelli statali: v. ll. 15/02 e 1/05 Lombardia) per enucleare i più virtuosi. A chiudere la disamina della semplificazione normativa, è la riflessione sui più recenti interventi positivi in materia, primo fra i quali emerge il d.l. n. 118/2008. Nella seconda parte considera inoltre la semplificazione amministrativa. Rilevano l’autocertificazione e la d.i.a. di cui alla l. 80/05, per il carattere innovativo ma anche per i fattori di complicazione ancora impliciti. L’art. 19 co. 2 L. n. 241/1990 contemplava infatti un regime particolarmente accelerato per l’inizio dell’attività imprenditoriale, sia pure soltanto per taluni casi da individuare con regolamento, in relazione ai quali prevedeva si potesse dare inizio all’attività nel momento immediatamente successivo alla denuncia. Il combinato disposto con il co. 1 (modificato dall’art. 2 co. 10 L.n. 537/1993), inoltre, assegnava all’Amministrazione un termine di sessanta giorni dalla denuncia di inizio attività per la verifica d’ufficio dei requisiti di legge necessari, e per disporre l’eventuale divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti. E’ una chance che, sia pure in soltanto con riguardo ai quei casi tassativamente elencati, vigente il nuovo art. 19 il privato non si vede più riconosciuta, essendo ora tenuto, in un momento che precede l’inizio dell’attività, a presentare una dichiarazione “corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normative richieste” (art. 3 co. 1 d.l. n. 35/2005). Pertanto, decorsi i trenta giorni di cui l’amministrazione dispone per l’istruttoria e la comunicazione all’interessato, l’istante non può ancora dar corso allo svolgimento dell’attività, dovendo inoltrare una ulteriore comunicazione (non prevista nel regime ante riformam) all’amministrazione alla quale è stata presentata la denuncia. Il nuovo procedimento disegnato dall’art. 3 d.l. n. 35/2005, da questo sia pur limitato punto di vista, ha dunque aggravato gli adempimenti dell’interessato, sdoppiando la denuncia di inizio attività in una pre – denuncia (o dichiarazione della volontà di dare inizio ad una attività) ed in una comunicazione di “avvertimento dell’effettivo inizio dell’attività”. In una prospettiva de iure condendo la ricerca chiarisce inoltre il rapporto tra la dichiarazione di inizio attività e i “decreti – Bersani” del 2006, intervenuti nella piena vigenza ed applicazione della novellata dichiarazione di inizio attività, ma la cui disciplina attende tutt’ora di trovare compiuta applicazione e, come da più parti annunciato, adeguata correzione. Come si è avuto modo di considerare, uno dei pregi del d.l. n. 35/2005 consiste nel carattere generale della sua portata, attesa anche la sua collocazione sistematica nell’alveo della legge fondamentale sul procedimento amministrativo, tale da eliminare alla radice la necessità di interventi settoriali successivi. I c.d. “decreti Bersani”, invece, pur introducendo importanti novità in ordine allo start – up delle attività economiche, rappresentano per diversi aspetti il tendenziale ritorno ad un approccio atomistico alla semplificazione. L’attenzione va riposta in primo luogo sul d.l. n. 223/2006 (Disposizioni per il rilancio economico e sociale per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito nella l. n. 248/2006, che introduce tre importanti novità in ordine all’iscrizione negli albi e registri di categoria. L’art. 3 co. 1 lett. a) infatti abolisce l’iscrizione in “registri abilitanti” e fa venir meno la necessità di dimostrare requisiti professionali soggettivi - con esclusione dei requisiti riguardanti la tutela della salute e la tutela igienico sanitaria degli alimenti - in ordine ad una serie di attività di distribuzione commerciale “riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande”. Già l’applicazione di tale della previsione ha incontrato – e per alcuni versi ancora incontra - difficoltà di rilievo. L’abolizione dei registri si riferisce evidentemente al R.E.C., il registro esercenti commercio tenuto presso le Camere di Commercio. Il D.lgs. n. 114/1998, che disciplinava le condizioni di accesso all’iscrizione, prescriveva come necessari il possesso di requisiti morali e la dimostrazione da parte dell’interessato, in via alternativa, di: a) aver frequentato, con esito positivo, un corso professionale avente ad oggetto l’attività di somministrazione di alimenti e bavande istituito o riconosciuto dalle regioni; b) aver frequentato, con esito positivo, corsi di una scuola alberghiera o di altra scuola a specifico indirizzo professionale; c) aver superato un apposito esame di idoneità dinnanzi all’apposita commissione costituita presso la Camera di Commercio al quale si poteva accedere con il possesso di un titolo di studio universitario o di istruzione secondaria superiore, ovvero con la dimostrazione della c.d. pratica commerciale. Orbene, l’abolizione del R.E.C. si risolve in una semplificazione per i soggetti titolari dei requisiti a norma delle lett. a) e b), che possono ora rivolgersi direttamente al Comune per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività, ma comporta, stando alla lettera, l’impossibilità di esercizio – e, contestualmente, l’impossibilità di accedere al regime della dichiarazione di inizio attività - per tutti quei soggetti che conseguivano i requisiti professionali a norma della lett. c), e quindi con la frequenza ai corsi di cui si investivano le Camere di commercio quali enti funzionali investite della gestione del R.E.C.: con l’abolizione di quest’ultimo, infatti, le Camere di commercio si trovano private infatti anche della relative funzioni. Sul punto, in attesa di un intervento correttivo, il Ministero dello sviluppo economico è ad oggi intervenuto con una sola comunicazione, che si limita peraltro a consentire lo svolgimento degli esami a favore di coloro ne avessero fatto istanza entro il 4 luglio 2006, data di adozione del decreto Bersani. Nell’evidenziare l’incompletezza della disciplina sovraesposta, emerge altresì come l’istruzione della comunicazione sia per lo meno lesiva del principio di legittimo affidamento di quanti avessero già conseguito l’attestato di frequenza del corso tenuto presso le Camere di Commercio. Non va inoltre sottaciuto, con una anticipazione dei propositi della ricerca che si esporranno nel paragrafo successivo, come la soluzione del problema coinvolga anche gli ordinamenti regionali, titolari, a norma dell’art. 117 co. 3 Cost., della competenza legislativa concorrente in materia di professioni. Al riguardo si osserva che la Regione Marche è già intervenuta sul punto con la l.r. n. 287/1991, perpetuando la possibilità di esame presso la Camera di Commercio, ai fini dell’attestazione del possesso del requisito professionale indispensabile – stante la permanenza dei requisiti relativi alla tutela della salute ed alla tutela igienico sanitaria degli alimenti - per l’esercizio dell’attività. Un altro settore commerciale interessato dal decreto Bersani è “la produzione e vendita di prodotti della panificazione”. La materia trovava disciplina nella l. n. 1002/1956, che nel combinato disposto degli artt. 2 e 3 prevedeva un iter piuttosto articolato: i soggetti interessati all’attività in oggetto, infatti, erano tenuti ad esperire ben due procedimenti di licitazione. In primo luogo dovevano conseguire un’autorizzazione rilasciata dalla Camera di commercio, tenuta a valutare, con l’ausilio di una apposita commissione, “l’opportunità del nuovo impianto in relazione alla densità dei panifici esistenti e del volume della produzione nella località ove è stata chiesta”. Ottenuta l’autorizzazione, l’effettivo esercizio dell’attività rimaneva peraltro subordinato al conseguimento di una licenza, rilasciata dalla medesima “Camera di commercio (…) previo accertamento della efficienza degli impianti e della loro rispondenza ai requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla presente legge e dalle leggi e regolamenti vigenti anche in materia di igiene del lavoro (…)”. A ciò si aggiunga, ex art. 7, che le licenze di panificazione necessitavano di un visto annuale della Camera di commercio. Orbene, la novella del 2006 interviene ridisegnando ex novo l’istituto ed eliminando, in particolare, la programmazione e la valutazione discrezionale che si potevano evincere dal combinato disposto sopra ricordato. Ne consegue l’espressa sostituzione del regime complesso con la dichiarazione di inizio attività, secondo l’art. 19 l. n. 241/1990 come novellato che, nella fattispecie considerata, riversa un importante impatto di semplificazione. A completare il quadro degli interventi di semplificazione, è il d.l. n. 7/2007 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese). La principale novità introdotta dal decreto è la “comunicazione unica” per la nascita d’impresa, disciplinata dall’art. 9, che rivoluziona il modello già vigente incardinato presso lo sportello unico per le imprese. La novella, anch’essa tutt’oggi inattuata, merita di essere confrontata nel combinato disposto con la dichiarazione di inizio attività e con la disciplina delle attribuzioni dello sportello unico per le attività produttive (sul punto, si deve osservare come anche la disciplina del titolo I l. n. 59/1997 sia attualmente oggetto di una serie di disegni di legge). A supportare l’interesse per un quadro normativo tanto asistematico, sempre più oscuro e di difficile interpretazione a causa delle modifiche ed abrogazioni implicite nella lettera delle norme, interviene inoltre il già citato disegno di legge Bassanini del 31 Marzo 2008, secondo il quale i procedimenti amministrativi dovranno concludersi entro trenta giorni. Peraltro lo stesso disegno di legge finisce col delegare il Governo ad emanare una serie di decreti ex art. 17 co. 3 l. n. 400/1988 al fine di ampliare il termine a 60 giorni in ordine a procedimenti vagamente definiti “complessi”, da individuare tassativamente, pari sino al 33,33% del totale dei procedimenti amministrativi. La stessa norma prevede inoltre, per un aggiuntivo 10% dei procedimenti amministrativi, una ulteriore dilatazione dei termini fino a 120 giorni. In sintesi, il 40% dei procedimenti amministrativi avrà un tempo medio di ben tre mesi. Tali previsioni, lungi dal semplificare, rischiano invero di inficiare i risultati ottenuti dalla riforma del decreto competitività del 2005, e di segnare il ritorno ad un approccio particolaristico, e perciò normativamente inflattivo, alla semplificazione dei procedimenti amministrativi. Per quanto attiene in particolare alla competenza regionale,la ricerca si propone anzitutto, sotto un profilo generale, di analizzare l’impatto degli istituti di semplificazione più significativi posti in essere dal legislatore statale, in specie della d.i.a., sulla legislazione regionale. Infatti l’art. 3 d.l. n. 35/2005, nel contenere una norma dalla vocazione generale, in virtù della quale ad essere identificati devono essere i soli casi di inapplicabilità, supera la diffusa tecnica legislativa a livello regionale diretta a determinare con regolamento i singoli casi di applicabilità della d.i.a. L’interesse per tale trattazione discende dalla considerazione che nell’ordinamento costituzionale previgente alla Riforma del Titolo V Cost., la l. n. 241/1990 rappresentava una legge – quadro, recante quindi i principi che le regioni avrebbero dovuto recepire nell’esercizio della potestà legislativa concorrente. Era l’art. 29 a definire i principi contenuti nella medesima l. n. 241/1990 quali principi generali dell’ordinamento giuridico, vincolanti sia per le regioni a statuto ordinario sia per quelle a statuto speciale, che vi si sarebbero dovute uniformare entro un anno dalla entrata in vigore dalla legge. Il procedimento amministrativo dunque, con la l. n. 241/1990, aspirava ad assumere il carattere dell’omogeneità su tutto il territorio nazionale. Tuttavia la l. cost. n. 131/2003 di riforma del Titolo V Cost., ha reso incerto il contesto di relazioni dell’esercizio dei compiti delle Regioni in ordine alla semplificazione dei procedimenti, in specie con riguardo all’ambito materiale delle attività produttive. La riforma del titolo V, infatti, ha determinato una rivoluzione copernicana nell’assetto competenziale Stato – Regioni, attribuendo alla legislazione regionale residuale (trattasi, come noto, di competenza piena, con il limite delle materie trasversali statali) le principali materie riferibili allo sviluppo economico ed alle attività produttive: basti pensare all’agricoltura, all’artigianato, al turismo e all’industria alberghiera, alla pesca (nelle acque interne), già elencate nell’art. 117 Cost. previgente tra le materie a competenza concorrente; ma anche all’industria ed al commercio che, oggi parimenti innominate, sono pure da annoverare nel novero della competenza residuale regionale. Ebbene, l’ampiezza dell’ambito di azione regionale trova un profilo problematico proprio in ordine alla portata dell’art. 19 l. n. 241/1990 in tali materie, in considerazione dell’impossibilità di riferirvi quanto previsto dall’art 1 co. 4 lett. b) della c.d. legge La Loggia, a norma del quale il legislatore statale deve indicare alle Regioni i principi fondamentali in materia di legislazione concorrente, anche con riferimento ai principi fondamentali in materia di autorizzazioni e concessioni: una previsione che, evidentemente, attiene alle materie elencate dal co. 3 dell’art. 117, ma non a quelle ascrivibili alla competenza residuale di cui al co. 4. La vexata quaestio, a ben vedere, discende dall’inclusione, tra le materie di competenza esclusiva statale, del solo “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato (…)”, e non anche del “procedimento amministrativo”. Essa si presta ad essere sciolta soltanto in via interpretativa: nell’ambito della ricerca sarà pertanto fondamentale orientare costituzionalmente l’analisi sul punto. In questa sede merita infatti di essere osservato come il ricorso alla “connessione naturale esistente fra la disciplina del procedimento e la materia dell’organizzazione”, sancita da C. cost. n. 465/1991 possa rappresentare un solido punto di partenza, che porterebbe a sostenere l’unicità ed omogeneità della disciplina del procedimento amministrativo tanto in ordine alle materie di cui al co. 3, a titolo di principi fondamentali, quanto in ordine alle materie di cui al co. 4, a titolo di competenza esclusiva statale trasversale. Ed infatti, proprio in questo senso, la citata sentenza della Corte costituzionale, sia pure nell’ambito di un obiter dictum, sembra offrire un aiuto alla soluzione dell’interrogativo, sancendo che “il procedimento amministrativo non coincide con uno specifico ambito materiale di competenza, in quanto modo di esercizio delle diverse competenze”. Esaurita siffatta trattazione, la ricerca svolge una disamina sugli ordinamenti regionali, al fine di offrire un quadro sulle forme di semplificazione poste in essere dai legislatori regionali ed esaminare i modelli virtuosi. E’ opportuno infatti rilevare che alcune Regioni hanno già avviato importanti processi di semplificazione e in alcuni casi, come in quello emblematico della abolizione dei libretti sanitari e di altri certificati analoghi (effettuata dalle leggi di alcune regioni come Lombardia e Emilia Romagna), si sono spinte molto in avanti, ottenendo peraltro l’avallo della Corte costituzionale (si veda la sent. n. 162 del 2004). La Regione Lombardia, in particolare, ha approvato nelle ultime due legislature una serie di significativi interventi in materia semplificazione amministrativa, tra i quali è opportuno ricordare la già citata l.r. n. 15/2002 che, oltre ad appianare l’ordinamento normativo, ha introdotto la denuncia di inizio attività in luogo degli atti autoritativi per le attività il cui esercizio non richieda preventive valutazioni discrezionali della P.A., ed il silenzio assenso. Con la l.r. n. 1/2005 (Interventi di semplificazione – Abrogazione di leggi e regolamenti regionali), inoltre, si segnala per le disposizioni relative alla liberalizzazione dell’attività d’impresa: a tal fine, prevede il principio che fa assurgere la d.i.a. a regola, e dispone che l’avvio, lo svolgimento, la trasformazione e la cessazione dell’attività d’impresa non siano soggetti a provvedimenti di autorizzazione, licenza o assenso.
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ARENA, ROSANNA. « I GIUDICI E LA LEGGE REGIONALE DOPO LA RIFORMA DEL TIT. V COST. UNITA' DELLA REPUBBLICA E PROMOZIONE DELLE AUTONOMIE NEL GIUDIZIO INCIDENTALE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10986.

