Thèses sur le sujet « Relazioni educative »

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MORANTE, GIACOMINA. « La malattia grave e le relazioni intrafamiliari : Riflessioni pedagogiche e strategie di intervento ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1332.

Texte intégral
Résumé :
Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare la presenza di bisogni specifici nelle famiglie quando c’è una persona che si ammala di cancro. Un altro obiettivo è quello di valutare la ricaduta educativa dell’offerta di ospitalità dell’Associazione CasAmica. Il primo e il secondo capitolo sono dedicati ai temi della salute e della malattia, e dell’impatto della malattia grave sulle relazioni familiari. Nel terzo capitolo vengono delineate le caratteristiche del contesto in cui la ricerca è stata svolta (CasAmica) insieme alle finalità e ai valori che lo animano. Il quarto capitolo è dedicato all’analisi delle interviste fatte a 35 persone, familiari di persone malate ospiti di CasAmica. L’utilizzo di un’intervista narrativa ha reso più semplice, agli intervistati, la narrazione della propria esperienza e dei vissuti emotivi. Dall’analisi emerge che in questa situazione critica sono sentiti molto forti e urgenti il bisogno di affetto e sostegno, di confronto e condivisone, di casa, familiarità e ritorno alla normalità, ma anche il bisogno di ricevere un aiuto materiale ed economico. CasAmica, propone valori di autenticità e solidarietà, e si prende cura del malato e della sua famiglia, garantendo quel tessuto vitale, di dono, amore, gratuità, reciprocità e condivisione che caratterizza i legami familiari: gli ospiti vivono positivamente il soggiorno a CasAmica potendo stare in un ambiente sereno e familiare e trovando risposta ai loro bisogni.
The aim of the following thesis is to analyze and evaluate the specific needs which a family can have when one of its members has a cancer. Another goal is to consider the educative dimension concerning the services of CasAmica Onlus. The first and the second chapter treat health and illness topics, moreover they explore the impact of a serious illness on the familiar relationships. In the third chapter are described the characteristics of CasAmica, together with its purposes and values. The fourth chapter analyzes 35 interviews which have been addressed to the relatives of sick people hosted in CasAmica Onlus. It has been used a specific type of interview, the narrative interview, in order to facilitate the free expression of each personal and emotional experience. From the interview analysis the following urgent needs came out: the need of fondness and support, of comparison and sharing, of familiarity and daily life; moreover has came out the need of an economic support. Regarding these needs, CasAmica stands out as an Onlus able to offer solidarity values: CasAmica takes care of the sick person and his/her family, assuring all the elements which characterize familiar bonds, such as reciprocity and unselfishness. Therefore, the guests of CasAmica experience a positive stay thanks the familiar context that grants their needs.
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MORANTE, GIACOMINA. « La malattia grave e le relazioni intrafamiliari : Riflessioni pedagogiche e strategie di intervento ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1332.

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Résumé :
Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare la presenza di bisogni specifici nelle famiglie quando c’è una persona che si ammala di cancro. Un altro obiettivo è quello di valutare la ricaduta educativa dell’offerta di ospitalità dell’Associazione CasAmica. Il primo e il secondo capitolo sono dedicati ai temi della salute e della malattia, e dell’impatto della malattia grave sulle relazioni familiari. Nel terzo capitolo vengono delineate le caratteristiche del contesto in cui la ricerca è stata svolta (CasAmica) insieme alle finalità e ai valori che lo animano. Il quarto capitolo è dedicato all’analisi delle interviste fatte a 35 persone, familiari di persone malate ospiti di CasAmica. L’utilizzo di un’intervista narrativa ha reso più semplice, agli intervistati, la narrazione della propria esperienza e dei vissuti emotivi. Dall’analisi emerge che in questa situazione critica sono sentiti molto forti e urgenti il bisogno di affetto e sostegno, di confronto e condivisone, di casa, familiarità e ritorno alla normalità, ma anche il bisogno di ricevere un aiuto materiale ed economico. CasAmica, propone valori di autenticità e solidarietà, e si prende cura del malato e della sua famiglia, garantendo quel tessuto vitale, di dono, amore, gratuità, reciprocità e condivisione che caratterizza i legami familiari: gli ospiti vivono positivamente il soggiorno a CasAmica potendo stare in un ambiente sereno e familiare e trovando risposta ai loro bisogni.
The aim of the following thesis is to analyze and evaluate the specific needs which a family can have when one of its members has a cancer. Another goal is to consider the educative dimension concerning the services of CasAmica Onlus. The first and the second chapter treat health and illness topics, moreover they explore the impact of a serious illness on the familiar relationships. In the third chapter are described the characteristics of CasAmica, together with its purposes and values. The fourth chapter analyzes 35 interviews which have been addressed to the relatives of sick people hosted in CasAmica Onlus. It has been used a specific type of interview, the narrative interview, in order to facilitate the free expression of each personal and emotional experience. From the interview analysis the following urgent needs came out: the need of fondness and support, of comparison and sharing, of familiarity and daily life; moreover has came out the need of an economic support. Regarding these needs, CasAmica stands out as an Onlus able to offer solidarity values: CasAmica takes care of the sick person and his/her family, assuring all the elements which characterize familiar bonds, such as reciprocity and unselfishness. Therefore, the guests of CasAmica experience a positive stay thanks the familiar context that grants their needs.
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3

Costantini, Alessandro <1972&gt. « La relazione educativa e la frontalità negli studi pedagogici di Romano Guardini. Un confronto tra modelli educativi ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4810.

Texte intégral
Résumé :
Questo lavoro di ricerca si propone di delineare la figura e l’opera di Romano Guardini teologo e pedagogista italo-tedesco, sottolineandone il ruolo e l’influenza in riferimento al tema della didattica. Punto di partenza è l’analisi del suo tormentato percorso di studi, fatto di peregrinazioni in diverse università e facoltà, sino alla crisi chiarificatrice che lo condusse alla vocazione sacerdotale. È infatti proprio grazie alle significative esperienze di studio, che egli ha maturato le profonde riflessioni che diventeranno poi la base per l’elaborazione di una proposta didattica. Nella lunga vicinanza al movimento cattolico giovanile egli approfondì l’analisi della Persona, lo studio dell’uomo e delle età della vita. Da queste basi si passa poi ad analizzare il concetto-paradigma della Frontalità: è la strada maestra per un nuovo metodo didattico, un modello di formazione arricchito dalla teoria dell’opposizione polare, alla luce della guardiniana visione cattolica del mondo; la frontalità è un terreno di crescita che conduce ad una concezione dell’insegnamento fondata su di uno scambio paritetico tra docente e discente, uno scambio in cui la libertà sottende all’apprendimento, ma anche all’insegnamento stesso. In questa sede quindi, non si intende trattare il concetto di frontalità come puro confronto, etimologicamente inteso; la frontalità è una relazione intesa come prossimità ma, al tempo stesso, come possibilità di crescita nell’incontro autentico con l’altro. Chi scrive è convinto che sia questo il senso dell’azione pedagogica per Romano Guardini: incontrare l’altro nella sua autentica totalità e, nella reciprocità dell’incontro, offrire allo stesso il proprio sé-soggetto, innescando così il cambiamento che, in questa dimensione, rappresenta dunque uno scambio. Educare significa anche guidare e valorizzare senza deformare o indottrinare; si tratta di un sostegno, di una guida, e mai di una forzatura. Dunque frontalità significa, ancora, piena reciprocità, nel rispetto di quell’autonomia e di quella soggettività legittima che caratterizzano ogni essere umano, il quale, anche nella relazione educativa, mantiene viva la propria unicità, sviluppando così quelle attitudini che gli sono proprie. Il percorso di questa ricerca ha condotto all’analisi della situazione novecentesca in ambito didattico, con i suoi protagonisti, sfociando necessariamente in un confronto con tre grandi pensatori contemporanei che si sono misurati sui medesimi temi. Il confronto ha toccato il pensiero di Luigi Stefanini, per il quale l’uomo è misura di tutte le cose, per arrivare infine a Giovanni Gentile, che guida la reazione al positivismo, fino a compiere, seppur condizionata dal fascismo, la prima riforma generale dell’Istruzione attuata in Italia. Nell’ultima parte di questo studio vengono identificati tre diversi modelli educativi, i quali rappresentano, ognuno con angolazioni differenti, l’inizio di una prospettiva che rompe con il passato e costruisce la base di una didattica forte dello studio della persona al centro della società, che investirà tutta la cultura del Novecento. Il terreno fertile della visione cattolica del mondo conduce Romano Guardini alla teorizzazione di una proposta educativa viva e vincente, in cui libertà e pariteticità si trasfondono in un paradigma pedagogico e didattico di grande attualità che promuove e sostiene la formazione in una relazione educativa di libertà.
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4

ZORRILLO, RODRIGUEZ ALIX VIRGINIA. « La relazione educativa, una sinfonia da comporre. L'ascolto e la dimensione sonora nella relazione insegnante-bambino ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/77915.

Texte intégral
Résumé :
Obiettivo della presente ricerca è l’approfondimento delle tematiche dell’ascolto e della relazione insegnante-bambino, argomenti entrambi centrali nella ricerca educativo-sociale contemporanea (Hamre & Pianta, 2001; Harter 1996; Lad, Birch & Buhs, 1999; Pianta et al., 1995; Roeser et al., 2000). In particolare, il lavoro in questione intende focalizzarsi sui meccanismi della relazione che si stabilisce tra le persone che condividono la stessa dimensione sonora, tramite l’osservazione e l’analisi di differenti situazioni di ascolto nel rapporto tra i bambini delle classi terze e i loro insegnanti. Data la difficoltà di reperire studi che si riferiscano ad entrambi gli aspetti in modo correlato, la riflessione teorica di partenza evidenzia il ventaglio di correnti di pensiero e di discipline che, per vie diverse e con approcci separati, si riferiscono alle due tematiche in questione. Si è quindi fatto riferimento, da un lato agli studi in materia di pedagogia dell’infanzia, analizzando gli apporti della psicología dello sviluppo (Piaget, 1970; Bruner, 1991; Vigotsky, 1954) e della teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969; Ainsworth, 1985; Cassidy, 1994; Mantovani & Bove, 2000), dall’altro alla cornice epistemologica degli studi di Robert Pianta e ai supporti concettuali e metodologici forniti dalla pedagogia musicale e dalla teoria della formatività di Pareyson. In sostanza, quindi, la cornice epistemologica del presente lavoro intreccia un continuo dialogo fra diversi approcci, mediando l’incontro tra arte e scienza, musica e pedagogia, aisthesis e paideia. Nella progettazione del lavoro empirico si è partiti dall’ipotesi che la presa di coscienza, sviluppata a seguito di un’occasione di ascolto, possa stimolare un’estetica del sentire. Si è dunque testato un dispositivo sonoro-musicale al fine di verificarne l’idoneità a stimolare relazioni positive all’interno della classe scolastica. Molti lavori individuano le problematiche nel rapporto con gli allievi come una delle più importanti fonti di stress psicologico dell’insegnante (Kyriacou & Sutcliffe, 1978; Makihen & Kinnunen, 1986; Parkay, Greenwood, Olenjik & Proller, 1988; Turk, Meeks & Turk, 1982). D’altra parte, è altresì noto che gli studenti che hanno sperimentato un miglior rapporto con il loro insegnante e i loro compagni sono in grado di sviluppare un percorso più positivo sia in campo sociale che in quello scolastico (Ryan, Stiller & Lynch, 1994; Silver, Measelle, Essex & Armstrong, 2005; Wentzel, 1998; Pianta et al., 1995). Appare dunque evidente la rilevanza di strumenti capaci di migliorare le relazioni interne alla classe. Nonostante il rinato interesse scientifico riguardo al tema della relazione, l’aspetto specifico di cui si occupa questa ricerca, cioè, la funzione dell’ascolto e del fenomeno sonoro all’interno dell’ambiente classe e la sua influenza sull’interazioni tra le persone, rimane un argomento ancora poco indagato. L’analisi dei risultati della ricerca conferma l’efficacia del dispositivo predisposto e del training formativo a due fasi: sensibilizzazione sonoro-musicale verso gli insegnanti e condivisione dell’esperienza estetica sperimentata da questi ultimi con il gruppo classe. In particolare il dispositivo si é dimostrato efficace nel migliorare le capacità di l’ascolto, nell’orientare l’interesse dell’adulto verso la dimensione estetica come risorsa in classe ed in particolare nella sensibilizzazione verso la relazione insegnante-bambino.
The goal of this work is to explore the topics of listening and teacher-child relationship, both central topics in contemporary social-educational research. (Hamre & Pianta, 2001; Harter 1996; Lad, Birch & Buhs, 1999; Pianta et al., 1995; Roeser et al., 2000). In particular, it focuses on the mechanisms of the relationship established between people who share the same sound dimension, by observation and analysis of different listening situations in the relationship between the children of the third classes and their teachers . Given the difficulty of finding studies referring to both aspects as correlated, the opening theoretical survey highlights the range of currents of thought and disciplines which, by different routes and separate approaches, refer to the two issues. Thence, it has been referred, on the one hand to the studies on early learning, analyzing the contributions of developmental psychology (Piaget, 1970; Bruner, 1991; Vigotsky, 1954) and attachment theory (Bowlby, 1969; Ainsworth, 1985; Cassidy, 1994; Mantovani & Bove, 2000), and, on the other hand, to the epistemological framework of the studies of Roberto Pianta and the conceptual and methodological support provided by music pedagogy and Pareyson’s theory of formativity. Accordingly, then, the epistemological framework of this work weaves a continuous dialogue between different approaches, mediating the encounter between art and science, music and pedagogy, aisthesis and paideia. In the preparation of the empirical work I started from the hypothesis that awareness, as stimulated by a listening opportunity, can stimulate an aesthetics of feeling. Therefore I tested a sound-musical device in order to verify its suitability to foster positive relationships within the classroom. Many studies identify the relationship problems with the students as one of the main causes of psychological stress for the teachers (Kyriacou & Sutcliffe, 1978; Makihen & Kinnunen, 1986; Parkay, Greenwood, Olenjik & Pröller, 1988; Turk, Turk & Meeks , 1982). Likewise, it is also widely known that students who have experienced a better relationship with their teachers and their classmates are able to develop a more positive path both in the social and scholastic field (Ryan, Stiller & Lynch, 1994; Silver, Measelle, Essex & Armstrong, 2005; Wentzel, 1998; Pianta et al., 1995). It is evident, then, the necessity of tools able to improve internal relations within the class. Despite the renewed scientific interest on the theme of relationship, the specific question addressed by this research – the function of listening and sound phenomenon within the class-environment and its influence on the interactions between people – still remains a scarcely studied topic. The analysis of the outcomes of the research confirms the effectiveness of the utilized device and of the two-phased educational training: sound-musical awareness of the teachers and sharing of the experienced aesthetic by them with the class-group. In particular, the device has proven effective in improving the capacity of listening, in orienting the interest of the adult to the aesthetic dimension as a resource in the classroom, and more particularly, in raising the awareness about the teacher-child relationship.
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5

Zambianchi, Elena <1962&gt. « La trama enattiva della relazione educativa : formatività e genitorialità ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4612.

