Littérature scientifique sur le sujet « Riduzione del danno »

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Articles de revues sur le sujet "Riduzione del danno"

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De Filippis, Vincenzo, et Gonzalo Miranda. « Aspetti etici emergenti nella tossicodipendenza : la "riduzione del danno" ». Medicina e Morale 44, no 3 (30 juin 1995) : 489–500. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.981.

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Résumé :
L'articolo si propone di esaminare sotto il profilo tecnico-scientifico ed etico la strategia sperimentata per la prima volta in Gran Bretagna e definita "Riduzione del Danno" (RD), dal termine inglese Harm Reduction. La RD è una politica sociale con la quale si intende diminuire gli effetti negativi del consumo di droga attraverso modalità favorenti il contatto con il più vasto numero possibile di tossicodipendenti al fine di avviare un numero maggiore di essi verso un cammino di responsabilizzazione e di solidarietà. Alla base della RD stanno: 1. la presa di coscienza che il problema non è la droga, ma i suoi modi d'uso; 2. un programma incentrato sulla persona piuttosto che sulla sostanza stupefacente; 3. la consapevolezza che non esistono modelli terapeutici validi per tutti. Di positivo nella RD si riscontrano le premesse sopra citate, mentre gli aspetti negativi - alla luce dell'esperienza anglosassone - sono: 1. lo svincolamento da una concreta tensione al recupero integrale della persona per cui gli strumenti adottati rischiano di reiterare la cronicizzazione della tossicodipendenza; 2. l'ideologizzazione degli interventi; 3. la prevalenza degli interessi della popolazione su quelli della persona nell'utilizzo della spesa sanitaria complessiva; 4. l'inadeguatezza numerica degli operatori. In conclusione la RD come semplice "male minore" non può essere eticamente accettata in quanto favorisce le ulteriori deresponsabilizzazione e cronicizzazione della dipendenza. La RD può invece considerarsi valida solo come fase iniziale di un progetto volto al superamento della tossicomania, attraverso strategie come un più stretto colloquio tra operatore sanitario e paziente, l'avvio a comunità terapeutiche, il reinserimento lavorativo e familiare.
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Menditto, Francesco. « L'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati : quale futuro per i beni sottratti alle mafie ? » QUESTIONE GIUSTIZIA, no 2 (juin 2010) : 33–45. http://dx.doi.org/10.3280/qg2010-002004.

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Résumé :
Gli interventi cd. di riduzione del danno sono da oltre vent'anni al centro del dibattito e del conflitto sulla politica delle droghe. In questo arco di tempo il contesto storico-politico ha suběto trasformazioni di grande intensitŕ. Ciň pone alcune domande a cui si cerca qui di dare risposta: quali sono i punti forza che guidano la capacitŕ di espansione, ben oltre il continente europeo, delle politiche di riduzione del danno? E quali i punti critici che provocano le perduranti resistenze ad abbandonare la retorica bellica della lotta alla droga, per abbracciare la via pragmatica del contenimento dei rischi legati al consumo. La questione aperta č - e resta - quella di ri-orientare la politica delle droghe, passando dalla "soluzione finale" del problema alla "convivenza" con i consumi (e con i consumatori) di sostanze psicoattive.1. L'impatto delle norme processuali sulle sorti della giustizia civile2. Due approcci3. Aspetti critici4. Il protocollo di "Valore Prassi" di Verona5. Osservazioni conclusive.
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Veglio, Maurizio. « La riduzione del danno. Radiografia del trattenimento amministrativo dopo la l. 161/14 ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 3 (avril 2015) : 97–113. http://dx.doi.org/10.3280/diri2014-003006.

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Gonnelli, S., et C. Cepollaro. « Fisiopatologia dell'osteoporosi involutiva ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 3_suppl (octobre 1994) : 5–12. http://dx.doi.org/10.1177/19714009940070s303.