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Résumé :
Il contenzioso tra Stato e Regioni impegna ormai da anni una parte cospicua dell’attività della Corte costituzionale. Il tentativo di questa tesi è quello di guardare alla Riforma del titolo V della Costituzione attraverso le decisioni pronunciate nel giudizio incidentale, spostando così il punto di osservazione dal consueto aspetto del riparto delle competenze a quello della tutela delle posizioni soggettive. Questa prospettiva consente di verificare se, ed eventualmente in quale misura, sia cambiato il ruolo della legge regionale nell’ordinamento, e altresì di ovviare ad alcune vischiosità del giudizio in via principale.
The dispute between state and regions now committed to sustaining a significant part of the activity of the Constitutional Court. The aim of this dissertation is to look at the reform of Title V of the Italian Constitution through rulings made in the judgment “in via incidentale”, thereby shifting the observation point from the usual look of the distribution of powers in that of the protection of subject positions. This perspective will determine whether, and if so to what extent, has changed the role of the regional law, and also overcome some stickiness of judgment “in via principale”.
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ARENA, ROSANNA. « I GIUDICI E LA LEGGE REGIONALE DOPO LA RIFORMA DEL TIT. V COST. UNITA' DELLA REPUBBLICA E PROMOZIONE DELLE AUTONOMIE NEL GIUDIZIO INCIDENTALE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10986.