Texte intégral
Résumé :
Il lavoro si connota come ricerca qualitativo-empirica per un’analisi concettuale di carattere generale. La finalità è stata quella di poter riattribuire alla relazione educativa – in particolare quella genitoriale – l’originaria capacità di elevarsi a funzione enattiva (Varela, Thompson, Rosch,1992) dei processi formativi per l’estrinsecazione del Sé (Margiotta, 2011a). Sono stati richiamati i principali concetti esplicativi l’oggetto di studio, problematizzando il tema della relazione educativa in quanto propulsore dei processi formativi sottesi ai percorsi di crescita e di maturazione dell’uomo, indicando nella riflessività il dispositivo principe capace di produrre enazione. In parallelo, sulla base dei più significativi riscontri dell’analisi teorica, è stato sperimentato un percorso formativo a supporto della prima genitorialità, inserito nell’ambito del progetto europeo ALICE, che ha previsto l’adozione di un approccio riflessivo basato sull’uso di linguaggi creativi e informali. Scopo generale della sperimentazione è stato quello di stimolare nei giovani genitori una pratica riflessiva attraverso l'esplorazione critica delle esperienze e dei vissuti in quanto figli e in quanto genitori, contribuendo alla esplicitazione – e qualche volta alla trasformazione – delle personali conoscenze, al fine di aiutarli a riconoscere, rafforzare e valorizzare risorse già presenti e sviluppare nuove strategie educative nel rapporto coi figli. Gli esiti della sperimentazione sono stati assai incoraggianti rispetto alla percezione di cambiamento per alcuni indicatori relativi sia al ruolo che alla funzione genitoriale, oltre che per alcune implicazioni personali. I risultati ottenuti inducono a ritenere tipologie di supporto alla genitorialità basate su un approccio riflessivo ma nel contempo informale e creativo possono contribuire a rendere i genitori più consapevoli della “trama enattiva” della loro capacità relazionale e a rafforzarne il ruolo in quanto educatori.
The work is a qualitative-empirical research for a conceptual analysis of a general kind, with the aim to reassign to the educative relationship - especially the parenting one - the ability to raise to its original enactive function (Varela, Thompson, Rosch, 1992) of formative processes for the externalization of the Self (Margiotta, 2011a). The main explanatory concepts on matter of interest have been recalled and it has been emphasize the question about the educational relationship as engine of educational processes underlying paths of growth and maturation of the person. The reflexivity has been identified as the main device capable of producing enaction. In parallel, on the basis of the most significant results of theoretical analysis, has been tested a training program in support to parenting in the European ALICE Project, which included the adoption of a reflective approach based on the use of creative and informal languages. The general goal of this experimentation has been the one to stimulate in young parents a reflective practice in a intergenerational view, through the critic exploration of their experiences and their life moments as son and as parents, by contributing to the explicitation – and sometimes also to the transformation – of their knowledge in order to help them to recognize, reinforce and enhance the parenting resources already present in them and to develop new educational strategies in the relationship with children. The results were quite encouraging respect to the perception of change for some indicators related to the role and parental function and for some personal implications. The results of the experimentation lead us to think that typologies of support to the parenting based on a approach both reflexive and creative could contribute to make the parents conscious of the “enactive weft” of their relational capabilities and to reinforce their role as educators.
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6

Ferro, Lisa <1980&gt. « Una rete di tutela. Servizi sociali ed educativi una relazione possibile ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6950.

Texte intégral
Résumé :
Possono esserci dei conflitti tra il diritto dell’adulto e quello del minore e lo stato ha il dovere di intervenire per tutelare la parte debole. I servizi sociali dell’area infanzia e adolescenza devono intessere una rete relazionale con i servizi che sul territorio si occupano di minori. Nel Comune di Venezia i servizi si stanno interrogando su come collaborare con le scuole. Gli insegnanti non vedono negli operatori un possibile interlocutore a cui chiedere un consiglio. Le cause sono varie, attraverso una ricerca azione mi sono posta l’obiettivo di iniziare un percorso di co-costruzione, ho portato avanti una ricerca con delle interviste somministrate alle educatrici del Comune, alle psicopedagogiste e alle assistenti sociali. I dati della ricerca hanno restituito un’immagine di maestre attente al benessere dei bambini, pronte a collaborare con i servizi , ma che si sentono prive sia dell’autorità che della competenza di interpellare direttamente i servizi. Vi è anche una scarsa conoscenza del ruolo delle assistenti sociali. La seconda parte del progetto mira a creare delle buone prassi nelle relazioni tra i due servizi.
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7

Simoni, Lisa <1998&gt. « La relazione d’aiuto come relianza. Servizi sociali e istituzioni educative a supporto della persona ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21960.

Texte intégral
Résumé :
L’obiettivo dell’elaborato è indagare se e in che modo la relazione posta in essere tra il servizio sociale, l’istituzione scolastica e il beneficiario dell’aiuto è tale da poter essere considerata relianza. Verrà prima effettuata una rassegna teorica tra i diversi temi affrontati: la relazione sociale e familiare, e la relazione educativa sia come legami forti e costruttivi che come legami deboli e disfunzionali. Successivamente verranno analizzate le relazioni che si sviluppano sotto diverse forme all’interno del campo del servizio sociale, tra diversi servizi e tra il servizio sociale e l’istituzione scolastica. Attraverso il metodo dello studio di caso verrà analizzata una situazione di presa in carico e di relazione tra assistente sociale ed equipe del servizio sociale di riferimento, insegnante e istituzione scolastica, e studente con la sua famiglia. Ciò che ci si aspetta è di esplorare il tema della relianza in un caso pratico, e valutare se la relazione che si instaura va oltre i compiti istituzionali ed operativi, acquisendo valore.
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8

Da, Rin Zanco Anna <1993&gt. « Student Engagement in Entrepreneurship Education Programs : a Comparison between the Ca' Foscari Contamination Lab and the Australian eChallenge ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13812.

Texte intégral
Résumé :
The purpose of this thesis is to understand the insights of student engagement in entrepreneurship education projects and introduce a comparative perspective to improve the Ca’ Foscari experience. The case of the Ca’ Foscari Contamination Lab will be considered and it will be compared to a similar experience in Adelaide, the Australian eChallenge. The first part provides an overview of the literature on student engagement. The main purpose of engagement is the improvement of students’ learning. A growing body of literature has identified several correlations between engagement and specific outcomes, such as critical thinking, practical competence and skills transferability, cognitive development, student satisfaction, and improved grades. After a general part on student engagement, the thesis narrows its focus to a more specific topic, namely entrepreneurship education, which includes a set of projects aimed at developing the entrepreneurial mindset of students through engaging methods. A ‘sense of initiative and entrepreneurship’ is one of the key competences recognized by the European Union as the tool to transform opportunities and ideas into value for others. The objectives of entrepreneurship education are to develop the entrepreneurial skills, to encourage the creation of small businesses and to improve young people’s enterprising role in the society and the economy. The Ca’ Foscari Contamination Lab is examined as an example of entrepreneurship education program that utilizes engaging methods to deliver its content and activities. Finally, a comparative perspective is introduced to compare the Contamination Lab with the Australian eChallenge and identify possibilities for the improvement of the Venetian workshop.
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9

Quatrano, Fabiana. « L'aggressività interpersonale : dalla ricerca alla progettualità educativa ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/1331.

Texte intégral
Résumé :
2011 - 2012
Il mio lavoro di ricerca si presenta come luogo di riflessione su di un aspetto sociale, così diffuso, qual è l’aggressività interpersonale. Rispetto a tale problematica, ho cercato, partendo da un’ analisi teorica, di privilegiare l’aspetto di una progettualità educativa, elaborando possibili azioni e atteggiamenti, tesi a ridurre le espressioni dirette o indirette dell’aggressività. In una società che presenta un contesto etico valoriale poco forte e che diventa giorno dopo giorno sempre più multietnica e multiculturale, sorgono facilmente incomprensioni, pregiudizi e intolleranze. Le diversità socio-culturali sfociano, sempre più spesso, in manifestazioni di aggressività, anche in persone che, a prima vista, possono apparire pacifiche e ben educate. Diventiamo sempre più intolleranti, cioè incapaci individualmente e collettivamente, a vivere pacificamente con coloro che credono ed agiscono in maniera diversa dalla nostra. Per far fronte a questo preoccupante fenomeno, che investe ogni categoria sociale, sono necessari diversi ed articolati interventi socio-culturali per educare alla tolleranza, alla pace , alla socialità, alla legalità: valori strettamente collegati e non dissociabili l’uno dall’altro. Proprio per questo, negli ultimi anni si pone particolare attenzione a ciò che viene definito educazione, soffermandoci in modo particolare sul concetto di «emergenza educativa» che viene posto al centro del dibattito pedagogico contemporaneo e di come l'educazione delle giovani generazioni sia diventato un problema sempre più delicato e difficile da affrontare. Quello che stiamo vivendo è un momento particolare della storia e, come in ogni periodo di transizione, l'uomo si trova di fronte a situazioni e problemi che non è in grado di gestire completamente; i cambiamenti non solo sono tanti e di ampio rilievo, ma si susseguono anche a un ritmo frenetico, accavallandosi spesso gli uni agli altri. Bisogna soprattutto educare a vivere nel cambiamento: i vorticosi cambiamenti interpellano, provocano, sfidano la nostra capacità di sapere, di fare, di essere, di saper vivere insieme con gli altri. In queste situazioni, la vita è un processo costante per acquisire il necessario per il proprio sviluppo globale, un viaggio di continua scoperta di senso e di valori, un'esperienza della diversità e della capacità di armonizzazione, consapevoli della propria identità e pronti a scoprire e a vivere nuovi percorsi di identificazione. La sfida più difficile oggi è riuscire ad attivare e realizzare l’educazione nella complessità e alla complessità, che non si riduca a un adattamento, ma che sia capace di interiorizzare la varietà, e diventi capace di confrontarsi con il cambiamento in modo critico e creativo. Occorre riportare l'educazione al centro della riflessione e dell'agire quotidiano nella convinzione che proprio nell'educazione si trova la chiave capace di ridefinire in positivo il futuro della nostra società. L’educazione come evento passa sempre attraverso relazioni La relazione si pone come luogo di cura e “aver cura della relazione, educare ad averne cura può porsi come compito progettuale della pedagogia. Il termine relazione è quello che meglio esprime quelle condizioni necessarie perché un rapporto tra due persone sia definito educativo Relazione è, quindi, un termine che ha conosciuto, conosce e conoscerà sempre una legittimazione più che giustificata, infatti è difficile concepire un pensare, un fare, un dire, un insegnare, un educare o un curare prescindendo dalla categoria di relazione. La relazione non è solo un fatto cognitivo, intellettualistico, ma è sempre anche un fatto emozionale: la capacità di pensare dipende dal sentire e dal capire quello che ci accade dentro: noi possiamo pensare solo se siamo in contatto con le nostre emozioni ed è solo lo sviluppo dell’affettività e dell’emotività, la capacità di contenerle ed elaborarle che ci permette di pensare e di apprendere Le emozioni , grazie all’apporto di numerosi studi e ricerche, sono state riconosciute come la trama fondativa e unitaria del sé sulla quale si costruisce l’identità della persona, determinando le scelte e il pensiero ed influendo sull’apprendimento. Tra i processi emotivi e l’apprendimento esiste una profonda connessione, poiché esso si sviluppa sempre all’interno di una relazione affettiva. Il fattore emozione costituisce, pertanto, l’elemento centrale intorno al quale è possibile organizzare e sviluppare una tipologia di competenze educative comprendenti la conoscenza di sé, la comunicazione e l’ascolto, le capacità relazionali e le abilità di aiuto, le strategie di gestione del disagio e delle conflittualità che si verificano in ogni ambito sociale. I numerosi progetti di alfabetizzazione emozionale che da alcuni anni si stanno realizzando nelle scuole con l’intento di coltivare l’equilibrio emotivo e di costituire una vaccinazione psicologica contro il disagio, trovano riscontro nelle concezioni di Daniel Goleman che ha formulato una nuova teoria della mente emozionale, definendo come il repertorio comportamentale dell'uomo sia in buona parte determinato dalle emozioni. L'emozione, dunque, non è soltanto valutazione e adattamento ad una situazione o a un contesto, non è più una semplice reazione all'avvenimento, o tendenza all'azione, è anche e soprattutto un processo relazionale che consente ai protagonisti di trasferire, di rimettersi in questione, offrendo loro la possibilità di ri-negoziare un nuovo rapporto con l'altro, con il mondo e con sé stesso. Il tema dell’aggressività e del comportamento aggressivo è stato analizzato prendendo in considerazione gli studi più significativi a vari livelli: neurofisiologico, etologico, psicologicosperimentale, psicoanalitico. Nella società odierna, qual è quella del terzo millennio, si assiste ad una recrudescenza della violenza gratuita, dove per un nonnulla scatta l'aggressività. Attribuire un preciso significato alla parola aggressività risulta molto complesso. Molti Autori sulla base delle ipotesi e delle ricerche fino ad ora formulate, nel definire il concetto di aggressività, hanno cercato di cogliere le diverse facce che questo fenomeno può assumere nella persona umana. L’aspetto più vivo e stimolante del loro modello interpretativo, come si evince dall'analisi condotta, è nella concezione bipolare dell’aggressività, che vede in essa manifestazioni sia di tipo espansivo, sia di tipo difensivo, considerate come momenti fondamentali del processo di adattamento dell’individuo. Agganciandoci alle più recenti ricerche etologiche, molti autori mettono in luce la funzione dei legami associativi nella canalizzazione e nell’inibizione dell’aggressività e l’importanza dell’identificazione con l’altro, della partecipazione e della condivisione di un sistema di valori. Numerose sono le teorie elaborate sull’aggressività, teorie che si riflettono a livello educativo nell’elaborazione di possibili percorsi educativi tesi a gestire i comportamenti aggressivi. Ogni percorso educativo di tale genere deve tendere ad educare al rispetto della persona umana ed al senso di responsabilità. Tra gli interventi educativi possibili per far fronte soprattutto all’aggressività infantile vengono proposti l’utilizzo della fiaba e del gioco simbolico. Le fiabe parlano ai bambini in un linguaggio simbolico, è per questo che riescono ad attrarne l’attenzione e a favorire l’immedesimazione, riducendo i conflitti interiori del bambino, placando l’angoscia e offrendo soluzioni. Nelle fiabe non è importante tanto il contenuto manifesto, esplicito, quanto il significato simbolico comune in qualsiasi società ed epoca. Queste storie si occupano di problemi umani universali, soprattutto di quelli che preoccupano la mente del bambino, e quindi parlano al suo Io e ne incoraggiano lo sviluppo, calmando nel frattempo pressioni preconsce e inconsce. Sono uno strumento educativo prezioso, rappresentano un punto di riferimento per la vita interiore del bambino e la vita relazionale dello stesso con l’adulto. Il bambino ha bisogno di un’educazione morale che velatamente, e soltanto per induzione, gli indichi i vantaggi del comportamento morale, non mediante concetti etici astratti, ma tramite quanto gli appare tangibilmente giusto e quindi di significato riconoscibile. Per quanto concerne il gioco simbolico e la sua funzione nel controllare l’aggressività va sottolineato come esso occupi un ruolo particolare, perché costituisce la modalità espressiva più libera di cui il bambino dispone. Il gioco simbolico consente al bambino di realizzare la propria soggettività e di svolgere quella funzione che nell’adulto è svolta dal linguaggio interiore e dalla riflessione sugli eventi; aiuta a trasformare una parte dell’impulso distruttivo in energia positiva e a realizzare così le proprie potenzialità creative innate e le caratteristiche individuali di ciascuno. Vengono, infine, presentate alcune strategie didattiche per gestire positivamente le emozioni. I programmi di alfabetizzazione emozionale, o di efficacia nelle relazioni interpersonali, hanno un obiettivo principale quello di consentire un'adeguata gestione dei sentimenti e lo sviluppo di specifiche capacità, in modo tale che i processi cognitivi e di apprendimento, sia individuali che di gruppo, si realizzino naturalmente e senza interferenze con maggiore successo. Per costruire uno stato di salute emotiva e di benessere, i programmi devono presentare alcune caratteristiche essenziali: aiutare i bambini a calmarsi quando provano rabbia, gelosia o eccitazione; aumentare la consapevolezza degli stati emotivi degli altri; risolvere le difficoltà interpersonali discutendo delle proprie sensazioni; consentire di pianificare e prevedere al fine di evitare situazioni difficili; considerare quali conseguenze produce il proprio comportamento sugli altri. Insegnare l'alfabeto delle emozioni è un processo simile a quello in cui si impara a leggere, poiché comporta la promozione delle capacità di leggere e comprendere le proprie ed altrui emozioni e l'utilizzo di tali abilità per comprendere meglio se stessi e egli altri. Nelle ricerche finora svolte, i bambini allenati emotivamente mostrano maggiori capacità di saper controllare e regolare il proprio stato emozionale, riescono meglio a calmarsi quando sono agitati, a rallentare i battiti del cuore più in fretta rendendosi meno esposti alle malattie infettive; si concentrano maggiormente e sono più attenti; si relazionano meglio con gli altri anche nelle situazioni socialmente difficili, tipiche dell’infanzia; riescono a comprendere di più le altre persone e stabiliscono rapporti di amicizia più solidi con i coetanei; presentano un buon rendimento scolastico e sviluppano un’intelligenza emotiva. Se cercheremo di aumentare l'autoconsapevolezza, di controllare più efficacemente i nostri sentimenti negativi, di conservare il nostro ottimismo, di essere perseveranti nonostante le frustrazioni, di aumentare la nostra capacità di essere empatici e di curarci degli altri, di cooperare e di stabilire legami sociali - in altre parole, se presteremo attenzione in modo più sistematico all'intelligenza emotiva -potremo sperare in un futuro più sereno. [a cura dell'autore]
XI n.s.
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Imbimbo, Margherita. « La domanda educativa in Luigi Giussani ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2011. http://hdl.handle.net/10556/672.