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Résumé :
L'osteoporosi è una malattia caratterizzata da riduzione della massa ossea, deterioramento microarchitettonico del tessuto osseo e conseguente aumento della fragilità ossea e della predisposizione alle fratture. Questa definizione, stabilita nella consensus conference di Copenhagen (1990)1 e confermata in quella di Hong Kong (1993)2, sottolinea come la fragilità ossea che caratterizza l'osteoporosi sia la conseguenza non solo della riduzione della massa ossea, ma anche del danno architettonico che ne deriva. Viene inoltre precisato come l'osteoporosi divenga clinicamente rilevante solo quando il paziente presenti una frattura. L'osteoporosi, più che una malattia, deve essere considerata una condizione a rischio al pari della ipertensione arteriosa e dell'ipercolesterolemia3. Le osteoporosi possono essere primitive o secondarie e verranno qui analizzate in dettaglio.
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Zuffa, Grazia. « Droga e riduzione del danno. Da pilastro sociosanitario a modello alternativo di politiche pubbliche ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 2 (juin 2010) : 46–60. http://dx.doi.org/10.3280/qg2010-002005.

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Résumé :
La fine č nota. Con la sentenza resa il 4 novembre 2009 nel processo per il sequestro Abu Omar, il Tribunale monocratico di Milano ha condannato numerosi funzionari della CIA, mentre ha ritenuto sussistente la speciale causa di improcedibilitŕ costituita dall'opposizione del segreto di Stato per la maggior parte degli imputati italiani e in particolare per il direttore del SISMI, gen. Nicolň Pollari. Per la veritŕ č noto anche tutto il resto, compreso ciň che č segreto. Gli atti "segreti" furono infatti legittimamente acquisiti al procedimento e vi sono rimasti per lunghi anni; essi sono stati posti a base di provvedimenti cautelari, messi a disposizione delle parti private che ne hanno estratto copia, trasmessi alle piů diverse autoritŕ interne e internazionali, infine posti a fondamento di fasi interamente pubbliche del processo. Come conseguenza di ciň le informazioni "segrete" sono rinvenibili in internet. Eppure per la Presidenza del Consiglio (e purtroppo anche per la Corte costituzionale) esse sono ancora "segrete" e dunque non utilizzabili. Come si č potuto consumare un simile paradosso? Vi č di piů. Escluse le prove relative a notizie segrete, il giudice č giunto alla conclusione che quelle residue consentissero la condanna degli operativi del Servizio statunitense, ma non degli agenti italiani. Cosě, il segreto opposto a tutela dei rapporti tra il Servizio italiano e quello statunitense ha ottenuto l'effetto esattamente contrario, rafforzando l'immagine di inaffidabilitŕ dell'alleato italiano. L'ispettore Clouseau non avrebbe saputo far meglio.
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Pavarin, Raimondo. « Crisi economica, consumo socialmente integrato e riduzione del danno : nuove idee per la prevenzione ». SALUTE E SOCIETÀ, no 2 (mars 2016) : 19–35. http://dx.doi.org/10.3280/ses2016-002003.

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Sileno, Giuseppe, Teresa Rampino, Gianluca Marchi, Maria Luisa Scaramuzzi, Gianluca Fasoli, Francesca Montagna, Antonio Dal Canton et Pasquale Esposito. « Trattamento del danno renale da iperbilirubinemia mediante plasma adsorbimento/perfusione ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no 3 (10 février 2013) : 228–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1042.