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Il contenzioso tra Stato e Regioni impegna ormai da anni una parte cospicua dell’attività della Corte costituzionale. Il tentativo di questa tesi è quello di guardare alla Riforma del titolo V della Costituzione attraverso le decisioni pronunciate nel giudizio incidentale, spostando così il punto di osservazione dal consueto aspetto del riparto delle competenze a quello della tutela delle posizioni soggettive. Questa prospettiva consente di verificare se, ed eventualmente in quale misura, sia cambiato il ruolo della legge regionale nell’ordinamento, e altresì di ovviare ad alcune vischiosità del giudizio in via principale.
The dispute between state and regions now committed to sustaining a significant part of the activity of the Constitutional Court. The aim of this dissertation is to look at the reform of Title V of the Italian Constitution through rulings made in the judgment “in via incidentale”, thereby shifting the observation point from the usual look of the distribution of powers in that of the protection of subject positions. This perspective will determine whether, and if so to what extent, has changed the role of the regional law, and also overcome some stickiness of judgment “in via principale”.
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Spina, Elisa. « L'articolo 44 della costituzione e la riforma del titolo V ». Thesis, Universita' degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/367.

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La tesi affronta il tema della nascita della proprietà in generale, per poi spostare l'attenzione alla proprietà terriera, attraverso la ricostruzione dei lavori dell'Assemblea costituente che hanno portato alla formulazione dell'attuale articolo 44 della Costituzione. Successivamente vengono affrontati i temi delle riforme fondiarie e della legislazione speciale agraria, fino a giungere alla riforma del Titolo V della Costituzione- ad opera della l. cost. 3/01- mettendo in luce le questioni attinenti l'individuazione della competenza in materia di agricoltura. La tesi si conclude con l'esame della materia agricoltura in ambito internazionale e Comunitario (PAC). In appendice viene effettuato uno studio che partendo dai dati censuari sull'agricoltura, mette in luce la variazione della superficie dei terreni in ordine al titolo di possesso in base al quale vengono condotti, con riferimento particolare alle province siciliane.
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Michelotti, C. « La potesta' regolamentare comunale in materia edilizia dopo la riforma del titolo V della costituzione ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2006. http://hdl.handle.net/2434/64425.