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Résumé :
2009 - 2010
La questione educativa rappresenta la cifra riassuntiva della personalità e del pensiero di don Luigi Giussani: se è vero che fu illuminato pensatore e acuto studioso di questioni filosofiche e teologiche, il nodo focale del suo impegno ruotò intorno all’educazione, che egli concepì come percorso “sapienziale”1, atto a realizzare pienamente la sostanza della persona umana, ad aprirla alla libertà, alla responsabilità, alla comprensione integrale, perché integralmente sperimentata, dell’essere e del mondo, come “comunicazione di sé e del proprio modo di rapportarsi con il reale”2. Riprendendo e sviluppando originalmente la prospettiva del teologo austriaco Jungmann3, il sacerdote di Desio affrontò il problema dell’educazione nei termini di una “ introduzione alla realtà totale”4, ove la realtà è concepita come avvenimento che pro-voca, nel senso etimologico del termine, chiama, invita ad una ricerca inesausta del significato, sollecita all’interpretazione del “tutto in cui siamo immersi e che l’uomo è chiamato a identificare”5. Nel suo approccio, la necessità di recuperare le ragioni ed il fondamento dell’educazione affonda in una lucida ed ancora attualissima analisi della temperie socio-culturale dell’età moderna, che gli appare caratterizzata da una “antropologia della dissoluzione”: in altri termini, la riduzione e la mortificazione – compiute in nome di un’idea dell’uomo come “padrone del proprio destino” – delle categorie di ragione, libertà, coscienza, cultura, che sono state progressivamente svuotate del loro senso profondo. Indubbiamente, Giussani esprime compiutamente, in modo sistematico ed argomentato, la sua concezione dell’educazione nella sua opera forse più conosciuta, Il rischio educativo; tuttavia, per comprendere appieno la prospettiva delineata nel volume, è necessario da un lato collocarla all’interno delle coordinate fondamentali del suo pensiero, caratterizzato da un originale personalismo, dall’altro rintracciare le riflessioni sulla dinamica educativa che compaiono praticamente in tutta la sua produzione saggistica, oltre che nelle conversazioni con studenti raccolte in vari volumi e in testi di interviste comparsi su riviste e quotidiani. In primo luogo, ci è sembrato fondamentale chiarire gli aspetti portanti della riflessione di don Giussani sull’esperienza cristiana come avvenimento che illumina ogni spazio della vita individuale, 1 G. Chiosso, I significati dell’educazione. Teorie pedagogiche e della formazione contemporanee, Mondadori Università, Milano 2009, p. 126. 2 L. Giussani, Il rischio educativo. Come creazione di personalità e di storia, SEI, Torino 1995, p. 84. 3 Cfr. J.A. Jungmann, Christus als Mittelpunkt religiöser Erziehung, Freiburg i.B. 1939, p. 20. 4 L. Giussani, Introduzione alla realtà totale, Atti della Conferenza del 20 giugno 1985 a Milano, in “Quaderni di Tracce”, n. 2, febbraio 2006, p. 4. 5 G. Chiosso, I significati dell’educazione, cit., p. 126. 3 ed esplorare le coordinate della sua antropologia, che mette al centro la persona umana come realtà sostanziale, caratterizzata dalle dimensioni della temporalità, della comunione e dell’incontro, della trascendentalità. Come si accennava più sopra, quello giussaniano è un personalismo che ha una sua cifra di originalità, giacché fonda la struttura antropologica della persona su quella che egli definisce l’esperienza elementare6: un’esperienza sorgiva, il cui nucleo è costituito da “un complesso di esigenze e di evidenze con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste”7 e che lo sostengono nella comprensione della realtà nella sua interezza, in primo luogo l’esigenza di giustizia, di verità, di bellezza, di amore. Se si connette tale concezione antropologica con la declinazione giussaniana dei concetti di ragione (che supera la concezione illuministica di verificabilità, misurabilità, controllabilità per configurarsi come “uno sguardo aperto, una finestra spalancata su una realtà nella quale esso non ha mai finito di entrare”8) e ragionevolezza, che delineano nella loro interrelazione una singolare prospettiva gnoseologica, risulta agevole comprendere la peculiare concezione dell’io “in azione”: la persona si forma come tale nell’impatto con la realtà, da cui si sprigiona un invito alla ricerca, una tensione all’interrogazione e alla decifrazione del senso nei segni del mondo e dell’esistenza. Di qui la particolare rivisitazione, nel pensiero di Giussani, del concetto di analogia, sul quale ha attirato l’attenzione soprattutto Angelo Scola, rintracciandone le ascendenze teoriche nella prospettiva di von Balthasar9. Di qui, soprattutto, l’idea, ricca di suggestioni, di mendicanza: il porsi del soggetto nei termini di autocoscienza sistematica e critica del reale, attraverso un impegno infaticabile di domanda, di ricerca, di curiosità, nel confronto continuo con le esigenze originarie, caratterizza l’uomo come mendicante, l’uomo cioè che chiede supplichevolmente la verità. Costitutivamente incompiuto e caratterizzato dalla mendicanza, l’uomo è però, nella sua sostanza di persona, libero: la libertà, nella interpretazione giussaniana, va intesa non come assenza di legami e quindi dominio dell’istinto ed autoaffermazione incondizionata, espressione di un atteggiamento relativista, ma come “energia di adesione al reale, all’essere, adesione ad altro da sé, che compie, fa crescere, costruisce e realizza la nostra persona”10. Lo sviluppo della persona è dunque, in sé, percorso di educazione e di auto-realizzazione: ed è alla luce delle categorie teoriche di riferimento identificate che è possibile approfondire la prospettiva pedagogica dell’Autore. 6 Cfr., L. Giussani, Il senso religioso. Vol. I del PerCorso, Rizzoli, Milano 1997, p. 8. 7 L. Giussani, Il senso religioso, cit., p. 8. 8 Ibidem. 9 Cfr. A. Scola, Un pensiero sorgivo, Marietti, Genova-Milano 2004, pp. 40 sgg. 10 L. Giussani, La coscienza religiosa dell’uomo moderno, Jaca Book, Milano 1985, p. 31. 4 Giussani identifica nel legame con la tradizione uno dei fattori originali delle dinamiche dell’evento educativo. Essa costituisce il punto di partenza per promuovere una potenzialità di giudizio e quindi di critica, per introdurre il giovane alla scoperta della realtà e al suo significato; si configura come “ipotesi esplicativa della realtà”11, vissuta in primis dall’educatore, che è chiamato incessantemente a renderne ragione, e poi offerta alla libertà dell’educando, che, nel paragone con il proprio cuore, verifica la corrispondenza e la ragionevolezza della proposta ricevuta. Il secondo fattore del processo educativo si identifica nell’autorità, che rappresenta il luogo e la condizione dello svolgersi della relazione educativa e dell’ipotesi offerta all’educando, giacché costituisce il “criterio di sperimentazione dei valori che la tradizione mi dà”12. Per Giussani il motore dell’educazione è il “maestro”, che attraverso la sua testimonianza, connotata dalla coerenza, dalla lealtà e dall’impegno, accompagna il giovane nel suo percorso esperienziale, offrendogli elementi per comprendere e giudicare la realtà. Condizione inevitabile di un’autentica educazione è la verifica personale dell’ipotesi esplicativa della realtà13: occorre sollecitare il giovane a paragonare personalmente la proposta ricevuta con la propria esperienza elementare, ovvero con il bisogno di significato, di bellezza, di verità, di giustizia, di felicità che abita il cuore di ciascuno; occorre introdurlo alla comprensione della realtà suscitando il lui il desiderio di indagarne il senso ed il valore in un percorso di avventura e di scoperta che lo vedono attivamente impegnato. Il giovane, dunque, ha la responsabilità di verificare personalmente la proposta ricevuta dal maestro “nell’impegno esistenziale come condizione per una genuina esperienza di verità, e quindi per una convinzione”14. Al centro dell’esperienza educativa si collocano due persone, quella dell’educatore, come testimone di una cultura comunicata, e quella dell’educando come presenza che si impone nella sua unicità, nella sua singolarità e nella sua ricchezza, che vive la passione della ricerca della verità e, quindi, della libertà. Entrambi sono coinvolti in un rapporto, esito di un incontro fra due libertà che, nell’impegno continuo e incessante con la realtà, si espongono alla prova del rischio. Lo specifico pedagogico del pensiero di Giussani va rinvenuto, allora, in una categoria capace di sintetizzare dialetticamente gli altri fattori dell’avvenimento educativo, cioè la tradizione, l’autorità, la verifica: è ciò che l’Autore definisce rischio educativo, delineando, in questo senso, la posizione rischiosa dell’agire educativo a cui è esposto l’uomo nella sua essenziale libertà. Da un lato l’esperienza del rischio tocca la persona dell’educatore, che è chiamato in prima persona ad esporsi “prendendosi cura” dell’altro, mostrandogli innanzi tutto il proprio modo di 11 L. Giussani, Il rischio educativo, cit., p. 21. 12 Ivi, p. 29. 13 Ivi, p. 31. 14 Ivi, p. 32. 5 vivere il reale, incarnando nella sua persona l’ipotesi di senso offerta alla libertà dell’educando. Dall’altro il giovane, nell’incontro con il maestro, è provocato “all’incontro personale e sempre più autonomo con la realtà che lo circonda […], poiché è proprio dal rischio del confronto che si genera nel giovane una sua personalità nel rapporto con tutte le cose – che la sua libertà cioè ‘diviene’”15. L’originalità del contributo pedagogico offerto dal sacerdote di Desio è da ravvisare indubbiamente nell’aver delineato un metodo, nel senso etimologico del termine, non ridotto a tecnica o precettistica astratta ma per così dire “extrametodico”. Un metodo, egli amava ripetere, non è una tecnica, fatta di passaggi automatici, ma la strada per raggiungere la meta, i passi che bisogna compiere, e come bisogna farli, per arrivare a uno scopo”16. Tale metodo, che, come si è detto, trova nella dinamica autorità/tradizione/libertà il suo asse portante, funge da guida lungo la strada dell’introduzione alla realtà totale. La “totalità” è per così dire la parola-chiave del processo, in quanto ne indica la direzione ed il fine: come spiega don Giussani, totalità “significa lo sviluppo di tutte le strutture di un individuo fino alla loro realizzazione integrale e, nello stesso tempo, l’affermazione di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle strutture con la realtà”17. È chiarissimo che si tratta non di due fenomeni distinti, uno riguardante l’uomo e le sue dimensioni, e l’altro riguardante il suo rapporto con il mondo: è il medesimo fenomeno che investe l’uomo in tutta la sua estensione, che sviluppa la totalità del suo essere nella relazione di scoperta e di esperienza del reale in vista del conseguimento della consapevolezza integrale di sé e del mondo. Educare significa accompagnare all’incontro con la realtà totale, sostenere l’altro nel percorso di costruzione della propria identità e della propria responsabile libertà, guidare nella scoperta dell’interrogazione quale senso dell’esistenza, indicare le tracce che svelano e insieme continuamente alimentano il mistero dell’essere. Ciò comporta per il “maestro” la capacità di mettersi integralmente in gioco nel rapporto con l’altro come relazione incarnata e vivente, nel pro-getto e nel rischio dell’educazione: un progetto ed un rischio per affrontare i quali sono necessarie “scienza”, cioè cultura e rapporto con la tradizione, e “coscienza”, una dimensione etica ed utopica che si sostanzia di gratuità, disponibilità, tensione all’ulteriorità, speranza. “La grande tenacia, o la grandezza d’animo, dell’educatore è questa indefatigabile, continua riproposta, ‘in spem contra spem’, sperando contro ogni evidenza”18. [a cura dell'autore]
IX n.s.
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Battistutta, Camilla <1988&gt. « Education and the process of Internationalisation - from a European perspective to the reality of Ca' Foscari University of Venice ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3229.

