Littérature scientifique sur le sujet « Ri-orientamento »

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Articles de revues sur le sujet "Ri-orientamento"

1

Colozzi, Ivo. « Per un ri-orientamento del dibattito italiano sulla valutazione della qualità della produzione scientifica ». SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI, no 2 (septembre 2015) : 111–29. http://dx.doi.org/10.3280/sp2015-002006.

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2

Scamardella, Francesca. « Il silenzio "a piů voci" nelle narrazioni di clienti e avvocati ». SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no 2 (juillet 2012) : 127–50. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-002007.

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Résumé :
Questo articolo si iscrive in un recente orientamento di ricerca, sviluppatosi prevalentemente in area statunitense e che considera il ruolo del cliente come centrale per la ri-costruzione dei fatti della causa. Esso propone l'analisi di una specifica situazione relativa al rapporto cliente-avvocato, quella in cui il cliente rimane in silenzio, omettendo circostanze rilevanti all'avvocato, per incapacitŕ ad "esprimerle" o per una specifica volontŕ. A partire da una ricostruzione di alcune delle principali spiegazioni teoriche sul tema del silenzio nel lawyering process, questo contributo analizza alcuni casi che hanno come protagonisti clienti silenziosi, ricercandone in parte le spiegazioni nella "cultura" di provenienza del cliente (e dell'avvocato) e piů in generale nel contesto in cui il caso si origina e trova soluzione.
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3

Ferrera, Maurizio. « I MONDI DEL BENESSERE : UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE DEI WELFARE STATES ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 22, no 2 (août 1992) : 233–67. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200018554.

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Résumé :
IntroduzioneNel corso dell'ultimo decennio la ricerca comparata sul welfare state ha progressivamente abbandonato l'approccio quantitativo, imperniato sul trattamento statistico di dati aggregati, per indirizzarsi con sempre maggiore convinzione verso l'analisi qualitativa, volta all'esplorazione ravvicinata di singole (o gruppi di) esperienze nazionali concrete, osservate nella loro evoluzione storica. La letteratura metodologica ha parlato in proposito di un ri-orientamento da una strategia «a intensità di variabili» (ovariable-centred) a una strategia «a intensità di casi» (ocase-centred), ovvero da una logica di spiegazione basata sulle «generalizzazioni trans-storiche», di matrice durkheimiana ad una basata sulle «generalizzazioni storiche», di matrice weberiana. Anche se ancora agli inizi, il nuovo filone qualitativo ha già apportato nuovi e importanti contributi conoscitivi sull'evoluzione del welfare state occidentale e sulle principali diversità di percorso osservabili tra paesi. Tuttavia il potenziale euristico di questi contributi è rimasto spesso limitato da un'insufficiente messa a punto degli strumenti concettuali e classificatori da essi utilizzati.
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4

Braibanti, Paride, Andrea Greco et Clara Mucci. « Ist Gesundheit Alles ? » PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 3 (octobre 2021) : 45–51. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-003009.

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Résumé :
La psicologia può essere definita "solo" come professione sanitaria? La presenza della psi-cologia nei contesti sanitari è irrinunciabile, ma ridurla a questa presenza è inappropriato e im-possibile, anche perché "oggetti", "questioni" e "contesti" rilevanti per la salute non sono riducibili al sistema sanitario e sembrano piuttosto richiedere approcci multidisciplinari e multiset-toriali. Il Covid-19 rende evidente che uno sguardo settoriale è insufficiente ad affrontare l'impatto devastante sulla società e rappresenta una sfida che sembra richiedere un ri-orientamento a una psicologia che, pur esercitando doverosamente un'azione di supporto ai traumi e alle fragilità individuali, non può permettersi di ridurre ad essa la propria presenza e capacità d'intervento. È anche lungo questi nuclei problematici che può essere pensata una riterritorializzazione della psicologia e un ruolo di autonoma presenza e influenza nel sistema dei servizi sanitari e sociali, mediante un non breve processo di rivisitazione dei fondamenti epi-stemologici e metodologici, delle pratiche e delle operazionalità proprie della professione. Rivolgiamo per questo un appello alle Scuole di Specializzazione in Psicologia della salute perché si riconoscano nel compito di guidare questa necessaria transizione verso una piena re-sponsabilità trasformativa della psicologia.
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5

Chiodo, Emanuela. « Generare legami. Inclusione sociale ed educativa in una periferia del Mezzogiorno ». WELFARE E ERGONOMIA, no 1 (juin 2020) : 29–38. http://dx.doi.org/10.3280/we2020-001004.