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DE, DONA' MICHELANGELO. « PROVINCE E VIABILITA' DAL 1951 ALLA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE. IL CASO DI BELLUNO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2019. http://hdl.handle.net/11571/1263447.

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Questo progetto di ricerca propone un approfondimento storico-istituzionale dell'evoluzione delle Province in Italia con particolare attenzione all'attività svolta o progettata in un settore tradizionale di loro pertinenza come quello della viabilità. Si tratta di una politica pubblica di notevole importanza sia per le funzioni svolte a livello territoriale (collegamenti interni ed esterni, sviluppo, turismo) sia per l'incidenza sul bilancio di questi enti, peraltro alle prese con la scarsità di risorse. L'arco temporale scelto per lo studio copre cinquant'anni, precisamente dal 1951 (anno di ripristino degli organi elettivi) al 2001 (riforma del titolo V della Costituzione italiana). Il lavoro propone una prima parte di analisi di questa politica pubblica. Innanzitutto viene ripercorsa l’evoluzione legislativa delle competenze in materia di strade dalle legge n. 2248/1865 (all. F) fino all’attuazione del D. Lgs. 112/1998 con il quale le Province si sono viste attribuire un ruolo importante di coordinamento e il raccordo in materie come la difesa dell’ambiente, la formazione professionale, la viabilità e i trasporti, l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti. La maggior parte delle Regioni ha poi provveduto a varare le leggi di attuazione di questo decreto seguendo tre vie: il trasferimento alle Province di tutte le funzioni mantenendo solo la programmazione; la costituzione di agenzie regionali alle quali delegare gli aspetti di programmazione, progettazione, manutenzione e monitoraggio; la costituzione di una società di capitali con funzioni di progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade che non rientravano nella rete autostradale e stradale nazionale. Si è cercato di presentare le esperienze più significative di quelloe che si può definire “federalismo stradale”. In particolare è stata analizzata la scelta della Regione Veneto che ha creato la “Veneto Strade S.p.A.”, con un interessante presa di posizione da parte della Provincia di Belluno che ha chiesto e ottenuto di creare una sezione operativa distaccata nel proprio territorio. Sono stati poi presi in considerazione i temi della manutenzione stradale, delle diverse possibilità di finanziamenti per la viabilità (ricorso a risorse proprie nel bilancio provinciale, alla Cassa Depositi e Prestiti, ai contributi dello Stato e delle Regioni, alla legislazione speciale), mentre un cenno è stato fatto al contesto delle infrastrutture in territorio alpino dove si da sempre più peso alla mobilità sostenibile e alla sicurezza nelle gallerie (Comunità di lavoro Alpe Adria e Convenzione delle Alpi). Una parte consistente del lavoro di stesura ha riguardato le delibere sulla viabilità del Consiglio provinciale di Belluno, nell’arco di tempo qui considerato. Questa analisi viene proposta alla lettura in base alle dieci presidenze della Giunta provinciale. La seconda parte della tesi propone invece quattro casi concreti di studio: 1) il progetto inattuato dell’autostrada Venezia-Monaco; 2) la rete stradale e le Olimpiadi di Cortina del 1956; 3) la realizzazione della S.P. n. 1-bis della Madonna del Piave per il collegamento tra Belluno e Treviso; 4) le calamità (Vajont e alluvione del 1966) e la ricostruzione della rete viaria.
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DE, DONA' MICHELANGELO. « PROVINCE E VIABILITA' DAL 1951 ALLA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE. IL CASO DI BELLUNO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2019. http://hdl.handle.net/11571/1263411.

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Résumé :
Questo progetto di ricerca propone un approfondimento storico-istituzionale dell'evoluzione delle Province in Italia con particolare attenzione all'attività svolta o progettata in un settore tradizionale di loro pertinenza come quello della viabilità. Si tratta di una politica pubblica di notevole importanza sia per le funzioni svolte a livello territoriale (collegamenti interni ed esterni, sviluppo, turismo) sia per l'incidenza sul bilancio di questi enti, peraltro alle prese con la scarsità di risorse. L'arco temporale scelto per lo studio copre cinquant'anni, precisamente dal 1951 (anno di ripristino degli organi elettivi) al 2001 (riforma del titolo V della Costituzione italiana). Il lavoro propone una prima parte di analisi di questa politica pubblica. Innanzitutto viene ripercorsa l’evoluzione legislativa delle competenze in materia di strade dalle legge n. 2248/1865 (all. F) fino all’attuazione del D. Lgs. 112/1998 con il quale le Province si sono viste attribuire un ruolo importante di coordinamento e il raccordo in materie come la difesa dell’ambiente, la formazione professionale, la viabilità e i trasporti, l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti. La maggior parte delle Regioni ha poi provveduto a varare le leggi di attuazione di questo decreto seguendo tre vie: il trasferimento alle Province di tutte le funzioni mantenendo solo la programmazione; la costituzione di agenzie regionali alle quali delegare gli aspetti di programmazione, progettazione, manutenzione e monitoraggio; la costituzione di una società di capitali con funzioni di progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade che non rientravano nella rete autostradale e stradale nazionale. Si è cercato di presentare le esperienze più significative di quelloe che si può definire “federalismo stradale”. In particolare è stata analizzata la scelta della Regione Veneto che ha creato la “Veneto Strade S.p.A.”, con un interessante presa di posizione da parte della Provincia di Belluno che ha chiesto e ottenuto di creare una sezione operativa distaccata nel proprio territorio. Sono stati poi presi in considerazione i temi della manutenzione stradale, delle diverse possibilità di finanziamenti per la viabilità (ricorso a risorse proprie nel bilancio provinciale, alla Cassa Depositi e Prestiti, ai contributi dello Stato e delle Regioni, alla legislazione speciale), mentre un cenno è stato fatto al contesto delle infrastrutture in territorio alpino dove si da sempre più peso alla mobilità sostenibile e alla sicurezza nelle gallerie (Comunità di lavoro Alpe Adria e Convenzione delle Alpi). Una parte consistente del lavoro di stesura ha riguardato le delibere sulla viabilità del Consiglio provinciale di Belluno, nell’arco di tempo qui considerato. Questa analisi viene proposta alla lettura in base alle dieci presidenze della Giunta provinciale. La seconda parte della tesi propone invece quattro casi concreti di studio: 1) il progetto inattuato dell’autostrada Venezia-Monaco; 2) la rete stradale e le Olimpiadi di Cortina del 1956; 3) la realizzazione della S.P. n. 1-bis della Madonna del Piave per il collegamento tra Belluno e Treviso; 4) le calamità (Vajont e alluvione del 1966) e la ricostruzione della rete viaria.
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DE, DONA' MICHELANGELO. « PROVINCE E VIABILITA' DAL 1951 ALLA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE. IL CASO DI BELLUNO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2019. http://hdl.handle.net/11571/1263431.