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Résumé :
L'iperbilirubinemia severa si associa spesso al danno renale acuto (AKI), soprattutto in pazienti con livelli di bilirubinemia pari a 20–25 mg/dL. Considerando la potenziale tossicità renale della bilirubina, è possibile che la rimozione di tale sostanza dal plasma rappresenti un modo per migliorare la funzione renale nei pazienti con AKI associato a iperbilirubinemia. Qui presentiamo il caso di un uomo di 47 anni, ricoverato per ittero ingravescente e ascite. All'anamnesi il paziente presentava una mielofibrosi idiopatica, associata a epatopatia con valori di bilirubina stabili intorno ai 4 mg/dL. Al momento del ricovero, la bilirubinemia era pari a 45 mg/dL, con valori di creatininemia di 2.1 mg (valore precedente 0.7 mg/dL). La biopsia epatica mostrava un quadro di severa colangite linfogranulocitaria. Per il peggioramento del quadro ematochimico (bilirubinemia 59.7 mg/dL e creatininemia 4 mg/dL), una volta escluse cause funzionali di insufficienza renale e la sindrome epato-renale, sospettando un danno renale da iperbilirubinemia, abbiamo iniziato il trattamento con plasma adsorbimento/perfusione (PAP). Tale metodica si basa sulla rimozione selettiva della bilirubina dal plasma mediante una specifica resina adsorbente. Dopo il trattamento, si assisteva a una riduzione dei livelli di bilirubina sierica fino a 24 mg/dL, associata a un significativo miglioramento della funzione renale. Tuttavia, circa dieci giorni dopo l'inizio della PAP, il paziente decedeva per shock settico. Questo caso rappresenta un'ulteriore prova della potenziale nefrotossicità della bilirubina, suggerendo che la PAP potrebbe essere una valida opzione terapeutica nei pazienti con danno renale acuto secondario a iperbilirubinemia.
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Pieruzzi, F. « La denervazione renale transcatetere : il ruolo del nefrologo ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no 4 (26 janvier 2018) : 1–7. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1165.

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Résumé :
Studi clinici recenti hanno dimostrato che la denervazione renale bilaterale con catetere a radiofrequenza riduce significativamente i valori pressori nell'ipertensione resistente. All'efficacia antipertensiva si associa una significativa riduzione dell'ipertono simpatico, dell'insulino-resistenza e del danno d'organo cardio-renale. La procedura si è rivelata pressoché priva di effetti collaterali. Sebbene i dati della letteratura sull'efficacia antipertensiva della denervazione renale transcatetere siano solidi, solo un'analisi dell'utilizzo in campo clinico di questa metodica potrà fornire un reale parametro di giudizio sulle modalità di esecuzione della procedure nelle diverse realtà cliniche sul territorio nazionale. Per questo scopo è stato istituito il Registro Prospettico Italiano che raccoglie dati sull'efficacia e la sicurezza della denervazione renale a breve e a lungo termine. Tuttavia non sono ancora noti gli effetti della procedura sulla funzione renale, la proteinuria e il bilancio del sodio, in particolare nel lungo termine. Queste conoscenze potranno permettere di estendere le indicazioni attuali della procedura anche in altre condizioni patologiche caratterizzate da ipertono simpatico e di valutare l'impatto del costo-beneficio della denervazione renale come un potenziale trattamento alternativo alle tradizionali strategie farmacologiche.
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Bianchi Riva, Raffaella, et Chiara Spaccapelo. « Eccessiva durata del processo e responsabilità disciplinare dei magistrati : il ritardo nel deposito dei provvedimenti fra storia e attualità ». Italian Review of Legal History, no 7 (22 décembre 2021) : 485–546. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16896.

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Résumé :
Il tema dell’eccessiva durata dei processi e delle sue conseguenze pregiudizievoli sull’effettività della tutela giudiziaria rappresenta, da sempre, uno dei principali nodi del rapporto tra giustizia e opinione pubblica.Sin dall’unificazione italiana, la questione è stata affrontata per lo più sul piano delle riforme del processo e dell’ordinamento giudiziario, senza, tuttavia, la predisposizione di adeguati interventi in grado di incidere sull’organizzazione delle strutture e del personale. Se soltanto di recente il nostro ordinamento ha approntato strumenti di tutela diretta al principio della ragionevole durata del processo, formalizzato nell’art. 111 Cost., la responsabilità disciplinare dei magistrati per ritardo nel deposito dei provvedimenti ha rappresentato, sin dall’inizio del Novecento, uno degli strumenti principali non solo per reprimere gli episodi più gravi (oggi determinanti addirittura un danno erariale da disservizio), ma anche per restituire credibilità alla funzione giudiziaria, nell’ambito delle complesse dinamiche relative al rapporto tra magistratura e società.Lo studio mira a valutare se, in assenza di idonei strumenti normativi volti ad evitare o quantomeno a contenere il fenomeno della lunghezza dei procedimenti, gli interventi della giurisprudenza, prima, della Suprema corte disciplinare e, dopo, della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, chiamate a sanzionare gli illeciti dei singoli magistrati, siano stati in grado, nella difficoltà di trovare un equilibrio tra standard di rendimento e carichi esigibili, di rispondere in maniera soddisfacente al contenimento dei tempi del processo e alla riduzione dell'arretrato, obiettivi tra i principali del PNRR.
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Di Pietro, Maria Luisa. « L’educazione alla salute in adolescenza : strategie di intervento e risposte individuali ». Medicina e Morale 46, no 5 (31 octobre 1997) : 861–84. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.865.