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Résumé :
La povertà di bambini e adolescenti in famiglie deprivate del Mezzogiorno è sia la più invisi-bile, perché spesso occultata dalla più generale condizione di svantaggio del nucleo di appar-tenenza, sia la più estrema, per l'intensità con cui essa si lega a radicate disuguaglianze nella sfera dell'istruzione, della cultura e, in generale, nelle loro chances di vita al presente e nel futuro. In particolare, la povertà educativa è quella che meglio rappresenta lo svantaggio cumulativo che si genera a partire da condizioni di deprivazione materiale ed economica e trova nell'esclusione dall'accesso ad una formazione e a competenze adeguate, ma anche a spazi e ambienti di vita degni, a opportunità ludiche, culturali e di socializzazione più ampia le sue espressioni più evidenti. Napoli e le sue periferie più disagiate costituiscono un caso paradigmatico di tale scenario sia per la povertà multi-generazionale da cui sono interessate sia per l'elevata incidenza del-la popolazione minorile proprio nei quartieri più difficili. Ed è proprio nel contesto urbano e sociale della periferia est della città che l'articolo si cala per definire i contorni di quella «comunità educante» volta al contrasto della vulnerabilità sociale e dei rischi di esclusione per i tanti bambini e adolescenti in condizione di svantaggio economico e sociale. Alla luce della direttrice teorica sui legami sociali come fonte di protezione e riconoscimento (Paugam, 2008) e sulla base di un approccio di ricerca micro-sociologico basato su studi di caso, l'articolo descrive la qualità delle relazioni di social support (Meo, 1999) create, promosse, rafforzate da alcuni enti di terzo settore (associazioni e cooperative sociali) provando a sotto-linearne il valore embedded nel contrasto della povertà educativa. Già a partire dal recupero di spazi vuoti o abbandonati in cui le attività socio-educative promosse si radicano e realiz-zano le loro attività, i centri socioeducativi considerati nella ricerca appaiono in grado di ri-pristinare relazioni e significati plurimi. A partire dalle rappresentazioni raccolte tramite la voce e le parole degli attori intervistati la comunità educante prende forma nei vincoli e nelle risorse, nei limiti e nelle opportunità evidenziate da enti di terzo settore (associazioni e coo-perative sociali) che realizzano advocacy, affiancamento scolastico dei minori, accompagna-mento sociale per le loro famiglie. In particolare, nel testo si evidenzia come, non solo rico-noscendo la «responsabilità educativa» come principio cardine ma anche "agendo" tale principio come orientamento nella prassi concreta di intervento, organizzazioni diverse che abitano e animano la periferia est sono in grado di rendere permeabili tra loro sfere di inclu-sione diverse (culturale, educativa, sociale). Intervenendo nel contrasto della povertà minorile ed educativa tramite azioni di bridging con la famiglia, la scuola, i servizi sociali, le esperien-ze di affiancamento socio-educativo descritte interrogano e allo stesso tempo costruiscono il senso di quella «comunità educante e generativa», capace di «agire in comune» adottando «un modo di fare le cose inclusivo, integrativo e abilitante» (Magatti e Giaccardi, 2014).
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6

Biorcio, Roberto, et Paolo Natale. « LA MOBILITÀ ELETTORALE DEGLI ANNI OTTANTA ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no 3 (décembre 1989) : 385–430. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008649.