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Résumé :
Questo progetto di ricerca propone un approfondimento storico-istituzionale dell'evoluzione delle Province in Italia con particolare attenzione all'attività svolta o progettata in un settore tradizionale di loro pertinenza come quello della viabilità. Si tratta di una politica pubblica di notevole importanza sia per le funzioni svolte a livello territoriale (collegamenti interni ed esterni, sviluppo, turismo) sia per l'incidenza sul bilancio di questi enti, peraltro alle prese con la scarsità di risorse. L'arco temporale scelto per lo studio copre cinquant'anni, precisamente dal 1951 (anno di ripristino degli organi elettivi) al 2001 (riforma del titolo V della Costituzione italiana). Il lavoro propone una prima parte di analisi di questa politica pubblica. Innanzitutto viene ripercorsa l’evoluzione legislativa delle competenze in materia di strade dalle legge n. 2248/1865 (all. F) fino all’attuazione del D. Lgs. 112/1998 con il quale le Province si sono viste attribuire un ruolo importante di coordinamento e il raccordo in materie come la difesa dell’ambiente, la formazione professionale, la viabilità e i trasporti, l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti. La maggior parte delle Regioni ha poi provveduto a varare le leggi di attuazione di questo decreto seguendo tre vie: il trasferimento alle Province di tutte le funzioni mantenendo solo la programmazione; la costituzione di agenzie regionali alle quali delegare gli aspetti di programmazione, progettazione, manutenzione e monitoraggio; la costituzione di una società di capitali con funzioni di progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade che non rientravano nella rete autostradale e stradale nazionale. Si è cercato di presentare le esperienze più significative di quelloe che si può definire “federalismo stradale”. In particolare è stata analizzata la scelta della Regione Veneto che ha creato la “Veneto Strade S.p.A.”, con un interessante presa di posizione da parte della Provincia di Belluno che ha chiesto e ottenuto di creare una sezione operativa distaccata nel proprio territorio. Sono stati poi presi in considerazione i temi della manutenzione stradale, delle diverse possibilità di finanziamenti per la viabilità (ricorso a risorse proprie nel bilancio provinciale, alla Cassa Depositi e Prestiti, ai contributi dello Stato e delle Regioni, alla legislazione speciale), mentre un cenno è stato fatto al contesto delle infrastrutture in territorio alpino dove si da sempre più peso alla mobilità sostenibile e alla sicurezza nelle gallerie (Comunità di lavoro Alpe Adria e Convenzione delle Alpi). Una parte consistente del lavoro di stesura ha riguardato le delibere sulla viabilità del Consiglio provinciale di Belluno, nell’arco di tempo qui considerato. Questa analisi viene proposta alla lettura in base alle dieci presidenze della Giunta provinciale. La seconda parte della tesi propone invece quattro casi concreti di studio: 1) il progetto inattuato dell’autostrada Venezia-Monaco; 2) la rete stradale e le Olimpiadi di Cortina del 1956; 3) la realizzazione della S.P. n. 1-bis della Madonna del Piave per il collegamento tra Belluno e Treviso; 4) le calamità (Vajont e alluvione del 1966) e la ricostruzione della rete viaria.
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CAMELI, RENATO. « La funzione di controllo della Corte dei Conti : profili evolutivi tra innovazioni amministrative, riforme costituzionali e processo di integrazione europea ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/667.

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La funzione di controllo della Corte dei Conti: profili evolutivi tra innovazioni amministrative, riforme costituzionali e processo di integrazione europea Preliminarmente si analizzano le ragioni storiche alla base dell’istituzione della Corte della Conti e si delineano i profili generali della legge 800/1862; sono poi studiate criticamente le teorie maggiormente rilevanti sulle disposizioni costituzionali relative ai controlli, sia con riferimento all’istituto nazionale di controllo sia alla vigilanza sugli enti territoriali. Le trasformazioni della funzione di controllo della Corte dei Conti si sviluppano in relazione a tre distinti fenomeni ancora in itinere che costituiscono delle coordinate entro cui inquadrare l’azione dell’organo in esame; in primo luogo, la trasformazione della pubblica amministrazione, oggi orientata verso un’accentuazione dei profili economici ed manageriali dell’azione, preordinata in vista dei risultati e degli obiettivi da perseguire. Sul punto si evidenzia sia il progressivo mutamento culturale, a partire dal “rapporto Giannini”, sia alcune innovazioni legislative particolarmente significative, come l’introduzione dei principi di efficienza, efficacia ed economicità. In secondo luogo, si sottolinea il riconoscimento, a seguito della l. cost. 3/2001, di un’autonomia particolarmente ampia a beneficio delle Regioni e degli enti locali, non più, questi ultimi, subordinati gerarchicamente allo Stato: conseguentemente, viene valorizzato nell’ordinamento il ruolo di un organo, quale la Corte dei Conti, proprio dello Stato comunità, secondo la definizione della giurisprudenza costituzionale. In terzo luogo, particolarmente problematico si configura il rapporto della Corte dei Conti con l’omologo organismo comunitario e le altre istituzioni nazionali di controllo; peraltro, si evidenzia, la leale collaborazione costituisce il principio cardine dei rapporti, in base quanto stabilito dal Trattato.
The audit of the italian Court of Auditors: the evolution because of administrative innovation, constitutional reform and european integration First of all, there are an analysis about the historical reasons that were the basis of the Court’s institution and a general study about the l. n. 800/1862; subsequently, in the 1948, the Italian republican Constitution provides for the presence of an independent national control’s organ, like the Court, and, also, for the control over regions and local authority. Three different reasons bringed about an audit’s transformation, now in progress: at first, the development of public administration, today oriented towards economics and managerial profiles, to carry out the results and the targets; these development was promoted by important cultural studies, like “Rapporto Giannini” in the seventies, and by the legislative elaboration of principles like efficiency, effectiveness and economically. Second reason for the evolution of Court of auditors, was the constitutional reform in the 2001: the recent constitutional law n. 3/2001 supported the local authority’s autonomy and selfgovernment; consequently the Court’s role is today more important than in the past because this is a republican, and not only statal, independent audit’s organ. At last, third reason is the European integration’s process: the relationship between Italian Court, European Court of Auditors and others Supreme Audit Institutions national of control are problematic; the Treaty requires the Court's audit visits in the Member States to be carried out in liaison with the national supreme audit institutions or other competent national audit bodies: the cooperation is also the general principle.
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CABAZZI, Riccardo. « La tecnocrazia in luogo della politica : la procedura per squilibri macroeconomici e le riforme negli Stati membri dell'Unione europea ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2020. http://hdl.handle.net/11392/2488151.