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Résumé :
Il mio lavoro è incentrato sull'internazionalizzazione del sistema universitario, in particolare l'ultima parte prevede una ricerca sulla situazione e livello di internazionalizzazione dell'Università Ca' Foscari di Venezia. L'idea di condurre delle ricerche su tale argomento mi è stata suggerita dall'esperienza svolta in Inghilterra per il mio stage Erasmus Placement, lavoravo infatti in un ufficio che si occupava della mobilità (a livello privato) di studenti inglesi che intendevano lavorare o studiare all'estero. Nella prima parte del mio lavoro descrivo l'internazionalizzazione in generale, partendo dal significato del termine stesso e procedendo con un excursus storico dei vari passaggi che ne hanno permesso lo sviluppo fino ad oggi. La seconda parte si concentra sulla definizione del concetto di 'Lifelong Learning' e cerca di descrivere quelli che sono i programmi che lo costituiscono (Erasmus, Leonardo, ecc.). La terza parte della mia tesi si concentra sul caso di Ca' Foscari, infatti dopo una descrizione di quali sono state le decisioni dell'università per 'internazionalizzarsi', vi è una piccola ricerca svolta tra alcuni studenti Erasmus del corrente anno accademico che permette di descrivere la situazione anche da un punto di vista 'estraneo'.
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COVINI, Elena. « Gli asini esistono ? : la dimensione clinica della relazione educativa nella formazione dell’insegnante : elementi di una ricerca-intervento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2015. http://hdl.handle.net/10446/32811.

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Parrino, Alessia. « Sono solo animali ? Storia e attualità di una relazione difficile ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424213.

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Résumé :
Working on my graduate thesis I started to study the important link between animal cruelty and interpersonal violence with the real hope to develop in my country, Italy, a new kind of education which will be able to develop in children the awareness of the importance to protect every form of life, both human and non human. Animals as victims are in the same position of women and children because they are in the group called “weak subjects”. Soon I realized that talking about an education approach to teach compassion toward animals in a country as Italy which also today it maintain a rural thought, will be hard. Many clues gave me an intuition: there is a social idea that only women and children can show sensibility toward animals and that the permanence of storical idea of virility in men prevents them to show empathy toward other living creatures. A violent person is violent against every subject weaker than him, because violence is not strenght, violence is an habitus and as habitus we have as educators the resources to change it and to improve the social appeal of some values: protection vs prevarication, care vs damage, real man vs violent man. My research confirmed my intuition about the need of construction of a social shared idea of a real and strong man as a man who is compassionate toward the weaker and who feel the moral imperative to protect the weaker, but also a man who is ready to fight for the good of a weaker life as animal life is. At this point it was useful to study the non violent philosophy and movement so I studied many non-violent authors and I find in their thoughts the idea of non-violence extended also to “non human animals”. From the interviews and bibliografical research I find the need (that society are showing) to built a new model of strong and desiderable person. Perpetrators of violence, in the major number of cases think that they are strong in abusing the weaker.
 We need a new model of human being, and to develop it, we need education of new generation of boys and girls.
To realize this ideal human being it must starting from the childhood to teach respect, compassion and protection toward animals, this is the only way to develop the concept of “respect every kind of lives”. This concept is the base of the building of future peaceful society.
Durante la scrittura della mia tesi di laurea ho iniziato a studiare il legame che intercorre tra la crudeltà verso gli animali e la violenza verso gli umani. La mia ricerca era ed è mossa dalla speranza di sviluppare un nuovo tipo di educazione basato sulla consapevolezza dell'importanza di educare i bambini di oggi a proteggere ogni forma di vita, sia umana che non. Questo contribuirà a farli diventare adulti rispettosi delle diverse forme di vita con le quali condividiamo il Terra. Gli animali infatti sono vittime, e vengono a trovarsi abitualmente nella stessa posizione delle donne e/o dei bambini, in quanto membri a pieno titolo del gruppo che si denomina usualmente "soggetti deboli". Ben presto mi sono resa conto che parlare di formazione indirizzata allo sviluppo della compassione verso gli animali in un paese come l'Italia, che anche ad oggi sembra mantenere un pensiero rurale radicato, sarebbe stato complesso. Nonostante questa intuizione, la conoscenza dell’argomento scaturita da studi pluriennali mi porta oggi a poter evidenziare che chi è violento verso un soggetto più debole di lui non esprime forza, e se continua a suscitare questo immaginario collettivo allora è arrivato il momento di iniziare a lavorare per migliorare l'appeal sociale di alcuni valori: la protezione contro la prevaricazione, la cura vs danno, ecc. La violenza ripetuta non rappresenta una inspiegabile coincidenza, la violenza è un habitus e in quanto habitus può venire depotenziata solamente attraverso l’educazione. Noi abbiamo come educatori le risorse per cambiare e volgere lo sguardo non violento su ogni forma di vita, dando per primi l’esempio quotidiano alle nuove generazioni. La mia ricerca ha confermato la mia intuizione circa la necessità di costruire un modello sociale condiviso nel quale la forza sia esprimere compassione verso i più deboli. Dobbiamo instillare l'imperativo morale di proteggere i più deboli, al di là della specie, solo considerando chi è detentore di vita. Una generazione pronta a combattere per il bene, astenendosi dalla violenza sul debole ma che punta a quella forza che protegge e non a quella che distrugge. A questo punto è stato utile per studiare la filosofia non violenta e il movimento ad essa connesso. Mi sono così immersa nello studio di diversi autori non violenti trovando nei loro pensieri l'idea della non-violenza estesa anche ai cosiddetti "animali non umani". Dalle interviste e dalle ricerche bibliografiche è emersa la necessità (da parte della società) di costruire un nuovo modello di persona che sia un modello attrattivo, desiderabile soprattutto per i più giovani. Abbiamo bisogno di un nuovo modello di essere umano, ma per realizzare questo ideale si erge la necessità di instillare nell’individuo dall'infanzia il rispetto, la compassione e la protezione verso gli animali, verso tutte le forme di vita più deboli. L’ideale del “rispettare ogni tipo di vita" è alla base della costruzione della futura società pacifica.
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MAGGIOLINI, SILVIA. « LE SINDROMI GENETICHE RARE. PERCORSI EDUCATIVI ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/695.

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Résumé :
La tesi si compone di sei capitoli, articolati in due parti fondamentali allo scopo di esaminare il tema dell’intervento educativo in particolari condizioni di disabilità, esplorando il campo ancora poco indagato delle sindromi e malattie rare. La prima parte affronta il problema della cura e del prendersi cura, nel loro stretto legame con la scienza pedagogica: muovendo da alcune riflessioni di carattere filosofico, si giunge a delineare il ruolo, il significato e i contesti in cui è possibile identificare possibili percorsi di care educativo. La seconda parte dell’elaborato sarà interamente focalizzata sullo studio delle problematiche educative connesse ad alcune condizioni genetiche rare. Dopo una disamina di carattere generale, vengono affrontate nel dettaglio quattro sindromi specifiche: la sindrome di Prader-Willi, di Angelman, di Rett e di Kabuki. Per ognuna di esse, vengono presentate le più recenti acquisizioni nel campo del funzionamento cognitivo, dello sviluppo della personalità e delle possibili strategie di intervento educativo, riabilitativo e di inserimento sociale.
The thesis is composed by two parts, with the purpose of examining the theme of educational intervention with children affected by rare genetic syndromes. The first part deals the problem of the terms “cure” and “care” , in their relationship with educational sciences: from philosophical reflections to the role, the meaning and the fields in which it is possible to identify trackways of care. The second part of this work is focused on the study of educational problems about four rare genetic syndromes: Prader-Willi syndrome, Angelman Syndrome, Rett Syndrome and Kabuki Syndrome. For each one of these syndromes, we presented new acquirements about cognitive functions, personality development and strategies of educational, rehabilitative intervention and social integration.
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MAGGIOLINI, SILVIA. « LE SINDROMI GENETICHE RARE. PERCORSI EDUCATIVI ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/695.

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Résumé :
La tesi si compone di sei capitoli, articolati in due parti fondamentali allo scopo di esaminare il tema dell’intervento educativo in particolari condizioni di disabilità, esplorando il campo ancora poco indagato delle sindromi e malattie rare. La prima parte affronta il problema della cura e del prendersi cura, nel loro stretto legame con la scienza pedagogica: muovendo da alcune riflessioni di carattere filosofico, si giunge a delineare il ruolo, il significato e i contesti in cui è possibile identificare possibili percorsi di care educativo. La seconda parte dell’elaborato sarà interamente focalizzata sullo studio delle problematiche educative connesse ad alcune condizioni genetiche rare. Dopo una disamina di carattere generale, vengono affrontate nel dettaglio quattro sindromi specifiche: la sindrome di Prader-Willi, di Angelman, di Rett e di Kabuki. Per ognuna di esse, vengono presentate le più recenti acquisizioni nel campo del funzionamento cognitivo, dello sviluppo della personalità e delle possibili strategie di intervento educativo, riabilitativo e di inserimento sociale.
The thesis is composed by two parts, with the purpose of examining the theme of educational intervention with children affected by rare genetic syndromes. The first part deals the problem of the terms “cure” and “care” , in their relationship with educational sciences: from philosophical reflections to the role, the meaning and the fields in which it is possible to identify trackways of care. The second part of this work is focused on the study of educational problems about four rare genetic syndromes: Prader-Willi syndrome, Angelman Syndrome, Rett Syndrome and Kabuki Syndrome. For each one of these syndromes, we presented new acquirements about cognitive functions, personality development and strategies of educational, rehabilitative intervention and social integration.
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ARDENGHI, STEFANO. « SAPERE, SAPER FARE, SAPER ESSERE. STUDIO LONGITUDINALE SULLA FORMAZIONE ALLA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/129356.

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Résumé :
Nel corso degli anni la relazione medico-paziente è andata incontro a continui cambiamenti. Prima dell’ultimo trentennio, la relazione era principalmente tra un paziente in cerca di aiuto e un medico le cui decisioni erano silenziosamente osservate dal paziente. In questo modello paternalistico della relazione medico-paziente, il medico utilizza le sue competenze per scegliere gli interventi necessari e i trattamenti più adeguati per ristabilire la salute del paziente o per alleviare il suo dolore. Ogni informazione data al paziente è selezionata per incoraggiarlo ad aderire alle prescrizioni del medico. Questa descrizione dell’interazione asimmetrica o sbilanciata tra medico e paziente è stata messa in discussione negli ultimi trent’anni. I critici hanno proposto per il paziente un ruolo più attivo, autonomo e di conseguenza più centrato su di lui, che sostenga un maggiore controllo da parte del paziente, un ridotto predominio del medico ed una maggiore reciproca partecipazione. È molto evidente la positiva influenza di una cura centrata sul paziente su diversi esiti clinici: medici più empatici e più centrati sul paziente con tutta probabilità ottengono una maggiore soddisfazione del paziente stesso, una maggiore adesione ai trattamenti e migliori risultati clinici. Nel contesto della formazione medica risulta di conseguenza importante capire quali interventi educativi possano essere efficaci nel mantenere e promuovere l’empatia e un atteggiamento centrato sul paziente negli studenti di Medicina. Per queste ragioni, lo scopo di questo lavoro di ricerca è stato quello di: (a) valutare la relazione statistica esistente tra alcune variabili sociali e psico-attitudinali (ad esempio, la motivazione a diventare medico, tratti di personalità, convinzioni di auto-efficacia, benessere psicologico percepito) e l’atteggiamento empatico/centrato sul paziente di studenti di Medicina in ingresso per ripensare i criteri di elezione e di valutazione di un esame di ammissione alle Facoltà di Medicina italiane che tenga conto anche delle abilità “non cognitive” degli studenti che presentano domanda per accedere alle Scuole Mediche; (b) esaminare i cambiamenti nel corso della formazione medica dei livelli di empatia e di centratura sul paziente degli studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca al fine di valutare l’efficacia degli attuali programmi educativi volti alla promozione di un atteggiamento clinico empatico e centrato sul paziente negli studenti stessi; (c) esplorare il rapporto tra i diversi aspetti della mindfulness disposizionale e i livelli di empatia/centratura sul paziente in un campione di studenti di Medicina non-meditatori per fornire evidenze statistiche sull’opportunità o meno di implementare la formazione in Medicina con corsi dedicati alla pratica di meditazione mindful. I risultati confermano relazioni statisticamente significative tra competenze psicosociali ed empatia/centratura sul paziente. Viene suggerito che la motivazione, la personalità e l’autoefficacia degli studenti dovrebbe essere presa in considerazione nell’ammissione alle Facoltà mediche e/o nei programmi finalizzati ad aumentare l’empatia nella formazione degli studenti di Medicina. È stata discussa la possibilità di implementare i test standardizzati di valutazione delle caratteristiche personali, i cosiddetti “test non-cognitivi”, come parte del processo di ammissione. Un tale proposito, in ogni caso, solleva numerose questioni relative alla validità, correttezza, costi e praticabilità nel contesto formativo italiano di tali modalità di valutazione. Si conclude anche che avviene un significativo incremento nell’empatia e nella centratura sul paziente nel corso della formazione medica. L’aumento dell’empatia si verifica durante un periodo in cui il curriculum si sposta verso attività di cura del paziente (tirocinio del secondo anno presso l’ambulatorio del medico di medicina generale e tirocinio dal terzo al quinto anno svolto tra le corsie ospedaliere) e questo è il momento in cui l’empatia è maggiormente importante. Infine, nonostante le evidenze indichino l’utilità di insegnare pratiche di mindfulness, molteplici questioni devono essere considerate: a quale punto della carriera di un medico in formazione è più opportuno insegnare la mindfulness? Quale struttura del corso è più efficace, quando e per chi? Come può essere mantenuto nel corso del tempo ciò che è stato appreso? L’insegnamento della mindfulness dovrebbe essere integrato nel core curriculum della Scuola di Medicina?
The doctor-patient relationship has undergone a transition throughout the ages. Prior to the last three decades, the relationship was predominantly between a patient seeking help and a doctor whose decisions were silently complied with by the patient. This description of the asymmetrical or imbalanced interaction between doctor and patient has been challenged during the last 30 years. Critics have proposed a more active, autonomous and thus patient-centered role for the patient who advocates greater patient control, reduced physician dominance, and more mutual participation. There is strong evidence for positive influences of patient-centered care on several clinical outcomes: more empathetic and patient-centered physicians are more likely to achieve higher patient satisfaction, adherence to treatments, and health outcomes. In the context of medical education, it is thus important to understand what educational interventions can be effective in maintaining and enhancing empathy and patient-centered attitude in undergraduate medical students. For this reason, the aim of this research work was to: (a) assess the relationship between some social and psycho-attitudinal skills (e.g. motivation for being a doctor, personality traits, self-efficacy, well-being) and empathic/patient-centered attitude of freshmen medical students to rethink the selection and evaluation criteria of Italian medical school admission, considering non-cognitive skills of students who are applying to medical schools; (b) examine the longitudinal changes in medical students’ empathy and patient-centeredness levels during medical school to evaluate the efficacy of current medical educational programs to enhance empathy and patient-centeredness among undergraduate medical students; (c) examine the relationship between dispositional mindfulness facets and empathy/patient-centeredness in non-meditating medical doctor students to provide a supportive evidence of the need for training undergraduate medical students in mindfulness practice. The results confirmed statistically significant associations between psychosocial skills and empathy/patient-centeredness. It is suggested that motivation, personality and self-efficacy of students should be taken into account in medical admission and/or in educational programs to enhance empathy in undergraduate medical education. It is concluded, also, that a significant increase in empathy and patient-centeredness occurs during medical school. The increase of empathy occurs during a time when the curriculum is shifting toward patient-care activities (2nd year internship at the GP’s office and 3rd-5th year internship in the hospital wards) and this is when empathy is most essential. Finally, although the statistical evidence points to the usefulness of teaching mindful practices, various issues remain to be considered: when is it best to teach mindfulness in the trajectory of a doctor’s career? What format works best, when and for whom? How can what is learned be maintained over time? Should mindfulness training be integrated into the medical school core curriculum?
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MALTESE, GIUSTINA. « Nuovi genitori e fragilità relazionali. Riflessioni pedagogiche e prospettive d'intervento ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1378.