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Résumé :
Si sta verificando negli ultimi anni un incremento dei cosiddetti “comportamenti a rischio”(taking-risk behaviors) tra gli adolescenti. Si tratta di comportamenti che sono, in modo diretto o indiretto, responsabili di danno per la salute e/o per la vita di chi li agisce e dell’aumentata incidenza di morbilità e di mortalità in un’età della vita, che è meno esposta alla malattia e alla morte. Questa aumentata incidenza di patologie secondarie a comportamenti a rischio ha interpellato ed interpella, in senso preventivo, sia gli educatori sia quanti sono responsabili della salute pubblica che hanno proposto diverse modalità di intervento: dalla cosiddetta “riduzione del rischio” alla “strategia della paura” all’educazione alla salute. Questo articolo cerca di valutare le ricadute delle diverse strategie di intervento sul comportamento degli adolescenti, al fine di individuare se gli eventuali fallimenti o successi dipendano dai contenuti dei programmi di prevenzione o dalla personalità degli educandi. Tale valutazione è preceduta dall’analisi del perchè gli adolescenti agiscono, con elevata frequenza, comportamenti a rischio: infatti, la conoscenza del “perch锂 è elemento fondamentale per stabilire il “come” (intervenire).
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Thèses sur le sujet "Riduzione del danno"

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Salvia, Martina <1989&gt. « Il tossicodipendente cronico tra marginalità e rischio di assistenzialismo. esperienze di riduzione del danno e promozione dell’autonomia in Italia e in Europa ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10141.

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Résumé :
Il tema della cronicità, all’interno dei servizi per le dipendenze, è uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni. Incerta e problematica è ancora la definizione di quali siano i piani d’intervento più efficaci da attuare, come risposta ai bisogni specifici del tossicodipendente cronico. Questo lavoro mira a ricercare le prassi operative più esemplificative attuate a livello europeo, nazionale e locale, nell’ambito dell’inclusione e del miglioramento di vita di questo target di utenza. Dopo una disanima dei concetti e delle esperienze, tratta dalla letteratura nazionale ed europea, il lavoro presenta una riflessione frutto delle interviste a testimoni privilegiati e delle osservazioni di gruppi di lavoro di operatori e utenti dei Ser.D sul territorio provinciale veneziano. La ricerca e l’analisi sono state condotte alla luce di pratiche come la riduzione del danno e il welfare generativo, permettendo di giungere a dei risultati. Porre alla base degli interventi tali indirizzi operativi può rappresentare una possibile soluzione nel campo della tossicodipendenza cronica, in quanto consente di contenere i danni alla salute e di responsabilizzare il tossicodipendente. Purtroppo il quadro rintracciato, a livello dei servizi esistenti e dei progetti attuati, è apparso scarso, salvo qualche eccezione. Questo lavoro può rappresentare un contributo, seppur modesto, alla riflessione su una nuova sfida in campo alla dipendenza patologica.
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BERGAMO, SONIA. « La scena aperta del consumo di Milano Rogoredo : contesto e pratiche in dialogo ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/306490.