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Résumé :
La presente tesi pone in evidenza le ragioni per cui l’attuale assetto dell’Unione economica e monetaria europea non è stato in grado di fronteggiare efficacemente gli effetti della crisi economico finanziaria globale, scoppiata negli USA nel 2008. Tali squilibri sono stati infatti occultati, fino al momento dell’esplosione della crisi, dal sostanziale pareggio dei saldi Target 2. Tuttavia, quando questa dispiegò i suoi effetti, si registrò il c.d. sudden stop, ovvero un significativo deflusso di risorse dagli Stati GIPSI agli Stati core tale da determinare il crollo dei più importanti istituti creditizi dei secondi, a causa di una loro chiara sovraesposizione creditizia. Il salvataggio di tali banche, da parte delle finanze pubbliche statali, tramutò quindi la crisi dei debiti del settore privato nella c.d. crisi dei debiti sovrani. La procedura per squilibri macroeconomici, prevista dai Regolamenti UE 1174/2011 e 1176/2011, fu quindi istituita con la finalità di monitorare anche gli squilibri degli Stati membri afferenti al settore privato. Tuttavia, talune soglie degli indicatori di cui lo scoreboard di tale procedura si compone manifestano un’evidente asimmetria di fondo. Emblematico, a tale riguardo, è l’indicatore sul saldo delle partite correnti. Mentre infatti la soglia per i surplus è fissata al 6%, quella per i deficit è al 4%, a riprova del fatto che, rispetto ai primi, i secondi sono ritenuti più pericolosi per la stabilità macroeconomica di uno Stato. Ne deriva, tuttavia, che la procedura, non considerando in maniera simmetrica debiti e crediti, finisce con l’imputare agli Stati membri debitori i maggiori sforzi di correzione macroeconomica. Tale asimmetria pare quindi porsi in contrasto con il principio di parità tra Stati membri dell’Unione come sancito dall’art. 4 TUE e previsto dallo stesso art. 11 della nostra Costituzione. Inoltre, gli esecutivi degli Stati membri GIPSI nell’adottare le più rilevanti riforme nazionali post 2011 sembrano essersi sostanzialmente conformati alle raccomandazioni nell’ambito della procedura. Tale correlazione ha quindi due diverse implicazioni, entrambe rilevanti dal punto di vista costituzionalistico: per un verso, è stato infatti inciso il rapporto tra comunità politica e organi costituzionali, con riflessi sulla funzionalità della rappresentanza politica intesa quale rapporto e non come mera posizione; per l’altro, si è assistito ad un ampliamento surrettizio delle competenze delle istituzioni dell’Unione, al di fuori del perimetro tracciato dal principio di attribuzione ex art. 5 TUE. Proprio in riferimento a tale principio, si può quindi osservare come le raccomandazioni MIP vertano su settori che sarebbero riservati alla competenza esclusiva dei singoli Stati membri quali: pubblica amministrazione, ricerca e sviluppo, previdenza, fisco, sanità, politiche sociali, fino a spingersi addirittura a sviluppare un giudizio con riguardo alle riforme costituzionali. Diversamente, invece, le raccomandazioni MIP non sembrano aver significativamente condizionato gli organi politico-legislativi degli Stati in surplus, Germania su tutti, quanto a progettazione delle politiche nazionali. Emblematica, a tal riguardo, la mancata implementazione, da parte dei Governi tedeschi, delle ripetute raccomandazioni sollecitanti maggiori investimenti pubblici e un generale aumento dei salari, ai fini di un riequilibrio della relativa bilancia commerciale nazionale, in costante ed eccessivo surplus. Tale situazione è verosimilmente attribuibile al diverso peso politico dell’asse franco tedesco rispetto a quello, ben più debole, degli Stati periferici. Pare quindi potersi concludere per un’intrinseca politicità nell’enforcement della Procedura, il cui grado di coercitività delle raccomandazioni, benché giuridicamente queste siano sul medesimo piano, sembra legarsi all’esposizione creditoria o debitoria dei diversi Stati membri.
This thesis highlights the reasons why the current structure of the European Economic and Monetary Union has not been able to cope effectively with the effects of the global financial and economic crisis that broke out in the USA in 2008. In particular, since the introduction of the euro as single currency, there have been significant trade imbalances in the balance of payments of the EU Member States. However, until the outbreak of the crisis, these imbalances were concealed by the substantial break-even of Target 2 balances. Nevertheless, once the crisis broke out, a so-called sudden stop caused the collapse of the most important credit institutions of the peripheral States, which showed a clear over-exposure to credit. The rescue of these banks by public finances turned the private sector debt crisis into the so-called sovereign debt crisis. The procedure for macroeconomic imbalances, provided for by EU Regulations 1174/2011 and 1176/2011, was therefore established with the aim of monitoring also the imbalances relating to the private sector in Member States. However, certain thresholds of the indicators used for the scoreboard of this procedure show a clear underlying asymmetry. In this respect, the indicator on the current account balance is particularly significant. While the threshold for surpluses is set at 6%, the threshold for deficits is set at 4% proving that, compared to the former, the latter are considered more dangerous for the macroeconomic stability of a State. It follows, however, that, by considering debts and credits symmetrically, the procedure ends up attributing the greatest efforts at macroeconomic correction to the debtor Member States. This asymmetry therefore seems to contrast to the principle of equality among the Member States of the Union, as enshrined in Article 4 of the TEU and provided for in Article 11 of our Constitutional Charter. Moreover, the executives of PIGS Member States in adopting the most important national reforms post-2011 seem to have mainly complied with the recommendations of the procedure. This correlation therefore has two different implications, both of which are relevant from a constitutionalist point of view: on the one hand, the relationship between the political community and constitutional bodies has been affected, with repercussions on the functionality of political representation understood as a relationship and not merely as a position; on the other hand, there has been a surreptitious extension of the competences of the Union institutions, beyond the limits outlined by the principle of attribution pursuant to Article 5 TEU. With reference to this principle, it can therefore be seen that MIP recommendations relate to areas which would fall within the exclusive competence of the individual Member States, such as public administration, research and development, social security, taxation, health and social policy, and even go so far as to provide judgment on constitutional reforms. On the other hand, MIP recommendations do not seem to have significantly conditioned the political-legislative bodies of the surplus states, Germany above all, in developing their national policies. In this regard, there is the clear failure of the German governments to implement the repeated recommendations calling for greater public investment and a general increase in wages, in order to rebalance the relative national trade balance. This situation can probably be ascribed to the different political weight of the French-German axis compared to the much weaker one of the peripheral states. It therefore seems possible to conclude that the enforcement of the Procedure is intrinsically political, as the coercive degree of the recommendations, which are legally on the same level, seems to be linked to the credit or debt exposure of the various Member States.
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Binato, Giulia. « La famiglia in senso giuridico dopo la riforma della filiazione : il modello italiano nell'ambito della tradizione giuridica occidentale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426344.