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Résumé :
La ricerca mira ad individuare alcune fragilità relazionali ed educative che sembrano contraddistinguere i “nuovi” genitori, oggi, in modo da tentare di formulare adeguate strategie pedagogico-educative d’intervento. Per il raggiungimento di tale obiettivo, si è proceduto, inizialmente, con l’analisi delle trasformazioni socio-culturali che hanno investito la nostra società. Ciò ha permesso di individuare ed esaminare due categorie: quella sociologica della “vulnerabilità” e quella pedagogica della “fragilità”. Successivamente, per meglio comprendere le fragilità educative e relazionali vissute dai “nuovi” genitori, si è ritenuto indispensabile procedere con la somministrazione di un questionario rivolto ai genitori con figli in età prescolare (0-3 anni).
The aim and objective of my research is to identify some relational and educational fragility of the “new” parents. Moreover, I would like to formulate appropriate strategies for pedagogical and educational intervention. To achieve that aim I have identified and investigated two categories: the sociological category of “vulnerability” and the pedagogical category of “fragility”. In order to better understand this educational and relational fragility. I have proceed with the administration of a questionnaire. This questionnaire is directed to parents with sons in preschool age (0-3 years).
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MALTESE, GIUSTINA. « Nuovi genitori e fragilità relazionali. Riflessioni pedagogiche e prospettive d'intervento ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1378.

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La ricerca mira ad individuare alcune fragilità relazionali ed educative che sembrano contraddistinguere i “nuovi” genitori, oggi, in modo da tentare di formulare adeguate strategie pedagogico-educative d’intervento. Per il raggiungimento di tale obiettivo, si è proceduto, inizialmente, con l’analisi delle trasformazioni socio-culturali che hanno investito la nostra società. Ciò ha permesso di individuare ed esaminare due categorie: quella sociologica della “vulnerabilità” e quella pedagogica della “fragilità”. Successivamente, per meglio comprendere le fragilità educative e relazionali vissute dai “nuovi” genitori, si è ritenuto indispensabile procedere con la somministrazione di un questionario rivolto ai genitori con figli in età prescolare (0-3 anni).
The aim and objective of my research is to identify some relational and educational fragility of the “new” parents. Moreover, I would like to formulate appropriate strategies for pedagogical and educational intervention. To achieve that aim I have identified and investigated two categories: the sociological category of “vulnerability” and the pedagogical category of “fragility”. In order to better understand this educational and relational fragility. I have proceed with the administration of a questionnaire. This questionnaire is directed to parents with sons in preschool age (0-3 years).
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CONCHIERI, MICHELE. « ERRORE E REDIMIBILITA' : CATEGORIE DELLA RIFLESSIONE PEDAGOGICA E DELL'INTERVENTO EDUCATIVO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/323.

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Résumé :
La tesi si articola in tre capitoli, allo scopo di esaminare il tema dell'errore secondo tre differenti prospettive: antropologica, epistemologica e pedagogica. L'azione educativa, in questo caso centrata l'impiego dell'errore come strumento di crescita, non può esimersi dal porsi le domande riguardanti l'identità della persona (antropologia) e la validità dell'azione educativa messa in atto (epistemologia). La riflessione su tali questioni chiarifica, in primo luogo, quali sono i limiti dell'azione educativa, cioè cosa può essere fatto e cosa no sulla base di una ben precisa scelta valoriale; in secondo luogo, il modo migliore per attuare un determinato intervento. Dalle riflessioni sviluppate risulta chiara la nostra adesione all'antropologia personalisticamente orientata e all'approccio sistemico. Tali opzioni ci appaiono come le più adatte per l'avvaloramento dell'errore come occasione educativa. La riflessione pedagogica, per reinterpretare l'errore in chiave comunicativa, è chiamata a separare la valutazione della persona da quella di un suo atto concreto. L'intervento educativo ha da mirare a sviluppare nell'educando la voglia di sperimentarsi in prima persona, senza temere che la realizzazione di un errore venga considerato come compromettente il proprio percorso di crescita. Nel contempo, spetta all'educatore interrogarsi sulle proprie modalità comunicative, considerando che anch'esse come soggette all'errore e che, come tali, possono influire in modo negativo sulla persona a lui affidata.
The thesis is composed by three chapters, with the purpose of examining the theme of error from three different perspectives: anthropological, epistemological and pedagogical. Educational action, focused on the use of error as instrument of growth, has got to answer questions concerning the identity of human being (anthropology) and the effectiveness of the concrete educational intervention (epistemology). The reflection about these arguments explains, first of all, the boundaries of educational action, that means what can be done and what does not have to be done on the reason of a particular choice of values; then, the best way to act an educational intervention. By the reflections, it is evident our assent to the personalistic anthropology and to the systemic approach in epistemology. These choices seem to be the most suitable to interpret the error like an opportunity for education. Pedagogical reflection, to analyse the error in a communicational perspective, has got to separate the judgement of a person from the judgment of a concrete act. Educational intervention should develop the desire of young people to walk by themselves, without fearing that an error could compromise their own journey of growth. At the same time, the educator has got to reflect about his own communicative styles, considering that they are subject to error and that, in this way, they have a negative influence on young people.
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CONCHIERI, MICHELE. « ERRORE E REDIMIBILITA' : CATEGORIE DELLA RIFLESSIONE PEDAGOGICA E DELL'INTERVENTO EDUCATIVO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/323.

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Résumé :
La tesi si articola in tre capitoli, allo scopo di esaminare il tema dell'errore secondo tre differenti prospettive: antropologica, epistemologica e pedagogica. L'azione educativa, in questo caso centrata l'impiego dell'errore come strumento di crescita, non può esimersi dal porsi le domande riguardanti l'identità della persona (antropologia) e la validità dell'azione educativa messa in atto (epistemologia). La riflessione su tali questioni chiarifica, in primo luogo, quali sono i limiti dell'azione educativa, cioè cosa può essere fatto e cosa no sulla base di una ben precisa scelta valoriale; in secondo luogo, il modo migliore per attuare un determinato intervento. Dalle riflessioni sviluppate risulta chiara la nostra adesione all'antropologia personalisticamente orientata e all'approccio sistemico. Tali opzioni ci appaiono come le più adatte per l'avvaloramento dell'errore come occasione educativa. La riflessione pedagogica, per reinterpretare l'errore in chiave comunicativa, è chiamata a separare la valutazione della persona da quella di un suo atto concreto. L'intervento educativo ha da mirare a sviluppare nell'educando la voglia di sperimentarsi in prima persona, senza temere che la realizzazione di un errore venga considerato come compromettente il proprio percorso di crescita. Nel contempo, spetta all'educatore interrogarsi sulle proprie modalità comunicative, considerando che anch'esse come soggette all'errore e che, come tali, possono influire in modo negativo sulla persona a lui affidata.
The thesis is composed by three chapters, with the purpose of examining the theme of error from three different perspectives: anthropological, epistemological and pedagogical. Educational action, focused on the use of error as instrument of growth, has got to answer questions concerning the identity of human being (anthropology) and the effectiveness of the concrete educational intervention (epistemology). The reflection about these arguments explains, first of all, the boundaries of educational action, that means what can be done and what does not have to be done on the reason of a particular choice of values; then, the best way to act an educational intervention. By the reflections, it is evident our assent to the personalistic anthropology and to the systemic approach in epistemology. These choices seem to be the most suitable to interpret the error like an opportunity for education. Pedagogical reflection, to analyse the error in a communicational perspective, has got to separate the judgement of a person from the judgment of a concrete act. Educational intervention should develop the desire of young people to walk by themselves, without fearing that an error could compromise their own journey of growth. At the same time, the educator has got to reflect about his own communicative styles, considering that they are subject to error and that, in this way, they have a negative influence on young people.
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Cestaro, Margherita. « "MEDIAZIONE". Cifra di una teoresi pedagogico-interculturale e di una prassi educativo-formativa in contesti plurali ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427511.

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Résumé :
Within the current glocal, fluid, complex and plural context, the ability to interweave positive and constructive relationships with and between the differences has been increasingly shown in terms of a human need. At the same time, it considered as a goal of coexistence and democratic participation, characterizing the several multicultural local territories. According to the pedagogical framework, the research aimed at exploring whether, how and what level intercultural mediation practices are achieved within the educational context. In fact, school is the place which, because of its own educational right-duty, represents a daily place where different people, also culturally different, meets and each other. The goal was to highlight whether and how intercultural mediation professional skills are promoted in training activities for teachers. The work started dealing with the issue of the "semantic ambiguity" carried by the expressions "linguistic and/or cultural mediation" and "intercultural mediation" and that is present in the intercultural literature, documents, and national and European legislation, and within the school context. After exploring the theoretical framework, the research delved into the concept of mediation according to its ethical and philosophical meaning, the conflict management approach and the educational and intercultural pedagogical perspective. Hence, the "places" of the educational intercultural mediation were identified following three typical existential lines of the pedagogical discourse: the anthropological, the ethical, the social-cultural ones. The empirical work was designed as an "decision-oriented empirical research", following a qualitative approach, pertaining to an interpretative paradigm. Once a network of schools for intercultural education was identified as field of investigation, (18 schools of 7 municipalities), data were collected in three complementary phases: 1) the monitoring of non-Italian students belonging to the 18 schools; 2) the semi-structured interviewing of 16 privileged witnesses (as referring teachers and/or teachers in care of intercultural education programs); 3) the carrying out of 21 narrative focused interviews, addressed to teachers and school staff of school involved in the project. The results underline that the intercultural mediation belongs to teacher-educator's duties. In particular, it is shown that the concept and the practices related to intercultural mediation do not only concern the management of conflicts usually caused by the ambiguity and/or poor knowledge which they culturally belong to. The educator is indeed required to be able to mange both cognitive and social-affective processes characterizing the relationships that each person involved in the interaction lives with the difference that he/she perceives, at the same time, outside and inside him/herself.
Negli attuali contesti glocali, liquidi, complessi e plurali, la capacità  di intessere relazioni positive e costruttive con e tra le differenze si presenta sempre più nei termini di un bisogno umano e, nel contempo, di un obiettivo di convivenza e di partecipazione democratica, caratterizzanti i molteplici territori locali di fatto multiculturali. La ricerca ha inteso esplorare, in chiave pedagogica, se, come e in che grado si realizzino effettive pratiche di mediazione interculturale all'interno di quel contesto educativo che, per motivi di diritto-dovere di istruzione e formazione, è luogo quotidiano di incontro-scontro tra differenti anche per cultura: la scuola. Lo scopo è stato quello di evidenziare se e come, a livello formativo, sia importante intervenire per promuovere, negli insegnanti-educatori, competenze professionali nella mediazione interculturale. Il problema dal quale il lavoro ha preso avvio dall' "ambiguità semantica" nell'uso delle espressioni "mediazione linguistica e/o culturale" e "mediazione interculturale", rinvenibile nella letteratura interculturale, nei documenti e nella normativa nazionale e europea, e all'nterno del contesto scolastico. Dopo aver esplorato, dal punto di vista teorico, il concetto di mediazione così come esso si declina sul piano etico-filosofico, degli studi sulla gestione del conflitto, della scienza pedagogica, dell'educazione e dell'intercultura, si sono individuati i "luoghi" propri di una mediazione educativo interculturale nelle tre direttrici esistenziali tipiche del discorso pedagogico: quella antropologica, quella etico-valoriale, quella sociale e culturale. Strutturandosi come una "ricerca empirica orientata alle decisioni", il lavoro ha seguito una strategia di tipo qualitativo, afferente a un paradigma interpretativo. Individuata come campo di indagine una Rete scolastica per l'intercultura, comprensiva di 18 realtà  scolastiche, distribuite in 7 Comuni, la raccolta dei dati si è articolata in tre fasi successive e complementari: il monitoraggio degli alunni non italiani presenti nelle scuole della rete scolastica, lo svolgimento di 16 interviste semi-strutturate, rivolte a testimoni privilegiati (insegnanti referenti e/o figure strumentali per l'intercultura della Rete), la realizzazione di 21 interviste narrative focalizzate, rivolte ad alcuni insegnanti e operatori scolastici delle scuole comprese nella Rete. Nel ribadire come la mediazione interculturale sia una funzione propria dell'insegnante-educatore, la ricerca ha permesso di evidenziare, in particolare, come il concetto e le pratiche a essa legate non si esauriscano unicamente nell'ambito della gestione dei conflitti, generati dall'ambiguità  e/o non conoscenza delle rispettive cornici culturali, ma richiedano anche - e soprattutto - all'educatore, competenze utili a gestire i processi che, a livello cognitivo e socio-affettivo, caratterizzano le relazioni che ciascuna delle persone coinvolte nell'interazione vive con quella differenza che percepisce, ad un tempo, fuori e dentro di sé
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MOSCONI, GERMANA. « Una ricerca sui vissuti di giustizia e sulle pratiche educative a scuola : docenti e studenti di Scuola Superiore a confronto ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/131647.