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Résumé :
Obiettivo: Nelle ricerche sui consumi di sostanze psicotrope, solitamente il contesto viene trattato come un prodotto di processi strutturali più ampi, riducendo le possibilità di una comprensione più accurata delle specificità locali. Durante il lavoro sul campo (2017-2018), Milano Rogoredo veniva considerata la più grande scena aperta del consumo osservabile nel nord Italia. L’obiettivo della ricerca è quello di documentare come il contesto in esame viene influenzato dalle pratiche di consumo e viceversa. Metodologia: La ricerca si serve della metodologia del caso studio per raccogliere e mettere in dialogo diversi tipi di informazioni. L’approccio etnografico utilizzato include interviste in profondità e semi strutturate (42), osservazione partecipante (70 giorni), articoli di cronaca, mappe e fotografie. La cornice teorica post-strutturalista, si basa sugli elementi analitici proposti da Duff (2007): spazio, incorporamento e pratiche. Risultati: La scena aperta del consumo di Rogoredo si configura come un luogo di segregazione socio-spaziale. Le pratiche di consumo che la caratterizzano, creano uno spazio di resistenza nella città tossica. Il disordine droga-correlato percepito dai cittadini porta alla richiesta di purificazione sociale e spaziale. La zona di resistenza che si configura nella scena aperta del consumo fa emergere di legami di comunità e favorisce la diffusione di pratiche di consumo, che richiedono competenze specifiche. La tecnologia della siringa riproduce mondi e divisioni sociali, così come differenze generazionali. La violenza permea le routine e le pratiche quotidiane, che includono lavoro sessuale droga correlato e attività informali di sussistenza. La mancanza di interventi di riduzione del danno strutturati e duraturi riduce lo spazio per negoziare questa violenza. Limiti/implicazioni: I risultati sono specifici del contesto in cui lo studio è stato condotto. I contatti e le informazioni sono stati raccolti in buona parte attraverso gli interventi di riduzione del danno (gatekeeeper). Considerata la strategia di reclutamento adottata, i consumatori non possono essere considerati come rappresentativi della popolazione di riferimento. Valore aggiunto: Nonostante un’ampia letteratura internazionale, l’Italia mostra una mancanza di studi sociologici sulle scene aperte del consumo, in particolare per quanto riguarda l’impatto del contesto sulle pratiche locali di consumo. I risultati possono orientare strategie di riduzione del danno più efficaci e fornire delle evidenze iniziali sull’impatto delle misure istituzionali adottate per far fronte alle scene aperte. La ricerca si propone anche come riferimento per future indagini sulle pratiche di consumo di sostanze psicotrope in relazione al contesto.
Purpose: In most recent drug research, context is still treated as a product of broad structural processes, reducing the chances for a more finely-grained understanding of time and place of consumption. At the time of the field work, Milano Rogoredo was the biggest urban open drug scene in northern Italy. Starting form this case study, the goal of the present work is to document how the specific context is produced through the activity of drug use and how the so constructed context intervenes in the modulation of drug use itself. Methodology: In the research, the case study methodology is implied in order to collect and put into dialogue data of different nature. Analysis was conducted through an ethnographic approach which includes in-depth and semi-structured interviews (42), participant observation (70 days), news articles and use of maps and photos. Drawing on a post-structural theoretical framework, the methodology is based on the analytical elements proposed by Duff (2007): space, embodiment and practices. Findings: Drug use practices embedded in the Milano Rogoredo open drug scene impact on space representations creating a place of resistance in the narcotic city. The so-called drug related nuisance tends to result in a claim for social and spatial purification from citizens. The resistance zone that develops within the open drug scene allows the emergence of community bonds and fosters the spread of drug use practices that involve specific skills. The social object of the syringe reproduces social worlds, social divisions and generational differences. Violence permeates the every-day routines and practices which include drug related sex work and beggary. The lack of structured harm reduction interventions reduces the space to negotiate this violence. Research limitations/implications: The results are specific of the context in which the study was conducted. Contacts and data were mainly gained starting from harm reduction interventions, since these organisations provide the most accessible contact with drug users. Given the recruitment strategy adopted, individuals who are part of the study cannot be considered as representative of the drug using population as a whole. Value/practical implications: Despite a wide international literature, Italy shows a lack of sociological accounts of open drug scenes, particularly regarding the impact of context on local drug use practices. This research gives visibility to the effect of the local setting on drug use practices in a long-lasting ODS in Milan (Italy). In the effort to make interventions always more effective, results can orient harm reduction strategies and provide initial evidence on the impact of institutional measures to face ODS. Along with punctual aspects, outcomes can also orient future research on drug consumption practices and context relevance in drug use settings.
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IAMMARINO, Debora. « Danno ambientale e responsabilità nella gestione dei rifiuti ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251115.