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Within Western legal tradition family is evolving. The evolution of family law follows separate paths in each legal system and may bring to different result. This research explores the evolution of family in a legal sense in a selection of western legal systems. Therefore, it exams the laws that recognized new family forms in the past years, by enlightening the role of legal formants in the widening of the legal notion of family. This comparative study aims at understanding the consequences of the Italian Reform on Filiation on the broadening of family in a legal sense.
Nell’ambito della tradizione giuridica occidentale, la nozione di famiglia in senso giuridico sta subendo progressivi mutamenti. Anche a fronte di esiti similari, le modalità di tale evoluzione possono differire notevolmente. La ricerca mette in luce le evoluzioni del diritto di famiglia in alcuni ordinamenti occidentali, analizzando la ratio degli ampliamenti intervenuti ed evidenziando il formante a cui sono riconducibili. Lo studio muove dall’ipotesi che la Riforma della Filiazione italiana abbia un ruolo centrale nell’ampliamento della nozione di famiglia in senso giuridico nel nostro ordinamento. Esso mira dunque all’approfondimento dell’estensione raggiunta dalla nozione di famiglia in senso giuridico nell’ordinamento italiano, attraverso la collocazione del modello familiare italiano nell’ambito dei modelli riconducibili alla tradizione giuridica occidentale.
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DE, BARDI CHIARA. « Il Riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di pubblico impiego ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/625.

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The reform of Title V, second part of the Italian Constitution has involved a deep change concerning the division of the legislative power between State and Regions, thus implying delicate and complex interpretative issues, that also invest labour law. In this thesis, the analysis will be focused on the impact of the constitutional reform on the legislative competence for the regulation of the employer-employee relationships in the Civil Service. To this extent, it will be necessary to preliminary understand the positioning of the labour law in the new constitutional system, and this in particular as a result of the privatization of the Civil Service. Once these knotty interpretative problems are solved, it will be necessay to analyze the normative aspects, regarding the topic of the allocation of competences to State and Regions, which are peculiar for the public employment. First of all, the newly approved privatization of the Civil Service has involved a change of the system of the sources. Second, the article n. 117 of the Italian Constitution, at letter g), assigns to the exclusive legislation of the State the single matter of “regulating and organizing the State and the national public agencies”, leaving out the same matter with regard to the Regions and to the other public agencies. Finally, a further aspect that has to be taken into account is the attitude of the regional legislator with respect to the new competences that are recognized by the constitutional reform.
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BENVENUTI, SARA. « Corte o corti ? La tutela dei diritti fondamentali in Francia tra cooperazione e competizione ». Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/817274.

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Pluralità degli ordinamenti giuridici, crisi dello Stato e de-statizzazione del diritto, dialogo tra corti e multiformità dei sistemi di tutela dei diritti fondamentali certamente costituivano già elementi qualificanti il novecento giuridico e non possono non darsi acquisiti nella contemporaneità, anche francese. Quest’ultima, tuttavia, presenta aspetti di interesse e di atipicità, e non solo per le dottrine e gli artifici retorici elaborati al fine di sottrarsi al processo avanzante di integrazione europea ed internazionalizzazione del diritto costituzionale. Il c.d. “controllo di convenzionalità” assume in Francia tratti peculiari, configurando un complesso, e talvolta confuso, sistema multilivello di protezione giurisdizionale dei diritti e delle libertà fondamentali. Un sistema di tutela, quello francese, che, almeno sino alla riforma costituzionale del 2008, vedeva come protagoniste indiscusse, accanto alle corti europee, le giurisdizioni ordinarie e amministrative, ed in particolare la Cour de cassation ed il Conseil d’État. La recente previsione della question prioritaire de constitutionnalité, strumento di protezione accentrato e successivo dei diritti e delle libertà garantiti dalla Costituzione, rimesso al Conseil constitutionnel, seppur filtrato dall’intervento necessario delle corti supreme, sembra, invece, mutarne in parte il funzionamento, venendo a configurare un inedito raccordo tra controllo di convenzionalità e controllo di costituzionalità. Il lavoro intende sviscerarne, in chiave comparatistica, gli aspetti più problematici, soffermandosi in particolare sui momenti di criticità che il mutato contesto giuridico francese sembra aver evidenziato nei rapporti interni, tra corti nazionali, ed esterni, tra corti nazionali e sovranazionali. Interessante sarà verificare se la rete giudiziaria ormai delineatasi dietro l’apparato “mitologico” di facciata potrà superare la logica gerarchica, porsi dal punto di vista dei diritti ed alimentarsi, seppur competitivamente, nella circolarità dei rapporti, delle interpretazioni, verso il raggiungimento di standards più elevati di tutela.
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PICCHI, MARTA. « Sistema amministrativo regionale e rapporti centro-periferia. Spunti dal "federalismo d'esecuzione" nella prospettiva di una riforma costituzionale in Italia ». Doctoral thesis, 1997. http://hdl.handle.net/2158/808074.