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Résumé :
Quale significato assume il termine di giustizia in ambito scolastico? Quali sono le rappresentazioni di giustizia e di ingiustizia negli insegnanti e che rapporto intercorre tra queste ed il loro operato in classe? Come gli studenti descrivono l'effettivo comportamento degli insegnanti? Il tema della giustizia è stato affrontato in diverse discipline come la filosofia (Aristotele; Platone; Kant, 1781) la sociologia (Rawls, 1977; Boudon, 2002), la psicologia cognitiva (Piaget, 1932; Kohlberg, 1958) e solo di recente è diventato oggetto di studio in ambito pedagogico (Dalbert, 2006; Mikula, 2005; Chory Assad, 2002, 2007, 2013; Berti, Molinari, Speltini, 2010; Kanizsa, Garavaglia, Mosconi, 2013; Kanizsa, Mosconi, Garavaglia, 2014), con particolare riferimento agli studi sulla giustizia nelle organizzazioni (Greenberg, 1987, 1990; Cropanzano, 1993, 2001) che si sono in particolar modo focalizzati sulla distribuzione delle risorse in un'organizzazione (distributive justice), sulle modalità e procedure utilizzate a questo scopo (procedural justice) ed infine sulla qualità delle relazioni interpersonali tra coloro che vivono nel medesimo contesto (interactional justice). E' proprio a partire da questi studi che anche in ambito educativo è iniziata una riflessione sul significato che i termini di giustizia e di ingiustizia possono assumere. Obiettivo di questa ricerca è quello di far emergere le rappresentazioni di giustizia e di ingiustizia negli insegnanti della scuola secondaria di II grado ed il rapporto che intercorre tra queste ed il loro effettivo operato in classe (Festinger, 1992), con particolare riferimento alla teoria delle rappresentazioni sociali (Farr, Moscovici, 1989; Palmonari, Emiliani, 2009) e di verificare eventuali discrepanze tra le concezioni di giustizia negli insegnanti e quelle negli studenti. Per fare questo nell'anno scolastico 2014-2015 sono stati intervistati, utilizzando un'intervista con un basso livello di strutturazione (Trinchero, 2002), non direttiva ed in profondità (Kanizsa, 1993), 12 insegnanti di scuola superiore, appartenenti ad Istituti dislocati sul territorio di Milano e Provincia e che insegnano diverse materie (filosofia, lettere, diritto ed economia, matematica, scienze). Sono stati inoltre effettuati 6 focus group che hanno coinvolto un totale di 48 studenti appartenenti alle classi degli insegnanti intervistati. L'analisi dei dati è avvenuta utilizzando il metodo qualitativo (S. Kanizsa, 1993; R.Trinchero, 2002; L. Mortari, 2010) cui è seguita un'analisi di tipo quantitativo con il software T-lab (analisi delle co-occorrenze, delle associazioni di parole, confronti tra coppie). I risultati dell'analisi evidenziano la medesima concezione di giustizia sia negli insegnanti, che si definiscono “giusti” in quanto rispettosi dei bisogni degli studenti ed attenti alle dinamiche relazionali sottostanti il processo di insegnamento-apprendimento, e sia negli studenti che riconoscono in modo particolare queste immagini di giustizia. Ciò che si evince dalle descrizioni che gli studenti fanno dei loro insegnanti è la discrepanza tra l'idea di giustizia che questi ultimi dichiarano e ed i comportamenti effettivi che essi agiscono in classe, che risultano essere “ingiusti” agli occhi degli studenti. Solo una presa di coscienza da parte degli insegnanti di una possibile incoerenza tra quello che pensano essere giusto e quello che agiscono nella realtà scolastica potrebbe risolvere almeno in parte le incomprensioni con gli studenti e permettere che il processo di insegnamento-apprendimento sia vissuto da tutti gli attori come coerente e “giusto”.
What is justice? What about the meaning of justice at school? What are the teachers' representations of justice and injustice and what is the relationship between their representations and teachers' work in the classroom? How do the students describe teachers' behavior during the lesson? Many branches of philosophy (Aristotele; Platone; Kant, 1788; Kelsen, 1952), of sociology (Rawls 1977; Boudon, 2002) and of psychology (Piaget, 1932; Kohlberg, 1958) have studied the topic of justice in depth and recently it has became the object of search of educational science (Dalbert, 2006; Mikula, 2005; Chory Assad, 2002, 2007, 2013; Berti, Molinari, Speltini, 2010; Kanizsa, Garavaglia, .Mosconi, 2013; 2014), with reference to organizational justice theory (Cropanzano & Greenberg, 1997; Greenberg, 1990; Folger & Cropanzano, 2001; Cropanzano, 1993). Organizational studies highlight three concepts of justice: distributive justice that is a subjective perception elicited by a comparison between actual and deserved rewards; procedural justice refers to the fairness of the mean by which distributions are made; interactional justice refers to perception of fairness in the interpersonal treatment received by individuals, mainly in the communicative and relational requests. The aim of this research, with particular reference to social representations theory (Moscovici, 1989; Palmonari, Emiliani, 2009) is therefore to identify and analyse teachers’ meanings about the concepts of justice and injustice through the narration of their past and their experiences in the classroom. Secondly, the aim is to understand their representations of justice, which they unconsciously use in their daily work in the classroom and to understand how they affect, even by implication, their educational and teaching relationships. At least, we hope to verify the possible discrepancies between the teachers' and students thought of justice. The subjects were 12 secondary school teachers belonging to different school in the urban area of Milan and in the hinterland of the same city, and 48 students belonging to the same classroom as the teachers. The teachers were teaching different subjects (philosophy, sciences, math, law and economy and italian literature). The data was collected during the 2014-2015 school year and was obtained during low-structured interviews for the teachers and with 6 focus groups for a total of 48 students. A mixed-method approach was used: the qualitative data collected was coded into categories to facilitate quantitative analysis, while the same of text was subjected to co-word analysis conducted using T-lab software. The results indicated that teachers and students share the same conception of justice. The teachers, on one hand, according to the organizational justice theory, especially in regards to principles of interactional justice, declare themselves to be “just” and fair teachers, because they are respectful to the students and their needs and they have paid attention to the teacher-student relationship. On the other hand, the students' descriptions of their teachers, highlight the discrepancies between the teachers' representations and beliefs and their actual behaviour in the classroom. The results of current research confirm the importance that teachers need to be involved in vocational training or in training courses in which they become aware of a possible inconsistency between their beliefs and their behavior in the classroom. Only a coherent teacher can be “just” and can entertain a fair teachers-students relationship. Briefly, justice can only be achieved if both teachers and students see each other as coherent and just.
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FERRARIO, ERIKA. « Salute mentale e dinamiche relazionali nei gruppi professionali. Il "conosciuto non pensato" nei contesti educativi e formativi e il ruolo del "gruppo resiliente" ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/14815.

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Mental health in the educative workplace is the theme of this research. It is pregnant because the mental health was a fundamental right declared at the European conference of Bruxelles, organized by World Health Organization last June. The promotion and the support of the well-being in workplace was one of the most important focus to assure a good quality of life. However, often just in the contests of the help-professions, where mental health should be promoted, the staff lives distressing experiences in the relationships with users, peers and institution, without a place for nominate, think and elaborate the discomfort in relation at the device where it shows itself. The emotions and the representations become a “knew didn’t think” that remains like a shadow, a loop that only if released can transform itself in a precious resource for “learn to experience”. This is the point of my qualitative intervention on the field based on the model of the “clinic of the formation”: reflecting how the group works has re-launch a formative project that’s useful for think back to the roles, the emotions, the organization and the planning of the activities; it makes the group “resilient”, that is capable to cope the difficulty and the stress that every day the educative work causes at the educators.
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SELLARI, GIUSEPPE. « La musica come strumento educativo : relazione e comunicazione in età prescolare : programma sperimentale per lo sviluppo dell’empatia e della prevenzione dei disturbi della voce nella scuola dell’infanzia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. https://hdl.handle.net/2108/202613.

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Résumé :
L’empatia è definita come la capacità degli individui di riconoscere e condividere in modo vicario l’emozione provata da un altro individuo, che si traduce in un vissuto emotivo più consono allo stato d’animo dell’altro che al proprio e di comprenderne la situazione mettendosi nei suoi panni in modo sempre più raffinato nel corso dello sviluppo [Hoffmann 2001]. Fin dall’età prescolare, empatizzare con i vissuti dell’altro favorisce la messa in atto dei comportamenti prosociali adeguati [Eisenberg et al., 2006]. L’empatia, inoltre, aiuta a regolare il flusso delle emozioni negative e ridurre le manifestazioni aggressive verso i compagni [Eisenberg, Fabes 1998], favorisce la comunicazione e incoraggia l’accoglienza della diversità [Hoffman 2000]. Essa quindi è una capacità fondamentale per la costruzione di relazioni interpersonali positive e per il benessere dei bambini [Albiero, Matricardi 2006], che è importante promuovere con percorsi di formazione efficaci [WHO 1993]. Esaminando le principali esperienze nell’ambito dell’educazione vocale ed emotiva, e della prevenzione del disagio psicologico, è possibile notare come la maggior parte degli interventi in età prescolare siano solitamente affidati a una programmazione occasionale e carente. Spesso questi percorsi educativi sono basati su tecniche più cognitive in cui la dimensione verbale viene privilegiata a scapito di quella non verbale, ossia non viene preso in considerazione il “lavoro sul corpo” che rappresenta invece un’essenza fondamentale per lo sviluppo del proprio “io” emotivo. Una delle esperienze più coinvolgenti che la musica è in grado di offrire è quella di suscitare profonde emozioni e sentimenti significativi [Budd 1985; Davies 1994; Juslin-Sloboda 2001; Scherer, Zentner 2001; Juslin, Laukka 2004] seguendo una propria logica che è diversa da quella del linguaggio verbale [Nattiez 1989]. Questa capacità di elevare il livello della nostra vita emotiva [Sloboda 1985] non è l’unica peculiarità di quest’arte. La musica infatti, per i vari livelli di abilità sensorie e corporali a cui fa riferimento, può assumere una valenza formativa, educativa, curativa ed estetica di straordinaria importanza e favorire nei bambini, soprattutto in età prescolare, esperienze reali significative perché intimamente vissute [Shuter-Dyson 1999; Imberty 2002; Sacks 2008; Anceschi 2009; Baroni 2009]. OBIETTIVO Alla luce di queste riflessioni, nella presente ricerca si è voluto indagare se il percorso educativo Musica e BenEssere (che utilizza attività musicali d’insieme basate sull’ascolto e sulla produzione vocale e strumentale) fosse efficace nel migliorare l’empatia e la capacità vocale in un gruppo di bambini di quattro anni. METODO Partecipanti: 40 bambini di circa 4 anni frequentanti due classi di scuola dell’infanzia (20 gruppo sperimentale; 20 gruppo di controllo). Procedura: La ricerca è stata condotta in tre momenti: 1- pre-test (Ottobre 2009); 2- training; 3- post-test (Giugno 2010). Nella fasi di pre-test e post-test è stata svolta una visita foniatrica ed è stata proposta a ciascun bambino un’intervista autovalutativa per la misura dell’empatia sperimentata in risposta a picture stories in cui il protagonista provava gioia, tristezza, paura, rabbia (Albiero, Lo Coco 2001, ECSS- Strayer, 1987). Durante la fase di training (solo per il gruppo sperimentale) è stato svolto un percorso educativo (Musica e benEssere) di 24 incontri a cadenza settimanale di circa un’ora ciascuno. Seguendo il principio del “metodo attivo”, si è cercato di favorire momenti d’intensa interazione personale al fine di sollecitare e ampliare le possibilità di rapporti socio-affettivi e relazionali il più significativi e formativi possibili. Le attività di canto corale, di movimento e di musica d’insieme (con lo strumentario didattico) sono state proposte come momenti di scambio e di ascolto per permettere ai bambini, attraverso il confronto con gli altri, di avvalersi di un valido strumento di comunicazione alternativo al linguaggio verbale, di imparare a distinguere e sperimentare con il proprio corpo un orizzonte di relazioni emotive sempre più ampio e, allo stesso tempo, di arricchire le loro esperienze intra e interpersonali. RISULTATI PRINCIPALI E CONCLUSIONI I risultati indicano che il percorso educativo Musica e BenEssere è stato efficace nel migliorare la capacità vocale ed empatica dei bambini verso tutte le emozioni considerate (gioia, tristezza, paura, rabbia) e soprattutto verso emozioni di tono edonico negativo. Ciò è rilevante perché empatizzare con emozioni negative come tristezza e paura favorisce i comportamenti prosociali nei bambini, e empatizzare con la rabbia altrui riduce le loro condotte aggressive [Eisenberg et al. 2006; Hoffmann 2000]. La musica, che «è un gioco da bambini» [Delalande 1984], può pertanto rappresentare un’importante strumento utile a promuovere un positivo sviluppo interpersonale e sociale dei bambini e a migliorare il clima del gruppo classe
The definition of empathy is the ability of individuals to recognize and share in a vicarious way the emotion felt from another person, that is translated in an experienced emotion that is much more appropriate to the emotional mood of the other than to its own, and to understand the situation trying to put him/herself in the other’s shoe in a refined way in the course of development [Hoffmann 2001]. Since preschool age, empathizing with the experience of others help to apply the adaptation to prosocial behavior [Eisenberg et al., 2006]. Moreover, empathy helps to regulate the flow of negative emotions and reduces the aggressive effects towards friends [Eisenberg, Fabes 1991], it helps the communication and it encourages to welcome differences [Hoffman 2000]. So, this is the fundamental ability to build positive interpersonal relations and the well-being of children [Albiero, Matricardi 2006], and it is important to promote it with efficient training courses [WHO 1993]. Examining the principal experiences in vocal and emotional education, and to avoid psycological discomfort, it is possible to notice how often pedagogical approaches in the preschool years are lacking in precise programs. Often these educational courses are based on cognitive techniques where the verbal dimension is a privilege at the expense of the non verbal, and of the “body work” that, on the contrary, represents a fundamental essence for the development of children’s emotional “ego”. One of the most involving experiences that music can offer is to provoke profound and meaningful excitement and emotions [Budd 1985; Davies 1994; Juslin-Sloboda 2001; Juslin, Laukka 2004] following its own logic that is different from the verbal language [Nattiez 1989]. This ability to raise the level of our emotional life [Sloboda 1985] isn’t the only characteristic of this art. In fact music, for the different sensor and body ability level to which it refers, can adopt a formative worthiness (educational, curative and aesthetical) of extraordinary importance and can help children, especially in preschool age, to feel meaningful experiences [Shuter-Dyson 1999; Imberty 2002; Sacks 2008; Anceschi 2009; Baroni 2009]. AIM In the present research the authors examined the contents and the methods of the educational course Music and well-Being (that uses global musical activities based on listening, and on vocal and instrumental production) in order to check its efficiency in improving empathy and vocal ability in a group of four year old children. METHOD Partecipants: 40 children of about 4 years old that attend two primary school classes (20 experimental groups; 20 control groups). Procedure: The research has been done in three moments: 1- pre-test (October 2009); 2- training; 3- post-test (June 2010). In the pre-test and post-test stage they have realized a phoniatric visit and they have proposed to each child a self-value interview to measure the experimental empathy in answer to picture stories in which the protagonist would feel joy, sadness, fear, anger [Albiero, Lo Coco 2001; ECSS- Strayer, 1987]. During the training state (only for the experimental group) they did an educational course (Music and well-Being) made of 24 meetings week terms of about an hour each. Following the value of the “active method”, they have tried to favor personal harmony moments to arrive at the point, rush and extend the possibility of social-emotional relationships and relate the more meaningful and formative possible. The activities of choral singing, of movement and of making music together with Orff instruments have been proposed as moments to give the children a valid instrument of alternative communication to the verbal language, and to experiment with their own body a wide field of emotional relations and, at the same time, to enrich their intra and interpersonal experience. MAIN RESULTS AND CONCLUSIONS The results show the educative path Music and well-Being has been efficient in improving the empathic and vocal ability of children towards all emotions considered (joy, sadness, fear, anger) and above all towards emotions of negative hedonic tone. This is important because to empathize with negative emotions like sadness and fear helps prosocial behavior in children, and empathize with anger others reduce their aggressive behavior [Eisenberg et al. 2006; Hoffmann 2000]. Music, that «is a game for kids» [Delalande 1984], can represent an important instrument useful to promote a positive interpersonal and social development in children and to improve a positive atmosphere in the class group
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RACCAGNI, DALILA. « GENITORI SENZA PATRIA : COME CAMBIA LA FUNZIONE EDUCATIVA GENITORIALE NEI PROCESSI MIGRATORI. L'ESPERIENZA DELLA RELAZIONE TRA GENITORI E FIGLI NELLA COMUNITA' GHANESE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA E BERGAMO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/93125.