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Résumé :
IntroduzioneLo studio della mobilità elettorale si ricollega per diversi aspetti al dibattito sulle tendenze generali del mercato elettorale in Italia e alla problematica legata ai tipi di voto. Lo studio delle forme che può assumere la mobilità elettorale costituisce però, a nostro avviso, un tema dotato comunque di una sua autonoma specificità. Le forme che assume il passaggio da una scelta di voto ad un'altra dipendono sia dalle modifiche di posizionamento dei partiti nell'ambito della competizione elettorale, sia dalle modalità secondo cui i cittadini-elettori si rapportano ad essi e, più in generale, vivono il proprio rapporto con la sfera politica e le istituzioni.Si possono individuare nella scelta dell'elettore diverse componenti analitiche (cfr. Parisi e Pasquino 1977; Pizzorno 1983 e 1986, Mannheimer e Sani 1987), riconducibili, a nostro avviso, ad alcune peculiari logiche motivazionali. Si può cogliere anzitutto unalogica dell'identificazione,secondo cui l'elettore esprime adesione e solidarietà rispetto a qualche tipo di identità collettiva che ritiene rappresentata in una delle proposte di voto in competizione. Le identità collettive che costituiscono il referente necessario per questo tipo di logica motivazionale possono essere già presenti nella società — e semplicemente trascritte o trascrivibili in una delle possibili opzioni di voto — oppure essere costituite dal «discorso identificante» dei politici (Pizzorno 1983). Oppure ancora essere una combinazione di entrambe queste possibilità. Si può poi riconoscere nell'elettore l'esistenza di unalogica dell'utilità(o della razionalità strumentale rispetto allo scopo), quando il voto appare finalizzato a favorire (oppure ad ostacolare) tendenze politiche e/o provvedimenti specifici, in base ad un proprio calcolo degli interessi. Insieme a queste due, si può considerare una terza componente analitica nel comportamento elettorale — definibile comelogica della protesta— che esprime motivazioni prevalentemente «in negativo» rispetto al voto o rispetto al tradizionale sistema dei partiti; questa logica emerge quando i partiti esistenti non riescono a suscitare sufficiente identificazione nell'elettore, né a rappresentarne le domande sociali. La logica della protesta si può esprimere non solo con l'astensionismo (attivo o passivo), ma anche con il voto per alcuni dei «nuovi partiti» formatisi negli anni settanta e ottanta come espressione di diverse forme di protesta politica o sociale.È evidente che queste diverse logiche motivazionali possono coesistere nello stesso atto di scelta, con un peso che può variare in base alle caratteristiche dell'elettore, alla congiuntura politico-sociale e al tipo di elezione. Quello che interessa al nostro studio è la relazione fra queste logiche di voto ed i processi di mobilità elettorale: come il peso specifico delle diverse logiche motivazionali può fare variare siale probabilitàdi mutamento delle precedenti scelte di voto, siale formeed ilsensoche questo mutamento può assumere.La logica della identificazione — declinata nelle forme più diverse — costituisce ovviamente la base della fedeltà elettorale di partito o, almeno, di «area politica». Per gli elettori che nel voto esprimono soprattutto una esigenza di identificazione, la probabilità di mutamenti è ridotta, e l'abbandono delle precedenti scelte assume un carattere «traumatico», che si può leggere come segno di un generale processo di ri-orientamento politico-esistenziale. Il passaggio diretto ed immediato da una identificazione ad un'altra è un evento che si verifica raramente. Gli elettori che scelgono di non votare più per un partito in cui si erano identificati sperimentano una fase di relativa incertezza, nella quale possono acquistare maggior peso, almeno transitoriamente, le logiche della protesta o quelle del calcolo delle utilità.La logica della utilità si esprime in un «calcolo dei vantaggi» che si può riferire tanto a interessi individuali e particolaristici (voto clientelare), quanto a quelli di gruppo o di categoria, fino ad assumere come riferimento interessi più generali (voto di opinione). Il calcolo dei vantaggi di ogni scelta di voto è funzione delle caratteristiche specifiche e congiunturali delle diverse scadenze elettorali. Ci si può aspettare che quanto più pesa, nella scelta del singolo elettore, la logica della utilità, tanto più sono probabili, almeno in linea di principio, i cambiamenti delle opzioni di voto.Anche la logica della protesta, se non è accompagnata da forte identificazione in un partito vissuto come rappresentante significativo della protesta sociale, fornisce un notevole contributo alla instabilità elettorale: in questo caso è l'atto stesso di abbandono delle precedenti scelte partitiche che diviene il veicolo più importante per l'espressione del risentimento dell'elettore.Si è rivolta l'attenzione a diversi tipi di mutamento nel comportamento elettorale, analizzando in particolare:1)i cambiamenti di voto all'interno del gruppo dei 7-8 partiti tradizionalmente presenti — nel dopoguerra — nelle competizioni elettorali: la mobilità in questo caso può essere interpretata come l'esito di un giudizio razionale sugli effetti dell'opzione elettorale sul quadro politico, o su una serie di politiche specifiche;2)i cambiamenti di voto da uno dei partiti tradizionali alla esplorazione di nuove possibilità di espressione elettorale — nella scelta di votare, ad esempio, per uno dei partiti emersi negli anni settanta ed ottanta, o per qualcuna delle liste che si caratterizzano su specificheissues(pensioni, ecologia, identità regionali, ecc.);3)il cambiamento dal voto al non voto, che può essere letto come diminuzione del livello di identificazione (visto dal lato dell'elettore) o nella capacità di mobilitazione (visto dal lato del partito) di una determinata opzione partitica;4)il ritorno dal non voto (non partecipazione alla votazione o non espressione di voto valido) al voto per una delle liste presenti nella competizione elettorale, che può dipendere dalla accresciuta capacità di suscitare mobilitazione ed identificazione da parte di una delle forze politiche presenti, oppure dalla particolare rilevanza soggettivamente attribuita ad una specifica tornata elettorale.Lo studio empirico delle forme di mobilità elettorale presenta — come è noto — particolari difficoltà, sia perché ciascuna di esse coinvolge quote limitate del corpo elettorale sia, più in generale, per l'ovvio motivo che non sono disponibili registrazioni — a livello individuale — delle scelte di voto e delle loro variazioni fra una elezione e l'altra. A causa di tali difficoltà e per ovviare ai problemi specifici di ciascuna delle tecniche di analisi, nel nostro studio sulla mobilità elettorale 1983-87 abbiamo fatto riferimento a risultati di ricerche realizzate con diversi metodi: analisi di dati raccolti tramitesurvey,analisi di dati elettorali aggregati a vari livelli, stime dei flussi elettorali in alcune città e stime di flussi a livello nazionale basate sui dati rilevati in un insieme di sezioni-campione. E nostra opinione che sia legittimo e necessario utilizzare nella ricerca i diversi metodi a disposizione, con la consapevolezza dei vantaggi e dei problemi metodologici che ciascuno di essi pone: soltanto l'attenta comparazione dei risultati ottenuti da diverse fonti può convalidare o, nel caso, porre seri interrogativi sulle ipotesi sostantive via via formulate. In questa sede il nostro interesse è rivolto ai risultati ottenuti con le diverse metodologie, più che alla discussione delle metodologie stesse, per la quale rimandiamo ad altre sedi.
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