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Résumé :
La disciplina del danno ambientale è stata oggetto di diverse e numerose modifiche nel corso degli anni, sia a livello nazionale che europeo. Regolata in Italia, per la prima volta, dalla L. 349/1986 che, all’art. 18, prevedeva la risarcibilità del danno ambientale indipendentemente dalla violazione di altri diritti individuali come la proprietà privata o la salute. In ambito Europeo il primo intervento si è avuto con l’adozione della Direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La Direttiva è stata poi recepita in Italia con il D.Lgs. n. 152/2006, che nella Parte Sesta si occupa puntualmente di responsabilità per inquinamento ambientale. Tuttavia, le principali novità della normativa comunitaria con riferimento al regime di responsabilità per attività inquinanti nei confronti dei beni ambientali, non sono state immediatamente riprese in modo adeguato dalla normativa italiana, motivo per cui sono state emanate due procedure di infrazione nei confronti del Governo italiano che, per correre ai ripari, in un primo momento, ha approvato il D.l. 135/2009 introduttivo di nuovi criteri per il ripristino del danno ambientale e successivamente il legislatore è intervenuto con la Legge n. 97/2013 in materia di misure di risarcimento del danno e in materia di criteri di imputazione delle responsabilità. Tuttavia, l’assetto dei criteri di imputazione delle responsabilità è stato più volte oggetto degli interventi interpretativi della giurisprudenza che hanno delineato un quadro molto più rispondente alle istanze di origine comunitaria e ai principi del diritto europeo. All’interno di questo quadro più ampio si inserisce la questione della Gestione dei rifiuti, anch’essa oggetto di svariate modifiche normative volte sempre di più ad una tutela ambientale maggiore e prioritaria, attraverso metodi e tecniche in grado di ridurre la produzione dei rifiuti, l’introduzione del concetto di riduzione, prevenzione e recupero, riciclo e solo in ultimo lo smaltimento. Ruolo centrale assume in questo ambito l’attribuzione delle relative responsabilità in capo ai vari soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti, pertanto nell’ultimo capitolo, si analizzeranno le diverse forme di responsabilità degli stessi e si darà conto dei principali interventi giurisprudenziali e della diverse interpretazioni dottrinali che hanno interessato la materia negli ultimi anni.
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Livres sur le sujet "Riduzione del danno"

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Zuffa, Grazia. I drogati e gli altri : Le politiche di riduzione del danno. Palermo : Sellerio, 2000.

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Rigliano, Paolo. Nonostante il proibizionismo : Riduzione dei danni e unità di strada : verso una strategia di assunzione dei rischi. Milano : Unicopli, 1995.

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Casale, Davide. L'idoneità psicofisica del lavoratore pubblico. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg271.

Texte intégral
Résumé :
A vent’anni dall’avvio della riforma strutturale degli anni Novanta, il presente studio indaga le peculiarità regolative delle questioni di salute del dipendente nel rapporto di lavoro pubblico c.d. “privatizzato”. Non limitata ad un unico istituto identificato secondo le classificazioni tradizionali, la trattazione considera plurimi versanti disciplinari, afferenti alle fasi di costituzione, svolgimento ed estinzione del rapporto lavorativo, dando conto anche delle interferenze con il sistema previdenziale. Rispetto alle questioni giuridiche relative alla malattia, all’inidoneità alle mansioni, alla disabilità ed alla riduzione di capacità lavorativa causata dalla senescenza, l’analisi assume come concetto unificante quello della “idoneità” del dipendente pubblico al lavoro, intesa dal punto di vista dell’interesse datoriale all’adempimento e, al contempo, sotto il profilo della protezione della persona. Detti versanti sono ricondotti a una visione d’insieme che valorizza l’effettività della condizione psicofisica del dipendente quale presupposto delle tutele giuridiche. Nella complessità regolativa del lavoro pubblico, i profili esaminati risultano oggetto di una considerazione peculiare da parte del legislatore, più spiccata di quella, comunque crescente, riservata in generale alle implicazioni lavoristiche della condizione di salute delle persone.
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