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Résumé :
Il contesto contemporaneo pare attraversato da una grande sfida umana, che chiama in causa ognuno di noi ad interrogarsi circa il significato di educare nel tempo della pluralità. L’epoca attuale è caratterizzata dal fenomeno migratorio, dalla presenza stabile di cittadini di origine straniera residenti nel territorio italiano e da una globalizzazione della persona umana. È in questo contesto che il presente lavoro prende in esame, nel quadro della ricerca qualitativa qui condotta, le narrazioni di storie di vita di genitori di origine ghanese residenti nella provincia di Bergamo e Brescia al fine di problematizzare alcune categorie pedagogiche legate al ruolo genitoriale. Ne emerge uno spaccato interessante che mostra l’importanza per questi genitori di mantenere un legame con la terra di origine, la necessità di aprirsi al contesto in cui vivono e la sfida nel rapporto con i figli nati e/o cresciuti nel paese di residenza. La ricerca ha dimostrato come la pedagogia, accogliendo questi vissuti, sia in grado di promuovere riflessioni e spazi di interesse in cui le differenze reciproche sono occasione di crescita comune, nella molteplicità delle culture.
The contemporary context seems to be marked by a great human challenge which calls each of us into question about the meaning of educating in this time of plurality. The time we live in is characterized by the migration phenomenon , the stable presence of citizens of foreign origin living in the Italian territory and by a globalization of the human person. The present work has examined, within the framework of qualitative research and the current social context, the life stories of Ghanaian-born parents living in the province of Bergamo and Brescia. This was carried out in an attempt to problematize multiple pedagogical categories related to the parenting function. The result is an interesting cross- section that shows the importance for these parents to maintain a bond with the country of origin, the need to open up to the context in which they live, and the challenge found in the relationship with their children born and/or raised in their country of residence. The research has shown how pedagogy, by accepting these experiences, is able to promote reflections and spaces of interest in which mutual differences are an opportunity for common growth within the multiplicity of cultures.
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RACCAGNI, DALILA. « GENITORI SENZA PATRIA : COME CAMBIA LA FUNZIONE EDUCATIVA GENITORIALE NEI PROCESSI MIGRATORI. L'ESPERIENZA DELLA RELAZIONE TRA GENITORI E FIGLI NELLA COMUNITA' GHANESE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA E BERGAMO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/93125.

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Résumé :
Il contesto contemporaneo pare attraversato da una grande sfida umana, che chiama in causa ognuno di noi ad interrogarsi circa il significato di educare nel tempo della pluralità. L’epoca attuale è caratterizzata dal fenomeno migratorio, dalla presenza stabile di cittadini di origine straniera residenti nel territorio italiano e da una globalizzazione della persona umana. È in questo contesto che il presente lavoro prende in esame, nel quadro della ricerca qualitativa qui condotta, le narrazioni di storie di vita di genitori di origine ghanese residenti nella provincia di Bergamo e Brescia al fine di problematizzare alcune categorie pedagogiche legate al ruolo genitoriale. Ne emerge uno spaccato interessante che mostra l’importanza per questi genitori di mantenere un legame con la terra di origine, la necessità di aprirsi al contesto in cui vivono e la sfida nel rapporto con i figli nati e/o cresciuti nel paese di residenza. La ricerca ha dimostrato come la pedagogia, accogliendo questi vissuti, sia in grado di promuovere riflessioni e spazi di interesse in cui le differenze reciproche sono occasione di crescita comune, nella molteplicità delle culture.
The contemporary context seems to be marked by a great human challenge which calls each of us into question about the meaning of educating in this time of plurality. The time we live in is characterized by the migration phenomenon , the stable presence of citizens of foreign origin living in the Italian territory and by a globalization of the human person. The present work has examined, within the framework of qualitative research and the current social context, the life stories of Ghanaian-born parents living in the province of Bergamo and Brescia. This was carried out in an attempt to problematize multiple pedagogical categories related to the parenting function. The result is an interesting cross- section that shows the importance for these parents to maintain a bond with the country of origin, the need to open up to the context in which they live, and the challenge found in the relationship with their children born and/or raised in their country of residence. The research has shown how pedagogy, by accepting these experiences, is able to promote reflections and spaces of interest in which mutual differences are an opportunity for common growth within the multiplicity of cultures.
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Vittadello, Chiara. « Nuove generazioni italiane adolescenti e adulti significativi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3427317.

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Résumé :
La questione delle cosiddette ‘seconde generazioni’ rappresenta attualmente un’emergenza educativa per il nostro Paese. In accordo con quanti operano sul campo, gli studiosi concordano sul fatto che l’equità di opportunità lavorative, educative, abitative e relazionali sia cruciale per i figli degli immigrati. In mancanza di questa condizione, una generazione strategica in termini di accoglienza, elaborazione identitaria e tensione realizzativa potrebbe facilmente aderire a una sub-cultura deviante, diventando così un problema sociale. A questo proposito, sappiamo che una relazione sana adulto-adolescente costituisce un fattore protettivo rispetto al disagio adolescenziale. Infatti, gran parte della letteratura internazionale rileva che gli adulti significativi che non siano i genitori hanno un ruolo fondamentale nella crescita di questa generazione. La letteratura italiana, invece, considera quasi sempre soltanto i genitori senza menzionare in alcun modo adulti di riferimento quali sono, ad esempio, educatori, mentori, insegnanti allenatori, sacerdoti e così via. Da questa constatazione, è nata l’idea di approfondire, nel mio percorso di dottorato, la relazione tra le nuove generazioni adolescenti e gli adulti significativi che esse incontrano al di fuori del proprio nucleo familiare, dando voce sia ai ragazzi sia agli adulti, in modo da capire in che modo gli adulti possano migliorare la loro interazione con gli adolescenti. Per farlo, la ricerca utilizza un approccio qualitativo, collocandosi all’interno del metodo narrativo e utilizzando come strumento l’intervista narrativa focalizzata.
The issue of Second generation immigrant youth currently represents an educational emergency for our Country. Both those who work in the field and those who study these topics agree on the fact that the equality of job, educational, housing and relational opportunities is crucial for teenage immigrants. Lacking this condition, a key generation in terms of reception ability, identity processing styles and power of self-fulfillment may join deviant subcultures thus becoming a social problem. In terms of adolescent unease, we are aware that a healthy adult- adolescent relationship is a protective factor. Indeed, lots of international studies show that important non-parental adults play a fundamental role in this generation’s growth. In this regard, instead, Italian literature almost always takes into consideration parents without mentioning non-parental adults such as educators, mentors, teachers, coaches, religious ministers and so on. Therefore, the aim of my research project is to carry out an in-depth study of the relationship between immigrant youth and non-parental adults and to give voice and understand adolescents’ needs and adults’ difficulties. My research also aims to point out new ways in which important adults can improve their relationship with migrant adolescents. This study utilizes a qualitative approach, specifically employing tools suggested by the autobiographical method, such as the narrative semi-structured interview.
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ALBERIO, MARCO. « Growing up in poor neighbourhoods : does it make any difference ? Young people's trajectories in two working class neighbourhoods in Milan and Paris ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/23772.

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Résumé :
The aim of this research is to examine with a qualitative, ethnographic approach and in particular through participant observation and in-depth interviews, the conditions in which the situation of a specific disadvantaged population, in particular young people coming from working class households, could be endangered in terms of social exclusion, poverty and social disadvantage in two different national - France and Italy - and local contexts – Quarto Oggiaro in Milan and the Haut Montreuil in the Paris urban area. In fact, there are specific conditions, which may vary from one environment to another and can increase or decrease these risks. We will focus in particular on social trajectories (especially in education and the labour market), inter-generational and family trajectories and the living conditions, experiences and practices of young people residing in relatively poor and deprived, lower-class neighbourhoods. One of our main objectives is to understand if, and if so how, neighbourhood poverty can affect the opportunities and social outcomes of the people living there; in particular young people. What we mean to observe are the spatial mechanisms which, next to other important elements, such as the family and social background, influence an individual’s life, structuring opportunities and deprivations regarding, in particular, education, the labour market, family relations and, more in general, social relations and social capital. Therefore, it is important to note that the objective of this research is not the one of giving a portrait and description of these two specific neighbourhoods but we are more interested on the general processes and mechanisms.
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HOLZKNECHT, ORNELLA. « Dalla scrittura autobiografica alla scrittura di introspezione : la prospettiva clinica della scrittura di se' nei linguaggi della cura ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/30153.

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Résumé :
Uno studio intriso di interrogativi linguistici, di significati semantici, di ricorrenze etimologiche che, muovendosi in un territorio intermedio tra riflessione pedagogica, filosofica ed etica, promuove la ricerca, la riflessione e l’analisi del ruolo pedagogico e del valore clinico della SCRITTURA DI SE’ nei linguaggi della cura. Nel delineare una cornice epistemologica della scrittura di sé che, nei processi educativi, formativi, evolutivi genera un incontro fecondo tra orientamento pedagogico, clinico e terapeutico, si rintracciano le radici del legame tra scrittura e cura. L’attenzione peculiare alla dimensione della soggettività, alla valorizzazione del pensiero e della sensibilità creativa individuale, svela la scrittura introspettiva e conduce ad esplorare le fragilità esistenziali nella parola scritta approfondendone lo studio teorico e la sperimentazione clinica. Attraverso la consulenza autobiografica, nella specificità di una relazione “dia-grafica” che favorisce processi di autoriflessione, autoanalisi, riprogettazione esistenziale conoscitiva e trasformativa, si condividono orizzonti epistemologici, ambiti di ricerca, direzioni di senso con campi disciplinari diversi, aperti al futuro dei nuovi linguaggi della cura.
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CASADIO, ISABELLA GINEVRA GILDA ADELE MARIA. « EDUCARE ALL' AUTENTICITA' ESISTENZIALE. IDENTITA' E PROGETTO DI SE' ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/509.

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Résumé :
Il presente lavoro muove dall’idea che nell’autenticità sia possibile rintracciare una tematica importante per la teorizzazione pedagogica e un obiettivo rilevante per la formazione, soprattutto in questa epoca storica in cui l’uomo è sempre più spaesato, frammentato, in bilico nel rischio di perdersi e di non pervenire mai a sé stesso. La prospettiva dell’autenticità risulta aspetto rilevante della pienezza esistenziale della persona, ma è anche una dimensione valoriale e una “direzione intenzionale” capace di orientare e fornire direttrici di senso al percorso educativo, poiché non esiste intervento educativo che non sia sostenuto dalla ricerca di portare a compimento le possibilità più proprie dell’educando. È anche una indicazione epistemologica e metodologica attraverso la quale l’educatore rispetta la possibilità dell’educando di esistere secondo il più proprio poter-essere, il che si traduce nel riconoscere e sostenere il suo progetto di mondo, nell’alimentare il suo desiderio di divenire pienamente quello che può essere, nel far sì che si assuma la responsabilità di dare forma alla sua originale presenza nel mondo. Il riferimento teoretico è individuabile principalmente nell’ambito della pedagogia fenomenologico-esistenziale (ivi compresi i suoi sviluppi nell’ermeneutica e nelle filosofie della persona), con rimandi ai principali esponenti di tale orientamento in ambito filosofico e psicologico oltre che, principalmente, pedagogico. Nel percorso di ricerca sono stati individuati molteplici nuclei tematici di approfondimento, dovuti alla dimensione “di confine” dell’autenticità che tocca più campi educativi quali: relazione, comunicazione, cura, etica, identità, progetto, scelta, libertà, temporalità, morte, dolore, vita emotiva, tempo, corpo, spazio. La tesi si articola in due sezioni che procedono da considerazioni teoretico-pedagogiche verso indicazioni pratico-educative.
This works takes as a departing point the idea that authenticity is an important issue in pedagogical theorization as well as a relevant goal for education, and particularly so in the current historical era when the human being is increasingly bewildered, fragmented and subject to the risk of losing oneself and never attaining selfhood. Beside being an important aspect of existential wholeness, authenticity may act as a directional goal able to steer and provide meaning to an educational journey aiming to bring into actuality the person’s potentials. Authenticity also provides epistemological and methodological directions through which the educator respects the individuality of the person to be educated. The theoretical approach here adopted mostly refer to phenomenological-existential pedagogy (including developments in hermeneutics and philosophies of the person), with additional references to the main exponents of such perspective in philosophy, psychology and, mostly, theory of education. During the research process many themes have been thoroughly investigated, because of the boundary spanning nature of authenticity, which touches upon several educational fields, including: relationships, communication, care, ethics, identity, project, choice, freedom, temporality, death, sorrow, emotional life, time, body, space. The thesis consists of two sections that go from theoretical-pedagogical considerations to practical-educational directions.
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CASADIO, ISABELLA GINEVRA GILDA ADELE MARIA. « EDUCARE ALL' AUTENTICITA' ESISTENZIALE. IDENTITA' E PROGETTO DI SE' ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/509.