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Dopo aver esaminato il federalismo d'esecuzione in Germania, viene ricostruito il percorso che ha condotto all'attuazione delle Regioni in Italia evidenziando le problematiche sorte con la scelta di un sistema cd. binario legato al principio del parallelismo. Nell'ultima parte, il raffronto delle due esperienze consente l'esposizione critica di un possibile percorso riformatore della soluzione regionalista pensata in Assemblea Costituente.
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Sanchini, Francesco. « Profili costituzionali del Terzo settore ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1183833.

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Il Terzo settore rappresenta una realtà in costante crescita nel nostro Paese e che alla luce delle più recenti spinte riformatrici sta suscitando una sempre maggiore attenzione in sede interpretativa. È noto tuttavia come, malgrado la sua importanza, tale fenomeno non trovi un espresso riconoscimento all'interno della Carta fondamentale, ragion per cui ci si interroga sulla sua rilevanza in chiave costituzionale. Con un simile intento la presente ricerca si sofferma, nel primo capitolo, sulla peculiare evoluzione della dimensione giuridica del Terzo settore a partire dal processo di unificazione del Regno d’Italia. Ciò al fine di verificare il ruolo assunto dalla Costituzione rispetto al contesto consolidatosi fino alla sua entrata in vigore, caratterizzato dalla difficile coesistenza tra la sfera di autonomia degli enti e il potere pubblicistico. Sulla base di simili premesse lo studio, nel secondo capitolo, esamina più da vicino quel complesso di disposizioni che concorrono a definire l’“identità” sul piano costituzionale dell'esperienza presa in esame. Vengono così valorizzati, fra gli altri, i principi espressi dagli articoli 2 e 118, comma 4, Cost., nonché gli ulteriori referenti dislocati lungo tutta la Carta all'uopo maggiormente significativi. Il lavoro evidenzia peraltro come nonostante la sua pregnanza costituzionale, il Terzo settore sia stato interessato da un’apposita disciplina promozionale solo molto tempo dopo l’entrata in vigore della Carta, allorquando è entrato in crisi il modello di welfare State. Elemento, quest’ultimo, che frattanto ha reso sempre più rilevante l’apporto delle realtà che lo compongono nello svolgimento di attività tradizionalmente prestate dalle pubbliche amministrazioni. Per questo il terzo capitolo approfondisce il complesso terreno dei rapporti fra i pubblici poteri e il Terzo settore che, oltre a risultare quanto mai significativo nella prospettiva della concreta attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, consente anche di riflettere su alcune questioni emerse nel dibattito interpretativo assai rilevanti per le loro ulteriori implicazioni “di principio”. Ci si riferisce, in quest’ultimo senso, al tema dell’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario a organizzazioni del Terzo settore, ambito che vede il principio solidaristico di cui sono espressione simili realtà, entrare problematicamente in bilanciamento con il principio di tutela della concorrenza. I rapporti con i pubblici poteri sono ad ogni modo approfonditi tenendo in considerazione le recenti novità normative intervenute in base alla recente riforma del Terzo settore, affrontata più generalmente nell'ambito del quarto capitolo del lavoro. La parte finale della ricerca, difatti, si concentra sugli aspetti problematici che la nuova disciplina preposta alla revisione organica del frammentato impianto normativo previgente sembra presentare alla luce del quadro costituzionale di riferimento. Una simile riflessione consente di mettere in rilievo le criticità che dalla stessa paiono emergere anche con riguardo a quei principi che, sulla scorta del disegno tracciato dalla Carta fondamentale, maggiormente ispirano il complesso fenomeno oggetto d’indagine.
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BUSSOLETTI, ANDREA. « L’età berlusconiana. Il centro destra dai Poli alla Casa della Libertà. 1994-2001 ». Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/854513.

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La tesi realizza un'analisi dei processi che hanno portato alla nascita ed alla trasformazione, fra la svolta del 1993 e il 2001, dei tre soggetti politici principali della Destra italiana: Forza Italia, Lega e Alleanza Nazionale. Di ciascuna forza politica, sono analizzate le dinamiche evolutive sotto il profilo politico, gli aspetti pregnanti della trasformazione culturale ed infine le caratteristiche della nuova élite politica affermatasi dopo la la rottura storica del sistema dei partiti vigente nel biennio 1992-1994. Partendo dalle singole forze la tesi ricostruisce le dinamiche di sistema, con particolare attenzione al ruolo di mediazione e collante della Destra italiana esercitato dal partito fondato da Silvio Berlusconi. ENG - The thesis deals with the processes of foundation and transformation of the three main political parties oh Italian right wing parties Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, between the juncture of 1993 and 2001. The research analyzes the dynamics of political evolution, the cultural transformation and the characteristics of the new political elite that imposed itself after the collapse of Italian party system between 1992 and 1994. The research also reconstructs the dynamics of the new italian party system, focusing on the importance of the role of mediator and binding agent of Silvio Berlusconi inside Italian right wing.
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STERPA, ALESSANDRO. « Il rapporto tra la legge statale e la legge regionale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione ». Doctoral thesis, 2005. http://hdl.handle.net/11573/414412.

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La tesi ha analizzato il rapporto tra le legge statale e quella regionale alla luce delle nuove nuove norme costituzionali del Titolo V come modificate nel 2001. Il lavoro si concentra su detta tematica senza tralasciare l'inquadramento teoretico dei rapporti tra sovranità e autonomia.
The thesis analyzed the relationship between state and regional lawa in relation with new constitutional rules of Title V as amended in 2001. The work focuses on this issue without giving up the theoretical framework of the relationship between sovereignty and autonomy.
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GIURICKOVIC, ANNA. « Il conflitto tra interessi pubblici nell'azione amministrativa ». Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1360124.

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Con il presente lavoro mi sono prefissa l’obiettivo di fornire un quadro, il più completo possibile, circa i modelli di composizione tra i distinti interessi pubblici alla cui cura e attuazione è preposta la pubblica Amministrazione, rivolgendo una particolare attenzione al conflitto tra valori economici e valore ambientale. L’analisi è stata condotta anche in chiave comparata, con riferimento ad alcuni specifici istituti che in altri ordinamenti europei (in particolare in quello francese) dimostrano un migliore rendimento. In particolare, la ricerca si propone di evidenziare le criticità di alcuni istituti di coordinamento amministrativo, o delle soluzioni previste - non solo dalla legge sul procedimento amministrativo, ma anche da alcune normative di speciali e di settore - per il superamento ora dell'inerzia ora del dissenso espresso da alcune pubbliche amministrazioni; e ciò anche alla luce delle varie modifiche apportate dallo spirito riformatore del legislatore degli ultimi anni.
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