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Résumé :
Il presente lavoro muove dall’idea che nell’autenticità sia possibile rintracciare una tematica importante per la teorizzazione pedagogica e un obiettivo rilevante per la formazione, soprattutto in questa epoca storica in cui l’uomo è sempre più spaesato, frammentato, in bilico nel rischio di perdersi e di non pervenire mai a sé stesso. La prospettiva dell’autenticità risulta aspetto rilevante della pienezza esistenziale della persona, ma è anche una dimensione valoriale e una “direzione intenzionale” capace di orientare e fornire direttrici di senso al percorso educativo, poiché non esiste intervento educativo che non sia sostenuto dalla ricerca di portare a compimento le possibilità più proprie dell’educando. È anche una indicazione epistemologica e metodologica attraverso la quale l’educatore rispetta la possibilità dell’educando di esistere secondo il più proprio poter-essere, il che si traduce nel riconoscere e sostenere il suo progetto di mondo, nell’alimentare il suo desiderio di divenire pienamente quello che può essere, nel far sì che si assuma la responsabilità di dare forma alla sua originale presenza nel mondo. Il riferimento teoretico è individuabile principalmente nell’ambito della pedagogia fenomenologico-esistenziale (ivi compresi i suoi sviluppi nell’ermeneutica e nelle filosofie della persona), con rimandi ai principali esponenti di tale orientamento in ambito filosofico e psicologico oltre che, principalmente, pedagogico. Nel percorso di ricerca sono stati individuati molteplici nuclei tematici di approfondimento, dovuti alla dimensione “di confine” dell’autenticità che tocca più campi educativi quali: relazione, comunicazione, cura, etica, identità, progetto, scelta, libertà, temporalità, morte, dolore, vita emotiva, tempo, corpo, spazio. La tesi si articola in due sezioni che procedono da considerazioni teoretico-pedagogiche verso indicazioni pratico-educative.
This works takes as a departing point the idea that authenticity is an important issue in pedagogical theorization as well as a relevant goal for education, and particularly so in the current historical era when the human being is increasingly bewildered, fragmented and subject to the risk of losing oneself and never attaining selfhood. Beside being an important aspect of existential wholeness, authenticity may act as a directional goal able to steer and provide meaning to an educational journey aiming to bring into actuality the person’s potentials. Authenticity also provides epistemological and methodological directions through which the educator respects the individuality of the person to be educated. The theoretical approach here adopted mostly refer to phenomenological-existential pedagogy (including developments in hermeneutics and philosophies of the person), with additional references to the main exponents of such perspective in philosophy, psychology and, mostly, theory of education. During the research process many themes have been thoroughly investigated, because of the boundary spanning nature of authenticity, which touches upon several educational fields, including: relationships, communication, care, ethics, identity, project, choice, freedom, temporality, death, sorrow, emotional life, time, body, space. The thesis consists of two sections that go from theoretical-pedagogical considerations to practical-educational directions.
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BOFFO, VANNA. « Conversazioni in famiglia. Formazione familiare e Comunicazione ». Doctoral thesis, 2003. http://hdl.handle.net/2158/674528.

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Résumé :
La tesi presenta un’indagine teorico-critica attorno al tema della conversazione proponendo una riflessione che, a partire da una rivisitazione storico/filosofica della conversazione, si attesta sul suo uso educativo/formativo in una società occidentale sempre più refrattaria alla costituzione di forti legami comunitari. La conversazione risulta declinarsi come il dispositivo per la costruzione delle singole soggettività, attuabile attraverso lo scambio/dono della parola reciproca e del pensiero liberamente circolante fra i membri di una medesima società. La conversazione è stata e può ancora essere un valido modello di formazione per la persona umana. Il focus del percorso è dato dalla ricerca di uno statuto per il soggetto che si viene a formare nella famiglia attraverso e con la pratica della conversazione. La tesi intende dimostrare come la conversazione organizzata dal dialogo genitore-figlio sorregga il reciproco rapporto educativo. La conversazione, attraverso l’intensa pratica dell’ascolto, permette l’accesso all’educazione alla reciprocità, all’affettività, alla progettualità esistenziale.
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COLLACCHIONI, LUANA. « Dalla pedagogia delle emozioni alla pedagogia della differenza.La relazione educativa a scuola : inclusiva includente - esclusiva escludente ». Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/2158/568501.

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BACOCCO, BARBARA. « Caratteristiche organizzative e relazionali dei contesti educativi e leadership democratica nei giovani di 18 e 19 anni ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1134487.

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Résumé :
Il lavoro di ricerca svolto nel corso degli anni di dottorato ha avuto come oggetto lo studio dello sviluppo di atteggiamenti, valori e capacità di leadership in adolescenti di 18 e 19 anni, coinvolti in due esperienze educative diverse quali quella proposta dalla scuola e quella proposta dallo scoutismo. L’obiettivo dell’indagine è stato analizzare le caratteristiche di questi due contesti educativi, attraverso la percezione di adolescenti studenti e scout, e verificarne l’impatto sullo sviluppo negli adolescenti stessi di una leadership socialmente responsabile ispirata a valori democratici. Il confronto tra questi due contesti ci ha permesso di esaminare quale modello di leadership sviluppano gli studenti al termine della scuola secondaria superiore e parallelamente quale modello di leadership sviluppano i coetanei scout. La ricerca si ricollega strettamente all’indagine condotta da Rubat du Mérac sull’influenza che la classe e il gruppo scout, in quanto contesti educativi, esercitano sui modelli di leadership sviluppati da ragazzi di 15-16 anni (Rubat du Mérac, 2013; 2014-b; 2017-a). Poiché abilità come la leadership si acquisiscono proprio durante l’adolescenza, risulta fondamentale studiare le condizioni che promuovono l’acquisizione di tali capacità durante gli anni della scuola secondaria superiore. Per questo, abbiamo ritenuto interessante proseguire il lavoro di Rubat du Mérac, raccogliendo informazioni sullo sviluppo di un modello di leadership su soggetti in uscita dalla scuola secondaria superiore al fine di raccogliere dati sul livello raggiunto in questo ambito al termine di un ciclo di studi che si propone di promuovere, tra le altre cose, «la crescita della persona in tutte le sue dimensioni» (D.P.R 249/1998, mod. dal D.P.R. 235/2007), garantendo la formazione alla cittadinanza, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno, della personalità, del senso di responsabilità e dell’autonomia individuale dei giovani (cfr. D.P.R 249/1998, mod. dal D.P.R. 235/2007). Inoltre, replicando la ricerca di Rubat du Mérac su soggetti di età superiore da una parte abbiamo potuto vedere come cambia la percezione del contesto tra studenti in entrata (I-II anno) alla scuola secondaria superiore e studenti in uscita (IV-V anno); dall’altra, abbiamo potuto raccogliere indicazioni sull’evoluzione dell’orientamento alla leadership nei due gruppi, studenti e scout. Infine, poiché i risultati della precedente indagine, ma anche i primi dati relativi alla presente, delineavano un quadro piuttosto negativo in termini di percezione del contesto educativo da parte degli studenti, abbiamo ritenuto interessante analizzare una particolare sperimentazione in ambito scolastico, chiamata D.A.D.A (Didattiche per ambienti di apprendimento), allo scopo di verificare se una riorganizzazione dell’ambiente fisico e delle metodologie didattiche, operata attraverso tale sperimentazione, potesse avere degli effetti sulla percezione del contesto educativo.
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FAVAZZI, UGHETTA MARIA. « Genitori e insegnanti per una alleanza educativa : un approccio multilivello e integrato alla survey per studiare gli effetti della relazione genitori-insegnanti sullo sviluppo e sull’apprendimento dei bambini nelle scuole italiane dell’infanzia ». Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1630526.

Texte intégral
Résumé :
Il coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica dei figli assume particolare importanza dal momento che relazioni positive tra la scuola e le famiglie favoriscono l’apprendimento e fanno registrare effetti positivi sui risultati scolastici degli allievi (Koskinen et al. 2000; Fan & Chen, 200; Hoover-Dempsey et al. 2001; Epstein & Sanders, 2002; Pomerantz et al., 2007; Houtenville & Convey, 2008; McBride et al. 2009; Powell et al. 2010; Jeon et al., 2020). Il presente lavoro è stato svolto con la finalità di approfondire il tema del coinvolgimento scolastico delle famiglie e di studiare gli effetti che può generare sullo sviluppo e sull’apprendimento dei bambini nelle scuole dell’infanzia. Nella rassegna dei principali approcci di studio e ricerca del Parental Involvement, è stato assunto come principale riferimento teorico il modello proposto dalla sociologa Joyce Epstein (Epstein, 1987; Epstein & Sanders, 2002; Epstein, 2011; Epstein, Sanders & Sheldon, 2019) che enfatizza la cooperazione, la comunicazione e la condivisione di obiettivi tra insegnanti e genitori. Per rispondere alle domande di ricerca sono stati condotti due approfondimenti. Il primo è stato realizzato mediante analisi secondarie su dati raccolti dall’INVALSI nell’ambito della sperimentazione RAV Infanzia, che ha coinvolto circa 1.500 scuole italiane dell’infanzia (e 18.000 insegnanti circa) nella compilazione di appositi strumenti tra il 2019 e il 2020. Avvalorando i contributi di Lazarsfeld e della Columbia University, nello studio delle relazioni scuola-famiglia si è tenuto conto di più livelli di analisi. In particolare, è stato adottato un Approccio Multilivello e Integrato alla Survey (AMIS) (Mauceri, 2012). I risultati degli approfondimenti sui dati raccolti mediante il Questionario Docente si sono mostrati in linea con le evidenze empiriche disponibili, mettendo in luce una relazione positiva, sebbene di lieve intensità, tra la qualità dei rapporti con le famiglie e la percezione dei risultati dei bambini nello sviluppo e nell’apprendimento. Inoltre, adottare una prospettiva multilivello ha consentito di dare visibilità non soltanto alle opinioni al livello di singolo insegnante ma ha contribuito a fare luce sulla prospettiva del gruppo degli attori coinvolti e a misurare il peso di proprietà contestuali nell’analisi del fenomeno. Il secondo approfondimento è stato articolato in due fasi: in un primo step sono stati analizzati i testi prodotti da tutte le scuole partecipanti al fine di indagare i punti di forza nel coinvolgimento delle famiglie, classificando i principali temi a partire dal modello di Parental Involvement proposto da Joyce Epstein. In un secondo momento, ricorrendo alla strategia della survey in profondità, la base empirica è stata arricchita con una esplorazione in profondità delle esperienze delle scuole. Nello specifico, a partire dai risultati delle analisi di tipo quantitativo, è stato prima individuato un numero contenuto di scuole che si sono distinte per opinioni particolarmente positive da parte del gruppo insegnanti in merito ai rapporti con le famiglie e agli esiti dei bambini nell’apprendimento e nello sviluppo; successivamente, utilizzando un approccio interamente qualitativo all’analisi dei testi del RAV Infanzia, è stato possibile entrare nel vivo delle esperienze delle scuole ed elaborare un decalogo di buone pratiche per il coinvolgimento delle famiglie.
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FALATO, GIULIA. « Alfonso Vagnone S.J.’s “Tongyou Jiaoyu 童幼教育 (On the Education of Children)” : a literary bridge between Chinese and Western pedagogy ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/952515.

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Résumé :
La ricerca ha come oggetto l’analisi filologica e lessicale del trattato pedagogico “Tongyou Jiaoyu 童幼教育 (L’educazione dei giovani, c.1632)”, scritto in epoca tardo Ming dal gesuita italiano Alfonso Vagnone (1568-1640). Il testo, suddiviso in due volumi, per un totale di venti capitoli e oltre trentamila caratteri, presenta le tappe fondamentali dell’educazione giovanile, integrando precetti della pedagogia europea di epoca classica e rinascimentale nel contesto filosofico e culturale della Cina di fine dinastia Ming. Pur non avendo goduto di un’ampia fortuna letteraria al pari ad esempio delle opere di due eminenti confratelli di Vagnone, Matteo Ricci (1552 – 1610) e Giulio Aleni (1582 – 1649), il “Tongyou Jiaoyu 童幼教育” rappresenta il più antico prodotto delle relazioni sino-occidentali in ambito pedagogico, essendo stato inoltre utilizzato come uno degli strumenti per la riforma morale della comunità dello Shanxi del XVI secolo. Forse proprio a causa della posizione geopolitica della provincia dove il “Tongyou Jiaoyu 童幼教育” fu inizialmente diffuso, più isolata rispetto ai grandi centri del potere e della cultura come Pechino e Nanchino, il trattato fu quasi completamente ignorato dagli studi accademici del settore. L'indagine è stata finalizzata ad evidenziare i punti di contatto e di rottura del “Tongyou Jiaoyu 童幼教育” con le tradizioni pedagogiche dell’Europa e della Cina; ha inoltre avuto l’obiettivo di individuare, attraverso l’analisi lessicale, la presenza di neologismi ed adattamenti interculturali di termini o precetti occidentali; infine, si è posta lo scopo di accertare l’eventuale influenza del trattato di Vagnone nel panorama culturale cinese dei secoli XVII e XVIII, sia come materiale edificante finalizzato all’auto-coltivazione, sia come promotore di tendenze linguistiche. I principali meriti del lavoro riguardano senz’altro l’aver saputo combinare la propria formazione classica con la lunga esperienza di sinologa, per intraprendere un’indagine multidisciplinare su un testo di indubbia complessità, senza tralasciare nessun approccio analitico. Tra le innovazioni della presente ricerca, meritano particolare menzione l’aver fornito la prima traduzione completa e annotata dal cinese all’inglese del “Tongyou Jiaoyu 童幼教育”, l’approfondimento riservato allo studio delle fonti occidentali e cinesi dell’opera e la dettagliata indagine lessicale divisa per ambiti semantici, questioni spesso trattate solo marginalmente dagli studi di settore.
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BOUSSOUS, Nabil. « Beni culturali e valore d’uso : conoscenza tacita, creatività e innovazione ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251082.

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Résumé :
Il lavoro di tesi indaga la definizione di bene culturale secondo una interpretazione estensiva del termine "cultura", data dalla sovrapposizione del concetto di cultura a quello di civiltà. In chiave di lettura antropologica, cultura e civiltà si presentano come sinonimi. Sicché, la nozione di beni culturali giunge a costituire un insieme aperto e suscettibile di continuo ampliamento, talché, ossequio al relativismo culturale, il concetto di cultura, meglio ingloba anche quelle pratiche ed usanze tradizionali che altre accezioni del termine lo sogliono contrapporre a "barbarie". Si è voluto così porre enfasi sulla pari meritevolezza di tutte quelle culture a lungo classificate come "altre". In altra istanza s’è colto il nesso trapelante tra il concetto di cultura e quello di conoscenza affinché l’analisi potesse essere convogliata verso l’altrettanta sua fondamentale variante tacita. L’intersezione col nuovo paradigma dell’economia della conoscenza ne ha fatto punto di riflessione e spunto di ricerca. In vero, la relazione esistente tra fruizione del beni culturali e lo sviluppo della conoscenza tacita ne ha ulteriormente suffragato l’impatto in termini di creatività e innovazione. Elementi, entrambi, necessari per l’acquisizione di un vantaggio competitivo nell’economia della globalizzazione. Successivamente, il "valore d’uso" associato alla fruizione del patrimonio culturale è stato analizzato. Dopo una sua prima scomposizione nelle due componenti, educativa ed edonistica, si è proceduto all’analisi della loro stretta interdipendenza funzionale. Il fine ultimo è stato quello di comprendere il loro contributo in termini di creatività e innovazione intese quale forma tangibile dell’espressione culturale. Si è cercato di dimostrare come la fruizione dei beni culturali, resa possibile mediante tecniche aggiornate di marketing sensoriale (o esperienziale), capaci di intercettare il mutamento dei benefici attesi dai consumatori, consente il raggiungiumento di uno stadio relativamente superiore di acculturazione tale da configurare un ricco bagaglio di conoscenza tacita. Addotta, poi, a fattore produttivo immateriale indispensabile per la creazione di prodotti place-specific forti degli attributi distintivi tradotti in termini di non replicabilità, inimitabilità e della difficile riproducibilità in altri contesti. Infine, il concetto di "Industrie Culturali e Creative" si è rivelato quello meglio atto ad inglobarne gli attributi, di modo che ci si è assunti l’onere di indagare le politiche finanziarie dell’UE all’uopo adottate in sua tutela.
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BULGINI, Giulia. « Il progetto pedagogico della Rai : la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo›› ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Résumé :
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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